A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Pensieri insegnamenti Don Dolindo Ruotolo

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2021 11:53
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09/03/2021 11:44
 
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Noi spesso non preghiamo

È un fenomeno psicologico che succede spesso anche a noi: nelle grandi afflizioni ci sentiamo oppressi da un’apatia che toglie ogni vigore alla nostra pietà; ci sembra di non saper più pregare, di non potere più guardare al Cielo. Appena ritorna la gioia interna o un barlume di speranza, l’anima si espande in Dio, lo loda, lo prega, ed ha l’impressione di riprendere il suo respiro.
È un fatto penoso che noi tanto spesso non preghiamo, proprio quando dovremmo farlo di più; satana che vuol vincerci ad ogni costo, si sforza di toglierci prima di tutto la grande arma della preghiera, e ci getta in una strana apatia, facendoci intendere che è inutile pregare. In questi momenti, il nostro spirito dev’essere più vigilante, non deve dormire come gli apostoli nel Getsemani, ma deve vegliare e pregare. Anche quando il cuore è disseccato dall’angoscia, possiamo pregare vocalmente, soprattutto con le preghiere della Chiesa, che sono voci penetranti il Cielo.
Non dobbiamo stancarci, non dobbiamo scoraggiarci addormentandoci nelle tenebre dell’oscura notte dell’anima, dobbiamo insistere nella preghiera, perché così vinceremo le nostre battaglie. Non siamo facili poi a prendere decisioni quando l’anima è in angustia, ma andiamo ai piedi dell’altare, facciamo offrire il Santo Sacrificio della Messa secondo le nostre intenzioni, e riponiamo nelle mani di Dio ogni nostra iniziativa.
Se non andiamo noi verso Dio con un atto di confidenza filiale, Egli non viene a noi con le sue grazie. Le vie per le quali il Signore ci conduce non sono sempre vie di luce, perché è necessario a volte la caligine per esercitare la nostra fede e per purificare la nostra coscienza. Bisogna andare ai piedi di Dio, confidare in Lui solo nonostante le tenebre, tenere fisso lo sguardo in Lui solo per non smarrirci, e rimettere nelle sue mani ogni nostra angustia. 


Carismi da ravvivare

Quello ché può intiepidirsi e languire nel ministro di Dio sono i carismi ricevuti dallo Spirito Santo nell'Ordinazione, apportatori di grandi grazie di stato, per il compimento del proprio ufficio. Questi carismi hanno bisogno di essere ravvivati ed alimentati dal ministro di Dio con la preghiera, la penitenza e la vita in-tegralmente santa.
Nell'attuale disciplina della Chiesa la recita dell'Ufficio divino e della visita al Sacramento, nonché la recita del Rosario, comandata ai sacerdoti, è il mezzo giornaliero per ravvivare il dono di Dio. Il mezzo straordinario sono i santi esercizi spirituali.
La mancanza di questi mezzi o la negligenza nel servirsene spiega oggi perché tanti sacerdoti decadono nel fervore, o addirittura traviano. Rimane in loro il carattere sacerdotale, ma, per l'assenza dei carismi, rimane come quell'albero di fico che portava solo foglie, e che Gesù maledisse, condannandolo alla sterilità. Eppure era certamente un albero vivo, perché ricco di foglie.
Il sacerdote è vivente, come tale per il suo ca-rattere indelebile, ma se non ravviva i carismi ricevuti nell'Ordinazione e non ricava da essi i frutti che Gesù attende da lui, decade e può diventare un albero maledetto nella sterilità.


