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La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (1) (27 messaggi, agg.: 18/02/2021 20:11)
 
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Ultimo Aggiornamento: 03/07/2021 22:37
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14/03/2021 11:22
 
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CAPITOLO 9



La virtù della prudenza della santissima Regina del cielo.



531. Come nelle sue attività l'intelletto precede la volontà e la orienta in quelle che le sono proprie, così le virtù specifiche dell'intelletto sono prima di quelle della volontà. Ora, quantunque il compito dell'intelletto sia precisamente solo quello di conoscere la verità e contemplarla, per cui si potrebbe dubitare che le sue facoltà siano vere virtù - consistendo la natura delle virtù nell'indinare ad operare il bene - tuttavia è certo che vi sono delle virtù intellettuali, le cui attività sono lodevoli e buone, purché regolate dalla ragione e dalla verità. Quando l'intelletto mostra e rappresenta tale bene alla volontà, affinché questa lo desideri, e le dà norme di comportamento, allora l'agire dell'intelletto è buono e virtuoso, sia in ordine all'oggetto teologico, come la fede, sia in ordine all'oggetto morale, come la prudenza, che ragionando indirizza e governa le attività degli appetiti. Perciò la virtù della prudenza, appartenendo all'intelletto, è la prima; essa è come la radice delle altre tre virtù morali e cardinali, le attività delle quali sono lodevoli quando sono dirette dalla prudenza, e sono imperfette e riprovevoli quando ne vanno disgiunte.

532. La nostra Regina e signora possedette la virtù della prudenza in grado supremo, proporzionato a quello delle altre virtù finora riferite e delle altre di cui in seguito riferirò. E, proprio per la superiorità che Maria santissima mostrò nell'esercizio di questa virtù, viene chiamata dalla Chiesa col nome di Vergine prudentissima. Ora, siccome questa prima virtù è quella che governa, indirizza e comanda tutte le attività delle altre, trattando in tutto il corso di questa Storia di quelle che Maria santissima praticava; si supplirà al poco che io potrei dire e scrivere di questo pelago di prudenza, dato che in tutte le sue azioni risplenderà la luce di questa virtù, con cui essa le regolava. Quindi, per ora, io non tratterò della prudenza di Maria se non in generale, spiegandone le singole parti e qualità secondo il comune insegnamento dei maestri e dei santi, affinché possa intendersi meglio.

533. Delle tre specie di prudenza, delle quali una viene chiamata prudenza politica, l'altra prudenza purgativa e la terza prudenza dell'animo purgato o purificato e perfetto, non ne mancò alcuna alla nostra Regina. Infatti, sebbene le sue facoltà siano state perfettamente purificate o, per meglio dire, non abbiano avuto niente da purificare dalla colpa né dall'opposizione alla virtù, tuttavia dovevano essere purificate dalla naturale ignoranza, anche per progredire da ciò che era buono e perfetto a ciò che era perfettissimo e santissimo. Questo però si vuole intendere rispetto alle sue stesse opere, comparandole fra loro e non già con quelle delle altre creature, perché, in confronto agli altri santi, non vi fu opera meno perfetta in questa Città di Dio, le cui fondamenta riposavano sui monti santi. Tuttavia, siccome dall'istante della sua concezione andò crescendo in se stessa nella carità e nella grazia, alcune opere, che in sé furono perfettissime e superiori a tutte quelle dei santi, furono meno perfette rispetto ad altre più sublimi, alle quali successivamente si innalzò.

534. La prudenza politica in generale è quella che medita e soppesa tutto ciò che occorre eseguire e, conformandolo alla ragione, niente fa che non sia retto e buono. La prudenza purgativa è quella che disprezza tutto ciò che è visibile e ne astrae il cuore per indirizzarlo alla divina contemplazione e a tutto ciò che è celeste. La prudenza dell'animo purgato è quella che prende di mira il sommo Bene e a lui indirizza tutto l'affetto per unirsi e riposare, come se non vi fosse altra cosa fuori di lui. Tutte queste specie di prudenza si trovavano nell'intelletto di Maria santissima per discernere e conoscere senza inganno e per indirizzarsi e muoversi senza negligenza né indugio a ciò che era più sublime e perfetto. Mai il giudizio di questa sovrana Signora poté suggerire né congetturare in qualsiasi materia cosa alcuna che non fosse quella migliore e più retta. Nessuno come lei giunse, e riuscì effettivamente, a posporre e deviare da sé tutto ciò che è mondano e visibile per indirizzare l'affetto alla contemplazione delle cose divine. E poiché le conosceva in molteplici modi, era talmente unita al sommo Bene increato, che niente valse a trattenerla o ad impedirle di riposarsi in questo centro del suo amore.

535. È' chiaro che le parti che compongono la prudenza si trovavano con somma perfezione nella nostra Regina. La prima è la memoria, per conservare presenti le cose passate di cui si ha già esperienza. Da ciò poi si deducono molte regole del procedere e operare per il futuro e il presente, perché questa virtù tratta degli atti in particolare e, siccome non può assegnarsi una regola generale per tutti, è necessario dedurne molti dai tanti esempi ed esperienze; per questo si ricerca la memoria. La nostra sovrana Regina la ebbe così tenace che non patì mai il difetto naturale della dimenticanza, perché sempre le restò fisso e presente nella memoria ciò che una volta aveva inteso ed appreso. Anzi, in questo beneficio Maria santissima oltrepassò tutto l'ordine della natura umana ed anche di quella angelica, perché Dio compendiò in lei quanto vi è di più perfetto in entrambe. Della natura umana ebbe l'essenziale e dell'accidentale ebbe solo ciò che era più perfetto, più lontano dalla colpa e necessario per acquistare meriti. Per speciale grazia, ebbe molti doni naturali e soprannaturali della natura angelica in modo ancor più sublime degli angeli stessi. Di questi doni uno fu la memoria fissa e tenace, senza poter dimenticare ciò che apprendeva, tanto che, come sorpassò gli angeli nella prudenza, così li superò in questa parte della prudenza che si dice memoria.

