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L'IMMACOLATA NEL MAGISTERO DELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 25/08/2012 00:00
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L'Immacolata nella Catechesi di Benedetto XVI e del Magistero Ecclesiale

La mariologia di Benedetto XVI – 19

di BRUNO SIMONETTO


L’esenzione di Maria
dal peccato di Adamo –
Nel dogma dell’Immacolata Concezione Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa, secondo un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente.

C
ontinuando a rivisitare l’esposizione che nel libro La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979, 20064; originale tedesco Die Tochter Zion, Johannes Verlag, Einsiedeln 1977) il futuro Papa Benedetto XVI fa dei dogmi mariani, esaminiamo questa volta il dogma dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo.
Va peraltro posta una premessa, chiarendo che la trattazione dell’argomento del dogma dell’Immacolata da parte del cardinale Joseph Ratzinger è piuttosto una difesa del suo fondamento teologico-biblico che un’esposizione del dogma stesso, del quale del resto già abbiamo scritto nel numero di Madre di Dio dello scorso giugno 2006, citando la risposta dell’illustre teologo alla domanda del giornalista tedesco Peter Seewald che gli chiedeva «cosa si può dire del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria?» (cfr. Dio e il mondo, San Paolo, 2001, pp. 276-277, originale tedesco Gott und die Welt).

Spiegando la dottrina della Chiesa sul dogma dell’Immacolato Concepimento della Vergine Maria, legato al tema del peccato originale, Joseph Ratzinger diceva: «Lo sfondo di questo dogma è costituito dalla dottrina del peccato originale, secondo cui ogni uomo ha alle spalle un contesto di peccato (che abbiamo chiamato "distorsione relazionale") ed è quindi affetto fin dall’inizio da una distorsione nel suo rapporto con Dio. Gradualmente nel cristianesimo si è affermata la convinzione per cui colei che, fin dall’inizio, è destinata ad essere la "porta di Dio", che è stata consacrata a lui in maniera tanto particolare, non fosse riconducibile a questo contesto.


L’Immacolata Concezione, olio su tela di Martino Altomonte, 1719, Lubiana, Galleria nazionale della Slovenia.

«Nel Medio Evo è sorta a questo proposito una forte controversia. Da una parte stavano i Domenicani che affermavano che Maria è una persona come le altre, e che quindi è intaccata dal peccato originale. Dall’altra parte stavano i Francescani che sostenevano la posizione opposta. Nel corso di questa lunga disputa si è lentamente formata la convinzione che l’appartenenza di Maria a Cristo prevalesse sull’appartenenza ad Adamo e che inoltre la sua consacrazione a Cristo fin dalla notte dei tempi (perché Dio precede ognuno di noi, e i pensieri di Dio ci plasmano fin dall’inizio) fosse l’elemento caratterizzante della sua esistenza.

«Maria non è concepibile all’interno del contesto creato dal peccato originale perché con lei ha inizio una nuova storia: la sua relazione con Dio non è distorta, fin dall’inizio gode dello sguardo benevolo di Dio che "ha guardato l’umiltà della sua serva" (Magnificat) e le ha consentito di sollevare a sua volta lo sguardo fino a lui.

«Non solo; ma la sua appartenenza a Cristo, così specifica, comporta anche la grazia di cui è ricolma. Le parole dell’angelo: "piena di grazia", che inizialmente ci sembrano così semplici, possono essere interpretate fino ad abbracciare l’intero arco temporale della sua esistenza. E, in ultima analisi, non esprimono un privilegio riservato a Maria, ma una speranza che ci riguarda tutti» (Dio e il mondo, pp. 276-277).

Risposta a due obiezioni al dogma dell’Immacolata Concezione

Nel capitolo "L’esenzione dal peccato di Adamo" (La figlia di Sion, pp. 59ss.) il teologo-mariologo Ratzinger intende piuttosto rispondere alle due obiezioni che si muovono al dogma dell’Immacolata:
1 «La prima dice: la preservazione dal peccato originale (se c’è) è un fatto. Non si possono però desumere dei fatti mediante speculazioni; li si può conoscere solamente per comunicazione (rivelazione). Ma non esiste una simile comunicazione relativa a Maria, poiché in tutto il primo millennio non se ne sa nulla. Di conseguenza, la dottrina che ciò nonostante viene proposta può essere solamente un eccesso della speculazione».


Edicola sacra raffigurante l’Immacolata Concezione, in via dei Cappellari a Roma.
2 «L’altra obiezione sostiene che con una siffatta affermazione verrebbe negata l’universalità della grazia. La disputa della teologia medioevale si muove attorno a questo problema; la teologia della Riforma le ha conferito una forma ancora più fondamentale, quando ha determinato l’essenza della grazia come giustificazione del peccatore. Può bastare, in questa sede, rimandare al rappresentante sicuramente più impressionante della fede dei riformatori, Karl Barth, il quale – in una teologia che vorrebbe attribuire a Maria una certa qual autonomia nella storia della salvezza – vede il tentativo di "illustrare e fondare solo in un secondo momento, a partire dall’uomo, dalla sua recettività" il prodigio della rivelazione» (cfr. K. Barth, Kirchliche Dogmatik, I/2, p. 158s., nota).

Perciò, per Barth «l’accettazione di Maria può significare solamente che per lei, "malgrado i peccati dei quali […] è colpevole, viene accettata come colei che concepisce il Dio eterno" (cfr. Kirchliche Dogmatik, I/2, p. 214). Barth si trova qui sulla linea di Lutero della rigida contrapposizione tra legge e vangelo: tra Dio e l’uomo non vi è alcuna corrispondenza (analogia), ma solamente opposizione (dialettica). Là dove l’agire di Dio viene presentato sulla base della corrispondenza, sembra che sia negata la grazia pura, la giustificazione senza meriti».

Ratzinger si chiede poi se tutto questo sia giusto; e per rispondere alle argomentazioni di Barth si rifà al domenicano B. Langenmeyer il quale, «facendo riferimento al Concilio Vaticano II, ha di nuovo sottolineato con decisione la tipologia (si potrebbe tradurre: la dottrina della corrispondenza) che congiunge Antico e Nuovo Testamento nell’unità interiore di promessa e di compimento» (cfr. B. Langenmeyer, "Konziliare Mariologie und biblische Typologie…" in Catholica 2 1 , 1967, 295-316).
L’argomentazione che Ratzinger riprende da Langenmeyer e sviluppa è la seguente: «La tipologia, in quanto forma di interpretazione, comprende analogia, somiglianza nella dissomiglianza, unità nella separazione. Ora, già le considerazioni che abbiamo svolto sino a questo punto si sono basate su questa visione, sull’affermazione della profonda unità esistente tra i due Testamenti. Esse si rendono chiare ora nel riferimento al fatto concreto. Così – continua Ratzinger – per il nostro problema Langenmeyer fa presente che alla severa predicazione dei profeti (nella quale vi è il momento della discontinuità) appartiene sostanzialmente anche il riferimento al resto santo di Israele, quel resto che sarà salvato: un pensiero questo che Paolo riprende esplicitamente in Rm 11, 6, vedendolo adempiuto nell’Israele cristiano. Resto santo; ciò vuol dire che la continuità non sta solamente nella volontà divina, mentre nella storia vi sarebbero solamente rottura ed opposizione, ma che vi è continuità anche dentro la storia: la Parola di Dio non resta parola vuota».


La festa dell’Immacolata a Roma: un vigile del fuoco pone una corona di fiori come omaggio
alla statua della Madonna in piazza di Spagna (dicembre 2006).

Maria, "risposta" alla Parola di Dio

Nel seguito della pagina riportata da La figlia di Sion vengono citati, in sequenza, tre passi dall’articolo di Langenmeyer:

a) «Il parlare di un resto che ha resistito, di una "radice santa", sarebbe assurdo se l’antica alleanza avesse condotto solamente alla caduta e al peccato. Allora ci sarebbe solamente un inizio nuovo» (p. 304).

b) «L’agire di Dio non cade solo verticalmente sulla storia già trasformatasi per il suo stesso agire. La fede non cade dal cielo. Essa viene accolta, in incontro orizzontale-storico, come sgorgante dalla testimonianza di fede» (p. 313).

c) «In Maria, la discendenza fisica del popolo eletto è arrivata completamente a termine insieme alla fede nella promessa fatta a questo popolo. E con questo – non per opera umana, ma per la grazia dell’alleanza che governa la storia – si è realizzato alla fine anche quel senso di salvezza che doveva spettare, secondo il piano salvifico di Dio, all’antica alleanza: accogliere, cioè, fisicamente e spiritualmente quel regno escatologico di Dio che Dio voleva far giungere, per mezzo di Israele, a tutti i popoli della terra» (p. 314, cfr. La figlia di Sion, p. 61-62).
Tali argomentazioni vengono quindi "magistralmente" applicate al dogma dell’Immacolata Concezione di Maria.

«Resto santo, in quanto espressione strutturale – ripete Ratzinger – significa che la Parola di Dio porta realmente frutto, che Dio non è l’unico attore della storia, la quale sarebbe così solo un monologo di Dio, ma significa che egli trova una risposta che è veramente risposta. Maria, come resto santo, esprime il fatto che in lei antica e nuova alleanza sono realmente una sola cosa. Ella è interamente giudea, interamente figlia d’Israele, dell’antica alleanza; e, proprio per questo, figlia dell’alleanza in generale, interamente cristiana: madre della Parola. Perciò, per il fatto che ella è la nuova alleanza nell’antica alleanza; anzi, come antica alleanza, come Israele, non c’è alcuna comprensione della sua persona e della sua missione là dove si spezzano Antico e Nuovo Testamento».


Immacolata Concezione, olio su tavola di ignoto ligure, XVI secolo, conservato nella Pinacoteca civica di Savona.

Poiché Maria «è interamente risposta, corrispondenza, non vi è nessuna possibilità di comprenderla là dove la grazia può esser vista solamente come opposizione; vale a dire: là dove una risposta, una reale risposta della creatura, appare come negazione della grazia. Infatti, una parola che non arriva mai, una grazia che resta solamente nel progetto di Dio e non si fa risposta ad esso, non sarebbe grazia, ma vuoto gioco.
«Ciò che, a partire da Eva, viene descritto come la natura della donna: il fatto di essere "persona di fronte" che è tutta nel "derivare dall’altro" e che è, tuttavia, "la persona che questi ha di fronte", ottiene qui il suo significato più alto: pura derivazione da Dio e, al tempo stesso, il più concreto essere di fronte nell’essere proprio della creatura che è diventata risposta» (p. 63).

Si comprende bene da quest’analisi (che completeremo in una seconda puntata, nel numero di aprile) che a papa Benedetto XVI interessa particolarmente mettere in evidenza il fatto che «il dogma dell’Immacolata applica a Maria le affermazioni che appartengono anzitutto all’antitetica vecchio-nuovo Israele e se esse sono, in questo senso, un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente, ciò significa di conseguenza che Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa» (La figlia di Sion, p. 65).
Bruno Simonetto

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Il culto mariano: venti secoli di storia
La più vicina a Dio la più vicina agli uomini


Sylvie Barnay

Per noi è la Madre di Dio. I secoli la salutano come la Regina dei cieli. I Vangeli la chiamano Maria. Nel medioevo era Nostra Signora, nei tempi moderni Madonna, Immacolata nelle epoche contemporanee. La Regina del Cielo attraversa il tempo mediante gli sguardi che le conferiscono un volto d'eternità per contemplarla. Un percorso che racconta come la donna della storia è divenuta la Vergine Maria della fede cristiana.

Donna dei Vangeli

Il personaggio storico abita la Galilea del primo secolo. Miriam è una giovane ragazza ebrea come tante altre. Le prime fonti a menzionarla sono i racconti scritti degli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Si dice poco di lei. Una mattina di visione, secondo Luca, l'angelo è entrato nella sua vita per annunciarle che, vergine, avrebbe partorito un figlio di nome Gesù. La vergine partorisce: è un paradosso che lascia trasparire il mistero di Dio che si fa uomo, altro paradosso. Con l'incarnazione inizia la storia del cristianesimo alla cui origine si situa Maria. Gli evangelisti in lei vedono in effetti colei che ha dato alla luce il Gesù della storia riconosciuto come "Cristo" - parola greca che traduce il termine ebraico "messia" - dai primi cristiani.
La figura del messia è al centro della religione ebraica. Profeti e oracoli non cessano di annunciare la venuta di un figlio discendente dalla stirpe di re Davide, portatore di salvezza e di pace. Questa speranza si è riaccesa in seno ai movimenti messianici protestatari che pervadono la società ebraica da quando la Palestina è passata sotto l'occupazione romana nel 63 avanti Cristo.
Per dimostrare la messianicità del figlio che Maria ha appena dato alla luce, verso il 6 prima dell'era cristiana gli evangelisti narrano il concepimento miracoloso. Nella Bibbia il parto di donne sterili testimonia il rinnovamento della promessa divina fatta ad Abramo di una discendenza numerosa, segno dell'alleanza fra Dio e l'uomo. Il parto della donna Vergine diviene allora il segno di una nuova alleanza che cercano di manifestare coloro che ne sono testimoni.

La Theotòkos dei concili

La storia della Vergine, iniziata con la narrazione dell'annunciazione, è una storia della lettura infinita del mistero centrale del cristianesimo che la rende Vergine Maria. "Sposa non sposata", "toccata senza essere toccata", continuano a tradurre e ritradurre con afflato poetico nel corso dei secoli inni e omelie. Lo scarto che il tempo crea fra questa Rivelazione e la sua interpretazione costruisce a poco a poco una teologia della figura mariana, ossia un modo di dare una comprensione umana al suo volto reso divino poiché abitato da Dio.
I vangeli che fanno seguito ai Vangeli senza essere una Rivelazione, ma già la loro rilettura, danno avvio alla storia del culto mariano propriamente detto. A partire dal II secolo, questi scritti chiamati apocrifi donano alla Vergine la nascita, la vita e poi la morte di cui gli Evangelisti non hanno parlato. Anna la sterile, sua madre, incontra Gioacchino, suo padre. Gli angeli la nutrono nella sua culla. Bambina di tre anni, danza sugli scalini del tempio. Poi dà alla luce il bambino Gesù in una grotta. Gli apostoli circondano il suo letto di morte mentre dodici nubi portano in cielo l'anima e il corpo di colei che, nei testi, non è più l'anonima Maria di Nazaret ma la Madre di Dio.
A Efeso il 22 giugno 431 i vescovi riuniti in concilio professano la loro adesione alla definizione di Maria come Madre di Dio, Theotòkos, alla lettera "genitrice di Dio".
"Dio ha una madre?" si chiedono i Padri della Chiesa nelle controversie. Il secolo precedente ha visto nascere il conflitto dei credi fra cristiani e pagani circa il concepimento verginale di Gesù. È stato necessario distinguere il Figlio di Dio dagli uomini divinizzati o dai semidei nati dall'amore fra un dio e una mortale. Pullulano le eresie che cercano ancora di negare la duplice natura di Cristo, al contempo umana e divina, per farne sia un Dio senza corpo, sia un corpo senza Dio, in breve, un fantasma o un superuomo.
Il dogma della maternità divina risalta, donando a Dio una madre, la cui affermazione ha forza di Rivelazione, nel senso stesso del termine dogmatico. La sua formulazione contribuisce a favorire l'avvio di un culto universale alla Vergine verso la seconda metà del V secolo. Questo si fonda sui modi tradizionali di diffusione del culto imperiale. Così feste, inni, epiteti, monete, immagini contribuiscono a universalizzare progressivamente la figura di Maria. Nel VI e VII secolo, la venerazione del suo volto si diffonde in tutto l'Impero d'Oriente e poi in modo molto progressivo in quello d'Occidente, non senza provocare a volte una certa confusione con il culto reso alle divinità madri.
I suoi santuari accolgono folle sempre più numerose venute a implorare soccorso e rimedio. La fiducia nei suoi miracoli e nelle sue apparizioni testimonia che è proclamata santa, lei, la benedetta fra le donne che bacia con le labbra "colui il cui braciere fa indietreggiare gli angeli di fuoco". Sulle icone, immagini visibili dell'invisibile, il bambino la tocca con la sua divinità, lei lo tocca con la sua umanità.

