A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Benedetto XVI spiega il Primato Petrino

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2013 22:06
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
26/11/2008 12:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

<< Ricordo, in particolare, l'allora giovanissimo professor Ratzinger. Accompagnava al Concilio il cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, in qualità di esperto di teologia. Fu successivamente nominato arcivescovo di Monaco da papa Paolo VI, che lo creò cardinale, e partecipò al Conclave che mi affidò il ministero petrino. Quando morì il cardinale Franjo Seper, gli chiesi di succedergli nell'incarico di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Rendo grazie a Dio per la presenza e l'aiuto del cardinale Ratzinger, che è un amico fidato... >>

(Giovanni Paolo II, "Alzatevi, andiamo!", Mondadori 2004)




CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 29.06.2006

Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Concelebrazione dell’Eucaristia con 27 Arcivescovi Metropoliti ai quali, nel corso del Sacro Rito, impone i Palli presi dalla Confessione di San Pietro.

Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidata da Sua Em.za Ioannis (Zizioulas), Metropolita di Pergamo e Presidente della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi e composta anche da S.E. Kallistos (Timothy Ware), Vescovo di Diokleia, Assistente dell’Arcivescovo di Thyateira e Gran Bretagna, e dal Rev. Archimandrita Dionysius Papavasileiou.

Dopo la lettura del Vangelo e prima del Rito di benedizione e imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa tiene l’omelia. Ne riportiamo di seguito il testo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

"Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa" (Mt 16, 1Cool. Che cosa dice propriamente il Signore a Pietro con queste parole? Quale promessa gli fa con esse e quale incarico gli affida? E che cosa dice a noi – al Vescovo di Roma, che siede sulla cattedra di Pietro, e alla Chiesa di oggi? Se vogliamo comprendere il significato delle parole di Gesù, è utile ricordarsi che i Vangeli ci raccontano di tre situazioni diverse in cui il Signore, ogni volta in un modo particolare, trasmette a Pietro il compito che gli sarà proprio. Si tratta sempre dello stesso compito, ma dalla diversità delle situazioni e delle immagini usate diventa più chiaro per noi che cosa in esso interessava ed interessa al Signore.

Nel Vangelo di san Matteo che abbiamo ascoltato poco fa, Pietro rende la propria confessione a Gesù riconoscendolo come Messia e Figlio di Dio. In base a ciò gli viene conferito il suo particolare compito mediante tre immagini: quella della roccia che diventa pietra di fondamento o pietra angolare, quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere. In questo momento non intendo interpretare ancora una volta queste tre immagini che la Chiesa, nel corso dei secoli, ha spiegato sempre di nuovo; vorrei piuttosto richiamare l'attenzione sul luogo geografico e sul contesto cronologico di queste parole.

La promessa avviene presso le fonti del Giordano, alla frontiera della terra giudaica, sul confine verso il mondo pagano. Il momento della promessa segna una svolta decisiva nel cammino di Gesù: ora il Signore s'incammina verso Gerusalemme e, per la prima volta, dice ai discepoli che questo cammino verso la Città Santa è il cammino verso la Croce: "Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno" (Mt 16, 21). Ambedue le cose vanno insieme e determinano il luogo interiore del Primato, anzi della Chiesa in genere: continuamente il Signore è in cammino verso la Croce, verso la bassezza del servo di Dio sofferente e ucciso, ma al contempo è sempre anche in cammino verso la vastità del mondo, nella quale Egli ci precede come Risorto, perché nel mondo rifulga la luce della sua parola e la presenza del suo amore; è in cammino perché mediante Lui, il Cristo crocifisso e risorto, arrivi nel mondo Dio stesso. In questo senso Pietro, nella sua Prima Lettera, si qualifica "testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi" (5, 1).

Per la Chiesa il Venerdì Santo e la Pasqua esistono sempre insieme; essa è sempre sia il grano di senapa sia l'albero fra i cui rami gli uccelli del cielo si annidano. La Chiesa – ed in essa Cristo – soffre anche oggi. In essa Cristo viene sempre di nuovo schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo.

