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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Il Papa è davvero infallibile? Cosa è questa Infallibilità?

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2018 23:00
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Tutto sta nel vedere, sì! Ma in questo vedere, ciò che spesso si vede, abbaglia; e ciò che invece non si vede, illumina.[1]


La “protestantizzazione” nella Chiesa


Assistiamo a due fasi di questa “protestantizzazione”, la prima è quella del tempo di Lutero, la seconda è frutto di quello sviluppo luterano-calvinista e continua oggi, fuori ma anche dentro la Chiesa, in forme diverse ma costanti.


Così la spiegava l’allora cardinale Ratzinger, futuro Benedetto XVI: «Chi oggi parla di “protestantizzazione” della Chiesa cattolica, intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa,un’altra visione del rapporto fra Chiesa e Vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente integrista».[2]


Il fatto che Nostro Signore Gesù Cristo ha reso la Sua Chiesa incrollabile – Sposa – una, santa, cattolica ed apostolica, barca inaffondabile in quella promessa «e le porte degli inferi non prevarranno» (Mt 16, 17-20), ci sottolinea proprio il pericolo delle intemperie, degli uragani e della devastazione, uno scenario reale e concreto che non ci può essere risparmiato perché, questo, dipende davvero da “noi”, dalle membra, dalla gerarchia, persino dal Papa. Gesù ha infatti assicurato che la Chiesa non perirà giammai, ma non che non avremmo avuto problemi. Ed è proprio questa assicurazione che ci consente di discutere sull’argomento.


La differenza sostanziale tra noi cattolici, la Chiesa, e il Protestantesimo sta nel fatto che quest'ultimo mette alla basa missionaria e teologica l’individualismo, il libero esame della Scrittura ed anche della coscienza, la comunità – privata della Presenza reale nell’Eucaristia – è un accessorio, resta in piedi solo il Battesimo quale “accessorio” indispensabile per affermare una appartenenza, è la garanzia all'identità del cristiano. Tutto il resto è affidato agli “adattamenti” sociali e culturali, sensibili in ogni generazione, in una parola – il protestantesimo – ha generato il liberalismo.[3]


Il cattolicesimo, invece, mette alla sua base missionaria la societas cristiana[4]la quale – in Cristo, con Cristo e per Cristo – comunica e amministra i doni divini: i Sacramenti (tutti e sette) i quali sono poi all’origine stessa di tutta quella raccolta che chiamiamo Sacra Doctrina, il Deposito della Fede (2Tim 1-14) che confluisce a sua volta in ciò che chiamiamo essere anche la Tradizione viva della Chiesa. Perciò, in ragione al suo principio, il protestantesimo ha come frutto il frazionamento nell’infinita diversità dottrinale che, adattabile ad ogni giro di boa, ne determina l’andamento culturale e sociale. Un esempio concreto è la diversità di comprensione dottrinale riguardo il concetto di famiglia fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna, che da loro è liberamente interpretata tanto da “sposare” persone dello stesso sesso, lasciando libera ogni comunità dal farlo o non farlo.


Al contrario, il cattolicesimo, è agente di unità, di fissità e i suoi frutti sono perennità dottrinale fedele alle stesse leggi divine, che sono perenni. In definitiva, che cosa è la Chiesa, ce lo dice il Credo che professiamo in quattro “note”, le quattro caratteristiche divine, che ci insegnano perché la Chiesa non è una istituzione umana. Queste quattro note sono: l’unità (tante comunità in una sola Chiesa); la santità (pratica dei Sacramenti e comunione dei Santi, comunione con la Chiesa trionfante e purgante, Anime sante del Purgatorio); la cattolicità (universalità nell’unità); e l’apostolicità (successione apostolica ininterrotta, garanzia del Deposito della Fede).


