A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (2) (14 messaggi, agg.: 03/07/2021 22:37)
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (1)

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2021 20:11
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
14/02/2021 11:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

CAPITOLO 17



Proseguendo il mistero della concezione di Maria santissima mi fu fatta comprendere la prima parte del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse.



243. Il beneficio della concezione immacolata di Maria santissima racchiude tanti e così imperscrutabili misteri che, per rendermi più capace di penetrarlo, sua Maestà me ne rivelò molti di quelli che san Giovanni pone nel capitolo ventunesimo dell'Apocalisse, rimettendomi alla comprensione che di essi mi era data. Per dichiarare qualcosa di ciò che mi fu manifestato, dividerò la spiegazione di quel capitolo in tre parti, al fine di evitare un poco la molestia che potrebbe causare se si trattasse tutto insieme. Darò prima la versione letterale, che è la seguente:

244. Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il �Dio-con-loro�. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse:

«Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci. Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e zolfo. È' questa la seconda morte».

245. Questa è la prima delle tre parti del testo letterale ed io la spiegherò in questo capitolo dividendola nei suoi versetti. Vidi poi - dice l'Evangelista - un nuovo cielo e una nuova terra. Essendo già uscita Maria santissima dalle mani di Dio onnipotente e trovandosi così già nel mondo la materia immediata da cui si sarebbe formata l'umanità santissima del Verbo che doveva morire per l'uomo, l'Evangelista dice che vide un cielo nuovo e una nuova terra. Non senza grande proprietà poterono chiamarsi cielo nuovo quella natura e il seno verginale in cui e da cui si formò. In questo cielo, infatti, Dio cominciò ad abitare in un modo nuovo, ben differente da quello in cui aveva fino allora abitato nel cielo antico ed in tutte le creature. Si chiamò cielo nuovo anche quello dei santi dopo il mistero dell'incarnazione, poiché da questa ebbe origine per esso la novità di venire abitato dai mortali, cosa che prima non accadeva, e di venire rinnovato dalla gloria dell'umanità santissima di Cristo, nonché da quella della sua purissima Madre. Tale gloria fu tanto grande, dopo quella essenziale, che bastò per rinnovare i cieli e dare loro nuova bellezza e splendore. Benché qui stessero gli angeli buoni, questa era già come cosa antica e vecchia, per cui fu grande novità che l'Unigenito del Padre con la sua morte restituisse agli uomini il diritto alla gloria perduto per il peccato e li introducesse nel cielo, da cui erano stati esclusi, impotenti a riacquistarlo da se stessi. Siccome questa novità per il cielo cominciò da Maria santissima quando l'Evangelista la vide concepita senza il peccato, che impediva tutto ciò, questi disse che aveva visto un nuovo cielo.

246. Vide anche una nuova terra, perché la terra antica di Adamo era maledetta, macchiata e rea della colpa e della condanna eterna, mentre la terra santa e benedetta di Maria fu terra nuova, scevra dalla colpa e dalla maledizione di Adamo. Fu terra talmente nuova che dall'epoca della prima formazione, cioè quella di Adamo ed Eva, non si era vista né conosciuta al mondo altra terra nuova sino a Maria santissima. Fu terra talmente nuova e scevra dalla maledizione di quella antica e vecchia che in questa terra benedetta si rinnovò anche tutta l'altra dei figli di Adamo. Veramente per la terra benedetta di Maria, e con essa ed in essa, restò benedetta, rinnovata e vivificata quella di Adamo, che fino allora era stata maledetta ed era invecchiata nella sua maledizione. Si rinnovò tutta per Maria santissima e per la sua innocenza. Essendo cominciato in lei questo nnnovamento della natura umana e terrena, san Giovanni dice che in Maria concepita senza peccato vide un cielo nuovo ed una terra nuova. Quindi prosegue:

247. Perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi. Venendo al mondo ed apparendo in esso la nuova terra ed il nuovo cielo di Maria santissima e di suo Figlio, uomo e Dio vero, era conseguente che sparissero l'antico cielo e la terra invecchiata della natura umana e terrena con il peccato. Ci fu un nuovo cielo per la Divinità nella natura umana, che, preservata e libera dalla colpa, dava una nuova abitazione al medesimo Dio mediante l'unione ipostatica nella persona del Verbo, mentre cessò di esistere il primo cielo, che Dio aveva creato in Adamo, ma che si era macchiato rendendosi inadatto ad essere abitato da Dio. Questo scomparve e subentrò un altro cielo nuovo con la venuta di Maria. Cominciò anche ad esistere un nuovo cielo della gloria per la natura umana, non perché fosse stato rimosso o fosse scomparso l'empireo, ma perché questo cessò di essere senza uomini come era stato per tanti secoli. Quanto a questo, cessò di essere il primo cielo e divenne un cielo nuovo per i meriti di Cristo, che già cominciavano a risplendere nell'aurora della grazia, Maria santissima sua madre. Così, scomparvero il primo cielo e la prima terra, che sino allora era stata senza rimedio. Anche il mare non c'era più, poiché con la venuta di Maria santissima e di Cristo venne meno il mare di abominazioni e peccati che inondava il mondo e sommergeva la terra della nostra natura. In verità, il mare del sangue di Cristo sovrabbondò e superò quello dei peccati, essendo di valore tale che in comparazione nessuna colpa ha peso. Se i mortali volessero approfittare di questo mare infinito della misericordia divina e del merito di Gesù Cristo nostro Signore, cesserebbero di esistere tutti i peccati del mondo, essendo l'Agnello di Dio venuto per cacciarli e distruggerli tutti.

248. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Poiché tutti questi misteri cominciavano da Maria santissima e si fondavano su lei, l'Evangelista dice che la vide sotto la forma della città santa di Gerusalemme, parlando della regina con questa metafora. Gli fu concesso di vederla in tale forma affinché conoscesse meglio il tesoro che ai piedi della croce gli era stato raccomandato ed affidato e lo custodisse con degna stima; infatti, anche se nessuna predisposizione del discepolo poteva essere tale da supplire alla mancanza della presenza del Figlio della Vergine, poiché san Giovanni prendeva il suo posto, era conveniente che fosse illuminato in modo conforme alla dignità ed all'ufficio che riceveva venendo sostituito al Figlio naturale.

249. La santa città di Gerusalemme, per i misteri operati da Dio in essa, era il simbolo più conveniente di colei che era sua Madre, nonché centro e compendio di tutte le meraviglie dell'Onnipotente. Per questa stessa ragione è simbolo anche della Chiesa militante e di quella trionfante. La vista dell'aquila generosa che fu Giovanni si estese a tutte queste cose, per la corrispondenza e l'analogia che hanno tra loro queste mistiche città di Gerusalemme, ma contemplò soprattutto la Gerusalemme suprema che è Maria santissima, in cui stanno raccolte e riepilogate tutte le grazie, le meraviglie, i doni e le virtù della Chiesa militante e di quella trionfante. Tutto quello che fu operato nella Gerusalemme di Palestina e tutto ciò che essa ed i suoi abitanti significano si trova racchiuso in Maria purissima, città santa di Dio, in modo più mirabile ed eccellente che nel resto del cielo, della terra e di quanti lì vivono. La chiama nuova Gerusalemme per la novità di tutti i suoi doni, della sua grandezza e delle sue virtù, causa di nuova meraviglia per i santi; inoltre, perché venne dopo tutti i Padri antichi, i Patriarchi e i Profeti ed in lei si compirono e rinnovarono le loro voci, i loro oracoli, le loro promesse; ancora, perché viene senza il contagio della colpa e discende dalla grazia secondo un ordine tutto nuovo, distante dalla comune legge del peccato; infine, perché entra nel mondo trionfando sul demonio e sul primo inganno, e questa è la cosa più nuova che si sia vista nel mondo dal suo principio in poi.

