A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Con Gesù davanti all'Eucarestia

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2011 12:31
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28/11/2008 11:27
 
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Unirsi a Gesù Eucaristia
PREGHIERA DI OGNI GIORNO

O Gesù, io ti credo presente in tutte le chiese del mondo, dove t’immoli Vittima al Padre per noi, e vi rimani come nostro Cibo e nostro Ospite divino.

In questo tuo stato di offerta, Gesù, ti vedo corrisposto con tanta indifferenza e ingratitudine, che desidero risarcire con la mia riparazione di amore.

A tale scopo, Gesù, mi unisco alla tua Messa, ti ricevo nel mio cuore, e con te voglio trascorrere questo giorno inserendo le mie continue azioni nel tuo ininterrotto Sacrificio.

O Maria, con la tua ispirazione materna, previeni e accompagna tutte le mie azioni affinché, presentate sulle tue mani, siano pure e accette al momento del Sacrificio santo e immacolato del tuo Gesù.

Amen.




Si ringrazia la "Riparazione Eucaristica":
www.aler.com/index.htm

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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10/12/2008 09:12
 
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EUCARESTIA = MISTERO E FASCINO [SM=g1740753]


Il Mistero ha sempre un suo fascino, a cui non sempre si può resistere, neanche a proporselo…soprattutto quando si tratta di Dio! Scriveva S.Tommaso d’Aquino: "Non i sensi, non il tatto, ma la FEDE rivela la reale presenza del Cristo nell’Eucarestia".

Paolo VI ne fece una illuminante Enciclica, la "Mysterium Fidei" il 3 settembre del 1965, per riaffermare e rivendicare il pensiero della Chiesa circa questo Mistero e, prima ancora, del comando preciso del Cristo senza il quale la stessa Chiesa non avrebbe ragione di esistere e con essa ogni Mistero rivelato!

Diciamoci la verità: sull’Eucarestia, come su altri temi fondamentali del cristianesimo, dai più misteriosi ai più originali, si sono andate delineando delle posizioni che tentano di razionalizzare il Mistero, provocando una riduzione di linfa che è vitale per il cristianesimo!

Il Conc. Vat. II, in sostanza, non ha detto nulla di nuovo…in esso è stato più semplicemente ricordato: "…un fatto che avvenne duemila anni fa a Gerusalemme; la sera della vigilia della parasceve dei giudei, quando Gesù con gesti e parole (che ripetevano in parte la tradizionale celebrazione della Pasqua), rivelava la Sua intenzione di determinare una realtà nuova e definitiva.

Durante la cena con gli Apostoli, prese del pane, rese grazie, lo spezzò e nell’atto di darlo a loro disse:- Questo è il mio Corpo…FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME – Lo stesso accadde per il vino…"(Lc.22,17-20/Mt.26,17-29/Mc.14,12-25/Gv.13,21-30).

Nel Concilio il testo è riportato non come libero pensiero o interpretazione, ma viene letto quale è nel testo evangelico, a riconferma della Fede di tutta la Chiesa, fondata sulla Tradizione Apostolica, sulla conoscenza e sulla prassi delle prime comunità cristiane, confermando questa dottrina ininterrottamente trasmessa!

Siamo davanti al Mistero e non sarò certo io a tentare di spiegarlo razionalmente

, se lo facessi non solo non sarebbe possibile toccarne il fondo in modo razionale, ma andrei contro quel "suggerimento" del Cristo che ci chiede di avere FEDE! Siamo, perciò, davanti al Mistero: mistero pasquale reso presente in perpetuo nella Chiesa. Solo la Fede può accoglierlo e ammetterlo, perché essa da allo spirito umano un senso speciale, che fa percepire la Verità che si trova dietro "IL PARADOSSO" se non…l’assurdo; è l’eterno contrasto tra ciò che si vede e ciò che si crede! Per chi ha studiato la fisica, se pur in modo elementare, conosce il cosiddetto "paradosso meccanico"…che troviamo nell’esempio del cilindro che, posto su di un piano inclinato, invece di rotolare in basso come dovrebbe, risale per qualche tratto e poi si ferma! Un dato di fatto, questo, che sembra in opposizione (paradosso) rispetto alla legge di gravità…ecco, qualcosa di simile si ha nell’Eucarestia!

Nella Messa, prima e dopo la consacrazione, non si vede altro che semplice pane e vino, nulla è mutato nell’aspetto! Se si facesse un esame in laboratorio avremo come risposta nient’altro che pane e vino così come li conosciamo in natura. Le parole che il sacerdote pronuncia nella Consacrazione non alterano la composizione, ma compiono il Mistero per Fede! Il sacerdote, grazie al Sacramento dell’Ordine che lo eleva a tale dignità "per imposizione delle mani", attraverso le quali entra in azione lo Spirito Santo, non fa altro che obbedire ad un comando del Maestro: "Fate questo in memoria di Me"! Un sacerdote potrebbe anche dubitare, se pur in buona fede, della transustanziazione che avviene, egli sa anche di essere un uomo peccatore, tuttavia nulla cambierebbe nel Mistero poiché egli è solo il tramite di un Mistero che non gli appartiene; in quel momento sono quelle "parole" che operano il Mistero….semplicemente perché il Cristo ha detto di fare così! Un paradosso, dunque, un’assurdità perché è in netto contrasto con la razionalità umana eppure, il vero credente non esita ad oltrepassare questa soglia dell’umano pensiero, egli agisce mediante la FEDE! Il vero credente è colui che ha acquisto, così, un "senso" in più oltre quelli in medicina conosciuti. Un senso speciale che "si nutre" di quel Mistero e che dona al credente un certo istinto che lo aiuta ad orientarsi nelle cose di Dio, lo conduce, gli fa intuire e rilevare ciò che appartiene alla Fede; lo fa aderire a questa realtà non perché costretto da argomenti (come avviene per i demoni: Giac.2,19), ma per una certa connaturalezza con ciò che è Divino; è una percezione in più; è elevata dalla luce dello Spirito Santo dal quale deriva ogni conoscenza!

Quindi non temiamo di dire che la Fede è per l’uomo "non oscurantismo" dell’intelligenza, bensì una forma superiore di conoscenza poiché conduce alla visione delle "cose di Dio".

"Questo è il mio Copro dato per voi", le parole del Cristo si animano e vanno intese per come il Maestro le ha dette e cioè, che il pane diventa il Suo Corpo e che il vino diventa il Suo Sangue!

La salvezza che il Cristo compie attraverso la crocifissione non è figurata, non è semplice ricorrenza, non è solo un esempio, non è similitudine; essa è reale, che si ripete costantemente, inconfondibile in tutta la sua drammaticità che non è apparente, inconfutabile, così come reale è la salvezza che ci perviene attraverso l’Eucarestia, atto che precede il sacrificio della Croce: essa non è per similitudine, non è un esempio, non si da una volta o due all’anno, non è in senso figurato…bensì in termini che la rendono da quel momento REALE e che realmente "nutre il credente" che di essa si ciba con Fede! (Gv.6,30-71)

Questo brano del Vangelo è importante per comprendere i contorni del Mistero del "Pane disceso dal cielo". Quando alla fine della spiegazione i discepoli gli dicono che "il suo discorso è duro. Chi lo può ascoltare"…Gesù risponde: "Questo vi scandalizza?…Lo Spirito è quello che vivifica, la carne non giova a nulla. Le parole che vi ho detto sono spirito e vita"! Eppure, leggiamo nel testo, molti discepoli se ne andarono, Gesù amareggiato dice: "Volete forse andarvene anche voi ?", ma Simon Pietro, illuminato dallo Spirito dirà: "Signore, da chi andremo tu solo hai parole di vita eterna"…In tutto questo contesto che parla proprio dell’Eucarestia, il concetto che le parole pronunciate da Gesù acquistano vita per azione dello Spirito che vivifica, non è più una ragione di dubbio…a chi dubita Gesù risponde: "Volete andarvene anche voi ?". La carne non giova a nulla…. così come l’Eucarestia non è nulla se il sacerdote non pronuncia quelle parole, imponendo sopra le mani attraverso le quali lo Spirito Santo vivifica la Parola di Gesù! Questo non è un interpretare il Vangelo, bensì è l’ammettere che determinate azioni il Cristo non le ha suggerite, ma le ha ordinate di fare…

Un altro aspetto importante è questo: la Fede "ACCETTA" il Mistero, "NON LO CREA"! [SM=g1740752]


Il fedele sa che nell’Eucarestia, o cibo, o pane spirituale, c’è il Corpo di Cristo e sa che non può non esserci poiché, quelle parole pronunciate per un preciso comando Divino, sono dotate di una efficacia infinita e capaci di concretizzare ciò che esse esprimono e ciò che per l’uomo che non crede sono un assurdo! La Fede, quindi, elimina il dubbio, percepisce e riconosce l’autorità della Parola Rivelata attraverso la quale si esprime IN MODO INECQUIVOCABILE LA DIVINA ONNIPOTENZA DI DIO!

La Fede accetta…ma non è la Fede a compiere il Mistero, così come non è la fede di chi prega a compiere un miracolo! Gesù presente per la "consacrazione", perché Lui che è "VIA, VERITA’, VITA", ha pronunciato quelle parole, comandando ai suoi di farlo fino alla fine dei tempi! E’ la Sua Parola vivificata dallo Spirito Santo a rendere reale questo Mistero, e non la fede più o meno santa o assente o peccatrice del sacerdote! Del resto se crediamo che per comprendere le Sacre Scritture abbiamo bisogno dello Spirito Santo che ci aiuti a comprendere il Testi, perché dubitare che Lo Spirito di Verità vivifichi queste parole di Gesù…?

Un giorno S.Caterina da Siena, ammalata a Lucca chiese la Comunione, ebbene, appena si accorse che l’Ostia che il sacerdote stava dando non era consacrata: non solo non le rivolse alcuna adorazione, ma rimproverò duramente quel prete per l’atto d’idolatria al quale aveva esposto i fedeli, facendo loro passare qualcosa per divino che divino non era! Caterina da Siena aveva intuito grazie a quel "senso" in più di cui prima parlavamo, che Gesù non era presente…e come lei, tante sono le testimonianze inconfutabili, di santi e non che hanno ricevuto doni speciali a favore di una testimonianza di questo grande Mistero: conoscenza non per studio, ma per Fede!

Questo episodio desidera introdurre una riflessione sul "dopo" la consacrazione, poiché molti cristiani non credono al Suo perdurare dopo la Messa!

Tutto quanto testimoniato fino adesso, non smorza il concetto del "paradosso e dell’assurdo": l’Ostia consacrata una volta, resta tale fino al suo "consumo" cioè, fino a quando non compie ciò che deve compiere: nutrire l’anima!

Ecco il perché della "sua conservazione" nel "Tabernacolo"! Il "Deus absconditus", "il Dio nascosto", è presente in Cristo, nella sua umanità, proprio in quel Corpo che Gesù stesso definì come "Tempio": quando i giudei chiesero un segno della sua messianità e della sua missione divina, rispose: "distruggete questo Tempio (ovvio che parlava di se stesso), ed io lo ricostruirò in tre giorni"(Gv.2,19/Mt.26,62), pensiamoci bene, Gesù non dice "il Padre o lo Spirito Santo lo ricostruiranno", bensì predice l’azione che si compirà per suo stesso intervento!

Nell’A.T. vi era, fin dal principio, un’Arca, una specie di tenda che era il "luogo" degli incontri di Dio col suo popolo. Poi intorno all’Arca fu costruito un Tempio, centro della vita religiosa di Israele. Nel N.T. il Cristo si presenta come "Tempio nuovo", nel quale abita la Gloria di Dio, cioè, si rivela Dio come magistero, legge, amore, dono di salvezza e salvezza come dono (Is.7,14/Gv.1,14). Nel tempo della Chiesa, Gesù resta quel "Tempio visibile" che acquista valore per la presenza costante dell’Eucarestia che è la "nuova e definitiva Tenda" in cui abita Dio; in mezzo al nuovo Israele, cioè ai cristiani che sono il Popolo di Dio, nuovo Tempio, nuova casa di Dio, edificata sulla "pietra angolare" che è il Cristo e che mediante questa sua presenza, unifica, autoedifica e rende autentica la Chiesa = Cristo-Chiesa (cfr. 1Cor.3,9,16-17/2Cor.6,16/Ef.2,20-21/Mt.12/1Pt.2,5-ss.).

