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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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San Pio X (Giuseppe Sarto) un Pontefice da riscoprire per il prossimo Centenario 1914-2014

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2013 11:57
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Duomo di Castelfranco Veneto

150° anniversario di Ordinazione sacerdotale di San Pio X

Solenne Concelebrazione eucaristica[1]

Castelfranco Veneto, 7 settembre 2008


Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia




1. «… Come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori… Così, affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (Prima Lettura, 1Ts 2, 4.)

Eccellenza Reverendissima, cari confratelli nel ministero ordinato, religiosi, religiose, diaconi e voi tutti fratelli e sorelle in Cristo. Questa straordinaria affermazione di Paolo ben si presta ad interpretare il senso dell’odierna celebrazione. La diocesi di Treviso e, attraverso di essa, le Chiese del Nord Est rappresentate dal Patriarca, intende venerare la grande figura di San Pio X. Rivive in questo gesto quello compiuto 100 anni fa dal Beato Vescovo Andrea Giacinto Longhin e ripreso dal Beato Giovanni XXIII nel 1958. Anche oggi, 150 anni dopo l’ordinazione sacerdotale dell’esimio sacerdote, vescovo e Papa, noi siamo qui convenuti mossi dalla sua santità. Sono passati molti anni ma la figura di Papa Sarto continua a parlarci, a chiamarci in causa, a pro–vocarci. I Santi sono sempre attuali. Così San Pio X ancor oggi ci muove e ci commuove proprio perché la sorgente della sua carità pastorale sta nel primato di Dio come supremo interesse della propria vita («… non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio», 1Ts 2, 4). Inter–esse: “essere tra”, Dio diventa la ragione adeguata di ogni rapporto.


Il grande Agostino, a commento della triplice domanda/consegna di Gesù a Pietro, narrata dall’indimenticabile brano del Vangelo di Giovanni che abbiamo sentito proclamare, scrive: «Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio dominio, non il tuo» (Agostino, Comment. In Joan. 123, 5). Così fece il pastore Giuseppe Sarto lungo tutto l’arco del suo ministero ordinato.



2. Se Dio è ciò che mi inter–essa allora il nesso intrinseco tra l’annuncio del Vangelo ed il dono totale di sé («non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita» 1Ts 2, ) diventa per l’uomo l’esaltante strada della riuscita, della santità. Ed il Pastore, quale fu San Pio X, diventa Padre. (L’identificazione tra Pastore e Padre è un tema costante nel magistero di Giovanni XXIII).

Nella sua poliedrica azione pastorale il Sarto praticò alla lettera le virtù del Buon Pastore. «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte» (Prima Lettura, Ez 34, 16). Questa analitica descrizione del pastore, che passa in rassegna le sue pecore una ad una avendo per ciascuna una cura particolare, ci dice che Dio ama ogni singolo. L’amore, infatti, è sempre personale; si rivolge non a una massa anonima, ma alla persona che è unica ed irripetibile. Il paradigma di questo amore personale che Gesù ci rivela nella sua radicalità («il Buon Pastore offre la vita per le sue pecore») è l’amore che il Padre ha da sempre per ogni sua creatura. E noi che siamo amati in questo personalissimo modo dal Padre facciamo eco a questo amore nella nostra esistenza quotidiana?


3. Rinnoviamo quindi ora i nostri cuori, carissimi, a partire dall’azione liturgica per la quale Cristo ci ha qui convocati. In San Pio X infatti l’essere Padre, Pastore e Maestro si fonda nell’Eucaristia, autentico fulcro dell’azione pastorale e magisteriale. Nell’azione eucaristica, infatti, il sacerdote in persona Christi ripropone il sacrificio del Buon Pastore che si offrì «al suo divin Padre per noi, sacerdote e vittima al tempo istesso» (Patriarca Giuseppe Sarto, Atti del XIX Congresso Eucaristico Nazionale, Venezia 1897, 402).

Con profonda sapienza cristologia il Patriarca Sarto approfondisce – con una formula che gli è cara – il “miracolo dell’Eucaristia”: «Nell’Eucaristia Gesù discende per annientarsi; la immensità si restringe, la possanza si limita, la grandezza si abbassa, la gloria si eclissa […] perché se Gesù Cristo in tutti gli altri misteri della sua vita mortale, benché umiliato, ritenne qualche prerogativa dell’esser divino, nella Eucaristia tutto è esinanito fino alla sua umanità velata sotto il simbolo del sacramento» (dalla Pastorale del 14 dicembre 1899, in G. Sarto, Le Pastorali del periodo veneziano [1899–1903], a cura di A. Niero, Quaderni della Fondazione Giuseppe Sarto 3, Spinea 1991, 62–64).

Da qui, nella progressiva e paziente immedesimazione del discepolo col Maestro, viene la santità di ogni cristiano. In particolare la norma ascetica di ogni pastore potrebbe essere riassunta in quella semplice ma radicale di Giovanni Battista: «Egli deve crescere ed io diminuire» (Gv 3, 30). San Pio X l’ha custodita e praticata fin dagli albori della sua vita sacerdotale.


4. Oggi è la vigilia della Festa della Natività della Beata Vergine Maria. Nell’Enciclica scritta in occasione del 50° della Proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, in tempi non meno difficili del nostro, Papa Sarto invita tutti i fedeli alla speranza certa che il disegno buono del Padre, di cui la Santa Vergine è la primizia, non ci abbandonerà mai.

«“L’arcobaleno sarà nelle nuvole e nel vederlo io mi ricorderò del patto eterno. E non ci sarà più diluvio per ingoiare la carne del mondo”. Non c’è dubbio che, se noi ci affidiamo come conviene a Maria, noi sentiremo che Ella è sempre quella Vergine potentissima “che col suo virgineo piede ha schiacciato la testa del serpente”» (Pio X, Ad diem illum laetissimum, 2 febbraio 1904).
La speranza cristiana diviene in Maria totalmente affidabile. Affidarsi a Maria per giungere a Gesù è la strada per vincere il male. Anzitutto in noi e poi anche fuori di noi.


5. Con questo atteggiamento realistico il cristiano deve stare nella realtà abbracciandola tutta intera con umile positività. Le questioni scottanti che agitano la nostra società post–secolare, la verità dell’amore, del matrimonio e della famiglia, la vita dal concepimento fino al suo termine naturale, la giustizia, la pace, la fame, la miseria, le strabilianti scoperte scientifiche, la custodia della terra, i problemi dell’immigrazione e quelli della giusta istanza di sicurezza debbono incontrare un cristiano protagonista non perché teso all’affermazione di sé, e tantomeno a quella della Chiesa, ma perché, abbandonandosi all’amore del Buon Pastore, comunica, in modo convincente, il bell’amore. Infatti Cristo ci ha amati per primo e questo ci fa testimoni, umili ma coraggiosi e tenaci. A tutti i nostri fratelli uomini, nessuno escluso, noi offriamo l’intensa esperienza umana che la vita della comunità cristiana ci regala.

«Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare» (Ez 34,15)… «Il pascolo di coloro che sono eletti [ santi ] è la presenza del volto di Dio, e guardandolo, senza che esso venga mai meno, la mente si sazia in eterno del cibo della vita. Cerchiamo quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, in cui possiamo gioire nella solenne festosità di cittadini tanto grandi. Facciamo in modo di essere attirati dalla stessa festosità di coloro [ i santi ] che sono felici. Accendiamo dunque il nostro animo, fratelli, la fede venga riscaldata da ciò in cui hanno creduto, i nostri desideri si accendano per i beni celesti, e in questo modo amare significa già incamminarsi» (Gregorio Magno, Hom. 14, 3–6; PL 76, 1129–1130). Sia così oggi per noi, figli e fratelli carissimi, nei confronti di San Pio X, così che anche per noi amare significhi già incamminarci.
Amen.


[1] Ez 34, 11–16; dal Salmo 22; 1Ts 2, 2–8; Gv 21, 15–17.


S. Em. Rev.ma Card. ANGELO SCOLA

******************************************************************


Così Benedetto XVI all'Udienza Generale del 20.8.2008

Domani ricorderemo san Pio X, che visse in un periodo storico travagliato. Di lui Giovanni Paolo II ebbe a dire, visitandone il paese natale nel 1985: "Ha lottato e sofferto per la libertà della Chiesa, e per questa libertà si è rivelato pronto a sacrificare privilegi ed onori, ad affrontare incomprensione e derisione, in quanto valutava questa libertà come garanzia ultima per l’integrità e la coerenza della fede". (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1, 1985, pg. 1818)

Una Verità che il Papa difese, in particolare, con la sua Enciclica "Pascendi Dominici Gregis" che condannava gli errori del "modernismo".


Per l'occasione vi fo questo regalino....Benedetto XVI con la stola di san Pio X nel giorno dell'Immacolata 8.12.2007






Non dimentichiamo inoltre ciò che accomuna i due Pontefici:
San Pio X come sappiamo fece il famoso Catechismo dal quale prese il nome.... tuttavia Benedetto XVI ha aperto il suo Pontificato proprio terminando i lavori all'aggiornamento del COMPENDIO DEL CATECHISMO e donandolo al mondo proprio fra i primi atti compiuti appena eletto.... [SM=g27988]


Non è dunque un semplice uso di stole come ornamenti del passato da riproporre, Benedetto XVI vuole ridonarci non un passato da museo, MA UN PASSATO CHE VIVE NEL MAGISTERO DELLA CHIESA ANCHE DI OGGI.. [SM=g27986]

[Modificato da Caterina63 15/06/2011 15:22]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/06/2011 15:28
 
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San Pio X e la musica –
tratto dall'originale in inglese del Servo di Dio Cardinale Merry del Val,
suo segretario di Stato
http://3.bp.blogspot.com/_VhpBcDwg5f8/SD_pi-5qddI/AAAAAAAABUU/IDZlzeJ-j_g/s400/Merry%2Bdel%2BVal_card%2BFile0021.jpg


Notizia del 14/06/2011
 www.lucisullest.it


Pio X e la Musica
 
Che Pio X amasse la musica, per la quale possedeva un naturale talento, non si può mettere in dubbio. L'avere Egli, durante la sua vita operosa di sacerdote, trovato modo di conoscere e di acquistare la tecnicità dell'arte, giustifica la conclusione che la natura fu molto larga con Lui dal momento che sappiamo come i doveri del suo ministero pastorale non potevano permettergli di coltivare il suo gusto.

