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I sogni di San Giovanni Bosco

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2021 09:10
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21/02/2021 10:59
 
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I sogni di San Giovanni Bosco




 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/02/2021 11:00
 
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Non con le percosse...�

Alla tenera et� di 9 anni Don Bosco ha il suo primo sogno. In esso Ges� e la Vergine gli preannunziano, sebbene in forma velata, la sua futura missione.
Gli parve di essere vicino a casa sua, in mezzo a una moltitudine di ragazzi che si divertivano in un grande cortile. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, si slanci� in mezzo a loro, usando pugni e parole per farli tacere. Ed ecco apparirgli un Uomo venerando, nobilmente vestito, con una faccia cos� luminosa che Giovannino non riusciva a rimirarla. Lo chiam� per nome e gli ordin� di mettersi a capo di quei ragazzi aggiungendo:
� Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carit� dovrai guadagnare questi tuoi amici. Fa dunque loro subito un�istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosit� della virt�.
Giovannino, tutto confuso, risponde che � un povero ragazzo ignorante, incapace di fare questo.
In quel momento risa, schiamazzi e bestemmie cessarono e i ra gazzi si raccolsero intorno a colui che parlava. Ma cediamo la parola a Don Bosco stesso: � Quasi senza sapere che cosa dicessi, gli domandai:
� Chi siete voi che mi comandate cose impossibili?
� Appunto perch� � cosa che ti sembra impossibile, devi renderla possibile con l�ubbidienza e con l�acquisto della scienza.
� Dove, come acquister� la scienza?
� Io ti dar� la Maestra. Sotto la sua guida potrai divenire sapiente; senza di essa ogni sapienza diventa stoltezza.
� Ma chi siete voi che parlate cos�?
� Io sono il figlio di Colei che tua Madre t�insegn� a salutare tre volte al giorno.
� Mia madre mi dice di non associarmi, senza suo permesso, con chi non conosco. Perci� ditemi il vostro nome.
� Il mio nome domandalo a mia Madre.
In quel momento vidi accanto a lui una Donna di aspetto maestoso, vestita di un manto che splendeva da tutte le parti, come se ogni punto fosse una fulgidissima stella. Vedendomi sempre pi� confuso, mi accenn� di avvicinarmi a lei, mi prese con bont� per mano e mi disse:
� Guarda.
Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c�era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali.
� Ecco il tuo campo � ripigli� quella Signora �, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto, e ci� che ora vedrai succedere di questi animali tu dovrai farlo per i miei figli.
Volsi allora lo sguardo ed ecco che al posto di animali feroci, comparvero altrettanti agnelli mansueti, che saltellavano, corre vano, belavano come per far festa a quell�Uomo e a quella Signora.
Allora, sempre nel sogno, mi misi a piangere e pregai quella Si gnora che parlasse in modo da poter capire. Ella mi pose la mano sul capo dicendomi:
� A suo tempo, tutto comprenderai.
A questo punto un rumore mi svegli� e io rimasi sbalordito. Mi sembrava di aver le mani che mi facessero male per i pugni che avevo dato e che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti�

Nuovi interventi dall�alto

Il sogno dei 9 anni si rinnov� per lo spazio di circa 18 anni. Il quadro generale era lo stesso, ma ogni volta era accompagnato da scene accessorie sempre nuove, che adombravano lo svolgersi della sua futura missione di apostolo dei giovani. In questi interventi dall�alto si trova la spiegazione della sua calma imperturbabile e della sicurezza di riuscire in ogni sua impresa.
All�et� di 16 anni vide venire a s� una maestosa Signora che conduceva un numerosissimo gregge e che, avvicinandosi a lui e chiamandolo per nome, gli disse:
� Ecco, Giovannino, tutto questo gregge lo affido alle tue cure.
� Come far� � obiett� Giovanni � ad aver cura di tante pecore e di tanti agnelli?
� Non temere � rispose la Signora �, io ti assister�.
All�et� di 19 anni gli apparve di nuovo il personaggio del primo sogno, vestito di bianco, raggiante di luce spiendidissima, in atto di guidare una turba innumerevole di ragazzi. Rivoltosi a Giovanni, gli disse:
� Vieni qua, mettiti alla testa di questi ragazzi e guidali tu stesso.
� Ma io non sono capace di guidare tante migliaia di ragazzi.
Ma il personaggio gli ripet� un comando imperioso, sicch� Giovanni si pose a capo di quella turba giovanile. Nello stesso anno, ancora chierico, si vide in sogno gi� prete in cotta e stola a lavorare in una sartoria; per� non cuciva solo cose nuove, ma rappezzava anche abiti logori. Chiaro simbolo che era chiamato a educare non solo giovani buoni e santi come Domenico Savio, ma anche a condurre sulla buona strada giovani gi� traviati. Aveva raggiunto l�et� di 22 anni, quando in un nuovo sogno gli fu indicato anche il campo della sua futura missione. Vide la valle sottostante alla cascina del Sussambrino, dove trascorreva le vacanze, convertirsi in una grande citt�, nelle cui strade e piazze correvano turbe di ragazzi schiamazzando, giocando e bestemmiando. Di carattere pronto e vivace, Giovanni si avvicin� a quei ragazzi, sgridandoli e minacciandoli. Viste vane le sue minacce, prese a percuoterli; ma quelli reagirono e lo tempestarono di pugni. Mortificato e pesto, si diede alla fuga. Ma ecco venirgli incontro un personaggio che gli intim� di fermarsi e di ritornare tra quei monelli. Quindi lo present� a una nobilissima Signora e disse:
� Questa � mia madre: cons�gliati con lei.
La Signora, fissandolo con uno sguardo pieno di bont�, gli disse:
� Se vuoi guadagnarti questi monelli, non devi affrontarli con le percosse, ma prenderli con la dolcezza e la persuasione. In quel momento, come nel primo sogno, vide i giovani trasformarsi in agnelli, ai quali egli prese a fare da pastore per ordine di quella Signora.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Una stupenda e alta chiesa


Ormai Don Bosco � gi� sacerdote e sta perfezionandosi negli studi teologici nel Convitto Ecclesiastico di Torino, sotto la direzione di San Giuseppe Cafasso. Ed ecco due altri sogni che destano lo stupore in chi conosce le vicende dell�Oratorio ambulante di Don Bosco, perch� sono due sogni che fanno conoscere in precedenza al Santo le varie tappe e il progressivo sviluppo della sua Opera. In queste autentiche visioni vide anche la chiesa di Maria Ausiliatrice vent�anni prima che fosse costruita. Ecco i passi pi� significativi: li citiamo con le sue stesse parole.
Nel sogno del 1844, dopo la solita scena di una moltitudine di animali di ogni specie, appare la Pastorella misteriosa. E Don Bosco continua: �Dopo aver molto camminato, mi trovai in un prato dove quegli animali saltellavano e mangiavano insieme, senza che gli uni tentassero di mordere gli altri. Oppresso dalla stanchezza, volevo sedermi, ma la Pastorella mi invit� a proseguire il cammino. Fatto ancora breve tratto di via, mi sono trovato in un vasto cortile con porticato attorno, alle cui estremit� vi era una chiesa. Qui mi accorsi che quattro quinti di quegli animali erano diventati agnelli. Il loro numero poi divenne grandissimo.
In quel momento sopraggiunsero parecchi pastorelli per custodirli: ma essi si fermavano poco e tosto partivano. Allora succedette una meraviglia: molti agnelli si cangiavano in pastorelli, che aumentando si prendevano cura degli altri agnelli. Crescendo di numero, i pastorelli si dividevano e andavano altrove per raccogliere altri strani animali e guidarli in altri ovili.
Io volevo andarmene, ma la Pastorella mi invit� a guardare a mezzod�. Guardai e vidi un campo seminato a ortaggi.
� Guarda un�altra volta � mi disse.
Guardai di nuovo e vidi una stupenda e alta chiesa. Nell�interno di quella chiesa c�era una fascia bianca su cui a caratteri cubitali stava scritto: HIC DOMUS MEA, INDE GLORIA MEA (Qui la mia casa, di qui la mia gloria).
Continuando nel sogno, volli domandare alla Pastora che cosa significasse tutto questo.
� Tu comprenderai ogni cosa � mi rispose � quando con i tuoi occhi materiali vedrai di fatto quanto ora vedi con gli occhi della mente.
Pi� tardi � continua Don Bosco � questo, congiuntamente con un altro sogno, mi serv� di programma nelle mie deliberazioni� .
In un nuovo sogno che ebbe l�anno seguente, si rinnov� la visione simbolica degli sviluppi che avrebbe avuto la sua missione tra i giovani e, oltre la chiesa di Maria Ausiliatrice, vide anche la cappella Pinardi e la chiesa di San Francesco di Sales.
E si noti che le tre chiese � che si possono ammirare ancora oggi � non esistevano ancora e che Don Bosco non conosceva neppure il terreno su cui sarebbero state costruite.
In questo sogno la Pastorella si presenta a Don Bosco in forma di Signora, che gli fa vedere una nuova tappa del suo Oratorio:
un semplice prato (sar� il prato �Filippi �); poi finalmente la sede stabile pi� a Nord (Valdocco).
Ascoltiamo Don Bosco: �Allora quella Signora mi disse:
� Osserva!
Io guardando vidi una chiesa piccola e bassa (la futura cappella Pinardi), un po� di cortile e un gran numero di giovani. Ma essendo questa chiesa divenuta angusta, ricorsi ancora a lei, ed essa mi fece vedere un�altra chiesa assai pi� grande con una casa vicino (la chiesa di San Francesco di Sales e la casa Pinardi). Poi mi condusse quasi innanzi alla facciata della seconda chiesa, e indicandomi un terreno coltivato, soggiunse:
� In questo luogo, dove i gloriosi martiri di Torino Avventore e Ottavio soffrirono il loro martirio, su queste zolle che furono bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia onorato in modo specialissimo.
Cos� dicendo avanzava un piede posandolo sul luogo dove avvenne il martirio, e me lo indic� con precisione.
Io intanto mi vidi circondato da un numero immenso e sempre crescente di giovani; ma guardando la Signora, crescevano anche i mezzi e il locale, e vidi poi una grandissima chiesa (l�attuale Maria Ausiliatrice), precisamente nel luogo dove mi aveva fatto vedere che avvenne il martirio dei Santi della Legione Tebea, con molti edifici tutto all�intorno e con un bel monumento in mezzo� (vide anche il suo monumento?).
�Mentre accadevano queste cose, io, sempre in sogno, avevo a coadiutori preti e chierici che mi aiutavano alquanto e poi fuggivano. Io cercavo con grandi fatiche di attirarmeli, ma essi poco dopo se ne andavano e mi lasciavano tutto solo. Allora mi rivolsi nuovamente a quella Signora, la quale mi disse:
� Vuoi sapere come fare affinch� non ti scappino pi�? Prendi questo nastro e lega loro la fronte.
Prendo riverente il nastrino bianco dalla sua mano e vedo che sopra era scritta questa parola: Obbedienza. Provai tosto a fare quanto mi aveva detto quella Signora, e cominciai a legare il capo di qualcuno dei miei volontari coadiutori col nastro, e vidi subito grande e mirabile effetto; e questo effetto sempre cresceva, mentre io continuavo nella missione conferitami, poich� da costoro si lasciava affatto il pensiero di andarsene altrove e si fermavano ad aiutarmi. Cos� venne costituita la Congregazione� .