Imperatrice della terra

Imperatrice, Maria regna a Bisanzio. Sovrana, è progressivamente subordinata all'esercizio del potere a Roma. Fra il Seicento e il Settecento, le feste della Vergine conquistano l'insieme ancora poco cristianizzato del mondo latino. Quando la dinastia dei carolingi arriva al potere nel 751, le sue immagini sono messe al servizio dell'ideologia della sovranità che è definita come una regalità sacra.
Mentre diviene Regina della terra, Maria è proclamata Regina dei cieli. Gli angeli gioiscono nel cielo, come dicono gli inni che proclamano il suo concepimento immacolato, avvenuto prima della creazione dell'aurora. È un altro paradosso per indicare l'inaudito mistero cristiano che si enuncia solo sotto forma di paradosso.
La rilettura ininterrotta dei Vangeli conduce ancora all'approfondimento del paragone fra la Vergine e la Chiesa. Questo parallelismo ha la sua origine nel paragone delle maternità di entrambe: Maria è la madre di Cristo, la Chiesa è la madre dei cristiani. È l'origine del progresso dottrinale che porta ad affermare la maternità spirituale della Vergine: Maria è la madre dei cristiani.
Definita giustamente come mediatrice fra il cielo e la terra verso la metà del nono secolo, la Vergine può ormai inclinare il proprio volto verso gli uomini dell'alto medioevo che l'invocano come Madre. Fra Dio e gli uomini, ella tesse il legame che permette il loro incontro. È il ponte fra l'universo umano e l'universo divino. Così, alla soglia dell'anno mille, la cristianità nel suo insieme si volge a poco a poco verso la Sovrana. Mentre le strutture politiche crollano in Occidente e si consolidano in Oriente, la Madre di Dio è sul punto di imporsi come un'importante figura di potere da una parte e dall'altra del Mediterraneo.

Vergine in maestà

Gli sguardi latini dell'inizio dell'XI secolo contemplano ora Maria sul suo trono di legno scolpito. Vergine in maestà, è discesa dal cielo per colmare il vuoto della regalità il cui esercizio si diluisce in quello della feudalità. Le nuove strutture di potere, fra le quali l'ordine monastico di Cluny, ricorrono a questa nuova immagine per consolidare la propria sovranità.
Appare allora la Dama delle dame incaricata di eliminare qualsiasi disordine provocato dai laici desiderosi di appropriarsi, ad esempio, delle terre cluniacensi. Forte della sua inviolabilità, ella regna interamente sui monasteri presentati come terre "vergini", liberate dal peccato e popolate da uomini spirituali, i monaci, che s'immaginano simili agli angeli per guidare gli altri, gli uomini carnali, verso la salvezza.
La Purissima è ormai in grado di imporre la sua autorità di Chiesa ai paganesimi che la Riforma gregoriana si è incaricata in parte di sradicare. Con il bambino Gesù sulle ginocchia, presenta un Dio incarnato agli uomini che continuano a interrogarsi sul senso del mistero cristiano al punto da metterlo in discussione. "Perché Dio si è fatto uomo?", riassume sant'Anselmo, che risponde tramite Maria. Per andare a venerare il bambino Gesù, il popolo cristiano si mette in cammino verso i santuari mariani come i re Magi, peregrinando verso la Gerusalemme celeste, meta e fine del suo esilio sulla terra.
I pellegrinaggi alla Vergine vivono nel 1100 l'inizio del loro sviluppo. Hanno luogo principalmente nel centro e nel nord dell'Europa. A Laon, a Soissons, a Chartres, sono in migliaia a voler andare a toccare le reliquie di Maria: chi la sua bianca camicia, chi il suo calzare, il suo latte o i suoi capelli, ultime tracce della sua presenza corporea.
La fede nell'Assunzione che si fissa nelle menti del XII secolo situa, in effetti, in cielo il corpo incorruttibile di Maria, elevata con la sua anima nella luce di Dio. A Puy i pellegrini s'inginocchiano dinanzi alla Vergine nera, il cui colore testimonia il mistero dell'Annunciazione descritto dai teologi come il passaggio di Maria dalla tinta bianca alla tinta nera. Le narrazioni dei miracoli della Vergine, scritte spesso da monaci o da canonici, cercano di far nascere in ognuno la speranza di una guarigione, assicurando al contempo il sostegno ai pellegrinaggi.
Riunite presto in collezioni, queste narrazioni raccontano degli innumerevoli favori della Madre di Dio. Qui ha reso la vista a un pellegrino. Lì ha permesso a un paralitico di camminare. Altrove ha cacciato i demoni da un posseduto. I miracolati del medioevo sembrano usciti direttamente dai Vangeli. Vivono la stessa parte di sofferenze e di malattie attinte da una storia comune, che è quella dell'umanità sottratta, dopo la caduta, all'ordine stabilito dal Dio nella Genesi.
Le raccolte di miracoli raccontano il suo vagabondare sempre ricominciato. È, ad esempio, la storia di Teofilo che ha venduto la sua anima al diavolo o ancora quella del chierico dalla gamba tagliata, quella della donna incinta caduta negli abissi della perdizione o ancora quella della giovane madre disperata dinanzi al figlio che sta morendo. Nostra Signora interviene, opera il miracolo donando una soluzione divina a una situazione umana senza uscita. Mostra così a ognuno il volto della sua grazia, lei che è "piena di grazia". È per questo che trabocca di grazia.
San Bernardo utilizza l'immagine dell'acquedotto per indicare quel flusso d'amore divino che scorre verso ogni uomo che leva la sua preghiera a Maria. Tutte queste narrazioni di miracoli traducono la credenza nell'intercessione della Vergine: ella ascolta le implorazioni degli uomini, poi le presenta a suo Figlio affinché tutti siano salvati. Il catechismo essenziale del XII secolo è allora quello dell'Ave Maria, preghiera che unisce il saluto dell'angelo a Maria e il saluto di Maria a Elisabetta.

Nostra Signora delle cattedrali

Mentre ristabilisce la società medievale in una beata felicità simile a quella che regnava prima della caduta nel giardino dell'Eden, la Vergine in maestà troneggia sulle porte delle cattedrali. Diviene un'immagine monumentale.
A partire dalla fine del XII secolo, si assiste al suo coronamento accanto a Cristo, al contempo giudice e re. È l'Avvocatessa dei peccatori e la Regina delle regine. Trionfante, Maria è vestita con un mantello che le sue mani di bellezza dischiudono per accogliere la cristianità sulle soglie delle chiese che rappresentano la porta del paradiso. I cronisti identificano ora la Gloriosa con la Donna dell'Apocalisse vestita di sole e coronata di stelle. Sottolineano il suo ruolo nella storia della fine dei tempi. Il suo grembo di madre si arrotonda conformemente alle nuove maternità definite come spirituali.
Verso il 1200 l'ordine cistercense la proclama fondatrice e madre dei monaci. Sull'esempio di san Bernardo, "neonato di Nostra Signora" a detta del suo agiografo Pierre de Celle, i novizi sono presentati come fratelli di latte del Bambino Gesù. Essi bevono il latte spirituale che scorre dal seno che nutre della madre di Dio. Sull'esempio dell'ordine cistercense, i nuovi ordini religiosi di san Francesco e di san Domenico rivendicano il suo patronato. L'iconografia li mostrerà rannicchiati sotto le pieghe del grande mantello della Madre della misericordia.
La figura mariana da quel momento dispiega tutta la sua magnificenza. Il corpo di Maria si ritrova in effetti posto al centro di una teologia centrale. Ha dato vita al corpo di Cristo che è al contempo corpo di carne, corpo dell'Eucaristia e corpo della Chiesa, ossia di tutti i battezzati. Per questo l'immagine mariana è anche metafora usata per designare la cristianità stessa che è la Chiesa. Ognuno dei membri o delle corporazioni che la costituiscono - dal popolo al Papa - vede dunque in Maria la sua più eminente figurazione.
All'indomani del Concilio Lateranense (1251), la Vergine, modello di obbedienza al Padre, si vede dunque proposta come modello di normalizzazione della Chiesa. Spetta a lei dare l'esempio agli ordini religiosi, guidare le anime alla scoperta del mistero di Dio, invitare i fedeli a divenire cristiani esemplari, in breve, far rispettare il programma conciliare di sradicamento dell'eresia catara, di inquadramento del credo dei laici e di costruzione dell'unità della cristianità.
La Regina si presenta allora anche come la serva di questo piano. La figura della "serva" dei Vangeli è messa in evidenza nelle riletture del testo sacro. È così che compaiono, verso la metà del XIII secolo, i primi servi e serve di Maria, siano essi clerici o laici, ad esempio l'ordine dei serviti di Maria. Maria è per loro una Madre di tenerezza che s'inginocchia e che sorride. I suoi "figli" e le sue "figlie" trovano in lei una santità imitabile. L'imitazione della Vergine schiude nuovi cammini spirituali alle donne mistiche dell'inizio del XIV secolo che si scoprono incinte dello Spirito Santo, partoriscono il bambino Gesù nella loro anima e cuciono per lui, come madri premurose, una piccola tunica d'Ave Maria.
Nel suo Dialogo, Caterina da Siena invita ogni viaggiatore in cammino lungo il sentiero di Maria a divenire madre del Signore. La devozione mariana fa parte di questo processo d'incorporazione destinato a integrare ogni corpo individuale o collettivo nel corpo della Chiesa, grande corpo mariano dall'abito splendente con sfumature blu. Dalle Fiandre all'Italia, uno stesso movimento annovera confraternite, terzi ordini, città, università. Così quando la tunica si lacera, è la cristianità a perdere la sua unità.
All'indomani del grande scisma (1378), il Figlio martirizzato disceso dalla Croce succede al Bambino Gesù sulle ginocchia della Madre. Le Pietà mostrano la Vergine addolorata dinanzi a tutti i mali del tempo mentre lo Stabat Mater e lamenti si levano dai cuori trafitti. Le sofferenze sostituiscono le gioie nelle litanie e i teologi commentano la comunicazione della Passione fra la Vergine e suo Figlio.
In Maria, chiave di volta della Cristianità, la fine del medioevo cerca di trovare il suo ultimo sussulto di comunione. Si ricorre ai suoi miracoli e alle sue apparizioni, in particolare nelle controversie circa la sua Concezione Immacolata che minacciano più che mai l'unità della Chiesa. Il suo volto senza macchia irradia la sua bellezza pura sui quadri che presentano un giardino mariano, promessa di paradiso offerta a tutti gli inferni vissuti.

Madonna dei tempi moderni

La Vergine dei tempi moderni è anche la Madonna della riconquista cattolica. Poiché la Riforma sospetta la devozione a Maria d'idolatria, le conferisce un posto strettamente evangelico. La predicazione protestante magnifica la figura della Serva per farne un modello di fede e non di rimedio. La Vergine non salva. L'iconoclasma che accompagna le guerre di religione porta dunque via con sé le statue e i miracoli. La Riforma cattolica le conferisce una visibilità tanto più grande in quanto reazione.
Dopo il Concilio di Trento (1545-1563), la Vergine assume il volto della donna forte dell'Antico Testamento. Come la Nike antica, si adorna di alloro per mostrare i colori del cattolicesimo trionfante. Le chiese della Vergine delle Vittorie e la Vergine del Lauro/Loreto si diffondono in tutta l'Europa cattolica. Così le monarchie cattoliche del XVII secolo ricorrono a loro volta alla sua figura vittoriosa per costruire o consolidare il proprio potere.
L'Immacolata legittima i tentativi di restaurazione monarchica degli Stati iberici. La Vergine addolorata accoglie il voto di Luigi XIII che pone la Francia sotto la sua protezione. Il suo volto di "vergine" serve in quel momento i disegni missionari volti a evangelizzare il nuovo mondo, vasto terreno vergine di cristianesimo. L'immagine della Vergine di Guadalupe, ad esempio, trova posto persino nei più umili oratori messicani attorno ai quali si cementano l'unità e la comune identità di questa nuova cristianità. È nelle immagini mariane che i sacerdoti di Maria trovano gli strumenti dell'evangelizzazione profonda delle campagne europee nel XVIII secolo. Si chiamano Pierre de Bérulle, Jean Eudes, Louis-Marie Grignion de Montfort. Il voto a Maria, l'imitazione delle sue virtù, la santa schiavitù mariana costituiscono allora le forme di devozione più diffuse. La sua statua ha il rosario in mano - tutta la sua vita riassunta nei suoi misteri gioiosi, dolorosi, gloriosi meditata dai devoti - e mostra il suo cuore unito al cuore di Cristo.
Tuttavia il secolo dei Lumi, la cui ragione non è più contemplativa, mette nuovamente in discussione il significato dell'incarnazione. La Rivoluzione del 1789 manda la Madre di Dio in esilio. La dea Ragione troneggia sull'altare a Nôtre-Dame di Parigi.