Sempre di nuovo la piccola barca della Chiesa è squassata dal vento delle ideologie, che con le loro acque penetrano in essa e sembrano condannarla all'affondamento. E tuttavia, proprio nella Chiesa sofferente Cristo è vittorioso. Nonostante tutto, la fede in Lui riprende forza sempre di nuovo. Anche oggi il Signore comanda alle acque e si dimostra Signore degli elementi. Egli resta nella sua barca, nella navicella della Chiesa.

Così anche nel ministero di Pietro si rivela, da una parte, la debolezza di ciò che è proprio dell'uomo, ma insieme anche la forza di Dio: proprio nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza; dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa.

Rivolgiamoci ora al Vangelo di san Luca che ci racconta come il Signore, durante l'Ultima Cena, conferisce nuovamente un compito speciale a Pietro (cfr Lc 22, 31-33). Questa volta le parole di Gesù rivolte a Simone si trovano immediatamente dopo l'istituzione della Santissima Eucaristia. Il Signore si è appena donato ai suoi, sotto le specie del pane e del vino. Possiamo vedere nell'istituzione dell'Eucaristia il vero e proprio atto fondativo della Chiesa. Attraverso l'Eucaristia il Signore dona ai suoi non solo se stesso, ma anche la realtà di una nuova comunione tra di loro che si prolunga nei tempi "finché Egli venga" (cfr 1Cor 11, 26).

Mediante l'Eucaristia i discepoli diventano la sua casa vivente che, lungo la storia, cresce come il nuovo e vivente tempio di Dio in questo mondo. E così Gesù, subito dopo l'istituzione del Sacramento, parla di ciò che l'essere discepoli, il "ministero", significa nella nuova comunità: dice che esso è un impegno di servizio, così come Egli stesso si trova in mezzo a loro come Colui che serve. E allora si rivolge a Pietro.

Dice che Satana ha chiesto di poter vagliare i discepoli come il grano. Questo evoca il passo del Libro di Giobbe, in cui Satana chiede a Dio la facoltà di colpire Giobbe. Il diavolo – il calunniatore di Dio e degli uomini – vuole con ciò provare che non esiste una vera religiosità, ma che nell'uomo tutto mira sempre e soltanto all'utilità. Nel caso di Giobbe, Dio concede a Satana la libertà richiesta proprio per poter con ciò difendere la sua creatura, l'uomo, e se stesso. E così avviene anche con i discepoli di Gesù – in tutti i tempi.

A noi tante volte sembra che Dio lasci a Satana troppa libertà; che gli conceda la facoltà di scuoterci in modo troppo terribile; e che questo superi le nostre forze e ci opprima troppo. Sempre di nuovo grideremo a Dio: Ahimè, guarda la miseria dei tuoi discepoli, deh, proteggici! Infatti Gesù continua: "Io ho pregato, che non venga meno la tua fede" (Lc 22, 32). La preghiera di Gesù è il limite posto al potere del maligno. Il pregare di Gesù è la protezione della Chiesa. Possiamo rifugiarci sotto questa protezione, aggrapparci ad essa e di essa essere sicuri. Ma – come ci dice il Vangelo – Gesù prega in modo particolare per Pietro: "…perché non venga meno la tua fede".

Questa preghiera di Gesù è insieme promessa e compito. La preghiera di Gesù tutela la fede di Pietro; quella fede che egli ha confessato a Cesarea di Filippo: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16, 16). Ecco: non lasciare mai che questa fede diventi muta, rinfrancarla sempre di nuovo, proprio anche di fronte alla croce e a tutte le contraddizioni del mondo: questo è il compito di Pietro. Perciò appunto il Signore non prega soltanto per la fede personale di Pietro, ma per la sua fede come servizio agli altri. È proprio questo che Egli intende dire con le parole: "E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22, 32).