Un pergolato di rose

Il sogno seguente porta evidenti i caratteri di una visione pi� che di un sogno. Infatti Don Bosco, nel raccontarlo ai suoi primi Salesiani, s�introdusse cos�: �Perch� ognuno di noi abbia la sicurezza che � Maria Vergine che vuole la nostra Congregazione, vi racconter� non gi� la descrizione di un sogno, ma quello che la stessa Beata Madre si compiacque di farmi vedere�.
Continua quindi narrando il sogno, che riportiamo con le stesse sue parole, omettendo per brevit� alcuni particolari. �Un giorno dell�anno 1847, avendo io molto meditato sul modo di far del bene alla giovent�, mi comparve la Regina del cielo e mi condusse in un giardino incantevole�.
Quindi Don Bosc� descrive il giardino, poi prosegue: �c�era un pergolato che si prolungava a vista d�occhio, fiancheggiato e coperto da rosai in piena fioritura. Anche il suolo era tutto coperto di rose. La Beata Vergine mi disse:
� Togliti le scarpe! �, e poich� me le ebbi tolte, soggiunse:
� Va� avanti per quel pergolato; � quella la strada che devi percorrere.
Cominciai a camminare, ma subito mi accorsi che quelle rose celavano spine acutissime, cosicch� i miei piedi sanguinavano. Quindi fatti appena pochi passi, fui costretto a ritornare indietro.
� Qui ci vogliono le scarpe �, dissi allora �lla mia Guida.
� Certamente � mi rispose �; ci vogliono buone scarpe.
Mi calzai e mi rimisi in via con un certo numero di compagni, che avevano chiesto di seguirmi. Il pergolato appariva sempre pi� stretto e basso. Molti rami si abbassavano e si alzavano come festoni; altri pendevano perpendicolari sopra il sentiero. Erano tutti rivestiti di rose, e io non vedevo che rose ai lati, rose di sopra, rose innanzi ai miei passi. Mentre ancora provavo vivi dolori ai piedi, toccavo rose di qua e di l�, sentendo spine ancor pi� pungenti; e mi pungevo e sanguinavo non solo nelle mani, ma in tutta la persona. Al di sopra anche le rose che pendevano celavano spine pungentissime, che mi si infiggevano nel capo. Tuttavia, incoraggiato dalla Beata Vergine, proseguii il mio cammino.
Intanto tutti coloro che mi osservavano, dicevano:
� Oh, come Don Bosco cammina sempre sulle rose! Egli va avanti tranquillissimo; tutte le cose gli vanno bene.
Ma essi non vedevano le spine che laceravano le mie membra. Molti preti, chierici e laici, allettati dalla bellezza di quei fiori, si erano messi a seguirmi con gioia, ma quando sentirono la puntura delle spine, si misero a gridare:
� Siamo stati ingannati!
Percorso un bel tratto di via, mi volsi indietro e con dolore vidi che mi avevano abbandonato. Ma fui tosto consolato perch� vidi un altro stuolo di preti, chierici e laici avanzarsi verso di me dicendo:
� Eccoci: siamo tutti suoi, siamo pronti a seguirla�.
Don Bosco continua dicendo che, giunto in fondo al pergolato, si trov� con i suoi in un bellissimo giardino, dove lo circondarono i suoi pochi seguaci, tutti dimagriti, scarmigliati, sanguinanti. Allora si lev� una brezza leggera, e a quel soffio tutti guarirono come per incanto. Soffi� un altro vento e si trov� attorniato da un numero immenso di giovani, assistiti da molti preti e coadiutori che si misero a lavorare con lui.
Intanto si vide trasportato con i suoi in una �spazio sissima sala di tale ricchezza che nessuna reggia al mondo pu� vantarne l�uguale.
Era tutta cosparsa e adorna di rose freschissime e senza spine dalle quali emanava una soavissima fragranza. Allora la Vergine SS. che era stata la mia guida, mi interrog�:
� Sai che cosa significa tutto ci�?
� No � risposi �, vi prego di spiegarmelo.
Allora Ella mi disse:
� Sappi che la via che hai percorso tra le rose e le spine significa la cura che tu hai da prenderti della giovent�: tu vi devi camminare con le scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie e le antipatie umane che distraggono l�educatore e lo distolgono dal vero fine, lo feriscono, lo arrestano nella sua missione, gli impediscono di raccogliere meriti per la vita eterna. Le rose sono simbolo della carit� ardente che deve distinguere te e tutti i tuoi coadiutori. Le altre spine significano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccheranno. Ma non vi perdete di coraggio. Con la carit� e la mortificazione tutto supererete e giungerete alle rose senza spine. Appena la Madre di Dio ebbe finito di parlare, rinvenni in me e mi trovai nella mia camera�.



Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/02/2021 11:04
 
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Grandi funerali a Corte Una notte, verso la fine del novembre 1854, Don Bosco sogn� di trovarsi nel cortile circondato da preti e da chierici, quando comparve un valletto di corte con la sua rossa uniforme che, giunto alla sua presenza, grid�:

� Grande notizia!

� Quale? � chiese Don Bosco.
� Annunzia: gran funerale a Corte!
Don Bosco, dolorosamente sorpreso, voleva chiedergli spiegazioni, ma il valletto ripetendo:
� Gran funerale a Corte! � scomparve.
Appena destatosi, prepar� subito una lettera per il Re Vittorio Emanuele II, nella quale gli esponeva il sogno fatto. A pranzo comparve tra i giovani con un fascio di lettere.
� Stamane � disse � ho scritto tre lettere a grandi personaggi: al Papa, al Re, al boia.
Al sentire accoppiati questi tre nomi, i giovani scoppiarono in una risata. Il nome del boia non fece loro meraviglia perch� conoscevano le relazioni di Don Bosco con le autorit� carcerarie. In quanto al Papa, sapevano che era con lui in relazione epistolare. Ci� che aguzzava la loro curiosit� era il sapere che cosa avesse scritto al Re. Don Bosco raccont� loro il sogno e concluse:
� Questo sogno mi ha fatto star male tutta la notte.
Cinque giorni dopo, il sogno si rinnov�. Don Bosco � seduto a tavolino quando entra con impeto il valletto in rossa livrea e grida:
� Non gran funerale a Corte, ma grandi funerali a Corte!
Don Bosco scrisse al Re una seconda lettera, nella quale gli raccontava il secondo sogno e lo invitava a impedire che fosse approvato un progetto legge che proponeva lo scioglimento degli Ordini religiosi che non si dedicavano all�istruzione, alla predicazione o all�assistenza degli orfani, e l�incameramento di tutti i beni da parte dello Stato, con il pretesto che � con quei beni lo Stato avrebbe potuto provvedere alle parrocchie pi� povere�. Proponente del progetto era Urbano Rattazzi. Mentre si discuteva questo progetto legge alle Camere, Don Bosco ripeteva ai suoi intimi:
� Questa legge attirer� su Casa Reale gravi disgrazie.
Il Re aveva fatto leggere quelle lettere al Marchese Fassati, che si rec� da Don Bosco e gli disse:
� Ma le pare questa la maniera di mettere sossopra tutta la Corte? Il Re ne � rimasto pi� che impressionato e turbato. Anzi � montato sulle furie.
� Ci� che ho scritto � verit� � rispose Don Bosco �. Mi rincresce di aver disgustato il Sovrano, ma si tratta del suo bene e di quello della Chiesa.
In quei giorni Vittorio Emanuele II scriveva al generale Alfonso Lamarmora: �Mia madre e mia moglie non fanno che ripeter mi che esse muoiono di dispiacere per causa mia�. Esse infatti erano contrarie a quella legge settaria e ingiusta.
Il 5 gennaio 1855 si ammalava gravemente la Regina Madre Maria Teresa, e il 12 seguente si spegneva con una morte santa. Aveva 54 anni. Il lutto fu universale perch� era molto amata per la sua carit� verso tutti i bisognosi.
Il giorno 16 la Corte reale non era ancor tornata dai funerali della Regina Madre, quando ricevette l�urgente invito a partecipare al viatico della Regina Maria Adelaide. Essa aveva dato alla luce un bambino otto giorni prima e non si era pi� ripresa. Quattro giorni dopo, la sera del 20, l�augusta inferma spirava a soli 33 anni di et�.
� I suoi sogni si sono avverati � dissero a Don Bosco i giovani al ritorno dal secondo funerale.
� E vero � rispose Don Bosco � e non sappiamo se con questo secondo funerale sia chiusa la serie dei lutti a Corte.
E realmente nella notte dal 10 all� 11 febbraio, dopo venti giorni di grave malattia, moriva il principe Ferdinando di Savoia, Duca di Genova, fratello del re, anch�egli a soli 33 anni.
Il Sovrano fu talmente turbato da quelle profezie dolorosamente avveratesi, che un giorno esclam�: �Io non ho pi� un istante di pace! Don Bosco non mi lascia vivere!� E incaric� una personalit� di Corte di riferire a Don Bosco queste sue parole.