Ecco che, grazie all’Eucarestia, il "Dio con noi" presentatoci da Matteo, diventa una realtà viva, realtà collettiva, che si espande e che diventa linfa vitale dal "capo alle membra" in questo Corpo martoriato del Cristo e rappresentato nella Chiesa. Questo scandalizza? E perché mai! Non ha forse detto Gesù che sarebbe rimasto con noi tutti i giorni e fino alla fine dei tempi? Molti, però, confondono la presenza del Cristo con l’azione dello Spirito Santo….Gesù mandò il Consolatore NON PER ESSERE SOSTITUITO, bensì perché "potesse spiegare ogni cosa", per illuminare, fortificare i fedeli nella testimonianza, fortificarli nella fede, per confermare la santità della Chiesa con la Sua costante presenza! UN DIO NON SOSTITUISCE UN ALTRO DIO…perciò è sbagliato pensare che lo Spirito Santo, Terza Persona della Trinità, sostituisce il Cristo o ne prende le veci nella direzione della Chiesa.…Egli rende presente il Cristo perché "vivifica le sue parole" (se ricordate il brano di Gv. Cap. 6), santifica il pellegrinare della Chiesa retta da uomini peccatori, santifica e sancisce la Verità che prevale da un Concilio per ciò che riguarda le cose di Dio. Santifica la Chiesa riparando gli errori e il male la dove l’uomo la oscura, la imputridisce, la vuole annientare! Quindi Gesù non è stato sostituito, Egli è presente sempre, è il Capo indiscusso della Chiesa, è il "Dio con noi" che nell’Eucarestia attende i credenti che desiderano conoscerLo, amarLo, Egli è li, in attesa che l’anima si nutri di Lui! Tuttavia è anche ovvio che lo Spirito Santo agisce concorde al Padre e al Figlio, il Suo compito è quello SACRAMENTALE, cioè, di rendere sacro e divino tutto ciò che deriva da Dio. Sacramentale come quando scende nel grembo verginale di Maria, in essa compie una sosta, si ferma, trasformandola in un "Tempio" se pur provvisorio (per questo la Chiesa la venera come "Tempio dello Spirito Santo") dal quale assume forma umana Gesù Cristo, Figlio di Dio! Lo Spirito Santo è illuminante e sempre presente come quando, illuminando Elisabetta le fa dire a Maria: "Benedetta sei tu! A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me"? Lo Spirito fa riconoscere ad Elisabetta la reale presenza di Dio, prima ancora di vederlo nascere! Quei "nove mesi d’attesa" nel grembo di Maria, adibito a "Tempio" proprio dalla presenza e dall’azione congiunta dello Spirito Santo, sono soltanto un assaggio di quanto Dio volesse rimanere veramente con noi…fino alla fine dei tempi! In Maria, tempio umano, Egli cominciò la Sua avventura terrena, nel Cuore della Chiesa, in ogni Tabernacolo, Egli ci sostiene in questa avventura terrena….Quando ci comanda di "Amare il nostro Prossimo" lo dice anche in virtù di questa realtà: ogni fedele che si nutre di Cristo, porta in se il Cristo, e diventa Tempio di Dio….Sempre ad imitazione di Maria che per prima, dicendo "SI", si offrì quale tempio, ora il compito è di tutti, di tutto il Popolo di Dio che per fede crede, si nutre e porta con se il Cristo…Eliminare l’Eucarestia significherebbe togliere a Dio un Tempio in cui abitare, sostare ed operare….

Molti sostengono che pregare e studiare sui Testi Sacri sia sufficiente, non è così, la Parola di Dio si concretizza nel momento in cui essa prende vita (cioè vivifica per opera dello Spirito Santo), altrimenti rimane lettera morta, l’Eucarestia è il nutrimento, è quella linfa attraverso la quale la Parola prende vita: "Chi non mangia di questo Pane e non beve questo vino, non avrà la vita eterna"…E’ ovvio che questa severità non tocca quanti non sono venuti a conoscenza delle Sacre Scritture e del Cristo più precisamente, essa è monito soprattutto per i cristiani, per quanti in Cristo si riconoscono e si identificano dentro la Sua Chiesa! Nella nostra società civile si dice che "la Legge non ammette ignoranza" nel senso che si può essere condannati anche se il reo ignorava una data legge, il giudice ti dice che ti potevi informare….Grazie al cielo la Misericordia e la giustizia divina non hanno affatto riscontri umani, ciò non toglie che, come per la parabola dei talenti, nel Giudizio finale ci verrà chiesto cosa ne avremo fatto dei talenti, cioè dei doni, dei carismi che ci sono stati dati in virtù della Fede…

La Fede ha un ruolo decisivo nella vita cristiana, tanti sono gli esempi…Tommaso non crede, vuole vedere, toccare il Cristo risorto, ebbene Gesù lo accontenta, ma ciò che dice dopo è un richiamo a tutti i credenti, ognuno di noi ha un Tommaso dentro…che per troppa razionalità non vuole dare ragione a ciò che è al di la della Scrittura….eppure abbiamo visto come la Scrittura illumina e attesta chiaramente questa sconcertante realtà dell’Eucarestia…"Beati coloro che crederanno pur non avendo visto" e la Chiesa prende in parola il suo Maestro, il Suo Capo, per Fede dice a tutti i credenti che il Cristo è li, vivo e vero…al di la di ogni debolezza umana che è presente nel sacerdote, al di la di ogni peccato che l’uomo possa commettere….Non a caso S. Paolo ci suggerisce: "Un solo pane e un solo corpo siamo in molti, noi tutti che partecipiamo di un solo pane e di un solo calice" (1cor.10,16-ss.), per questo l’Eucarestia è COMUNIONE o SINASSI (dal termine greco), attraverso Essa noi comunichiamo con Cristo che, a sua volta, ci permette di comunicare vicendevolmente fra noi…l’Eucarestia non è altro che una realtà prefigurativa del vero godimento con Dio che si realizzerà nella Patria Celeste; per questo viene chiamato anche VIATICO, poiché in terra ci apre la via per giungere al cielo. Eucarestia, che deriva dal greco e che vuol dire "buona grazia", altro non è che la "grazia di Dio per la vita eterna" (Rom.6,23). Non a caso Essa è il Cuore pulsante della Chiesa, è il suo centro, il suo fulcro, il suo nutrimento, il suo tutto…"Formiamo un corpo unico perché partecipiamo tutti a quell’unico Pane" (1Cor.10,17).


Caterina (Per Grazia di Dio, Laica Domenicana) 18, novembre, 2001 "Vegliate e siate pronti", suggerisce il Vangelo di questa Domenica XXXIII del T.O. anno C.

Ringraziamenti:

A Gesù Eucarestia, che mi sazia nei momenti di sconforto, che mi illumina, che mi fa comprendere cosa significhi AMARE....

A Maria, Tempio dello Spirito Santo e Tempio di Dio, che per mano mi ha portato a comprendere questa Verità benchè figlia immeritevole di tanto dono...

Riferimenti tratti dal libro "Mistero Eucaristico", di Fr.Raimondo Spiazzi, O.P. al quale dedico, come umile grazie, questo piccolo lavoro...





[Modificato da Caterina63 02/12/2009 17:16]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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IL SACRO CUORE DI GESU'

(cliccare sulle voci sottostanti)




PROMEMORIA DA STAMPARE E PORTARE SEMPRE CON Sè....0

(un grazie al sito cartantica.it)



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La devozione al Cuore di Gesù, vaccino per orgoglio e superbia
Jun 24, 2006

La devozione al Cuore di Gesù è una lezione di umiltà, rinuncia completa alla violenza e amore generoso che parla agli uomini di oggi e li aiuta a vincere chiusure e superficialità, spiega il Cardinal Albert Vanhoye.



ROMA, venerdì, 23 giugno 2006 (ZENIT.org).- Così ha affermato il neo porporato di 82 anni, gesuita, esegeta, Docente e Rettore emerito del Pontificio Istituto Biblico, alla vigilia del IV Congresso Nazionale dell’Apostolato della Preghiera, “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti del Salvatore”, che si svolgerà a Roma dal 26 al 28 giugno prossimi, in occasione del 50° anniversario della Enciclica Haurietis aquas.

Nell’intervista, concessa all'Apostolato della Preghiera (http://www.adp.it/ ), il Cardinale spiega l’attualità di una devozione a torto ritenuta superata.

Eminenza, lei ha messo nel suo stemma cardinalizio il motto Cordi tuo unitus: c’è un motivo particolare?

Cardinal VanhoyeAlbert Cardinal Vanhoye: Ci sono due motivi: uno personale e uno apostolico. Quello personale risale alla mia fanciullezza. Sono stato educato in un istituto del Sacro Cuore dai 4 agli 11 anni e poi nel seminario minore della diocesi di Lille, nel nord della Francia, dove facevamo l’offerta quotidiana dell’Apostolato della Preghiera. Proprio in questo periodo è iniziata la mia devozione al Cuore di Gesù che si è poi rafforzata con la vocazione a diventare un gesuita. Quando studiavo filosofia facevo parte di un gruppetto che ne approfondiva i diversi aspetti e al termine della formazione questo orientamento si è ulteriormente consolidato. C’è poi un motivo apostolico nella scelta del motto, quello di suggerire a tutti coloro che lo leggeranno lo stesso atteggiamento spirituale. “Unito al tuo Cuore” esprime, infatti, nel contempo un proposito e una preghiera. Il proposito di vivere unito al Cuore di Gesù in pensieri, azioni, affetti e parole e al tempo stesso una invocazione umile e fiduciosa perché questa unione non ce la possiamo dare da soli, ma è grazia quanto mai desiderabile.

La devozione al S. Cuore, dopo una grande diffusione tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900, è stata considerata da molti sorpassata. Questa obiezione ha un fondamento biblico?

Cardinal Vanhoye: Le obiezioni prendono di mira soprattutto un certo devozionismo sentimentale, ma non credo che siano fondate, soprattutto se si parla del vero culto che è stimolo alla vita spirituale e apostolica. Tuttavia per certi versi non è sbagliato dire che questa devozione non ha un sufficiente fondamento biblico, anche se è falso in sostanza. È esatto, cioè, affermare che il nuovo testamento non parla molto del Cuore di Gesù. Infatti viene menzionato una volta sola, nel passo di Matteo al capitolo 11 nel quale Gesù dice “imparate da me che sono mite e umile di cuore”. La frase è però molto importante perché è l'unico momento in cui Gesù definisce le proprie qualità che riscontreremo in numerosi episodi della sua vita e perché è in rapporto con un verbo dei vangeli, usato solo per Gesù o da Gesù, derivato dalla parola greca che significa “viscere” e che possiamo tradurre con “il mio cuore si commuove”. È un rimando importante alla compassione umana e alla grande sensibilità di Gesù. L’evangelista Giovanni, poi, non parla di cuore trafitto ma di costato trafitto, anche se è abbastanza evidente che attraverso il costato si raggiunge il cuore. D’altra parte, se prendiamo in considerazione tutta la Sacra Scrittura, il fondamento della devozione al Sacro Cuore è amplissimo. L’antico testamento mette in grande rilievo l’importanza del cuore per la relazione con Dio, cioè dell'interiorità della persona umana: memoria, intelletto, affettività e volontà.

In cosa consiste l’attualità di questa devozione?

Cardinal Vanhoye: Proprio nell’unione al Cuore di Gesù. Non si tratta affatto di una devozione superata, anzi è attuale e addirittura essenziale se capita bene. Senza questa unione non possiamo vivere pienamente l’amore che viene da Dio né diventare umili. Anzi corriamo il rischio di nutrire solo orgoglio e superbia. D'altronde è lo stesso Vangelo a presentarci una religione del cuore, lontana dall'esteriorità. Occorre anche dire che la devozione al Cuore di Gesù ha una forma popolare che non sempre corrisponde a questo orientamento, ma penso che si possa fare molto perché diventi ancor più significativa.