Onoriamo lo Spirito Santo

Lo Spirito Santo è poco onorato e amato dalle anime, e per questo esse languiscono miseramente. Basta vedere il modo con il quale si riceve da tanti il sacramento della Confermazione per persuadersene. Senza preparazione, nella più completa ignoranza si presentano al vescovo più per profanare che per farsi vivificare dallo Spirito Santo! Non passi giorno che non facciamo rivivere in noi le grazie e i doni di questo ammirabile Sacramento, invocando con ardenti preghiere lo Spirito Santo, ed abbandonan-doci alla sua azione perché Egli ci arricchisca, ci guidi, ci vivifichi e ci trasformi in creature nuove.
Dobbiamo riguardarci perennemente come raccolti nel Cena-colo, e ripetere ogni giorno le sante invocazioni della Chiesa, per-ché la nostra prosperità spirituale è tutta legata all’azione dello Spirito Santo in noi. Ogni giorno dobbiamo levarci dall’orazione con il dono di una speciale effusione dello Spirito Santo, per con-servare in noi la luce della fede e della speranza, l’ardore della carità, il candore della purezza, la calma della pazienza e la forza per combattere la nostra battaglia quotidiana. Siamo deboli, fragili, inetti, ignoranti, ed abbiamo bisogno di forza e di guida; siamo insidiati da mille nemici, ed abbiamo bisogno di valida difesa; siamo esposti a mille pericoli ed abbiamo bisogno di sostegno.
Invochiamo perciò lo Spirito Santo, raccomandandoci calda-mente alla Madonna, perché questa dolcissima Mamma lo attragga sopra di noi con le sue preghiere, e ci ammanti dei suoi meriti come ammantò gli apostoli nel Cenacolo. Il nostro progresso spirituale è legato a questa grande devozione, e noi lo sperimenteremo ogni giorno, facendo appello all’infinito Amore attraverso Maria Immacolata. Come pianticelle striminzite saremo irrorati ogni giorno dalla grazia, ai raggi di quel Sole divino fioriremo e daremo frutti abbondanti e, quasi senza nostro sforzo, percorreremo le vie della salvezza e della santità.


Tutto sta a cominciare

Il segreto della bontà o della perversità non sta in un disegno fatale che forma alcuni buoni ed altri cattivi, ma nell’attività della nostra volontà: un’opera buona anche minima, attrae la grazia, un’opera cattiva anche minima, suscita nell’animo l’appetito del male; il pec-cato allora è alle porte, l’anima si trova in un agguato ma se vuole, può vincere. Come nei malanni del corpo una negligenza può produrre una crisi pericolosa, così nelle attività dell’anima le piccole colpe cagionano grandi rovine, perché sono la breccia aperta al peccato grave. Anche un uomo abituato al male può risorgere se rieduca la sua volontà riportando delle piccole vittorie che la risvegliano al bene. Egli può fare una piccola e-lemosina, un atto di rinuncia ad una soddisfazione, un atto d’intima umiliazione.
Un piccolo atto di bene attira una grazia nell’anima, una vittoria ne produce un’altra più grande e prepara l’anima ad una nuova grazia; gradualmente la volontà riprende il dominio di se stessa e si riapre a Dio; la grazia segna maternamente questi movimenti di ricostruzione, riempie a poco a poco l’anima, la rinnova e la rigenera. Anche quando si è giunti ad uno stato di degradazione che rasenta lo stato dei bruti, anche allora l’anima può ritrovare la salvezza dominando con la vo-lontà l’appetito delle passioni; tutto sta a cominciare con piccoli atti di virtù, con piccoli atti di umiltà e so-prattutto con piena fiducia nella misericordia di Dio.


Per chi presume di confessarsi con Dio, e non si umilia al Sacerdote di Gesù Cristo, la propria superbia è riguardata come decoroso riconoscimento della propria dignità; l’avarizia, come saggia conservazione ed accorto accrescimento del proprio patrimonio; la lussuria è considerata come un giusto appagamento di un bisogno fisiologico, posto da Dio nella carne e nei sensi; l’ira come una giusta reazione ai torti ricevuti, per non esserne sopraffatti. La gola è giudicata un ragionevole appagamento alle proprie brame per stare meglio, per nutrirsi meglio, o persino per non deteriorare la grazia che Dio ci dona. L’invidia è giustificata dall’innocente desiderio di avere quello che appare superfluo o poco giustamente meritato dagli altri. L’accidia non appare oziosità nell’operare, ma un giusto e decoroso riposo. Queste deviazioni della coscienza sono sempre accompagnate da tutte le sfumature di malignità e di menzogna, che le fanno apparire giuste, rette, necessarie e doverose.