Il sogno delle 22 lune

Nel marzo del 1854 Don Bosco radun� i giovani interni del suo Oratorio e raccont� loro questo sogno. �Io mi trovavo con voi nel cortile e godevo nel vedervi vispi e allegri. Chi saltava, chi gridava, chi correva. A un tratto vedo uno di voi che si mette a passeggiare tra i compagni con un alto cilindro sul capo. Questo strano copricapo era trasparente, tutto illuminato all�interno, con la figura di una grossa luna, in mezzo alla quale si leggeva il numero 22. Stupito, cercai subito di avvicinarlo per dirgli che lasciasse quell�arnese da carnevale; ma ecco che l�aria si oscura, il cortile si sgombra e tutti i giovani si raccolgono sotto i portici della casa. Io li osservo: sono pallidi e pieni di paura. Fra di loro scorgo quello del cilindro, pi� pallido degli altri e con una coltre funebre sulle spalle. Cerco di avvicinarlo, ma una mano mi trattiene e vedo uno sconosciuto serio e di nobile aspetto che mi dice:
� Ascolta, quel giovane ha ancora 22 lune di tempo; prima che siano passate, morir�. Tienlo d�occhio e preparalo!�
Don Bosco concluse il suo racconto dicendo:
� Il giovane, miei cari figliuoli, � tra di voi e io lo conosco.
I giovani rimasero terrorizzati, anche perch� era la prima volta che Don Bosco prediceva la morte di uno della casa. Il Santo se ne accorse e cerc� di calmarli:
� Quello che dovete fare � disse � � di tenervi sempre preparati e di non commettere peccati; allora la morte non vi far� pi� paura. Io intanto terr� d�occhio quello delle 22 lune, cio� dei 22 mesi, e spero far� una buona morte.
Questa predizione cre� nell�Oratorio un clima di grande fervore: tutti stavano attenti a mantenersi in grazia di Dio; intanto contavano le lune con estremo interesse.
C�era tra i giovani un certo Secondo Gurgo, biellese di Petti nengo, sui 17 anni, robusto e fondo di salute. Suo assistente era il chierico Cagliero, il futuro cardinale, a cui Don Bosco con insistenza chiedeva notizie dei suoi assistiti e gli raccomandava di averne gran cura, senza per� accennare al Gurgo. Da parte sua Don Bosco in quei 22 mesi prepar� con prudenza e zelo l�anima del giovane, che era lontanissimo dal pensare di essere lui il giovane delle 22 lune, data la sua costituzione sana e robusta.
Ai primi di dicembre (ventiduesima luna) all�Oratorio non c�era alcun malato, ma Don Bosco annunzi� che uno dei giovani sarebbe morto prima di Natale. Si pass� il mese in grande trepidazione. Il 24 Gurgo fu colpito da una colica violenta con dolori strazianti. Ebbe tempo di ricevere i conforti religiosi e il giorno stesso spirava ancora fiorente di giovinezza. In casa si fece un gran parlare di questa morte perch� era avvenuta alla ventiduesima luna, secondo la predizione di Don Bosco. E il giovane Gurgo, morendo il 24 dicembre, aveva compiuto anche la seconda predizione, che cio� non avrebbe visto il S. Natale.
Quella sera Don Bosco, col volto atteggiato a grande mestizia, saliva sulla piccola cattedra da cui soleva dare la �buona notte� ai suoi ragazzi, e con accento di dolore diceva: �� il primo giovane che muore nel nostro Oratorio. Ha fatto le sue cose bene e speriamo che sia in Paradiso... �. E non pot� continuare per la commozione: la morte gli aveva rapito uno dei suoi pi� cari figliuoli.

Don Bosco sogna sua madre

Don Bosco conserv� vivissimo l�affetto per sua madre; ne parlava sempre con commozione; e pi� volte se la vide comparire in sogni che restarono indelebili nella sua mente.
Cos� nell�agosto del 1860 (quattro anni dopo la sua morte), gli parve d�incontrarla presso il Santuario della Consolata, mentre egli tornava all�Oratorio. Il suo aspetto era bellissimo.
� Ma come! Voi qui? � le disse Don Bosco �. Non siete morta?
� Sono morta, ma vivo � rispose Margherita.
� E siete felice?
� Felicissima!
Don Bosco le chiese se dopo morta fosse entrata subito in paradiso. Margherita rispose di no. Quindi le chiese se in paradiso vi fossero vari giovani dei quali fece i nomi; e Margherita rispose di s�.
� E ora � continu� Don Bosco � fatemi conoscere che cosa godete in paradiso.
� Non posso � rispose la mamma.
� Datemi almeno un saggio della vostra felicit�.
Allora vide sua madre tutta splendente, ornata di una veste preziosissima, con un aspetto di maest� meravigliosa, e dietro a lei un coro numeroso. Poi si mise a cantare. Il suo canto d�amore a Dio, di una inesprimibile dolcezza, andava diritto al cuore, lo invadeva e lo attirava senza fargli violenza. Sembrava l�armonia di mille cori e di mille gradazioni di voci, che dai bassi pi� profondi salivano agli acuti pi� alti, con variet� di toni e differenza di modulazioni e vibrazioni pi� o meno forti, combinate con tanta arte, delicatezza e accordo che formavano un sol tutto. Don Bosco, a quella soavissima melodia, rimase come fuor di s� e non seppe pi� che cosa dire e domandare a sua madre. E Margherita, quando ebbe finito il canto, si rivolse a lui dicendo:
� Ti aspetto, perch� noi due dobbiamo stare sempre insieme. Proferite queste parole, disparve.
Quando una persona cara ci lascia, siamo soliti consolarci e con solare dicendo: �� andato nella Casa del Padre�. Benissimo! Ma la fede ci dice che la Casa del Padre ha un�anticamera, nota col nome di �purgatorio �,dove l�umano spirito si purga e di salir al ciel diventa degno (Purg. 1,5).
Anche la santa Mamma di Don Bosco � passata per questa mi steriosa ma reale anticamera del paradiso.

II>

Pi� tardi, nel 1886, Don Bosco sogn� sua madre nell�atto di attingere acqua alla fontana vicino alla sua casetta. Mamma Margherita si mostrava preoccupata perch� quell�acqua, che era sempre stata limpida e pura, ora appariva limacciosa e popolata d�insetti.
Richiesta da Don Bosco del motivo di quella preoccupazione, rispose:
� Aquam nostram pretio bibimus (Noi beviamo la nostra acqua pagandola).
� Sempre col vostro latino � le rispose Don Bosco.
Mamma Margherita continu� col suo latino facendo capire a Don Bosco che in avvenire le sue parole si sarebbero avverate. Quindi lo condusse dietro la fontana, in un luogo elevato donde si distinguevano Capriglio e altre borgate sparse qua e l�; e additandogliele, disse:
� Che differenza c�� tra questi paesi e la Patagonia?
� Ma io vorrei, se potessi, fare del bene qui e l�.
Allora la madre si dilegu�. Don Bosco, nel raccontare il sogno, fece questa osservazione: �Il posto nel quale mi condusse mia madre, � molto adatto per farvi qualche opera, essendo centrale fra molte borgate che non hanno chiesa�.




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Sogno premonitore


Questo breve sogno contiene due profezie. La prima � la fontana, che ebbe acqua imbevibile per diversi anni, nel 1934 fu sostituita dall�acquedotto del Monferrato (l�acqua pagata).
L�altra profezia � che sull�altura su cui Mamma Margherita ha portato Don Bosco, dal 1940 domina il grande Istituto Bernardi Semeria; e dal 1965 il Tempio di Don Bosco, meta di frequenti pellegrinaggi e centro pastorale per molte parrocchie dei dintorni.
Anno 1860. Alle dieci perquisizioni fatte negli anni precedenti all�Oratorio di Don Bosco, sospettato di mene rivoluzionarie, il ministro Farmi ne aggiunse un�altra, ordinando al Questore di Torino di procedere a una nuova visita fiscale alla Casa di Don Bosco. Con tale perquisizione improvvisa negli ambienti dell�Oratorio si sperava di trovare qualche documento compromettente e cos� avere un pretesto per chiudere la Casa.
�L�Opera dell�Oratorio � scrive Don Lemoyne �, che nel corso di 19 anni era costata tante sollecitudini, tante fatiche e sudori a Don Bosco e ai suoi collaboratori, correva pericolo di essere distrutta come da un turbine. Rumoreggiava la minaccia di imprigionare colui che provvedeva il pane a tanti ricoverati e loro procacciava un avvenire onorato... E i timori crescevano per la chiusura in quei giorni di varie case di educazione, e per la prigionia di onesti personaggi dell�uno e dell�altro clero. Don Bosco, per�, senza turbarsi attendeva l�intervento della Madonna�.
Ed ecco che, tre giorni prima che avvenisse la perquisizione, Don Bosco, ancora ignaro della cosa, fece un sogno che gli torn� di grande vantaggio. Lo narra in questi termini: �Mi sembr� di vedere una schiera di malandrini entrare nella mia camera, impadronirsi della mia persona, rovistare nelle carte, in ogni forziere e mettere sossopra ogni scritto. In quel momento uno di loro con aspetto assai benevolo mi disse:
� Perch� non avete allontanato il tale e tal altro scritto? Sareste contento che si trovassero quelle lettere dell�Arcivescovo che potrebbero essere causa di male a voi e al lui? E quelle lettere di Roma, quasi dimenticate, che sono poste qui � e indicava i luoghi � e quelle altre l�? Se le aveste tolte, vi sareste liberato da ogni molestia. Fattosi giorno, scherzando ho raccontato il sogno come lavoro di fantasia; tuttavia ho messo in ordine parecchie cose, e alcuni scritti che potevano essere interpretati a mio danno li ho allontanati. Questi scritti erano alcune lettere confidenziali affatto estranee alla politica o a cose di governo. Poteva per� essere considerata come delitto ogni istruzione ricevuta dal Papa o dall�Arcivescovo sul modo di regolarsi dei sacerdoti riguardo a certi dubbi di coscienza. Quando pertanto cominciarono le perquisizioni, io avevo trasportato altrove tutto ci� che poteva dare il minimo appiglio di relazioni o allusioni politiche nelle cose nostre� .