536. Solamente in una cosa l'umile purezza di Maria santissima volle limitato questo beneficio. Infatti, dovendo restarle fisse nella memoria le specie, ossia le immagini, di tutte le cose apprese, e fra queste anche molte bruttezze e peccati delle creature, l'umilissima e purissima Principessa chiese al Signore che il beneficio della memoria non si estendesse a conservare queste immagini se non quanto fosse necessario per l'esercizio della carità fraterna e per praticare le altre virtù. L'Altissimo glielo concesse, più a testimonianza della sua candidissima umiltà che per il pericolo che poteva averne, poiché il sole non è offeso dalle cose immonde che i suoi raggi toccano, né gli angeli sono turbati dalle nostre bruttezze, dato che per quelli che sono mondi ogni cosa è monda. Ma in questo favore il Signore degli angeli volle privilegiare sua Madre più di loro, conservando nella sua memoria soltanto le immagini di tutto ciò che era santo, onesto, mondo, più amabile alla sua purezza e più gradito allo stesso Signore. Perciò anche nella sua memoria, tutta adornata delle immagini di quanto vi è di più puro e di più desiderabile, quell'anima santissima si ritrovava più bella degli angeli.

537. La seconda parte della prudenza si chiama intelligenza. Questa riguarda principalmente ciò che si deve fare al presente e consiste nel comprendere profondamente e senza errore le ragioni e i principi certi delle opere virtuose per eseguirle, deducendo cioè dall'intelligenza il dovere di praticare tali opere; ciò tanto a riguardo dell'onestà della virtù in generale, quanto a riguardo di ciò che si deve fare in particolare. Così, quando io ho una profonda comprensione della verità secondo cui non si deve fare agli altri ciò che non si vuole venga fatto a noi, subito deduco come mi devo comportare nei confronti del mio prossimo. Maria santissima ebbe tale intelligenza in grado tanto più sublime rispetto a tutte le altre creature, quante più verità morali conobbe e quanto più profondamente penetrò la loro infallibile rettitudine, partecipata da quella divina. In quel chiarissimo intelletto, illuminato coi maggiori splendori della divina luce, non vi era inganno, né ignoranza, né dubbio, né opinione come nelle altre creature, perché penetrò e comprese in generale e in particolare, come sono in se stesse, tutte le verità, specialmente nelle materie pratiche delle virtù. Tale era in lei l'incomparabile grado di questa seconda parte della prudenza.

538. La terza parte di questa virtù si chiama provvidenza ed è la principale fra le parti della prudenza, perché la cosa più importante nella direzione delle azioni umane è l'ordinare il presente al futuro, affinché tutto si regoli con rettitudine; questo fa la provvidenza. La nostra Regina e signora ebbe questa parte della prudenza in grado più eccellente - se ciò fosse possibile - di tutte le altre parti, perché, oltre la memoria del passato e la profonda intelligenza del presente, aveva scienza e cognizione infallibile di molte cose future, a cui si estendeva la buona provvidenza. Mediante questa cognizione e luce infusa, preveniva le cose future e disponeva gli avvenimenti a tal punto che niente poté accaderle in modo repentino o imprevisto. Infatti ella conservava tutte le cose previste, pensate e ponderate nel peso del santuario della sua mente illuminata con la luce infusa, aspettando così con certezza chiarissima - non con dubbio o incertezza come gli altri uomini - tutti gli avvenimenti prima che si verificassero, in modo che tutto trovasse il luogo, il tempo e l'occasione opportuna e ogni cosa venisse ben governata.

539. Queste tre parti della prudenza comprendono le sue attività intellettuali distribuite in ordine alle tre parti del tempo, cioè passato, presente e futuro. Ma le attività di questa virtù si possono considerare sotto un altro aspetto, cioè in quanto essa conosce i mezzi per acquistare le altre virtù e in quanto indirizza le attività della volontà. In seguito a questa considerazione, i dottori e i filosofi aggiungono alla prudenza altre cinque parti, che sono la docilità, la ragione, la solerzia, la circospezione e la cautela. La docilità è il buon dettame, ossia la disposizione della creatura a lasciarsi ammaestrare dai più sapienti di lei, senza far da sapiente con se stessa, senza fondarsi sul proprio giudizio e sapere. La ragione, che si chiama anche raziocinio, consiste nel ragionare rettamente, deducendo da ciò che s'intende così in generale le particolari ragioni o consigli per le opere virtuose. La solerzia è la diligente attenzione, o applicazione fissa, a tutto ciò che succede - come la docilità a quelli che ci ammaestrano per esprimere un giudizio retto e trarre regole di bene nelle nostre azioni. La circospezione è il giudizio e la considerazione delle circostanze che l'opera virtuosa deve avere, poiché non basta il buon fine perché questa sia lodevole, se le mancano le circostanze e l'opportunità che è necessaria in esse. La cautela consiste nel discernimento e nell'attenzione con cui si devono avvertire ed evitare i pericoli o gli impedimenti che possono occorrere sotto l'apparenza di virtù o impensatamente, affinché essi non ci trovino incauti ed inavveduti.

540. La Regina del cielo possedette tutte queste parti della prudenza senza difetto alcuno e nella loro perfezione ultima. La docilità fu presente in lei come figlia legittima della sua incomparabile umiltà, poiché, quantunque avesse ricevuto tanta pienezza di scienza dall'istante della sua immacolata concezione e fosse la maestra e la madre della vera sapienza, si lasciò sempre insegnare dai maggiori, dagli uguali e dai minori, giudicandosi la più piccola di tutti e volendo essere discepola di quelli che, paragonati a lei, erano ignorantissimi. Per tutto il tempo della sua vita mostrò questa docilità, come una candidissima colomba, dissimulando la sua sapienza con maggiore prudenza di un serpente. Da bambina si lasciò insegnare da suo padre e da sua madre e nel tempio dalla sua maestra, nonché dalle sue compagne, poi dal suo sposo Giuseppe e dagli Apostoli, volendo imparare da tutte le creature per divenire un esempio portentoso di questa virtù dell'umiltà, come altrove ho riferito.

541. La ragione prudenziale, o raziocinio, di Maria santissima s'inferisce da quello che più volte dice di lei l'evangelista san Luca, cioè che custodiva nel suo cuore e meditava ciò che andava succedendo nelle opere e nei misteri del suo Figlio santissimo. Questo meditare pare opera della ragione, con la quale confrontava alcune cose precedenti con altre che accadevano dopo; le confrontava fra loro per formare nel suo cuore prudentissimi consigli e applicarli a ciò che era conveniente per operare con quella sicurezza e precisione che le era abituale. E sebbene con una semplicissima occhiata o intuizione, che superava tutto il ragionare umano, conoscesse molte cose senza bisogno di ragionare, tuttavia, riguardo alle opere da compiere in esercizio delle virtù, poteva applicare col raziocinio le ragioni generali delle virtù alle sue stesse opere.