Il messaggio di Benedetto XVI a P. Kolvenbach, generale della Compagnia di Gesù, per i 50 anni dell'Enciclica Haurietis aquas di Pio XII sul Sacro Cuore ha rilanciato questi temi…

Cardinal Vanhoye: Il Papa ha voluto sottolineare con forza l'anniversario con un messaggio proprio perché la Compagnia di Gesù si è mostrata sempre attiva nella promozione di questa fondamentale devozione, soprattutto grazie all'Apostolato della Preghiera e alla sua proposta di spiritualità nient’affatto sentimentale, ma che coinvolge l’intera esistenza umana. Già nell’enciclica Deus caritas est Benedetto XVI aveva parlato più volte del costato trafitto e del Cuore di Gesù, vera sorgente dell’amore. È chiaro, anche dalle parole del Papa, che la devozione al Sacro Cuore non può fermarsi alla sola umanità di Gesù, proprio perché questa è espressione dell'amore di Dio per il mondo che può essere sperimentato e quindi testimoniato solo guardando a quel costato trafitto. A questo proposito, in Francia P. Glotin S.I. ha ultimato uno studio profondo e ampio sulla devozione al Cuore di Gesù che uscirà all’inizio del prossimo anno. A conferma di quanto sia importante richiamare l'attenzione della gente su questa spiritualità. Non si può fare a meno di una relazione con il Cuore di Gesù.

Qual è il messaggio che vuole inviare al IV Congresso Nazionale dell’AdP che si svolgerà a Roma alla fine di giugno proprio su questi temi?

Cardinal Vanhoye: Mi rallegro che l’Apostolato della Preghiera italiano abbia preparato un Congresso Nazionale. Mi auguro che contribuisca a rafforzare la convinzione che l’unione al Cuore di Gesù è fondamentale per la vita spirituale personale e per la vita apostolica.


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la Festa del Sacro Cuore di Gesù e di Maria ci aiuta a riflettere ancora una volta all'importanza che diamo alla Preghiera, alla vita spirituale.....l'importanza che diamo alla nostra salvezza, all'amare il Prossimo perchè possa condividere con noi questa gioia dell'Incontro con Gesù.....
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Os 11,1.3-4.8-9
Il mio cuore si commuove dentro di me.

Dal libro del profeta Osea


Quando Israele era giovinetto,
io l’ho amato
e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Ad Efraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore;
ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia;
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare.
Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione.
Non darò sfogo all’ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Efraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.

Parola di Dio


 
Offerta della giornata al Sacro Cuore di Gesù

 

Cuore Divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, a gloria del Divin Padre.
 
Amen


Atto di Consacrazione al Sacro Cuore


I
l tuo Cuore, o Gesù, è asilo di pace, il soave rifugio nelle prove della vita, il pegno sicuro della mia salvezza. A Te mi consacro interamente, senza riserve, per sempre. Prendi possesso, o Gesù, del mio cuore, della mia mente, del mio corpo, dell'anima mia, di tutto me stesso. I miei sensi, le mie facoltà, i miei pensieri ed affetti sono tuoi. Tutto ti dono e ti offro; tutto appartiene a te. Signore, voglio amarti sempre più, voglio vivere e morire di amore. Fa o Gesù, che ogni mia azione, ogni mia parola, ogni palpito del mio cuore siano una protesta di amore; che l'ultimo respiro sia un atto di ardentissimo e purissimo amore per te.

 

Le promesse di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque per i devoti del suo Sacro Cuore

  1.  Darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato
  2. Porterò soccorso alle famiglie che si trovano in difficoltà e metterò la pace nelle famiglie divise.
  3. Li consolerò nelle loro afflizioni.
  4. Sarò il loro sicuro rifugio in vita e specialmente in punto di morte.
  5. Spargerò abbondanti benedizioni sopra tutte le loro opere.
  6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l'oceano della Misericordia.
  7. Le anime tiepide si infervoreranno.
  8. Le anime fervorose giungeranno in breve a grande perfezione.
  9. Benedirò i luoghi dove l'immagine del mio Sacro Cuore verrà esposta ed onorata.
  10. A tutti coloro che lavoreranno per la salvezza delle anime darò loro il dono di commuovere i cuori più induriti.
  11. Il nome di coloro che propagheranno la devozione al mio Sacro Cuore sarà scritto nel mio Cuore e non ne verrà mai cancellato.
  12. Io ti prometto, nell'eccesso della Misericordia del mio Cuore, che il mio Amore Onnipotente concederà a tutti coloro che si comunicheranno al Primo Venerdì del mese per nove mesi consecutivi, la grazia della penitenza finale. Essi non moriranno in mia disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti, e il mio Cuore sarà il loro asilo sicuro in quell'ora estrema.



Atto di consacrazione delle famiglie al Cuore di Gesù


Cuore Divino di Gesù, a te noi consacriamo la nostra famiglia.
Fa' che essa, nata da un sacramento da te istituito, sia immagine viva della tua unione con la Chiesa, fa' che sia cenacolo di carità e di preghiera, dove il mutuo amore si esprima nel saperci aiutare l'un l'altro, sacrificarci l'un per l'altro con la stessa dedizione e lo stesso amore con il quale tu ti sei sacrificato per la Chiesa e per le anime nostre.
Tu proteggila nei pericoli ed aiutala nelle avversità, confortala nelle tribolazioni, concedile quanto ha bisogno nelle sue necessità spirituali e materiali e la tua Benedizione e il tuo Amore siano sempre su di lei, finchè riunita con te in Cielo, lodi in eterno l'infinita bontà del tuo Amatissimo Cuore.
Amen

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/12/2009 17:10
 
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Parrocchia Nostra Signora del SS. Sacramento

Roma, 19 Dicembre 2004



di padre Raniero Cantalamessa

Pericoloso cominciare con il pronome “Egli”... Egli è … l’Eucaristia è.. perché significherebbe parlare di un assente mentre nell’Eucaristia specialmente quando si è in chiesa si può parlare solo tremando sapendo che Colui di cui parliamo è qui.

E credo che forse la lezione fondamentale di questo incontro sia solo prendere atto della verità di questa cosa.

Egli è qui! [SM=g1740752] Come quando Gesù resuscitato appariva alla gente alla Maddalena, ai discepoli, sul lago di Tiberiade, e per un po di tempo erano come voi adesso entrando qui, cioè un po’ svagati, distratti, non concentrati, deconcentrati. Però ci fu un momento misterioso per Maria Maddalena fu quando Gesù pronunciò il suo nome “Maria”. E si accendeva una luce e si riconosceva colui davanti al quale si stava allora Maria Maddalena smette di piangere, corre e il mondo è cambiato. E così i discepoli sulla barca quando Giovanni disse “E’ il Signore”, quello là è il Signore.. sapete che Pietro si gettò in acqua e il mondo cambia. Così per noi quando parliamo dell’Eucaristia dovrebbe avvenire qualcosa del genere un momento in cui prendiamo coscienza che è lui il signore è qui.



Nell’indire l’anno dell’Eucaristia il Papa nella lettera enciclica “Ecclesia de Eucaristia” mette in rilievo uno scopo che mi ha colpito molto, dice che questo anno dovrebbe servire a ridestare lo stupore eucaristico. Cosa vuole dire questo? Vuole dire che questo anno dovrebbe servire ad accorgerci a non dare per scontato questa presenza di Gesù anche se è umile, nascosta, quotidiana come il pane, il vino. Resuscitare lo stupore di questa presenza in mezzo a noi.



Io comincio subito con una esperienza come il Signore, mi ha dato una lezione un giorno qualche tempo fa, a questo riguardo.

Veniva nella nostra chiesa una persona tutte le domeniche che mi colpiva perché stava in fondo, non faceva nessun gesto religioso, nè genuflessione, nè segno di croce, niente, però, quando c’erano le letture della messa la vedevo che stava occhi orecchi tutta attenta. Un giorno poi l’ho fermata e ho voluto vedere cosa c’era dietro. C’era dietro un intellettuale atea di quelle stratificate, proprio una grande cultura che però era in cerca della verità quindi dovunque intravedeva una scintilla, una possibilità di verità lei c’era con tutta l’anima, sono di quelle persone io credo che sono carissime a Dio perché hanno una tale sete di verità che è sete di Dio naturalmente. E allora vedendola così gli ho dato da leggere un libretto sull’Eucaristia, un mio libretto sull’Eucaristia. E dopo un pò di tempo venne e me lo restituì quasi spaventata dicendo “ma lei padre mi ha messo tra le mani non un libro ma una bomba, ma lei si rende conto di quello che ha scritto qui dentro? Che c’è Dio in mezzo a noi, che per il sangue di una persona morta duemila anni fa noi tutti siamo salvati? Ma se questo è vero allora il mondo è tutta un'altra cosa!” “lo sa..” lei mi diceva “che io l’ho letto a volte fino alle due di notte e a volte mi dovevo alzare perché mi tremavano le gambe?” E nel sentirla io provavo una grande vergogna perché io avevo ricevuto la comunione pochi minuti prima ma non mi tremavano le gambe. E lì ho capito. Tanto che nel congedarla le ho detto “lei oggi mi ha dato una bella lezione di teologia”. Io ho capito che cosa veramente proverebbe una persona che prende le cose come le prendeva lei per la quale era tutto nuovo, niente era scontato.



Ecco questo sarebbe un poco lo scopo di questo anno nell’intenzione del Papa, ridestare un pòanche in noi la capacità di stupirci, di meravigliarci colui che i cieli non possono contenere. Diceva Salomone nell’inaugurare il tempio di Gerusalemme “è mai possibile che colui che i cieli dei cieli non possono contenere si era racchiuso in questo tempio?” E se lo diceva lui che non aveva nel tempio se non questo vago senso della gloria di Dio cosa dovremmo dire noi che abbiamo la presenza reale di Dio tra noi.



Vorrei, carissimi fratelli e sorelle intrattenermi un pò con voi questa sera su un aspetto dell’Eucaristia. Perché l’Eucaristia è come un prisma che da qualunque lato arriva il raggio di luce sprigiona colori nuovi, luce nuova. E’ un pò come a volte mi sono soffermato proprio a guardare se si guarda da vicino una goccia di rugiada appesa ad una siepe in un mattino sereno di autunno, se si guarda bene in quella goccia di rugiada si riflette tutta la volta del cielo, così è l’eucaristia, in quella piccola ostia in quel frammento c’è il tutto.

Dunque dicevo un aspetto, e l’aspetto è quello che è anche più vicino a noi, quello che coinvolge di più anche i laici, cioè la comunione.

La comunione eucaristica. [SM=g1740753]

Un ateo famoso Feurbach ha detto “l’uomo è ciò che mangia” e voleva dire così che l’uomo si riduce alla sua componente organica materialistica. Ma senza saperlo come avviene spesso tra l’altro, questo ateo ha dato una magnifica definizione del mistero cristiano. Perché il mistero dell’eucaristia diceva già San Leone Magno consiste in questo di farci diventare quello che mangiamo grazie all’eucaristia noi siamo, diventiamo quello che mangiamo, cioè siamo assimilati. Un ‘idea che attraversato la migliore catechesi mistagogica della chiesa, già i padri portavano l’esempio di quello che avviene nell’alimentazione. Nell’alimentazione c’è questa legge che è il principio vitale più forte che assimila quello meno forte, quando uno si nutre dell’altro, per esempio è il vegetale che assimila il minerale non il contrario, è l’animale che assimila il vegetale, è l’animale che mangia l’erba. Quando questo principio è trasportato nel rapporto tra noi e Dio, essendo Lui il principio vitale più forte avviene che quando noi mangiamo l’ostia e apparentemente siamo noi che mangiamo e lui il cibo in realtà è Lui che assimila noi a Sé.

Sant’Agostino nelle Confessioni dice che sentiva la voce di Gesù nel cuore che gli diceva “non sarai tu che assimilerai me a te ma sarò io che assimilerò te a me”.

Vuol dire che l’eucaristia ci assimila a Gesù ma non in un senso così astratto a poco a poco cambia in noi il modo di pensare, trasforma i nostri pensieri, la nostra mentalità, i nostri gusti, i nostri giudizi a misura di quelli di Cristo che poi vuol dire quelli del Vangelo, in questo senso l’eucaristia ci assimila.