"Tu, una volta ravveduto" – questa parola è insieme profezia e promessa. Essa profetizza la debolezza di Simone che, di fronte ad una serva ed un servo, negherà di conoscere Gesù. Attraverso questa caduta Pietro – e con lui la Chiesa di tutti i tempi – deve imparare che la propria forza da sola non è sufficiente per edificare e guidare la Chiesa del Signore. Nessuno ci riesce soltanto da sé. Per quanto Pietro sembri capace e bravo – già nel primo momento della prova fallisce. "Tu, una volta ravveduto" – il Signore, che gli predice la caduta, gli promette anche la conversione: "Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro…" (Lc 22, 61). Lo sguardo di Gesù opera la trasformazione e diventa la salvezza di Pietro: Egli, "uscito, pianse amaramente" (22, 62).

Vogliamo sempre di nuovo implorare questo sguardo salvatore di Gesù: per tutti coloro che, nella Chiesa, portano una responsabilità; per tutti coloro che soffrono delle confusioni di questo tempo; per i grandi e per i piccoli: Signore, guardaci sempre di nuovo e così tiraci su da tutte le nostre cadute e prendici nelle tue mani buone.

Il Signore affida a Pietro il compito per i fratelli attraverso la promessa della sua preghiera. L'incarico di Pietro è ancorato alla preghiera di Gesù. È questo che gli dà la sicurezza del suo perseverare attraverso tutte le miserie umane. E il Signore gli affida questo incarico nel contesto della Cena, in connessione con il dono della Santissima Eucaristia. La Chiesa, nel suo intimo, è comunità eucaristica e così comunione nel Corpo del Signore.

Il compito di Pietro è di presiedere a questa comunione universale; di mantenerla presente nel mondo come unità anche visibile.
Egli, insieme con tutta la Chiesa di Roma, deve – come dice sant'Ignazio di Antiochia – presiedere alla carità: presiedere alla comunità di quell'amore che proviene da Cristo e, sempre di nuovo, oltrepassa i limiti del privato per portare l'amore di Cristo fino ai confini della terra.

Il terzo riferimento al Primato si trova nel Vangelo di san Giovanni (21, 15-19). Il Signore è risorto, e come Risorto affida a Pietro il suo gregge. Anche qui si compenetrano a vicenda la Croce e la Risurrezione. Gesù predice a Pietro che il suo cammino andrà verso la croce. In questa Basilica eretta sopra la tomba di Pietro – una tomba di poveri – vediamo che il Signore proprio così, attraverso la Croce, vince sempre. Il suo potere non è un potere secondo le modalità di questo mondo. È il potere del bene – della verità e dell'amore, che è più forte della morte. Sì, è vera la sua promessa: i poteri della morte, le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa che Egli ha edificato su Pietro (cfr Mt 16, 1Cool e che Egli, proprio in questo modo, continua ad edificare personalmente.

In questa solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo mi rivolgo in modo speciale a voi, cari Metropoliti, venuti da numerosi Paesi del mondo per ricevere il Pallio dal Successore di Pietro. Vi saluto cordialmente insieme a quanti vi hanno accompagnato. Saluto inoltre con particolare gioia la Delegazione del Patriarcato Ecumenico presieduta da Sua Eminenza Joannis Zizioulas, Metropolita di Pergamo, Presidente della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi. Sono grato al Patriarca Bartolomeo I e al Santo Sinodo per questo segno di fraternità, che rende manifesto il desiderio e l'impegno di progredire più speditamente sulla via dell'unità piena che Cristo ha invocato per tutti i suoi discepoli. Noi sentiamo di condividere l'ardente desiderio espresso un giorno dal Patriarca Atenagora e dal Papa Paolo VI: di bere insieme allo stesso Calice e di mangiare insieme il Pane che è il Signore stesso. Imploriamo nuovamente, in questa occasione, che tale dono ci sia concesso presto.

E ringraziamo il Signore di trovarci uniti nella confessione che Pietro a Cesarea di Filippo fece per tutti i discepoli: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Questa confessione vogliamo insieme portare nel mondo di oggi. Ci aiuti il Signore ad essere, proprio in quest'ora della nostra storia, veri testimoni delle sue sofferenze e partecipi della gloria che deve manifestarsi (1Pt 5, 1). Amen!



fonte: www.vatican.va
_________________
"Quanto degna sei d'Amore, o Divina volontà"
(Madre Antonia Lalia)

_________________
Nel Cuore della Chiesa mia Madre, sarò l'Amore
(Santa Teresa del Bambin Gesù)
[Modificato da Caterina63 29/01/2013 11:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
26/11/2008 12:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