Disse il beato Federico Ozanam: «Credo al progresso dei tempi cristiani; non mi spavento per le cadute e le divisioni che lo interrompono. Le notti fredde che si sostituiscono al caldo dei giorni, non impediscono all’estate di seguire il suo corso e di portare a maturazione i suoi frutti».[5]


Questo ci fa riflettere su una condizione di ragionamento che deve essere limpido: il Vangelo non è la Chiesa, ma attenzione, ciò che nel Vangelo è detto e fatto la Chiesa lo perpetua fedelmente. Il vero “progresso” della Chiesa può andare avanti solo in questo senso. Chiunque giocasse a fare il “progressista o modernista” della Chiesa, si presterebbe solamente all’eresia, all’apostasia.


Il protestantesimo, per esempio, ha molte comunità che nascono da iniziative umane – più o meno ispirate divinamente, ma non è questo che vogliamo analizzare qui –, si originano da un istinto di aggregazione, magari non sempre negativo, o da fattori politici (Calvino docet), ciò accade anche dentro la Chiesa e lo vediamo con i tanti Movimenti laici sorti da cinquanta o sessant’anni a questa parte, che cosa dunque fa la differenza? La differenza sta nel fatto che il protestantesimo non si pone come fondamento l’atto di fede nel Credo che sopra abbiamo sottolineato, mentre nella Chiesa – tutti questi movimenti o nuove aggregazioni – hanno quale fondamento il valore legislativo dato da Cristo alla Chiesa e perciò vi si sottomettono in obbedienza.


In breve, nel protestantesimo non è la necessità dei Sacramenti ad aggregare, non è la “religione” ad aggregare, ma fondamento è la socializzazione, una carta di identità data all'interno di un contesto sociale e culturale instabile. E questo perché l’uomo deve essere “sociale” al quale però, la teologia protestante, ha alterato, se non tolto del tutto, il fondamento della Grazia. Infatti il protestantesimo (che è protesta alla dottrina cattolica) è all’opposto della cattolicità, è piuttosto uno stretto individualismo, purtroppo falso, perché ignora il flusso di vita emanato dal Cristo in Croce distribuita nei Sacramenti chesono la “Grazia sociale”, da cui procede poi tutta la vita religiosa, sia laicale quanto consacrata o ordinata, sia individualmente quanto in aggregazioni varie.[6]


Possiamo sintetizzare così: quando al Vangelo si oscurano o si deformano la Grazia e la Doctrina, con la Legge di Dio, si rimane solo con dei termini svuotati dell’essenziale, strumentalizzabili a seconda delle mode dei tempi: il sociale (senza dottrina); la comunione o comunità (senza la Grazia, senza Sacramenti); la vita sociale (senza le Leggi di Dio). Siamo al liberalismo, alla fede soggettiva, al vangelo “fai da te”, o se preferite ancora siamo alla Teologia della liberazione oggi tramutata in Teologia del popolo[7] nella quale, purtroppo, è coinvolta gran parte della pastorale della Chiesa di oggi.


La Chiesa, così, ha tutto ciò che le serve per un’opera universale (cattolica) che si estende pure nell’intero cosmo, come ci indica la liturgia della Solennità di Cristo Re dell'universo. Da Roma la Chiesa si sarebbe irradiata ovunque e, a ragione, diceva Pio XII: «Roma sarebbe stata centro, non del potere, ma della fede».[8]


Il protestantesimo è di fatto una “religione umana” fondata sulle prime proteste sul sociale, un sociale dissociato dalla regalità del Cristo e dalla dottrina cattolica; il cattolicesimo è rimasta la religione divina che forma al sociale perché, fedele alla dottrina dell’Incarnazione, non divide il “corpo di Cristo”, non divide la Sposa ed è, piuttosto, la realizzazione dell’Incarnazione che è la vera ed autentica socializzazione. Questa socializzazione parte da Dio che si fa Uomo, va incontro all’uomo, vive con lui, lo educa, lo ammaestra, lo redime, lo salva, lo arricchisce di doni sovrannaturali della grazia, lo resuscita e perciò insegna agli uomini come vivere bene insieme per “entrare nel regno di Dio”. Il tutto, se volete, si racchiude nel significativo motto di San Pio X: Restaurare omnia in Christo.