Ma con chi con che cosa entriamo in comunione noi nell’eucaristia? Qui San Paolo ha una formula breve ma esaustiva. Nella prima lettera ai Corinzi al capitolo decimo dice “il calice che noi benediciamo non è comunione con il sangue di Cristo? e il pane che noi benediciamo non è comunione con il corpo di Cristo?” Poi passa ad un versetto successivo dove ricompare la parola corpo ma in un senso diverso, dice: “poiché c’è un solo pane noi tutti che mangiamo di quell’unico pane formiamo un solo corpo”.

Allora, nel primo versetto il corpo era il corpo di Cristo, nato da Maria, morto e risorto, in questo caso, nel secondo invece è noi formiamo un solo corpo è la chiesa. E allora vedete che l’Eucaristia è comunione verticale con Dio e orizzontale con la chiesa , con i fratelli poi vedremo alcuni fratelli più degli altri in modo particolare.


Bene, allora esploriamo un pò queste due direzioni.

L’eucaristia è anzitutto comunione verticale o profonda, chiamiamola come vogliamo , le categorie di spazi qui non hanno più senso, con il corpo e il sangue di Cristo. E però qui dobbiamo fare un certo cammino catechetico che non sarà nuovo per tutti ma per molti si. Quando diciamo che riceviamo il corpo di Cristo che cosa riceviamo? Nella nostra mentalità attuale, nel nostro linguaggio, il corpo è una terza parte dell’uomo che unito all’anima e all’intelligenza forma la persona completa.

Ma nel linguaggio biblico che è quello di Gesù, di Paolo, non è questo il senso, il corpo non è una terza parte dell’uomo, è tutto l’uomo in quanto vive in una dimensione corporea. La parola “corpo”, quando Gesù dice “prendete e mangiate questo è il mio corpo” ha lo stesso senso che in Giovanni sei

quando Gesù dice “la mia carne è vero cibo”. La carne, cosa vuol dire per Giovanni la carne, non le ossa i nervi ecc, indica tutto l’uomo. Il verbo si è fatto carne vuol dire si è fatto uomo. E quando noi diciamo sangue, è chiaro, specialmente chi ha una mentalità scientifica subito pensa a un organo del corpo, quindi ad una parte di una parte dell’uomo. L’organo della circolazione.

Ma nella bibbia no il sangue per l’ebreo è la sede della vita. Per questo gli ebrei non possono neanche oggi mangiare le carni soffocate, perché contengono il sangue dentro, cioè la vita. Allora se il sangue è la sede della vita, il versamento del sangue è il segno plastico della morte.

Allora quando Gesù dice “prendete e bevete, questo è il mio sangue” o Paolo dice “il calice che noi benediciamo è comunione con il sangue di Cristo”, vuol dire con la sua morte.



E qui si apre tutto un campo, un campo vastissimo perché la comunione vuol dire che ci mette in comunione con il vissuto di Gesù, non un astrazione del corpo, con tutta la vita di Gesù nella sua dimensione che si chiamerebbe ontologica e storica lo svolgersi. Quindi dal primo momento in cui Gesù è stato concepito nel seno di Maria fino all’ultimo, con quello che ha costituito il vissuto di Gesù, il silenzio di Nazaret, la sua crescita, la sua vita di famiglia così normale a Nazaret, i suoi sudori, le sue gioie, le angosce del Getzemani, questo è il corpo tutto.



E quando ci da il sangue dobbiamo pensare Gesù ci da la sua morte, quindi nella comunione entriamo in una profonda unione con la vita e la morte di Gesù.

Ma l’orizzonte si allarga poi, perché la nostra teologia anche la più elementare ci dice che Dio il nostro Dio sono tre persone, però è una, un solo Dio, una sola natura divina. E dove c’è una persona lì c’è tutta la divinità, il che vuol dire che ricevendo il corpo e il sangue di Cristo noi riceviamo anche lo Spirito Santo. E’ inscindibile, inseparabile la stessa unica natura divina. Allora la comunione vedremo apre un’orizzonte dietro l’altro a perdita di vista o a perdita di immaginazione e acquista una dimensione trinitaria, infinita fino a naufragare nel mare di questo infinito.

C’è una corrispondenza perfetta tra quello che avviene nella vita storica di Gesù e quello che avviene nell’eucaristia, nella messa. Nella vita storica di Gesù al primo momento, nell’incarnazione, nel natale, lo spirito santo ci dà Gesù, dà al mondo Gesù, perché Gesù fu concepito per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine. Nell’ultimo, alla fine della vita quando Gesù muore sulla croce, il contrario è Lui che dà lo Spirito Santo al mondo, emise lo Spirito, “ricevete lo Spirito Santo”, disse la sera di Pasqua.

Lo stesso avviene nell’eucaristia, nel momento della consacrazione lo Spirito Santo ci dà Gesù perché sull’altare Cristo si rende presente non per le parole del sacerdote, che non hanno questo potere divino, no? Ma perché dentro le parole del sacerdote c’è la potenza dello Spirito Santo. Dunque al momento della consacrazione lo Spirito Santo dà alla chiesa, al mondo, Gesù. Nella comunione, quando noi riceviamo Gesù, è Gesù che venendo in noi ci dà lo Spirito Santo.

Quindi, chi ha desiderio di Spirito Santo e vuole avere una nuova Pentecoste sa dove deve andarlo a cercare. Il posto più sicuro è l’eucaristia, perché lì riceve la sorgente dello Spirito Santo. Quel costato che emanò sangue ed acqua.

E questa presenza dello Spirito Santo nell’eucaristia, noi latini specialmente, la stiamo riscoprendo, la dobbiamo ancora approfondire, perché avevamo fatto dell’eucaristia qualcosa di staccato, dove non centrava molto lo Spirito Santo. Durante la messa, fino alla riforma del Vaticano II, lo Spirito Santo veniva nominato una volta sola e quasi per inciso nella formula “per Cristo, con Cristo e in Cristo,a te Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo..” ecc.



Oggi sappiamo che lo Spirito Santo viene invocato prima della consacrazione e dopo. Per i Padri della chiesa non si tratta qui semplicemente di un idea in più, si tratta che dove c’è lo Spirito Santo, c’è la vita, è lo Spirito che dà la vita diceva Gesù a Cafarnao. La carne da sola non serve a niente. Allora dove c’è lo Spirito Santo, se l’Eucaristia diventa anche per noi, la sorgente dello Spirito Santo, c’è quello che i Padri, Sant’Ambrogio ad esempio chiamava “l’ebrezza” spirituale.

I padri non avevano paura di parlare un pò con paradossi, ma parlavano di una “sobria ebbrezza”, “sobria” “ebrezza” sembrano dire il contrario, Nell’eucaristia si realizza questo paradosso, che noi ci inebriamo, ma di una ebrietà, diceva Sant’Ambrogio, che a differenza di quella dell’alcool, della droga e di altre cose, si può essere ebri anche della propria bellezza, del proprio successo. Ci sono delle star televisive che sono manifestamente in stato di ebbrezza, un ebbrezza di se stesse. La differenza, diceva Sant’Ambrogio, in questi tipi di ebbrezza umana la persona esce da se stessa, esce dal proprio limite ed ha l’impressione di spaziare nell’infinito ma, ahimè, esce da se stessa per scendere ad un livello ancora più basso dell’uomo, sub-umano. Perché spesso nell’ebbrezza da alcool, dalla droga, ecc, ci si abbrutisce.

In questa ebbrezza si, l’uomo esce dal suo limite angusto e ha l’impressione dell’estasi, di uscire, ma per vivere ad un livello superiore, quello di Dio, la libertà di Dio, la gioia di Dio.
Certo non possiamo ad ogni comunione noi vivere e sviluppare tutte queste cose, però per questo celebriamo la messa tutti i giorni, perché almeno ogni giorno possiamo attivare un aspetto, un frammento di questa ricchezza enorme che c’è nell’eucaristia.

Ma ancora siccome c’è una sola natura, se riceviamo noi il corpo di Cristo, del Verbo incarnato, dunque riceviamo anche il Padre. Questo Dio sconosciuto e misconosciuto e oggi carico di tanti sospetti sul quale la psicanalisi ha gettato tutto il possibile, sospettano a Dio Padre, è semplicemente la sublimazione del padre terreno ucciso dai figli e poi deificato per sensi di colpa. Questo padre che nella sofferenza degli innocenti spesso porta ad accusare come responsabile.

Ecco, nella comunione forse possiamo riconciliarci con questo padre.

Gesù diceva “non è Mosè che vi ha dato la manna, il pane dal cielo, è il Padre mio che ve lo da”. Dunque, quando andiamo a ricevere la Comunione, carissimi fratelli e sorelle, se per caso una volta lo spirito santo ci accende una scintilla, noi dovremmo vedere in quel sacerdote che ci porge l’ostia il Padre che ti dice “Prendi, ti do il mio Figlio”.



Abbiamo detto che alla luce di Paolo che la comunione ha poi un'altra dimensione, è una comunione con il corpo e il sangue di Cristo e dunque con lo Spirito con il Padre però Paolo poi dice: “Poiché c’è un solo pane noi tutti che mangiamo di quell’unico pane formiamo un corpo solo”. Allora l’Eucaristia ci consacra anche all’unità, all’unità della chiesa, alla riconciliazione a tutti i livelli. Gesù faceva un esempio molto personalizzato, se c’è qualcosa tra te e un fratello, in casa, nel lavoro, nella comunità, ecc. e stai per accostarti all’altare vai a riconciliarti prima almeno con il pensiero, con il cuore e poi torna. Cioè la comunione non si può ricevere in stato di separazione perché sarebbe coma lacerare il corpo di Cristo, come se la mano dicesse, oppure come se la mia testa dicesse “io la mano non l’accetto” ma il corpo non può fare a meno della mano.



Così quando noi facciamo la comunione con il tacito presupposto che quella persona lì, con me non deve avere niente a che fare. Noi stiamo dicendo a Gesù: “scegli! O me o lei!” E’ cosa che non può fare. Voi sapete bene che un figlio non può mettere un genitore davanti a questa scelta così drammatica: “Scegli tra me e un mio fratello!”. Un genitore non può scegliere!

E dunque la comunione ci consacra. Significa l’unità della chiesa e la produce, non meccanicamente, con la nostra collaborazione.

Sant’Agostino diceva “guardate come il processo traverso cui si fa il pane è lo stesso processo attraverso cui nasce la chiesa”. Come nasce il pane? Era prima frumento nei campi, è stato trebbiato, è stato prima mietuto, riunito nell’aia, poi macinato, farina, poi impastato con l’acqua, non è ancora pane deve essere cotto con il fuoco, poi c’è il pane.

E allora Sant’Agostino che parlava dei catecumeni, della gente da poco battezzata, diceva “E’ esattamente quello che avete fatto voi, eravate dispersi, lontani nei campi del mondo e la parola di Dio vi ha riuniti, vi ha mietuto vi ha portato sull’aia della chiesa. Poi attraverso i digiuni, le penitenze, la preparazione al battesimo, siete stati con me macinati per diventare farina. Poi siete stati impastati con l’acqua, nel battesimo, non è ancora pane, non siete ancora corpo di Cristo. E’ venuto lo Spirito Santo, il fuoco dello Spirito e siete diventati corpo di cristo. Vedete come Gesù ha voluto scegliere un simbolo che già per se stesso ci parla di questa imprescindibile unità di coloro che ricevono il corpo di Cristo. Ne scaturiscono anche delle conseguenze molto pratiche e siccome Agostino era un uomo molto pratico, teologo da vertigini e nello stesso tempo di una capacità e una praticità estrema, in un discorso lui dice: “se tu vai a ricevere l’eucaristia però sei in rotta con un fratello, quel fratello può essere tua moglie, tuo figlio, il tuo collega di lavoro, insomma ognuno ha il suo. Quella persona l’hai tagliata fuori, non gli parli più, non vuoi riconciliarti poi vai a ricevere la comunione e sei pieno di fervore con Gesù. Allora io ti dico: “a chi somigli?” Tu somigli a qualcuno che vede arrivare da lontano un amico che non vede da diversi anni e pieno di gioia gli corre incontro, si leva sulle punte dei piedi per abbracciarlo e poi baciarlo sulla fronte, ma facendo questo non si accorge che gli sta calpestando i piedi con scarpe chiodate. Perché i fratelli sono i piedi di Gesù e Gesù potrebbe dire: “Tu mi onori invano, mi fai male, perché i piedi sono i poveri, i fratelli”. Attento dunque, quando ti viene data l’eucaristia ti viene detto: “il corpo di Cristo” e tu dici: “Amen”. Attento, perché Amen significa “si, accetto”. Allora tu in quel momento stai accettando si il corpo di Cristo, nato da Maria Vergine, ma stai accettando anche l’altro corpo, il fratello!

