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I sogni di San Giovanni Bosco

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2021 09:10
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21/02/2021 11:06
 
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Sogno premonitore


Questo breve sogno contiene due profezie. La prima � la fontana, che ebbe acqua imbevibile per diversi anni, nel 1934 fu sostituita dall�acquedotto del Monferrato (l�acqua pagata).
L�altra profezia � che sull�altura su cui Mamma Margherita ha portato Don Bosco, dal 1940 domina il grande Istituto Bernardi Semeria; e dal 1965 il Tempio di Don Bosco, meta di frequenti pellegrinaggi e centro pastorale per molte parrocchie dei dintorni.
Anno 1860. Alle dieci perquisizioni fatte negli anni precedenti all�Oratorio di Don Bosco, sospettato di mene rivoluzionarie, il ministro Farmi ne aggiunse un�altra, ordinando al Questore di Torino di procedere a una nuova visita fiscale alla Casa di Don Bosco. Con tale perquisizione improvvisa negli ambienti dell�Oratorio si sperava di trovare qualche documento compromettente e cos� avere un pretesto per chiudere la Casa.
�L�Opera dell�Oratorio � scrive Don Lemoyne �, che nel corso di 19 anni era costata tante sollecitudini, tante fatiche e sudori a Don Bosco e ai suoi collaboratori, correva pericolo di essere distrutta come da un turbine. Rumoreggiava la minaccia di imprigionare colui che provvedeva il pane a tanti ricoverati e loro procacciava un avvenire onorato... E i timori crescevano per la chiusura in quei giorni di varie case di educazione, e per la prigionia di onesti personaggi dell�uno e dell�altro clero. Don Bosco, per�, senza turbarsi attendeva l�intervento della Madonna�.
Ed ecco che, tre giorni prima che avvenisse la perquisizione, Don Bosco, ancora ignaro della cosa, fece un sogno che gli torn� di grande vantaggio. Lo narra in questi termini: �Mi sembr� di vedere una schiera di malandrini entrare nella mia camera, impadronirsi della mia persona, rovistare nelle carte, in ogni forziere e mettere sossopra ogni scritto. In quel momento uno di loro con aspetto assai benevolo mi disse:
� Perch� non avete allontanato il tale e tal altro scritto? Sareste contento che si trovassero quelle lettere dell�Arcivescovo che potrebbero essere causa di male a voi e al lui? E quelle lettere di Roma, quasi dimenticate, che sono poste qui � e indicava i luoghi � e quelle altre l�? Se le aveste tolte, vi sareste liberato da ogni molestia. Fattosi giorno, scherzando ho raccontato il sogno come lavoro di fantasia; tuttavia ho messo in ordine parecchie cose, e alcuni scritti che potevano essere interpretati a mio danno li ho allontanati. Questi scritti erano alcune lettere confidenziali affatto estranee alla politica o a cose di governo. Poteva per� essere considerata come delitto ogni istruzione ricevuta dal Papa o dall�Arcivescovo sul modo di regolarsi dei sacerdoti riguardo a certi dubbi di coscienza. Quando pertanto cominciarono le perquisizioni, io avevo trasportato altrove tutto ci� che poteva dare il minimo appiglio di relazioni o allusioni politiche nelle cose nostre� .