Per vivere bene “insieme” sono allora necessarie delle “regole” – le dottrine, legge divina – ed è necessario che queste vengano nutrite con qualcosa di veramente sovrannaturale: i Sacramenti, la Grazia. La Chiesa ha tutto questo e per questo si parla di Lei quale “Custode”, custode di tutto questo materiale che è divino e che a Lei è stato consegnato dal Cristo, il Fondatore che ha sigillato la validità, la garanzia a prezzo del Suo Corpo e del Suo Sangue, con la Presenza reale e con la Sua Parola che è eterna. Senza questo si vive nell’anarchia, nella Babele, nell’apostasia da Dio e dal Suo progetto sull’uomo e sulla creazione.


 





Il potere delle chiavi non è una specie di assegno in bianco: Cristo non può e non vuole svendere la sua Sposa


Tutta questa premessa – neppure esaustiva – è necessaria per comprendere davvero il famoso “potere delle chiavi” che Gesù ha consegnato a Pietro e ai suoi legittimi successori, insieme a quel “legare e sciogliere” che non è, come qualcuno ha detto forse come battuta: una sorta di assegno in bianco, non è un legare e sciogliere decidendo con libero arbitrio cosa è il peccato o, se ciò che era peccato ieri, oggi non lo sarebbe più, non è fare la chiesa che voglio, non è un potere che il Papa di turno può usare a suo personale consumo.


Il protestantesimo storico nasce e si sviluppa all’interno di una “protesta” contro l’autorità petrina nel governo della Chiesa e nella gestione dei Sacramenti. Quanto sta accadendo oggi nella Chiesa ha molta similitudine con quella originale “protesta”, lo possiamo intravvedere in molti appelli e discorsi accorati di Paolo VI, nella sua stessa enciclica Humanae vitae che oggi si vorrebbe definire non più infallibile, ma in base al grado di accettabilità interno alla Chiesa, fra le membra e il clero stesso, così come la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II. Ma sta accadendo qualcosa di più e pure peggiore per certo verso, si sta adempiendo la tremenda profezia di Isaia nella quale si arriverà a scambiare il male con il bene (Is 5,20): la protesta scaturisce da vescovi e cardinali che pretenderebbero modificare non solo alcuni Sacramenti, ma persino il senso del peccato. Un esempio eclatante lo abbiamo nel sesto comandamento che è contro ogni forma di adulterio mentre, interi episcopati e non pochi cardinali, vorrebbero legittimare le seconde nozze (che sono civili) con in piedi ancora il vero e primo matrimonio sigillato nel sacramento, dando a queste coppie il “diritto” all’Eucaristia.


Ma nella Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI si afferma che il non dare la Comunione ai divorziati-risposati non è una prassi “inventata” dalla Chiesa, ma viene dalla Scrittura: «… la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10, 2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’Eucaristia».


Chi non fosse d’accordo con questa nuova forma di “protesta” è sovente accusato, proprio dalla gerarchia (e da certo clero che la sostiene), di essere come la Chiesa del passato: misogina, matrigna, crudele, farisaica, pelagiana e chi più ne ha, più ne metta. Ma questa, invece, è proprio davvero la nuova forma di protesta e “protestantizzazione” verso la quale certa “nuova pastorale” odierna sta buttando la Chiesa intera, così come lo stesso Ratzinger ci ammoniva in alcuni suoi famosi interventi.[9]


San Pio X ci aveva allarmati, ci aveva avvisati: «Ma basti sin qui per conoscere per quante vie la dottrina del modernismo conduca all’ateismo e alla distruzione di ogni religione. L’errore dei protestanti dié il primo passo in questo sentiero; il secondo è del modernismo: a breve distanza dovrà seguire l’ateismo...».[10]


 





Ora, quale è davvero questo “potere” delle chiavi, questo potere del Papa?