Una meravigliosa scuola dunque l’eucaristia di riconciliazione, di pace. In questi tempi parliamo tanto di pace. Perché manca la pace è vero? Però ricordiamocelo che, la pace non viene a livello mondiale se non c’è a livello personale. Miliardi di gocce di acqua sporca non faranno mai un mare pulito. E miliardi di cuori senza pace non faranno mai un umanità in pace, quindi la pace deve cominciare dentro e qualche volta quando soprattutto sventolavano da tutti i balconi queste bandiere tricolore, io in una predica a San Pietro ho detto: Va benissimo, è chiaro che è un segno questo da favorire, però se dentro quella casa, dentro quella finestra si litiga, non ci si ama varrebbe la pena prendere lo straccetto e metterlo dentro. Esporre dentro la bandiera della pace non agli altri fuori.



Dunque l’eucaristia è una magnifica scuola di riconciliazione, di pace. Non stiamo parlando solo a livello intimistico, personale, perché da qui l’eucaristia è davvero globale è il sacramento della globalizzazione; perché nell’eucaristia converge tutto il mondo. Già Sant’Ireneo diceva: l’eucaristia in qualche senso, in qualche modo è il riassunto del mondo intero. Perché in quel pane c’è la terra che lo ha prodotto, l’aria, la pioggia, il cielo, il sole che lo ha fatto germogliare, c’è il lavoro degli uomini che l’hanno seminato, mietuto. C’è il lavoro di chi lo ha trasportato, quindi i trasporti, l’industria che lo ha trasformato in pane. C’è tutto il lavoro umano. C’è la terra, frutto della terra e del lavoro dell’uomo e dunque sull’altare arriva davvero in qualche modo tutto il mondo. Ogni messa è una messa sul mondo.



Un ultima riflessione. Tra questi fratelli, dei quali l’eucaristia ci spinge ad occuparci, dicevo ci sono delle categorie privilegiate. E sono queste categorie privilegiate che le dobbiamo fare noi perché le ha fatte lui Gesù: ero affamato, ero assetato, ero nudo, ero malato, ero forestiero, ero in carcere, l’avete fatto a me. Colui che sull’altare dice sul pane: “questo è il mio corpo” dice anche di queste persone, dei poveri, di tutte queste categorie, dice la stessa cosa: “Questo è il mio corpo”. Perché il senso di “l’avete fatto a me” è questo “sono io… lì ero io”.

Di nuovo qui voglio condividere un esperienza quando questa verità mi è esplosa dentro un giorno. Mi trovavo a predicare in un paese del terzo mondo, e vedevo per le strade, frotte di bambini con qualche straccetto addosso, mosche sulla faccia, che rincorrevano i carri di immondizie per poter trovare nel momento in cui venivano scaricati in questa immensa discarica. E allora passando in macchina attraverso questi cortei così tristi e dovendo parlare sull’eucaristia alla gente, Gesù faceva prima la predica a me e mi diceva: “Guardali bene, guardali… quello è il mio corpo”. C’era d’avere il fiato mozzo… e dunque l’eucaristia è un sacramento anche sociale e San Giovanni infatti ci dà la chiave per leggerla così l’eucaristia. Lui dice nella prima lettera: “Se lui ha dato la vita per noi…” tutti si sarebbero aspettati che la frase continuasse dicendo “anche noi dobbiamo dare la vita per lui”. No! Questa è la logica umana, la logica della Traviata, dove Violetta dice ad Alfredo: “Amami Alfredo, amami quanto io t’amo”. Ami me io amo te. Questa è la logica umana.

Giovanni dice: “Se lui ha dato la vita per noi, noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” e poi continua: “Chi sono questi fratelli? Se uno è nel bisogno e tu puoi dargli e chiudi il tuo cuore. Come puoi dire che l’amore di Dio è in te?”.

Il filosofo Pascal, verso la fine della vita aveva una malattia dello stomaco che non gli permetteva di ritenere il cibo e per questo, a quel tempo erano molto scrupolosi, non gli davano il viatico, non gli davano l’eucaristia e lui continuava a chiedere e non gli davano l’eucaristia. Alla fine disse: “mandatemi un povero qui in stanza, chiamatemi un povero, perché se non posso comunicare con il capo almeno voglio comunicare con il suo corpo”.

Lui aveva capito.

Ecco, l’eucaristia dicevo, in un certo senso per un cristiano è tutto, è un qualcosa davvero di incredibile.

Una suora carmelitana, beatificata da Giovanni Paolo II qualche anno fa, un’araba, si chiama la “piccola araba” di fatti, Suor Maria di Gesù Crocifisso, amava tanto l’eucaristia, ed era talmente lei compresa da questo mistero che dal suo banco, quando si avvicinava il tempo della comunione, le sorelle vicino la vedevano che non riusciva a stare ferma, come se si slanciasse ogni momento, poi quando tornava al banco dopo aver ricevuto la comunione, a volte la sentivano esclamare, sottovoce piena di gioia: “Ora ho tutto! Ora ho tutto!” Perché di fatti una che ha ricevuto l’eucaristia ha tutto.


E qui vorrei dire un ultima parola dal momento che i Sacramentino da cui ci troviamo hanno questo carisma, hanno diffuso nella chiesa, tra gli altri, questo carisma dell’adorazione eucaristica, vorrei dire anche una parola che senso ha dopo quello che abbiamo detto sulla comunione, l’adorazione, stare a guardare Gesù. Qualcuno addirittura (e purtroppo sbaglia) dice: “Ma il pane è fatto per essere mangiato non per essere guardato”. Allora che senso ha l’adorazione eucaristica che pure il Papa raccomanda così tanto e che oggi fiorisce nella chiesa in tante forme, i nostri fratelli Sacramentino hanno un carisma assodato, con molta esperienza alle spalle, ma oggi tantissime iniziative nuove stanno nascendo centrate sull’adorazione eucaristica.

Bene, il senso di questo è che noi non riusciamo nel breve tempo della messa ad interiorizzare tutto il mistero, abbiamo bisogno di tempi in cui far entrare dentro di noi il mistero, rifletterci per permettergli dentro di noi di esprimere le sue potenzialità e per questo è chiaro che non basta aver ricevuto l’eucaristia, dobbiamo correre fuori delle messa se abbiamo la possibilità di stare del tempo davanti al santissimo quello è il tempo in cui, in un certo senso, l’eucaristia agisce in noi non per via di alimentazione ma per via di contemplazione. Non entrando dalla bocca ma dagli occhi.

A me piace l’esempio di quello che avviene nella primavera, che si chiama il processo della fotosintesi o la clorofilla. In primavera le piante, furbe, non cominciano a gettare fuori i fiori o i frutti. Cominciano ad emettere le foglie per prima cosa. Perché? Perché queste foglie, stando esposte al sole assorbono degli elementi nutritivi dell’atmosfera e con la luce solare li fissano, li trasmettono alla pianta, che può così svilupparsi e dare i frutti. Ecco, io vedo in questo un immagine dell’anima che sta davanti al Santissimo, passa del tempo in contemplazione. Sono foglioline che guardano il sole e assorbono l’ossigeno che è lo Spirito Santo. E a volte dico che l’anima che sta in adorazione davanti all’eucaristia potrebbe fare sua quella poesia, così cara agli studenti perché consiste di un solo verso, di chi? Di Ungaretti che dice: “mi illumino d’immenso”.

La persona che sta davanti all’eucaristia può davvero dire in senso spirituale: “mi illumino d’immenso”. Si. Abbiamo bisogno di guarire i nostri occhi non meno della nostra bocca. Il mondo d’oggi ha trovato nell’immagine il veicolo privilegiato, oggi non si legge più, si legge poco, tutto passa attraverso l’immagine: film, televisione, internet. E’ un’orgia di immagini. Purtroppo poi come sempre su quest’immagine, su questo che è un prodotto splendido della tecnica si innesta la cupidigia umana di denaro per cui l’immagine è diventata strumento di denaro, di potere, da qui tutti gli abusi che si fanno delle immagini. E’ diventato il veicolo dell’anti Vangelo. E dunque oggi è diventato importantissimo che noi mettiamo un filtro ai nostri occhi. Non è tanto importante oggi digiunare dai cibi, perché a quello ci pensa già la preoccupazione della dieta, non occorre che parliamo noi sacerdoti del digiuno, oggi bisogna parlare del digiuno dalle immagini, filtrare le immagini.

Allora stando di fronte a Gesù, guardando Gesù, noi guariamo i nostri occhi da tutto quello che passa che è l’anti Vangelo. Si dice nel libro dei Numeri che ad un certo momento gli ebrei si erano ribellati e Dio mandò dei serpenti che mordevano la gente, che moriva. Dio disse a Mosè di fare un serpente di bronzo e di metterlo su un asta, chi guardava era guarito. E Gesù si è appropriato di questo strano simbolo e ha detto: “Come Mosè elevò il serpente nel deserto così sarà elevato il Figlio dell’Uomo, perché chi vede e crede, lui non muoia”.

Allora alle volte bisogna approfittare di questo, se i nostri occhi sono malati, se siamo stati feriti dai serpenti della lussuria, dell’invidia, della pornografia e tutto il resto, la cosa migliore da fare è andare a lavare i nostri occhi facendo entrare l’immagine di Gesù eucaristico, facendo imprimere nei nostri occhi quell’immagine di Gesù eucaristico e così capiamo anche la bellezza di questa ultima dimensione dell’eucaristia che è la contemplazione e l’adorazione.



Sia Lodato e Ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il primo e prioritario contributo, che siamo chiamati ad offrire
all'azione missionaria della Chiesa, è la preghiera
"
(Papa Benedetto XVI)


Città del Vaticano (Agenzia Fides) - "Ancora oggi Dio cerca cuori giovani, cerca giovani dal cuore grande, capaci di fare spazio a Lui nella loro vita per essere protagonisti della Nuova Alleanza... Gesù ha una predilezione per i giovani, ne rispetta la libertà, ma non si stanca mai di proporre loro mete più alte per la vita: la novità del Vangelo e la bellezza di una condotta santa. Seguendo l'esempio del suo Signore la Chiesa continua ad avere la stessa attenzione. Ecco perché, cari giovani, vi guarda con immenso affetto, vi è vicina nei momenti della gioia e della festa, della prova e dello smarrimento; vi sostiene con i doni della grazia sacramentale e vi accompagna nel discernimento della vostra vocazione". (Benedetto XVI, Omelia durante la Concelebrazione Eucaristica in occasione dell'Agorà dei giovani italiani, Loreto, 2 settembre 2007)

L'attenzione con cui il Santo Padre Benedetto XVI segue il mondo giovanile è continua e sottolineata da frequenti interventi, come il suo grido di allarme lanciato per l'emergenza educativa: "Abbiamo tutti a cuore il bene delle persone che amiamo, in particolare dei nostri bambini, adolescenti e giovani. Sappiamo infatti che da loro dipende il futuro di questa nostra città. Non possiamo dunque non essere solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male, per la loro salute non soltanto fisica ma anche morale" (Lettera del Santo Padre Benedetto XVI alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell'educazione, 21 gennaio 2008)

Con forza il Papa ha ribadito che l'emergenza educativa "richiede oggi la più ampia collaborazione possibile": "davanti al nichilismo che pervade in maniera crescente il mondo giovanile, la Chiesa invita tutti a dedicarsi seriamente ai giovani, a non lasciarli in balìa di se stessi ed esposti alla scuola di ‘cattivi maestri', ma ad impegnarli in iniziative serie, che permettano loro di comprendere il valore della vita in una stabile famiglia fondata sul matrimonio. Solo così si dà loro la possibilità di progettare con fiducia il loro futuro" (Udienza agli Amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma, 12 gennaio 2009).

