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Perchè sono Cattolico, di Chesterton. E Dio è Cattolico? di Rino Cammilleri

Ultimo Aggiornamento: 06/03/2017 17:45
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07/05/2015 15:05
 
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  Conferenza su Chesterton. Monda: grande sintonia con stile Francesco




G.K. Chesterton





07/05/2015 



“Un vescovo vestito da clown. Cosa significa fare apologetica nel Terzo Millennio?”. E’ il titolo della quinta conferenza annuale chestertoniana che si terrà sabato prossimo alle ore 17 nella sede de “La Civiltà Cattolica” a Roma. Ad introdurre l’evento sul grande scrittore e polemista inglese saranno il direttore della rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro, e il direttore del G.K. Chesterton Institute, Ian Boyd. Alessandro Gisotti ha chiesto adAndrea Monda, moderatore della conferenza e presidente dell’associazione “BombaCarta”, di soffermarsi sul tema scelto quest’anno:


R. – Tempo fa siamo stati tutti colpiti nel vedere Papa Francesco mettersi un naso rosso, tipico da clown, parlando con una coppia di persone che facevano clown terapia. E allora a noi organizzatori di questo Convegno annuale - che si svolge a Civiltà Cattolica,  grazie anche all’intervento del Chesterton Institute del New Jersey, sempre riguardo all’opera dello scrittore inglese Chesterton - ci è venuto subito in mente questa famosa espressione: “Un vescovo vestito da clown”. E’ una definizione che diede Emilio Cecchi, grande critico letterario italiano, quando conobbe di persona Chesterton, e disse: “Mi era sembrato di incontrare un vescovo vestito da clown”, cioè una persona capace di grandissima serietà e profondità, ma al tempo stesso anche con un tocco lieve, pieno di humor e di bonomia, capace quindi di trasmettere i valori, i principi della fede con allegria.


D. – Peraltro, anche Giovanni Paolo II amava molto i clown, e anche Benedetto XVI, quand’era ancora il teologo Ratzinger, in “Introduzione al cristianesimo”, il suo capolavoro, inizia proprio partendo da una scena di un circo, di un clown…


R. – C’è un legame molto stretto degli ultimi Papi, a partire da Pio XI, con la figura di Chesterton e con questa immagine farsesca, apparentemente, del pagliaccio, del clown. Benedetto XVI, poco dopo l’elezione a Sommo Pontefice, fu intervistato in Germania da una tv, e citarono proprio una battuta di Chesterton: “Gli angeli possono volare, perché hanno il senso dell’umorismo”. Anzi, fu lui stesso a citarla, perché disse che anche per il Papa è importante avere un granello di questa saggezza, di questo senso dell’umorismo, dell’autoironia che ci permette di volare e di non essere mai pesanti.


D. – In un’omelia a casa Santa Marta – ma poi lo ha ripetuto altre volte – Francesco ha detto, ormai tutti lo abbiamo nell’orecchio e nel cuore – non si può vedere “un cristiano con la faccia da funerale”. Ecco, in qualche modo Chesterton rappresenta un antidoto: è riuscito ad unire fede e umorismo, perfino teologia e comicità e ironia…


R. – Assolutamente sì! Ma addirittura, un “nemico” - se così si può dire - del cristianesimo come Nietzsche diceva: “I cristiani non sono credibili, perché non hanno la faccia da redenti, da persone che credono nel Risorto, nella Risurrezione: sono troppo tristi”. E quindi molte volte anche le accuse che ci vengono fatte dai “nemici” della fede, ci devono aiutare, aiutare a correggere molte volte anche una linea che possiamo prendere forse per routine, per stanchezza, per formalismo, addirittura per bigottismo. E da questo punto di vista è proprio vero che Chesterton, con la sua opera, è un potente antidoto. Chesterton in tutta la sua vita ha combattuto contro gli intellettuali, però quando dibatteva con queste persone, lo faceva sempre con una lealtà, con una sincerità e addirittura con un amore verso l’interlocutore, che forse era poi la cosa che più di tutte convinceva.


D. – In questo si può ritrovare un certo stile chestertoniano in Jorge Mario Bergoglio, che peraltro – sappiamo – anche lui ha amato e ama Chesterton?