542. Anche nella solerzia, o diligente accortezza della prudenza, la sovrana Signora fu molto privilegiata. Ella non portava il grave peso delle passioni e della corruzione, non sentiva languidezza né indugio nelle facoltà, anzi era molto spedita, pronta e facile a rendersi conto e ad attendere a tutto ciò che poteva giovare a formare un retto giudizio e un sano consiglio nell'operare le viirtù in qualunque caso occorresse, discernendo con prontezza e velocità il mezzo della virtù e il modo di praticarla. Nella circospezione Maria santissima fu egualmente ammmirabile, poiché tutte le sue opere furono così compiute che nessuna circostanza buona mancò loro, anzi tutte ebbero le migliori e le più adatte a sollevarle al più alto grado di perfezione. Essendo poi la maggior parte delle sue opere ordinate alla carità verso il prossimo e tutte tanto opportune, nell'insegnare, nel consolare, nell'ammonire, nel pregare e nel correggere, sempre si guadagnava i cuori con l'efficace dolcezza delle sue ragioni e con l'amabilità delle sue maniere.

543. L'ultima parte, cioè la cautela per prevenire gli ostacoli che possono disturbare o distruggere la virtù, doveva trovarsi nella Regina degli angeli con più perfezione che negli angeli stessi. Infatti, l'alta sapienza e l'amore, che a questa corrispondeva, la rendevano così cauta e avveduta che nessun fatto o impedimento la poté trovare impreparata e senza che ella lo avesse deviato per operare con somma perfezione in tutte le virtù. Inoltre, siccome il nemico - come dirò più avanti - tanto si adoperava nel mettere ostacoli, studiati ed esteriori, per il bene, dato che non poteva suscitarli interiormente nelle sue passioni, avvenne che la prudentissima Vergine esercitasse questa parte della cautela in modo da fare molte volte stupire tutti gli angeli. A causa di tale discernimento e cautela di Maria santissima, il demonio concepì un timorosa rabbia ed invidia contro di lei, desiderando conoscere il potere con cui ella gli disfaceva tante macchinazioni ed astuzie che lui fabbricava per ostacolarla e distrarla, restandone sempre deluso, dato che sempre la Signora delle virtù le praticava nel modo più perfetto in qualsiasi materia e occasione. Conosciute le parti delle quali la prudenza si compone, la dividiamo nelle sue varie specie, secondo gli oggetti e i fini ai quali serve. E siccome il governo della prudenza può riguardare se stessi o gli altri, essa si divide a seconda che insegni a governare se stessi o gli altri. Quella che serve a ciascuno per il governo delle proprie e speciali azioni, credo si chiami enarchica; su questa non c'è niente da dire più di quanto sopra si è detto del governo che la Regina del cielo aveva principalmente di se stessa. Quella che insegna il governo di molti si chiama poliarchica; questa si divide in quattro specie, secondo i differenti modi di governare diverse parti di moltitudine. La prima si chiama prudenza regnativa ed è quella che insegna a governare i regni con leggi giuste e necessarie; essa è propria dei re, dei principi, dei monarchi e di quelli presso i quali risiede la potestà suprema. La seconda si chiama politica, intendendo con tale nome quella che insegna il governo delle città e repubbliche. La terza si chiama economica ed è quella che insegna e dispone ciò che riguarda il governo domestico delle famiglie e delle case particolari. La quarta è la prudenza militare ed è quella che insegna a condurre la guerra e gli eserciti.

544. Nessuna di queste specie di prudenza mancò alla nostra gran Regina, perché di tutte le furono infuse le facoltà nell'istante della sua concezione e santificazione, affinché non le mancasse grazia, virtù o perfezione alcuna atta a sublimarla e renderla bella più di tutte le altre creature. L'Altissimo la formò come ricettacolo e deposito di tutti i suoi doni, come modello di tutte le altre creature, e come capolavoro della sua potenza e grandezza, affinché nella celeste Gerusalemme si conoscesse interamente quel che egli poté e volle operare in una semplice creatura. Inoltre non rimasero oziose in Maria santissima le facoltà di queste virtù, perché nel corso della sua vita le esercitò tutte in molte occasioni che le si presentarono. Per ciò che riguarda la prudenza economica, è cosa nota quanto incomparabilmente la possedette nel governo della sua casa col suo sposo Giuseppe e col suo Figlio santissimo, nella cui educazione e nel cui servizio procedette con tutta quella prudenza che richiedeva il più alto e imperscrutabile mistero che Dio abbia affidato alle creature. Di questo dirò a suo luogo ciò che intenderò e potrò.

545. In seguito esercitò la prudenza regnativa o monarchica come Imperatrice unica della Chiesa, ammaestrando, ammonendo e governando gli Apostoli nella Chiesa primitiva per fondarla e stabilire in essa le leggi, i riti e le cerimonie più necessarie e utili alla sua propagazione e al suo consolidamento. E sebbene ella obbedisse loro e li interrogasse nelle cose particolari, specialmente san Pietro come vicario di Cristo e capo della Chiesa e san Giovanni come suo cappellano, tuttavia essi e gli altri parimenti la consultavano e le obbedivano nelle cose generali e in altre relative al governo della Chiesa. Insegnò anche ai re e ai principi cristiani che le chiesero consiglio; molti, infatti, dopo l'ascensione del suo Figlio santissimo al cielo, la cercarono per conoscerla. In particolare, la consultarono i tre re Magi, quando adorarono il Bambino, ed ella rispose ed insegnò loro tutto quello che dovevano fare nel governo dei loro stati, con tanta luce ed esattezza che fu loro stella e guida nel cammino dell'eternità. Essi fecero ritorno alle loro patrie illuminati, consolati ed ammirati della sapienza, prudenza e dolcissima efficacia delle parole che avevano ascoltato da una giovane così delicata. A prova di quanto si potrebbe aggiungere riguardo a ciò, basta ascoltare la stessa Regina che dice: «Per mezzo mio regnano i re e i magistrati emettono giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia».