Pochi comprendono, io penso, quanto grande sacrificio spesso sia per un sacerdote il privarsi del godimento di sentire musica veramente buona. Sono sicuro che il Santo Padre ha dovuto sentire profondamente una tale privazione, quantunque probabilmente Egli non abbia mai pensato a questa privazione più che alle altre cose, a cui aveva volentieri rinunciato entrando al servizio del Maestro Divino. Musica di pessimo gusto e noiosa Egli indubbiamente ha dovuto udire in chiesa e fuori di chiesa, dovunque Egli visse. Quindi è da meravigliarsi che, nonostante questo, Egli abbia conservato un gusto molto squisito ed abbia nutrito una speciale preferenza per un migliore stile di composizione musicale, sia sacra e sia profana.

Mi ricordo quanto intensamente Egli gioisse, ascoltando il grande oratorio di Perosi L'Ultimo Giudizio, che per suo desiderio fu eseguito sotto la personale direzione dell'insigne Maestro nella Sala Regia. Sorprendeva nell'udirlo commentare l'ispirata interpretazione dei testi scritturali, la ricchezza delle parti orchestrali, senza mancare di far risaltare le qualità o le deficienze che Egli aveva notato qua e là, sia nella composizione stessa che negli esecutori, mentre provò ancora più piacere nell'udire il glorioso canto gregoriano durante la solenne Messa Pontificale che Egli cantò in S. Pietro per il Centenario del grande S. Gregorio. Molti ancora ricordano con emozione quel memorabile giorno.

Non sarebbe in armonia con lo scopo che mi sono prefisso nello scrivere questi miei Ricordi se io qui dicessi diffusamente delle assidue premure di Pio X per riportare la Musica Sacra alle sue migliori tradizioni ed allo spirito della Chiesa Cattolica

D’altro canto sarebbe cosa superflua dal momento che i suoi criteri e le sue istruzioni a tale riguardo sono largamente conosciuti e molto si è scritto per illustrarne l'importanza. Non posso però omettere di accennare alle sue idee ed al suo indirizzo in questo campo, per quanto consta a me personalmente.

In questo aspetto, come negli altri, l’ideale della sua vita ispirava le sue opinioni e guidava le sue attività. Egli apprezzava la buona musica in generale; ma, naturalmente, la Musica Sacra lo interessava molto di più. Insisteva perché fosse veramente «sacra» ed eminentemente «artistica» in pieno accordo con la liturgia della Chiesa e con la genuina espressione dei sentimenti ispirati dalla Fede.

Riteneva lo scopo della musica sacra fomentare la devozione. Parecchie volte, senza volere mettere in dubbio la bellezza innata di una certa musica, diceva che essa era fuori posto, perché invece di innalzare l’anima al Signore, come mezzo ed aiuto alla preghiera, prendeva eccessiva importanza e faceva scomparire il carattere secondario che doveva avere, come elemento che deve condurre al supremo scopo del culto: elevare le menti ed i cuori a Dio.

Egli era pienamente convinto del principio che, se la musica deve rendere tributo di lode a Dio, non può essere di scarsa qualità, ma occorre produrre la migliore.

D’altra parte era consapevole che per ottenere una riuscita  riforma nella musica ecclesiastica non potevano bastare misure puramente disciplinari, per quanto rigorose. E’ impossibile imporre alle persone il gradimento di uno stile determinato quando questo non possa essere compreso né apprezzato, ma era necessario coltivare gradualmente il buon gusto per raggiungere risultati positivi e duraturi. Erano queste le vedute del Santo Padre che Egli spesso ha manifestato davanti a me.
Eppure Pio X non aveva qualsiasi pochezza di spirito nelle considerazione che aveva sulla musica sacra che lui riteneva accettabile. Assolutamente non rifiutava le tradizioni locali o nazionali, molti delle quali ammirava francamente, purché sempre fosse – diceva – scrupolosamente osservato il principio fondamentale di mantenere il carattere religioso ed artistico e, quando necessario, i dovuti adattamenti. Né desiderava di proibire la musica polifonica in chiesa. In realtà, Egli accoglieva benevolmente i lavori di buona qualità di compositori moderni, ma esigeva che fossero strettamente mantenuti i decreti prescritti e che fossero, in quanto possibile, un'emanazione oppure un’eco del canto fermo.

Ricordo come Egli osservasse che alcuni riformatori fanatici volevano bandire dalle nostre chiese tutta la Musica che non fosse semplicemente gregoriana; ma sosteneva che questo era un capriccio esagerato: «Sarebbe lo stesso  diceva  come se io rigettassi i quadri più belli e classici della Madonna con il pretesto che l’unico modello accettabile fosse la più antica e primitiva riproduzione della Vergine Madre, come vediamo nelle Catacombe di Santa Priscilla. Saremmo così condotti a proibire i capolavori dell'arte ecclesiastica e le pitture veramente ispirate. Noi non vogliamo quadri profani della Madonna, né le produzioni, tutt'altro che devote, di molti artisti moderni; ma sarebbe irragionevole affermare che soltanto le primitive pitture soddisfano alle condizioni richieste dalla Religione e da una sana bellezza artistica. Lo stesso si dica della Musica Sacra».

Uno dei suoi più fervidi desideri era di promuovere il canto «collettivo» per quanto fosse possibile, poiché Egli lo riteneva molto istruttivo per i fedeli di ogni classe sociale ed un mezzo efficace per destare un devoto interessamento delle bellezze della Sacra Liturgia, specialmente in rapporto al santo Sacrificio della Messa. A questo proposito amava rilevare i risultati conseguiti nelle parrocchie dove il popolo era stato ammaestrato a cantare accuratamente in canto fermo le varie parti della Messa, i salmi e gli inni ai Vesperi della Domenica.

Esprimeva spesso il dispiacere che non si desse maggiore importanza ad una pratica che avrebbe aiutato i fedeli a comprendere ed a sentire profondamente il significato del culto cattolico e che, applicata largamente, avrebbe incoraggiato molti alla conoscenza e all'adempimento dei loro doveri religiosi.

Un metodo pratico di raggiungere questa finalità gli sembrava  che fosse di portare ad ogni parrocchia bravi maestri di musica sacra, approvati dal Vescovo, per formare un nucleo di cantori – scelti fra i membri della parrocchia – i quali, a loro volta, elevassero gli altri; ogni tanto, questi maestri avrebbero dovuto ritornare per perfezionare il lavoro cominciato e dare una spinta a nuovi progressi.

Quando gli venivano presentate delle nuove composizioni musicali per ottenerne l'approvazione, Egli ne esaminava accuratamente lo spartito, e, più di una volta, in mia presenza canterellava la melodia che leggeva a prima vista con la massima facilità, battendo il tempo con la mano, mentre leggeva, dando poi il suo giudizio intorno al merito ed allo stile della musica.
Molti di coloro che lo udirono cantare la Messa in San Pietro o intonare la solenne Benedizione nella Cappella Sistina, ricordano certamente la sua voce soave e melodiosa.

Fonte: Memories of Pope Pius X, by Cardinal Merry del Val, The Newman Press, Maryland, 1951, pag. 50-53.

Fraternamente CaterinaLD

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L'Anticristo secondo S. Pio X

Fede e cultura ha pubblicato una nuova edizione
del grande romanzo di Benson che sembrò far eco
a questa straordinaria profezia del papa S. Pio X
Per lo che, se alcuno da Noi richiede una parola d’ordine, che sia espressione della Nostra volontà, questa sempre daremo e non altra: "Restaurare ogni cosa in Cristo".
Nella quale magnifica impresa C’infonde somma alacrità, o Venerabili Fratelli, la certezza che vi avremo tutti cooperatori generosi.

Del che se dubitassimo, dovremmo, ingiustamente, ritenervi o inconsci o noncuranti di quella guerra sacrilega che ora, può darsi in ogni luogo, si muove e si mantiene contro Dio. Giacché veramente contro il proprio Creatore "fremettero le genti e i popoli meditarono cose vane" (Psal. II, 1), talché è comune il grido dei nemici di Dio: "Allontanati da noi" (Iob. XXI, 14).

E conforme a ciò, vediamo nei più degli uomini estinto ogni rispetto verso Iddio Eterno, senza più riguardo al suo supremo volere nelle manifestazioni della vita privata e pubblica; che anzi, con ogni sforzo, con ogni artifizio si cerca che fin la memoria di Dio e la Sua conoscenza sia del tutto distrutta. Chi tutto questo considera, bene ha ragione di temere che siffatta perversità di menti sia quasi un saggio e forse il cominciamento dei mali, che agli estremi tempi son riservati; che già sia nel mondo il figlio di perdizione, di cui parla l’Apostolo (II Thess. II, 5). Tanta infatti è l’audacia e l’ira con cui si perseguita dappertutto la religione, si combattono i dogmi della fede e si adopera sfrontatamente a sterpare, ad annientare ogni rapporto dell’uomo colla Divinità! In quella vece, ciò che appunto, secondo il dire del medesimo Apostolo (Sap. XI, 24), è il carattere proprio dell’anticristo, l’uomo stesso, con infinita temerità si e posto in luogo di Dio, sollevandosi soprattutto contro ciò che chiamasi Iddio; per modo che, quantunque non possa spegnere interamente in se stesso ogni notizia di Dio, pure, manomessa la maestà di Lui, ha fatto dell’universo quasi un tempio a sé medesimo per esservi adorato: "Si asside nel tempio di Dio mostrandosi quasi fosse Dio" (II Thess. II, 2).

Per verità nessuno di sana mente può dubitare con qual sorte si combatta questa lotta degli uomini contro l’Altissimo. Può l’uomo, abusando della sua libertà, violare il diritto e la maestà del Creatore dell’universo; ma la vittoria sarà sempre di Dio; ché, anzi, allora è più prossima la disfatta, quando l’uomo, nella lusinga del trionfo, si solleva più audace: Dio stesso di tanto ci assicura nei santi libri: "Quasi dimentico della sua forza e della sua grandezza, dissimula i peccati degli uomini (Sap. XI, 24); ma ben tosto, dopo queste apparenti ritirate, scosso quasi fosse risorto dall’ebbrezza (Psal. LXXVII, 65), stritolerà il capo dei suoi nemici (Ib. LXVII, 22); affinché tutti conoscano che Dio è il Re di tutta la terra (Ib. XLVI, 7), e sappiano le genti che son uomini" (Ib. IX, 20).