R. – E’ un grande ammiratore di Chesterton, credo abbia fatto parte anche della società chestertoniana argentina; ma addirittura direi che sembra quasi un personaggio uscito dai romanzi di Chesterton! Penso, per esempio, ad Innocenzo Smith, il protagonista del romanzo “Le avventure di un uomo vivo” che - direi - incarna perfettamente tutte le cose che abbiamo incominciato a conoscere di questo Papa, venuto dalla fine del mondo: quest’entusiasmo, questa capacità di essere contagioso nell’allegria, travolgente, sconvolgente, sempre spiazzante. In questo romanzo, Innocenzo Smith, arriva nel suo paesino inglese e getta lo scompiglio. Papa Francesco sembra essere arrivato in Occidente, e a capo della Chiesa cattolica, portando un vento di allegria, di fiducia, un vento di misericordia, al quale ancora forse non siamo abituati. Forse, andare a rileggere Chesterton, potrebbe aiutarci a comprendere questo Pontificato. 



ma... alcune affermazioni di Bergoglio non sono affatto in continuità con il pensiero di Chesterton, dei suoi predecessori:

Papa Francesco, intervistato da Scalfari, gli fa questa domanda: «Ma lei, laico e non credente in Dio, in che cosa crede?»

Ampi stralci dell’intervista del fondatore di Repubblica a papa Francesco, che l’ha invitato a Santa Marta per un incontro. «La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio»

 

Papa Francesco «ha sconvolto» il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, a cui aveva già inviato unalettera, invitandolo a Santa Marta per incontrarsi. Oggi Repubblica riporta l’intervista che è risultata da quell’incontro, qui ne trovate ampi stralci.

MALI PIÙ GRAVI OGGI. «I più gravi dei mali che affliggono il mondo in questi anni sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi. I vecchi hanno bisogno di cure e di compagnia; i giovani di lavoro e di speranza, ma non hanno né l’uno né l’altra, e il guaio è che non li cercano più. Sono stati schiacciati sul presente. Mi dica lei: si può vivere schiacciati sul presente? Senza memoria del passato e senza il desiderio di proiettarsi nel futuro costruendo un progetto, un avvenire, una famiglia? È possibile continuare così? Questo, secondo me, è il problema più urgente che la Chiesa ha di fronte a sé».

NARCISISMO. «Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo. L’agape è l’amore per gli altri, come il nostro Signore l’ha predicato. Non è proselitismo, è amore. Amore per il prossimo, lievito che serve al bene comune. Il Figlio di Dio si è incarnato per infondere nell’anima degli uomini il sentimento della fratellanza. Tutti fratelli e tutti figli di Dio. Abba, come lui chiamava il Padre. Io vi traccio la via, diceva. Seguite me e troverete il Padre e sarete tutti suoi figli e lui si compiacerà in voi. L’agape, l’amore di ciascuno di noi verso tutti gli altri, dai più vicini fio ai più lontani, è appunto il solo modo che Gesù ci ha indicato per trovare la via della salvezza e delle Beatitudini. (…) A me la parola narcisismo non piace, indica un amore smodato verso se stessi e questo non va bene, può produrre danni gravi non solo all’anima di chi ne è affetto ma anche nel rapporto con gli altri, con la società in cui vive. Il vero guaio è che i più colpiti da questo che in realtà è una sorta di disturbo mentale sono persone che hanno molto potere. Spesso i Capi sono narcisi».

LA CURIA. «In Curia ci sono talvolta dei cortigiani, la Curia nel suo complesso è un’altra cosa. È quella che negli eserciti si chiama l’intendenza, gestisce i servizi che servono alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali. Questa visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla. La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio e i presbiteri, i parroci, i Vescovi con cura d’anime, sono al servizio del popolo di Dio».

LA VOCAZIONE. «Non ho sentito la vocazione da giovanissimo. Avrei dovuto fare un altro mestiere secondo la mia famiglia, lavorare, guadagnare qualche soldo. Feci l’università. Ebbi anche una insegnante verso la quale concepii rispetto e amicizia, era una comunista fervente. Spesso mi leggeva e mi dava da leggere testi del Partito comunista. Così conobbi anche quella concezione molto materialistica. (…) Il suo materialismo non ebbe alcuna presa su di me».

SANTI PREFERITI. «San Paolo è quello che mise i cardini della nostra religione e del nostro credo. Non si può essere cristiani consapevoli senza San Paolo.  (…) E poi Agostino, Benedetto e Tommaso e Ignazio. E naturalmente Francesco. Debbo spiegarle il perché? Mi chiede una classifica, ma le classifiche si possono fare se si parla di sport o di cose analoghe. Potrei dirle il nome dei migliori calciatori dell’Argentina. Ma i santi…».