Tre giudici illustri

Nelle cronache dell�Oratorio leggiamo: �Nelle tre notti che precedettero l�ultimo giorno del 1860, Don Bosco fece tre sogni, come egli li chiama, ma che noi con tutta sicurezza per ci� che abbiamo veduto, sentito, provato, possiamo chiamare celesti visioni. Era lo stesso sogno ripetuto tre volte, ma sempre con circo stanze diverse�.
Don Bosco lo raccont� l�ultima sera dell�anno 1860 a tutti i giovani radunati. Noi ne riassumiamo le scene pi� interessanti.
Per tre notti consecutive Don Bosco si trov� in campagna in compagnia dei suoi tre grandi amici: San Giuseppe Cafasso, Silvio Pellico e il Conte Cays, deputato al Parlamento Subalpino.
�La prima notte � racconta Don Bosco � la passammo discorrendo sopra vari punti di religione riguardanti specialmente i tempi che corrono. La seconda si pass� in conferenze morali, in cui si sciolsero casi di coscienza spettanti la direzione dei giovani. La terza notte furono casi pratici con i quali conobbi l�interno morale di ciascun giovane in particolare. Nel primo giorno io non volevo dar retta al sogno perch� il Signore ce lo proibisce nella Sacra Scrittura. Ma in questi giorni scorsi, dopo aver fatto parecchie esperienze, dopo aver preso parecchi giovani a parte e aver detto loro le cose tali e quali le avevo viste nel sogno, e che essi mi assicurarono essere proprio cos�, allora io non potei pi� dubitare che questa sia una grazia straordinaria che il Signore concede a tutti i figli dell�Oratorio. Io perci� mi trovo in obbligo di dirvi che il Signore vi fa sentire la sua voce, e guai a coloro che vi resistono�.
In sintesi, Don Bosco aveva assistito a questa scena. C�era una gran sala. Seduti a un tavolo c�erano i tre personaggi nominati in veste di giudici. All�invito di Don Cafasso, Don Bosco fece entrare i giovani. Uno per uno, i giovani si presentavano con una cartella in mano, nella quale c�erano molti numeri da addizionare, e la consegnavano a quei signori. Questi, se la cartella era in regola e ben fornita di numeri, li addizionavano e la restituivano a ciascuno; la respingevano se vi erano cifre imbrogliate. I primi uscivano dalla sala felici e andavano a ricrearsi in cortile; gli altri invece uscivano tutti mesti e angustiati. Questa funzione dur� a lungo, ma alcuni giovani non vollero entrare nella sala, perch� ave vano la cartella vuota di numeri.
Quando Don Bosco e i tre personaggi uscirono dalla sala, videro i giovani che avevano la cartella in regola, che si ricreavano felici. Ne videro altri che stavano mesti in disparte. Don Bosco li osserv�: alcuni avevano una benda agli occhi, altri erano immersi nella nebbia, altri avevano il capo attorniato da una nube, altri avevano il cuore pieno di terra. �Io li vidi � afferma Don Bosco � e li conobbi molto bene e li ho ancora cos� presenti alla mente che potrei nominarli uno per uno dal primo fino all�ultimo�.
Intanto Don Bosco, col suo occhio vigile, not� che in cortile mancavano molti dei suoi giovani. Dopo varie ricerche, li trov� in un angolo del cortile.
�� Oh, spettacolo miserando! � esclamai.
Ne vedo uno coricato per terra, pallido come la morte; altri seduti sopra un basso e lurido scanno; altri sdraiati sopra uno sconcio pagliericcio. Giacevano gravemente infermi, chi nella lingua, chi negli occhi, chi nelle orecchie. Varie malattie affliggevano altri infelici: chi aveva il cuore tarlato e chi guasto e gi� corrotto; chi aveva una piaga e chi un�altra. Ve n�era persino uno tutto rosicchiato.
Questo spettacolo mi passava il cuore come un�acutissima spina, che per� mi fu addolcita dalla vista di ci� che sto per raccontare.
Don Cafasso mi fa cenno di seguirlo e mi introduce in una sala splendida, tutta ornata d�oro, d�argento e di ogni pi� prezioso ad dobbo, illuminata da migliaia di lampade da cui emanava una luce che i miei occhi non potevano quasi sopportare. In mezzo a quella sala regale vi era un�ampia tavola piena di confetture di ogni spe cie. Vi erano amaretti quasi grossi come le munizioni dei soldati, biscotti cos� lunghi che uno solo sarebbe bastato a sfamare un gio vane. Io mi slanciai subito a invitare i giovani ad assidersi a quella tavola. Ma Don Cafasso mi ferm� gridando:
� Adagio! Solo quelli che hanno i conti aggiustati possono gu stare quei dolci!
Mi acquietai e intanto mi posi a distribuire quei biscotti e quegli amaretti a quelli che Don Caf asso mi aveva indicato. Tutti ne eb bero a saziet�. Io mi compiacevo nel vedere i giovani mangiare con tanto gusto. Sul loro volto era dipinta la gioia; non parevano pi� i giovani dell�Oratorio, tanto erano trasfigurati �.
Quelli che erano rimasti senza dolci se ne stavano in un angolo malinconici e mortificati. Don Bosco ne fu commosso: erano anch�essi suoi figli; supplic� quindi ripetutamente Don Cafasso che gli permettesse di far parte dei dolci anche a loro. � No � rispose il Santo �; costoro non possono gustarli; fateli guarire e poi anch�essi ne mangeranno.
Don Bosco gli chiese che gli suggerisse il rimedio per guarire quei poveretti. Don Cafasso, in procinto di allontanarsi, per ben tre volte, con voce sempre pi� alta, grid�:
� State attento! State attento! State attento!
Cos� dicendo si dilegu� con gli altri due personaggi.
Le parole di Don Cafasso, che di per s� possono apparire misteriose, dovettero riuscire evidenti ed eloquenti a Don Bosco, che ha sempre considerato come elemento essenziale del suo sistema educativo una assistenza amorevole, ma vigile e continua, che metta i giovani nella morale impossibilit� di commettere mancanze.