"Una dama vestita di bianco"

È sotto forma di una statua dai colori bianco e blu che la Vergine rifà la sua apparizione in un XIX secolo pervaso dai sincretismi religiosi. Le immagini dei testi di catechismo di via Saint-Sulpice a Parigi conferiscono a Maria il volto della donna-fiore dei romantici. Le immagini pie profumano di rosa e di violetta. I "figli di Maria" e le giovani donne vanno in processione vestiti di bianco e blu. Le loro madri coraggio si riconoscono nei tratti della Madre di questa Santa Famiglia esemplare che il nuovo cattolicesimo sociale cerca di diffondere.
Nostra Signora di Grazia, di Carità, di Pietà, o del Buon Soccorso sostiene la maggioranza silenziosa delle masse operose e lavoratrici al tempo dello sviluppo dei socialismi. Gli anni 1830-1840 vedono la ripresa dei pellegrinaggi mariani, il ripristino delle feste patronali, la riscoperta di statue miracolose portate solennemente sugli altari. Nel 1858 le apparizioni di Maria - più visibile che mai - fanno accorrere a Lourdes folle oranti. Quattro anni prima, nel 1854, Papa Pio IX proclama l'Immacolata Concezione di Maria, concepita senza il peccato originale che macchia l'intera umanità. Dopo il 1870, di fronte alle dottrine liberali e anticlericali, è di nuovo la Donna forte, questa volta vestita con l'abito dell'Apocalisse, ad essere invocata. Ella domina dai suoi 5, 10 o 20 metri di altezza le rocche e i campanili di Francia. A Puy, ad esempio, la sua statua imponente schiaccia un serpente che ha il nome di tutti gli universalismi laici e repubblicani.
All'indomani della prima guerra mondiale, la Dama del cielo entra nel discorso di un cattolicesimo radicale e intransigente dove primeggiano autorità e antimodernismo. Le riletture apocalittiche delle apparizioni di Fátima alimentano, ad esempio, tutta una propaganda anticomunista. È la Vergine di questo cattolicesimo reazionario a dominare la prima metà del XX secolo. Questa sfuma dopo il 1945 per far posto a nuovi tentativi di costruzione della figura mariana fra tradizione e modernità.
La definizione dogmatica dell'Assunzione (1950) segna l'apogeo di una teologia che è giunta al termine delle sue esplorazioni razionali. Il Concilio Vaticano II invita allora a volgere uno sguardo rinnovato alla Vergine affinché si schiuda una nuova forma di contemplazione umana del suo volto la cui bellezza manifesta la bellezza di Dio. Lettura non terminata di una lettura infinita delle Scritture, altro paradosso.
Miriam l'ebrea, Madre di Gesù divenuta Madre di Dio, Regina dei cieli, Nostra Signora, Serva del Signore, Madonna nella gloria, Vergine dei poveri, Immacolata Concezione porta quindi i nomi che hanno delineato i suoi duemila anni di storia. Nomi di colei, scrive Péguy, "che è la più vicina a Dio, poiché è la più vicina agli uomini".

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Come si è giunti all'«Ineffabilis Deus»


La storia della festa dell'Immacolata Concezione è legata alla storia della festa della natività di Maria. In Occidente, occorre attendere il IX secolo per trovare traccia di una simile manifestazione di devozione nei calendari irlandesi, senza dubbio presa in prestito dai monasteri greci dell'Italia meridionale. Progressi dottrinali e progressi cultuali sono paralleli. Il credo si diffonde. È attestato in Irlanda nel primo quarto del X secolo e in Inghilterra nel corso dell'XI secolo. La prima omelia De conceptione Sanctae Mariae è redatta dal segretario e amico di Anselmo da Canterbury, il monaco Eadmer.
L'introduzione della nuova credenza solleva numerose reazioni. Bernardo de Clairvaux, nella sua lettera rivolta ai canonici di Lione, si pronuncia vivamente contro il suo sviluppo. La teologia scolastica non è affatto favorevole alla dottrina. Alla fine del Medioevo, nella Chiesa latina, la festa della Concezione continua a suscitare numerose controversie, alimentate dalle schermaglie dottrinali tra gli ordini mendicanti (in particolare i carmelitani, i francescani e i domenicani).
Negli anni che seguono il grande scisma di Avignone, la festa è nuovamente oggetto di controversie fra i sostenitori del campo avignonese e quelli del campo romano. Tuttavia, alla fine del medioevo, sembra che la festa della Concezione di Maria sia quasi uniformemente diffusa. Sullo sfondo di aspri dibattiti dottrinali, in particolare fra domenicani e francescani, Sisto IV (1471-1484) pubblica la costituzione Cum praeexcelsa (29 aprile 1476) dove concede indulgenze a quanti celebrano la festa e l'ottava della Concezione e approva il suo nuovo ufficio.
Indulgenze, approvazioni, riconoscimenti di associazioni e di privilegi mostrano che il Papato ormai sostiene la festa della Concezione della Vergine. La pratica progredisce nell'epoca moderna, con i contributi dottrinali dei teologi e con il sostegno istituzionale di Roma.
È nel XIX secolo che la dottrina si trasforma in dogma. L'apparizione della Vergine Maria a Catherine Labouré e la diffusione della medaglia miracolosa in onore di "Maria concepita senza peccato" (1830), spingono numerosi vescovi a chiedere al Papa che l'Immacolata Concezione venga definita come dogma di fede.
La campagna s'intensifica con l'elezione di Pio IX (1846-1878) che istituisce a tal fine una commissione di venti teologi (1° giugno 1848) e una congregazione preparatoria composta da otto cardinali (con un segretario e cinque consultori), e presieduta dal cardinale Luigi Lambruschini (6 dicembre 1848). Si chiede il parere scritto a tutti i vescovi (enciclica Ubi primum, 2 febbraio 1849). Forte dei pareri favorevoli della stragrande maggioranza dell'episcopato (546 su 603), unitamente all'approvazione congiunta della commissione consultiva (17 su 20) e della congregazione, Pio IX chiede prima di tutto a due gruppi di teologi (uno sotto padre Giovanni Perrone e l'altro sotto padre Carlo Passaglia) di preparare un progetto di bolla (1851) e poi, il 10 maggio 1852, riunisce, sotto la presidenza del cardinale Raffaele Fornari, una commissione speciale per elaborare il testo definitivo che, dopo l'approvazione di un concistoro segreto (1° dicembre 1854), viene promulgato con il titolo di Ineffabilis Deus l'8 dicembre 1854. (s. barn.)
(©L'Osservatore Romano - 8 dicembre 2007)

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Innsbruck, 1620: Tommaso da Olera e l'Immacolata
Il mistico illetterato che anticipò di due secoli il dogma

Marco Roncalli
Sarà per la causa di beatificazione in corso, sarà per le rigorose pubblicazioni che lo stanno facendo riscoprire ai devoti, ma anche agli studiosi, sarà per una fama di santità mai spentasi nonostante i quattro secoli che ci separano da lui, mai come in questi tempi - si potrebbe dire - frà Tommaso da Olera, straordinario cappuccino bergamasco vissuto tra il Cinquecento e il Seicento e umile asceta della Riforma cattolica, torna a far parlare di sé. E tuttavia, pare sia la via filologica e la contestualizzazione storica, insieme a tante tessere che sono andate a completare nel frattempo il mosaico, a farne apprezzare non solo la vita, ma anche gli scritti. Definito già da Ludwig von Pastor "uno dei più popolari predicatori del Tirolo", ascoltato dai potenti dell'impero asburgico, amato senza dubbio anche da Papi contemporanei (come Giovanni XXIII e Paolo VI), questo frate - che, pastore semianalfabeta in gioventù, indossò il saio imparando i rudimenti del leggere e dello scrivere - affascina anche per i suoi scritti di ardua lettura dove si respira però la sapienza più difficile da conquistare: quella del cuore. Non è un caso se frà Tommaso scrisse di sé: "Mai letto una sillaba de' libri, ma bene mi fatico a leggere il passionato Cristo".
All'edizione critica in più tomi curata da Alberto Sana e iniziata sotto la supervisione del compianto padre Giovanni Pozzi (che definiva il nostro "uno dei mistici più interessanti del suo secolo"), si accompagna ora, con il testo in latino tacitiano a fronte, un'altra rigorosa edizione curata da Daniela Marrone, con contributi di Roberto Pancheri e padre Rodolfo Saltarin, per i tipi della Morcelliana. Si tratta dell'opera "Detti e fatti, profezie e segreti del Frate Cappuccino Tommaso da Bergamo", scritta nel 1643 da Ippolito Guarinoni, trentino, medico, già educato alla scuola dei gesuiti in vari rami del sapere, piuttosto noto per aver combattuto la peste nel Tirolo, curato i minatori di Schwaz e per aver diffuso e difeso, cattolico convintissimo, la Riforma di Trento.
In queste pagine, Guarinoni, che aveva conosciuto frà Tommaso nel 1617, espone i vaticini, le azioni, le confidenze, fattegli dall'amico dopo aver premesso che il frate bergamasco gli aveva chiesto di non divulgarle finché fosse stato in vita.
Il volume evidenzia bene come la personalità del cappuccino rispondesse al sentimento mistico del tempo quando, fra il Cinque e il Seicento - per effetto della reazione cattolica al periodo riformistico - l'anima del cristianesimo fu irrorata da nuova linfa. Non solo. Rende conto anche delle tante relazioni che il nostro, pur mendicando per i suoi fratelli ed assolvendo umili mansioni nei conventi dal Veneto al Tirolo seppe approfondire: con l'arcivescovo Paride Lodron, principe di Salisburgo, con Ferdinando II, imperatore d'Austria, con l'arciduca Leopoldo, con il duca Massimiliano I di Monaco, con i baroni Fieger di Friedburg e altri (sovente persuasi a difendere le loro terre dai protestanti). E, ancora, ben oltre i nudi dati cronologici e le tante tappe dei suoi viaggi e pellegrinaggi, l'opera presenta sedici "Profezie", quindici "Segreti" e tredici "Moralità" (l'ultima di queste divisa in nove episodi), dove si può ricostruire l'"itinerario" contemplato e praticato dal nostro. Nel quale alla preghiera e al raccoglimento fanno sempre da contrappunto afflizione per le proprie imperfezioni e senso di mortificazione, e dove lo stato estatico è presentato sovente insieme a precedenti lotte contro il demonio.
I contenuti vanno da premonizioni a predizioni, da avvertimenti a resoconti di fatti straordinari (di cui si giovò lo stesso Guarinoni, guarito nel 1631, così sostiene, di un'escrescenza alla mano dopo averla avvicinata al cadavere dell'amico; poi sopravvissuto alla peste nel 1634 per intercessione dello stesso).
Chiari sia l'intento etico alla base dell'opera, sia lo stile tipico della letteratura edificante, che permeano anche racconti e frammenti di dialoghi, digressioni e rimandi ad aneddoti, con precise indicazioni di luoghi e persone inseriti nella cornice del tempo.
I segreti, le profezie, gli atti sublimi e quant'altro riferisce qui il Guarinoni furono registrati - ci dice - "secondo l'ordine in cui avvennero, tra gli atti memorabili della nuova chiesa del ponte di Volders". È la grande chiesa votiva, voluta da frà Tommaso, che il medico trentino fece costruire e finanziò sulla sponda destra del fiume Inn, a quindici kilometri da Innsbruck, cui si fa riferimento spesso in queste pagine. Patrocinata dalle arciduchesse Maria Cristina ed Eleonora, sorelle dell'imperatore d'Austria, Ferdinando II. Dedicata all'Immacolata (poi a Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola, quindi a Francesca Romana), fu edificata in terra tedesca due secoli prima della proclamazione del dogma mariano da parte di Pio IX.
La prima pietra fu posta il 2 aprile 1620 per mano dell'arciduca Leopoldo V, come rappresentante dell'imperatore. Nello stesso anno furono condotte a termine le sue fondamenta. Successivamente non mancarono problemi: per il luogo scelto (famoso per azioni di brigantaggio) e per motivi economici (gli alti costi dell'opera e altre necessità ritenute prioritarie). Le cronache riferiscono altresì dell'appoggio alla costruzione della chiesa da parte dei padri della Compagnia di Gesù.
Nell'incertezza sulla prosecuzione dei lavori Guarinoni si rivolse a frà Tommaso scrivendogli nell'ottobre del 1620 e ricevendo subito la sua risposta scritta: "Fratello in Giesu Christo, Dio vi rapisca il cuore. Ho letto la charissima sua con mio gran gusto spirituale et ho inteso quanto Dio opera nella sua chiesa et altre sue operationi. Per riposta li dico che, quanto alla chiesa sua, non tema qualsivoglia incontro perché Dio ha già preso la protetione di essa. E di voi si vorà servire come suo istrumento. E però: Nel nome di Dio seguite la impresa, perché chiaro si vede la operatione di Dio. E quanto sin'hora havete veduto, è nulla a comparatione di quanto Dio farà. E per maggior merito Dio vi permetterà di travagli; ma allhora prendete maggior animo". E più sotto postillava: "Per amor d'Iddio superate ogni fatticha; et ogni contrario, perché le opere di Dio deveno passare per ignem et acquam (attraverso il fuoco e l'acqua); ma al fine il refrigerio sarà grande...".
Nonostante la guerra in atto fra protestanti e cattolici si riprese così la costruzione, grazie anche a capitali di mecenati. Frà Tommaso non mancava di visitare il cantiere, ma nessuno aveva idea dei tempi per la realizzazione definitiva. A questo proposito, racconta Guarinoni, "un giorno d'estate frà Tommaso, dopo avermi chiesto se mi fossi recato alla chiesa in costruzione, all'improvviso m'assalì con questa domanda: E ben quando pensate di finir la vostra chiesa? E io a lui: Questo lo sa Iddio. Egli allora mi rivolse queste testuali parole: Mo, tenitela pur alla longa, perché non morirete voi sino a che non havete compita la chiesa.Lo guardai sorridendo, pensando che scherzasse. Ma egli, guardandomi fisso, mi ripeté queste precise parole con un tono di voce più alto di prima: Vi dico che non morirete, sino che (sia) compita la chiesa; però fate pure adasio".
Guarinoni morì ad Hall il 31 maggio 1654, l'anno in cui la chiesa fu ultimata e poco dopo (il 25 luglio) consacrata. A pianta centrale trilobata, già articolata nel progetto originario in moduli ternari quale visualizzazione simbolica del dogma trinitario, fu successivamente rimaneggiata e più volte restaurata (l'ultima volta negli anni Ottanta del secolo scorso). Tornata agli antichi splendori e oggi monumento nazionale, si svela al visitatore sormontata da un'interessantissima cupola, serbandogli la sorpresa di celebri dipinti di Martin Knoller, Guglielmo Schopfer, Paolo Ainhauser e Giorgio Grasmayr.
(©L'Osservatore Romano - 8 dicembre 2007)
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26/11/2008 10:53
 
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Un cavaliere per l’Immacolata
Il 16 ottobre 1917 nasceva la Milizia dell’Immacolata, per opera di un giovane francescano, Massimiliano Maria Kolbe. Una vita all’insegna di un amore e di una fiducia illimitate nella Vergine Maria.
La figura di Massimiliano Maria Kolbe è senz’altro associata da molti all’offerta eroica della sua vita nel campo di concentramento di Auschwitz. Ma fu in eguale misura un innamorato di Maria e un iniziatore di opere legate a una consacrazione totale all’Immacolata. In particolare, il 16 ottobre 2007 ricorrono i novant’anni della nascita della Milizia dell’Immacolata.
Raimondo (nome di battesimo di Massimiliano) Kolbe nasce a Zdunska Wola (Polonia) l’8 gennaio 1894, da Giulio e Maria Dabrowska.
La svolta della vita di Raimondo è legata proprio alla Madonna, come ha testimoniato la madre dopo la sua morte. Mentre pregava la Vergine e le chiedeva del suo futuro, ella gli aveva risposto mostrandogli due corone: «La corona bianca è il simbolo della castità, la corona rossa è il simbolo del martirio. Entrambe ti sono destinate. Vuoi averle?». La risposta del ragazzo: «Sì, lo voglio». È una decisione per lui irrevocabile.