Compiere la divina volontà

Un matrimonio santo è determinato non dall’esibizione della bellezza fisica, o dall’ostentazione delle ricchezze, ma dalla operosità e dalla virtù. Ecco un matrimonio trattato non per il capriccio di un affetto improvviso, ma unicamente per compiere la divina volontà. È questo un salutare avviso per le fanciulle di tutti i tempi, che credono trovare la loro situazione facendo l’esibizione di loro stesse, o lasciandosi illudere da dichiarazioni ardenti che celano quasi sempre l’inganno. Quando una fanciulla compie i suoi doveri, quando teme il Signore e vive con grande onestà e modestia, allora il Signore stesso dispone quegli eventi che le fanno trovare marito. Si crede comunemente che sia una condizione di inferiorità quella della donna di non potersi cercare un marito e di dover attendere che sia richiesta, invece è una condizione di superiorità, perché la donna può essere in tal modo più abbandonata alle divine disposizioni, e può pregare con più fiducia che il Signore la guidi nel compimento della sua volontà. È più bello non avere alcuna iniziativa in un fatto così arduo, e pregando e vivendo laboriosamente, attendere in pace i momenti della divina Provvidenza.
Oggi le povere donne, esibendosi con le loro immode-stie, diventano il gioco di satana, il quale suscita negli uomini le più vili passioni, e li spinge a ricercare la donna non come compagna della vita, ma come trastullo e come oggetto di malsane passioni. È questa la ragione per la quale i matrimoni non riescono quasi mai bene. L’uomo, dal canto suo, per prendere moglie non può affidarsi ai suoi capricci, ma deve pregare finché il Signore stesso disponga l’incontro con una fanciulla santa, e lo disponga non già nell’effimero fascino della bellezza fisica, ma nel fascino di quella morale.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Tu solo sei il nostro amore e la nostra felicità, o Gesù, e solo in te riposa l'anima nostra. Per te siamo liberati dal peccato, per te abbiamo pace con Dio, per te ci sono aperte le porte della grazia che ci santifica, per te esultiamo nella speranza della gloria eterna, per te ci sono leggere e sopportabili le tribolazioni della vita, per te ci gloriamo di Dio, nostro ultimo fine e nostra suprema esultanza. Tu sei la vita, ed in te hanno la vita tutte le creature che, redente da te, ti cercano e ti amano sopra tutte le cose. Accendici, dunque, del tuo amore, e fa' sovrabbondare in noi la tua misericordia; accendici del tuo amore e fa' regnare in noi la grazia e la giustizia. Distaccaci da tutto quello che non è tuo, liberaci dai ceppi della schiavitù del mondo, raccoglici nella beata solitudine del tuo Amore eucaristico, raccoglici all'ombra dei tuoi Tabernacoli.
(Don Dolindo Ruotolo)

Nel mondo, e anche in tante anime pie, si scambia facilmente la carità con la compassione, ed è un errore. La compassione è un sentimento tutto naturale, la carità è un apprezzamento soprannaturale; la compassione può stare anche in un cuore privo di grazia, la carità non può stare che in un’anima che vive con Dio; la compassione è un sentimento volubile che si lascia influenzare dall’umore e dal carattere, dalle simpatie e dalle antipatie, la carità è una virtù incrollabile che guarda solo a Dio e può sussistere anche in mezzo agli urti interni e alle antipatie.
(Don Dolindo)

Anche nella vita spirituale bisogna tutelare la carità e la giustizia, per non cadere in abissi profondi di male. Chi disprezza il prossimo perché peccatore, offende Dio che non l’ha sprezzato ma l’ha redento; e chi s'ispira, nel giudicare gli altri, alla severità spietata dei duri di cuore, offende la bontà di Dio, piena di misericordie con tutti. Bisogna compatire i peccatori, ma non condiscendere alle loro azioni, per non contrarre i loro debiti spirituali, ed essere privati della grazia. In tutto bisogna regolarsi secondo la dottrina e le leggi della Chiesa, senza presumere di oltrepassare i termini antichi o con un rigorismo intempestivo, o con un lassismo, rovinoso di ogni sana disciplina dottrinale e pratica. Più che badare agli altri, senz'averne alcun mandato, bisogna lavorare alacremente alla propria perfezione, perché così si potrà comparire innanzi al Re divino senza subirne la condanna, e far parte del nobile consesso dei Beati del Cielo.
(Padre Dolindo Ruotolo)