250. Essendo ciò del tutto nuovo sulla terra e non potendo provenire da questa, san Giovanni dice che discendeva dal cielo. Anche se secondo l'ordine comune della natura discese da Adamo, non venne per la via battuta ed ordinaria della colpa per la quale erano passati tutti i suoi predecessori, figli di quel primo delinquente. Per questa sola Signora ci fu un decreto a parte nella divina predestinazione e si aprì un nuovo sentiero attraverso il quale venisse al mondo con il suo Figlio santissimo, senza essere compagna nell'ordine della grazia ad alcun altro mortale e senza che alcun altro fosse compagno a lei ed a Cristo nostro Signore. Così, scese nuova dal cielo della mente e della determinazione di Dio. Dalla terra, macchiati da essa, discendono tutti gli altri figli di Adamo, mentre questa Regina di tutto il creato venne dal cielo, discendendo solo da Dio per l'innocenza e la grazia. Comunemente diciamo che uno viene da quella casa o prosapia da cui discende e discende da dove ha ricevuto il suo essere. Ora, l'essere naturale che Maria santissima ricevette da Adamo si ravvisa appena nel contemplarla madre del Verbo eterno e quasi a lato dell'eterno Padre per la grazia e la partecipazione alla sua divinità che ricevette per tale dignità. Questo è in lei l'essere principale, per cui l'altro, quello che ha dalla natura, risulta accessorio e secondario. Per questo, l'Evangelista fissò lo sguardo su quello principale, che scese dal cielo, e non su quello accessorio, che venne dalla terra.

251. Prosegue dicendo che era pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Per il giorno del matrimonio i mortali cercano il maggiore ornamento e l'abbigliamento più elegante che si possano trovare per abbellire la sposa terrena e non importa che i gioielli più ricchi si abbiano in prestito, purché niente le manchi. Quindi, se confessiamo, come è necessario confessare, che Maria purissima fu sposa della santissima Trinità ed allo stesso tempo madre della persona del Figlio e che per tali dignità fu adornata e preparata dal medesimo Dio onnipotente, infinito e ricco senza misura e limiti, quale ornamento, quale preparazione, quali gioielli saranno quelli con cui egli impreziosì la sua sposa e madre perché divenisse degna sposa e degna madre? Avrà forse riservato qualche gioiello nei suoi tesori? Le avrà negato qualche grazia di quelle con cui il suo potente braccio avrebbe potuto arricchirla ed abbellirla? L'avrà lasciata brutta, scomposta, macchiata in qualche parte o per qualche istante? Sarà stato scarso od avaro con la madre e sposa sua colui che elargisce prodigiosamente i tesori della sua divinità a tante anime che rispetto a lei sono meno che serve, meno che schiave della sua casa? Tutte loro confessano, con il medesimo Signore, che una sola è l'eletta e la perfetta, che le altre devono riconoscere, testimoniare e magnificare come immacolata e fortunatissima fra le donne e della quale piene di ammirazione con giubilo e lode domandano: «Chi è costei che sorge come l'aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati?». È' Maria santissima, unica sposa e madre dell'Onnipotente, che discese nel mondo adorna e preparata come sposa della beatissima Trinità, per il suo sposo e figlio. Questo arrivo ed ingresso nel mondo avvenne con tanti doni della Divinità che la sua luce la rese più vaga dell'aurora, più bella della luna, più eletta e singolare del sole, senza che nessuna a lei si potesse paragonare, più forte e potente di tutti gli eserciti del cielo e dei santi. Discese adornata e preparata per Dio, che le diede tutto ciò che egli volle, volle darle tutto ciò che poté e poté darle tutto ciò che non era essere Dio, sebbene fosse quanto di più vicino alla sua divinità e di più distante dal peccato potesse trovarsi in una semplice creatura. Questo ornamento fu intero e perfetto; non sarebbe stato tale se le fosse mancato qualcosa e le sarebbe mancato se fosse esistita qualche istante senza l'innocenza e la grazia. Forse, senza questa, sarebbe bastato a renderla così bella che l'ornamento ed i brillanti della grazia fossero posti sopra un volto deforme, macchiato dalla colpa, o sopra una veste sudicia ed indecente? Vi sarebbe rimasta sempre qualche imperfezione, per cui, per quanti accorgimenti si fossero usati, non si sarebbe mai potuto togliere l'ombra o il segno della macchia. Tutto ciò era poco conveniente per Maria, madre e sposa di Dio, e quindi anche per lui, che non l'avrebbe affatto adornata e preparata con amore di sposo né con attenzione di figlio, se per vestire la madre e sposa sua avesse cercato una stoffa macchiata e vecchia, mentre ne aveva in casa una ricca e preziosa.

