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Le accuse contro L'EUCARESTIA: gli Evangelici sbagliano!

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2008 11:48
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28/11/2008 11:48
 
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EUCARESTIA COMUNIONE CON DIO NON CANNIBALISMO

IL RISORTO CI UNISCE A LUI E NOI INCONTRIAMO IL DIO VIVENTE



I Pagani credevano che l'Eucaristia fosse un atto di cannibalismo.....
I giacobini accusavano i cristiani di cannibalismo e anche Marx riteneva che l'Eucaristia fosse un rito di antropofagia. [SM=g27992]
Anche oggi i Mussulmani credono che l'eucaristia sia una forma di sacrilego cannibalismo.

Scrive J. Ratzinger che nell'Eucaristia noi non mastichiamo la carne, come farebbero dei cannibali o come se stessimo mangiando una bistecca cruda... ma nello stesso tempo non ci comunichiamo con un simbolo ( cfr J. Ratzinger, Il Dio vicino, L'eucaristia cuore della vita cristiana, San Paolo 2003, pp.86-87 ).

"" Nel caso del cibo comune accade (..) che l'uomo sia il più forte.
Egli assume delle cose e queste vengono a lui assimilate, così da divenire parte della sua sostanza. Vengono trasformate in lui e costruiscono la sua esistenza corporea. Ma nel rapporto con Cristo avviene il contrario; il centro è lui (...). Quando ci comunichiamo con verità e con La Verità(=Gesù), significa che veniamo fatti uscire da noi stessi e assimilati a lui, che diventiamo una cosa sola con lui e per mezzo di lui con la comunità dei fratelli.
(...) Questo è il mio corpo significa (...) tutta la mia persona presente nel mio corpo"
(ivi, pp. 79-80 ): il Signore si impadronisce del pane e cambia il vero, profondo fondamento del suo essere. Il pane eucaristico viene innalzato a un nuovo ordine, e diventa profondamente altro ( cfr ivi, pp.87-89).
Dice Ratzinger che si tratta della persona del risorto: Gesù nel discorso eucaristico mette insieme eucaristia e risurrezione.

Gesù potè risorgere e per questo è risorto "perché come Figlio e come colui che ama sulla croce, è divenuto partecipazione totale di se stesso. Essere risorto significa essere comunicabile; significa essere colui che è aperto, che dona se stesso." ( ivi, pp.82-83 ).

Le parole di Cristo, che promettono di dare la sua carne da mangiare, devono intendersi certamente in senso spirituale; il che non vuol dire in senso simbolico.
Ecco perché, nel discorso eucaristico, Gesù dice: " Le parole che io vi ho dette sono spirito e vita".
Perché riguardano una proprietà spirituale e gli effetti spirituali sulla nostra carne: promettono il pane di vita, di una vita spirituale che si ripercuote sulla carne, una nuova vita che non ha niente in comune con quella che abbiamo dalla natura e che è inaccessibile all'esperienza dei sensi: con l'Eucaristia il Risorto ci unisce a Lui e noi incontriamo il Dio vivente perché in lui abita la pienezza della Vita divina.

I monaci di Cluny, intorno all'anno mille, quando si accostavano alla comunione, si toglievano le calzature.
Sapevano che qui c'è il roveto ardente, qui è presente il mistero davanti al quale Mosé era caduto in ginocchio sulla sabbia
.

Per questo Gesù dice: " è lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla" ( Gv. 6,64 ).
Tale frase va intesa in questo senso: è lo Spirito di Dio che dà la vita eterna, la carne, da sola, non può darsi la vita eterna.
Infatti, nella traduzione interconfessionale in lingua corrente, il v.64 viene tradotto in questo modo: " Soltanto lo Spirito di Dio dà la vita, l'uomo da solo non può fare nulla".

Lo sanno bene i discepoli la difficoltà di questo discorso infatti, sul finale del brano giovanneo, Pietro fa sapere a Gesù che le sue parole sono "dure" e che molti discepoli se ne stavano andando via per questo linguaggio incomprensibile. Allora Gesù, che prometterà poi il sostegno dello Spirito Santo per comprendere queste parole e accettare il mistero, risponde con una apparente durezza: "Volete andarvene anche voi?"