Quando nel Concilio Vaticano II ci furono quei pochi che volevano diminuire il culto a Maria, perché non fosse stato di ostacolo all’unione degli eretici alla Chiesa Cattolica, si levò come angelo di Dio Paolo VI, e protestò per lo schema sulla Chiesa, dove Maria era posta quasi al margine, mentre doveva essere posta al centro di una cornice di splendore tutto per Lei e solo per Lei. Protestò con la forza dello Spirito Santo che era in Lui; protestò per l’amore che gli ferve nel cuore, e tutto il Concilio si levò come un sol uomo, alle parole del Papa, ed applaudì freneticamente in un applauso di amore che era l’applauso della Chiesa infallibile.
(Padre Dolindo)


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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/03/2021 11:49
 
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Sono un nulla e lo sento profondamente, ma confido nel tuo aiuto, o Maria. Schiacciasti il capo di satana nel tuo immacolato concepimento, schiaccialo ora che tenta di scoraggiarmi perché io non scriva di te. Mamma mia dolcissima, sede di sapienza aprimi tu la mente per contemplarti, il cuore per amarti; donami la forza per glorificarti, e purifica l’anima mia perché sia tutto di Dio. Ave Maria, piena di grazia, illuminami con la tua grazia. Ave Maria, Madre di Dio, prega per me, povero nulla, fammi meno indegno di lodarti. Amen.
(Padre Dolindo)

Il Signore non sempre può esaudirci nelle preghiere che gli rivolgiamo per ottenere grazie temporali, perché a volte esse possono essere di ostacolo a quelle spirituali. Dio non guarda solo il momento presente, ma guarda i nostri tempi futuri e l’eternità, e proporziona le sue misericordie al nostro vero bene. Che cosa ci gioverebbe riacquistare la salute se dovesse, poi, servirci a subire nuove pene temporali e a farci pericolare nell’anima? Anche nei celebri santuari dove si operano guarigioni ammirabili, non tutti vengono esauditi nelle preghiere fatte per il corpo, ma può dirsi che tutti vengono consolati nell’anima, come mostra l’esperienza. Sappiamo abbandonarci alla divina volontà, e sappiamo essere sicuri di Dio.
(Padre Dolindo)

Seguiamo Gesù, nutriamo l’anima nostra dei suoi insegnamenti, con i suoi Sacramenti e col vitale alimento che ci viene dalla sua Chiesa, se vogliamo essere pecorelle dei suoi pascoli e ascoltarne la voce. Com’è possibile essere cristiani e avvelenarci alle putride fonti del mondo? Quanti distruggono in loro i germi della grazia, e spengono nell’intelletto la luce della verità, leggendo libri stolti, partecipando a conversazioni o a spettacoli frivoli, e gettando, nel loro cuore, a piene mani, le cattive sementi delle passioni! Siamo gelosi della nostra fede, siamo tutelatori accorti dei tesori che da essa ci vengono, e intenderemo la voce di Gesù ogni volta che si fa sentire nel nostro cuore e ogni volta che ci parla per mezzo della Chiesa.
(Padre Dolindo)

Quando noi non seguiamo davvero Gesù Cristo, non dobbiamo credere che facciamo un atto d’indipendenza e di fortezza, invece è proprio Lui che ci rimanda a casa nostra, perché siamo indegni di seguirlo; perciò umiliamoci innanzi al Signore, quando ci accorgiamo di essere fuori delle fila vive dell’esercito della Chiesa, e lungi dall’ostentare la nostra miseria quasi fosse una gloria, pensiamo che dobbiamo piangere la nostra viltà e vergognarci di apparire innanzi all’universo come i rimandati dall’esercito del Signore e come i ricacciati dalla grande cena di Dio.
(Padre Dolindo)

Da fanciullo sentivo molto amore per l’Italia e gl’italiani. Ero fiero quando un italiano si faceva onore a preferenza di uno straniero. Andai raccogliendo un elenco di tutte le invenzioni fatte da italiani ed attribuite agli stranieri, e lo mostravo con soddisfazione grande. Mi sentivo italiano con fierezza. Ma quando Gesù mi ha posseduto ho capito che quel sentimento era più frutto di orgoglio che di carità. Il patriota in fondo, nel senso comune della parola è colui che glorifica se stesso con la gloria degli altri, che esalta la sua stirpe per esaltare se stesso. Gesù mi ha fatto intendere la bellezza della universale fraternità che Egli ci ha data a prezzo del suo Sangue, e mi sono svanite queste velleità orgogliose, palliate da amore di patria.
(Padre Dolindo)