CastelGandolfo 24.8.2008


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

La liturgia di questa domenica rivolge a noi cristiani, ma al tempo stesso ad ogni uomo e ogni donna, la duplice domanda che Gesù pose un giorno ai suoi discepoli. Dapprima chiese loro: "La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?". Essi gli risposero che per alcuni del popolo Egli era Giovanni Battista redivivo, per altri Elia, Geremia o qualcuno dei profeti. Allora il Signore interpellò direttamente i Dodici: "Voi chi dite che io sia?". A nome di tutti, con slancio e decisione fu Pietro a prendere la parola: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Solenne professione di fede, che da allora la Chiesa continua a ripetere. Anche noi quest’oggi vogliamo proclamare con intima convinzione: Sì, Gesù, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero "tesoro" per il quale vale la pena di sacrificare tutto; Lui è l’amico che mai ci abbandona, perché conosce le attese più intime del nostro cuore. Gesù è il "Figlio del Dio vivente", il Messia promesso, venuto sulla terra per offrire all’umanità la salvezza e per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano. Quale vantaggio avrebbe l’umanità accogliendo quest’annuncio che porta con sé la gioia e la pace!

"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". A questa ispirata professione di fede da parte di Pietro, Gesù replica: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli". È la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l’attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l’umanità intera in un’unica famiglia. La missione di Pietro, e dei suoi successori, è proprio quella di servire quest’unità dell’unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani; il suo ministero indispensabile è far sì che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente fra gli uomini, segnati da innumerevoli divisioni e contrasti, la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore. Servire dunque l’unità interiore che proviene dalla pace di Dio, l’unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle: ecco la peculiare missione del Papa, Vescovo di Roma e successore di Pietro.

Davanti all’enorme responsabilità di questo compito, avverto sempre di più l’impegno e l’importanza del servizio alla Chiesa e al mondo che il Signore mi ha affidato. Per questo chiedo a voi, cari fratelli e sorelle, di sostenermi con la vostra preghiera, affinché, fedeli a Cristo, possiamo insieme annunciarne e testimoniarne la presenza in questo nostro tempo. Ci ottenga questa grazia Maria, che invochiamo fiduciosi come Madre della Chiesa e Stella dell’Evangelizzazione.

www.vatican.va



[Modificato da Caterina63 29/01/2013 11:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
27/11/2008 00:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

La cattedra del Vescovo di Roma rappresenta, pertanto, non solo il suo servizio alla comunità romana, ma la sua missione di guida dell’intero Popolo di Dio.

Celebrare la “Cattedra” di Pietro significa, perciò, attribuire ad essa un forte significato spirituale e riconoscervi un segno privilegiato dell’amore di Dio, Pastore buono ed eterno, che vuole radunare l’intera sua Chiesa e guidarla sulla via della salvezza. Tra le tante testimonianze dei Padri, mi piace riportare quella di san Girolamo, tratta da una sua lettera scritta al Vescovo di Roma, particolarmente interessante perché fa esplicito riferimento proprio alla “cattedra” di Pietro, presentandola come sicuro approdo di verità e di pace.

Così scrive Girolamo: “Ho deciso di consultare la cattedra di Pietro, dove si trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo. Io non seguo altro primato se non quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa” (Le lettere I, 15,1-2).


(Benedetto XVI -Mercoledì 22.2.2006)
[Modificato da Caterina63 29/01/2013 11:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
16/06/2009 13:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

CHIESA DI OGNI LUOGO E DI OGNI TEMPO

Celebrazione in comunione con il Papa


del cardinale Joseph Ratzinger

(Predica in occasione della domenica per il Papa, 10 luglio 1977, nella Chiesa di San Michele a Monaco di Baviera)

Nella preghiera fondamentale della Chiesa, nell'Eucarestia, il cuore della sua vita non solo si esprime, ma si compie giorno per giorno.
L'Eucarestia ha nel più profondo di sè a che fare solo con Cristo.
Egli prega per noi, pone la sua preghiera sulle nostre labbra, poichè solo lui sa dire: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.