Tutto questo, Venerabili Fratelli, Noi crediamo ed aspettiamo con fede incrollabile. Ma ciò non toglie che ancor Noi, per quanto a ciascuno è dato, Ci adoperiamo ad affrettare l’opera di Dio non gia solo pregando assiduamente: "Levati, o Signore, non prenda ardire l’uomo" (Ib. IX, 19); ma, ciò che più monta, affermando "con fatti e parole, a luce di sole, il supremo dominio di Dio sugli uomini e sulle cose tutte, di guisa che il diritto ch’Egli ha di comandare e la Sua autorità siano pienamente apprezzati e rispettati".

Il che, non solo ci vien richiesto dal dovere che natura ci impone, ma altresì dal comune nostro vantaggio. Chi è infatti, Venerabili Fratelli, che non abbia l’animo costernato ed afflitto nel vedere la maggior parte dell’umanità, mentre i progressi della civiltà meritamente si esaltano, combattersi a vicenda cosi atrocemente da sembrar quasi una lotta di tutti contro tutti? Il desiderio della pace si cela certamente in petto ad ognuno e niuno è che non l’invochi con ardore. Ma voler pace, senza Dio, è assurdo; stanteché donde è lontano Iddio, esula pur la giustizia; e tolta di mezzo la giustizia, indarno si nutre speranza di pace. "La pace è opera della giustizia" (Is. XXXII, 17).

(S. Pio X, E supremi apostolatus cathedra, 1903)

Fraternamente CaterinaLD

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27/07/2012 19:01
 
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[SM=g1740733] SAN PIO X E LE OLIMPIADI

CITTA' DEL VATICANO, 27 luglio 2012 (VIS). Era il 1908 quando Roma, a causa di una grave crisi economica, rinunciò a ospitare le Olimpiadi, che si tennero a Londra. Nello stesso anno, l'inventore dei Giochi, il francese De Coubertin, chiese appoggio in Vaticano per favorire le Olimpiadi e trovò sostegno in Pio X.

Più di 100 anni sono trascorsi da allora ed ora per la terza volta Londra ospiterà le XXX Olimpiadi moderne che si aprono questa sera in una città parata a festa per l'occasione.

Questi interessanti ricordi storici dell'inizio del '900 sono raccolti nel volume "Pio X e lo sport" di Antonella Stelitano. All'epoca "meno dell1% della popolazione praticava attività sportiva. (...) Lo sport era usato solo come addestramento militare, oppure era un passatempo per la classi nobili", ha spiegato l'Autrice in una intervista realizzata da Radio Vaticana.

"Pio X (...) era riuscito a cogliere le possibilità educative dello sport. (...) Un modo per avvicinare i ragazzi, per farli stare insieme seguendo delle regole, rispettando l'avversario. Io credo avesse capito che era possibile fare stare insieme le persone in modo molto semplice, avvicinarle senza problemi di razza, religione ed idee politiche".

Davanti alle difficoltà di quell'epoca di comprendere la ginnastica, Antonella Stelitano ricorda, al termine dell'intervista, le divertite parole che Papa Pio X, rivolse forse ad un cardinale: "Vabbé, se proprio non si capisce che questa cosa si può fare, allora mi metterò io a fare ginnastica davanti a tutti, così vedranno che se la fa il Papa, la possono fare tutti". [SM=g1740721]

Sembra impossibile che personaggi storici di indubbio spessore, già studiati in modo approfondito, dalla chilometrica biografia e dagli studi biografici, possano essere ancora di attualità, come se fossero oggetti di indagine storica in ambiti di "assoluta novità", a prima vista improbabili. San Pio X, di origine trevigiana, è una personalità che rientra in questi parametri, insomma, un Papa tutto da riscoprire.

Così, scorrendo alcuni documenti del tempo, è emersa la figura di questo Papa come primo Pontefice che si è interessato all'idea olimpica in un'epoca in cui questo avvenimento era davvero poca cosa rispetto a oggi.
Questo libro ha il merito di aver svelato un punto di osservazione nuovo su questo Santo Pontefice, riconoscendogli il merito di aver intuito nello sport, quando era solo in fieri, una nuova dimensione delle relazioni sociali e culturali, destinata a diventare quel fenomeno di massa che è certo tra i più rilevanti del XX secolo.

[SM=g1740738]

Fraternamente CaterinaLD

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21/08/2012 12:39
 
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[SM=g1740733]  Appassionato di matematica e astronomia, Giuseppe Sarto realizzò vari orologi solari per i paesi delle campagne venete
 
E il giovane prete che costruiva meridiane divenne Papa ( e pure Santo)
 
di Isabella Farinelli
 
È una delle mode più recenti in fatto di slow tourism: oasi più o meno agresti in cui spegnere telefoni e telefonini, disinnescare satelliti e antenne, disconnettere computer e ausili elettronici per disintossicarsi da ogni dipendenza e riattivare recettori perduti o obsoleti di orientamento e connessione a misura d'uomo e di natura.
Per possibile o auspicabile che sia, tale iniziativa rischia un difetto di contesto: il turista che si astrae volontariamente dal flusso globale di comunicazioni mediate sa che vi è inserito a largo raggio; per quanto serio e prolungato, il suo tende a essere un divertissement piuttosto che una necessità: manifesta, semmai, una necessità opposta. Così non è o non era per i tempi e le culture indagate da uno dei massimi esperti di “navigazione naturale”, Tristan Gooley, nel manuale storicamente documentato L'antica arte di trovare la strada (traduzione di Carla Bertani, Milano, Vallardi, 2012, 269 pagine, euro 15,90).


 Così non era neppure ai tempi relativamente recenti, ma apparentemente remoti dall'homo technologicus, quando il futuro Papa Pio X maturava la vocazione sacerdotale e muoveva i primi passi di giovane prete nelle campagne venete, anche se non fu d'ordine esclusivamente pratico la sua passione per le meridiane, di cui lasciò proprio fra quelle terre i principali segni. Elsa Stocco, docente e gnomonista di Castelfranco Veneto, autrice di una serie di ricerche nelle quali ha coinvolto le scolaresche -- i risultati sono esposti con chiarezza in rete -- ci informa personalmente dei numerosi viaggi e degli studi che sta ancora compiendo lungo gli itinerari segnati da memorie tuttora fresche e dai non pochi biografi, a iniziare da quelli della prima ora come Angelo Marchesan, canonico della cattedrale di Treviso come lo era stato Pio X, che ebbe modo di vedere il libro (Pio X nella sua vita, nella sua parola e nelle sue opere, Roma, Desclée & C., 1910).

 Nato a Riese nel 1835 da una famiglia non ricca ma solida nella sua consuetudine con il lavoro e i principi cristiani, distintosi in particolar modo durante gli studi «per moltissima destrezza nella soluzione de' problemi sì algebrici che geometrici» e «per chiarezza d'idee e per molte precise cognizioni anche delle prove matematiche», don Giuseppe Sarto, consacrato sacerdote a 23 anni nel duomo di Castelfranco, viene subito assegnato come cappellano a Tombolo in aiuto del parroco don Antonio Costantini.
Ed è lì che, pur nell'intenso lavoro pastorale e manuale per cui viene soprannominato “moto perpetuo” -- e anzi proprio in ottica di servizio -- riesce a dedicarsi alla sua assai meno nota attività di costruttore di meridiane. «Ne fece una su di una parete della canonica di Tombolo», dove peraltro non era lui ad abitare, e ne disseminò i paesi vicini, dove, racconta Marchesan, si spargeva rapidamente la sua fama di ispirato predicatore.
Sua la meridiana della chiesa di Fontaniva, sotto la quale il 19 marzo 1904 fu inaugurata un'iscrizione per ricordarne la costruzione da parte di colui che nel frattempo era divenuto Pio X.


 Ma con particolare passione il giovane cappellano lavorò a un orologio solare «sulla facciata della canonica di Galliera: fattura, quest'ultima, che durò alquanto più a lungo delle altre, a motivo di certe pesche secche degli amici di Galliera, le quali l'augusto autore confondeva talora col sesto e col pennello». Secondo Marchesan e altre fonti, non furono queste le uniche meridiane realizzate da don Giuseppe Sarto; Elsa Stocco le sta ancora cercando e di alcune ha curato il restauro: nella stessa Fontaniva, ad esempio, e a Onara, dove l'orologio solare, realizzato anche lì sulla canonica, recava la scritta, ben leggibile benché tracciata con grafia incerta: «Don Giuseppe Melchior Sarto fece».
 
A Tombolo, invece, la canonica di allora non esiste più. Peccato, osserva Stocco, perché doveva essere una delle sue meridiane più interessanti: «dalle fotografie si può vedere che erano presenti due quadri. Nel più grande era disegnato l'orologio solare che segna un ampio numero di ore, mentre in quello più piccolo e allungato era probabilmente tracciata la meridiana vera e propria, che segna soltanto l'ora del mezzogiorno vero, del meridies, l'istante in cui il Sole transita sul meridiano locale, nel momento della sua culminazione. È presumibile pensare che oltre alla linea del mezzogiorno vero del sole locale fosse tracciata anche la curva del mezzogiorno medio», come spesso si usava nell'Ottocento.


 Nelle tappe ulteriori della carriera ecclesiastica di Sarto non sono emerse, sinora, ulteriori tracce di meridiane. L'ipotesi più ovvia è che, dall'incarico di parroco a Salzano a quelli nel seminario e nella curia di Treviso, per non parlare dell'episcopato mantovano e del patriarcato veneziano, occupazioni e responsabilità abbiano lasciato a malapena spazio per le quattro ore di sonno che fin dalla giovinezza dichiarava essergli sufficienti.

 All'indomani del suo ingresso a Venezia, scriveva con grafia veloce a don Giovanni Battista Rosa (suo vicerettore al seminario di Mantova e in seguito vescovo di Perugia dal 1922 al 1942) che un collaboratore gli stava «aprendo le lettere che dimandano soccorsi, e avendo ancora un bel monte da numerare a quest'ora è arrivato alla bella cifra consolantissima di 1.250 istanze».
Si sa che un orologio, unico oggetto prezioso di sua proprietà insieme a una posata d'argento, negli anni giovanili andò e tornò più volte dal monte dei pegni per far fronte alle sollecitudini caritative di don Giuseppe.

 Riferimenti al tempo che scorre e alla necessità d'impiegarlo bene (ma non senza abbandono fiducioso alla Provvidenza) sono disseminati in tutto l'epistolario sartiano, sia rivolti a se stesso sia a coloro ai quali teneva in modo rigoroso: i futuri preti (Lettere di san Pio X raccolte da Nello Vian, Roma, Angelo Belardetti, 1954).