Il primo atto dell’anima nelle vie di Dio è per necessità un atto di umiltà, di fiducia e di fede. Il fanatismo non è né umiltà, né fiducia, né fede, è l’esagerata stima del proprio giudizio. Il fanatico in realtà è incredulo a Dio come un miscredente; l’uno e l’altro danno importanza in modo diverso al proprio giudizio ed alle proprie impressioni.
(Padre Dolindo)

La verità è Dio, e Dio è verità; l’amore alla verità credo che in me deriva dall’amore che porto a Dio sopra tutte le cose. Il solo nome di Dio mi fa esultare e mi intenerisce. Mi interessa solo la sua gloria, e per me non ho alcuna aspirazione di grandezza, anzi ho desiderato sempre di eclissarmi, di nascondere il mio nome e fare da servo in qualche Chiesa od in qualche convento. Per questo amo sempre l’ultimo posto, ne godo internamente, e ringrazio Dio quando sono umiliato. Ho però una natura orgogliosa, e risento la pena delle umiliazioni; però mi piace di umiliarmi, perché è verità la mia nullità.
(Padre Dolindo)

Il mio amore ai genitori è cresciuto molto quando ho amato più Dio; l’amore che avevo prima per loro era una sensibilità naturale; quando Gesù mi ha insegnato che onorando i genitori si onora lui, io li ho amati assai di più, e senza sensibilità umana. Anche ora quando bacio mamma mia, lo fo con più affetto, perché sento di baciare Dio stesso.
(Padre Dolindo)

La carità ci unisca, il dolore ci affratelli, il desiderio del regno di Dio ci diriga ad un’unica meta, la pazienza ci congiunga alla croce di Gesù Cristo.
(Padre Dolindo)

Al mondo può sembrare un assurdo che dall’infamia, dalla calunnia e dal disprezzo possa venire ad un’anima la ricchezza, ma innanzi a Dio non è un assurdo, e chi passa per queste vie penosissime sa per propria esperienza quanta felicità dona all’anima il sentirsi staccata da tutto e unita a Dio solo nelle proprie angustie. Le creature sono per noi una pesante zavorra; la loro stima suscita in noi il fastidio dell’orgoglio e la preoccupazione del giudizio altrui, che è forse la peggiore delle schiavitù; la loro benevolenza è quasi sempre interessata, e finisce sempre o con i malintesi o con gli sfruttamenti; le loro espansioni di amore diventano essiccanti e possono facilmente deviare o nel peccato o nell’odio.
(Padre Dolindo)

Non abbiate timore, buona figlia, che se Gesù ha voluto affidare a me l’anima vostra, io non la potrò dimenticare per nulla; sono un ammasso di miserie, ma fortunatamente il bene all’anima vostra non dipende dalla mia miseria, ma dalla bontà infinita di Gesù! (…).
(Padre Dolindo)

Fraternamente CaterinaLD

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Un gregge è come una famiglia di cui il pastore si sente il capo, e perché le pecorelle lo riconoscono e ne ascoltano la voce, egli se ne sente quasi padre, e non esita ad affrontare dei gravi pericoli per difenderle, soprattutto contro le insidie dei lupi. Nelle solenni solitudini dei campi non c’è forse una scena più soave e commovente come quella di un gregge che pascola, e del pastore che lo vigila. Raccolte a gruppi, brucano le erbe, corrono di qua e di là, si riposano, e il loro belare è come un’armonia serena che si disperde lontano nelle ampie solitudini verdi e tranquille.
(Padre Dolindo)

Il mondo crede gioia il frastuono terreno dei divertimenti e li cerca avidamente. Non si accorge che le misere gioie terrene sono come fiamma che le consuma, lasciandovi solo cenere che si solleva nel soffio delle passioni ed acceca, che turbina nelle tempeste della vita e le toglie la pace. La perfetta gioia è nella pace, e la pace è fiore che sboccia nella libertà piena dello spirito.
(Padre Dolindo)