Mense divise in tre ordini

La sera del 5 agosto 1860 Don Bosco raccontava ai giovani del l�Oratorio un sogno, nel quale li aveva visti in un vago giardino, seduti a mense che da terra, formando una gradinata, s�innalzavano tanto che a stento ne vedeva la sommit�. Le lunghe tavole erano 14, disposte a vasto anfiteatro e divise in tre ordini, ciascuno sostenuto da un muro che formava un ripiano.
In basso, intorno a una tavola posta sul nudo suolo, spoglia di ogni ornamento e vasellame, si vedeva un certo numero di giovani. Erano mesti, mangiavano di mala voglia e avevano un pane a forma di quello delle munizioni dei soldati; era tutto rancido e muffito che faceva schifo. Era in mezzo a sudiciume e a ghiande. Quei poveretti stavano come gli animali immondi al trogolo. Don Bosco voleva dir loro che gettassero via quel pane; ma si accon tent� di chiedere perch� avessero innanzi un cibo cos� nauseante. Gli risposero:
� Dobbiamo mangiare il pane che ci siamo preparati; e non ne abbiamo altro.
Era lo stato di peccato mortale.
Di mano in mano che le mense salivano, i giovani si mostravano sempre pi� allegri e mangiavano pane delizioso. Erano bellissimi, splendenti, di una bellezza e splendore sempre crescenti. Le loro tavole, ricchissime, erano coperte con tovaglie finemente lavorate, sulle quali brillavano candelabri, anfore, tazze, vasi di fiori indescrivibili, piatti con preziose vivande; tesori di valore inesti mabile. Il numero di quei giovani appariva grandissimo. Era lo stato dei peccatori convertiti.
Finalmente le ultime mense alla sommit� avevano un pane che non si pu� definire. Pareva giallo, pareva rosso, e lo stesso colore del pane era quello delle vesti e della faccia dei giovani, che splendeva tutta di luce vivissima. Costoro godevano di una allegria straordinaria e ciascuno cercava di parteciparla agli altri compagni. Nella loro bellezza, nella luce e splendore delle mense superavano tutti quelli che occupavano i gradi sottoposti. Era lo stato d�innocenza.
�Ma il pi� sorprendente si �, continua Don Bosco, che quei giovani li riconobbi tutti dal primo all�ultimo, dimodoch� vedendone ora uno, mi pare di vederlo ancora l� assiso al suo posto a quella tavola�.
Il giorno seguente Don Bosco disse in privato a ogni alunno il posto che occupava a quelle mense. Gli si domand� se si potesse da una tavola inferiore salire a una superiore. Rispose che s�, eccetto che andare a quella pi� alta degli innocenti, perch� i decaduti da essa non vi potevano pi� tornare: era riservata solo a coloro che conservavano l�innocenza battesimale. Il numero di questi era piccolo, grande invece quello delle altre mense.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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