 Non è difficile pensare come, una volta Pontefice, l'antica sua passione per l'osservazione astronomica applicata si armonizzasse alla linea del predecessore Leone XIII, che aveva tra l'altro rifondato la Specola Vaticana. Fu Pio X a volervi nel 1904 Pietro Maffi (arcivescovo di Pisa e poi cardinale, già creatore di un osservatorio nel seminario di Pavia) e su suo consiglio, nel 1906, nominò a dirigerla il gesuita austriaco Johann Georg Hagen, astronomo noto e stimato a livello internazionale, che virò decisamente l'indirizzo dell'osservatorio da meteorologico ad astronomico, chiedendo e ottenendo dal Pontefice -- sono gli studi del gesuita Sabino Maffeo -- «un secondo grande telescopio per l'osservazione diretta degli astri».

 Il nostro giornale si è già occupato (29 maggio 2010) di come, proprio in quel pontificato, l'osservatorio vaticano, partecipando al progetto mondiale della «Carta fotografica del cielo», abbia immortalato nel 1910 il passaggio della cometa di Halley. Nell'agosto 1908 Maffi scriveva al Papa congratulandosi per le nomine di padre Hagen a membro della Kaiserliche Leopoldnische Carolinische Akademie der Naturforscher e membro associato della Royal Astronomical Society di Londra: «un vero omaggio alla Specola, che rivive».

 Non per nulla nel 1908, in prossimità del suo giubileo sacerdotale, dalla bergamasca si auguravano che «il Santo Padre con un meraviglioso telescopio potesse dal Vaticano vedere le nostre colline illuminate con maiuscoli w Pio X» (Alejandro M. Dieguez - Sergio Pagano, Le carte del “Sacro Tavolo”, Aspetti del pontificato di Pio X dai documenti del suo archivio privato, 2 volumi, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2006).

 Si dice che un giorno il parroco di Fontaniva, in udienza da Pio X, si lamentasse che la sua meridiana non stava funzionando molto bene. Pare che il Papa abbia risposto con una delle sue battute: «Non ero mica infallibile allora!». In realtà, precisa Elsa Stocco, «gli orologi solari sui quali è ancora possibile effettuare un controllo ci dicono che essi sono correttamente tracciati» e la perplessità del povero prete si deve probabilmente a un confronto con l'orologio da polso senza tener conto della differenza «fra tempo solare vero e tempo medio del fuso».

 Molti gnomonisti oggi reclamano che san Pio X sia dichiarato patrono della categoria. Il fatto che lo gnomone, strumento antichissimo connesso alle esplorazioni e alla geodesia, si identifichi con la radice linguistica indeuropea della conoscenza è tutt'altro che in contrasto con la sapientia popolare di cui si colora la nutrita aneddotica intorno a Pio X.

La sintesi, sin dall'introduzione di Angelo Roncalli (allora cardinale patriarca di Venezia), è nel libro Il santo Pontefice romano Pio X, uscito in cinque lingue in occasione della canonizzazione celebrata da Pio XII nel 1954, con le foto di Leonard von Matt e i testi di Nello Vian. Guida attualissima di viaggio tra i luoghi, l'umanità e -- perché no -- le meridiane di Papa Sarto, il libro, asciugata ogni retorica, rimanda a un quasi inevitabile punto di partenza: la foto dignitosa della madre, i suoi ferri da stiro consunti e il brassoler, il “braccio”, ovvero la misura di legno con incisioni graduate da lei usata per il lavoro di sarta.

Un gesto che il figlio (fiero del proprio cognome, su cui amava scherzare) dovette vederle compiere abitualmente; forse gli capitava di rievocarlo mentre, con tecnica presumibilmente perfezionata al Seminario di Padova, tracciava i segni per il sole sui muri di quelle case parrocchiali la cui cura avrebbe raccomandato anche da Papa. Quando il cardinale Rafael Merry del Val (San Pio X, un santo che ho conosciuto da vicino, traduzione di Francesca Nestor, Verona, Fede & Cultura, 2012, pp. 72, euro 10) ricorda la premura del Papa per le condizioni del lavoro femminile, menzionando tra l'altro le merlettaie di Burano visitate da patriarca nel 1898, sottolinea con sorpresa la conoscenza da intenditore manifestata da Pio X in tema di merletti e punti. Forse, dall'antica canonica di Tombolo dove l'arciprete cuciva da sé i paramenti e il giovane don Sarto si studiava di renderglisi utile, sono ancora molte le tracce di “fede applicata” che attendono d'essere ricomposte.


 Non sembra irrilevante neppure l'episodio narrato da Remo Bistoni, oggi decano del collegio canonicale perugino e biografo di quel Giovanni Battista Rosa che, molto prima di diventare vescovo, era stato costantemente vicino a Papa Sarto, scambiando con lui un fitto carteggio. Interrogato su eventuali ricordi che in via indiretta potessero riannodarsi alla passione giovanile di Pio X, Bistoni ha rievocato un episodio che, a suo dire, poco aveva a che fare con le meridiane. Un giorno, a Mantova, il giovane don Rosa, vedendo il vescovo Sarto raccogliersi in preghiera presso sepolture ebraiche, non riuscì a celare qualche perplessità. «Bravo!» lo rimbrottò il vescovo. «Meno male che la teologia di Dio non è come la tua».
 
(L'Osservatore Romano 20-21 agosto 2012) 

[SM=g1740738]


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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740758] La "segretariola" di Francesco, il papa che vuol fare tutto da sé

Nome per nome la squadra personale di Bergoglio. Una minuscola ma attivissima curia parallela dove tutto è deciso da lui. Compresi gli infortuni delle nomine di monsignor Ricca e di Francesca Chaouqui

di Sandro Magister




ROMA, 8 agosto 2013 – Francesco non ha fretta di riformare la curia e qualche suo grande elettore comincia a spazientirsi. "Volevamo un papa con buone capacità manageriali e di comando, e finora di ciò si è visto poco", ha lamentato in un'intervista di pochi giorni fa il cardinale di New York, Timothy Dolan.

Ma di sicuro a papa Jorge Mario Bergoglio questa curia così com'è non piace. E infatti ne fa spesso e volutamente a meno. Dell'ultimo chirografo a firma "Francesco", quello che il 18 luglio ha istituito una commissione di otto esperti per riordinare le strutture economico-amministrative della Santa Sede, la segreteria di Stato vaticana ha avuto notizia solo a cose fatte.

Ciò significa che nel piccolo studio di papa Bergoglio al secondo piano della Casa di Santa Marta, dove ha scelto di abitare, si decidono e si fanno molte cose che neppure sfiorano i maestosi uffici curiali della prima e della terza loggia del Palazzo Apostolico, a pochi passi dall'appartamento pontificio ora deserto.

La segreteria di Stato continua il suo lavoro di routine, ma è molto più all'opera un'altra segreteria, minuscola ma attivissima, che a diretto servizio del papa sbriga le pratiche che lui vuole risolvere da sé, senza interferenza alcuna.

*

Un secolo fa, regnante Pio X, la chiamavano la "segretariola". Papa Giuseppe Sarto aveva maturato un pessimo giudizio sulla curia di allora, ma anche dopo che l'ebbe riorganizzata si guardò bene dal sopprimere la sua piccola segreteria personale, di cui si era circondato da subito, appena eletto nel 1903.

Con l'attuale papa, figlio di emigrati piemontesi, il veneto Pio X ha molti tratti in comune. Anche lui era nato in una famiglia povera e continuò a dedicarsi anche da papa all'aiuto dei poveri. Era amatissimo dalla gente di umili condizioni. Conduceva una vita semplice e austera. Era di tratto bonario, non privo di ironia. Era di profonda vita spirituale e fu poi proclamato santo. Aveva una formidabile capacità di lavoro, che prolungava nelle ore notturne. Faceva tantissime cose da sé, tenendone all'oscuro la curia.

Non sorprende che contro la "segretariola" di Pio X si addensasse molto presto una tenace avversione. La si sospettava di influire sul papa, orientandone le decisioni. Ed erano sospetti condivisi anche da dirigenti di curia che Pio X apprezzava, come l'allora sostituto segretario di Stato Giacomo Della Chiesa, futuro Benedetto XV, di cui il papa diceva: "È gobbo ma fila dritto". Infatti nessuno dei segretari di papa Sarto, una volta che lui volò in cielo, fu premiato dai successivi pontefici. Uno addirittura finì i suoi giorni volontariamente recluso in un eremo, sulla montagna sopra Camaldoli.

La leggenda nera pesò su di loro fino a quando, un secolo dopo, le carte di quel "sacro tavolo" furono scovate in un ripostiglio dei palazzi vaticani e due valenti studiosi, Alejandro M. Dieguez e Sergio Pagano, il secondo oggi prefetto dell'archivio vaticano, ne pubblicarono tra il 2003 e il 2006 l'inventario completo e un'antologia in due grossi volumi. Da cui si capì che quei laboriosi segretari non avevano colpa, perché tutto era voluto, deciso e perfino scritto di suo pugno dall'infaticabile papa Sarto. Come pare stia avvenendo anche oggi, con papa Bergoglio.

Il primo a far parte della "segretariola" di Pio X fu don Giovanni Bressan, suo segretario già da prima di diventar papa, quand'era vescovo a Mantova e poi patriarca a Venezia. Subito dopo papa Sarto chiamò al suo fianco altri due sacerdoti veneti che ben conosceva, Francesco Gasoni e Giuseppe Pescini. E poi ancora un sacerdote comasco, Attilio Bianchi, nipote del beato Giovanni Battista Scalabrini, fondatore dei missionari che da lui prendono nome.

A questi quattro Pio X aggiunse infine, "per la molta sua esperienza in proposito", monsignor Vincenzo Maria Ungherini, che era stato il secondo segretario di Leone XIII, il papa suo predecessore.

Anche qui le similitudini con l'oggi sono forti. Nella "segretariola" di papa Francesco compare infatti, e per gli stessi motivi di allora, quello che è stato il secondo segretario del suo predecessore Benedetto XVI, il maltese Alfred Xuereb.