546. Non le mancò neanche l'uso della prudenza politica, perché insegnò alle repubbliche, ai popoli e ai primi fedeli in particolare, come dovevano procedere nelle loro pubbliche azioni e nel loro governo, come dovevano ubbidire ai re, ai principi temporali e in particolare al vicario di Cristo capo della Chiesa e ai suoi prelati e vescovi. Insegnò pure come dovevano disporre i concili, le definizioni e i decreti che in essi si facevano. Anche la prudenza militare ebbe il suo posto nella sovrana Regina, perché anche su ciò fu consultata da alcuni fedeli, ai quali consigliò ed insegnò come si dovevano comportare nelle guerre giuste con i loro nemici per operare con maggior giustizia e col beneplacito del Signore. Qui potrebbe addursi il coraggioso animo e la prudenza con cui questa potente Signora vinse il principe delle tenebre, insegnando a combattere con lui con maggior sapienza e prudenza di quanta ne usarono Davide col gigante, Giuditta con Oloferne ed Ester con Aman. E quando per tutte queste azioni riferite non fossero servite queste specie e queste facoltà della prudenza nella Madre della sapienza, tuttavia conveniva che le avesse tutte, non solo per ornamento della sua anima santissima, ma principalmente per essere mediatrice ed avvocata unica del mondo. Infatti, dovendo chiedere tutti i benefici che Dio avrebbe concesso ai mortali senza essercene alcuno che non ci provenisse per sua mano ed intercessione, conveniva che ella conoscesse perfettamente le virtù che domandava per i mortali e che tali virtù derivassero da questa Signora, come dall'origine e dalla sorgente più vicina allo stesso Dio e Signore, in cui sono presenti come nel principio increato.

547. Alla prudenza si attribuiscono altri mezzi, che sono come strumenti suoi, con cui essa opera, e che si chiamano parti potenziali. Queste sono la sinesi, virtù che rende capaci di giudicare rettamente; l'ebulia, virtù che indirizza e forma il buon consiglio; la gnome, virtù che in certi casi particolari insegna ad uscire dalle regole comuni. Questa è necessaria per l'epicheya, che giudica alcuni casi mediante regole superiori alle leggi ordinarie. Di tutte queste perfezioni si avvalse la prudenza di Maria santissima, perché nessuna come lei seppe formulare un sano consiglio per tutti nei casi contingenti, né alcuno, fosse anche l'angelo supremo, poté esprimere un giudizio così retto in tutte le materie. Ma soprattutto la nostra prudentissima Regina conobbe le ragioni superiori e le regole di operare con tanta sicurezza nei casi in cui non potevano servire le regole ordinarie e comuni. Casi che darebbero luogo ad un lungo discorso se li volessi qui riferire; tuttavia se ne comprenderanno molti nel procedere della sua vita santissima. Per concludere tutto questo discorso sulla sua prudenza, basta dire che la regola con cui si vuole misurare è la prudenza dell'anima santissima di Cristo nostro Signore, al quale ella si conformò e si assimilò in tutto come colei che era stata formata per essere coadiutrice, simile a lui nelle opere della più grande prudenza e sapienza che il Signore di ogni cosa creata e redentore del mondo operò.



Insegnamento della Regina del cielo



548. Figlia mia, voglio che tu custodisca come mio insegnamento e ammonimento per il governo di tutte le tue azioni tutto ciò che in questo capitolo hai scritto e ciò che hai compreso. Scrivi nella tua mente e conserva fissa nella memoria la cognizione che ti hanno dato della mia prudenza in tutto ciò che io pensavo, volevo e facevo. Questa luce ti guiderà in mezzo alle tenebre dell'umana ignoranza, affinché non ti confonda e non ti turbi il fascino delle passioni e molto più quello che con somma malizia e sollecitudine i tuoi nemici cercano d'introdurre nel tuo intelletto. Sappi che il non conseguire tutte le regole della prudenza non è colpevole nella creatura, ma l'essere negligente nell'acquistarle per essere preparata in tutto a dovere, è grave colpa e causa di molti inganni ed errori nelle sue opere. A seguito di questa trascuratezza, le passioni - particolarmente la smodata tristezza e il piacere, che pervertono il giudizio retto nella prudente considerazione del bene e del male - si prendono molta libertà, distruggono ed impediscono la prudenza. Da qui hanno origine due vizi pericolosi, che sono la precipitazione nell'operare senza aver riguardo ai mezzi adeguati e l'incostanza nei buoni propositi e nelle opere incominciate. L'ira sregolata e lo zelo esagerato sono entrambi vizi che precipitano e trasportano in molte azioni esteriori, che si fanno senza misura e senza consiglio. La facilità nel giudicare e il non avere fermezza nel bene sono la causa per cui l'anima imprudentemente si ritira da ciò che ha cominciato, perché accetta ciò che all'opposto le si presenta e con leggerezza si compiace tanto del bene vero quanto di quello apparente e falso, che le passioni domandano e che il demonio le rappresenta.

549. Contro tutti questi pericoli ti voglio accorta e prudente; tale sarai se fai bene attenzione all'esempio delle mie opere e conservi gli insegnamenti e i consigli dell'ubbidienza dei tuoi padri spirituali, senza la quale niente devi fare per procedere con consiglio e docilità. E considera attentamente che per mezzo di tale obbedienza l'Altissimo ti comunicherà copiosa sapienza, perché il cuore benigno, sottomesso e docile lo obbliga grandemente. Ricordati sempre della sventura di quelle vergini imprudenti e stolte, le quali per la loro inavveduta negligenza non si curarono di essere sollecite e di seguire il sano consiglio quando era tempo, e dopo, quando cercarono di rimediarvi, trovarono chiusa la porta. Procura, figlia mia, di unire la prudenza di serpente con la sincerità di colomba e le tue opere saranno perfette.


CAPITOLO 10



La virtù della giustizia che ebbe Maria santissima.



550. La grande virtù della giustizia è quella che più serve alla carità verso Dio e il prossimo e per questo è la più necessaria per le relazioni umane, perché è una facoltà che inclina la volontà a dare a ciascuno quello che gli spetta e ha per materia ed oggetto l'uguaglianza, parità o diritto, che si deve osservare col prossimo e con Dio stesso. Ma poiché sono tante le cose nelle quali l'uomo può rispettare questa uguaglianza o violarla col prossimo, e questo in tanti modi diversi, la materia della giustizia è molto estesa e diffusa e molte sono le specie di questa virtù. In quanto si ordina al bene pubblico e comune, si chiama giustizia legale e, poiché essa può avviare tutte le altre virtù a tal fine, si chiama virtù generale, benché non partecipi della natura delle altre. Ma quando la materia della giustizia è cosa determinata e riguarda solo persone particolari, tra le quali si mantiene intatto a ciascuna il suo diritto, allora si chiama giustizia particolare e speciale.