Ci attira dentro la sua vita, nell'atto dell'amore eterno, in cui egli si affida al Padre, così che noi, insieme con lui, consegniamo a nostra volta noi stessi al Padre e, in questo modo, riceviamo in dono proprio Gesù Cristo. L'Eucarestia è quindi sacrificio: affidarsi a Dio in Gesù Cristo e ricevere così in dono il suo amore.
Cristo è lui che dà ed è, allo stesso tempo, il dono: per mezzo di lui, con lui e in lui noi celebriamo l'Eucarestia.

In essa è continuamente presente e vero ciò che dice l'epistola di oggi: Cristo è il capo della Chiesa, che egli acquista mediante il suo sangue.
Allo stesso tempo, in ogni celebrazione eucaristica, seguendo un'antichissima tradizione, diciamo: noi celebriamo insieme al nostro Papa...
Cristo si dà nell'Eucarestia ed è presente tutto intero, in ogni luogo e, per questo, è dovunque presente, là dove viene celebrata l'Eucarestia, il mistero tutto intero della Chiesa.
Ma Cristo è anche in ogni luogo un'unica persona e, per questo, non lo si può ricevere contro gli altri, senza gli altri.

Proprio perchè nell'Eucarestia c'è il Cristo tutto intero, inseparato ed inseparabile, proprio per questo si rende ragione dell'Eucarestia solo se essa è celebrata con tutta la Chiesa.
Noi abbiamo Cristo solo se lo abbiamo insieme con gli altri.
Poichè l'Eucarestia ha a che fare solo con Cristo, essa è il Sacramento della Chiesa.
E per questa stessa ragione essa può essere accostata solo nell'unità con tutta la Chiesa e con la sua Autorità.

Per questo la preghiera per il Papa fa parte del canone eucaristico, della celebrazione eucaristica.
La comunione con lui è la comunione con il tutto, senza la quale non vi è comunione con Cristo.

La preghiera cristiana e l'atto di fede implicano l'ingresso nella totalità, il superamento del proprio limite.
La liturgia non è l'iniziativa organizzativa di un club o di un gruppo di amici; la riceviamo nella totalità e dobbiamo celebrarla a partire da questa totalità e in riferimento ad essa.

Solo allora la nostra fede e la nostra preghiera si pongono in maniera adeguata, quando vivono continuamente in questo atto di superamento di sè, di autoespropriazione, che arriva alla Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi: è questa l'essenza della dimensione cattolica.
Si tratta proprio di questo, quando andiamo al di là della nostra piccola realtà, stabilendo un legame con il Papa ed entrando così nella Chiesa di tutti i popoli.

Da Joseph Ratzinger,
"Il Dio vicino. L'eucaristia cuore della vita cristiana", San Paolo Edizioni 2008 (Pag. 127-128)


Un grazie al Blog di Raffaella per averlo postato

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
25/09/2009 12:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Un brano tratto dalle pag. 47-52 di: Joseph Ratzinger, La Chiesa,

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1992, 2 ed., 146 pagine - ISBN 88-215-2314-4.

www.stpauls.it/libri/scheda.asp?CDUCompleto=226C10





Il principio della successione in generale

Che il Nuovo Testamento, in tutti i suoi grandi filoni di tradizione, conosca il primato di Pietro è incontestabile. La vera difficoltà sorge non appena si pone la seconda domanda: si può fondare l'idea della successione di Pietro? Ancora più ardua è la terza domanda ad essa collegata: si può giustificare in modo credibile la successione romana di Pietro? Per quanto riguarda la prima di queste due questioni dobbiamo anzitutto constatare che nel Nuovo Testamento non c'è un'esplicita affermazione della successione di Pietro. Non ci si deve meravigliare di questo, in quanto i vangeli, così come le grandi epistole paoline, non affrontano il problema di una Chiesa postapostolica; cosa che, del resto, va vista come un segno della fedeltà alla Tradizione da parte dei vangeli.