Tuttavia, l'uomo a più stretto contatto col papa non è lui ma un sacerdote di Buenos Aires, Fabián Pedacchio Leaniz, arrivato a Roma in curia nel 2007 come officiale della congregazione per i vescovi, per volontà congiunta dell'allora suo arcivescovo Bergoglio e dell'allora prefetto della congregazione Giovanni Battista Re, il cardinale "carissimo" che lo stesso Bergoglio ha ringraziato con più calore, nel suo primo incontro col collegio cardinalizio dopo l'elezione a papa.

Oggi don Fabián, 49 anni, è in pianta stabile a Santa Marta, dove lavora a tempo pienissimo a servizio di papa Francesco. È esperto in diritto canonico ed è stato segretario dell'associazione dei canonisti argentini. Ama la musica operistica, i romanzi di Gabriel Garcia Marquez e i film di Pedro Almodovar. Nel calcio la sua squadra del cuore non è la stessa di Bergoglio, il San Lorenzo, ma il più blasonato River Plate.

Oltre a don Fabián, nella cerchia degli stretti collaboratori del papa c'è un altro argentino di Buenos Aires, monsignor Guillermo Javier Karcher, cerimoniere pontificio ma soprattutto addetto al protocollo, l'ufficio della segreteria di Stato dal quale passano tutte le carte della Santa Sede.

E poi c'è un italiano, monsignor Assunto "Tino" Scotti, 58 anni, bergamasco, capufficio nella sezione affari generali della segreteria di Stato e decano della camera apostolica, l'istituto che amministra i beni della Santa Sede nell'interregno tra un papa e l'altro, con il cardinale camerlengo. È monsignor Scotti che seleziona e controlla i fortunati che accedono, mattina dopo mattina, alla messa del papa, nella cappella della Casa di Santa Marta.

A ciascuno il suo compito. Ma come Pio X, anche papa Francesco non è tipo che ami concedere deleghe. A Buenos Aires lavorava da solo su una piccola scrivania ordinatissima. Nel locale a fianco aveva una segretaria, ma questa nemmeno gli gestiva gli appuntamenti: era lui stesso a fissarli sulla sua agenda. Un'agenda che mai perdeva di vista e che ha voluto avere con sé anche quando da papa s'è imbarcato sull'aereo per Rio de Janeiro, in quella borsa portata a mano la cui foto ha fatto il giro del mondo.

*

Dal "sacro tavolo" di Pio X le lettere partivano tutte firmate da uno dei suoi segretari e tutte scritte in terza persona: "Il Santo Padre desidera…", "Il Santo Padre vuole…", "Il Santo Padre mi fa obbligo di comunicarle…". Ma poi si è visto che sulle minute originali la scrittura a mano era tutta e solo del papa. Non c'era decisione, grande o piccola che fosse, che non discendesse personalmente da lui.

Anche con Bergoglio pare che avvenga così. Con i vantaggi e i rischi che corre ogni autorità monocratica. Nei suoi primi mesi da papa, il più grave infortunio in cui è incappato Francesco è stata la nomina del prelato dello IOR, la "banca" vaticana, nella persona di monsignor Battista Ricca. Una nomina fortemente voluta dal papa in persona, del tutto all'oscuro dei trascorsi scandalosi del personaggio, di cui era stata fatta sparire in curia ogni traccia documentale.

In casi del genere, quando vede che la curia gli reca danno invece che aiuto, papa Francesco si sente ancor più spronato a fare da sé.

Dopo che "L'Espresso" aveva scoperchiato lo scandalo sulla base delle testimonianze e dei documenti inoppugnabili spariti a Roma ma conservati nella nunziatura vaticana in Uruguay, il papa ha voluto accertare di persona la verità. Ha messo in azione la sua "segretariola" per farsi dire e consegnare tutte le prove del caso. Nell'intervista sull'aereo del ritorno da Rio, le sue parole più dure le ha rivolte contro le "lobby", rimarcando due volte che dello scandalo "non c'era niente" nell'investigazione "previa" su Ricca che in curia gli avevano fatto vedere.

Nella stessa intervista Francesco ha rivendicato il suo essere "gesuita" nel profondo. Pio X fu un'altra cosa, ma c'è una pragmatica astuzia che sembra accomunare entrambi questi papi.

Per preparare la riforma della curia, papa Sarto appoggiò segretamente la pubblicazione di un libro di denuncia e proposta, apparso anonimo e con un editore anch'esso di fantasia, che ebbe un notevole successo di pubblico. In realtà quel libro era stato scritto da un fidato monsignore della segreteria di Stato, Giovanni Pierantozzi, era stato stampato dalla tipografia vaticana ed era stato rivisto in bozze dal papa in persona, nel dicembre del 1903.

Centodieci anni dopo, anche papa Bergoglio è alle prese con una curia da rifare dalle fondamenta. E qualcosa di simile al suo santo predecessore ha forse voluto fare, quando lo scorso 18 luglio ha nominato tra gli otto esperti della neonata commissione per il riordino degli uffici economico-amministrativi della Santa Sede, con diritto d'accesso a tutte le carte più riservate, una addetta in pubbliche comunicazioni, la trentenne Francesca Immacolata Chaouqui.

Peccato però che nessuno aveva avvertito il papa che questa spigliata giovane italo-egiziana vanta sì le amicizie di vari cardinali di curia, ma ha anche un filo diretto con Gianluigi Nuzzi, il recettore dei documenti rubati a Benedetto XVI dal suo maggiordomo infedele, ed è informatrice assidua del sito dagospia.com, il collettore più letto in Italia di maldicenze e veleni vaticani.

__________


Questo articolo è uscito su "L'Espresso" n. 32 del 2013, in edicola dal 9 agosto:

> L'Espresso

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Per saperne di più sulla "segretariola" di Pio X:

A.M. Dieguez, "L'archivio particolare di Pio X. Cenni storici e inventario", Città del Vaticano, 2003.

A.M. Dieguez - S. Pagano, "Le carte del 'sacro tavolo'. Aspetti particolari del pontificato di Pio X dai documenti del suo archivio privato", 2 voll., Città del Vaticano, 2006.

__________


Sul caso Ricca:

> Il prelato della lobby gay (18.7.2013)

> Svelato l'inganno, Francesco "saprà come fare"
(25.7.2013)


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Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

5.8.2013
> Diario Vaticano / Il primo santo della Corea del Nord
Era vescovo di Pyong-yang. Da più di sessant'anni era considerato "disperso". Ma ora la Santa Sede ne ha ufficializzato la morte, a 106 anni di età. Per consentire l'apertura della sua causa di beatificazione

31.7.2013
> Da Rio de Janeiro a Roma, dalla poesia alla prosa
In Brasile, pur tra luci e ombre, papa Francesco ha dato un formidabile slancio missionario alla Chiesa. Ma in Vaticano ritrova tutti gli ostacoli di prima, dalla curia alle lobby. In vista una "soluzione Ratzinger" per la comunione ai divorziati risposati

29.7.2013
> La prima volta che Francesco contraddice Benedetto
Su un punto nevralgico: la messa in rito antico. Ratzinger ne ha consentito a tutti la celebrazione. Bergoglio l'ha proibita a un ordine religioso che la prediligeva

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L’unico parroco (ad oggi) che divenne Papa

Pio X tra storia e aneddotica

Ci sono non poche somiglianze tra la figura di Francesco e quella di Pio X, il suo predecessore che un secolo fa, all’alba del Novecento, occupò per undici anni la cattedra di Pietro (1903-1914).

Ad avvicinare i due Pontefici sono le umili origini, la provenienza periferica rispetto a Roma, l’estraneità all’ambiente curiale, l’insofferenza per il trionfalismo ecclesiastico, il tratto diretto e immediato,  lo stile di vita sobrio e dimesso, l’interpretazione più pastorale che magisteriale del ruolo Il cardinale patriarca Giuseppe Sarto, nell’estate del 1901, sulla salita al Monte Grappapetrino. Potremmo aggiungere a queste affinità anche la circostanza eccezionale che per entrambi determinò l’elezione: per Francesco le dimissioni del predecessore, per Pio X il veto dell’impero d’Austria, che sbarrò la strada al favorito della vigilia, il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro. Naturalmente le somiglianze si fermano qui, troppo lontani essendo i tempi di Pio X rispetto a quelli di oggi.
Ma valgono se non altro a ricordarci che il papato, che vive da duemila anni senza essere mai stato interrotto da veri momenti di discontinuità, è in realtà un’istituzione più mobile di quanto non sembri a chi la osservi dall’esterno.

 

Ma oltre alle somiglianze - scrive Sandro Magister -, i cinque mesi fin qui trascorsi del pontificato di papa Francesco – cinque mesi ricchi di annunci e di attese ma poveri di realizzazioni e segnati da infortuni – hanno fatto intravedere anche delle differenze notevoli tra i due papi.

Scrive Romanato:

Gli undici anni del pontificato di Pio X furono infatti un ciclone riformatore che modificò profondamente la Chiesa, attrezzandola in vista dei problemi che si sarebbero posti dopo la guerra, con l’avvento dei regimi totalitari.
Soppresse il diritto di veto in conclave, rivoluzionò la curia, varò il ‘Codex iuris canonici’, riformò i seminari e la musica liturgica, modificò profondamente la pietà cristiana incoraggiando la comunione frequente e abbassando a sei-sette anni l’età minima per accostarsi all’eucarestia, lasciò andare al suo destino il concordato con la Francia, pago di recuperare il pieno controllo dell’episcopato transalpino.
Con Pio X si estinse definitivamente la tradizione gallicana e iniziò quella felice stagione dell’intellettualità cattolica francese che si protrasse fino al Vaticano II.

“A queste riforme di struttura, che seppellirono definitivamente la Chiesa d’ancien regime, si aggiunse una sterzata disciplinare non meno energica, che cominciò proprio dai vertici: mandò visite apostoliche (cioè ispezioni) a tutte le diocesi e ai seminari d’Italia, destituì numerosi vescovi, ripulì Roma dai preti sfaccendati che vi si erano imboscati, rispedendoli alle diocesi d’origine, fece del cardinalato un titolo di merito e non una promozione automatica per ruoli curiali o sedi ricoperte (durante il suo pontificato divenne cardinale il vescovo di Padova e non lo divenne mai l’arcivescovo di Firenze), ridimensionò e scavalcò la curia romana, di cui diffidava, governando la Chiesa attraverso la sua segreteria personale.

“Sotto la bonomia veneta e le frequenti battute in dialetto si nascondevano insomma un carattere di ferro e una volontà indomita, che seppero sempre tenere a bada opposizioni e resistenze, molto più forti di quanto non appaia dalla sovrabbondante letteratura agiografica fiorita dopo la sua morte”.