Senza alcun dubbio, il Vicario di Cristo in terra, ha un potere illimitato e totale ma, attenzione, non è un potere lasciato al libero arbitrio, ossia, alla realizzazione di una Chiesa soggettiva basata su: “… io penso che; io dico che; io credo che...”, è un potere totale quanto all'esecutivo, e cosa contiene questo “esecutivo”? Contiene tutto quel materiale oggettivo (ed oltre, sopra lo abbiamo solo sintetizzato) che è soggetto alla trasmissione di dati ricevuti di cui il Papa è il custode e l’esecutore. Riguardo, ad esempio ai Sacramenti, il Papa non ha affatto alcun potere di modificarne il contenuto o sull'azione stessa sacramentale, in questa azione egli è come tutti gli altri preti o vescovi e come tutti loro anche il Papa deve attenersi a quel “mandato” di trasmettere quanto ricevuto.


Le parole di san Paolo: «O Timòteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza…» (1Tim 6-20) non sono un optional, ma costituiscono l’autentica e vera pastorale, intramontabile ed indiscutibile. In tal senso Paolo può fare quelle affermazioni perché, il garante di ciò che ha appreso, è Cristo stesso attraverso la sua Parola e gli stessi insegnamenti.


Il potere del Papa consiste, perciò, che mentre custodisce l’integrità del Sacramento e la trasmissione fedele del contenuto dottrinale che implica anche chi può ricevere un sacramento e chi non può riceverlo, egli può modificare la forma attraverso la quale il sacramento viene dato perché, in quanto Vicario di Cristo e in qualità di Servus Servorum Dei (Servo dei Servi di Dio), egli è primario di ogni liturgia e dispone sia l'insieme, sia il dettaglio del Culto divino, non certo per modificarne i contenuti dottrinali, ma per dare alla Chiesa stessa quei mezzi necessari a farsi comprendere meglio nel tempo presente che vive.


Non parliamo di “adattamento”, termine che si presta ad interpretazioni sballate, ma piuttosto del termine usato da Paolo VI, per esempio, quando nel consegnare alla Chiesa e al mondo la liturgia moderna, parlò non di adattamento ma di un “grande sacrificio”, ecco le sue parole per spiegare un provvedimento doloroso, ma secondo lui necessario: «Questa domenica segna una data memorabile nella storia spirituale della Chiesa, perché la lingua parlata entra ufficialmente nel culto liturgico, come avete già visto questa mattina. La Chiesa ha ritenuto doveroso questo provvedimento (...) Ha sacrificato tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l’unità di linguaggio nei vari popoli, in omaggio a questa maggiore universalità, per arrivare a tutti... E questo per voi, fedeli, perché sappiate meglio unirvi alla preghiera della Chiesa...».[11]


Non entriamo nel merito o nel demerito della scelta di Papa Montini, le discussioni sull’argomento scorrono a fiumi da cinquant’anni e soltanto il famoso Motu Proprio di Benedetto XVI del 2007,[12] ha potuto risanare questo “sacrificio”, riportando la Messa antica (che si dice in latino) alla sua legittima presenza nella Chiesa. Lo abbiamo portato solo come esempio dell’uso delle chiavi e, ripetiamo, non vogliamo qui discutere se a torto o a ragione, ma semplicemente al suo impiego.


Chiusa questa parentesi dimostrativa, ritorniamo sul fatto che il vero ed autentico magistero del Papa è quello stesso pronunciato da Cristo nei Vangeli. Il Suo Vicario in terra può e deve pretendere di insegnare solo ciò che è “secondo Cristo” e il potere delle chiavi lo porta ad essere capo anche tra coloro ai quali è stato detto: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato...» (Mc 15, 15-18), il cui contenuto non può essere modificato dai Discepoli, e neppure da Pietro e i suoi successori.


Il Papa è ServusServorum Dei, e questo potere gli è stato dato proprio come garanzia contro ogni intralcio sulla sua strada, nessuno può tagliargli la strada o lo può obbligare a tacere sul Vangelo di Cristo; egli ha così il potere di “legare e sciogliere” i penitenti dalle pene canoniche in cui sono caduti, ma non può usare questo potere per delegittimare o modificare il Vangelo di Cristo, non può assolvere chi non si pente!