Pala d’altare a Niepokalanow, raffigurante Kolbe con l’Immacolata.
In seguito a una missione dei francescani nel 1907, Raimondo decide di entrare nel ginnasio del convento. Con l’ingresso in noviziato nel 1910, prende il nome di fra’ Massimiliano. Negli anni di studio a Roma (1912-1919) ha modo di rendersi conto dell’ondata di attività massoniche e dei violenti umori anticlericali in circolazione.
È così che il 16 ottobre 1917 nasce, da un gruppo di sette frati del Collegio Serafico di Roma, la Milizia dell’Immacolata. Il suo fine: «Conseguire la conversione dei peccatori, degli eretici [...] e soprattutto dei massoni, e la santificazione di tutti sotto la tutela della Santissima Vergine Immacolata». Le condizioni di appartenenza: «Consacrarsi completamente alla Santissima Vergine Immacolata come strumento nelle sue mani immacolate e portare la Medaglia miracolosa». I mezzi per l’attività della Milizia: l’esempio, la preghiera, la sofferenza, il lavoro. «L’essenza della dedizione all’Immacolata sta nella volontà: un’anima che compie rettamente il suo dovere è perciò in ogni momento proprietà dell’Immacolata».
Niepokalanow: una città per l’Immacolata
Inutile dire che le prime critiche vennero dagli stessi confratelli. Eppure la Milizia cresce in modo impressionante, arrivando a 700.000 nel 1939: tante le persone che ogni giorno recitavano questa preghiera: «O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te» (fin qui la preghiera della Medaglia miracolosa) «e per tutti quelli che non ricorrono a Te, e soprattutto per i nemici della santa Chiesa e per quelli raccomandati a Te».
Dopo l’ordinazione Kolbe torna in Polonia, a Cracovia, nel 1919, malato di tubercolosi. Vagheggiava una rivista per i membri della Milizia. Nonostante la sua salute e la mancanza di fondi, nel gennaio 1922 usciva il primo numero de Il Cavaliere dell’Immacolata. Ma i sogni di Kolbe non si fermano: desidera una tipografia propria e macchine a motore (nel 1925 la tiratura era già a 25.000 copie).

Padre Kolbe (primo a sinistra) in partenza per il Giappone, sulla nave "Conte rosso".
Il Cavaliere fa scalpore, ottiene persino la benedizione di papa Pio XI, mentre Kolbe parla al primo Congresso dei cattolici polacchi (1926) sulla responsabilità del giornalista. Infine nel 1927, nei pressi di Varsavia, si trova un terreno su cui edificare un convento-editoria. Nasce Niepokalanow ("Città di Maria", alla lettera: "Proprietà dell’Immacolata"): un insieme di baracche all’insegna della povertà francescana. Ma per la "causa" si cercano le macchine più moderne e i mezzi di trasporto più veloci. Niepokalanow inizia con due padri e diciotto fratelli, e negli anni Trenta raggiungerà le mille persone. E intanto Kolbe sogna l’Oriente…
Mugenzai no Sono
Kolbe è orientato alla missione in Giappone. Nel febbraio del 1930 s’imbarca con altri quattro religiosi. Il suo primo pensiero: «Qui stamperemo Il Cavaliere dell’Immacolata in giapponese».
Il 24 aprile 1930 giunge a Nagasaki, in Giappone. Vi urgeva la formazione dei cristiani (a Nagasaki e dintorni c’erano all’epoca circa 60.000 cattolici). Riesce a far uscire Il Cavaliere in breve tempo, con 10.000 copie (grazie a una macchina da stampa con 145.000 caratteri giapponesi!). Sorprendentemente la rivista è richiesta anche da non-cristiani e le copie arriveranno a 65.000 in pochi anni. Il convento attira persino monaci buddisti, cui i frati regalano la Medaglia miracolosa.
A Nagasaki padre Massimiliano può avviare nel 1931 una seconda Niepokalanow: Mugenzai no Sono ("Giardino dell’Immacolata"). Le difficoltà scoraggiano tanti a Niepokalanow, ma non mancano tante persone di buona volontà che aiutano per la stampa, le traduzioni e via dicendo. Anche per padre Kolbe è un cammino che porta a conoscere l’uomo a fondo e a comprendere la necessità di amarlo e sacrificarsi per lui, malgrado tutto.

Il monastero di Niepokalanow fondato da padre Kolbe nel 1927 vicino a Varsavia.
Di nuovo in Polonia
Nel 1933 può rivedere la Niepokalanow "madre delle altre Niepokalanow" che intanto si è sviluppata e di cui scrive: «L’Immacolata è il fine, e la povertà è il capitale: sono le due cose da cui in nessun caso Niepokalanow può allontanarsi». Avvia altri giornali che raggiungono presto alte tirature: tra questi Il giornalino, quotidiano d’attualità, Il giovane Cavaliere dell’Immacolata. Ama dire che «raggiungeranno la perfezione quando il contenuto sarà conforme alla firma del caporedattore: l’Immacolata».
Ha cura di trasmettere lo spirito dell’opera: «Ciò che è veramente essenziale è la nostra vita interiore [...] cioè: essere sempre di più, sempre di più dell’Immacolata, essere Suo cavaliere. Ricordiamoci che l’azione all’esterno è soltanto un di più di ciò che abbiamo». Sa spronare i frati dipingendo un ideale di santità sostanziato di intraprendenza, lavoro, entusiasmo, spirito di sacrificio. Un giorno dice che, per suggellare il proprio amore per l’Immacolata, desidera «versare il sangue in modo degno di un cavaliere».
Con il 1° settembre 1939 arriva la guerra con il suo seguito di distruzioni e sofferenze per l’invasione dei nazisti. Nel 1939 fra’ Massimiliano è imprigionato dai tedeschi una prima volta. Tornato in libertà, può ancora stampare un numero unico del Cavaliere nel novembre 1940.
Ma la Chiesa cattolica è invisa ai nazisti. Niepokalanow viene accusata di istigare l’odio contro i tedeschi con le sue riviste. Il 17 febbraio 1941 compare la Gestapo: padre Kolbe finisce ad Auschwitz. La ferocia delle SS verso i preti è nota. Padre Kolbe vive con eroica serenità di spirito le violenze e l’odio dei carcerieri, conforta i compagni disperati. Infine arriva l’occasione per dare completamente la propria vita: un prigioniero è fuggito dal campo, altri dieci dovranno morire al suo posto, secondo la ferrea legge del lager. Kolbe si fa avanti per sostituire Francesco Gajowniczek, un giovane padre di famiglia. Chiuso nel bunker della fame, viene ucciso dalle SS con un’iniezione di acido fenico. Muore con le ultime parole, «Ave Maria», sulle labbra. È il 14 agosto, la vigilia della festa dell’Assunta.
Vincenzo Vitale
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"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)

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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 12/12/2007 11.31
http://www.stpauls.it/madre/0711md/0711md15.htm

Alla scuola di Maria
di ALBERTO RUM

Colei che indica la Via


La natura cristocentrica della devozione mariana è ben raffigurata nell’icona della madonna Odighitria, colei che indica la via, cioè Gesù Cristo, Via, Verità e Vita.

In occasione dei cinquant’anni della sua ordinazione sacerdotale, Giovanni Paolo II compose un libro autobiografico, Dono e Mistero, nel quale racconta la storia della sua vocazione sacerdotale. Abbandonandosi all’onda dei ricordi, non può dimenticare il filo mariano della sua vocazione. «Ci fu un momento», confessa, «in cui misi in qualche modo in discussione il mio culto per Maria, temendo che, dilatandosi eccessivamente, potesse finire per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo. Mi venne allora in aiuto il libro di san Luigi Maria Grignion de Montfort che porta il titolo di Trattato della vera devozione alla Santa Vergine. L’essenza delle verità in esso contenute è incontestabile. L’autore è un teologo di classe. Il suo pensiero mariologico è radunato nel Mistero trinitario e nella verità dell’Incarnazione del Verbo di Dio».

Tutta relativa a Cristo

Questa nota cristocentrica della devozione a Maria noi la vediamo raffigurata nell’icona della Madonna Odighitria: Colei che indica la via, il Cristo, la Via, la Verità e la Vita, icona che Paolo VI delineava, con mano maestra, in un discorso al Concilio Vaticano II: «Soprattutto desideriamo che sia posto chiaramente in luce come Maria, umile serva del Signore, sia tutta relativa a Dio e a Cristo, unico Mediatore e Redentore nostro [...]. La devozione a Maria, lungi dall’essere fine a se stessa, è mezzo invece essenzialmente ordinato ad orientare le anime a Cristo e così congiungerle al Padre, nell’amore dello Spirito Santo». Si potrebbe dire che a fugare dall’animo del giovane Karol Wojtyla il timore che la sua devozione a Maria potesse «compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo», furono le parole che, nel Paradiso dantesco, san Bernardo, cantore della Madonna, rivolge al sommo poeta: «Riguarda omai nella faccia ch’a Cristo – più si somiglia, ché la sua chiarezza – sola ti può disporre a veder Cristo» (Par. XXXII, 85-87).



Madonna Odighitria, icona bizantina di scuola cretese del XVII secolo.

«In realtà», osserva lo stesso Giovanni Paolo II, «riguardo alla devozione mariana, ciascuno di noi deve aver chiaro che non si tratta soltanto di un bisogno del cuore, di un’inclinazione sentimentale, ma che corrisponde anche alla verità oggettiva sulla Madre di Dio» (Varcare la soglia della speranza, p. 231 ).

Maria nel mistero cristiano

Sotto l’immagine di Maria, uno specchio per la Chiesa, Raniero Cantalamessa invita a contemplare la Madonna Odighitria nei tre momenti costitutivi del mistero cristiano: l’Incarnazione, il Mistero pasquale, e la Pentecoste. Maria fu presente in ognuno di quesiti tre momenti. Fu presente nell’Incarnazione perché essa è avvenuta in lei, nel suo grembo. Fu presente nel Mistero pasquale, perché è scritto che «presso la croce di Gesù stava Maria sua madre». E anche nella Pentecoste, perché è scritto che gli apostoli erano «assidui e concordi nella preghiera con Maria, la madre di Gesù». «Seguendo Maria in ognuna di queste tre tappe fondamentali, siamo aiutati a metterci alla sequela di Cristo in modo concreto e risoluto, per rivivere tutto il suo mistero». Scrive il concilio Vaticano II: «Mentre viene predicata e onorata, Maria chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre» (Lumen gentium 65).
A commento della densa pagina di teologia e devozione mariana di padre Cantalamessa dovremmo leggere, con l’animo devoto del giovane Karol Wojtyla, l’intero Trattato della vera devozione a Maria: il libro che segnò «una svolta decisiva» nella vita del futuro Giovanni Paolo II.

A dire il vero, il Montfort non fa mai riferimento all’icona Madonna Odighitria. Conosce, però, due altre icone mariane di significato analogo. La prima, desunta dagli scritti di sant’Agostino, è la Madonna stampo di Dio. «Chi viene gettato in questo divino stampo, viene presto formato e modellato in Gesù Cristo e Gesù Cristo in lui; con poca spesa e in poco tempo, diventerà dio poiché è stato gettato nel medesimo stampo che ha dato forma a un Dio» (VD 219). La seconda è quella di Maria albero di vita: «Se Maria, che è l’albero di vita, è ben coltivata nella tua anima, ella porterà frutto a suo tempo, e il frutto non è altro che Gesù Cristo» (VD 216).


A te, caro lettore, la continuata gioia di contemplare l’icona della Madonna Odighitria: Colei che ci indica la Via, e veglia sul nostro cammino.
Alberto Rum
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26/11/2008 10:54
 
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Maria modello di lectio divina

Attraverso la lectio divina ai credenti viene dato non solo il potere di divenire figli di Dio (Gv 1,12), ma che il Cristo, accolto prima da Maria e da lei nato, abiti per la fede nei nostri cuori (Ef 3,17-19).


La nostra riflessione oggi si rivolge a Maria come modello della lectio divina. Sarà così più facile intuire il coinvolgimento che l’ascolto della parola di Dio, mediante la lectio, esige dalla Chiesa e da ciascuno di noi.


Inoltre, potremo intuire come la lectio divina non è un esercizio speculativo o raziocinante, ma è prima di tutto accoglienza del progetto di Dio: «che Cristo sia tutto in tutti» (Col 3,11; cf Gal 3,28) e lo Spirito lo va attuando in coloro che gli si sottomettono.

In questa prospettiva del mistero della lectio è quindi indispensabile considerare la figura di Maria quale madre e modello della lectio.



La caduta e la cacciata dal giardino dell’Eden di Michelangelo (1509-10, Cappella Sistina, Vaticano).
L’uomo cede a se stesso

Diventiamo ciò che assimiliamo


L’uomo è per natura un essere in divenire e perciò un essere aperto e bisognoso di ricevere. Tutta la crescita umana è contrassegnata dalla legge del ricevere. Noi sviluppiamo la nostra intelligenza accogliendo delle nozioni. Sviluppiamo il nostro corpo e lo manteniamo in vita aprendoci all’aria che preme attorno a noi, assumendo il cibo che lo nutre. Non possiamo stare senza ricevere.

In fondo anche quando agiamo sulla realtà, la realtà stessa ci plasma. Un lavoro che facciamo con facilità è una espressione del nostro essere, ma è anche, di rimando, un plasmare e ampliare le nostre capacità.
La dinamica della crescita umana pone dunque una grande responsabilità di fronte a noi stessi: diventiamo ciò che assimiliamo.

La sapienza cristiana sta appunto nel selezionare quanto ci è giovevole: «Tutto è vostro!», dice san Paolo ai corinti, tutto però deve essere in funzione della nostra vera crescita, poiché «voi siete di Cristo» (1Cor 3,22).

La parola di Dio, dicevamo, ci propone il progetto che in modo personale dobbiamo realizzare: essere conformi all’immagine che è Cristo, Figlio di Dio (Rom 8,29).

L’uomo cede facilmente a un’altra parola, cede a se stesso. Eva ne è la figura esemplare. L’uomo era stato avvertito di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché sarebbe morto (Gen 2,16-17). L’uomo, cioè, non ha in se stesso la possibilità, un criterio per differenziarsi da se stesso, è chiuso nella sua limitata possibilità e, basandosi esclusivamente su ciò che sente, muore.