252. È' ormai tempo che l'intelletto umano si estenda e si dilati per onorare la nostra grande Regina e chi avesse opinioni contrarie su tale punto, fondate su percezioni diverse, si ritiri e si trattenga dallo spogliarla dell'ornamento della sua purezza immacolata nell'istante della sua divina concezione. Per la forza della verità e della luce in cui vedo questi ineffabili misteri, confesso una e più volte che tutti i privilegi, le grazie, le prerogative, i favori ed i doni di Maria santissima, incluso quello di essere madre di Dio - per come mi sono fatti conoscere - dipendono ed hanno origine dall'essere stata immacolata e piena di grazia nella sua concezione purissima, cosicché senza questo beneficio tutti gli altri apparirebbero informi e mancanti ovvero come un sontuoso edificio senza fondamento solido e proporzionato. Hanno tutti relazione secondo un certo ordine e collegamento con la purezza ed innocenza della concezione. Per questo si è dovuto necessariamente toccare tante volte questo mistero nel corso di questa Storia, cominciando dai decreti divini sulla formazione di Maria e del suo Figlio santissimo in quanto uomo. Non mi dilungo più su questo, ma avverto tutti che la Regina del cielo apprezzò talmente l'ornamento e la bellezza che il suo Figlio e sposo le diede nella sua purissima concezione che in proporzione di tale stima sarà la sua indignazione contro chi con ostinazione e perfidia pretenderà di spogliarla di ciò, infliggendole tale macchia mentre il suo Figlio santissimo si è degnato di manifestarla al mondo così adorna e bella, per gloria sua e speranza dei mortali.

253. Udii allora una voce potente che usciva dal trono:

«Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro ». La voce dell'Altissimo è grande, forte, soave ed efficace per muovere ed attirare completamente a sé la creatura. Tale fu questa voce che san Giovanni udì uscire dal trono della santissima Trinità. Essa gli rapì tutta l'attenzione che era richiesta, dicendogli di fissare lo sguardo sul tabernacolo di Dio, affinché mediante il raccoglimento conoscesse perfettamente il mistero che gli veniva palesato vedendo la dimora di Dio con gli uomini: egli avrebbe vissuto con loro, sarebbe stato il loro Dio ed essi suo popolo. Tutto questo mistero era racchiuso nel vedere Maria santissima discendere dal cielo nella forma che ho detto, perché, stando questa dimora di Dio nel mondo, conseguiva che lo stesso Dio venisse a stare con gli uomini, vivendo ed abitando in essa senza allontanarsene. In verità, fu come dire all'Evangelista: «Il re ha già la sua casa e corte nel mondo, per cui è evidente che andrà ad abitare in essa». Ma in che modo abiterà in tale dimora? Prendendo da essa stessa la forma umana, per passare nel mondo ed abitare con gli uomini, essere loro Dio ed essi suo popolo, come eredità di suo padre ed allo stesso tempo di sua madre. Del Padre eterno fummo eredità per il suo Figlio santissimo non solo perché in lui e per lui creò tutte le cose e le diede a lui in eredità nell'eterna generazione, ma anche perché come uomo egli ci riscattò nella nostra stessa natura, facendoci suo popolo e sua eredità paterna e rendendoci suoi fratelli. Per la stessa ragione della natura umana fummo e siamo eredità legittima della sua santissima Madre, perché ella gli diede la forma della carne umana con cui ci acquistò per sé. Per questo ella, essendo sua Madre e figlia e sposa della santissima Trinità, veniva ad essere signora dell'intero creato, che il suo unigenito doveva ereditare. Certamente ciò che concedono le leggi umane, essendo basato sulla ragione naturale, non doveva mancare in quelle divine.