551. L'Imperatrice del mondo osservò tutta questa virtù, con le sue parti e i generi o specie che contiene, verso tutte le creature in modo senza confronto più perfetto di qualunque altra di esse. Infatti, ella sola conobbe con maggiore altezza e comprese perfettamente ciò che a ciascuna era dovuto. E, sebbene questa virtù della giustizia non riguardi immediatamente le passioni naturali, come nel caso della fortezza e della temperanza, tuttavia molte volte succede che, per il fatto che le stesse passioni non sono moderate e corrette, si perde la giustizia col prossimo, come vediamo in quelli che per sregolata avidità o per piacere sensibile fanno torto agli altri. Ora, siccome in Maria santissima non vi erano passioni disordinate né ignoranza per cui non conoscesse nelle cose il giusto mezzo in cui consiste la giustizia, ella adempiva con tutti questa virtù, operando secondo diritto e giustizia con ciascuno ed insegnando a tutti a fare altrettanto, quando meritavano di ascoltare le sue parole e il suo insegnamento di vita. Quanto poi alla giustizia legale, non solo la osservò soddisfacendo alle leggi comuni, come nella purificazione ed in altri precetti della legge, benché ne fosse esente come regina e senza colpa; ma per di più nessuno, eccetto il suo Figlio santissimo, attese, come questa Madre di misericordia, al bene pubblico e comune dei mortali, indirizzando a questo fine tutte le virtù e le opere con le quali poté meritare loro la divina misericordia e giovare al suo prossimo con altri benefici.

552. Le due specie di giustizia, distributiva e commutativa, rifulsero parimenti in Maria santissima in grado eroico. La giustizia distributiva governa gli atti, con i qua-li si distribuiscono le cose comuni alle persone particolari. Sua Altezza dimostrò questa equità in molte cose che per sua volontà e disposizione si fecero tra i fedeli della Chiesa primitiva, come la divisione dei beni comuni per il sostentamento ed altre necessità delle persone particolari. E anche se di sua mano non elargì mai denaro, perché mai ne maneggiò, tuttavia alle volte si distribuiva per suo ordine ed altre per suo consiglio. In queste cose e in altre simili dimostrò sempre somma equità e giustizia, secondo la necessità e la condizione di ciascuno. Lo stesso faceva nell'assegnazione degli uffici e delle dignità o ministeri che venivano ripartiti tra i discepoli e i primi figli del Vangelo nelle riunioni che si tenevano a tale scopo. Questa sapientissima Maestra ordinava e disponeva tutto con perfetta equità, perché tutto faceva con speciale orazione ed illuminazione divina, oltre che con la scienza e la cognizione ordinaria che aveva di tutti i soggetti. Quindi, per siffatte azioni, gli Apostoli ricorrevano a lei e con lei si consigliavano altre persone preposte al governo. Di conseguenza, tutto ciò che veniva amministrato col suo consiglio era fatto e disposto con perfetta giustizia e senza preferenze di persone.

553. La giustizia commutativa insegna la reciproca uguaglianza tra il dare e il ricevere, come dare due per due o assegnare il giusto prezzo a una cosa, secondo il suo valore. La Regina del cielo esercitò questa specie di giustizia meno delle altre virtù, perché non comprava né vendeva cosa alcuna per se stessa: se era necessario comprarne o scambiarne qualcuna, lo faceva il santo patriarca Giuseppe quando era vivo e, dopo, il santo evangelista Giovanni o un altro degli Apostoli. Questo perché il Maestro della santità, venuto a distruggere e a sradicare l'avarizia, radice di tutti i mali, volle allontanare da se stesso e dalla sua Madre santissima le azioni con cui di solito si accende e si alimenta questo fuoco dell'avidità umana. Per tale ragione la sua Provvidenza divina ordinò che né per sua mano né per quella della sua purissima Madre si esercitassero le azioni di compravendita proprie del commercio umano, fosse anche per cose necessarie a conservare la vita naturale. Perciò la grande Regina non tralasciava d'insegnare tutto ciò che era appartenente a questa virtù della giustizia commutativa, affinché la esercitassero con perfezione quelli che nell'apostolato e nella Chiesa primitiva era necessario che ne usassero.

554. Appartengono a questa virtù altre azioni che si esercitano col prossimo, come il giudicare gli uni e gli altri con giudizio pubblico e civile o con giudizio particolare e privato. Del vizio contrario parlò il Signore attraverso san Matteo quando disse: «Non giudicate, per non essere giudicati». In queste azioni di giudizio si dà a ciascuno ciò che gli si deve, secondo la stima di colui che giudica. Per questo sono azioni giuste se si conformano alla ragione e, se si allontanano da essa, sono ingiuste. La nostra augusta Regina non esercitò il giudizio pubblico e civile, benché avesse una tale autorità da essere giudice di tutto l'universo, ma con i suoi rettissimi consigli, nel tempo della sua vita e dopo con la sua intercessione e i suoi meriti, adempì ciò che sta scritto nei Proverbi: Io cammino sulla via della giustizia e per mezzo mio i grandi governano con giustizia.

555. Quanto ai giudizi particolari mai poté trovarsi ingiustizia nel cuore purissimo di Maria, perché mai poté essere avventata nei sospetti, né temeraria nei giudizi; mai ebbe dubbi, né, qualora li avesse avuti, avrebbe considerato ingiustamente l'interpretazione peggiore. Questi vizi ingiustissimi sono propri e naturali tra i figli di Adamo, nei quali dominano le passioni disordinate di odio, invidia ed emulazione nella malizia, nonché altri vizi che li signoreggiano come vili schiavi. Da queste radici così infette nascono le ingiustizie del sospetto maligno sulla base di indizi di poco conto, di giudizi temerari e dell'interpretazione peggiore di ciò che è dubbio, perché ciascuno presume facilmente che il suo fratello abbia quel difetto che ha egli stesso. E se per odio o invidia si rammarica del bene del suo prossimo e si rallegra del suo male, facilmente e indebitamente crede di lui ciò che non dovrebbe perché glielo augura, e il giudizio segue la sua inclinazione. Da tutti questi mali del peccato fu libera la nostra Regina, come colei che non aveva nulla a che fare con esso. Ciò che nel suo cuore entrava e usciva era tutto carità, purezza, santità e amore perfetto e in lei risiedeva la grazia di tutta la verità e il cammino della vita. Per la pienezza della sua scienza e santità, di niente dubitava né sospettava, perché conosceva e guardava nella luce della verità e con misericordia il cuore di tutti, senza sospettare male di alcuno, senza attribuire colpa a chi non l'avesse, anzi riparando quelle di molti e dando a tutti e a ciascuno con diritto e giustizia ciò che spettava loro. Insomma, sempre era disposta con cuore benigno a riempire tutti gli uomini delle grazie e della dolcezza della virtù.