Tre giudici illustri

Nelle cronache dell�Oratorio leggiamo: �Nelle tre notti che precedettero l�ultimo giorno del 1860, Don Bosco fece tre sogni, come egli li chiama, ma che noi con tutta sicurezza per ci� che abbiamo veduto, sentito, provato, possiamo chiamare celesti visioni. Era lo stesso sogno ripetuto tre volte, ma sempre con circo stanze diverse�.
Don Bosco lo raccont� l�ultima sera dell�anno 1860 a tutti i giovani radunati. Noi ne riassumiamo le scene pi� interessanti.
Per tre notti consecutive Don Bosco si trov� in campagna in compagnia dei suoi tre grandi amici: San Giuseppe Cafasso, Silvio Pellico e il Conte Cays, deputato al Parlamento Subalpino.
�La prima notte � racconta Don Bosco � la passammo discorrendo sopra vari punti di religione riguardanti specialmente i tempi che corrono. La seconda si pass� in conferenze morali, in cui si sciolsero casi di coscienza spettanti la direzione dei giovani. La terza notte furono casi pratici con i quali conobbi l�interno morale di ciascun giovane in particolare. Nel primo giorno io non volevo dar retta al sogno perch� il Signore ce lo proibisce nella Sacra Scrittura. Ma in questi giorni scorsi, dopo aver fatto parecchie esperienze, dopo aver preso parecchi giovani a parte e aver detto loro le cose tali e quali le avevo viste nel sogno, e che essi mi assicurarono essere proprio cos�, allora io non potei pi� dubitare che questa sia una grazia straordinaria che il Signore concede a tutti i figli dell�Oratorio. Io perci� mi trovo in obbligo di dirvi che il Signore vi fa sentire la sua voce, e guai a coloro che vi resistono�.
In sintesi, Don Bosco aveva assistito a questa scena. C�era una gran sala. Seduti a un tavolo c�erano i tre personaggi nominati in veste di giudici. All�invito di Don Cafasso, Don Bosco fece entrare i giovani. Uno per uno, i giovani si presentavano con una cartella in mano, nella quale c�erano molti numeri da addizionare, e la consegnavano a quei signori. Questi, se la cartella era in regola e ben fornita di numeri, li addizionavano e la restituivano a ciascuno; la respingevano se vi erano cifre imbrogliate. I primi uscivano dalla sala felici e andavano a ricrearsi in cortile; gli altri invece uscivano tutti mesti e angustiati. Questa funzione dur� a lungo, ma alcuni giovani non vollero entrare nella sala, perch� ave vano la cartella vuota di numeri.
Quando Don Bosco e i tre personaggi uscirono dalla sala, videro i giovani che avevano la cartella in regola, che si ricreavano felici. Ne videro altri che stavano mesti in disparte. Don Bosco li osserv�: alcuni avevano una benda agli occhi, altri erano immersi nella nebbia, altri avevano il capo attorniato da una nube, altri avevano il cuore pieno di terra. �Io li vidi � afferma Don Bosco � e li conobbi molto bene e li ho ancora cos� presenti alla mente che potrei nominarli uno per uno dal primo fino all�ultimo�.
Intanto Don Bosco, col suo occhio vigile, not� che in cortile mancavano molti dei suoi giovani. Dopo varie ricerche, li trov� in un angolo del cortile.
�� Oh, spettacolo miserando! � esclamai.
Ne vedo uno coricato per terra, pallido come la morte; altri seduti sopra un basso e lurido scanno; altri sdraiati sopra uno sconcio pagliericcio. Giacevano gravemente infermi, chi nella lingua, chi negli occhi, chi nelle orecchie. Varie malattie affliggevano altri infelici: chi aveva il cuore tarlato e chi guasto e gi� corrotto; chi aveva una piaga e chi un�altra. Ve n�era persino uno tutto rosicchiato.
Questo spettacolo mi passava il cuore come un�acutissima spina, che per� mi fu addolcita dalla vista di ci� che sto per raccontare.
Don Cafasso mi fa cenno di seguirlo e mi introduce in una sala splendida, tutta ornata d�oro, d�argento e di ogni pi� prezioso ad dobbo, illuminata da migliaia di lampade da cui emanava una luce che i miei occhi non potevano quasi sopportare. In mezzo a quella sala regale vi era un�ampia tavola piena di confetture di ogni spe cie. Vi erano amaretti quasi grossi come le munizioni dei soldati, biscotti cos� lunghi che uno solo sarebbe bastato a sfamare un gio vane. Io mi slanciai subito a invitare i giovani ad assidersi a quella tavola. Ma Don Cafasso mi ferm� gridando:
� Adagio! Solo quelli che hanno i conti aggiustati possono gu stare quei dolci!
Mi acquietai e intanto mi posi a distribuire quei biscotti e quegli amaretti a quelli che Don Caf asso mi aveva indicato. Tutti ne eb bero a saziet�. Io mi compiacevo nel vedere i giovani mangiare con tanto gusto. Sul loro volto era dipinta la gioia; non parevano pi� i giovani dell�Oratorio, tanto erano trasfigurati �.
Quelli che erano rimasti senza dolci se ne stavano in un angolo malinconici e mortificati. Don Bosco ne fu commosso: erano anch�essi suoi figli; supplic� quindi ripetutamente Don Cafasso che gli permettesse di far parte dei dolci anche a loro. � No � rispose il Santo �; costoro non possono gustarli; fateli guarire e poi anch�essi ne mangeranno.
Don Bosco gli chiese che gli suggerisse il rimedio per guarire quei poveretti. Don Cafasso, in procinto di allontanarsi, per ben tre volte, con voce sempre pi� alta, grid�:
� State attento! State attento! State attento!
Cos� dicendo si dilegu� con gli altri due personaggi.
Le parole di Don Cafasso, che di per s� possono apparire misteriose, dovettero riuscire evidenti ed eloquenti a Don Bosco, che ha sempre considerato come elemento essenziale del suo sistema educativo una assistenza amorevole, ma vigile e continua, che metta i giovani nella morale impossibilit� di commettere mancanze.


Mense divise in tre ordini

La sera del 5 agosto 1860 Don Bosco raccontava ai giovani del l�Oratorio un sogno, nel quale li aveva visti in un vago giardino, seduti a mense che da terra, formando una gradinata, s�innalzavano tanto che a stento ne vedeva la sommit�. Le lunghe tavole erano 14, disposte a vasto anfiteatro e divise in tre ordini, ciascuno sostenuto da un muro che formava un ripiano.
In basso, intorno a una tavola posta sul nudo suolo, spoglia di ogni ornamento e vasellame, si vedeva un certo numero di giovani. Erano mesti, mangiavano di mala voglia e avevano un pane a forma di quello delle munizioni dei soldati; era tutto rancido e muffito che faceva schifo. Era in mezzo a sudiciume e a ghiande. Quei poveretti stavano come gli animali immondi al trogolo. Don Bosco voleva dir loro che gettassero via quel pane; ma si accon tent� di chiedere perch� avessero innanzi un cibo cos� nauseante. Gli risposero:
� Dobbiamo mangiare il pane che ci siamo preparati; e non ne abbiamo altro.
Era lo stato di peccato mortale.
Di mano in mano che le mense salivano, i giovani si mostravano sempre pi� allegri e mangiavano pane delizioso. Erano bellissimi, splendenti, di una bellezza e splendore sempre crescenti. Le loro tavole, ricchissime, erano coperte con tovaglie finemente lavorate, sulle quali brillavano candelabri, anfore, tazze, vasi di fiori indescrivibili, piatti con preziose vivande; tesori di valore inesti mabile. Il numero di quei giovani appariva grandissimo. Era lo stato dei peccatori convertiti.
Finalmente le ultime mense alla sommit� avevano un pane che non si pu� definire. Pareva giallo, pareva rosso, e lo stesso colore del pane era quello delle vesti e della faccia dei giovani, che splendeva tutta di luce vivissima. Costoro godevano di una allegria straordinaria e ciascuno cercava di parteciparla agli altri compagni. Nella loro bellezza, nella luce e splendore delle mense superavano tutti quelli che occupavano i gradi sottoposti. Era lo stato d�innocenza.
�Ma il pi� sorprendente si �, continua Don Bosco, che quei giovani li riconobbi tutti dal primo all�ultimo, dimodoch� vedendone ora uno, mi pare di vederlo ancora l� assiso al suo posto a quella tavola�.
Il giorno seguente Don Bosco disse in privato a ogni alunno il posto che occupava a quelle mense. Gli si domand� se si potesse da una tavola inferiore salire a una superiore. Rispose che s�, eccetto che andare a quella pi� alta degli innocenti, perch� i decaduti da essa non vi potevano pi� tornare: era riservata solo a coloro che conservavano l�innocenza battesimale. Il numero di questi era piccolo, grande invece quello delle altre mense.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Una passeggiata dei giovani al paradiso


Questo sogno Don Bosco lo ebbe nelle notti del 3, 4, 5 aprile 1861.
� un sogno originale sotto tanti aspetti ed � testimoniato dai due primi e pi� autorevoli cronisti dell�Oratorio di Don Bosco: Don Domenico Ruf fino e Don Giovanni Bonetti, che lo definirono �uno di quei sogni che il Signore si compiace a quando a quando di man dare ai suoi servi fedeli �.
Don Bosco sogna di fare con i suoi giovani una eccezionale passeggiata, che ha per meta il paradiso, nientemeno! Si mettono in cammino pieni di gioia, ed eccoli ai piedi di una collina incantevole. Spira un�aria primaverile, nell�atmosfera regna una calma, un tepore, una soavit� di profumi, una luminosit� che mettono l�argento vivo addosso a quelle centinaia di giovani, i quali passano di sorpresa in sorpresa, di gioia in gioia, trovando, a mano a mano che salgono, ogni sorta di frutta le pi� squisite, dalle ciliegie all�uva matura.
L�impressione di tutti � di essere giunti in paradiso ma, arrivati alla sommit� della deliziosa collina, vedono un vasto altipiano, oltre il quale si eleva un�altissima montagna che tocca le nubi. Su per quella si vedeva una grande moltitudine che saliva con stento. Quando poi giungevano alla meta, erano ricevuti con gran festa e giubilo. Tutti capirono che quello era il paradiso e si lanciarono di corsa a percorrere l�altipiano che li separava dalla montagna.
Ma ecco che a un tratto si trovarono davanti a un lago di sangue, largo, dice Don Bosco, come dall�Oratorio a Piazza Castello (un buon chilometro). I giovani che erano giunti per primi si fer marono inorriditi. Tutti diventarono silenziosi e malinconici. Sulla riva si leggeva scritto a grandi caratteri: PER SANGUINEM (attraverso il sangue). Ai giovani che domandavano curiosi che cosa significasse quello spettacolo, un personaggio misterioso (pensiamo sia la solita Guida), rispose:
� Qui c�� il Sangue di Ges� Cristo e di tutti quelli che andarono in paradiso versando il loro sangue: qui sono i Martiri. N� i giovani n� Don Bosco si sentirono di passare attraverso quel lago di sangue. Perci� lo costeggiarono andando in cerca di un altro passaggio. Ed eccoli entrare in un terreno sparso di querce, allori, palme e altre piante. Camminavano felici all�ombra di quelle piante, quando si presenta loro un altro spettacolo: un secondo grande lago pieno d�acqua. Sulla riva si leggeva a grandi caratteri: PER AQUAM (attraverso l�acqua). Anche qui i ragazzi si domandavano che cosa significasse quel secondo lago, tanto pi� che vedevano alcuni camminare su quell�acqua appena sfiorandola con i piedi.
� In quel lago � rispose la Guida � c�� l�acqua del santo Battesimo, nella quale devono essere bagnati tutti quelli che vogliono andare in paradiso. Vedete quei giovani che camminano veloci su quell�acqua? Sono gli innocenti.
Alcuni si misero a correre su quell�acqua, ma la maggior parte guardava Don Bosco come per dirgli:
� Andiamo anche noi?
Ma Don Bosco rispose:
� Per conto mio non mi credo cos� santo da passare su quel l�acqua senza caderci dentro.
Allora tutti esclamarono:
� Se non osa lei, tanto meno noi!
Continuarono quindi a girare in cerca di un passaggio alla montagna del paradiso; ed eccoli di fronte a un terzo lago, vasto come il primo, pieno di fuoco e di fiamme. Sulla sponda stava scritto:
PER IGNEM (attraverso il fuoco). La guida misteriosa disse:
� Qui c�� il fuoco dell�amor di Dio, per cui devono passare quelli che non sono passati per il sangue del martirio o per l�acqua del Battesimo.
�Ci affrettammo a passare oltre � dice Don Bosco �, ma ben presto ci vedemmo sbarrata la via da un altro lago: era pieno di bestie feroci che stavano con le fauci spalancate pronte a divorare chiunque passasse. La solita Guida disse:
� Queste bestie sono i demoni, i pericoli e le trame del mondo. Costoro che passano impunemente sono le anime giuste, sono coloro di cui Ges� ha profetato: Io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni e di annientare ogni resistenza del nemico. Niente vi potr� fare del male� (Lc 10,19).
� Andiamo anche noi! � gridarono alcuni.
� Io non ne ho il coraggio � disse Don Bosco �; � da presuntuosi pretendere di passare illesi sulle teste di quei mostri feroci.
� Oh � gridarono i giovani in coro � se non si sente lei, tanto meno noi!