A livello psicologico il peccato di Adamo e di Eva è un individualismo infantile, tipico di ogni nevrotico: la paura di crescere e al tempo stesso il desiderio di conservare se stesso racchiuso nelle sue esperienze emozionali primitive. Di conseguenza Adamo ed Eva non accettano la limitazione proposta da Dio e del loro essere in divenire, bisognosi di una guida: il comando di Dio, la sua Parola. Non accolgono il dono della Parola, si chiudono e si basano sulle loro possibilità, non crescono più e muoiono: «quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (Gen 2,17).

Cristo dirà poi: «Chi perderà la propria vita a causa mia [...], la salverà» (Mc 8,35): se tu vuoi la vita, la devi perdere, non devi credere al progetto di te stesso stimolato solo da tuoi desideri, dal tuo essere creatura. Il tuo progetto è in te, ma non l’hai voluto e pensato tu. Lo puoi conoscere nella misura che cresci: per crescere devi ricevere e per ricevere devi aprirti all’accoglienza della Parola.


Annunciazione (Salterio di Sant’Albano, 1120 ca.). Maria, con il libro in grembo,
è l’antitipo di Eva: si fa ascoltatrice della Parola

Una vita per l’accoglienza

Maria, al contrario, manifesta un altro atteggiamento. Apparentemente, la sua vita fino all’Annunciazione è insignificante, ha solo una disponibilità verso la parola di Dio. Crede che il modo migliore per accogliere la Parola sia non sposarsi, rimanere vergine. Il suo rimanere vergine non è principalmente un fatto biologico. È la verginità del cuore: l’unico suo desiderio, cioè, è rimanere aperta solo al Padre.

Tutto il resto, la realizzazione della sua vita secondo i parametri umani, è escluso. Rimane aperta solo per la Parola. E quando la Parola fu inviata, la accolse e la Parola «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).

Tutta la vita di Maria era stata preparata a questa accoglienza. Certamente lei non era cosciente di essere colei che doveva dare spazio nel suo grembo a Colui che era stato promesso (Gen 3,15; Is 7,14-15). Nel suo essere, Dio aveva preparato un posto per il Figlio suo. La parola dell’angelo fa emergere alla coscienza di Maria ciò che lo Spirito aveva già operato in lei.

Come in Maria, così in ciascuno di noi vi è un inconscio che non conosciamo. Ciò che dice san Paolo per la preghiera (Rm 8,26) vale anche per la nostra vita: noi non sappiamo cosa essa contenga nel suo progetto più vero.

Sono la parola di Dio e il suo Spirito che manifestano, fanno emergere al nostro spirito che siamo figli (Rm 8, 16).

La lectio divina dunque è il mezzo che il cristiano (guidato dallo Spirito del Signore) deve usare per rendersi cosciente di ciò che in realtà egli è.

Siamo realmente figli, dice Giovanni (1Gv 3,1-2), anche se non si è ancora manifestato ciò che siamo. Sono la Parola e lo Spirito che ci aiutano già da ora a intuire come di riflesso e in modo confuso (1 Cor 13,12) ciò che già siamo.

La lectio, in altre parole, è il mezzo di cui disponiamo per rendere cosciente la presenza non conosciuta dello Spirito che è in noi e lo Spirito ci manifesta la presenza del Signore (Gv 16,13-15).

Si possono intendere in questo senso le parole dell’Apocalisse (Ap 3,20). Ecco io sto alla porta della tua consapevolezza e busso. Con che cosa? Mediante lo Spirito che geme in noi (Rm 8,23), se tu mi apri questa porta della tua presa di coscienza, io entro. La chiave per aprire questa porta è la lectio divina e la teniamo noi.

Allora, se tu apri, io entrerò e cenerò con te e tu con me. Come? Cosa è questa cena? Ce lo spiega Cristo stesso: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).

La lectio divina non è solo conoscenza, è vita in gestazione, in crescita. Ancora Giovanni (Gv 20,31) dice chiaramente: la Parola è stata scritta per suscitare la fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio e, credendo, avere la vita nel suo nome. La parola di Dio viva ed eterna è un seme immortale che ci ha rigenerati e ci rigenera continuamente (Pt 1,23). L’analogia della maternità con Maria, pur essendo totalmente diversa in quanto la maternità di Maria è ipostatica, come si dice, non è meno reale anche per noi.

«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? [...] Coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8, 21; Mt 12,49). Luca pone questa frase dopo la parabola del seme, che è la parola di Dio. Il seme ha in sé un principio generativo di vita. Poiché il seme è la parola di Dio (Lc 8,11), genera figli di Dio, fratelli del Figlio, il quale è il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29).

La lectio dunque è per crescere nella somiglianza, conformarsi, modellarsi alla stessa forma di Cristo. In altre parole, è divenire fratello di Cristo e, di conseguenza, figli del Padre suo e Padre nostro (Gv 20, 17).

Giuseppe Daminelli
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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 12/12/2007 11.36
08/12/2007 18.00.59



L'invito di Maria a costruire insieme un mondo più giusto e pacifico al centro dell'omaggio del Papa alla statua dell'Immacolata in Piazza di Spagna







E nella Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre si è recato, nel pomeriggio, in Piazza di Spagna per il tradizionale atto di venerazione alla statua della Madonna. Lungo il percorso, Benedetto XVI ha sostato brevemente davanti alla Chiesa della Santissima Trinità, in Via Condotti, per l’omaggio dell’Associazione dei Commercianti della zona. Il servizio di Isabella Piro:


(canto ‘Ave Maria’)


Non li ha intimoriti il cielo plumbeo e minaccioso di pioggia: non ha fermato i tantissimi fedeli accorsi in Piazza di Spagna per venerare la Madonna. Affollata all’inverosimile la lunga scalinata di Trinità dei Monti, piena di pellegrini fino all’ultimo gradino. A tutti, uno per uno, sono giunte le parole del Papa, che ha definito “un appuntamento tradizionale” l’omaggio floreale di un cesto di rose bianche alla Beata Vergine di Piazza di Spagna:

“Questa manifestazione religiosa è al tempo stesso un’occasione per offrire a quanti a Roma vivono o vi trascorrono alcuni giorni come pellegrini e turisti, l’opportunità di sentirsi, pur nella diversità delle culture, un’unica famiglia che si raccoglie attorno ad una Madre che ha condiviso le quotidiane fatiche di ogni donna e mamma di famiglia. Una madre però del tutto singolare, prescelta da Dio per una missione unica e misteriosa, quella di generare alla vita terrena il Verbo eterno del Padre, venuto nel mondo per la salvezza di tutti gli uomini”.

Una fede intrepida, una speranza incrollabile e un amore umile e sconfinato – ha aggiunto Benedetto XVI – hanno accompagnato Maria nel suo pellegrinaggio terreno. A lei, “nostra Madre”, dobbiamo quindi volgere il nostro sguardo, cercando di far tesoro di ogni suo materno insegnamento:

“Questa nostra celeste Madre non ci invita forse a fuggire il male e a compiere il bene seguendo docilmente la legge divina iscritta nel cuore di ogni uomo, di ogni cristiano? Lei, che ha conservata la speranza pur nel sommo della prova, non ci chiede forse di non perderci d’animo quando la sofferenza e la morte bussano alla porta delle nostre case? Non ci chiede di guardare fiduciosi al nostro futuro? Non ci esorta la Vergine Immacolata ad essere fratelli gli uni degli altri, tutti accomunati dall’impegno di costruire insieme un mondo più giusto, solidale e pacifico?”


È Maria “piena di grazia” –ha proseguito il Sommo Pontefice- a ricordarci che siamo tutti fratelli e che Dio è il nostro Creatore e il nostro Padre:

“Senza di Lui, o ancor peggio contro di Lui, noi uomini non potremo mai trovare la strada che conduce all’amore, non potremo mai sconfiggere il potere dell’odio e della violenza, non potremo mai costruire una stabile pace”.

Citando poi la sua seconda Enciclica, ‘Spe Salvi’, pubblicata all’inizio dell’Avvento, il Papa ha invocato Maria come “stella della speranza”:

“Lei, con il suo ‘sì’, con l’offerta generosa della libertà ricevuta dal Creatore, ha consentito alla speranza dei millenni di diventare realtà, di entrare in questo mondo e nella sua storia. Per mezzo suo Dio si è fatto carne, è divenuto uno di noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi”.

Al termine dell’atto di venerazione, mentre un tiepido raggio di sole scaldava la Piazza, Benedetto XVI si è rivolto ai pellegrini radunati nei santuari mariani di Lourdes e Fourvière, in occasione dell’Anno Giubilare per il 150° anniversario delle apparizioni della Beata Vergine a Santa Bernadette. “Possano i santuari – ha detto il Papa – sviluppare la loro vocazione alla preghiera e all’accoglienza di coloro che vogliono, in particolare con il sacramento del Perdono, ritrovare il cammino di Dio”.

(canto ‘Ave Maria’)



"Un segno di sicura speranza e consolazione" sulla via dell'Avvento. E' questo il significato della festa dell'Immacolata, posto in risalto dal Papa all'Angelus di stamattina. Ma cosa dice oggi, alla Chiesa e al mondo, una delle solennità mariane più importanti dell'anno liturgico? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:


R. - La strada che conduce a Betlemme e che noi ripercorriamo ogni anno nell’Avvento è una strada illuminata dall’Immacolata. Cosa significa Immacolata? Vorrei illuminare questo dogma attraverso l’opera di Michelangelo, la Pietà. Entrando nella Basilica, l’occhio cade - direi spontaneamente - su questo gruppo marmoreo, straordinario e famosissimo. Quando l’occhio cade sul volto di Maria, si ha una sorpresa: Maria è raffigurata molto giovane, quasi adolescente. Eppure, quando Maria prese tra le sue braccia, anzi raccolse tra le sue braccia, il corpo crocifisso del Figlio, sicuramente non era più giovane. Perché allora Michelangelo l’ha raffigurata così giovane? Per dirci che Maria era Immacolata e per dirci che la vecchiaia del mondo è il peccato. Il peccato è la malattia dell’umanità; il peccato è l’infezione che demolisce la gioia umana. Maria è esente da ogni peccato e, pertanto, Maria è la giovinezza dell’umanità. Nel suo cuore non è entrata nessuna ombra di peccato. Per questo Maria è il sogno di Dio e, in qualche modo, è anche il nostro sogno. Anche noi, attraverso un cammino di purificazione, siamo chiamati ad accostarci a Maria e a ritrovare l’innocenza che ci rende belli e ci rende felici.


D . - La Vergine è stata preservata dal peccato, ma oggi il senso del peccato si sta perdendo ed è sempre più sostituito dal senso di colpa, che può essere anche devastante e portare alla disperazione …


R. - E’ vero, si sta perdendo il senso del peccato. Quando si perde il senso del peccato vuol dire che si è perso anche il senso di Dio. E senza Dio, cos’è la vita? Dio non ha mai bisogno di punire; Dio non punisce nessuno, ma quando si rifiuta Dio la punizione è dentro il rifiuto stesso di Dio, perché si perde il senso della vita. Mi limito soltanto ad alcune citazioni. Jean-Paul Sartre, ateo, arriva a questa conclusione: “L’uomo è una passione inutile”; ma una passione inutile, vale allora la pena di viverla? Richard Hoggins, uno scienziato ateo, arriva a dire: “L’uomo è un atomo risibile, senza significato e senza senso”. Ma si può vivere così la vita? Questa è già una punizione. Il peccato, e cioè il rifiuto di Dio, si punisce cadendo nel non senso e, quindi, nella disperazione. La nostra epoca è un’epoca disperata, proprio perché ha rifiutato Dio e Dio è la trave portante della vita. Se si toglie la trave portante della vita, cade la vita stessa, ci cade addosso la vita, che non ha più senso. Tutto il disprezzo della vita che c’è oggi, l’incapacità di affrontare qualsiasi difficoltà, qualsiasi sacrificio e la reazione violenta: tutto questo non è altro che la conseguenza e il frutto del rifiuto di Dio. E’ frutto del peccato.


D. - Quest’anno, la festa dell’Immacolata coincide con l’inizio delle celebrazioni del 150.mo anniversario delle apparizioni della Madonna a Lourdes. Qual è il significato di queste apparizioni, come anche di ogni altra apparizione della Madonna?


R. - La Madonna è Madre ed è Madre della Chiesa e dell’umanità. E’ stata consacrata Madre dell’umanità sulla Croce, quando Gesù ha detto a Maria, mentre aveva le mani inchiodate al patibolo: “Donna, ecco tuo Figlio” e, quindi, così facendo le ha detto: “Fai da Madre”. Maria, con la sua innocenza e con la sua umiltà, ha preso sul serio le parole di Gesù - fai la Madre - e Maria fa la Madre. Le apparizioni sono la maternità attiva. Maria interviene ed interviene quando vede i figli in difficoltà, quando vede soprattutto i figli che dimenticano il Vangelo. E Maria lo ricorda, perché nelle apparizioni mariane, Maria non dice nulla di nuovo. E’ come una mamma premurosa che prende il figlio, gli mette davanti il Vangelo e gli sottolinea qualcosa che dimentica. A Lourdes, Maria ci ha sottolineato: “E’ necessaria la preghiera se volete vivere, è necessaria la penitenza se volte essere liberi. Avete bisogno di preghiera e di penitenza per ritrovare la bellezza dell’innocenza e, quindi, la bellezza della vita”.


D. - Il Papa, per l’occasione, ha concesso l’indulgenza plenaria. Ma noi cristiani siamo coscienti di questi doni così importanti?


R. - Nella misura in cui siamo credenti, si percepisce il valore di questi doni. Nella misura in cui il nostro cuore è puro, allora il nostro sguardo vede la bellezza di questi doni. L’indulgenza rappresenta un grande dono: è l’intercessione di tutta la Chiesa, che viene messa a nostra disposizione. Quando c’è una briciola di fede, non si perdono queste occasioni, non si perdono queste grazie. Noi dobbiamo ritornare alla fede per capire anche la preziosità di una indulgenza.