Ai giovani, futuro della Chiesa e del mondo, Benedetto XVI affida grandi compiti.

Essere gli artefici della costruzione di un nuovo mondo e di una nuova era. "Una nuova generazione di cristiani è chiamata a contribuire all'edificazione di un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non respinta o temuta come una minaccia e perciò distrutta. Una nuova era in cui l'amore non sia avido ed egoista, ma puro, fedele e sinceramente libero, aperto agli altri, rispettoso della loro dignità, un amore che promuova il loro bene e irradi gioia e bellezza. Una nuova era nella quale la speranza ci liberi dalla superficialità, dall'apatia e dall'egoismo che mortificano le nostre anime e avvelenano i rapporti umani. Cari giovani amici, il Signore vi sta chiedendo di essere profeti di questa nuova era, messaggeri del suo amore, capaci di attrarre la gente verso il Padre e di costruire un futuro di speranza per tutta l'umanità". (Omelia della Santa Messa a conclusione della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, 20 luglio 2008)

Essere i custodi del Creato. "Si facciano sostenitori e fautori di comportamenti mirati all'apprezzamento della natura e alla sua difesa, in una corretta prospettiva ecologica... Compete anche alle nuove generazioni promuovere un turismo sano e solidale, che bandisca il consumismo e lo spreco delle risorse della terra, per lasciare spazio a gesti di solidarietà e di amicizia, di solidarietà e di comprensione" (Udienza ai partecipanti all'incontro promosso dal Centro Turistico Giovanile e dall'Ufficio internazione del Turismo sociale, 27 luglio 2008).

Essere operatori di pace. "Cari giovani, lasciatevi coinvolgere nella vita nuova che sgorga dall'incontro con Cristo e sarete in grado di essere apostoli della sua pace nelle vostre famiglie, tra i vostri amici, all'interno delle vostre comunità ecclesiali e nei vari ambienti nei quali vivete ed operate". (Omelia della Santa Messa in occasione dell'Agorà dei giovani italiani, Loreto, 2 settembre 2007).

Essere missionari del Vangelo di Gesù Cristo. "Duemila anni or sono dodici Apostoli hanno dato la vita affinché Cristo fosse conosciuto e amato. Da allora il Vangelo continua nei secoli a diffondersi grazie a uomini e donne animati dallo stesso loro zelo missionario. Pertanto, anche oggi occorrono discepoli di Cristo che non risparmino tempo ed energie per servire il Vangelo. Occorrono giovani che lascino ardere dentro di sé l'amore di Dio e rispondano generosamente al suo appello pressante, come hanno fatto tanti giovani beati e santi del passato e anche di tempi a noi vicini. In particolare, vi assicuro che lo Spirito di Gesù oggi invita voi giovani ad essere portatori della bella notizia di Gesù ai vostri coetanei". (Messaggio per la XXIII Giornata mondiale della Gioventù).

Essere adoratori del Signore nel Sacramento dell'Eucaristia.

"Fate spazio alla preghiera nella vostra vita!" è l'esortazione che il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai giovani ed alle giovani del mondo nel suo Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà a livello diocesano la prossima Domenica delle Palme, 5 aprile. Il Papa prosegue nel Messaggio: "Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell'attiva partecipazione ai Sacramenti. Come sapete, culmine e centro dell'esistenza e della missione di ogni credente e di ogni comunità cristiana è l'Eucaristia, sacramento di salvezza in cui Cristo si fa presente e dona come cibo spirituale il suo stesso Corpo e Sangue per la vita eterna. Mistero davvero ineffabile! Attorno all'Eucaristia nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani".

E i giovani stanno riscoprendo Gesù, il Cristo vivente, attraverso l'Adorazione Eucaristica: questa è la notizia che vogliamo proporre, commentare ed approfondire in questo dossier, il primo di una serie che l'Agenzia Fides intende dedicare alla complessa realtà del mondo giovanile. I giovani del terzo millennio cristiano sono disposti a fare silenzio dentro ed intorno a sé senza distinzioni di nazionalità, lingua e categoria di appartenenza. In una società globalizzata che prova a frammentare il cuore dei giovani insinuando percorsi vuoti, talvolta senza senso, la risposta del mondo giovanile è la ricerca dell'Assoluto, che in molte occasioni trova risposta nel voler trovare un tempo da dare a Dio, per stare con Lui per il proprio bene e per il bene di tutta l'umanità che, in chi adora è rappresentata. "Il Padre cerca adoratori che lo adorino in spirito e verità". (Gv 4:24)

"Non si dimentichi tuttavia che il primo e prioritario contributo, che siamo chiamati ad offrire all'azione missionaria della Chiesa, è la preghiera. ‘La messe è molta, ma gli operai sono pochi - dice il Signore -. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe' (Lc 10,2). ‘In primo luogo - scriveva cinquant'anni or sono il Papa Pio XII di venerata memoria - pregate dunque, Venerabili Fratelli, pregate di più. Ricordatevi degli immensi bisogni spirituali di tanti popoli ancora così lontani dalla vera fede oppure così privi di soccorsi per perseverarvi'... Cari fratelli e sorelle, rinnovo anch'io questo invito quanto mai attuale. Si estenda in ogni comunità la corale invocazione al ‘Padre nostro che è nei cieli', perché venga il suo regno sulla terra. Faccio appello particolarmente ai bambini e ai giovani, sempre pronti a generosi slanci missionari... Grazie all'impegno di ogni credente, si allarghi in tutta la Chiesa la rete spirituale della preghiera a sostegno dell'evangelizzazione". (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2007)




Che cosa è l'Adorazione Eucaristica [SM=g1740752]



L'Adorazione Eucaristica è l'atto più alto di una creatura umana nei confronti del suo Creatore: mettersi ai piedi di Gesù in atteggiamento di filiale ascolto e di lode, reverenza e accoglienza di tutto quanto proviene da Lui, nella consapevolezza che solo Lui basta e solo Lui conta. Chi adora pone al centro della sua attenzione e del suo cuore il Dio altissimo e creatore e Salvatore di tutto l'universo. L'adorazione Eucaristica è un tempo trascorso in preghiera davanti al Sacramento dell'Eucaristia esposto solennemente. Si può pregare in vari modi, ma il modo migliore è una preghiera di silenziosa meditazione, sul mistero dell'Amore con cui Gesù ci ha amato, tanto da dare la sua vita ed il suo Sangue per noi. Adorare è lasciarsi amare da Dio per imparare ad amare gli altri... Adorare è entrare nell'esperienza del Paradiso, per essere più concreti nella storia. "Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici". (Lc 6:12-13). Si adora sforzandosi di fare silenzio dentro ed intorno a sé, per permettere a Dio di comunicare col nostro cuore ed al nostro cuore di comunicare con Dio. Si fissa lo sguardo verso l'Eucaristia, che è il segno vivo dell'amore che Gesù ha per noi, si medita sul mistero della sofferenza, della morte e della risurrezione di Gesù, che nell'Eucaristia ci dona la sua presenza reale e sostanziale. "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". (Mt 28:20) L'Adorazione Eucaristica viene fatta in ogni momento del giorno, o della notte; nella gioia più profonda, o nel dolore più acuto. Con la pace nel cuore, o nel colmo dell'angoscia. All'inizio della vita, o alla fine. Quando si hanno energie e quando non ce la facciamo più; in piena salute, o nella malattia. Quando il nostro spirito trabocca d'amore, o nel colmo dell'aridità. Prima di decisioni importanti, o per ringraziare Dio di averle prese. Quando siamo forti, o quando siamo deboli. Nella fedeltà, o nel peccato. "Pregate inoltre incessantemente, con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti"... (Ef 6:18)




Papa Benedetto XVI parla dell'Adorazione Eucaristica



Il Santo Padre Benedetto XVI non perde occasione, sin dall'inizio del Suo Pontificato, di proporre l'Adorazione Eucaristica per riscoprire Gesù ed affidarsi al Suo Amore e già il 20 Aprile 2005 all'inizio dell'attività alla guida della Sede Petrina chiede a tutti "di intensificare nei prossimi mesi l'amore e la devozione a Gesù Eucaristia e di esprimere in modo coraggioso e chiaro la fede nella presenza reale del Signore, soprattutto mediante la solennità e la correttezza delle celebrazioni". Anche nel mese successivo, nell'occasione della Festività del Corpus Domini del 26 Maggio 2005 a Roma il Papa ribadisce: "Mangiare questo pane è comunicare, è entrare nella comunione con la persona del Signore vivo. Questa comunione, questo atto del "mangiare", è realmente un incontro tra due persone, è un lasciarsi penetrare dalla vita di Colui che è il Signore, di Colui che è il mio Creatore e Redentore. Scopo di questa comunione è l'assimilazione della mia vita alla sua, la mia trasformazione e conformazione a Colui che è Amore vivo. Perciò questa comunione implica l'adorazione, implica la volontà di seguire Cristo, di seguire Colui che ci precede. Adorazione e processione fanno perciò parte di un unico gesto di comunione; rispondono al suo mandato: "Prendete e mangiate". Dopo 3 giorni, il 29 maggio 2005, Papa Benedetto XVI si reca a Bari per il Congresso Eucaristico ed afferma: "Nell'Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E' una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Cristo ci attira a sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli e la comunione con il Signore è sempre anche comunione con le sorelle e con i fratelli. E vediamo la bellezza di questa comunione che la Santa Eucaristia ci dona".



Nella Santa Messa di apertura del Sinodo sull'Eucaristia, Benedetto XVI il 2 ottobre 2005 nella Città del Vaticano, sottolinea come "nella santa Eucaristia Egli dalla croce ci attira tutti a sé (Gv 12,32) e ci fa diventare tralci della vite che è Egli stesso. Se rimaniamo uniti a Lui, allora porteremo frutto anche noi, allora anche da noi non verrà più l'aceto dell'autosufficienza, della scontentezza di Dio e della sua creazione, ma il vino buono della gioia in Dio e dell'amore verso il prossimo.". Nell'Omelia di conclusione dell'XI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 23 ottobre 2005, il Santo Padre ha evidenziato la figura di San Gaetano Canoso, cultore ed apostolo del Volto Santo di Cristo con queste parole: "Il Volto Santo - affermava - è la mia vita. È lui la mia forza". Con una felice intuizione egli (San Gaetano Canoso ndr) coniugò questa devozione alla pietà eucaristica. Così si esprimeva: "Se vogliamo adorare il Volto reale di Gesù... noi lo troviamo nella divina Eucaristia, ove col Corpo e Sangue di Gesù Cristo si nasconde sotto il bianco velo dell'Ostia il Volto di Nostro Signore". La Messa quotidiana e la frequente adorazione del Sacramento dell'altare furono l'anima del suo sacerdozio: con ardente ed instancabile carità pastorale egli si dedicò alla predicazione, alla catechesi, al ministero delle Confessioni, ai poveri, ai malati, alla cura delle vocazioni sacerdotali... La contemplazione dell'Eucaristia deve spingere tutti i membri della Chiesa, in primo luogo i sacerdoti, ministri dell'Eucaristia, a ravvivare il loro impegno di fedeltà. Sul mistero eucaristico, celebrato e adorato, si fonda il celibato che i presbiteri hanno ricevuto quale dono prezioso e segno dell'amore indiviso verso Dio e il prossimo. Anche per i laici la spiritualità eucaristica deve essere l'interiore motore di ogni attività e nessuna dicotomia è ammissibile tra la fede e la vita nella loro missione di animazione cristiana del mondo".