Si allontanarono quindi dal lago delle bestie, cominciando a perdere la speranza di trovare un passaggio comodo alla montagna del paradiso, quando s�incontrarono in molta gente che camminava allegramente verso il paradiso, pur essendo ridotti in condizioni pietose: chi mancava di un occhio, chi di un piede, chi di una mano, chi della lingua. I giovani guardavano meravigliati, quando la Guida disse:
� Sono gli amici di Dio, sono coloro che per salvarsi si mortificarono nei vari sensi del corpo e riuscirono a passare illesi tra i pericoli del mondo. Se volete anche voi arrivare al paradiso, potete unirvi a loro e camminare allegramente per la via della mortifi cazione.
A questo punto la voce della Guida fu sopraffatta dalle grida di �Bravo!�, �Bene!� che venivano dalla cima della montagna per incoraggiare quelli che salivano faticosamente per l�erta.
Finalmente Don Bosco con i suoi giovani arriv� su di una piazza gremita di gente, che terminava in un sentiero piccolo piccolo, tra due alte rupi. Chi si metteva per quel sentiero, uscito dalla parte opposta, doveva passare per un ponte strettissimo e senza ringhiera, sotto il quale si inabissava uno spaventoso precipizio.
� Ecco il sentiero che mena al paradiso � esclamarono i giovani. E si incamminarono per quello. Giunti per� al ponte, si fermarono spaventati e non osavano inoltrarsi. A Don Bosco che faceva loro coraggio, rispondevano:
� Venga lei a fare la prova. Noi non osiamo perch� se sbagliamo un passo, cadiamo nell�abisso.
�Ma finalmente � continua Don Bosco � uno si avanz� per primo e cos�, uno dopo l�altro, siamo passati al di l� e ci trovammo ai piedi della montagna. Ci provammo a salire, ma non trovavamo nessun sentiero; mille difficolt� e impedimenti si opponevano: in un luogo c�erano accatastati macigni sparsi disordinatamente, in un altro c�era una rupe da sormontare, qui un precipizio, l� un cespuglio spinoso che ci impediva il passo. Dappertutto ripida la salita. Tuttavia non ci sgomentammo e incominciammo ad arrampicarci con ardore. Dopo breve ora di faticosa ascesa, aiutandoci di mani e di piedi, a un certo punto trovammo un sentiero pi� praticabile e potemmo salire pi� comodamente.
Quand�ecco arrivammo in un luogo dove vedemmo molta gente, la quale pativa in un modo cos� orribile, cos� strano, che tutti restammo compresi di orrore e di compassione. Io non posso dirvi quello che vidi, perch� vi farei troppa pena; e voi non potreste resistere alla mia descrizione.

Intanto vedevamo un gran numero di altra gente che saliva anch�essa, sparsa su per i fianchi del monte; e quando arrivava alla cima, veniva accolta da quelli che l�aspettavano, fra grandi feste e prolungati applausi. Udivamo nello stesso tempo una musica celeste e un canto di voci le pi� dolci, che ci incoraggiavano a salire su per quell�erta.
Eravamo giunti anche noi quasi alla cima della montagna, quando mi volsi indietro per vedere se avevo con me tutti i giovani; ma con vivo dolore mi trovai quasi solo. Di tanti miei piccoli compagni non me ne restavano che tre o quattro. Guardai all�ingi� e li vidi sparsi per la montagna, chi a cercare lumache tra i sassi, chi a raccogliere fiori senza odore, chi a raccogliere frutti selvatici, chi a correre dietro alle farfalle, e chi tranquillamente seduto a riposare all�ombra di una pianta. Io mi misi a gridare con quanta voce avevo in gola, mi sbracciavo a far loro segni, li chiamavo per nome a uno a uno. Qualcuno venne, sicch� erano poi circa otto i giovani intorno a me. Tutti gli altri continuavano a occuparsi in quelle loro bazzecole. Ma io non volevo assolutamente andare in paradiso accompagnato da cos� pochi giovani, e perci� determinai di andare io stesso a prendere quei renitenti.
E cos� feci. Quanti ne incontravo scendendo, tanti ne spingevo in su. A questo davo un avviso, a quello un rimprovero amorevole; a un terzo una solenne sgridata:
� Andate su, per carit� � mi affannavo a dire � non fermatevi per queste cose da nulla.
E venendo in gi� li avevo gi� avvertiti quasi tutti e mi trovavo sulle balze del monte che avevamo salito con tanto stento. Quivi avevo fermato alcuni che, stanchi per la fatica del salire e impau riti dall�altezza da raggiungere, ritornavano al basso. Quindi volli riprendere la salita verso la vetta, ma inciampai in una pietra e mi svegliai�.
Don Bosco termin� dicendo: � Se il sogno non fosse stato un sogno ma una realt� e avessimo dovuto morire allora, fra tanti giovani che siamo qui, se ci incamminassimo verso il paradiso, pochissimi vi giungerebbero: fra 700-800 e pi� non sarebbero che tre o quattro. Ma a momenti, non vi turbate: dico che non sarebbero che tre o quattro quelli che di volo andrebbero al paradiso, senza passare qualche tempo tra le fiamme del purgatorio. Qualcuno forse vi resterebbe un momento solo, altri un giorno, altri dei giorni e delle settimane. Procurate quindi di acquistare delle indulgenze, quante pi� potete. Se poi acquisterete un'indulgenza plenaria, andrete di volo in paradiso �.