254. Uscì questa voce dal trono regale per mezzo di un angelo che mi parve dicesse all'Evangelista: «Fa' bene attenzione e guarda la dimora di Dio con gli uomini, in cui vivrà con loro ed essi saranno suo popolo. Egli diventerà loro fratello prendendo la loro forma per mezzo di questo tabernacolo che è Maria, che vedi scendere dal cielo per la sua concezione e formazione». Noi possiamo rispondere con lieto sembiante a questi cortigiani del cielo che la dimora di Dio sta molto bene con noi, perché è nostra ed attraverso di essa diverrà nostro anche Dio. In essa riceverà vita e sangue da offrire per noi, facendoci suo popolo, vivendo con noi come in sua casa e dimora, poiché lo riceveremo come sacramento, resi così a nostra volta sua dimora. Siano contenti, questi divini spiriti e principi, di essere fratelli più grandi e meno bisognosi degli uomini. Noi siamo i piccoletti e deboli che abbiamo bisogno dei doni e dei favori del nostro Padre e fratello. Venga nella dimora della Madre sua e nostra, prenda la forma della carne umana dalle sue viscere verginali; la Divinità si rivesta e viva con noi ed in noi. Teniamocelo così vicino che egli sia nostro Dio e noi suo popolo e sua dimora. Ne stupiscano gli spiriti angelici e, rapiti da tali meraviglie, lo benedicano; godiamolo noi mortali, accompagnandoli nella medesima lode di ammirazione e di amore. Ora il testo continua:

255. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. Mediante il frutto della redenzione umana, di cui ci fu dato pegno certo nella concezione di Maria santissima, si asciugarono le lacrime che il peccato aveva provocato negli occhi dei mortali. Per questo, per coloro che approfitteranno delle misericordie dell'Altissimo, del sangue e dei meriti di suo Figlio, dei suoi misteri e sacramenti, dei tesori della sua Chiesa e dell'intercessione della sua santissima Madre, non ci sarà morte, né dolore, né pianto, avendo cessato di esistere la morte causata dal peccato ed avendo avuto fine tutto ciò che da essa era conseguito. Il vero pianto se ne andò negli abissi con i figli della perdizione, dove non è rimedio. Il dolore delle tribolazioni temporali, poi, non è pianto né dolore vero, ma apparente; esso sta bene insieme alla vera e somma allegrezza ed anzi, accolto di buon animo, è di inestimabile valore. Come pegno di amore lo scelse per sé, per sua Madre e per i suoi fratelli lo stesso Figlio di Dio.