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=172635




Benedetto XVI all'Angelus: l'Immacolata modello per i giovani che hanno smarrito il valore dell'amore e della corporeità. Il Papa saluta l'inizio dell'Anno giubilare a Lourdes


I giovani di oggi sono “orfani del vero amore” e “vittime” di messaggi che li inducono a considerare il sentimento dell’amore e il proprio corpo un “oggetto di consumo”. Il monito di Benedetto XVI, levato ...»
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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 12/12/2007 11.37
Un amico mi chiede in un altro forum:
Il dogma dell'Immacolata venne definito dal b. Pio IX, ma il francescano Sisto IV -alla fine del Quattrocento- aveva istituito la festa liturgica dell'Immacolata. Non me ne voglia Caterina, ma se ben ricordo furono i Domenicani ad osteggiare non poco l'iniziativa di papa Della Rovere...
la mia risposta:
no che non me la prendo...è la verità....
Tuttavia attenzione...non polarizziamo troppo la questione....
Cosa accadde?
San Tommaso d'Aquino, Dottore della Chiesa non dimentichiamolo eh....come ogni santo Dottore NON era infallibile....e sulla questione tutta AL FEMMINILE, aveva delle idee non propriamente chiare...
Chiariamo un fatto: san Tommaso NON si oppose al concetto di MARIA, MADRE DI DIO, IMMACOLATA, ma all'idea che un essere umano potesse nascere senza la colpa.....la differenza appare sottile, in verità è enorme....
L'aquinate quanto altri teologi del suo tempo e dopo di lui TEMEVANO che "dogmatizzare" l'Immacolata potesse in qualche modo far venire meno la verità sul Peccato Originale, come dice il Salmo: "NELLA COLPA SONO STATO GENERATO, NEL PECCATO MI HA CONCEPITO MIA MADRE".....Maria in fin dei conti venne concepita COME OGNI ESSERE UMANO, di conseguenza era impensabile per l'epoca pensare ad un concepimento SENZA COLPA, l'unico concepimento PRODIGIOSO era del Figlio di Dio....

Fu il francescano Duns Scoto a risolvere il dilemma.....uno Scoto che per altro ricevette anche lui delle critiche per altre questioni... ma in questo caso ecco l'illuminazione, disse:

«La perfezione del Mediatore richiede [...] la preservazione da ogni colpa, anche originale: quindi la Vergine fu esente da ogni macchia originale» (Reportatio parisiensis III, d. 3, q. 2).

a risolvere il problema TEOLOGICO fu quella parolina: PRESERVATA.......per preservare occorre un ATTO VOLONTARIO DEL CREATORE......e poichè come dice san Paolo "per mezzo di Cristo tutto è stato rigenerato" Maria in funzione dei meriti di questa Incarnazione, riceve da Dio un dono prima ancora di rivelarsi quale Madre del Verbo Incarnato....

L'Immacolata non fu altro che UNA MATURAZIONE DI UN TITOLO GIA' ASSUNTO DALLA CHIESA per Maria: LA THEOTOKOS.....
Gli Ortodossi infatti NON negano l'Immacolata, la chiamano LA TUTTA-PURA e sostengono che farne un dogma non avrebbe fatto altro che creare una discussione INUTILE.....

Questo detto in parole povere....ovviamente non abbiamo esaurito tutta la disputa che ci fu...
Chi dice che sono frottole che i domenicani (ma non tutti attenzione, solo coloro che dell'aquinate erano discepoli) NON negarono L'Immacolata, solo perchè così pensa di difendere san Tommaso, sbaglia di grosso......
Basta prendere la Summa Theologica e leggere al capitolo dedicato a Maria per capire l'amore di san Tommaso per la Vergine....

Fraternamente CaterinaLD
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26/11/2008 10:55
 
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(ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI questo sabato pomeriggio in occasione dell'atto di venerazione all'Immacolata a Piazza di Spagna (Roma).
* * *
Cari fratelli e sorelle,

in un appuntamento divenuto ormai tradizionale, ci ritroviamo qui, in Piazza di Spagna, per offrire il nostro omaggio floreale alla Madonna, nel giorno in cui tutta la Chiesa celebra la festa della sua Immacolata Concezione. Seguendo le orme dei miei Predecessori, anch'io mi unisco a voi, cari fedeli di Roma, per sostare con affetto e amore filiali ai piedi di Maria, che da centocinquant'anni ormai veglia dall'alto di questa colonna sulla nostra Città.

Quello odierno è dunque un gesto di fede e di devozione che la nostra comunità cristiana ripete di anno in anno, quasi a ribadire il proprio impegno di fedeltà verso Colei che, in tutte le circostanze della vita quotidiana, ci assicura il suo aiuto e la sua materna protezione.
Questa manifestazione religiosa è al tempo stesso un'occasione per offrire a quanti a Roma vivono o vi trascorrono alcuni giorni come pellegrini e turisti, l'opportunità di sentirsi, pur nella diversità delle culture, un'unica famiglia che si raccoglie attorno ad una Madre che ha condiviso le quotidiane fatiche di ogni donna e mamma di famiglia.

Una madre però del tutto singolare, prescelta da Dio per una missione unica e misteriosa, quella di generare alla vita terrena il Verbo eterno del Padre, venuto nel mondo per la salvezza di tutti gli uomini. E Maria, Immacolata nella sua concezione verginale - così la veneriamo quest'oggi con devota riconoscenza -, ha percorso il suo pellegrinaggio terreno sorretta da una fede intrepida, una speranza incrollabile e un amore umile e sconfinato, seguendo le orme del suo figlio Gesù. Gli è stata accanto con materna sollecitudine dalla nascita al Calvario, dove ha assistito alla sua crocifissione impietrita dal dolore, ma incrollabile nella speranza. Ella ha poi sperimentato la gioia della risurrezione, all'alba del terzo giorno, del nuovo giorno, quando il Crocifisso ha lasciato il sepolcro vincendo per sempre e in modo definitivo il potere del peccato e della morte.

Maria, nel cui grembo verginale Dio si è fatto uomo, è nostra Madre! Dall'alto della croce infatti, Gesù, prima di portare a compimento il suo sacrificio, ce l'ha donata come madre e a Lei ci ha affidati come suoi figli. Mistero di misericordia e di amore, dono che arricchisce la Chiesa di una feconda maternità spirituale. Volgiamo soprattutto quest'oggi il nostro sguardo verso di Lei, cari fratelli e sorelle, e, implorando il suo aiuto, disponiamoci a far tesoro di ogni suo materno insegnamento.

Questa nostra celeste Madre non ci invita forse a fuggire il male e a compiere il bene seguendo docilmente la legge divina iscritta nel cuore di ogni cristiano? Lei, che ha conservata la speranza pur nel sommo della prova, non ci chiede forse di non perderci d'animo quando la sofferenza e la morte bussano alla porta delle nostre case? non ci chiede di guardare fiduciosi al nostro futuro? Non ci esorta la Vergine Immacolata ad essere fratelli gli uni degli altri, tutti accomunati dall'impegno di costruire insieme un mondo più giusto, solidale e pacifico?

Sì, cari amici! Ancora una volta, in questo giorno solenne, la Chiesa addita al mondo Maria come segno di sicura speranza e di definitiva vittoria del bene sul male. Colei che invochiamo "piena di grazia" ci ricorda che siamo tutti fratelli e che Dio è il nostro Creatore e il nostro Padre. Senza di Lui, o ancor peggio contro di Lui, noi uomini non potremo mai trovare la strada che conduce all'amore, non potremo mai sconfiggere il potere dell'odio e della violenza, non potremo mai costruire una stabile pace.

Accolgano gli uomini di ogni nazione e cultura questo messaggio di luce e di speranza: lo accolgano come dono dalle mani di Maria, Madre dell'intera umanità. Se la vita è un cammino, e questo cammino si fa spesso buio, duro e faticoso, quale stella potrà illuminarlo? Nella mia Enciclica Spe salvi, resa pubblica all'inizio dell'Avvento, ho scritto che la Chiesa guarda a Maria e la invoca come "stella della speranza" (n. 49).

Nel nostro comune viaggio sul mare della storia abbiamo bisogno di "luci di speranza", di persone cioè che traggono luce da Cristo "ed offrono così orientamento per la nostra traversata" (ibid.). E chi meglio di Maria può essere per noi "Stella di speranza"? Lei, con il suo "sì", con l'offerta generosa della libertà ricevuta dal Creatore, ha consentito alla speranza dei millenni di diventare realtà, di entrare in questo mondo e nella sua storia. Per mezzo suo Dio si è fatto carne, è divenuto uno di noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi.

Per questo, animati da filiale confidenza, Le diciamo: "Insegnaci, Maria, a credere, a sperare e ad amare con Te; indicaci la via che conduce alla pace, la via verso il regno di Gesù. Tu, Stella della speranza, che trepidante ci attendi nella luce intramontabile dell'eterna Patria, brilla su di noi e guidaci nelle vicende di ogni giorno, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen!".

[© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana]
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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 12/12/2007 11.43
Statua dell'Immacolata in Piazza di Spagna

Pochi forse lo sanno ma....il monumento in piazza di Spagna è opera di Luigi Poletti e venne inaugurato da Papa Pio IX l’8 dicembre 1857, fu fatto erigere dallo stesso Pontefice per ricordare la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854.


La colonna, alta quasi 12 metri, e sormontata da una statua della Vergine in ottone e bronzo, creata dall’artista Giuseppe Obici, fu rinvenuta nel 1777 nel monastero di Santa Maria in Campo Marzio, durante una campagna di scavi archeologici.

Piazza Mignanelli sporge ad angolo retto nell'ultimo angusto tratto di Piazza di Spagna proprio di fronte al palazzo di Spagna. In questa fotografia (qui sopra nell'ovale), a destra, si vede questo palazzo che era ed è ancora la residenza dell'ambasciata spagnola presso il Vaticano.

Una curiosità.....

Nel mezzo della piazza c'è la colonna dell'Immacolata Concezione e dietro c'è il palazzo di Propaganda Fide, un'opera del Bernini e del Borromini. Il collegio di Propaganda Fide fu fondato nel 1622 come una Università internazionale per missionari, per diffondere la Fede Cattolica.
Al tempo di Pio IX, l'istituto sovrintendeva anche alla censura su tutti i periodici stranieri, prima della loro legale distribuzione in Roma.
Vilhelm Bergsoe suggerisce che l'importanza di Piazza Mignanelli era nel fatto che possedeva l'unico negozio dove si poteva comprare del tabacco estero; infatti il magazzino apparteneva al Vaticano.....


La maggior parte dei turisti che visita quella Piazza, si ferma solitamente alla scalinata al cui vertice c'è per altro la bellissima Chiesa Trinità dè Monti....



Roma è tutta così.....è una bellezza derivante soprattutto DALLA DEVOZIONE CRISTIANA del popolo....

I Vigili del Fuoco ogni anno, per l'8 Dicembre, pongono nelle mani dell'Immacolata una corona di fiori in segno di venerazione e di ringraziamento per la sua materna protezione su Roma



L'Immacolata così è entrata nel cuore di ogni credente...




Pio XII prese la tradizione di mandare ogni 8 Dicembre dei fiori all'Immacolata e Papa Giovanni XXIII fu il primo a recarsi in una sorta di pellegrinaggio ai piedi della statua, da allora ogni Pontefice vi si reca per lasciare li la supplica della Chiesa.....

OMAGGIO DEL SANTO PADRE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA
PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II
Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Mercoledì, 8 dicembre 2004


1. Vergine Immacolata!
Ancora una volta siamo qui ad onorarTi,
ai piedi di questa colonna,
dalla quale Tu vegli con amore
su Roma e sul mondo intero,
da quando, cento cinquant’anni or sono,
il beato Pio IX proclamò,
quale verità della fede cattolica,
la tua preservazione da ogni macchia di peccato,
in previsione della morte e risurrezione
del tuo Figlio Gesù Cristo.

2. Vergine Immacolata!
La tua intatta bellezza spirituale
è per noi sorgente viva di fiducia e di speranza.
AverTi per Madre, Vergine Santa,
ci rassicura nel cammino della vita
quale pegno di eterna salvezza.
Per questo a Te, o Maria,
fiduciosi ricorriamo.
Aiutaci a costruire un mondo
dove la vita dell’uomo sia sempre amata e difesa,
ogni forma di violenza bandita,
la pace da tutti tenacemente ricercata.

3. Vergine Immacolata!
In questo Anno dell’Eucaristia,
donaci di celebrare e adorare
con fede rinnovata e ardente amore
il santo mistero del Corpo e Sangue di Cristo.
Alla tua scuola, o Donna eucaristica,
insegnaci a far memoria delle meravigliose opere
che Dio non cessa di compiere nel cuore degli uomini.
Con premura materna, Vergine Maria,
guida sempre i nostri passi sulle vie del bene.

Amen!




(l'attesa dei fedeli all'arrivo del Papa)



In occasione dell'omaggio alla Vergine in piazza di Spagna a Roma, per la festa dell'Immacolata di oggi, Benedetto XVI ha spiegato che la famiglia umana puo' raccogliersi 'attorno ad una Madre che ha condiviso le quotidiane fatiche di ogni donna e mamma'. 'Senza Dio - ha aggiunto - noi uomini non potremo mai trovare la strada che conduce all'amore'.


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07/12/2008 15:25
 
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L'Apocalisse commentata da Don Dolindo Ruotolo

Il ruolo di Maria, Donna vestita di Sole, negli Ultimi Tempi



CAPITOLO XII



La donna vestita di sole coronata di dodici stelle, e con la luna sotto i piedi.

[...] La medaglia miracolosa, Lourdes, Fatima, hanno mostrato alle anime il grande portento di Dio, Maria SS. Immacolata, la donna vestita di sole e coronata di stelle per eccellenza. Il giorno di Dio si avanza a grandi passi, ma l’aurora di questo giorno mentre ha zone di luce, ha anche zone di caligine e di tenebre, come le ha l’aurora del giorno terreno.

Non possiamo perciò terminare questo capitolo senza fermarci a considerare almeno per poco Maria SS., grande portento di Dio, e donna vestita di sole e coronata di stelle. Non credi tu dice S. Bernardo, che Maria è la donna vestita di sole? Essa è vestita di sole perché penetrò l’abisso profondissimo della divina Sapienza oltre ogni immaginazione. I profeti furono semplicemente purificati nelle loro labbra dal fuoco celeste, ma Maria meritò di esserne da ogni parte avvolta e come chiusa. Essa è un grande portento, perché, come dice S. Bonaventura, Essa è colei, più grande della quale Dio non avrebbe potuto creare. Avrebbe potuto fare un mondo più grande, un cielo più grande, ma non avrebbe potuto fare una madre più grande della Madre di Dio. È questa maternità divina che la riveste di sole, e perciò S. Bernardo rivolto alla Vergine SS. esclama: In te rimane Gesù Cristo che è sole, e tu in Lui. Tu lo rivesti e sei vestita da Lui. Lo rivesti della sostanza della carne, ed Egli ti veste della gloria della sua maestà. Riveste il sole con la nube e tu stessa sei vestita dal sole.

Maria SS. ha sotto i piedi la luna perché è dominatrice dei tempi, e tutte le età la chiamano beata; è coronata di stelle perché rifulge delle grazie degli Angeli, degli Apostoli e dei Santi in altissimo grado, ed è tutta illuminata dai suoi incomparabili privilegi e dalle sue virtù. Rifulgono in Lei la fede, la speranza, la carità, la religione, l’umiltà, la verginità, la fortezza, la povertà, la carità fraterna, l’obbedienza, la misericordia e la modestia, ed Essa rifulge, come dice S. Bernardo nella sua concezione immacolata, nell’angelico saluto, nella infusione dello Spirito Santo, nella divina maternità, nella incomparabile verginità, nella fecondità senza corruzione, nella gravidanza divina senza gravame alcuno, nel parto senza dolore, nel pudore dolcissimo, nell’umiltà devotissima, nella grandezza della fede, nel martirio del cuore.