Anche la nomina del nuovo segretario di Stato fu decisa da Pio X con rapidità fulminea, addirittura la sera stessa della sua elezione a papa.

Rompendo con ogni regola, papa Giuseppe Sarto chiamò a quel ruolo un prelato trentottenne di nobile famiglia angloispanica, Rafael Merry del Val, il cui alto profilo, tratteggiato magistralmente dallo stesso Romanato in un precedente articolo su “L’Osservatore Romano”, suscita ulteriori confronti con l’attualità, anche qui a tutto vantaggio di quel santo papa del primo Novecento:

> Ecco un perfetto segretario d Stato. Ma è di un secolo fa

<<< >>>



Pio X (che la storiografia ha troppo appiattito sulla vicenda modernista) fu uno di questi momenti di mobilità, cioè di novità, dell’istituzione. Dopo due lunghissimi pontificati, l’elezione d’un uomo che era stato parroco per quasi un ventennio, veniva dal popolo, conosceva solo le periferie della Chiesa e riusciva a far sentire a suo agio qualsiasi interlocutore, fu una novità che sconvolse le placide abitudini vaticane e affascinò i contemporanei. Su Giuseppe Sarto, questo il suo nome, fiorì perciò una sterminata aneddotica che è diventata parte della sua immagine storica. Un’aneddotica che è stata poi largamente confermata dalle centinaia di testimoni de visu chiamati a deporre nel corso del processo di canonizzazione, conclusosi, come è noto, con la beatificazione, avvenuta nel 1951, e con la santificazione, a opera di Pio XII, tre anni più tardi.

È a questa tradizione - intessuta di battute, facezie, piccoli episodi, ricordi personali, brani di discorsi e citazioni da lettere private - che ha attinto Nello Vian (1907-2000), autore di uno dei migliori libri sul Pontefice veneto. Un libro apparso nel 1977 a Treviso, presso un piccolo editore, Marton, e ripubblicato ora, in vista delle celebrazioni del centenario della morte: Avemaria per un vecchio prete. Intermezzi aneddotici lungo la vita di san Pio X (Padova, Edizioni Messaggero, pagine 207, euro 16).

  Gianpaolo Romanato


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Nel giorno di San Pio X (calendario del Vetus Ordo) - "Corrispondenza Romana" 27 agosto 2013


San-Pio-X


Inaugurato il centenario della morte di San Pio X
di Cristina Siccardi

San Pio X: Santo patrono dei Papi dell’età moderna e postmoderna. Sarebbe bello e confortante poter leggere una tale notizia… Si tratta di un pensiero che emerge quando ci si reca a Riese Pio X (Treviso), paese natale del Sommo Pontefice che con lungimiranza difese la Fede, la Chiesa, il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo e del quale si celebra l’anno del centenario della morte (1914-2014), inaugurato dal Cardinale Angelo Comastri il 12 giugno u.s.

Benché la cultura religiosa contemporanea non parli volentieri di Papa Sarto, occorre osservare e registrare il fatto che Riese è meta continua di pellegrini.

Ogni anno 15 mila persone giungono da tutto il mondo per visitare, pregare e conoscere maggiormente il Papa che dovrebbe diventare il modello dei Sommi Pontefici della travagliata contemporaneità, un lume capace di indicare errori e confusioni dettate ancora da quell’eresia chiamata Modernismo e che egli condannò l’8 settembre 1907 con una delle encicliche più celebri della Storia della Chiesa, la Pascendi Dominici Gregis, definendolo «la sintesi di tutte le eresie».

Lo scorso 21 agosto era il giorno del dies natalis dell’ultimo Papa, finora, ad essere stato proclamato Santo (beatificato il 3 giugno 1951 e canonizzato il 29 maggio 1954 da Pio XII; la festa fu fissata al 3 settembre come risulta dal calendario del Vetus Ordo Missae, mentre il nuovo calendario la prevede il 21 agosto) e Riese ha accolto migliaia di persone per la processione e la Santa Messa presieduta da Monsignor Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto. Per tutta la giornata sono state incessanti le visite alla Casa natale, al Museo e alla chiesa dove il santo fu battezzato e dove celebrò la sua prima Messa.
All’interno del Museo una mostra illustra la vita di san Pio X, nato nel 1835 e Papa dal 1903 al 1914. La casetta, come viene popolarmente chiamata, è rimasta ferma nel tempo: gli ultimi interventi (il rifacimento della scala interna e i pavimenti del piano terra) sono quelli eseguiti dall’allora cardinale Giuseppe Sarto, quando era ancora vivente Mamma Margherita, sua madre, figura di rilievo nella sua formazione spirituale e morale.

Le suppellettili e i mobili sono originali, disposti in modo da ricreare il piccolo mondo del paese rurale in cui il giovane Giuseppe visse. Il complesso della Casa natale e del Museo è gestito dalla Fondazione Giuseppe Sarto, che funge da Centro studi e di ricerca e che sorse nel 1985, poco dopo la visita di Giovanni Paolo II in questa terra, in occasione del 150° anniversario della nascita del suo predecessore.

Questo Pastore ‒ che fu parroco, Vescovo, Cardinale, Patriarca e Pontefice è esempio per tutti i pastori che hanno la straordinaria e terribile responsabilità, davanti a Dio e alle anime, di guidare il gregge oggi sempre più confuso e spaventato. Egli scriveva nella lettera pastorale del 4 aprile 1899: «Grande il secolo XIX per gli splendidi lampi di verità che lo illuminarono […]. A riscontro però di tanti benefici, qual cumulo immenso di mali! […]. Ebbro di orgoglio nei suoi trionfi, non pago di attribuirli al solo ingegno umano, ne trasse argomento per muovere guerra al soprannaturale, e ribellarsi a Dio stesso. Di qua una sequela continua di errori e di colpe, una falsa  scienza superbamente erettasi contro la Fede, l’indifferenza elevata a sistema, il libero pensiero divenuto la religione di molti, il nulla la loro speranza, sostituita alla carità la bugiarda filantropia […] e finalmente, il secolo superbo, razionalista ed empio spinto fino alla negazione di Dio, cui intimò di ritirarsi dal civile consorzio».


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Convegno internazionale di studi
"Riforma del cattolicesimo? Le attività e le scelte di Pio X"
(Venezia, Studium Generale Marcianum – 25 ottobre 2013)
Saluto del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia
 
 
 
 
Eccellenza reverendissima,
Monsignor rettore,
Chiarissimi docenti
Carissimi studenti,
Gentili signori e signore,
 
a tutti porgo il benvenuto a nome della Chiesa che è in Venezia; un particolare ringraziamento per la sua presenza all’Arcivescovo Gianfranco Gardin, vescovo di Treviso, diocesi che promuove il Convegno Internazionale di studi: “Riforma del cattolicesimo? Le attività e le scelte di Pio X” e presidente del Comitato Scientifico.
 
Quando all’inizio del secolo scorso, nel pieno dell’estate del 1903, il veneto Giuseppe Melchiorre Sarto - allora patriarca di Venezia da una decina d’anni - fu eletto nuovo Romano Pontefice, si compiva certamente una di quelle “sorprese” che Dio sa ripetutamente inserire e intrecciare nelle complesse vicende storiche del mondo, della Chiesa e delle persone per rinnovare e purificare con una forza ed una fantasia che, gli uomini, non sarebbero in grado di mettere in campo. Ne saranno poi un’evidente riprova - per fare degli esempi - anche gli esiti degli ultimi conclavi del secolo appena trascorso e che porteranno al soglio di Pietro un altro umile patriarca di Venezia (Albino Luciani) e poi un uomo venuto da “un Paese lontano” o, meglio, dall’Est (Karol Wojtyla). E si potrebbe aggiungere, a buon titolo, pure l’ultimo, recentissimo conclave che ci ha dato Papa Francesco, giunto nientemeno che (sono state le sue parole) dalla “fine del mondo”.
 
Le cronache e la storia ci raccontano che in quel conclave dell’inizio del XX secolo - resosi necessario per la morte di Leone XIII, Papa per oltre 25 anni - erano altri i candidati forti e più accreditati. Eppure le vicende storiche e politiche dell’epoca portarono i cardinali, alla fine, a convergere sulla figura bella e singolare di Giuseppe Sarto, nato a Riese in provincia di Treviso la sua era una famiglia veneta di origini, dim origini modeste ma fiera.
              
L’inattesa “sorpresa” di diventare Papa è riportata espressamente nella sua enciclica programmatica E supremi in cui accenna alle “lacrime e calde istanze” con cui si adoperò in ogni modo per cercare di “allontanare questo formidabile peso del Pontificato”. Si aggrappò, allora, letteralmente alle parole e all’atteggiamento di Sant’Anselmo - in analoga occasione - per esprimere il suo stato d’animo e i suoi propositi: "Io, più somigliante pel colore ad un morto che ad un vivente, ero pallido per lo stupore e per l’affanno. E all’elezione di me fatta, o meglio alla fattami violenza, finora, parlando con severità, ho riluttato quanto ho potuto. Ma già, voglia o no, sono costretto di confessare che i giudizi di Dio resistono ogni dì più ai miei sforzi, talché non vedo di poter scampare. Per lo che, vinto dalla violenza non tanto degli uomini, quanto di Dio contro la quale non v’ha accortezza, capisco non rimanermi altro partito, che, dopo aver pregato quanto ho potuto ed essermi adoperato affinché questo calice, ove fosse possibile, passasse da me senza che lo bevessi, posponendo il mio sentimento e la mia volontà, mi rimetta interamente al consiglio ed alla volontà di Dio" (Pio X, Lettera enciclica E supremi). E, di suo, Papa Sarto aggiungeva subito: “Pure, poiché al voler divino piacque di sollevar la Nostra bassezza a tanta sublimità di potere, pigliamo coraggio in Colui che Ci conforta; e ponendoCi all’opera, appoggiati nella virtù di Dio, proclamiamo di non avere, nel Supremo Pontificato, altro programma, se non questo appunto di "ristorare ogni cosa in Cristo" cotalché sia "tutto e in tutti Cristo" (Pio X, Lettera enciclica E supremi).
 