Una ruota misteriosa e profetica

La notte del l0 maggio 1861 Don Bosco ebbe un sogno straordinario, sia per la lunghezza (dur� circa 6 ore), sia per la variet� delle scene ammirate, delle quali molte riguardavano i singoli suoi ragazzi, mentre altre interessavano la sua nascente Congregazione, da lui contemplata nel suo avvenire con precisione profetica.
Nel raccontarlo Don Bosco impieg� tre �buone notti �, nelle quali il discorsino di pochi minuti che soleva rivolgere ai suoi figliuoli dopo le preghiere della sera, per la circostanza, super� la mezz�ora.
Anche in questo sogno � presente una Guida, decisa per� a non rivelare il suo nome. Essa reca una macchina fornita di una grossa ruota con manovella, che manovra una grande lente di un metro e mezzo circa, nella quale Don Bosco vede la coscienza dei suoi giovani e l�avvenire della sua Congregazione.
Delle prime due parti ci limitiamo a dare un riassunto e a rilevare che in esse appare evidente il dono dell�introspezione delle coscienze. Infatti, al comando della Guida, Don Bosco d� vari giri alla manovella e, dopo ogni giro, guardando nella lente misteriosa, vede i suoi ragazzi in pose e aspetti diversi: ora i buoni divisi dai cattivi, ora su questi segnato il vizio da cui sono macchiati; vede pure coloro che si fermeranno con lui, intenti al lavoro che sarebbe loro toccato; vede anche quelli che, dopo un momentaneo entusiasmo, lo avrebbero abbandonato. Al suo sguardo appare chiaramente presente lo stato di coscienza e la vocazione dei singoli.
Quanto aveva visto in questa prima parte del sogno lo comunic� ai suoi ragazzi, che nei giorni seguenti lo assediarono per sapere come li aveva visti nel sogno. E l�effetto morale sulla condotta dei ragazzi fu tale, a detta del biografo, quale appena si sarebbe potuto sperare da una missione delle pi� fruttuose.
Tra i consigli che la Guida diede a Don Bosco ci fu questo:
�Quando si dicono due parole dal pulpito, una sia sul far bene le confessioni�.
Viene quindi la parte profetica del sogno, la pi� interessante; ma per Don Bosco non fu una novit� assoluta, perch� gi� nel 1856 aveva avuto un sogno breve ma significativo. Aveva sognato di trovarsi in una piazza dove c�era un ordigno somigliante a una specie di ruota della fortuna. La solita Guida gli aveva detto che rappresentava il suo Oratorio e gli aveva comandato di girare il manubrio. Al primo giro ne era uscito un rumore appena percettibile.
� Che cosa significa ci�? � chiese il Santo.
� Ogni giro � rispose la Guida � assomma dieci anni del tuo Oratorio. Gira ancora quattro volte.
A ogni giro il rumore cresceva. Don Bosco ebbe l�impressione che il secondo si udisse in Torino e in tutto il Piemonte, il terzo in Italia, il quarto in Europa, il quinto nel mondo intero.
Era stata una cosa rapida, un semplice accenno all�avvenire della nascente Congregazione. In questo secondo sogno invece non pi� un rumore confuso, ma chiarezza di circostanze e di persone. La lente prodigiosa, che la Guida gli aveva presentato, con un giro della ruota che le stava accanto, gli rendeva magicamente presente l�avvenire della sua Opera.
Una prima volta la Guida gli ordina:
� Fa� fare dieci giri alla ruota; ricordati di contarli esattamente e poi guarda.
Don Bosco gira dieci volte il manubrio, poi accosta con una certa trepidazione l�occhio alla lente. Meraviglia! Vede ancora quasi tutti i suoi ragazzi, ma cresciuti in et�: hanno gi� i baffi; qualcuno si � fatto crescere la barba.
� Ma come mai? � chiede stupito �. Ma se quello ieri era un bambino, come ha fatto a crescere cos� all�improvviso?
� Quanti giri hai dato? � domanda la Guida.
� Dieci.
� Ebbene, conta dieci anni. Siamo nel 1871: hanno dieci anni di pi�.
E non solo i ragazzi erano cresciuti; Don Bosco vide pure le sue case moltiplicate e abitate da giovani sconosciuti, sotto la guida di quei suoi figliuoli fatti adulti.
� Da� altri dieci giri � disse la Guida � e balzeremo all�81.
Don Bosco fece fare i dieci giri prescritti, poi guard�. I suoi ragazzi erano ridotti a met�: alcuni con i capelli brizzolati, altri leggermente curvi. Il dispiacere che prov� fu largamente compensato dalla consolazione che gli procur� la visione di paesi nuovi e regioni sconosciute e di tanti altri ragazzi guidati da maestri ignoti, ma alle dipendenze dei suoi attuali aiutanti dell�Oratorio giunti all�et� matura.
Con ansia crescente diede altri dieci giri. I suoi giovani attuali, ridotti di un quarto, gli si presentavano avanti negli anni, con capelli e barba imbiancati. Si era nel 1891. Le case e i suoi figliuoli apparivano aumentati di numero. Tra i ragazzi ce n�erano di quelli di pelle e di colore diversi dai nostri.
Ancora dieci giri ed ecco il 1901 con nuovi motivi di dolore e di gioia. I primi ragazzi dell�Oratorio erano ridotti a pochi, invecchiati e magri, prossimi ormai al premio. In molte case il personale era tutto nuovo e i ragazzi erano aumentati smisuratamente. Don Bosco contemplava muto e incantato, quand�ecco la Guida gli fece premura:
� Da� altri dieci giri e vedrai cose che ti consolano e ti angustiano.
Dieci rapidi giri e Don Bosco si trov� al 1911. Al suo sguardo apparvero �case nuove, giovani nuovi, direttori e maestri con abiti e costumi nuovi�. Cerc� in quella moltitudine se vi fosse qualcuno dei primi tempi e ne riconobbe uno solo, canuto e cadente, il quale, circondato da una bella corona di ragazzi, raccontava i princ�pi dell�Oratorio e loro ripeteva le cose imparate da Don Bosco e ne mostrava il ritratto appeso alle pareti del parlatorio. (Qui Don Bosco accenna certamente a Don Francesia, che fino alla tarda et� di 90 anni parl� continuamente di lui, ne scrisse in tutti i suoi libri, lo cant� in versi numerosissimi e infiorava di reminiscenze dell�amato Padre ogni sua predica e le sue piacevolissime conversazioni. Chi scrive ha avuto la gioia di ascoltarlo per alcuni anni).
Il lungo sogno volgeva ormai al termine e la Guida disse a Don Bosco di volerlo confortare con un�ultima visione.
� Volentieri � rispose Don Bosco.
� Dunque sta� attento, gira la ruota in senso contrario, tanti giri quanti ne hai dati in precedenza.
La ruota gir� per 50 giri, cinquant�anni pi� avanti. Don Bosco guard�. Ai suoi occhi increduli apparve una moltitudine numerosa di giovani, tutti nuovi e sconosciuti, dall�infinita variet� di costumi, paesi, fattezze e linguaggi, ma per quanto si sforzasse, non riusc� a vederne che una minima parte con i loro assistenti e maestri.
� Ma io non ne conosco affatto nessuno � disse rivolto alla Guida.
� Eppure sono tuoi figli. Ascoltali. Parlano dite e dei tuoi antichi figli e superiori, che da tempo non sono pi� in vita, e ricordano gli insegnamenti ricevuti da te e da loro.
Don Bosco contemplava, in preda a vivo stupore, il panorama del 1961: le sue case oltre il migliaio, i suoi figli a decine di migliaia, i suoi ragazzi a centinaia di migliaia. Un panorama vario e meraviglioso, perch� ogni popolo della terra vi aveva recato le sue caratteristiche.
Una prova della natura profetica del sogno si ebbe anche nel l�avveramento delle profezie fatte sui singoli.
Cos� il chierico Molina, in questo sogno, fu visto da Don Bosco gettar via il cappello, saltare il fosso e poi fuggire. Il chierico ne chiese la spiegazione.
� Tu � rispose Don Bosco � farai non cinque, ma sei anni di teologia e poi deporrai l�abito ecclesiastico.
A Molina la risposta parve strana e ben lontana dalla verit�; ma la profezia si avver� alla lettera: dopo sei anni di teologia il chierico approfitt� di una visita in famiglia e non torn� pi�.
Il chierico Vaschetti fu visto nel sogno uscire dal campo e saltare il fosso. Quando Don Bosco glielo comunic�, rispose quasi in dispettito:
� Lei ha davvero sognato!
Infatti allora era ben lontano dal voler lasciare Don Bosco; ma qualche tempo dopo salt� realmente il fosso. Fu per� un ottimo parroco in diocesi.
Il chierico Giuseppe Fagnano, da pochi mesi venuto dal Seminario di Asti, non conoscendo Don Bosco, pens� che si trattasse di fantasticherie; ma spinto dai compagni, domand� a Don Bosco che cosa avesse visto di lui in quella lente.
� Ti ho visto che lavoravi in mezzo a uomini nudi, ma cos� lontano che appena potevo riconoscerti.
Fu profeta: Mons. Fagnano fu il pi� grande missionario della Terra del Fuoco.
Terminato il racconto, Don Bosco parl� cos�: � Adesso che vi ho raccontato queste cose, penserete: �Chi sa! Don Bosco � un uomo straordinario, un santo sicuramente!�. Miei cari giovani, per impedire stolti giudizi intorno a me, stimo bene di dirvi che il Signore ha molti mezzi per manifestare la sua volont�. Alcune volte si serve degli strumenti pi� inetti e indegni, come si serv� del l�asina di Balaam facendola parlare; e di Balaam, falso profeta, per predire molte cose riguardanti il Messia. Perci� lo stesso pu� accadere a me�.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/02/2021 21:27
 
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I sogni di Don Bosco
Profezia del ‘70:Parigi, Chiesa, Italia




Il 5 gennaio 1870 Don Bosco ebbe un sogno profetico circa gli avvenimenti futuri della Chiesa e del mondo. Scrisse egli stesso ciò che vide e udì, e il 12 febbraio lo comunicò al Papa Pio IX.
È una profezia che, come tutti i vaticini, ha i suoi punti oscuri. Don Bosco fece notare come fosse difficile comunicare ad altri con segni esterni e sensibili ciò che aveva veduto. Secondo lui quanto aveva narrato non era che « la Parola di Dio accomodata alla parola dell’uomo». Ma i molti punti chiari mostrano come realmente Iddio abbia svelato al suo Servo segreti ignoti a tutti, perché venissero palesati a bene della Chiesa e a conforto dei cristiani.
L’esposizione comincia con una affermazione esplicita: «Mi trovai alla considerazione di cose soprannaturali », difficili da comunicare. Segue la profezia, distinta in tre parti:
1 su Parigi: sarà punita perché non riconosce il suo Creatore;
2 sulla Chiesa: afflitta da discordia e da divisioni interne. La definizione del dogma della infallibilità pontificia vincerà il nemico;
3 sull’Italia e su Roma in particolare, che superbamente disprezza la legge del Signore. Per tale causa sarà vittima di grandi flagelli.

Finalmente «l’Augusta Regina», nelle cui mani è la potenza di Dio, farà splendere di nuovo l’iride della pace.
L’annuncio incomincia col tono degli antichi profeti:
«Dio solo può tutto, conosce tutto, vede tutto. Dio non ha né passato né futuro, ma a lui ogni cosa è presente come in un punto solo. Davanti a Dio non vi è cosa nascosta, né presso di lui vi è distanza di luogo o di persona. Egli solo nella sua infinita misericordia e per la sua gloria può manifestare le cose future agli uomini.
La vigilia della Epifania dell’anno corrente 1870 scomparvero gli oggetti materiali della camera e mi trovai alla considerazione di cose soprannaturali. Fu cosa di brevi istanti, ma si vide molto.
Sebbene di forma, di apparenze sensibili, tuttavia non si possono se non con grande difficoltà comunicare agli altri con segni esterni e sensibili. Se ne ha un’idea da quanto segue. Ivi è la parola di Dio accomodata alla parola dell’uomo.
Dal Sud viene la guerra, dal Nord viene la Pace.
Le leggi di Francia non riconoscono più il Creatore, e il Creatore si farà conoscere e la visiterà tre volte con la verga del suo furore. Nella prima abbatterà la sua superbia con le sconfitte, con il saccheggio e con la strage dei raccolti, degli animali e degli uomini. Nella seconda la grande prostituta di Babilonia, quella che i buoni sospirando chiamano il Postribolo d’Europa, sarà privata del capo in preda al disordine.
— Parigi! Parigi! Invece di armarti del nome del Signore, ti circondi di case di immoralità. Esse saranno da te stessa distrutte, l’idolo tuo, il Panteon, sarà incenerito, affinché si avveri che mentita est iniquitas sibi (l’iniquità ha mentito a se stessa). I tuoi nemici ti metteranno nelle angustie, nella fame, nello spavento e nell’abominio delle nazioni. Ma guai a te se non riconosci la mano di chi ti percuote! Voglio punire l’immoralità, l’abbandono, il di sprezzo della mia legge — dice il Signore.
Nella terza cadrai in mano straniera, i tuoi nemici di lontano vedranno i tuoi palagi in fiamme, le tue abitazioni divenute un mucchio di rovine bagnate dal sangue dei tuoi prodi che non sono più.
Ma ecco un gran guerriero dal Nord porta uno stendardo. Sulla destra che lo regge sta scritto: Irresistibile mano del Signore. In quell’istante il Venerando Vecchio del Lazio gli andò incontro sventolando una fiaccola ardentissima. Allora lo stendardo si dilatò e di nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo dello stendardo in caratteri d’oro stava scritto il nome di Chi tutto può.
Il guerriero con i suoi fece un profondo inchino al Vecchio e si strinsero la mano.