Maria SS. è la madre della Chiesa, e genera continuamente i figli della grazia, il Corpo mistico di Gesù Cristo, come ne generò il Corpo reale. Essa è quindi la donna vestita di sole che si travaglia per dare alla luce i figli di Dio, e che combatte contro il dragone infernale perché sia tutelata la loro vita soprannaturale. Essa sostiene la Chiesa nei suoi combattimenti più aspri, e si leva trionfante nel cielo con fulgori di gloria novella, ogni volta che dall’inferno si levano contro la Chiesa novelle insidie. Il suo travaglio non è dolore di parto materiale ma è sollecitudine materna, amorosissima, per la quale essa diventa quasi novellamente pellegrina sulla terra, discende a noi, si mostra nel cielo della Chiesa nei fulgori della sua immacolata grandezza, e porta una novella vita alle anime disorientate, generando novellamente quasi il Corpo mistico del Redentore.

Questa sublime maternità di Maria si afferma specialmente quando il dragone infernale trae con la sua coda la terza parte delle stelle del cielo, cioè quando con le sue insidie disorienta quelli che debbono insegnare nella Chiesa la verità e debbono rifulgere nel suo cielo come stelle che orientano il cammino delle anime.



Maria si manifesta nei periodi delle più pericolose eresie

Nell’epoca delle più pericolose eresie Maria si manifesta, scende novellamente in terra, illumina la Chiesa di novello splendore di fede, ed è veramente per Essa la donna vestita di sole.

Non esitiamo perciò a confermare che la donna vestita di sole vista da S. Giovanni immediatamente prima della lotta dell’anticristo, rappresenti anche nel senso letterale Maria SS. rifulgente nella Chiesa di novello splendore per generare a Dio gli ultimi Santi, forti nella maschia loro fede, e opporli alla tremenda marea di errori e d’iniquità che l’anticristo lancerà nelle nazioni, provocando in esse un’apostasia più piena. La Chiesa supererà la lotta terribile per Maria, e rifulgerà di fede e dell’altissima sapienza dei suoi novelli apostoli per Maria; sarà donna vestita di sole e coronata di stelle, e avrà sotto i piedi il mondo materiale e temporale, perché Maria rifulgerà in essa nello splendore della sua divina maternità, nella luce dei suoi privilegi e nella corona che la sublimò Regina del cielo e della terra nella sua assunzione.

Forse sarà proprio la definizione dommatica della sua gloriosa assunzione al cielo che la farà apparire al mondo in una gloria novella, proprio quando l’inferno starà per scatenarsi contro la Chiesa per l’ultima lotta. Forse sarà anche, contemporaneamente, qualche novella manifestazione di Maria, precedente o seguente la definizione della Chiesa, come avvenne per l’Immacolato Concepimento. Certo Maria, Madre vera della Chiesa, e non Madre per modo di dire, Madre costituita da Gesù Cristo morente, fu per Essa la donna vestita di sole a cominciare dal Cenacolo, quando lo Spirito Santo discendendo sugli Apostoli costituì la Chiesa nella sua vita soprannaturale anche allora, in maniera mirabile.

Maria fu la donna vestita di sole, per la grazia dello Spirito Santo che tutta l’arricchì, coronata di dodici stelle per gli Apostoli che le stanno intorno, e avente la luna sotto i piedi perché dominava in quel momento i tempi del mondo, segnando con le sue materne cure quelli di Dio; anche allora la Chiesa fu ugualmente vestita di sole per la grazia dello Spirito Santo, coronata di dodici stelle per gli Apostoli che ne erano lo splendore, e che dovevano propagarne la dottrina, e avente la luna sotto i piedi perché dominatrice dei tempi e delle vicende terrene; anche allora Maria e la Chiesa formavano un unico simbolo e un’unica visione di maternità amorosissima, un’unica forza opposta alle forze dell’inferno. Sempre cosi fu nei secoli, ed è logico supporre anzi credere che così sarà al chiudersi della vita della Chiesa su questa terra.

Dal Cenacolo la Chiesa mosse per le prime battaglie del suo mortale cammino con Maria e per Maria, vestita di sole, coronata di dodici stelle e dominante i tempi; con Maria e per Maria giungerà al traguardo dei secoli per l’ultima lotta e per l’ultimo trionfo, che si muterà in trionfo eterno. Sarà vestita di sole per le grazie che la inonderanno, e per la grande fede che tutta l’animerà; sarà coronata di dodici stelle, perché una, apostolica e cattolica, non avrà perduto alcuna delle sue note, tutta santa per la vita ricevuta da Maria e per Maria attraverso gli Apostoli. Avrà sotto i piedi le misere e mutabili cose del tempo, figurate dalla luna, e darà a Dio integro, forte e santo il popolo dell’eterno trionfo. Maria sarà con lei in una maniera tanto piena e grande, che la Chiesa sarà Mariana, per cosi dire, vivendo di Gesù e per Gesù nella gloria e nella maternità di Maria.



Maria sarà glorificata in maniera singolarissima proprio quando « maestri » e « dottori » cadranno in diabolici errori

Questa ultima e straordinaria manifestazione della gloria e della potenza di Maria avverrà proprio quando l’infernale dragone trarrà con la coda la terza parte delle stelle del cielo, e le precipiterà sulla terra. Stelle del cielo che cantano la divina gloria sono i dottori, secondo lo spirito liturgico della Chiesa, poiché essi rifulgono nel firmamento spirituale, lo illuminano come tremule luci, per la limitazione del pensiero umano, e cantano le grandezze di Dio come le stelle, perché con la loro dottrina ne mostrano e ne fanno intuire la magnificenza. Queste stelle sono tratte dal cielo della soprannaturale dottrina, quando satana con le insidie della falsa scienza, del modernismo, della critica, del razionalismo e dello scientificismo li precipita sulla terra facendo loro vedere le cose da un punto di vista unicamente terreno, inaridendone lo spirito, e facendoli precipitare in mille errori.

Maria, debellatrice di tutte le eresie, sarà glorificata nella Chiesa in maniera singolarissima proprio quando i suoi maestri e dottori saranno maggiormente disorientati dallo spirito satanico, e cadranno in molti insidiosissimi errori, lusingandosi di portare nell’insegnamento della Chiesa una nota di modernità e di scienza, che viceversa sarà una nota di materialità tutta terrena, che sfigurerà gl’ineffabili tesori della dottrina della Chiesa.

Questo tristissimo ed esiziale fenomeno lo abbiamo già visto col modernismo, il razionalismo e lo scientificismo, e dolorosamente lo vediamo crescere e non diminuire per opera di pochi orgogliosi, che, gonfi della loro effimera erudizione o dottrina, svalutano col più balordo dei disprezzi tutto quello che i veri luminari della Chiesa, i Padri e i Santi Dottori, hanno insegnato nel corso dei secoli. Questa insidiosa eresia, somma e colmo di tutte le eresie, sarà debellata completamente quando Maria sarà glorificata novellamente nella Chiesa, e quando la devozione verso di Lei assunta in Cielo riporterà novellamente nel cielo e nel fulgore soprannaturale le profumate dottrine. Maria allora, in mezzo alla generale apostasia, genererà novellamente Gesù Cristo nelle anime, e promulgherà il regno del suo trionfante amore nel regno della propria regalità materna.

Questo noi lo invochiamo con calde preghiere, e lo aspettiamo con fervida attesa, poiché è innegabile che, come disse già fin dal 1929 Pio XI, si scorgono segni di un vero orientamento nell’esegesi biblica moderna, disorientamento che oggi è immensamente cresciuto, e che è stato ed è la vera ed ultima causa del decadimento cristiano. Solo Maria può vincere questa terribile insidia dell’inferno, e solo Maria la vincerà in una novella gloria che la mostrerà nella Chiesa vestita del sole dell’eterna sua gloria, e coronata delle stelle della sua materna regalità, forse precisamente nella definizione dommatica della sua assunzione al cielo.

L’ordine stesso col quale S. Giovanni predice gli avvenimenti futuri rafforza questa grande speranza, che è la speranza della Chiesa: si apre il settimo sigillo, e il suono delle trombe di sette Angeli annunzia le tribolazioni che gradatamente colpiranno la terra peccatrice. Flagelli sulla terra, nel mare, nelle fonti, nel firmamento (cap. VIII). Poi flagelli più grandi: lo sconvolgimento dei popoli, le guerre terribili e sterminatrici con le misteriose cavallette e la misteriosa cavalleria (cap. IX). San Giovanni allora vede un libro ed ha ordine di farne suo nutrimento, perché possa ancora profetizzare a molte genti, ai popoli e ai Re (cap. X).

Questo libro misterioso che sta tra questi avvenimenti, e che è dolce ed amaro, è la parola di Dio, e sopra tutto la Sacra Scrittura, riportata alla Chiesa da un Angelo, cioè da un messaggero di Dio, perché ridiventi cibo suo. Dolcezza di sapore e amarezza di digestione e di assorbimento caratterizzano questo libro, per la gioia con la quale è ricevuto e per le amarezze della lotta che ad esso si fa quando dalla sfera privata passa nel seno della Chiesa. Il libro è divorato da S. Giovanni che rappresenta la Chiesa, sparisce divorato da una condanna della Chiesa, che nel digerirlo lo trova amaro. S. Giovanni non dice più nulla di questo libro misterioso, ma è evidente dalle profezie che seguono quello che intorno ad esso, per così dire, si centralizza.

Il libro, pur essendo stato divorato, ed essendo stato trovato amaro, non è rigettato. L’amarezza della digestione passa; è assorbito, diventa vita delle anime, suscita una novella vita, ed ecco la misura del Santuario e dell’Altare, e la mancata misura dell’atrio delle genti, cioè ecco una distinzione netta tra veri cristiani e mondani, ecco preparato l’ambiente del Regno di Dio e del trionfo della Chiesa in terra, ecco i due testimoni che lo realizzano con l’attività del loro apostolato.

Suona la settima tromba, perché s’inizia così la settima epoca della vita della Chiesa. S’inizia con un trionfo, e per questo grandi voci dal Cielo e i ventiquattro seniori ringraziano Dio. Il trionfo, è evidente dal contesto, culmina nella gloriosa manifestazione dell’Arca del Testamento (cap. XI) ossia della glorificazione dell’Eucaristia, e per riflesso della glorificazione di Maria, Arca santa e immacolata che ci dette Gesù. Il Regno di Dio in terra, e il trionfo della Chiesa giungono al loro apogeo in una glorificazione più grande di Maria, che ridonderà tutta al trionfo della Chiesa, ed ecco la donna vestita di sole, coronata di stelle, e con la luna sotto i piedi, ecco Maria nello splendore di una nuova corona, ed ecco la Chiesa nel fulgore di una nuova vita.

Il trionfo di Maria e quello della Chiesa servono per la generazione del Redentore nelle anime, non per una semplice parata di gloria, servono per formare il popolo maschio, il forte popolo cristiano degli ultimi tempi, ed ecco il dragone rosso che viene dall’abisso per muovere guerra a Maria ed alla Chiesa, eccolo in piena forza coi suoi satelliti.

Combatte contro S. Michele e i suoi Angeli, è vinto, è relegato interamente sulla terra, e muove per l’ultimo assalto che culminerà poi nella fine del mondo e nel giudizio universale (cap. XII).

Tutti questi avvenimenti, alcuni dei quali sono concomitanti, ci fanno volgere lo sguardo a Maria, e ci fanno sperare, anzi ci danno la sicurezza assoluta che per Lei rifulgerà novellamente sulla terra la gloria di Dio, per Lei sarà schiacciata l’eresia moderna, per Lei la Chiesa trionferà anche sulla terra.

Nel giorno del giudizio il portento di Dio, Maria, e la Chiesa, portento autentico di grazie e di misericordie, appariranno novellamente nel Cielo, Maria come Regina di gloria accanto al Re trionfante, la Chiesa come celeste Gerusalemme, sposa abbigliata per il suo diletto. Tutta l’umanità vedrà la donna, la Signora, la Regina vestita di sole, del Sole Divino che in Lei s’incarnò, e vedrà in lei la suprema bellezza della Chiesa, poiché Essa ne fu il modello più completo e la Madre; Essa fu la città di Dio, città tutta santa, il cui Tempio fu il suo Cuore Immacolato e la sua anima benedetta e santissima. Ci sarà anche il dragone, ma definitivamente schiacciato sotto i piedi di Lei; il tempo e i secoli passati saranno come lo sgabello della sua gloria, come pallida luna sulla quale Essa s’innalzerà, Essa che sarà tutta ammantata dal Sole Eterno. La storia dell’umanità chiuderà così il suo circolo, i cui estremi si toccheranno, poiché cominciò nell’Eden con la donna e il dragone che la vinse, e terminerà con Maria e il dragone sconfitto da lei.