256. Neppure vi saranno grida e voci di lamento, perché i giusti ed i saggi sull'esempio del loro Maestro e della Madre umilissima devono imparare a tacere, come fa la semplice pecorella quando è condotta ad essere vittima e sacrificio. Al diritto che ha la fragile natura di cercare qualche sollievo in grida e lamenti devono rinunciare gli amici di Dio, che vedono sua Maestà, loro capo ed esempio, umiliato sino alla morte obbrobriosa della croce per riparare i danni della nostra poca capacità di soffrire e di sopportare. Di fronte ad un simile esempio, come si può permettere alla nostra natura di alterarsi e lamentarsi nelle tribolazioni? Come le si può accordare di muoversi in modo disordinato e contrario alla carità, mentre Cristo viene a stabilire la legge dell'amore fraterno? L'Evangelista torna a dire che non ci sarà più dolore, perché, se ne doveva restare uno negli uomini, era quello della cattiva coscienza, ma come rimedio a questo male fu medicina così soave l'incarnazione del Verbo nelle viscere di Maria santissima che già esso è piacevole e causa di allegrezza. Anzi, neanche merita il nome di dolore, perché contiene in sé il sommo e vero gaudio e con la sua introduzione nel mondo passarono le cose di prima, cioè i dolori ed i rigori inefficaci della legge antica, poiché si temperarono e terminarono con l'abbondanza della legge evangelica nel dare la grazia. Per questo, soggiunge: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Questa voce venne da Colui che stava assiso sul trono, poiché egli stesso si dichiarò artefice di tutti i misteri della nuova legge del Vangelo. Poiché questa novità cominciava da una cosa così singolare e non pensata dalle creature come l'incarnazione dell'Unigenito del Padre in una Madre vergine e purissima, era necessario che, se tutto doveva essere nuovo, non vi fosse in lei alcuna cosa vecchia, come è il peccato originale, antico quasi quanto la natura, per cui, se la madre del Verbo che stava per incarnarsi lo avesse avuto in sé, Dio non avrebbe fatto nuove tutte le cose.

257. E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci. Ecco, sono compiute!». Per parlare umanamente, Dio soffre vivamente della dimenticanza delle grandi opere d'amore che egli fece per noi con la sua incarnazione e con la redenzione degli uomini. Perciò, in memoria di tanti benefici ed in riparazione della nostra ingratitudine, comanda che si scrivano. Così i mortali dovrebbero scriverle nei loro cuori e temere l'offesa che commettono contro Dio con una così villana ed esecrabile dimenticanza. Benché sia vero che i cattolici hanno fede in tali misteri, con la noncuranza che mostrano nel gradirli e con quella che fanno supporre nel dimenticarli, pare che tacitamente li neghino, vivendo come se non li credessero. Quindi, affinché abbiano un accusatore della loro triste ingratitudine, il Signore dice che queste parole sono certe e veraci. Ed essendo veramente tali, si vedano il torpore e la grettezza dei mortali nel non convincersi di verità che, come sono fedelissime, sarebbero efficaci per muovere il cuore umano e vincerne la ribellione, quando come vere e fedelissime si fissassero nella memoria, si ruminassero in essa e si ritenessero certe, infallibili ed operate da Dio per ciascuno di noi.

258. Per altro, non essendo i doni di Dio soggetti a pentimento, poiché non ritratta il bene che fa anche se disobbligato dagli uomini, dice che già è compiuto, quasi lasciasse intuire che, sebbene per la nostra ingratitudine lo abbiamo irritato, non vuole retrocedere nel suo amore. Anzi, avendo inviato al mondo Maria santissima senza la colpa originale, già dà per compiuto tutto quanto appartiene al mistero dell'incarnazione. Trovandosi, infatti, Maria purissima sulla terra, non pare che il Verbo eterno possa restare nel solo cielo senza scendere a prendere carne umana nel suo seno. Assicura maggiormente ciò soggiungendo: «Io sono l'Alfa e l'Omèga, la prima e l'ultima lettera, che come principio e fine racchiude la perfezione di tutte le opere, per cui, se do a queste principio, è per condurle fino alla perfezione del loro ultimo fine. Così farò per mezzo di questa opera di Cristo e Maria; come con essa diedi principio a tutte le opere della grazia, così attraverso di essa darò loro fine. E nell'uomo porterò e guiderò tutte le creature a me, come a loro ultimo fine e come a centro dove riposano».

259. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni. Affinché s'intendesse che tutto quanto Dio fa ed ha fatto per gli uomini è gratuito e senza obbligazioni di sorta, disse l'Apostolo: Chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio?. L'origine di tutte le fonti non deve la sua corrente a nessuno di quelli che vanno a bere da esse, ma spontaneamente ed in modo gratuito vengono date a tutti quelli che vi accorrono. Se non tutti partecipano della sua acqua, ciò non è colpa della fontana, ma solo di chi non va a berne, mentre essa sta invitando tutti con abbondanza ed allegrezza. Anzi, poiché non vanno a lei e non la cercano, esce essa stessa a cercare chi la riceva e corre senza fermarsi. Tanto gratuitamente e spontaneamente si offre a tutti! Oh, tiepidezza riprensibile dei mortali! Oh, abominevole ingratitudine! Se niente ci deve il vero Signore Dio e se ci diede e ci dà ogni cosa per grazia, se tra tutti i benefici e le grazie il maggiore fu essersi fatto uomo ed essere morto per noi, poiché con tale beneficio ci diede tutto se stesso, correndo l'impeto della divinità fino ad incontrarsi con la nostra natura per unirsi con essa e con noi, com'è possibile che, essendo noi tanto assetati di onore, gloria e piaceri, non andiamo a bere tutto questo a tale fontana che ce lo offre gratuitamente? Così ne vedo la causa: non è della gloria vera e del vero onore e riposo che siamo assetati; perciò aneliamo a ciò che èingannevole ed apparente, disprezzando le fonti della grazia che ci aprì Gesù Cristo nostro bene con i suoi meriti e con la sua morte. A chi avrà sete della divinità e della grazia, però, il Signore promette che darà gratuitamente dell'acqua della vita. Oh, quale compassione e dolore che, essendosi scoperta la sorgente della vita, tanto pochi siano assetati di essa e tanti invece corrano alle acque di morte! Soltanto chi vincerà in se stesso il demonio, il mondo e la propria carne possederà queste cose. Dio aggiunge che costui le possederà, perché, essendo queste acque date a lui per grazia, potrebbe temere che venga un tempo in cui gli siano negate o tolte; quindi, per rassicurarlo, Dio dice che gli saranno date in possesso pieno ed illimitato.

260. Lo assicura, inoltre, con un'altra nuova e maggiore affermazione, dicendogli: Io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ora, se egli è per noi Dio e noi siamo figli, è evidente che con ciò egli ci ha fatto suoi figli. Essendo figli, consegue che siamo eredi dei suoi beni; ed essendo eredi, sebbene tutta questa eredità sia gratuita, è per noi sicura come lo sono per i figli i beni del loro padre. Di più, essendo egli allo stesso tempo Padre e Dio infinito negli attributi e nelle perfezioni, chi potrà dire quanti o quali siano i beni che ci offre facendoci suoi figli? Qui si comprendono l'amore paterno, l'esistenza, la vocazione, la storia e la giustificazione, i mezzi per raggiungerla e, come fine di tutto, la glorificazione ed uno stato di felicità che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo. Tutto questo è riservato per quelli che vinceranno, mostrandosi figli coraggiosi e veri.

261. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e zolfo. È questa la seconda morte. In questo terribile elenco si sono iscritti con le loro stesse mani innumerevoli figli della perdizione, perché è infinito il numero degli stolti che ciecamente scelgono la morte, rinunciando al cammino della vita. Non accade perché questo è nascosto a quanti hanno occhi, ma perché li chiudono alla luce, lasciandosi sempre affascinare ed accecare dalle arti di satana, che, secondo le differenti inclinazioni e voglie degli uomini, offre loro il veleno nascosto in diverse bevande di vizi che appetiscono. I vili sono quelli che ora vogliono ed ora non vogliono, senza avere gustato la manna della virtù, che a loro si presenta insipida, e senza avere inoltrato il piede nel cammino della vita eterna, che appare loro un'impresa terribile, mentre il giogo del Signore è dolce ed il suo carico è leggero. Ingannati così da questo timore, si lasciano vincere prima dalla codardia che dalla fatica. Altri poi, increduli, o non ammettono le verità rivelate negando loro fede, come gli eretici, i pagani e gli infedeli, oppure, se le credono come cattolici, pare che le odano da lontano e che le credano per altri anziché per se stessi. Così, hanno una fede morta ed operano come se fossero increduli.