556. Nei due generi di giustizia commutativa e distributiva si racchiudono molte specie e differenze di virtù, che non mi soffermo a riferire, poiché tutte quelle che convenivano a Maria santissima erano presenti nelle sue facoltà e nei suoi atti supremi ed eccellentissimi. Vi sono tuttavia altre virtù che si riducono alla giustizia perché si esercitano con altri e partecipano alquanto delle qualità della giustizia, benché non in tutto, o perché non possiamo pagare adeguatamente tutto quello che dobbiamo o perché, se possiamo pagarlo, né il debito né l'obbligazione sono così rigidi come vorrebbe il rigore della perfetta giustizia commutativa o distributiva. Di queste virtù - infatti sono molte e varie - non dirò tutto ciò che contengono; ma, per non tacerne del tutto, dirò qualcosa molto brevemente, affinché s'intenda come la nostra eccelsa Principessa le possedesse tutte.

557. È debito di giustizia rendere culto e riverenza a coloro che ci sono superiori, e, secondo il grado della loro eccellenza e dignità, nonché i beni che da essi riceviamo, sarà più o meno grande la nostra obbligazione e il culto che dobbiamo loro, sebbene nessuna nconoscenza giunga ad uguagliare il beneficio ricevuto o la dignità di chi lo concesse. A tale scopo giovano tre virtù, secondo i tre gradi di superiorità che riconosciamo in coloro ai quali dobbiamo riverenza. La prima è la virtù della religione. Con questa diamo a Dio il culto e la riverenza a lui dovuti, quantunque la sua grandezza ne meriti infinitamente di più e i suoi doni non si possano ricambiare con gratitudine né con lodi proporzionate. Questa virtù è nobilissima fra tutte le altre virtù morali, sia per il suo oggetto, che è il culto di Dio, sia per la sua materia, che è tanto estesa, essendo tanti i modi e tante le materie in cui Dio può essere immediatamente onorato e riverito. Sono compresi in questa virtù della religione gli atti interiori dell'orazione, della contemplazione e della devozione con tutte le loro parti e qualità, nonché le cause, gli effetti, gli oggetti e il fine loro. Quanto agli atti esteriori vi è compresa l'adorazione di latria, che è la suprema e dovuta solo a Dio, con le sue specie o parti ad essa connesse, quali il sacrificio, le oblazioni, le decime, i voti, i giuramenti e le lodi esterne e vocali, poiché con tutti questi atti, se si fanno nel debito modo, Dio viene onorato e riverito dalle creature, come al contrario, con i vizi opposti, viene grandemente offeso.

558. In secondo luogo segue la pietà, che è una virtù con cui onoriamo i genitori, ai quali dopo Dio dobbiamo l'esistenza e l'educazione, e riveriamo altresì quelli che contribuiscono a questa causa, come i parenti e la patria, che ci tutela e governa. Questa virtù della pietà è così grande che, quando essa obbliga, si deve anteporre agli atti volontari della virtù della religione: così insegna Cristo Signore nostro in san Matteo, dove è scritto che egli riprese i farisei perché, sotto pretesto del culto di Dio, insegnavano a negare la pietà ai genitori. In terzo luogo viene l'osservanza, virtù con cui tributiamo onore e riverenza a coloro che sono rivestiti di qualche dignità o qualità superiore, differente da quella dei genitori o della patria. In questa virtù i teologi comprendono la dulia e l'obbedienza quali sue specie. La dulia è quella con cui veneriamo coloro che partecipano dell'eccellenza o del dominio del Signore supremo, che è Dio, al quale solo è dovuto il culto di latria. Quindi, con la dulia noi onoriamo i santi ed anche le dignità superiori di cui ci riconosciamo servi. L'obbedienza, poi, è quella con cui uniformiamo la nostra volontà a quella dei superiori, intendendo adempiere la loro e non la nostra. E siccome la libertà propria è tanto preziosa, fra tutte le virtù morali questa virtù è d'una speciale eccellenza e grandemente ammirabile. Di fatto, per mezzo di essa, noi lasciamo per amore di Dio assai più che con qualsiasi altra virtù.

559. Queste virtù della religione, della pietà e dell'osservanza furono presenti in Maria santissima con tale pienezza e perfezione, che nulla mancò loro di quanto si potesse trovare in una semplice creatura. Quale intelletto potrà giungere a comprendere l'onore, la venerazione e il culto, con cui questa Signora serviva il suo Figlio dilettissimo, nconoscendolo e adorandolo come vero Dio e uomo, creatore, redentore, glorificatore, sommo, infinito, immenso nell'essere, nella bontà e in tutti i suoi attributi? Fu lei che a questo riguardo conobbe più di ciascuna e di tutte insieme le altre semplici creature, per cui, in ragione di tale cognizione, diede a Dio la dovuta riverenza, servendo, in ciò, d'insegnamento agli stessi serafini. In questa virtù fu talmente maestra che il solo vederla risvegliava, muoveva e provocava tutti, con una forza misteriosa, a riverire il supremo Signore e autore del cielo e della terra; né aveva bisogno di altra sollecitudine per incitare ognuno, come di fatto faceva, a lodare Dio. La sua orazione, la sua contemplazione e devozione, l'efficacia che ebbero e che sempre hanno le sue preghiere, sono cose la cui conoscenza fa stupire gli angeli e i beati comprensori medesimi, senza che riescano a spiegarlo. Tutte le creature intellettuali sono debitrici a lei non solo di aver compensato ciò che esse hanno commesso in fatto di offesa, ma di avere altresì supplito a ciò che esse non hanno potuto ottenere, né operare, né meritare. Questa Signora affrettò il rimedio del mondo, né il Verbo sarebbe uscito dal seno del suo eterno Padre se ella non fosse stata nel mondo. Fin dal primo istante nel contemplare, pregare, chiedere e tenersi devotamente pronta a qualunque cosa per l'ossequio divino, ella superò i serafini. Offrì un sacrificio quale si conveniva, decime ed oblazioni, ma tutto talmente gradito a Dio, che nessun altro offerente gli fu più accetto di lei, eccetto il suo Figlio santissimo. Nelle sue divine lodi, negli inni, nei cantici e nelle orazioni vocali che fece, superò tutti i Patriarchi e i Profeti, e, se fossero rimaste scritte nella Chiesa militante, come si conosceranno in quella trionfante, formerebbero l'ammirazione del mondo.