Nell'incontro con il Clero della Diocesi di Roma nell'Aula della Benedizione del 2 marzo 2006 il Papa esprime gioia e felicità per essere stato informato che la Basilica di Sant'Anastasia al Palatino è diventata sede di Adorazione Eucaristica Perpetua "...non sapevo e sono grato di essere stato informato, che adesso la chiesa di S. Anastasia è sede dell'Adorazione Perpetua; è quindi un punto focale della vita di fede a Roma. Questa proposta di creare nei cinque settori della Diocesi di Roma, cinque luoghi di Adorazione Perpetua la pongo fiduciosamente nelle mani del Cardinale Vicario. Vorrei soltanto dire: grazie a Dio perché dopo il Concilio, dopo un periodo in cui mancava un po' il senso dell'adorazione Eucaristica è rinata la gioia di questa adorazione dappertutto nella Chiesa, come abbiamo visto e sentito nel Sinodo sull'Eucaristia. ...l'Adorazione è un entrare con la profondità del nostro cuore in comunione con il Signore che si fa presente corporalmente nell'Eucaristia. Nell'Ostensorio si da sempre nelle nostre mani e ci invita ad unirci alla sua Presenza, al suo Corpo risorto". Nel discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, nella Sala Clementina (9 novembre 2006) il Santo Padre Benedetto XVI afferma: "...inoltre, la presenza tra voi di alcuni rappresentanti degli Adoratori dell'Eucaristia e l'accenno che Ella, Signor Cardinale Tomko, ha fatto alla "Federación Mundial de la Adoración Nocturna" mi da modo di ricordare quanto proficua sia la riscoperta da parte di molti cristiani dell'adorazione eucaristica. A questo proposito, mi piace tornare con la memoria all'esperienza vissuta lo scorso anno con i giovani a Colonia, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, e in Piazza San Pietro con i bambini della Prima Comunione accompagnati dalle famiglie e dai catechisti. Quanto bisogno ha l'odierna umanità di riscoprire nel Sacramento eucaristico la fonte della propria speranza! Ringrazio il Signore perché molte parrocchie, accanto alla devota celebrazione della Santa Messa, vanno educando i fedeli all'Adorazione eucaristica ed auspico, anche in vista del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, che questa pratica si diffonda sempre più".



Il 22 febbraio 2007, festa della Cattedra di San Pietro Apostolo, secondo anno del Pontificato di Papa Benedetto XVI viene presentata l'Esortazione Apostolica Post - Sinodale "Sacramentum Caritatis" propone il rapporto intrinseco tra Celebrazione Eucaristica ed Adorazione e tratteggia in maniera chiara e precisa la pratica dell'Adorazione Eucaristica.



Adorazione e pietà eucaristica - Il rapporto intrinseco tra celebrazione e adorazione

66. Uno dei momenti più intensi del Sinodo è stato quando ci siamo recati nella Basilica di San Pietro, insieme a tanti fedeli per l'adorazione eucaristica. Con tale gesto di preghiera, l'Assemblea dei Vescovi ha inteso richiamare l'attenzione, non solo con le parole, sull'importanza della relazione intrinseca tra Celebrazione eucaristica e adorazione. In questo significativo aspetto della fede della Chiesa si trova uno degli elementi decisivi del cammino ecclesiale, compiuto dopo il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II. Mentre la riforma muoveva i primi passi, a volte l'intrinseco rapporto tra la santa Messa e l'adorazione del Ss.mo Sacramento non fu abbastanza chiaramente percepito. Un'obiezione allora diffusa prendeva spunto, ad esempio, dal rilievo secondo cui il Pane eucaristico non ci sarebbe stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato. In realtà, alla luce dell'esperienza di preghiera della Chiesa, tale contrapposizione si rivelava priva di ogni fondamento. Già Agostino aveva detto: « nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando - Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; peccheremmo se non la adorassimo ».(191) Nell'Eucaristia, infatti, il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi; l'adorazione eucaristica non è che l'ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d'adorazione della Chiesa.(192) Ricevere l'Eucaristia significa porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo, in qualche modo, la bellezza della liturgia celeste. L'atto di adorazione al di fuori della santa Messa prolunga ed intensifica quanto s'è fatto nella Celebrazione liturgica stessa. Infatti, « soltanto nell'adorazione può maturare un'accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la missione sociale che nell'Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri ».(193)

La pratica dell'adorazione eucaristica

67. Insieme all'Assemblea sinodale, pertanto, raccomando vivamente ai Pastori della Chiesa e al Popolo di Dio la pratica dell'adorazione eucaristica, sia personale che comunitaria.(194) A questo proposito, di grande giovamento sarà un'adeguata catechesi in cui si spieghi ai fedeli l'importanza di questo atto di culto che permette di vivere più profondamente e con maggiore frutto la stessa Celebrazione liturgica. Nel limite del possibile, poi, soprattutto nei centri più popolosi, converrà individuare chiese od oratori da riservare appositamente all'adorazione perpetua. Inoltre, raccomando che nella formazione catechistica, ed in particolare negli itinerari di preparazione alla Prima Comunione, si introducano i fanciulli al senso e alla bellezza di sostare in compagnia di Gesù, coltivando lo stupore per la sua presenza nell'Eucaristia.

Vorrei qui esprimere ammirazione e sostegno a tutti quegli Istituti di vita consacrata i cui membri dedicano una parte significativa del loro tempo all'adorazione eucaristica. In tal modo essi offrono a tutti l'esempio di persone che si lasciano plasmare dalla presenza reale del Signore. Desidero ugualmente incoraggiare quelle associazioni di fedeli, come anche le Confraternite, che assumono questa pratica come loro speciale impegno, diventando così fermento di contemplazione per tutta la Chiesa e richiamo alla centralità di Cristo per la vita dei singoli e delle comunità.

(Dalla lettera Apostolica Post Sinodale "Sacramentum Caritatis" del Santo Padre Benedetto XVI)

www.zammerumaskil.com/rassegna-stampa-cattolica/formazione-e-catechesi/i-giovani-e-adorazione-eucarist...


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/02/2011 10:46
 
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Preghiera cristiana, preghiera di Cristo
di padre Pedron Lino

Entriamo dunque nel mistero della preghiera cristiana attraverso la porta che è Cristo (Gv 10,9).
Da sempre Dio esiste in se stesso come amore, come dialogo d’amore del Padre e del Figlio nell’unità dello Spirito santo. Mediante il battesimo noi siamo introdotti in questo mistero, chiamati personalmente ad essere figli e figlie nella famiglia della Trinità, ad essere in comunione col Padre, mediante il Figlio, nell’unità dello Spirito santo. Essere battezzati significa partecipare al rapporto di Gesù col Padre.
Ma che cos’è questo rapporto filiale di Gesù col Padre? Come lo vive concretamente Gesù? Ci risponde il vangelo prospettandoci la preghiera di Gesù. Gesù è Figlio. Ciò significa innanzitutto che egli prega.

Spieghiamoci meglio. Anche quando agisce in mezzo agli uomini, Gesù rimane aperto al Dio vivente che lo ascolta sempre (Gv 11,42) in uno stato di lode e di supplica incessante. Non può fare a meno di lunghe e frequenti ore d’intimità gratuita con lui. Il Padre è la fonte di tutta la sua vita e il suo continuo riferimento. Il Figlio riceve la propria vita dalle profondità del suo ininterrotto dialogo con il Padre. È Figlio, ed è detto tutto. La sua esistenza consiste nell’essere in comunione costante e reciproca col Padre suo. A differenza dei figli di questo mondo, che possono continuare a vivere anche quando muoiono il padre e la madre, il Figlio di Dio dipende eternamente nel suo essere dal Padre. Il Figlio esiste perché è da sempre generato dal Padre, è nel seno del Padre (Gv 1,18) e vive per il Padre (Gv 6,57).

Per capire il genuino significato della preghiera cristiana dobbiamo comprendere che cos’è l’adorazione in spirito e verità di cui parla Gesù nel vangelo secondo Giovanni al capitolo quarto. La donna samaritana interroga Gesù su un problema che opponeva giudei e samaritani. Leggiamo: "Gli replicò la donna: ‘Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare’. Gesù le dice: ‘Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre... È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità’" (Gv 4,19-24).

È una risposta solenne che segna la grande svolta nella storia della preghiera per tutta l’umanità. Fino alla venuta di Gesù nessun uomo era figlio di Dio nel senso pieno della parola. Dio era l’Altissimo e conveniva rendergli culto sui luoghi alti dove si costruivano i santuari. Ma ora il Figlio di Dio si è fatto uomo. Gesù è qui, uomo tra gli uomini. Quindi tutti i templi non valgono più nulla perché il solo luogo da cui sale la sola adorazione degna di Dio non è un edificio di pietre consacrate, ma Qualcuno, il Cristo. È lui il vero tempio, è lui il vero adoratore. Ormai l’adorazione in verità non sale né salirà più da un monumento di pietre, ma da un cuore d’uomo, dalla vita d’un uomo, dell’uomo-Dio Gesù. Ed essendo Gesù il Figlio, l’adorazione non si rivolge più al Dio altissimo, ma al Padre.

La parola chiave di questa adorazione in spirito e verità è: "Abbà, Padre!’’. È lo Spirito santo che nel cuore del Figlio fa salire questo grido filiale verso il Padre. Ripetiamo: da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sola adorazione vera è quella "in Spirito" e il tempio da cui sale non è più un luogo sacro, ma il cuore dell’uomo-Dio Cristo Gesù. È Gesù stesso che identifica il nuovo tempio con il suo corpo. Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "Gesù rispose ai Giudei: ‘Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere’. Gli dissero allora i Giudei: ‘Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo fai risorgere?’. Ma egli parlava del tempio del suo corpo" (Gv 2,19,21).

Questa rivelazione ha un’importanza sconvolgente per comprendere la vera preghiera cristiana: non esiste altro luogo sacro, altro tempio al di fuori della persona di Gesù. Osserviamo, dunque, come vive la preghiera questo Figlio così unito al Padre suo nell’unità dello Spirito santo. Leggiamo qualche tratto del vangelo.
All’inizio della sua vita pubblica, il giorno del suo battesimo: "Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: ‘Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto’" (Lc 3,21-22).

Il vangelo secondo Marco ci dice: "Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava" (Mc 1,35).
E il vangelo secondo Luca: "La sua fama si diffondeva ancor più: folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare" (Lc 5,15,16).
E quando giunse il momento di scegliere i Dodici "Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione" (Lc 6,12).
Dopo la prima moltiplicazione dei pani "salì sul monte a pregare" (Mc 6,46).
E Luca ci riferisce così il fatto della trasfigurazione: "Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto..." (Lc 9,28-29).

I tre testimoni della trasfigurazione saranno in seguito i testimoni della sua agonia. Nel Getsemani, racconta Luca, "Gesù, inginocchiatosi, pregava: ‘Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà’... E, in preda all’angoscia, pregava più intensamente" (Lc 22,40-44).
Messe una dietro l’altra, queste citazioni ci sorprendono. Forse, per la prima volta, attirano con forza la nostra attenzione sulla vita interiore di Gesù. Questi "pregava", ripetuti, all’imperfetto, indicano e sottolineano un’abitudine, una vita di preghiera frequente e prolungata. Questi lunghi tempi gratuiti, queste notti in preghiera sconcertano tutti e in particolare quelli che non hanno mai tempo di pregare e tutti quegli indaffarati, quegli attivi ad ogni costo per i quali "lavorare è pregare". Il Figlio di Dio non la pensa in questo modo e non si comporta in questo modo.

E di che cosa è fatto questo dialogo Padre-Figlio nello Spirito santo? Innanzitutto Gesù prega per illuminare e orientare il suo cammino missionario, per capire a chi e dove il Padre lo invia. Dopo la prima giornata di insegnamento e di guarigioni a Cafarnao, Gesù prende un breve riposo e poi se ne va, quando era ancora buio, a pregare in un luogo solitario. Al mattino, Simone e i suoi compagni si affrettano a trovarlo e gli dicono: "Tutti ti cercano!". E lui: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là: per questo infatti sono venuto!" (Mc 1,35-38).
Gesù prega per i suoi apostoli e per la sua chiesa: "Padre, prego per coloro che mi hai dato. Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno... Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me, perché siano una cosa sola..." (Gv 17).

Gesù prega per avere il coraggio di aderire alla volontà del Padre, accettando la croce (ricordiamo la preghiera nel Getsemani). Gesù prega per ottenere la salvezza, cioè la sua risurrezione e la nostra. Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "Alzàti gli occhi al cielo, Gesù disse: ‘Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato’" (Gv 17,1-2).
E nella Lettera agli Ebrei leggiamo: "Nei giorni della sua vita terrena, egli (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,7-9).