D'altra parte, nei vangeli è possibile trovare questo problema in un modo indiretto, se si dà ragione al principio metodologico della storia delle forme, secondo cui è stato riconosciuto come facente parte della Tradizione solo quanto nel corrispettivo ambiente della Tradizione venne avvertito come in qualche modo significativo per il presente. Ciò dovrebbe significare, per esempio, che Giovanni, verso la fine del I secolo, cioè quando Pietro era già morto da tempo, non considerò affatto il suo primato come qualcosa di appartenente al passato, ma come qualcosa che restava attuale per la Chiesa. Alcuni credono anzi - forse con un po' troppa fantasia - di poter scorgere nella "concorrenza" tra Pietro e "il discepolo amato da Gesù" un'eco delle tensioni tra la rivendicazione romana del primato e l'autocoscienza delle Chiese dell'Asia Minore. Ciò sarebbe in ogni modo una testimonianza molto precoce, e per di più interna alla Bibbia, del fatto che si riteneva che la linea petrina continuasse in Roma. Tuttavia noi non dobbiamo in alcun modo appoggiarci su ipotesi tanto incerte.

Mi sembra giusta, al contrario, l'idea fondamentale secondo cui le tradizioni neotestamentarie non rispondono mai a un mero interesse di curiosità storica, ma portano in sé la dimensione del presente e in questo senso sottraggono sempre le cose al mero passato, senza per questo cancellare l'autorità speciale dell'origine

Del resto proprio quegli studiosi che negano il principio della successione hanno poi proposto ipotesi di successione. O. Cullmann, ad esempio, si pronunciò con grande chiarezza contro l'idea di successione; riteneva tuttavia di poter dimostrare che Pietro sarebbe stato sostituito da Giacomo e che questi avrebbe esercitato il primato di colui che in precedenza era stato il primo degli apostoli (18). Bultmann, a partire dalla menzione delle tre colonne in Gal 2,9, crede di poter concludere che da una direzione personale si sarebbe passati a una direzione collegiale e che un collegio sarebbe subentrato nella successione di Pietro (19). Non c'è bisogno di discutere queste e altre ipotesi simili; il loro fondamento è piuttosto debole. Tuttavia si dimostra così che l'idea della successione non può essere elusa, se si considera la parola tramandata davvero come uno spazio aperto al futuro.

Negli scritti del Nuovo Testamento che si collocano nel momento del passaggio alla seconda generazione o che ad essa già appartengono - specialmente gli Atti degli apostoli e le lettere pastorali - il principio della successione assume infatti una forma concreta. La concezione protestante secondo cui la "successione" si trova solo nella Parola come tale, ma non in "strutture" di qualsiasi genere, si rivela anacronistica, sulla base della forma effettiva della tradizione neotestamentaria. La Parola è legata ad un testimone, il quale garantisce la sua inequivocabilità, che essa non possiede come mera Parola affidata a se stessa. Il testimone tuttavia non è un individuo che sussiste per se stesso e in se stesso. Egli è tanto poco testimone da se stesso e per la propria capacità di ricordare, quanto poco Simone può essere roccia con le proprie forze.

Egli è testimone non in quanto "carne e sangue", ma attraverso il suo legame con lo Spirito, il Paraclito, che è garante della verità e apre la memoria. È lui che, dal canto suo, unisce il testimone a Cristo. Infatti il Paraclito non parla da se stesso, ma prende dal "suo" (cioè da quello che è di Cristo: Gv 16,13). Tale legame con lo Spirito e col suo modo di essere - " non parlerà da se stesso, ma quanto sentirà dire " - viene chiamato, nel linguaggio della Chiesa, "sacramento ". Il sacramento designa il triplice intrecciarsi di Parola ­ testimone - Spirito Santo e Cristo, che descrive la struttura specifica della successione neotestamentaria. Dalla testimonianza delle lettere pastorali e degli Atti degli apostoli si può desumere con una certa sicurezza che già la generazione apostolica ha dato a questo reciproco intrecciarsi di persona e parola, nella presenza creduta per fede dello Spirito e di Cristo, la forma dell'imposizione delle mani.