560. Non altrimenti, possedette le virtù della pietà e dell'osservanza, conoscendo ella più di ogni altro quanto si deve ai propri genitori e quanto eroica fosse la santità dei suoi. Lo stesso fece coi suoi consanguinei, favorendoli di grazie specialissime, come avvenne al Battista, a santa Elisabetta sua madre e agli altri del collegio apostolico. Avrebbe reso felicissima la sua patria, se l'ingratitudine e la durezza dei Giudei avesse meritato ciò; tuttavia le fece benefici assai grandi e favori spirituali e visibili, per quanto permise la divina equità. Fu ammirabile nella riverenza verso i sacerdoti, essendo la sola che seppe e poté dare il dovuto valore alla dignità degli unti del Signore. Questo insegnò a tutti, come anche a riverire dopo di loro i Patriarchi, i Profeti e gli altri santi, e infine i signori temporali e supremi nella potestà. Ella non omise nessun atto di siffatte virtù, ma in diversi tempi e in diverse occasioni li esercitò tutti e li insegnò agli altri, specialmente ai fedeli della Chiesa primitiva. In essa, ubbidendo non solo al suo Figlio santissimo e al suo sposo quando erano presenti, ma anche ai ministri della Chiesa stessa, fu per il mondo un esempio di rara obbedienza, mentre per speciali ragioni avrebbero dovuto piuttosto ubbidire a lei tutte le creature, essendo rimasta sulla terra come Signora e regina al fine di governarle.

561. Rimangono altre virtù che ugualmente si riducono alla giustizia, perché per mezzo di esse diamo agli altri ciò che dobbiamo loro per un certo debito morale, che è un titolo consono ed onesto. Queste sono la gratitudine, che si chiama anche grazia, la verità ossia veracità, la vendetta intesa come punizione della giustizia, la liberalità, l'amicizia o affabilità. Con la gratitudine veniamo a porre qualche eguaglianza tra noi e quelli dai quali riceviamo qualche beneficio, rendendone loro grazie secondo la qualità del beneficio e l'affetto con cui ce lo fecero - affetto che è la parte principale di tale beneficio - ed anche secondo lo stato e la qualità del benefattore, perché a tutto questo si deve proporzionare la gratitudine, e ciò si può fare con diverse azioni. La veracità ci inclina a dire la verità con tutti, come è giusto che si faccia nella vita umana e nelle necessarie relazioni umane, escludendo ogni menzogna, che in nessun caso è lecita, ogni ingannevole simulazione, ipocrisia, iattanza ed ironia. Tutti questi vizi si oppongono alla verità. E se si può, ed anzi è conveniente, declinare nel meno quando parliamo della nostra eccellenza o virtù, per non renderci molesti con eccesso di iattanza, non è però giusto il fingere meno con menzogna, imputandoci un vizio che non abbiamo. La vendetta, nel senso che si è detto, è una virtù che insegna a compensare o soddisfare con qualche pena il danno proprio, o quello del prossimo, ricevuto da un terzo. Questa virtù è difficile a praticarsi come si deve dai mortali, che di solito si lasciano trascinare da ira smodata e da odio contro i fratelli, mancando così alla carità e alla giustizia. Tuttavia, quando non si mira al danno altrui ma solo al bene privato o pubblico, questa virtù non è piccola. Ad essa infatti ricorse Cristo nostro Signore quando scacciò dal tempio quelli che lo profanavano. Così pure Elia ed Eliseo chiamarono il fuoco dal cielo per castigare certi peccati, e nei Proverbi si dice: Chi risparmia il bastone odia suo figlio. La liberalità serve per distribuire, secondo ragione, il denaro o cose affini, senza cedere ai vizi dell'avarizia e della prodigalità. L'amicizia o affabilità consiste nel modo di conversare e trattare con tutti adeguatamente e convenientemente, senza adulazione né litigi, che sono vizi contrari a questa virtù.

562. Nessuna di tali cose - né alcun'altra, se ve ne sia che si possa attribuire alla giustizia - mancò alla Regina del cielo. Tutte le possedette e tutte le esercitò con atti perfettissimi, secondo le occasioni. Inoltre, come maestra e signora di ogni santità, a molte anime insegnò e diede luce perché vi si esercitassero e le praticassero con perfezione. Con gli atti di religione e di culto, di cui abbiamo già detto, esercitò la virtù della gratitudine verso Dio, perché questo è il più eccellente modo di mostrarsi grati. E come la dignità di Maria purissima e la sua santità proporzionata a tale dignità si elevarono al di sopra di ogni intelligenza creata, così questa eccelsa Signora si mostrò riconoscente proporzionatamente al beneficio, per quanto possibile ad una semplice creatura; lo stesso fece riguardo alla pietà verso i genitori e la patria, come sopra si è detto. Verso gli altri l'umilissima Imperatrice si mostrava riconoscente per qualunque beneficio, come se niente le fosse dovuto, e, sebbene le si dovesse tutto per giustizia, tutto gradiva con somma grazia e favore. Per di più, ella sola seppe spingersi sino al punto di rendere grazie per gli aggravi e le offese che riceveva, quasi fossero grandi benefici, dato che la sua incomparabile umiltà non riconosceva mai ingiurie, anzi per esse si considerava obbligata, né mai cessava di manifestare gratitudine, dimostrandosi sempre memore dei benefici.

563. Quanto alla verità con cui Maria signora nostra trattava, non si potrebbe dire abbastanza, perché, essendo ella tanto superiore al demonio, padre della menzogna e dell'inganno, certamente non poté trovarsi in lei un così abominevole vizio. La regola con cui si vuole misurare questa virtù della veracità è la sua carità e trasparenza, virtù che escludono ogni maniera di doppiezza e di fallacia nel trattare con le creature. Ma come si sarebbe mai potuto trovare colpa o inganno nella bocca di quella Signora, che con una parola di vera umiltà attirò nel suo seno colui che è la verità e la santità per essenza? Maria santissima si esercitò con molti atti perfettissimi anche nella virtù che si chiama vendetta, non solo insegnandola da maestra nella Chiesa primitiva ogniqualvolta fu necessario, ma zelando da sé l'onore dell'Altissimo. Infatti cercò di ricondurre sulla via della salvezza per mezzo della correzione molti peccatori, come fece più volte con Giuda; altre volte, invece, comandava alle creature, tutte a lei ubbidienti, che castigassero certi peccati per il bene di coloro che, commettendoli, si meritavano l'eterno castigo. E quantunque in queste opere fosse dolcissima e soavissima, tuttavia non tralasciava per questo di castigare, quando ciò era mezzo efficace per purificare dal peccato. Peraltro fu contro il demonio che esercitò maggiormente la vendetta, e ciò per liberare dalla sua schiavitù il genere umano.