L’ELEZIONE A PAPA. «Adoro i mistici ma io non credo di avere quella vocazione. (…) Il mistico riesce a spogliarsi del fare, dei fatti, degli obiettivi e perfino della pastoralità missionaria e s’innalza fino a raggiungere la comunione con le Beatitudini. A me è capitato raramente. Per esempio quando il Conclave mi elesse Papa. Prima dell’accettazione chiesi di potermi ritirare per qualche minuto nella stanza accanto a quella con il balcone sulla piazza. La mia testa era completamente vuota e una grande ansia mi aveva invaso. Per farla passare e rilassarmi chiusi gli occhi e scomparve ogni pensiero, anche quello di rifiutarmi ad accettare la carica come del resto la procedura liturgica consente. Chiusi gli occhi e non ebbi più alcuna ansia o emotività. Ad un certo punto una grande luce mi invase, durò un attimo ma a me sembro lunghissimo. Poi la luce si dissipò, io m’alzai di scatto e mi diressi nella stanza dove mi attendevano i cardinali e il tavolo su cui era l’atto di accettazione».

L’OBIETTIVO NON È IL PROSELITISMO. «Siamo sempre stati una minoranza ma il tema di oggi non è questo. Personalmente penso che essere una minoranza sia addirittura una forza. Dobbiamo essere un lievito di vita e di amore e il lievito è una quantità infinitamente più piccola della massa di frutti, di fiori e di alberi che da quel lievito nascono. Mi pare d’aver già detto prima che il nostro obiettivo non è il proselitismo ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza. Dobbiamo ridare speranza ai giovani, aiutare i vecchi, aprire verso il futuro, diffondere l’amore. Poveri tra i poveri. Dobbiamo includere gli esclusi e predicare la pace. Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare».

GOVERNO DELLA CHIESA. «Non sono certo Francesco d’Assisi e non ho la sua forza e la sua santità. Ma sono il Vescovo di Roma e il Papa della cattolicità. Ho deciso come prima cosa di nominare un gruppo di otto cardinali che siano il mio consiglio. Non cortigiani ma persone sagge e animate dai miei stessi sentimenti. Questo è l’inizio di quella Chiesa con un’organizzazione non soltanto verticistica ma anche orizzontale. Quando il cardinal Martini ne parlava mettendo l’accento sui Concili e sui Sinodi sapeva benissimo come fosse lunga e difficile la strada da percorrere in quella direzione. Con prudenza, ma fermezza e tenacia».

CHIESA E POLITICA. «La Chiesa non si occuperà di politica. (…) La politica è la prima delle attività civili ed ha un proprio campo d’azione che non è quello della religione. Le istituzioni politiche sono laiche per definizione e operano in sfere indipendenti. Questo l’hanno detto tutti i miei predecessori, almeno da molti anni in qua, sia pure con accenti diversi. Io credo che i cattolici impegnati nella politica hanno dentro di loro i valori della religione ma una loro matura coscienza e competenza per attuarli. La Chiesa non andrà mai oltre il compito di esprimere e diffondere i suoi valori, almeno fin quando io sarò qui. La Chiesa non è quasi mai stata così. Molto spesso la Chiesa come istituzione è stata dominata dal temporalismo e molti membri ed alti esponenti cattolici hanno ancora questo modo di sentire».

IN COSA CREDE? «Ma ora lasci a me di farle una domanda: lei, laico non credente in Dio, in che cosa crede? Lei è uno scrittore e un uomo di pensiero. Crederà dunque a qualcosa, avrà un valore dominante. Non mi risponda con parole come l’onestà, la ricerca, la visione del bene comune; tutti principi e valori importanti, ma non è questo che le chiedo. Le chiedo che cosa pensa dell’essenza del mondo, anzi dell’universo. Si domanderà certo, come tutti, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Se le pone anche un bambino queste domande. E lei?». (…) Scalfari: La risposta è questa: io credo nell’Essere, cioè nel tessuto dal quale sorgono le forme, gli Enti (…). Papa Francesco: «Va bene. Non volevo che mi facesse un compendio della sua filosofia e mi ha detto quanto mi basta». «E io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio. E credo in Gesù Cristo, sua incarnazione. Gesù è il mio maestro e il mio pastore, ma Dio, il Padre, Abbà, è la luce e il Creatore. Questo è il mio Essere. (…) Dio è luce che illumina le tenebre anche se non le dissolve e una scintilla di quella luce divina è dentro ciascuno di noi. Nella lettera che le scrissi ricordo d’averle detto che anche la nostra specie finirà ma non finirà la luce di Dio che a quel punto invaderà tutte le anime e tutto sarà in tutti. (…) Ma la trascendenza resta perché quella luce, tutta in tutti, trascende l’universo e e specie che in quella fase lo popolano».

LIBERISMO. «Personalmente penso che il cosiddetto liberismo selvaggio non faccia che rendere i forti più forti, i deboli più deboli e gli esclusi più esclusi. Ci vuole grande libertà, nessuna discriminazione, non demagogia e molto amore. Ci vogliono regole di comportamento ed anche, se fosse necessario, interventi diretti dello Stato per correggere le disuguaglianze più intollerabili».




[Modificato da Caterina63 19/01/2016 09:01]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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