Davvero, nella storia tutto è saldamente nelle mani di Dio, anche se la libertà degli uomini vi svolge certamente un ruolo essenziale; Dio, in ogni caso, interloquisce sempre con l’uomo, ne rispetta la libertà ed anzi l’esalta. Ecco allora che in questa prospettiva va letta senz’altro anche l’elezione al soglio pontificio di un uomo di Chiesa che non proveniva dalla carriera diplomatica né poteva vantare un particolare curriculum studiorum.
 
Giuseppe Sarto era principalmente “pastore d’anime”, nel senso più alto e nobile del termine: aveva esercitato il suo ministero a Tombolo (nel Padovano) e poi a Salzano (in provincia di Venezia), prima di diventare canonico della cattedrale di Treviso e direttore spirituale in Seminario e poi, in seguito, vescovo di Mantova e patriarca di Venezia, città e Chiesa a cui rimase sempre legato in modo originalissimo. Ebbene, forse proprio perché essenzialmente “pastore d’anime” - uomo, cioè, attento e tutto dedito alla vita pastorale, sensibile e lungimirante di fronte alla vita delle persone e del territorio a lui affidati - fu capace di esercitare un’azione riformatrice di ampio raggio e profondamente incisiva nella vita della Chiesa ed ora lo veneriamo come Santo e ci disponiamo a ravvivarne, con gratitudine e riconoscenza, la memoria anche attraverso le iniziative pensate per sottolineare doverosamente l’ormai vicino centenario della morte.
 
Come è noto, il periodo storico in cui S. Pio X svolse il suo pontificato (1903-1914) fu segnato da profondi conflitti sociali, da rapporti problematici tra la Chiesa ed i governi nazionali e da sfide di natura politica, come il diffondersi del socialismo, ma anche culturali e religiose, come il “modernismo”. Ebbene, “S. Pio X affrontò queste sfide con decisione e al tempo stesso con grande sensibilità e cura pastorale. Sentì che il suo primo compito era quello di custodire la fede del suo popolo, di rinvigorire l’adesione a Cristo Risorto, di rinnovare la vita della Chiesa per il bene di tutta la società” (Conferenza Episcopale Triveneto, La prima comunione all’età dell’uso della ragione. Nota dei Vescovi a cento anni dal decreto «Quam Singulari» voluto da S. Pio X (1910) - Zelarino, 1 giugno 2010).
 
Questo intento era chiarissimo già nel suo motto Instaurare omnia in Cristo (Ef 1,10) e nell’enciclica Il fermo proposito (del 1905), rivolta ai vescovi d’Italia e in cui ribadiva con forza che bisognava dare a Cristo un posto di rilievo nella costruzione della famiglia, della scuola, della società tutta intera: "Restaurare tutto in Cristo è stata sempre la divisa della Chiesa, ed è particolarmente la Nostra nei trepidi momenti che traversiamo. Ristorare ogni cosa, non in qualsivoglia modo, ma in Cristo: "in Lui, tutte le cose che sono in Cielo ed in terra", soggiunse l’Apostolo: ristorare in Cristo non solo ciò che appartiene propriamente alla divina missione della Chiesa di condurre le anime a Dio, ma anche ciò che (…) da quella divina missione spontaneamente deriva, la civiltà cristiana nel complesso di tutti e singoli gli elementi che la costituiscono” (Pio X, Lettera enciclica Il fermo proposito).
 
L’azione riformatrice di Papa Sarto toccò, in tal modo, tutti gli aspetti della vita ecclesiale - catechistico, liturgico, pastorale, legislativo e disciplinare - e mirò, soprattutto, al rinnovamento spirituale del clero e dei fedeli. Sono certo che anche i lavori di questo convegno di studi aiuteranno a metterne in giusto rilievo la splendida e luminosa figura.








Giuseppe Cardinal Sarto, in questa foto  Patriarca di Venezia.
Eletto il 4 agosto 1903 duecentocinquantasettesimo papa della Chiesa Cattolica, Pius X
Canonizzato il 29 maggio 1954.






[Modificato da Caterina63 09/12/2013 12:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/12/2013 22:54
 
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ESORTAZIONE APOSTOLICA *
A QUARANTACINQUE ANNI
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI XIII
ALL'EPISCOPATO E AL CLERO 
DELLE VENEZIE,
RACCOLTI INTORNO ALLE SPOGLIE DI S. PIO X

 

Diletti figli,

A quarantacinque anni dal suo dies natalis alla patria celeste, Pio X è tornato per brevi giorni a Venezia, alla sua terra natale, al campo del suo apostolato, in mezzo alla sua gente umile e generosa, che gli restò sempre nel cuore, anche tra le cure e gli affanni della altissima dignità pontificale.

Questo glorioso passaggio delle sue Spoglie mortali, Noi desiderammo dì vederlo compiersi fin dal 1954: e lo affrettammo non appena fummo chiamati alla seconda successione di Lui sulla Cattedra di Pietro. Al di là di ogni attesa più felice, eccoci dinnanzi ad un trionfo — oh! quale trionfo — di popolo, acclamante il figlio e padre suo, la gloria sua più fulgente dei tempi moderni e l'inclito Patrono, e con tale intensità di fervore da farCi sperare edificantissimi frutti di interiore rinnovamento per molte anime.

In questo istante Noi contempliamo con gli occhi del cuore voi, diletti figli, convenuti in S. Marco, con i vostri venerabili Vescovi, da tutti i punti delle Tre Venezie: e con voi Ci appressiamo all'urna benedetta, deposta sotto la cupola grande della Basilica d'Oro, in faccia all'altare dell'Evangelista San Marco: non lungi dalla Nicopeja veneratissima, e presso quello storico ambone, da cui si effuse l'insegnamento robusto e chiaro del Patriarca Sarto, e la dolcezza del suo eloquio, che Noi, giovanetto quindicenne, udimmo con i Nostri orecchi a Sant'Alessandro in Colonna a Bergamo.

É ben naturale che clero e popolo, ma i sacerdoti innanzitutto, si domandino che cosa porti di nuovo Pio X, in questo suo ritorno a Venezia, dopo quasi mezzo secolo dalla sua dipartita: quali utili richiami egli ci rechi per la interezza della vita ecclesiastica, determinata dalle circostanze odierne. La maestà della morte e la conclamata celeste glorificazione conferiscono una significazione speciale all'insegnamento di questo grande, di questo Santo insigne.

Pur tenendo conto delle variazioni delle età, che nel loro succedersi turbinoso ripetono i pregi e i difetti di ogni tempo: — giovani che subiscono il fascino delle novità e del passare innanzi agli anziani, talora con qualche presunzione: uomini maturi tentati di scegliere ciò che corrisponde alle proprie comodità, più che al bene comune e generale — gli impegni del sacerdote sono pur molti e gravi, e si impongono alla attenzione ed alla coscienza di ciascuno. Pio X, tornato in mezzo ai suoi, a quelli che per sacra Ordinazione gli sono più particolarmente vicini, richiama solennemente tre punti di vita sacerdotale, specialmente interessanti in ogni epoca della storia: la luminosa sopravvivenza così accentuata, il fascino — di cui siamo testimoni — che esercita sulle anime e sulle collettività cattoliche di tutto il mondo, Ci fanno ripensare alla dignità sacerdotale, all'amore alla Santa Chiesa e alla saggezza umana e cristiana che specialmente si addice al vivere nostro, chiamati come siamo:lumen mundi, sal terrae.

Sono tre elementi di primissimo ordine per la edificazione della nostra vita, cari sacerdoti, per la efficacia del vostro ministero: tre moniti di questo sacerdos magnus Dei excelsi, sacerdote sommo dell'Altissimo, reso oggetto di così spontaneo amore popolare, e proposto alla imitazione di tutti.

Al di fuori e al di sopra degli aneddoti e degli sprazzi di bonomia, che ripetuti e alterati potevano impicciolire la sua statura di uomo, di ecclesiastico distinto e di pastore di anime, Pio X appare nelle linee caratteristiche sue, diremmo più sacre e più severe, temperate peraltro da quel senso di grande comprensione, così trasparente dal suo sorriso e dalla sua calda parola.

I.

DIGNITÀ SACERDOTALE

L'autore della Imitazione di Cristo, nel IV libro, capo 5, definisce con un tratto ineffabile la caratteristica grandezza del sacerdote in faccia al cielo e alla terra: « Grande ministerium et magna dignitas sacerdotum, quibus datum est quod Angelis ipsis non est concessum ».

Ministero di grazia dunque, privilegio singolare!

Questa dignità è insita al fatto stesso della vocazione. Via via si definisce con la vestizione clericale, con il conferimento della tonsura, nella ascesa agli Ordini Sacri, nella missio canonica, che è tutto un poema di rispetto e di amore della Santa Chiesa per le anime, e di fiducia nei suoi sacerdoti.

Il Concilio di Trento, nelle cui sessioni passò sensibilissima la esigenza di un perfetto adeguamento del sacerdote ai suoi altissimi doveri, sta a rammentare, con parola severa e penetrante, ciò che più volte Ci permettemmo di sussurrare, quasi in preghiera, ai seminaristi e ai sacerdoti della Nostra cara Venezia. Le parole alte e gravissime del Concilio di Trento [1]: « Sic decet omnino clericos in sortem Domini vocatos ut habitu, gestu, incessu, sermone nihil nisi grave, moderatum ac religione plenum praeseferant ». Sono espressioni precise e degne di essere tenute a mente e ripetute come il Gloria Patri del Breviario.

Il popolo cristiano, nonostante il variare dei gusti e l'affievolirsi dell'antico spirito di raccoglimento attorno alla parrocchia, vuole ancora e sempre il sacerdote degno, illuminato, amabile, santo.

Purtroppo la polvere della mondanità sembra tutto confondere e tutti avvolgere. Ma la esigenza della ecclesiastica dignità resta intatta nella opinione generale e nelle intimità più riposte dei cuori, perfino nei fanciulli.

Il sacerdote se è vivo come fuoco, e perciò luminoso, puro, ardente, vale tutto: altrimenti conta un bel poco, anche nella considerazione di coloro che momentaneamente hanno disertato la pratica religiosa.

La « Haerent animo » di S. Pio X — che nel cinquantesimo della sua acclamata apparizione rimeditammo il 18 settembre dell'anno scorso nella celebrazione del centenario del sacerdozio a Castelfranco — sgorgò dal cuore infuocato di Pio X, proprio come un gemito paterno, per richiamare il clero, diocesano e regolare di tutto il mondo, alla vita interiore più intensa ed alla santificazione.