564. Atti eccellentissimi esercitò ugualmente in rapporto alle virtù della liberalità e dell'affabilità. La sua liberalità nel dare era quale si conveniva alla suprema Imperatrice di tutto il creato, nonché a colei che sapeva stimare degnamente ogni cosa visibile e invisibile. Di quelle cose che si possono distribuire per atto di liberalità, mai ella ne tenne alcuna come sua propria piuttosto che del suo prossimo, né mai la negò ad alcuno, né aspettò che gliela chiedessero quando poteva darla prima. Le necessità e le miserie dei poveri a cui rimediò, i favori che fece loro, le misericordie che sparse, anche in cose temporali, sono tante e tali che per raccontarle occorrerebbe un immenso volume. Inoltre, la sua graziosa affabilità con tutti fu così ammirabile e rara che, se non l'avesse regolata con grande prudenza, tutti sarebbero corsi dietro a lei allettati dal suo tratto dolcissimo. E davvero quella sua mansuetudine e soavità, temperate da una certa severità e sapienza che avevano del divino, lasciavano trasparire, trattando con lei, un non so che di più che umana creatura. L'Altissimo però dispose questa grazia in modo che, sebbene alcune volte a quelli con cui ella trattava trasparissero indizi del mistero del Re, che in se stessa racchiudeva, tuttavia subito vi stendeva sopra come un velo e lo celava, per lasciare spazio ai patimenti, impedendo il plauso degli uomini. Tale plauso, d'altronde, sarebbe sempre stato meno del dovuto, non giungendo i mortali a conoscere quanto meritasse, o piuttosto, essendovi il pericolo che non sapessero venerare come una semplice creatura colei che era Madre del Creatore senza eccedere o scarseggiare, finché non fosse giunto il tempo in cui la luce della fede avrebbe illuminato le menti dei figli della Chiesa.

565. Per un uso più adeguato e perfetto di questa grande virtù della giustizia, i dottori le annettono un'altra parte o strumento, che chiamano epicheja. Con questa si regolano alcune opere che escono dalle norme e leggi comuni, poiché queste non prevengono tutti i casi che possono occorrere, né tutte le loro circostanze, per cui in certe occasioni è necessario operare con ragione superiore e straordinaria. La celeste Regina fu esperta ed usò di tale virtù in molti eventi della sua vita, sia prima che dopo l'ascensione del suo Unigenito al cielo, ma in modo ancor più speciale dopo, per stabilire le cose della Chiesa primitiva, come dirò a suo tempo, se piacerà all'Altissimo.



Insegnamento della Regina del cielo



566. Figlia mia, sebbene di questa estesa virtù della giustizia tu abbia conosciuto molto, tuttavia ne ignori ancora la maggior parte; tanta è la stima che merita! La carne mortale di cui sei rivestita ne ritarda la comprensione e non puoi esprimere a parole tutto quello che arrivi ad intendere. In ciò che ne hai appreso troverai comunque una norma più che sufficiente del modo con cui devi comportarti con le creature e dedicarti al culto dell'Altissimo. A tale riguardo ti avverto, o carissima, che la maestà suprema dell'Onnipotente s'indigna giustamente per l'offesa che le fanno i mortali dimenticandosi della venerazione, adorazione e riverenza a lui dovute. Inoltre è talmente grossolana, distratta e scortese quella che talora gli rendono, che merita castigo piuttosto che premio. Verso i principi e i magnati del mondo sanno benissimo mostrare profonda riverenza e quasi adorazione; sanno chiedere loro aiuto e sollecitare favori con tutti i mezzi e le attenzioni più squisite; sanno ringraziarli abbondantemente quando ottengono quel che desiderano e, anzi, dichiarano di voler essere loro grati tutta la vita. Ma quando si tratta del supremo Signore che dà loro l'essere, la vita e il movimento, che li conserva e nutre, che li redense e li sollevò alla dignità di figli volendo dare loro la sua stessa gloria che è un bene infinito e sommo, allora si dimenticano di questa Maestà che non vedono con gli occhi del corpo, come se dalla sua mano non venissero loro tutti i beni, si contentano di serbare di lui una tiepida memoria e di rivolgergli un qualche frettoloso ringraziamento, quasi che ciò fosse una gran cosa! Taccio poi l'enorme offesa che fanno al giustissimo reggitore dell'universo coloro che iniquamente rompono e pervertono tutto l'ordine della giustizia col loro prossimo, soffocando la ragione naturale e pretendendo di fare ai loro fratelli quello che non vorrebbero fosse fatto a loro stessi.

567. Aborrisci, figlia mia, vizi tanto esecrabili e, per quanto puoi con le tue forze, indirizza le tue opere in modo che suppliscano al servizio che altri negano all'Altissimo con questa loro cattiva corrispondenza ai suoi benefici. Tanto più, essendo tu consacrata, nel tuo stato, al culto divino, devi far di ciò la tua principale occupazione con grande affetto, rendendoti così in tutto simile agli spiriti angelici, che con venerazione si occupano incessantemente del suo culto. Porta poi rispetto a tutte le cose divine e consacrate, perfino agli ornamenti e ai vasi che servono al sacro ministero. Durante l'ufficio divino, l'orazione e il santo sacrificio, procura di stare sempre in ginocchio; domanda con fede e ricevi con umile riconoscenza, e questa devi mostrare verso tutte le creature, anche quando ti offendessero. Con tutti dimostrati pietosa, affabile, mite, sincera e veritiera, senza finzione né doppiezza, senza detrazione né mormorazione, senza giudicare alla leggera il tuo prossimo. E per adempiere bene quest'obbligo di giustizia, tieni sempre fisso nella memoria e nel cuore il proposito di fare al tuo prossimo ciò che vuoi si faccia a te, e molto più fa' in modo di rammentarti quanto il mio Figlio santissimo ed io abbiamo fatto per tutti gli uomini.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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