La successione romana di Pietro

La figura neotestamentaria della successione, così costituita, nella quale la Parola viene sottratta all'arbitrio umano proprio attraverso il coinvolgimento in essa del testimone, viene molto presto fronteggiata da un modello essenzialmente intellettuale e antistituzionale, che nella storia conosciamo col nome di gnosi. Qui viene innalzata a principio la libera interpretazione e lo sviluppo speculativo della parola. Di fronte alla pretesa intellettuale, avanzata da questa corrente, molto presto non è più sufficiente il rimando a singoli testimoni. Diventarono necessari dei punti di riferimento per la testimonianza, che vennero trovati nelle cosiddette sedi apostoliche, cioè in quei luoghi in cui gli apostoli avevano operato. Le sedi apostoliche diventano i punti di riferimento della vera communio. All'interno di questi punti di riferimento, tuttavia, si dà ancora un preciso criterio, che riassume in sé tutti gli altri (con chiarezza presso Ireneo di Lione): la Chiesa di Roma, in cui Pietro e Paolo hanno sofferto il martirio.

Con essa ogni singola comunità deve essere in accordo, essa è veramente il criterio dell'autentica tradizione apostolica. Del resto Eusebio di Cesarea, nella prima redazione della sua Storia ecclesiastica, ha fatto una descrizione dello stesso principio: il contrassegno della continuità della successione apostolica si concentra nelle tre sedi petrine di Roma, Antiochia e Alessandria, dove Roma, quale luogo del martirio, è ancora una volta, delle tre sedi petrine, quella preminente, quella veramente decisiva (20).

Questo ci porta a una constatazione della massima importanza (21): il primato romano, cioè il riconoscimento di Roma quale criterio della fede autenticamente apostolica, è più antico del canone del Nuovo Testamento, della Scrittura. [SM=g1740722]
A tal proposito ci si deve guardare da una quasi inevitabile illusione. La Scrittura è più recente degli scritti da cui è costituita. Per lungo tempo l'esistenza dei singoli scritti non diede ancora luogo al Nuovo Testamento come Scrittura, come Bibbia.
La raccolta degli scritti nella Scrittura è piuttosto opera della Tradizione, che cominciò nel II secolo, ma che solo nel IV e V secolo giunse in qualche misura a conclusione. Un testimone insospettabile quale Harnack ha segnalato al riguardo che, prima della fine del secondo secolo, si impose in Roma un canone dei "libri del Nuovo Testamento" secondo il criterio dell'apostolicità e cattolicità, criterio che a poco a poco fu seguito anche dalle altre Chiese, "a causa del suo valore intrinseco e della forza dell'autorità della Chiesa romana".
Possiamo quindi affermare: la Scrittura è diventata Scrittura mediante la Tradizione, di cui fa parte come elemento costitutivo, proprio in questo processo, la "potentior principalitas" della cattedra di Roma.

Son così diventati evidenti due punti: il principio della Tradizione, nella sua configurazione sacramentale quale successione apostolica, fu costitutivo per l'origine e la continuazione della Chiesa. Senza questo principio non è assolutamente possibile immaginare un Nuovo Testamento e ci si dibatte in una contraddizione quando si vuole affermare l'uno e negare l'altro. Abbiamo visto inoltre che a Roma fin dall'inizio venne stabilita e tramandata la lista dei nomi dei vescovi come serie della successione. Possiamo aggiungere che Roma e Antiochia, quali sedi di Pietro, erano consapevoli di trovarsi nella successione della missione di Pietro e che presto nel gruppo delle sedi petrine fu assunta anche Alessandria come luogo dell'attività di Marco, discepolo di Pietro.

Tuttavia il luogo del martirio appare chiaramente come il detentore principale della suprema autorità petrina e gioca un ruolo preminente nella formazione della nascente tradizione ecclesiale e, in particolare, nella formazione del Nuovo Testamento come Bibbia; esso appartiene alle sue essenziali condizioni di possibilità, sia interne che esterne. Sarebbe affascinante mostrare come abbia influito in tutto ciò l'idea che la missione di Gerusalemme era passata a Roma, ragion per cui inizialmente Gerusalemme non solo non fu "sede patriarcale" ma non fu mai neppure sede metropolitana: Gerusalemme risiede ora in Roma e il suo titolo di preminenza si è trasferito, con la partenza di Pietro, nella capitale del mondo pagano (22).