La risposta di Pietro che ancora una volta compone la fede universale della Chiesa, dirà le stupende parole di professione di fede: "Signore, dove vuoi che andiamo, tu solo hai parole di vita eterna!"
Come a dire: chi altri può spiegarci questo mistero che ci hai appena rivelato? Chi altri potrà mai professare qualcosa di simile? Ecco Signore, noi restiamo qui per accogliere il mistero anche se ora non lo comprendiamo, perchè ti crediamo, ti crediamo sulla parola. Tu dici che questa è la tua carne e questo è il tuo sangue? Ebbene noi ti crediamo, le tue parole sono verità e danno VITA...questo pane diventerà per noi vera carne immolata e questo calice diventerà per noi vero sangue versato..."


Non a caso è a seguire questa professione di fede che il Cristo farà ricadere su Pietro stesso la scelta di fondare la sua Chiesa....
[SM=g27988] una fede incrollabile, quella della Chiesa, perchè sostenuta non da Pietro in quanto tale, ma dalle parole del Cristo che così ha stabilito...e che Pietro ha accolto parlando a nome del gruppo dei Dodici e dei Discepoli che in quel frangente invece, molti di loro, "se ne andarono"...

Suggerisco ora:


www.vatican.va/edocs/ITA1798/_INDEX.HTM

CAPITOLO QUINTO IL DECORO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

49. Sull'onda di questo elevato senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l'istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare la grandezza dell'evento celebrato. Nasce da questo il percorso che ha condotto, progressivamente, a delineare uno speciale statuto di regolamentazione della liturgia eucaristica, nel rispetto delle varie tradizioni ecclesiali legittimamente costituite. Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte. L'architettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell'Eucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione.


51. Ciò che è avvenuto nelle terre di antica cristianizzazione in tema di arte sacra e di disciplina liturgica, si va sviluppando anche nei continenti in cui il cristianesimo è più giovane. È, questo, l'orientamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II a proposito dell'esigenza di una sana quanto doverosa « inculturazione ». Nei miei numerosi viaggi pastorali ho avuto modo di osservare, in tutte le parti del mondo, di quanta vitalità sia capace la Celebrazione eucaristica a contatto con le forme, gli stili e le sensibilità delle diverse culture. Adattandosi alle cangianti condizioni di tempo e di spazio, l'Eucaristia offre nutrimento non solo ai singoli, ma agli stessi popoli, e plasma culture cristianamente ispirate.

È necessario tuttavia che questo importante lavoro di adattamento sia compiuto nella costante consapevolezza dell'ineffabile Mistero con cui ogni generazione è chiamata a misurarsi. Il « tesoro » è troppo grande e prezioso per rischiare di impoverirlo o di pregiudicarlo mediante sperimentazioni o pratiche introdotte senza un'attenta verifica da parte delle competenti Autorità ecclesiastiche. La centralità del Mistero eucaristico, peraltro, è tale da esigere che la verifica avvenga in stretto rapporto con la Santa Sede. Come scrivevo nell'Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, « una simile collaborazione è essenziale perché la Sacra Liturgia esprime e celebra l'unica fede professata da tutti ed essendo eredità di tutta la Chiesa non può essere determinata dalle Chiese locali isolate dalla Chiesa universale ».101

52. Si comprende, da quanto detto, la grande responsabilità che hanno, nella Celebrazione eucaristica, soprattutto i sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona Christi, assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla comunità che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa universale, che è sempre chiamata in causa dall'Eucaristia.

Occorre purtroppo lamentare che, soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare, per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti. Una certa reazione al « formalismo » ha portato qualcuno, specie in alcune regioni, a ritenere non obbliganti le « forme » scelte dalla grande tradizione liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate e spesso del tutto sconvenienti.

Sento perciò il dovere di fare un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà. Esse sono un'espressione concreta dell'autentica ecclesialità dell'Eucaristia; questo è il loro senso più profondo.

La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri. L'apostolo Paolo dovette rivolgere parole brucianti nei confronti della comunità di Corinto per le gravi mancanze nella loro Celebrazione eucaristica, che avevano condotto a divisioni (skísmata) e alla formazione di fazioni ('airéseis) (cfr 1 Cor 11, 17-34). Anche nei nostri tempi, l'obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e universale, resa presente in ogni celebrazione dell'Eucaristia.

Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro amore per la Chiesa. Proprio per rafforzare questo senso profondo delle norme liturgiche, ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale.



GIOVANNI PAOLO II
www.vatican.va/edocs/ITA1798/_INDEX.HTM

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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