Giudicate e proponete come se non doveste morire, come se foste padroni della vita vostra. Eppure che è mai la vostra vita? Siete, infatti, come un vapore che si vede per poco e poi scompare; siete di passaggio su questa terra, non siete padroni della vostra vita, né potete fondarvi sulle vostre forze. Voi, invece, dovete dire, rimettendovi alla volontà di Dio e alle sue disposizioni: Se il Signore vorrà, allora vivremo e faremo questo e quest’altro.
(Padre Dolindo)

Anima mia, canta ogni giorno a Maria le lodi più belle, onora le sue gloriose virtù, celebra le sue feste. Contempla e ammira la sua grandezza, applaudisci a Lei, Madre felicissima e Vergine intatta. Onorala perché ti liberi dal peso dei peccati; chiamala perché non ti sommerga la tempesta delle passioni. Per Eva, l’uomo meritò una terribile sentenza di morte, per Maria ritrova la via che conduce alla Patria, e tu, anima mia, corri a Maria, perché questa dolcissima Mamma ti guidi alla salvezza eterna.
(Padre Dolindo)

Può succedere anche a noi che nel declinare degli anni i nostri passi spirituali si infermino, e stentiamo a camminare nelle vie di Dio. Allora più che mai confidiamo nel Signore, poiché la sfiducia e l'avvilimento l'offendono assai più del medesimo rilassamento spirituale. Diamoci a Dio, diamoci a Dio come siamo, con la ferma volontà di piacergli, diamoci a Lui per le mani di Maria Immacolata, e la nostra vittoria sarà piena sui nostri nemici e su noi stessi.
(Padre Dolindo)



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DON DOLINDO RUOTOLO: «LA MADONNA? È UN SUPERSUONO D'AMORE»

18/11/2020  

Il 19 novembre di 50 anni fa moriva il mistico di Napoli innamorato della Vergine. «Diceva che il Rosario è l’arpa dell’anima e ci insegnava a recitare tre Ave con le braccia aperte, “perché così la Mamma pensa al figlio in croce e ottiene per noi ogni grazia”», racconta la nipote Grazia autrice di un libro sul servo di Dio con il condirettore Luciano Regolo dal titolo "Gesù pensaci tu" (Edizioni Ares). «Maria gli parlava durante le Messa, cantava con lui e gli predisse l’elezione di Giovanni Paolo II 13 anni prima»


«Maria, mi basta nominarti per sentire il cuore sussultare e infiammarmi tutto», diceva nelle sue omelie. Ed era proprio così, se ne accorgevano tutti, diventava paonazzo. Il suo ultimo Natale, il 25 novembre 1969, il  servo di Dio don Dolindo Ruotolo, il “padre Pio di Napoli”, scomparso il 19 novembre di 50 anni fa, scrisse di suo pugno alle figlie spirituali: «Ho vegliato tutta la notte e con l’anima mi sono raccolto nella grotta di Betlem, dove ho contemplato la Madonna che mi è parsa trasumanata come un fascio di luce trasparente […]. Era come un cristallo tersissimo e splendeva il suo bellissimo volto. Maria era raccolta nell’immensità di Dio».

Questo è solo uno degli intensi passaggi mariani di Gesù pensaci tu, il libro scritto per le Edizioni Ares dal condirettore di Famiglia Cristiana e Maria con te, Luciano Regolo con la nipote del mistico, Grazia Ruotolo, di cui ha raccolto i ricordi vivissimi. Una testimonianza appassionata sulla vita, le opere e l’eredità spirituale di don Dolindo Ruotolo, da cui emerge un amore sconfinato per la Vergine Maria. Il titolo è tratto da un atto di abbandono composto dal sacerdote ispirato dal Cristo, oggi recitato in tutto il mondo.

«Era un innamorato della Madonna. Lui si riteneva “o vecchiariello ra Madonna”», ci racconta Grazia Ruotolo nella sua casa napoletana piena di scritti e oggetti dello zio. «Era la sua mamma. Affidava tutto a Lei e invitava noi a fare lo stesso perché, diceva, è “capace di sciogliere le nostre matasse”. Questo legame lo ha accompagnato da sempre, da quando la mamma scelse il suo nome, Dolindo, in onore della Madonna Addolorata. Era un amore puro e profondo quello di Dolindo per Maria che raggiunse la massima espressione quando decise di diventare sacerdote. Negli anni di seminario, dopo aver ripetuto tre volte la prima ginnasiale, si rivolse ad un’immagine della Madonna delle Grazie e implorandogli aiuto, scrisse: «O mia dolce Mamma, se mi vuoi sacerdote, dammi l’intelligenza, perché lo vedi che sono un cretino». Dopo aver composto la preghiera si assopì, l’immagine si mosse, gli toccò la fronte e si risvegliò con la mente pronta e lucida, al punto che discorreva di tutto, verseggiava, era un’altra persona che nell’arco della vita compose oltre diecimila scritti».