Da "La Sacra Scrittura - L'Apocalisse" di Don Dolindo Ruotolo, pagg. 365-371 (pubblicato nel 1974 con Imprimatur di Mons. Vittorio. M. Costantini, Vescovo di Sessa Aurunca)




(La Mitria qui indossata da Benedetto XVI, venne donata al Papa Pio IX per la proclamazione, nel 1854, del Dogma dell'Immacolata, esso insegna che “La beatissima vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale” (Bolla Ineffabilis Deus).
[Modificato da Caterina63 24/08/2012 23:59]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/08/2012 00:00
 
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«La verginità è entrata nel mondo per Maria»


Così Pio XII nell’enciclica Sacra virginitas.Ricorrendo il cinquantesimo anniversario del documento sulla verginità consacrata pubblichiamo alcuni brani di Padri della Chiesa citati dal Papa


di Lorenzo Bianchi


Alcune miniature tratte dalle Très belles heures 
de Notre Dame, uno dei tre volumi in cui è diviso il manoscritto Très belles Heures du duc de Berry, XV secolo, Biblioteca Nazionale di Parigi. Qui, l’Annunciazione; di seguito la Visitazione e la Natività

Alcune miniature tratte dalle Très belles heures de Notre Dame, uno dei tre volumi in cui è diviso il manoscritto Très belles Heures du duc de Berry, XV secolo, Biblioteca Nazionale di Parigi. Qui, l’Annunciazione; di seguito la Visitazione e la Natività

«La sacra verginità e la castità perfetta consacrata al servizio di Dio sono certamente, per la Chiesa, tra i tesori più preziosi che il suo Autore le abbia lasciato, come in eredità. Per questo motivo i santi Padri sottolineavano che la verginità perpetua è un bene eccelso di carattere essenzialmente cristiano. [...] I santi Padri – come Cipriano, Atanasio, Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Girolamo e Agostino e non pochi altri – nei loro scritti celebrarono la verginità con altissimi elogi. Questa dottrina dei santi Padri, arricchita nel corso dei secoli dai dottori della Chiesa e dai maestri dell’ascetica cristiana, influisce certo molto tra i cristiani d’ambo i sessi nel suscitare e confermare il proposito di consacrarsi a Dio con la perfetta castità e di perseverare in essa fino alla morte» (Sacra virginitas, 1.3).
Cinquant’anni fa, il 25 marzo 1954, nella festa dell’Annunciazione, papa Pio XII pubblicava, nel sedicesimo anno del suo pontificato, la lettera enciclica Sacra virginitas (“La verginità consacrata”). Essa si divide, dopo l’introduzione, in tre grandi capitoli: “L’insegnamento della Chiesa”, “La ragionevolezza della verginità”, “La pratica della verginità”, seguiti da una conclusione in cui si fa cenno alla diminuzione delle vocazioni e alle persecuzioni subite dalle persone consacrate a Dio. Si tratta dell’ultima, in ordine cronologico, fra le cinque più importanti encicliche di Pio XII, dopo la Mystici Corporis (“Sul Corpo mistico di Gesù Cristo e sulla nostra unione in esso con Cristo”), del 29 giugno 1943; la Divino afflante Spiritu (“Sul modo più opportuno di promuovere gli studi biblici), del 30 settembre 1943; la Mediator Dei (“Sulla sacra liturgia”), del 20 novembre 1947; e la Humani generis (“Circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica”), del 12 agosto 1950.
Ripercorriamo qui di seguito l’enciclica di Pio XII Sacra virginitas attraverso alcune citazioni dagli scritti dei Padri della Chiesa nominati dal Papa, introdotte dalle parole dell’enciclica e raggruppate per autore in ordine cronologico: Cipriano, vescovo di Cartagine, dove subì il martirio il 14 settembre 258; Atanasio, vescovo di Alessandria, dove morì il 2 maggio 373; Ambrogio, vescovo di Milano, morto il 4 aprile 397; e infine Agostino, vescovo di Ippona, dove morì il 28 agosto 430.



Cipriano

Tutte le citazioni di Cipriano utilizzate da Pio XII, delle quali qui se ne riportano tre, sono tratte dall’opera De habitu virginum, composta nel 249

«I santi Padri esortano le vergini ad amare il loro Sposo divino più di quanto amerebbero il proprio marito»
Sacra virginitas, 15


«Neque enim inanis haec cautio est et vana formido quae ad salutis viam consulit, quae Dominica et vitalia praecepta custodit, ut quae se Christo dicaverint, et a carnali concupiscentia recedentes tam carne quam mente se Deo voverint, consumment opus suum magno praemio destinatum, nec ornari iam aut placere cuiquam nisi Domino suo studeant, a quo et mercedem virginitatis expectant»

«Non è una inutile precauzione o una paura senza senso quella che ha cura della via della salvezza, e che custodisce i precetti del Signore che danno vita, affinché le vergini che si sono consacrate a Cristo e, abbandonando la concupiscenza della carne, hanno fatto voto di sé a Dio tanto nella carne che nella mente, portino a termine la propria opera destinata ad un grande premio, e non si preoccupino di abbellirsi o di piacere a nessuno se non al loro Signore, dal quale attendono la ricompensa della verginità»
Cipriano, De habitu virginum, 4: PL 4, 443-444


«La verginità è virtù angelica»
Sacra virginitas, 27


«Quod futuri sumus iam vos esse coepistis. Vos resurrectionis gloriam in isto saeculo iam tenetis, per saeculum sine saeculi contagione transitis. Cum castae perseveratis et virgines, angelis Dei estis aequales»
«Quello che noi saremo un giorno, voi già cominciate ad esserlo. Voi fin da questo secolo godete la gloria della risurrezione, passate attraverso il mondo senza contagiarvene. Finché perseverate caste e vergini, siete eguali agli angeli di Dio»
Cipriano, De habitu virginum, 22: PL 4,462



ATANASIO

La citazione di Atanasio qui proposta è tratta dalla Apologia ad Constantium, iniziata nel 353

«La Chiesa cattolica è solita chiamare le vergini spose di Cristo»
Sacra virginitas, 14

«Il Figlio di Dio, nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo, divenuto uomo per noi, ha abolito la morte e liberato il genere umano dalla schiavitù della corruzione. Oltre a tutte queste grazie, ci ha donato di possedere sulla terra un’immagine della santità stessa degli angeli, la verginità. Coloro che fanno professione di questa virtù, la Chiesa cattolica è solita chiamarle spose di Cristo. Gli stessi pagani che le vedono le ammirano come tempio del Verbo; poiché da nessuna parte, in verità, si trova questa venerabile e celeste istituzione se non presso noi cristiani»



AMBROGIO
Numerose sono le citazioni di Ambrogio; quelle qui proposte sono tratte dal De virginibus, opera del 377, e dal De institutione virginis, databile al 392

«La verginità perpetua è un bene eccelso di carattere essenzialmente cristiano e si distingue da quella pagana perché questa ha un carattere temporaneo»
Sacra virginitas,1

«Quis mihi praetendit Vestae virgines et Palladis sacerdotes? Qualis ista est non morum pudicitia, sed annorum: quae non perpetuitate, sed aetate praescribitur! Petulantior est talis integritas, cuius corruptela seniori servatur aetati. Ipsi docent virgines suas non debere perseverare, nec posse, qui virginitati finem dederunt. Qualis autem est illa religio, ubi pudicae adolescentes iubentur esse, impudicae anus?»
«E chi mi vorrà fare l’elogio delle vergini di Vesta e delle sacerdotesse del Palladio? Che pudicizia è questa non di costumi, ma di anni, che non è prescritta per sempre, ma a tempo? È spudorata questa integrità, la cui violazione è riservata ad un’età più matura. Essi, che hanno posto un termine alla verginità, insegnano alle loro vergini che non debbono né possono essere perseveranti. Ma che vincolo santo è quello per il quale le fanciulle sono obbligate ad essere pudiche e le vecchie impudiche?»
Ambrogio, De virginibus, I,4, 15: PL 16,193


«Vi è grande somiglianza, già dall’epoca di Ambrogio, tra il rito della consacrazione delle vergini e quello della benedizione nuziale»
Sacra virginitas,14


«Te quaeso ut tuearis hanc famulam tuam, quae tibi servire, tibi animam suam, tibi integritatis suae studium dicare praesumpsit. Quam sacerdotali munere offero, affectu patrio commendo; ut propitius et praesul conferas ei gratiam, quo coelestium thalamorum immorantem adytis Sponsum excutiat, mereatur videre, introducatur in cubiculum Dei sui regis: mereatur audire dicentem sibi: “Ades huc a Libano, Sponsa, ades huc a Libano; transibis et pertransibis a principio fidei” (Ct 4, 8); ut transeat saeculum, ad illa aeterna pertranseat. [...] Egredere itaque tu, Domine Iesu, in die sponsalium tuorum, suscipe iamdudum devotam tibi spiritu, nunc etiam professione»
«Ti supplico perché protegga questa tua ancella, che ha osato mettersi al tuo servizio, consacrarti la sua anima e dedicarti la volontà della sua integrità. Te la offro come sacerdote. Te la raccomando con affetto paterno, affinché tu, benevolo protettore, le doni la grazia di poter svegliare lo Sposo che dimora nelle stanze dei talami celesti, di meritare di vederlo, di essere introdotta nella stanza di Dio suo re, e di meritare di ascoltarlo che le dice: “Vieni qui dal Libano, o sposa, vieni qui dal Libano; dal principio della fede attraverserai e raggiungerai” (Ct 4, 8), cosicché attraversi il mondo e raggiunga l’eternità. [...] Esci dunque tu, o Signore Gesù, nel giorno delle tue nozze, accogli colei che da tempo ti è devota in spirito, ora anche con la professione»
Ambrogio, De institutione virginis, 17, 107.114: PL 16, 331.334

«Ma per custodire illibata e perfezionare la castità, esiste un mezzo la cui meravigliosa efficacia è confermata dalla ripetuta esperienza dei secoli: e cioè una devozione solida e ardentissima verso la vergine Madre di Dio. Ella, secondo la parola di sant’Ambrogio, è “la maestra della verginità” e la madre potentissima soprattutto delle anime consacrate
al servizio di Dio»

Sacra virginitas, 58

«Et quae esset, cui maius quam matri Dominus meritum reponeret, praemium reservaret? Nulli enim uberiora quam virginitati deputavit munera [...]. Aliis promittit ut non deficiant: matrem suam deficere patiebatur? Sed non deficit Maria, non deficit virginitatis magistra; nec fieri poterat ut quae Deum portaverat, portandum hominem arbitraretur»

«E a chi il Signore avrebbe dovuto attribuire maggior merito, riservare maggior premio che alla propria madre? Infatti a nessuno ha destinato doni più ricchi di quelli dati alla verginità di Maria [...]. Agli altri promette che non verranno meno: poteva forse tollerare che venisse meno sua madre? Ma Maria non viene meno, non viene meno la maestra di verginità; e non poteva accadere che colei che aveva portato Dio nel suo grembo, pensasse di portarvi un uomo»
Ambrogio, De institutione virginis, 6, 45: PL 16, 317

«Cuius tanta gratia, ut non solum in se virginitatis gratiam reservaret, sed etiam his quos viseret integritatis insigne conferret»
«Tanto grande fu la grazia di Maria, che ella non riservava solo per sé il dono della verginità, ma anche a quelli che vedeva conferiva l’ornamento dell’integrità»
Ambrogio, De institutione virginis, 7, 50: PL 16, 319

«La fedeltà delle vergini al loro Sposo divino dipende dalla preghiera» Sacra virginitas,56


«Oratio quoque nos Deo crebra commendet. Si enim propheta dicit: “Septies in die laudem dixi tibi” (Sal 118 [119], 164), qui regni erat necessitatibus occupatus; quid nos facere oportet, qui legimus: “Vigilate et orate, ne intretis in tentationem” (Mt 26, 41)? Certe solemnes orationes cum gratiarum actione sunt deferendae, cum e somno surgimus, cum prodimus, cum cibum paramus sumere, cum sumpserimus, et hora incensi, cum denique cubitum pergimus. Sed etiam in ipso cubili volo psalmos cum oratione Dominica frequenti contexas vice, vel cum evigilaveris, vel antequam corpus sopor irriget; ut te in ipso quietis exordio rerum saecularium cura liberam, divina meditantem somnus inveniat. Denique etiam qui primus philosophiae ipsius nomen invenit, quotidie priusquam cubitum iret, tibicinem iubebat molliora canere, ut anxia curis saecularibus corda mulceret. Sed ille, sicut is qui laterem lavat, saecularia saecularibus frustra cupiebat abolere; magis enim se oblinibat luto, qui remedium a voluptate quaerebat: nos autem terrenorum vitiorum colluvione detersa, ab omni inquinamento carnis mentium interna mundemus. Symbolum quoque specialiter debemus tamquam nostri signaculum cordis antelucanis horis quotidie recensere: quo etiam cum horremus aliquid, animo recurrendum est. Quando enim sine militiae sacramento, miles in tentorio, bellator in praelio?»
«Anche l’orazione frequente ci raccomandi a Dio. Infatti, se il profeta dice: “Sette volte al giorno sono solito rivolgerti la lode” (Sal 118 [119], 164), lui che era preso dalle cure del regno, che cosa dobbiamo fare noi, che leggiamo: “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione” (Mt 26, 41)? Certamente preghiere solenni con rendimento di grazie devono essere elevate quando ci svegliamo, quando usciamo, quando ci prepariamo a prendere il cibo, dopo aver mangiato e sul far della sera, infine quando andiamo a dormire. Ma voglio che anche nel letto tu intrecci ripetutamente i salmi alternandoli con l’orazione del Signore, sia quando vegli, sia prima che il sonno distenda il corpo, affinché il sonno ti trovi, all’inizio del tuo riposo, libera dalle preoccupazioni mondane, mentre mediti le cose di Dio. E infatti anche colui che per primo inventò il termine “filosofia” [Pitagora], ogni giorno, prima di andare a letto, ordinava al flautista di suonare musiche dolci, per dare sollievo al cuore oppresso dalle preoccupazioni mondane. Ma quello, come colui che lava un mattone [cioè che fa un lavoro inutile], invano voleva eliminare cose mondane con strumenti mondani; poiché cercando rimedio nel piacere, ancor più si macchiava di fango. Noi, invece, dopo aver lavato ogni sozzura di vizi terreni, purifichiamo le menti nell’intimo da ogni contaminazione della carne. Dobbiamo, in particolar modo, ogni giorno, prima dell’alba, recitare anche la professione di fede come fosse il sigillo del nostro cuore, alla quale dobbiamo far ricorso con coraggio anche quando qualcosa ci spaventa. Quando mai infatti un soldato si trova nella tenda, un combattente in battaglia senza aver fatto il giuramento militare?»
Ambrogio, De virginibus, III, 4, 18-20: PL 16, 225



AGOSTINO
Le due citazioni di Agostino qui proposte, fra le numerose che ricorrono nell’enciclica, sono tratte dalle Epistolae e dall’opera
De sancta virginitate, scritta nel 401

«Tutti i santi e le sante hanno sempre considerato la fuga e l’attenta vigilanza per allontanare con diligenza ogni occasione di peccato come mezzo migliore
per vincere in questa materia»

Sacra virginitas
,49


«Nec dicatis vos habere animos pudicos, si habeatis oculos impudicos: quia impudicus oculus impudici cordis est nuntius»
«Non dite di avere anime virtuose, se avete occhi impuri, perché l’occhio impuro è indizio di cuore impuro»

Agostino, Epistolae, 211,10: PL 33, 961


«Nessuno forse, meglio di sant’Agostino, ha dimostrato l’importanza dell’umiltà cristiana per salvaguardare la verginità»
Sacra virginitas
,54


«Perpetua continentia, maximeque virginitas, magnum bonum est in sanctis Dei, vigilantissime cavendum est ne superbia corrumpatur. [...] Quod bonum quanto magnum video, tanto ei, ne pereat, furem superbiam pertimesco. Non ergo custodit bonum virginale, nisi Deus ipse qui dedit: et “Deus charitas est” (1Gv 4, 8) . Custos ergo virginitatis charitas: locus autem huius custodis humilitas»
«La perpetua continenza, e molto più la verginità, sono un grande bene nei santi di Dio; ma con somma vigilanza bisogna vegliare che non sia corrotto dalla superbia. [...] Quanto maggiore è il bene che io vedo, tanto più temo che la superbia non lo rapisca. Così il bene della verginità nessuno lo custodisce meglio di Dio che l’ha concesso; e “Dio è carità” (1Gv 4,8). La custode, quindi, della verginità è la carità, ma l’abitazione di tale custode è l’umiltà»
Agostino, De sancta virginitate, 33.51: PL 40, 415.426


[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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