Ora la voce del Cielo è al Pastore dei pastori. Tu sei nella grande conferenza con i tuoi assessori [ Vaticano I], ma il nemico del bene non i un istante in quiete, egli studia e pratica tutte le arti contro dit e. Seminerà discordia tra i tuoi assessori, susciterà nemici tra i figli miei. Le potenze del secolo vomiteranno fuoco e vorrebbero che le mie parole fossero soffocate nella gola ai custodi della mia legge. Ciò non sarà. Faranno male, male a se stessi. Tu accelera: se non si sciolgono le difficoltà, siano troncate. Se sarai nelle angustie non arrestarti, ma continua finché non sia troncato il capo dell’idra dell’errore [ la definizione dell’In fallibilità Pontificia]. Questo colpo farà tremare la terra e l’inferno, ma il mondo sarà assicurato e tutti i buoni esulteranno. Raccogli dunque intorno a te anche solo due assessori, ma ovunque tu vada, continua e termina l’opera che ti fu affidata [ Concilio Vaticano I]. I giorni corrono veloci, gli anni tuoi si avanzano al numero stabilito; ma la gran Regina sarà sempre il tuo aiuto, e come nei tempi passati, così per l’avvenire, sarà sempre magnum etsingulare in Ecclesiapraesidium (grande e singolare difesa nella Chiesa).
Ma tu, Italia, terra di benedizioni, chi ti ha immersa nella desolazione?... Non dire i nemici, ma gli amici tuoi. Non odi che i tuoi figli domandano il pane della fede e non trovano chi loro lo spezzi? Che farò? Batterò i pastori, disperderò il gregge, affinché i se denti sulla cattedra di Mosè cerchino buoni pascoli e il gregge docilmente ascolti e si nutrisca.
Ma sopra il gregge e sopra i pastori peserà la mia mano; la carestia, la pestilenza, la guerra faranno sì che le madri dovranno piangere il sangue dei figli e dei mariti morti in terra nemica.
E dite, o Roma, che sarà? Roma ingrata, Roma effeminata, Roma superba! Tu sei giunta a tale che non cerchi altro, né altro ammiri nel tuo Sovrano, se non il lusso, dimenticando che la tua e sua gloria sta nel Golgota. Ora egli è vecchio, cadente, inerme, spogliato; tuttavia con la schiava parola fa tremare tutto il mondo.
Roma!... Io verrò quattro volte a te!
— Nella prima percuoterò le tue terre e gli abitanti di esse.
— Nella seconda porterò la strage e lo sterminio fino alle tue mura. Non apri ancora l’occhio?
— Verrò la terza, abbatterà le difese e i difensori e al comando del Padre sottentrerà il regno del terrore, dello spavento e della desolazione.
— Ma i miei savi fuggono, la mia legge è tuttora calpestata, perciò farò la quarta visita. Guai a te se la mia legge sarà ancora un nome vano per te! Succederanno prevaricazioni nei dotti e negli ignoranti. Il tuo sangue e il sangue dei figli tuoi laveranno le macchie che tu fai alla legge del tuo Dio.
La guerra, la peste, la fame sono i flagelli con cui sarà percossa la superbia e la malizia degli uomini. Dove sono, o ricchi, le vostre magnificienze, le vostre ville, i vostri palagi? Sono divenuti la spazzatura delle piazze e delle strade!
Ma voi, o sacerdoti, perché non correte a piangere tra il vestibolo e l’altare, invocando la sospensione dei flagelli? Perché non prendete lo scudo della fede e non andate sopra i tetti, nelle case, nelle vie, nelle piazze, in ogni luogo anche inaccessibile, a portare il seme della mia parola? Ignorate che questa è la terribile spada a due tagli che abbatte i miei nemici e che rompe l’ira di Dio e degli uomini? Queste cose dovranno inesorabilmente venire l’una dopo l’altra.
Le cose si succedono troppo lentamente.
Ma l’Augusta Regina del cielo è presente.
La potenza del Signore è nelle sue mani; disperde come nebbia i suoi nemici. Riveste il Venerando Vecchio di tutti i suoi antichi abiti. Succederà ancora un violento uragano.
L’iniquità è consumata, il peccato avrà fine, e, prima che trascorrano due pleniluni del mese dei fiori, l’iride di pace comparirà sulla terra.
Il gran Ministro vedrà la Sposa del suo Re vestita a festa.
In tutto il mondo apparirà un sole così luminoso quale non fu mai dalle fiamme del Cenacolo fino ad oggi, né più si vedrà fino all’ultimo dei giorni».

Il Bollettino Salesiano del 1963, in tre puntate sui numeri di ottobre, novembre, dicembre, faceva un interessante commento di questa visione. Noi qui ci limitiamo a citare l’autorevole giudizio della Civiltà Cattolica del 1872, anno 23°, vol. VI, serie 80, pp 299 e 303. Riferisce letteralmente alcuni periodi, preceduti da questa testimonianza: « Ci piace ricordare un recentissimo vaticinio non mai stampato e ignoto al pubblico, che da una città dall’alta Italia fu comunicato a un personaggio in Roma il 12 febbraio del 1870.
Noi ignoriamo da chi provenga. Ma possiamo certificare che lo abbiamo avuto nelle mani, prima che Parigi fosse bombardata dagli Alemanni e incendiata dai comunisti. E diremo che ci diè meraviglia il vedervi prenunziata la caduta pure di Roma, allorché davvero non si giudicava prossima né probabile».’

Fonte: I sogni di Don Bosco - Profezia del ‘70:Parigi, Chiesa, Italia




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Il fazzoletto della purezza

Nella notte dal 14 al 15 giugno 1861 Don Bosco sogn� di trovarsi in una vasta pianura, nella quale sorgeva un bel palazzo con grandi terrazzi, e si estendeva una piazza. In un angolo di questa vide una Signora che distribuiva un fazzoletto a un gran numero di giovani affollati intorno a Lei. Preso il fazzoletto, salivano e si disponevano sul lungo terrazzo.
Anche Don Bosco si avvicin� a quella Signora e ud� che nel con segnare il fazzoletto, diceva a ciascuno:
� Non stenderlo mai quando tira il vento; ma se il vento ti sorprende quando l�hai disteso, volgiti subito a destra, non mai a sinistra. Finita la distribuzione, Don Bosco si mise a osservare quei giovani schierati sul terrazzo e vide che, uno dopo l�altro, stendevano quel fazzoletto, che gli apparve in tutta la sua bellezza: era molto largo, ricamato in oro, con queste parole, pur esse in oro: Regina virtutum (la regina delle virt�).
Quand�ecco levarsi un forte vento. Subito alcuni nascosero il fazzoletto, altri si voltarono a destra, altri a sinistra.
Quindi scoppi� un pauroso temporale, con pioggia, grandine e neve. Intanto alcuni giovani stavano con il fazzoletto disteso e la grandine vi batteva dentro strappandolo da parte a parte: lo stesso faceva la pioggia, le cui gocce pareva avessero la punta; come pure i fiocchi di neve. In un momento tutti quei fazzoletti furono crivellati, sicch� pi� nulla avevano di bello.
Don Bosco rimase dolorosamente sorpreso, tanto pi� che vi riconobbe i giovani del suo Oratorio. Ma lasciamo che parli lui: � Andai allora dove era quella Signora che distribuiva i fazzoletti. Qui vi stavano alcuni uomini e domandai loro:
� Che cosa vuoi dire tutto questo?
Mi rispose la Signora:
La regina delle virt�, si sa, � la carit� ma Don Bosco si era convinio, per lunga esperienza, che l�impurit� porta il giovane all�egoismo, mentre la purezza vissuta � sorgente e alimento di carit�.
� Non hai visto quello che era scritto su quei fazzoletti?
� S�: Regina virtutum (la regina delle virt�).
� Ebbene, quei giovani hanno esposto la virt� della purezza al vento delle tentazioni. Alcuni le hanno fuggite prontamente, e sono quelli che hanno nascosto il fazzoletto; altri si sono voltati a destra, e sono quelli che nel pericolo ricorrono al Signore; altri sono rimasti con il fazzoletto aperto e sono caduti in peccato.
Al vedere quanto pochi avevano conservato la virt� della purezza, ruppi in un pianto doloroso.
� Non affannarti � mi disse allora la Signora � vieni a vedere! Guardai e vidi il fazzoletto di quelli che si erano voltati a destra divenuto molto stretto, ma rappezzato e cucito.
Quella Signora intanto aggiungeva:
� Sono quelli che ebbero la disgrazia di perdere la bella virt�, ma vi rimediarono con la confessione. Gli altri che non si mossero, sono quelli che continuano nel peccato con il pericolo di anda realla perdizione�.
Questo il sogno di Don Bosco.

Nell�infuriare della bufera, di anno in anno pi� ostile alla virt� che Don Bosco chiama � virt� angelica�, � luce e stimolo alla lotta la visione della misteriosa Signora.
Don Bosco, che al costatare le devastazioni morali che compie il malcostume tra i giovani, � rompe in un pianto doloroso�, fa pensare al forte richiamo di san Pietro: �Salvatevi da questa generazione perversa! �.
E motivo di riflessione, specie per i genitori, quanto afferma Don Bosco dei giovani, vittime del vizio impuro: �I loro fazzoletti erano ridotti in cos� cattivo stato che facevano piet�! �.


L�uomo con la lanterna

Il 25 aprile 1862 moriva improvvisamente nell�Oratorio di Valdocco il giovane Maestro Vittorio. La sua morte era stata prevista da Don Bosco in questo sogno, che il Santo raccont� ai suoi giovani la sera del 21 marzo di quell�anno.
�Mi sembrava di essere appoggiato alla finestra della mia camera e di stare a osservare i miei giovani, che nei cortile si divertivano allegramente, quando vidi entrare dalla portineria un personaggio, alto di statura, con lunga barba bianca, con pochi capelli anch�essi candidi, che dal capo gli scendevano sulle spalle. Era avvolto in un lenzuolo che con la sinistra teneva stretto ai corpo; nella mano destra aveva una fiaccola con fiamma fosco-azzurra. Con passi lenti e gravi percorse il cortile facendo alcuni giri tra i giovani che giocavano, finch� si ferma davanti a un giovane, gli avvicina la fiaccola alla faccia ed esclama:
� E proprio lui!
Gli presenta quindi un biglietto che trae dalle pieghe del mantello; il giovane lo legge impallidendo e tremando, e domanda:
� Quando?
Quel vecchione con voce sepolcrale, risponde:
� Vieni, per te l�ora � suonata!
� Almeno posso continuare il gioco?
� Anche giocando puoi essere sorpreso.
Il giovane tremava, voleva parlare, ma l�uomo, indicando con la mano sinistra una bara posta sotto il porticato, gli disse:
� Vedi l�? Quella bara � per te. Presto, vieni!
� Non sono preparato, � gridava il giovane, � sono ancora troppo giovane �; ma lo spettro si dilegu� �.
Don Bosco concluse:
� Uno di voi deve morire, io io conosco, ma non lo dir� a nessuno. Ciascuno pensi a tenersi preparato.
Sceso dalla cattedra, confid� ad alcuni che il giovane non avrebbe passato due solennit� che cominciano per P (Pasqua e Pentecoste), e che la sua morte sarebbe stata improvvisa.
Circa un mese dopo, il 16 aprile, moriva il giovane Luigi Fornasio, ma Don Bosco disse chiaramente che non era questo il ragazzo del sogno. Quella stessa sera i giovani assediarono Don Bosco per sapere chi fosse il giovane che doveva morire.
� Ci dica almeno l�iniziale del nome.
� Colui che ha ricevuto il biglietto da quel misterioso vecchione � rispose Don Bosco � porta un nome che comincia con le iniziali del nome di Maria.
Si voleva indovinare, ma era difficile perch� in casa pi� di 30 alunni avevano un nome che cominciava con la lettera M.
Un mattino Don Bosco incontr� per le scale il giovane Maestro Vittorio di Viora, Mondov�, e gli domand� a bruciapelo:
� Vuoi andare in Paradiso?
� Certo, rispose Maestro.
� Dunque prep�rati!
Il giovane pens� a una battuta delle solite di Don Bosco e non si turb�. Don Bosco intanto lo andava preparando e lo induceva a fare la confessione generale approfittando della Pasqua.
Ed ecco il 25 aprile morire improvvisamente, colpito da apoplessia, proprio il giovane Maestro. Quella sera Don Bosco rivel� il suo cuore di padre, perch� ne parl� con tanta commozione che strapp� a tutti le lacrime. Disse tra l�altro che Maestro era il giovane da lui visto nel sogno, che la sua morte era stata repentina, ma non improvvisa, perch� era ben preparato. E aggiunse: � Quanto si ingannano quelli che dicono di voler aspettare ad aggiustare le cose della loro coscienza alla fine della vita! E quanto maggiore sarebbe il nostro dolore se il Signore avesse permesso che ci fossero stati tolti altri che nella casa tengono una condotta poco soddisfacente!�.