È un fiume in piena Grazia, nel tratteggiare il rapporto di don Dolindo con la Madre celeste. «Sull’altare di casa, quando non era più possibile per lui uscire per le cagionevoli condizioni di salute, mentre celebrava la Messa, si voltava verso la statua della Madonna che di tanto in tanto si animava e lui, assorto, dialogava con Lei. Poi si voltava verso di noi e diceva: “Quante anime la Madonna sta portando in paradiso. La Madonna in questo momento sta ottenendo un miracolo a Lourdes”. Poco dopo arrivava in casa una telefonata che confermava che realmente c’erano stati quei prodigi».

Tra gli aspetti più dolci che Grazia ci rivela ce n’è uno che ha a che fare con la musica. «Mio zio, che compose anche inni sacri, cantava con la Madonna. Quando si trovava in chiesa, si metteva all’organo e prima di iniziare a suonare, chiedeva a Gesù di ispirarlo. E la Vergine Maria cantava con lui. Noi sentivamo seduti tra i banchi questa melodia, la voce di don Dolindo insieme con un’altra voce meravigliosa, divina. Quando ci avvicinavamo per capire con chi cantava, ci accorgevamo che era solo. Gli chiedemmo di chi fosse quella voce che avevamo sentito con la sua e lui candidamente rispondeva: “Ho invitato la Madonna a cantare con me”…».

Per toccare realmente i cuori, salvare le anime dall’«agghiacciamento» perenne, spiegava don Dolindo, non v’è modo migliore che portare loro la parola di Dio; quindi, viverla e farla vivere prendendo a esempio Maria, che aveva partorito il Verbo fatto carne e lo aveva offerto all’umanità, per poi farsi sua prima discepola, mettendo in pratica le Scritture nel quotidiano. «Lo zio», continua Grazia, «non ha mai dissociato la Vergine Santissima dalla Bibbia, dal momento che la parola eterna si era incarnata in lei. Fu per questo che, tra il 1940 e il 1943, volle che fosse eseguito un dipinto della Madonna della Scrittura, realizzata dietro sua diretta “ispirazione”, da un sacerdote di nome Antonio Greppi». 

Per amore alla Vergine Maria, don Dolindo fu capace di amare tutti i sacerdoti e la Chiesa anche quando fu sospeso a divinis e privato dell’esercizio del sacerdozio per ben diciannove anni, sulla base di accuse di comportamenti eretici e dogmatizzanti, di cui poi fu accertata l’infondatezza. 

«Non ha mai risposte a calunnie e bugie», confida Grazia, «piegava sempre la testa, perché credeva che dietro ad ogni cosa che ci accade ci fosse Dio e la sua volontà. Per amore infinito alla Mamma celeste fu capace di giustificare la Chiesa che lo aveva condannato. Quando noi provavamo ad aizzarlo, elencando i soprusi subiti, lui, nonostante l’artrosi, tirava su il busto e guardandoci dritto negli occhi rispondeva che la Chiesa è santa e immacolata, indefettibile, a immagine e somiglianza di Maria. Lo stesso faceva quando si parlava dei sacerdoti e delle loro condotte più o meno sante»».

Don Dolindo fu anche esorcista. E, ad aiutarlo, anche nella battaglia contro il maligno, racconta Grazia, c’era la Mamma celeste. «La Madonna è stata la difesa di Dolindo, la sua compagnia nella lotta contro il demonio. Questo è ampiamente documentato nei diecimila scritti che ha lasciato don Dolindo. Scritti che componeva di getto perché quando prendeva penna e calamaio stava in ginocchio con Maria e Gesù seduti al suo fianco. Una volta raccontò che, mentre scriveva il trattato di mariologia, il diavolo gliele aveva date di santa ragione, dicendo che non doveva più scrivere. Non voleva che si parlasse della Madonna. Ma dopo il brutto assalto, proprio Maria andò a consolarlo».