Infine, e soprattutto, Gesù pregava proprio per conversare disinteressatamente con il Padre e solo perché è Figlio. Tertulliano ha scritto: "Nessuno è tanto Padre quanto Dio; nessuno è così tenero quanto lui". Allo stesso modo possiamo dire che nessuno è tanto Figlio quanto Gesù, nessuno è così tenero quanto lui.
Gesù è il Figlio, Iahvè è suo Padre, o meglio, il suo papà. È questo infatti il termine che gli esce dalla bocca e dal cuore; una delle prime parole balbettate dal bambino ebreo: abbà, papà; un termine completamente diverso da quello che usava il popolo di Dio quando ripeteva: "Iahvè tu sei nostro padre" (Is 63,15; 64,7; Ger 3,19; ecc.).

Scrive Ioachim Ieremias: "Ci troviamo qui di fronte a qualcosa di completamente nuovo: il termine ‘abbà’... Uno sguardo d’insieme sulla grande e ricca letteratura giudea della preghiera ci porta a concludere che è completamente sconosciuta l’invocazione di Dio col nome di ‘abbà’. Come spiegare questo fatto? I padri della chiesa Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro, originari di Antiochia, le cui nutrici, conseguentemente, parlavano il dialetto siriano occidentale dell’aramaico, sono concordi nell’affermare che ‘abbà’ era il nome dato dal bambino a suo padre. E il Talmud conferma: ‘Quando un bambino è svezzato, impara a dire ‘abbà’ e ‘immà’, papà e mamma. ‘Abbà’, ‘immà’ sono le prime parole balbettate dal bambino. ‘Abbà’ è puerile e comune; nessuno avrebbe osato dire ‘abbà’ a Dio! Gesù ha quindi parlato a Dio come un bambino al padre suo, con la stessa intima semplicità e lo stesso fiducioso abbandono".

Un figlio non può dire "abbà", papà, a uno che non è suo padre nel senso più forte del termine, se non è stato generato da lui, se non è della stessa natura, della stessa sostanza. L’uomo Gesù è quindi Dio, "della stessa sostanza del Padre" . Per questo la sua vita è pregare, perché la sua vita è essere Figlio. E la sua preghiera è "abbà" perché Dio è il suo "papà". Mai prima d’allora si era sentita una simile preghiera. Eppure da allora sarà la preghiera del mondo, la preghiera di tutti gli uomini, perché il Figlio si è fatto uomo appunto per essere "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29), ai quali dirà: "Quando pregate, dite: ‘Padre nostro’, chiamatelo papà". Per il fatto che tutti i cristiani sono "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4), la preghiera "cristiana" passerà dal cuore e dalle labbra di Gesù al cuore e alle labbra dei cristiani.



                                       

 
Preghiera cristiana, preghiera dei cristiani
di padre Pedron Lino

Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne né da volere d’uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,12-13). Dobbiamo credere alla realtà di questa nostra nascita da Dio: battezzati nel nome del Dio trinitario, entriamo realmente nella condivisione della vita filiale di Gesù. Leggiamo nella prima Lettera di Giovanni: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1Gv 3,1). Sul fonte del nostro battesimo, come sulle acque del Giordano, è disceso lo stesso Spirito di vita e d’amore, e su ciascuno di noi il Padre ha detto veramente: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Mc 1,11).
Con la sua nascita umana, Gesù aboliva tutti i templi, superandoli e surclassandoli all’infinito. Con la nostra nascita battesimale, siamo diventati, ciascuno, tempio come lui, con lui e in lui.
L’apostolo Paolo scrive ai Corinti: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio che siete voi" (1Cor 3,16-17).

In tutto il mondo, il tempio di Dio è dove un cristiano è abitato dallo Spirito e cerca di vivere come figlio o figlia di Dio. C’è tempio di Dio ovunque una comunità è riunita nello Spirito, nel nome di Gesù, e vive l’ascolto, la supplica, la lode e soprattutto l’eucaristia. I luoghi di culto non sono niente senza cuori oranti e assemblee celebranti "in spirito e verità" (Gv 4,23-24). La chiesa non è mai un edificio, ma l’assemblea che lo fa vibrare della sua fede e del suo fervore.
Gesù è entrato nel tempio tante volte per insegnare (Mt 26,55; Lc 19,47; 20,1; Mc 12,35), per affrontare i suoi avversari (Gv 7,37; 8,2), per scacciarne i mercanti (Mt 21,12), ma mai per pregare il Padre suo. Perché? Perché lui è più grande del tempio (Mt 12,6). Non da quelle mura secolari sale la vera adorazione, ma dal suo cuore abitato dallo Spirito, abitato dall’amore filiale. I veri sacrifici graditi a Dio non sono quelli offerti nel tempio, ma solo dal suo corpo viene offerto il vero ed unico sacrificio. Leggiamo queste parole attribuite a Cristo nella Lettera agli Ebrei: "Tu (o Dio) non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: ‘Ecco io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà’" (Eb 10,5-7). Anche noi siamo più grandi del tempio, più importanti della nostra chiesa parrocchiale e del duomo della nostra diocesi, perché il tempio di Dio siamo noi. Scrive san Paolo: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1Cor 6,19-20).

La nostra preghiera dunque non può essere un vestito da cerimonia da indossare ogni tanto. La nostra condizione di battezzati esige un’esistenza che abbia il suo centro nella comunione con il Padre mediante il dialogo con lui. Per un cristiano pregare non significa solo dire qualche preghiera mattina e sera, recitando delle formule di tanto in tanto, ma stare all’ascolto di Dio, in atteggiamento di apertura al Padre, in modo da prendere tutte le proprie decisioni in un amen, un "sì" filiale alla divina volontà.
Questo è il senso della sola formula di preghiera che il Signore ci ha insegnato, il "Padre nostro".

Dobbiamo diventare quello che siamo! Noi siamo costitutivamente fratelli o sorelle di Gesù, figli del Padre. Ora un fratello o un figlio che non ama è un degenere: rinnega il proprio sangue, la propria specie. Invece chi ama sente il bisogno di vivere questa realtà e di proclamarla. Ebbene, questo è pregare. Pregare è amare. Essere figli con Gesù costituisce la nostra stessa natura e quindi ascoltare il Padre e parlargli costituisce la nostra stessa vita; lasciare che lo Spirito d’adorazione e d’amore soffi in noi è la nostra stessa respirazione, il nostro alito vitale. Pregare significa esistere come figlio di Dio, come fratello di Gesù Cristo e come tempio vivo dello Spirito santo.

Se siamo figli nel Figlio Gesù, preghiamo nel nome di Gesù, come ci invita a pregare Gesù (Gv 14,13-14; 16,23-28; ecc.), ossia non chiediamo a vanvera la prima cosa che ci salta in mente, ma quanto egli stesso ha chiesto, quanto egli stesso chiederebbe se pregasse al nostro posto, perché in realtà è proprio Cristo che prega in noi e attraverso di noi quando preghiamo. La preghiera "cristiana" è la preghiera di Cristo. In altre parole, la preghiera "cristiana" è quella che Gesù continua a rivolgere al Padre attraverso di noi e in noi, per mezzo del suo Spirito, come scrive san Paolo: "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-27). E che cosa ci fa dire lo Spirito? Ascoltiamo nuovamente l’apostolo Paolo: "Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà’, ‘Padre!’. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,15-16). Ancora, come sempre, ci troviamo davanti al Padre nostro.

Prima di concludere diciamo qualcosa sulla preghiera di domanda. È una preghiera insegnataci con forza da Gesù stesso. È lui che ha detto: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane gli darà una pietra? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono" (Lc 11,9-13).

Diciamo subito una verità elementare: la preghiera non serve per cambiare Dio che va benissimo così, ma per cambiare noi che non andiamo bene così e dobbiamo convertirci. La preghiera serve per cambiare i nostri cuori, per mobilitare le nostre braccia e metterci all’opera con Dio che opera sempre (Gv 5,17). Quindi la preghiera non serve per rifilare a Dio le cose che non ci piacciono e per chiedere che faccia lui la nostra parte e ci lasci vivacchiare nella pigrizia e nel disimpegno. Dio è il Padre, l’educatore perfetto e non si presta a foraggiare i nostri vizi e ad accarezzare le nostre viltà. Se vogliamo essere figli come il Padre ci vuole, dobbiamo realizzare la beatitudine proclamata da Gesù: "Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 11,28). Ascoltare per sapere che cosa domandare; domandare per avere l’amore e la forza di vivere ciò che si è ascoltato: questo è il culmine, questa è la perfezione della preghiera di domanda.
Leggiamo nel vangelo: "Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate" (Mt 6,8).

Quindi le nostre richieste non sono pronunciate per rendere edotto Dio di qualcosa, ma per aprirgli il nostro cuore. Non perché il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non sappiano quanto abbiamo in cuore, ma perché il nostro cuore si illumina mentre si manifesta, come una stanza quando si aprono le imposte. "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto" (Mt 7,7-8). Con questi imperativi, amorosamente fermi, è Dio stesso che bussa alla nostra porta. Nel rispetto assoluto della nostra libertà, egli aspetta la nostra invocazione; come una madre, spia il nostro grido per venirci in aiuto.

Concludiamo con una frase felice di Paul Claudel: "Se Dio non cessa di comandarci e di raccomandarci la preghiera è perché ne ha bisogno per essere alleggerito della sua misericordia che monta la guardia alla porta del nostro cuore in attesa che questa si apra".




 

Attenti alle: "Caricature della preghiera"

La preghiera è un rapporto di amore vero dell’uomo con Dio. E perché questo rapporto sia genuino dobbiamo saper distinguere la vera preghiera dai sottoprodotti, dai surrogati della preghiera.

Molte preghiere, purtroppo, sono false preghiere per un falso dio, per un dio che non esiste. Molti cristiani vanno a Dio come a un distributore automatico pronto alle loro necessità, per non dire ai loro capricci. Dio invece è il Padre, una persona seria, che non si presta alle falsità e alle pagliacciate
.

A pensarci bene, tutte le deviazioni della preghiera possono essere ricondotte a una sola: vogliamo che Dio faccia la nostra volontà. No! Lo scopo della preghiera non è di ottenere che Dio faccia la nostra volontà, ma che noi facciamo la sua. Gesù ci ha insegnato: "Quando pregate, dite: ‘Padre nostro... sia fatta la tua volontà’" (Mt 6,9-10). Al di fuori di questo atteggiamento ogni preghiera è illusione. E proprio perché Dio ci ama. La sua volontà nei nostri confronti si identifica con il suo amore per noi. Chiedere e ottenere qualcosa di diverso dalla sua volontà sarebbe chiedere e ottenere da Dio di non amarci: un’autentica follia e soprattutto una cosa assolutamente impossibile perché "Dio è amore" (1Gv 4,8).









Gesù "Pie Pellicane"
[…] Per capire come debba essere vissuta un’esistenza eucaristica ci viene incontro il simbolo del pellicano, un uccello che vive in Europa orientale, in Asia sud-occidentale e in Africa, e al quale si attribuisce un importante significato allegorico.

S. Tommaso utilizzò l’allegoria del pellicano per descrivere l’efficacia del sacrificio di Cristo:
“Pie pellicane, Jesu Domine” (o Pio pellicano, Nostro Signore);
Dante la cita in riferimento all’episodio dell’ultima cena in cui l’apostolo Giovanni reclinò il capo sul petto di Gesù: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto” (Paradiso, XXV, 112-114).

Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca ha indotto alla credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a diventare “emblema di carità”. Pertanto, il pellicano è assurto a simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla  Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini.

Il pellicano, dunque, nutre i suoi figli con il proprio corpo. Questa allegoria, allora, sta ad indicare che la vera esistenza eucaristica, nell’esercizio dell’amore di Dio e del prossimo, consiste nel dare se stessi, la propria esperienza, il proprio corpo. Si può certamente dare qualcosa di noi, delle nostre sostanze, dei nostri beni, del nostro superfluo, e questa generosità è una grande manifestazione di amore. Si può, però, dare tutto se stessi, secondo la logica evangelica dell’obolo della vedova (cf. Mc 12,44), e questa forma di generosità è la manifestazione suprema dell’amore […]
 (Mons. Ignazio Sanna, Celebriamo la vita. Lettera pastorale della Chiesa di Dio che è in Oristano)


[Modificato da Caterina63 11/02/2011 12:31]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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