Cari sacerdoti! Se Pio X è penetrato nella coscienza dei popoli, se tuttora la scuote, se la Chiesa docente attinge anche oggi al suo magistero, ciò è dovuto al fatto che egli sentì, visse e gustò questa altissima dignità, e vi si conformò senza sforzo e con naturalezza in ogni circostanza della sua vita, da cappellano cooperatore fino a Pontefice Sommo.

Prima ed accanto ad ogni altra preoccupazione di desiderabili ed opportuni aggiornamenti pastorali, e di applicazione di nuove risorse per accostare le varie categorie di fedeli, abbiate cura precipua della vostra anima. Ve lo diciamo con tutta semplicità e familiarità paterna.

L'anima pura e ardente di un prete è mistero di luce, di grazia e di amore. Gli Angeli del Cielo l'ammirano e vedono in essa il riflesso della Maestà divina.

Felice il sacerdote che adempie con fedele cura i quotidiani doveri della preghiera: che ama il raccoglimento del tempio e della casa : che attinge la sostanza viva della sua predicazione dal Libro Sacro: che nei giudizi, nelle parole, nel tratto si uniforma agli esempi di Nostro Signore, della Madre sua e dei Santi: che non nutre eccessiva fiducia nelle risorse umane. Poiché la santità gli è necessaria per la salvezza dell'anima sua e per l'efficacia del suo apostolato, ogni sacerdote deve avere la massima cura di accostarsi al Sacramento della Penitenza e servirsi di tutti quei sussidi che la esperienza suggerisce e la Chiesa approva.

« Si ergo sacerdos omnibus virtutibus fuerit ornatus, tune est quasi -optimum sal, et totus populus de illo conditur, magis videndo eum quam audiendo. Nam prima doctrina est videre bonum, secunda autem .erudire » [2].

II.

LA CHIESA

Le situazioni mutano, ma le difficoltà frapposte alla Chiesa nel compimento della sua divina missione non mancano mai.

A chi se ne meraviglia, a chi troppo ingenuamente confida in un'alba di assoluto riposo terreno e di facili conquiste, Noi rammentiamo le pagine di sangue e di gloria scritte dai Martiri e dai Dottori sempre alla difesa ed all'onore del deposito sacro affidato da Cristo alla sua Chiesa.

La Chiesa dei tempi di Pio X stette al posto suo con finezza e fierezza.
Taluni forzarono la porta, purtroppo: altri riuscirono ad imprese clamorose e dolorose. Ma su quel clamore si distesero poi le ombre della notte.

Pio X, mite ed umile di cuore, non piegò alla violenza dei potenti della terra né alle lusinghe dei dialettici delle varie scuole. E lasciò l'esempio preclaro del suo strenuo amore al Libro Sacro ed alle sorgenti della grazia.

A chi, definendolo « un povero parroco delle campagne venete », lo immaginò quasi confuso e sperduto nella immensità dei compiti pontificali, egli diede la misura altissima della sua chiaroveggenza di Maestro e di Pastore universale, soprattutto per alcuni atti, tra i più segnalati del suo governo: La creazione dell'Istituto Biblico, la preparazione del Codice di Diritto Canonico, la riorganizzazione delle Congregazioni Romane: l'invito alla Comunione frequente degli adulti ed alla Comunione ai fanciulli in tenera età, per la custodia dell'innocenza e dei buoni costumi: il ripudio di avvedutezze meramente politiche come mezzo di difesa del ceto ecclesiastico, e degli inalienabili diritti della verità rivelata e della libertà delle anime.

Diletti sacerdoti! La struttura interiore della Chiesa è forza che le viene dalla persuasione di dover restare fedele alla missione affidatale dal suo divino Fondatore, senza tema di apparire o di venire talora giudicata severa o troppo prudente.

Questa Chiesa, che non ha bisogno di alcuno, si affida a tutti i suoi figli.

Come istituzione divina essa rappresenta quanto di più sicuro e confidente si può immaginare per la salvezza dell'uomo, ma altresì nell'ordine delle relazioni umane e dell'avviamento a risolvere ciò che preoccupa ai fini del quotidiano sostentamento, della pace sociale, e della collaborazione fra i popoli.

Tenendo sotto gli occhi le pagine più luminose della storia di tutti i secoli, si può ben ritenere che il Concilio Ecumenico — per il cui annunzio ascoltammo una ispirazione, della cui spontaneità sentimmo, nella umiltà della Nostra anima, come un tocco improvviso e inatteso — stia già preparando, nelle intimità episcopali e sacerdotali, il buon proposito di ciascun ecclesiastico, un desiderio più ansioso di dilatare gli spazi della carità e di rimanere al posto suo con chiarezza di pensiero e con grandezza di cuore.

Preghiamo ed auguriamo che il Concilio rinnovi innanzi tutto lo spettacolo degli Apostoli radunati in Gerusalemme, dopo l'Ascensione di Gesù al Cielo: unanimità di pensiero e di preghiera con Pietro e attorno a Pietro, Pastore degli agnelli e delle pecore: offerta di energie che si ritemprano, che si rinnovano per la ricerca di ciò che potrà meglio corrispondere alle odierne esigenze dell'apostolato.

La figura di S. Pio X, invocato anche lui celeste protettore del Concilio Ecumenico, si stacca dai fatti e dalle circostanze che ai suoi tempi originarono giudizi avventati e interessati, e rende più suadente il richiamo a non cercare vie peregrine per la salvezza dell'uomo e per la difesa dei suoi diritti, e a non immaginare facili divagazioni che possano surrogare ciò che affonda le sue radici nella essenza stessa delle istituzioni più solide, ed ha il valore dell'esperienza secolare. E cioè: in Oriente il riavvicinamento prima, il riaccostamento poi e la riunione perfetta di tanti fratelli separati coll'antica Madre comune: e in Occidente la generosa collaborazione pastorale dei due cleri, sotto lo sguardo e la direzione del Vescovo, che è il Pastore di tutte le pecorelle.

III.

SAGGEZZA UMANA E CRISTIANA

L'episodio di S. Pio X — Noi lo vedemmo coi Nostri occhi — che nel giorno della sua Incoronazione apparve contrariato dalle acclamazioni della folla, è indicativo della sua mentalità e del suo carattere.

Egli amava la gente e ne compativa le esuberanze: poi vi si adattò volentieri. Ma quella testa piegata in avanti, quel gesto lento e breve della benedizione, quegli occhi arrossati di pianto, quel sorriso che tardava a venire, rimasero nella memoria di quanti ebbero la sorte di assistere a quella cerimonia del 9 agosto 1903, ad indicare la disciplina interiore di quel sacerdote Veneto, la cui bonomia fu presto da tutti compresa nel suo esatto significato.

In tutto, il prete deve portare un senso di misura, ili garbo, di cordiale cortesia. Voi Ci comprendete. I fedeli non amano vedervi immersi negli affari terreni, quasi doveste risolvere tutto nello spazio di una generazione : e non apprezzano il sacerdote che si dimostra troppo caloroso o parziale. Conviene saper portare dappertutto e con grande dignità l'abito talare, nobile e distinto: immagine della tunica di Cristo: Christus sacerdotum tunica, segno splendente della veste interiore della grazia.

In diebus iracundiae sapersi controllare è merito grande, così che gli amici trovino in voi i moderatori delle passioni anche generose; e gli avversari, qualora ne incontraste, possano sempre giudicarvi galantuomini a tutta prova. Diletti figli! Il mondo subisce ancora, subisce sempre il fascino della bontà e della santità. Voi ne siete testimoni in questi giorni di presenza di Pio X a Venezia.

Perchè il popolo invoca questo Santo? Perchè lo cerca? Perchè lo ama? La risposta è facile. Ci fu in Lui la congiunzione mirabile di quelle doti positive che sono proprie e caratteristiche di ciascuna classe sociale. Limpido come lo sono i figli della campagna; franco e robusto come gli operai delle nostre officine; paziente come gli uomini del mare; misurato come il pastore del gregge; nobile ed austero come i discendenti delle più grandi famiglie; affabile e giusto come un maestro, un magistrato; buono e generoso come si immaginano e sono i Santi.

Vogliamo tutti insistere in questa ricerca ed in questo amore di valori umani e cristiani, naturali e soprannaturali. E supplichiamo il Signore di farci sempre più anelare a questo equilibrio di energie e di entusiasmi. Il popolo ci correrà dietro, non per cercare noi, né per fermarsi a noi, ma per giungere con noi all'incontro di Cristo Gesù, che è « pastor et episcopus animarum nostrarum » [3].

O San Pio, Patriarca e Pontefice nostro glorioso, impavido e benigno : proteggi sempre il clero Veneto, di cui tu rimani preclarissimo splendor et honor: proteggi tutto il clero d'Italia, tutto il clero cattolico del mondo. Sostieni la resistenza ed il gaudium de veritate di centinaia e di migliaia di confratelli nostri che la persecuzione e l'oppressione delle più sacre libertà, in vaste e piccole regioni lontane e vicine, sottopone a durissime prove, che sono gemito e pianto della Chiesa del Signore.

La parola di Gesù per molti si avvera: « In mundo pressuram habebitis » [4]. É nostro dovere sacro portare nel cuore e nelle preghiere il ricordo quotidiano di questi confratelli sofferenti ed angustiatissimi. Per la tua intercessione, o Pontefice nostro Pio, la parola di Gesù un'altra volta e sempre si avveri: « Confidite, ego vici mundum » [5].

Pienamente fiduciosi che le Nostre parole troveranno pronta e generosa corrispondenza da parte vostra, come pegno delle più elette grazie celesti e della potente intercessione di S. Pio X, a voi, diletti figli, e in primo luogo al Signor Cardinale Patriarca della Nostra cara Venezia e agli Arcivescovi e Vescovi costi convenuti, come pure a tutto il Clero diocesano e regolare e ai seminaristi delle Tre Venezie, impartiamo con effusione di cuore l'Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 21 aprile millenovecentocinquantanove, anno primo del Nostro Pontificato.

 

 IOANNES PP. XXIII


*  AAS. vol. LI, 1959, pp. 375-381.

[1] Sess. XXIII, cap. 18.

[2] S. Ioan. Chrysost. Homil. 10 in Mt. - opus imperfectum - PG 33, 685.

[3] Cfr. 1 Petr. 2, 25.

[4Io. 16, 33.

[5Io. 16, 33.

 

   cliccare qui per il Calendario 2014 dedicato a san Pio X



[Modificato da Caterina63 26/12/2013 11:57]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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