Questa e altre sue esperienze “misteriose” lo avvicinano molto ad altri mistici contemporanei, come San Pio da Pietrelcina o Natuzza Evolo, così pure alcuni doni particolari testimoniati dai suoi figli spirituali. Tra questi la profezia. Un caso clamoroso d’impronta mariana ha che a fare con San Giovanni Paolo II.

«Nel 1965 don Dolindo doveva incontrare un diplomatico polacco, conte Vitold Laskowski. Non riuscendo, gli inviò una immaginetta con l’effigie di «Maria Regina Gloriosissima», vergandovi dietro, com’era solito fare con i destinatari, le parole che la Vergine gli suggeriva.  Scrisse: “Maria all’anima. Il mondo va verso la rovina, ma la Polonia, come ai tempi di (Giovanni, ndr) Sobieski, per la devozione, sarà oggi come i 20 mila che salvarono l’Europa e il mondo dalla tirannia turca (sotto le mura di Vienna nel 1683, ndr) Ora la Polonia libererà il mondo dalla più tremenda tirannia comunista. Sorge un nuovo Giovanni, che con marcia eroica spezzerà le catene, oltre i confini imposti dalla tirannide comunista. Ricordalo. Benedico la Polonia. ti benedico».

Sembra proprio alludere a Giovanni Paolo II, ben 13 anni prima della sua elezione, e all’effetto che avrebbe avuto nel crollo del Muro di Berlino, Don Dolindo non aveva l’indirizzo del conte e gli spedì l’immaginetta a Roma, presso il vescovo slovacco Pavol Hnilica (1921-2006), sapendo che Laskowski collaborava con lui. Il conte tuttavia decise di lasciarla al vescovo, che nel 1984 verrà incaricato da papa Wojtyla di recarsi segretamente in Russia per consacrarla al Cuore Immacolato di Maria. L’immagine di Maria  Regina Gloriosissima con le parole da lei dettate a don Dolindo, per disegni misteriosi, era finita proprio nelle mani dell’uomo che, come aveva chiesto la Vergine a Fatima, consacrava l’Unione Sovietica al suo Cuore, chiedendone la liberazione dalla dittatura comunista. Giovanni Paolo II, grazie a Hlnica, venne a conoscenza della profezia di don Dolindo. Si commosse moltissimo, ma non tenne per sé l’immaginetta. Si fece una fotocopia e disse di inviare l’originale a Napoli, perché avrebbe avuto rilievo nel processo di beatificazione».

Anche in questa vicenda lascia esterrefatti la presenza celata e silenziosa di Maria. Don Dolindo è rapito dal suo cuore pieno di misericordia e dalla sua umiltà, «il supersuono della grandezza di Dio», un «supersuono d’amore». Una definizione che Gesù aveva suggerito al suo cuore durante un’altra omelia e che a lui piaceva molto perché, spiegava, Maria agisce in modo impercettibile ma potente, come le onde degli ultrasuoni: attira tutti a sé rimanendo dietro le quinte, ascolta le preghiere più profonde del cuore. Per questa ragione cardine della sua devozione mariana, era la preghiera del Santo Rosario.

«Per don Dolindo il Rosario era tutto», conferma Grazia, «l’arpa dell’anima la chiamava, convinto che fosse la catena che lo legava a Dio. I suoi misteri preferiti erano i dolorosi. Ovunque recitava il Rosario insieme con l’angelo custode per meditare meglio, per non distrarsi. Un’altra pratica tanto cara a mio zio era la preghiera delle tre ave Maria, per invocare la potenza di Dio, la sapienza del Figlio e l’amore dello Spirito Santo e chiedere delle grazie. Raccomandava di recitarle con le braccia aperte, come Gesù sulla croce. Diceva: “La Madonna si ricorda di quello che il Figlio ha sofferto in croce e ti aiuta”. E ripeteva spesso: “Con le Ave Maria si inizia per chiedere e si finisce per ringraziare”…».

https://www.famigliacristiana.it/articolo/don-dolindo-ruotolo-la-madonna-e-un-supersuono-d-amore.aspx 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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