262. Gli abietti sono quelli che, seguendo senza ritegno né freno qualunque vizio, anzi gloriandosi delle malvagità e non facendo alcun caso di commetterle, si rendono spregevoli a Dio, esecrabili e maledetti, giungendo ad uno stato di ribellione che rende loro quasi impossibile fare il bene. Costoro, allontanandosi dal cammino della vita eterna come se non fossero creati per essa, si separano e si alienano da Dio, dai suoi benefici e dalle sue benedizioni, divenendo abominevoli allo stesso Signore ed ai suoi santi. Gli omicidi sono quelli che, senza timore né riverenza della divina giustizia, usurpano a Dio il diritto di supremo signore per governare l'universo e castigare e vendicare le ingiurie, meritando in tale modo di venire misurati e giudicati con la stessa misura con cui essi hanno voluto misurare gli altri e giudicarli. Gli immorali sono quelli che per un breve ed immondo piacere, aborrito appena compiuto senza che ne venga saziato il disordinato appetito, non si curano dell'amicizia di Dio e disprezzano le gioie eterne, le quali, saziando, sono desiderate sempre più e soddisfano senza che mai si debbano perdere. I fattucchieri sono quelli che credettero e sperarono nelle false promesse del serpente mascherato sotto l'apparenza di amico, restando così ingannati e pervertiti per ingannare e pervertire altri. Gli idolatri sono quelli che, andando in cerca della divinità, non la trovarono, mentre sta vicino a tutti. La attribuirono ad oggetti che non potevano averla, perché la davano loro quelli stessi che li fabbricavano: ombre inanimate della verità e cisterne screpolate, incapaci di contenere la grandezza del Dio vero. I mentitori sono quelli che si oppongono alla somma Verità che è Dio e, abbandonandosi all'estremo contrario, si privano della sua rettitudine e virtù; confidano più nel finto inganno che nello stesso autore della verità e di ogni bene.

263. L'Evangelista dice di avere udito che per tutti costoro è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E' questa la seconda morte. Avendo Dio giustificato la sua causa con la grandezza dei suoi benefici e delle sue misericordie senza numero, con lo scendere dal cielo a vivere e morire tra gli uomini per riscattarli con la sua medesima vita ed il suo sangue, con il lasciare tante sorgenti di grazia a nostro libero uso e gratuite nella santa Chiesa, e soprattutto la madre della medesima grazia e fonte della vita, Maria santissima, per mezzo della quale poterla ottenere, chi mai potrà redarguire la divina equità e giustizia, se di tutti questi benefici e tesori i mortali non hanno voluto approfittare e se hanno rinunciato all'eredità della vita per seguire con un momentaneo diletto quella della morte? È' naturale che raccolgano quello che hànno seminato e che la loro parte ed eredità sia il fuoco eterno in quell'abisso terribile di zolfo dove non è redenzione né più speranza di vita, per essere incorsi nella seconda morte. Questa è interminabile per la sua eternità, ma tuttavia meno abominevole della prima morte del peccato che i reprobi si attirarono volontariamente con le proprie mani, poiché fu morte alla grazia, causata dal peccato che si oppose alla bontà ed alla santità infinita di Dio offendendolo quando doveva essere adorato e riverito. Giusto castigo è la morte per chi merita di essere condannato; a lui l'applica la giustizia rettissima. Per mezzo di essa Dio viene glorificato e magnificato, come con il peccato fu disprezzato ed oltraggiato. Sia egli per tutti i secoli temuto ed adorato. Amen.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:26. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com