Fraternamente CaterinaLD

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Il sogno delle due colonne


Tra i sogni di Don Bosco, uno dei pi� noti � quello conosciuto con il titolo di �Sogno delle due colonne�. Lo raccont� la sera del 30 maggio 1862.
�Figuratevi � disse � di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi altro che mare. In tutta quella vasta superficie di acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, con le prore terminate a rostro di ferro acuto a mo� di strale. Queste navi sono armate di cannoni e cariche di fucili, di armi di ogni genere, di materie incendiarie e anche di libri. Esse si avanzano contro una nave molto pi� grande e alta di tutte, tentando di urtarla con il rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile.
A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria. Ma il vento � loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.
In mezzo all�immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l�una dall�altra. Sopra di una vi � la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: �AUXILIUM CHRISTIANO RUM�; sull�altra, che � molto pi� alta e grossa, sta un�OSTIA di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole: �SALUS CREDENTIUM�.
Il comandante supremo della grande nave, che � il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, convoca intorno a s� i piloti delle navi secondarie per tenere consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando sempre pi� la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi.
Fattasi un po� di bonaccia, il Papa raduna intorno a s� i piloti per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.
Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommit� delle quali tutto intorno pendono molte �ncore e grossi ganci attaccati a catene.
Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre pi� accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
Frattanto i cannoni degli assalitori scoppiano, i fucili e ogni altra arma si spezzano, molte navi si sconquassano e si sprofondano nel mare. Allora i nemici, furibondi, prendono a combattere ad armi corte: con le mani, con i pugni e con le bestemmie.
A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade. Subito � soccorso, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio.
Senonch�, appena morto il Papa, un altro Papa sottentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto cos� rapidamente che la notizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del suo successore. Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio.
Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mez zo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un�ancora della colonna su cui sta l�Ostia, e con un�altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un�altra �ncora che pende dalla colonna su cui � collocata la Vergine Immacolata.
Allora succede un gran rivolgimento: tutte le navi nemiche fuggono, si disperdono, si urtano, si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre, mentre le navi che hanno combattuto valorosamente con il Papa, vengono anch�esse a legarsi alle due colonne. Nel mare ora regna una grande calma�.
A questo punto Don Bosco interroga Don Rua:
� Che cosa pensi di questo sogno?
Don Rua risponde:
� Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomini, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la com battono con ogni sorta di armi. Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento del l�Eucaristia.
� Hai detto bene � commenta Don Bosco �; bisogna soltanto correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, � quasi nulla rispetto a quello che deve accadere. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: Devozione a Maria SS., frequente Comunione.
Il servo di Dio cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, dava tanta importanza a questa visione, che nel 1953, quando fu a Torino come Legato Pontificio al Congresso Eucaristico Nazionale, la notte sul 13 settembre, durante il solenne pontificale di chiusura, sulla Piazza Vittorio, gremita di popolo, diede a questo sogno una parte rilevante della sua Omelia.
Disse tra l�altro: � In quest�ora solenne, nell�Eucaristica Torino del Cottolengo e di Don Bosco, mi torna in mente una visione profetica che il Fondatore del Tempio di Maria Ausiliatrice narr� ai suoi nel maggio del 1862. Gli sembr� di vedere la flotta della Chiesa battuta qua e l� dai flutti di una orribile tempesta; tanto che, ad un certo momento, il supremo condottiero della nave capitana � Pio IX � convoc� a consiglio i gerarchi delle navi minori.
Purtroppo la bufera, che mugghiava sempre pi� minacciosa, in terruppe a mezzo il Concilio Vaticano (� da notare che Don Bosco annunciava questi eventi otto anni prima che avvenissero). Nelle alterne vicende di quegli anni, per ben due volte gli stessi Supremi Gerarchi soccombettero al travaglio. Quando successe il terzo, in mezzo all�oceano furente cominciarono ad emergere due colonne, in cima alle quali trionfavano i simboli dell�Eucaristia e della Vergine Immacolata.
A quella apparizione il nuovo Pontefice � il Beato Pio X � prese animo e con una salda catena, agganci� la nave Capitana di Pietro a quei due solidi pilastri, calando in mare le ancore.
Allora i navigli minori cominciarono a vogare strenuamente per raccogliersi attorno alla nave del Papa, e cos� scamparono dal naufragio. La storia conferm� la profezia del Veggente. Gli inizi pontifi cali di Pio X con l��ncora sullo stemma araldico coincisero appunto con il cinquantesimo anno giubilare della proclamazione dog matica della Concezione Immacolata di Maria, e venne festeggiata in tutto l�orbe cattolico. Tutti noi vecchi ricordiamo l�8 dicembre 1904, in cui il Pontefice in San Pietro circond� la fronte del l�Immacolata d�una preziosa corona di gemme, consacrando alla Madre tutta intera la famiglia che Ges� Crocifisso le aveva commesso.
Il condurre i pargoli innocenti e gli infermi alla Mensa Eucaristica entr� parimenti a far parte del programma del generoso Pontefice, che voleva restaurare in Cristo tutto quanto l�orbe. Fu cos� che, finch� visse Pio X, non ci fu guerra, ed Egli merit� il titolo di pacifico Pontefice dell�Eucaristia.
Da quel tempo le condizioni internazionali non sono davvero migliorate; cos� che l�esperienza di tre quarti di secolo ci conferma che la nave del Pescatore sul mare in burrasca pu� sperare sal vezza solo con l�agganciarsi alle due colonne dell�Eucaristia e dell'Ausiliatrice, apparse in sogno a Don Bosco � (da L�Italia del 13 settembre 1953).
Lo stesso santo card. Schuster, un giorno disse a un Salesiano:
� Ho visto riprodotta la visione delle due colonne. Dica ai suoi Superiori che la facciano riprodurre in stampe e cartoline, e la diffondano in tutto il mondo cattolico, perch� questa visione di Don Bosco � di grande attualit�: la Chiesa e il popolo cristiano si salveranno con queste due devozioni: l�Eucaristia e Maria, Aiuto dei Cristiani�.


Il serpente e il Rosario

Nel febbraio del 1848 il marchese Roberto d�Azeglio, amico personale di Carlo Alberto e senatore del Regno, onor� l�Oratorio di Don Bosco di una sua visita. Il Santo lo accompagn� a visitare tutta la casa. Il marchese espresse la sua viva compiacenza, ma con una riserva. Defin� tempo perduto quello occupato a recitare il Rosario.
� Lasci � disse � di far recitare quell�anticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo l�altra.
� Ebbene � rispose Don Bosco �, io ci tengo molto a tale pratica; e su questa potrei dire che � fondata la mia istituzione; sarei disposto a lasciare tante altre cose pure importanti, ma non questa.
E con il coraggio che gli era proprio soggiunse:
� E anche, se fosse necessario, sarei disposto a rinunziare alla sua preziosa amicizia, ma non mai alla recita del S. Rosario.
A stimolare i giovani ad amare il Rosario era incoraggiato an che dai suoi sogni. Ne citiamo uno. Lo ebbe la vigilia dell�Assunta del 1862. Sogn� di trovarsi nella sua borgata natia � oggi Colle Don Bosco � in casa del fratello, con tutti i suoi giovani. Ed ecco che gli si presenta Uno (la solita Guida dei suoi sogni) che lo invita ad andare nel prato attiguo al cortile, e l� gli indica un serpentaccio lungo 7-8 metri, di una grossezza straordinaria. Don Bosco inorridisce e vuole fuggire. Ma la Guida lo invita a non aver paura e a fermarsi. Poi va a prendere una corda, ritorna da Don Bosco e gli dice:
� Prenda questa corda per un capo e la tenga ben stretta; io prender� l�altro capo e sospenderemo la corda sul serpente.
� E poi?
� E poi gliela sbatteremo sulla schiena.
� Ah! No, per carit�! Guai se noi faremo questo. Il serpente si rivolter� inviperito e ci far� a pezzi.
�Ma la Guida insistette � narra Don Bosco � e mi assicur� che il serpente non mi avrebbe fatto alcun male, e tanto disse che io acconsentii a fare come voleva. Egli intanto alz� la corda e con questa diede una sferzata sulla schiena del rettile. Il serpente fa un salto e volge la testa indietro per mordere ci� che l�ha percos so, ma resta allacciato come in un cappio scorsoio.
� Tenga stretto � grida la Guida � e non lasci sfuggire la corda. E corse a legare il capo della corda che aveva in mano a un pero vicino; poi leg� il capo della corda che tenevo io all�inferriata di una finestra della casa. Frattanto il serpente si dibatteva furiosa mente e dava tali colpi in terra con la testa e conle immani sue spire, che le sue carni si laceravano e ne saltavano i pezzi a grande distanza. Cos� continu� finch� non rimase di lui che lo scheletro spolpato.
Morto il serpente, la Guida sleg� la corda dall�albero e dalla finestra, la raccolse e la chiuse in una cassetta. Dopo qualche istante l�apr�. Con stupore mio e dei giovani che erano accorsi, vedemmo che quella corda si era disposta in modo da formare le parole:
Ave Maria. La Guida spieg�:
� Il serpente figura il demonio e la corda l�Ave Maria o piuttosto il Rosario, che � una continuazione di Ave Maria, con le quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell�inferno�.
A questo punto agli occhi di Don Bosco si present� una scena ben dolorosa: vide giovani che raccoglievano pezzi di carne del serpente e ne mangiavano e restavano avvelenati.
�Io non sapevo darmi pace � racconta Don Bosco �� perch� nonostante i miei avvisi, continuavano a mangiare. Io gridavo all�uno, gridavo all�altro; davo schiaffi a questo, pugni a quello, cercando di impedire che mangiassero, ma inutilmente. Io ero fuori di me stesso, allorch� vidi tutt�intorno un gran numero di giovani distesi per terra in uno stato miserando�.
Allora Don Bosco si rivolse alla Guida:
�- Ma non c�� un rimedio a tanto male?
� S� che c��.
� Quale sarebbe?
� Non c�� altro che l�incudine e il martello.
� Come? Debbo forse metterli sull�incudine e batterli col martello?
� Ecco � rispose la Guida � il martello significa la Confessione, l�incudine la Comunione: bisogna far uso di questi due mezzi.



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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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