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Ultimo Aggiornamento: 06/11/2012 15:15
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20/05/2010 19:04
 
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A Cannes il film sui monaci di Tibhirine che non abbandonarono la propria missione di fronte al rischio della morte

I fiori non si spostano
per cercare la luce


di Jean-Claude Raspiengeas
"La Croix"

Favorito per la Palma d'oro del sessantatreesimo Festival di Cannes, Des hommes et des dieux, il film del regista francese Xavier Beauvois sulla vita dei monaci cistercensi di Tibhirine, presentato martedì, resterà innegabilmente il film evento di questa edizione. Che figuri o no nel palmarès domenica sera - un premio per l'interpretazione  assegnato  al  cast  degli  attori è probabile - avrà segnato le menti, scosso una Croisette poco incline a farsi sedurre da un simile argomento.

La reazione dei critici e della stampa internazionale all'indomani della proiezione è stata unanime:  quest'opera fa soffiare lo spirito dei monaci di Tibhirine. "Avevo l'impressione che mi parlassero mentre giravo. Mi sentivo abitato da loro e ne provavo piacere", ha detto il regista in un'intervista rilasciata al quotidiano francese "La Croix".

Il titolo, Des hommes et des dieux, s'ispira al versetto del salmo 82 ("Io ho detto "Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo, ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti"") che Xavier Beauvois ha tenuto a porre come epigrafe della pellicola. Il regista avrebbe potuto ricordare i cinquantasei giorni di detenzione dei monaci, prima della loro esecuzione nell'inverno del 1996. Ha preferito invece filmare la loro vita quotidiana e mistica, gli uffici, le preghiere, i momenti di raccoglimento e i canti rivolti a Dio. Ha mostrato anche il loro impegno fra la popolazione musulmana, soprattutto l'operato di frate Luc che, ultraottantenne, garantiva più di un centinaio di consultazioni mediche al giorno, curava i malati e consolava gli afflitti proprio in questa regione dell'Algeria, abbandonata ai terroristi islamici.

La prima parte del film somiglia al libro delle ore e rispetta il ritmo lento delle giornate e dei rituali, avvicinandosi molto all'austerità monastica, con dignità e modestia dinanzi alla liturgia. Per preparare il film, il regista è anche andato in ritiro nel monastero di Tamié, in Savoia. Da questa esperienza ha ricavato alcuni principi morali che lo hanno guidato nel realizzare la pellicola, girata con criteri di rigore paragonabili a quelli della vita monastica e affidando un ruolo di rilievo a canti e salmi.
 
Nel corso delle stagioni, i trappisti, accettati e accolti dai loro vicini musulmani, coltivano il loro pezzetto di terra, vendono al mercato locale la loro produzione di miele, sono invitati a feste religiose. Fino al momento in cui il cerchio degli assassinii si stringe attorno a loro, vulnerabili e atterriti. I monaci sono minacciati apertamente. Le autorità li esortano ad accettare una protezione militare. Un interrogativo morale si pone loro:  accettare la presenza delle armi, essere separati dai loro vicini, sottoposti allo stesso regime di terrore senza però beneficiare della stessa misura protettiva? Partire o restare?

Il film di Xavier Beauvois mostra con gravità il dibattito fra i monaci, tra quanti vogliono andare via e quanti vogliono restare, poiché il dovere, come pure la missione, impone loro di rimanere in quell'angolo di terra, interrogandosi anche sul senso del martirio. "I fiori non si spostano per cercare la luce. Il sole li feconda laddove sono", dice un monaco per giustificare il suo desiderio di restare accanto agli abitanti del posto.

Si è trattato di un periodo incerto in cui la comunità ha esitato fa le diverse possibilità, secondo la coscienza di ognuno e la sua fragilità personale. Il regista filma le notti di dubbio e le invocazioni al Signore in quel momento di prova.

Poco a poco, appare inevitabile che i terroristi se la prendano con i monaci di Tibhirine. Questi ultimi si preparano con angoscia e facendo appello alla fede. In una delle scene centrali Xavier Beauvois filma l'ultima cena di quegli uomini, ricordando quella di Gesù con gli apostoli. I monaci ascoltano musica, alcuni piangono in silenzio, altri meditano o confortano con un gesto i più vulnerabili. Una scena che è la quintessenza, con alcuni straordinari primi piani sui volti di quei futuri giustiziati, della grandezza e dell'umiltà della loro vocazione.

E quando la morte giungerà, il regista che ha immaginato le ultime ore dei monaci, ricorre a un paesaggio avvolto nella neve e nella nebbia per rendere meno netta l'immagine della loro esecuzione, della quale non si conoscono i responsabili.

"Il Festival di Cannes funge da cassa di risonanza per far udire la parola di questi monaci. Il mio mestiere è di captare la luce con una macchina, poi con un'altra di diffonderla in tutto il mondo", ha dichiarato Beauvois a "La Croix". Coincidenza delle date:  proprio nei giorni in cui si assegna la Palma d'oro a Cannes, quattordici anni fa venivano resi noti l'uccisione dei monaci e poi il testamento  di  frate  Christian,  il  superiore  della  comunità.



(©L'Osservatore Romano - 21 maggio 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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