Tuttavia una riflessione dettagliata su questo tema ci porterebbe troppo lontano. Penso però che l'essenziale sia diventato evidente: il martirio di Pietro in Roma fissa il luogo dove la sua funzione continua. Questa consapevolezza si mostra già nel I secolo, attraverso la prima lettera di Clemente; anche se nei particolari lo sviluppo è stato naturalmente lento.





Note

18 Cfr. supra nota 2 (O. Cullmann, Petrus – Junger – Apostel – Martyrer, Zurich, 1952, pp.253 e 259)

19 Die Geschichte der synoptischen Tradition, 1981(2), pp. 147-151; cfr. J. Gnilks, op. cit., p. 56.


20 Questo punto è accuratamente esaminato in v. Twomey, Apostolikos Thronos, Münster 1982.

21 Spero di poter sviluppare e motivare più diffusamente in un futuro non troppo lontano la riflessione sulla successione apostolica che qui di seguito cerco di esporre in maniera oltremodo sintetica. Sono debitore di importanti apporti ai lavori di O. Karrer, specialmente: Um die Einheit der Christen. Die Petrusfrage, Frankfurt 1953; Apostolische Nachfolge und Primat, in Feiner - Trutsch - Bockle, Fragen der Theologie heute, Freiburg 1957, pp. 175-206; Das Petrusamtin der Fruhkirche, in Festgabe J. Lortz, Baden-Baden 1958, pp. 507-525; Die biblische und altkirchliche Grundlage des Papsttums, in Lebendiges Zeugnis 1958, pp. 3-24. Importanti anche alcuni contributi nella Festschrift per O. Karrer: Begegnung der Christen, a cura di Roesle-Cullmann, Frankfurt 1959, qui specialmente K. Hofstetter, Das Petrusamt in der Kirche des 1. und 2., Jahrhunderts, pp. 361-372.

22 Cfr. Hofstetter, op. cit.



[SM=g1740722]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
29/01/2013 11:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

[SM=g1740733] - Annus Fidei Benedetto XVI spiega Credo la Chiesa una santa cattolica ed apostolica

Il santo Padre ha iniziato, in questo Anno della Fede, un nuovo ciclo di Catechesi sul Credo, dopo aver concluso quello sulla Fede.
Vi proponiamo le sue parole su: "Credo la Chiesa una, santa cattolica ed apostolica" unite alle schede del Compendio del Catechismo come maggior riflessione.
www.gloria.tv/?media=391960


Vi ricordiamo che abbiamo inserito una serie sul contenuto del Catechismo e che troverete in questi collegamenti:

1. www.gloria.tv/?media=342663 insegnamento
2. www.gloria.tv/?media=343572 tradizione
3. www.gloria.tv/?media=344261 la fede
4. www.gloria.tv/?media=344798 Maria Santissima
5. www.gloria.tv/?media=345708 Formule della Fede
6. www.gloria.tv/?media=346526 Inferno
7. www.gloria.tv/?media=347752 Purgatorio Paradiso
8. www.gloria.tv/?media=348890 Pater Noster
9. www.gloria.tv/?media=357546 Breve storia del Catechismo
10. www.gloria.tv/?media=362646 Marta e Maria - attivismo e ascolto la Preghiera
11. www.gloria.tv/?media=366858 Gli Angeli nel Compendio e nel Magistero


Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org





[SM=g1740720]

[SM=g1740771]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
16/02/2013 22:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

[SM=g1740758] Cari Amici, il 22 febbraio ricordiamo la Cattedra di Pietro, una Memoria antichissima che oggi, più che mai, è importante per noi meditare e contemplare quale dono immenso di Dio per il mondo.
Vi offriamo un video audio, con la voce del Papa Benedetto XVI, e con il testo scorrevole, la sua bellissima Lectio su questo Primato che ha saputo spiegare a braccio nell'incontro con il Seminario Maggiore di Roma.
Riflettiamoci tutti e facciamo nostre queste sue parole.


www.gloria.tv/?media=401029


Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org



[SM=g1740717]

[SM=g1740766]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:51. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com