Il Vicario di Cristo è, nella sostanza, un “capo ripetitore” del Vangelo, un ripetitore garante non di ciò che dice da se stesso, ma garante delle parole e dell’insegnamento di Cristo. Egli conferma così i suoi fratelli non nelle loro opinioni sulla Chiesa o sulle dottrine create dalle mode, o nel loro soggettivismo, relativismo, ma in quella fede espressa dal Vangelo, come nel Vangelo stesso troviamo espresse le dottrine che disciplinano i Sacramenti.


Un esempio è il famoso brano sull’indissolubilità del matrimonio (Mt 19) che in san Marco è altrettanto esplicito: Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio» (Mc 10,10-12). Gesù aveva appena finito di spiegare come andava interpretata la legge di Dio sul matrimonio, che la prima spiegazione non basta, leggiamo infatti che “rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo”, ma la risposta di Gesù non cambia, non si adatta all’incomprensione di quanti non avevano capito o fingevano di non capire. E questo deve fare il suo Vicario, il Papa.


Il Papa non deve confermare se stesso o i confratelli alle opinioni di ognuno o di chissà quale maggioranza, ma in base alle parole del Cristo egli deve dare testimonianza fino al sacrificio della propria vita. Il potere che gli è stato dato serve proprio a questo: difendere il Vangelo di Cristo fino alla morte. Ciò che era peccato ieri, o è peccato nei Dieci Comandamenti, lo è anche oggi. E non è che, per non modificare il sesto comandamento del “non commettere adulterio”, il Papa può arrivare a dire che chi ripudia il proprio coniuge e si risposa, non commette più adulterio!


È piuttosto un potere che serve a dirimere al grado supremo anche quelle questioni che si sollevano nel corso del tempo, legifera quale “ultima parola” al ricorso delle dispute che, umanamente, si sollevano fra le membra in ogni tempo. Un esempio per capire sono i dogmi mariani, quello sull’Immacolata deciso dal beato Pio IX e quello dell’Assunta al Cielo da parte del venerabile Pio XII. È qui la vera infallibilità di Pietro: quando, pronunciandosi con somma autorità, non fa altro che esprimere il contenuto delle Scritture e della Tradizione vera.


La stessa infallibilità non è “automatica”, sono necessarie delle condizioni, e il fatto che vi siano delle condizioni sottolinea, piuttosto, che il Papa per legiferare deve avere certe condizioni. Per questo possiamo parlare di dogmi e dottrine infallibili perché, nelle loro affermazioni, i papi non se le sono inventate, non hanno fatto per alzata di mano, non hanno atteso cosa ne pensassero i mass-media, hanno agito in base alla dottrina ed alla Scrittura, hanno agito in base alla patristica, in base al Deposito della fede, alla Tradizione viva della Chiesa.


Alcuni legittimi “cambiamenti” non sono adattamenti alle mode dei tempi! Si rimprovera alla Chiesa di tutto, tanto i suoi cambiamenti legittimi, quanto la sua immutabilità dottrinale, ma come ci rammenta Gesù siamo chiamati a fare una scelta e non a discutere o a comprendere, dice infatti a riguardo dell’Eucaristia stessa a coloro che non comprendevano: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv 6, 68-69), forse pensiamo davvero che Pietro avesse capito di cosa stesse parlando Gesù? Ma il messaggio è chiaro e forte: o restiamo, o ce ne andiamo, chi rimane sa che solo Cristo ha parole di vita eterna e che, tutto il resto, verrà giù come un castello di sabbia.


Dato ciò che è la Chiesa, istituzione divina del sovrannaturale, è ovvio che porta in sé l’immutabilità dottrinale a cominciare dall’Incarnazione del Verbo che è la fissità dell’istante in cui l’Eterno è «entrato nel tempo» (Gal 4,4) o, se preferite dirla con altre espressioni di San Paolo: «... per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose» (Ef 1,10-22-23).


L’infallibilità del Papa, il potere di legare e sciogliere è legato inesorabilmente al progetto di Dio per gli uomini e che è già espresso nei Vangeli, e reso pastoralmente efficace nella pastorale paolina: c’è già un progetto, il Papa non deve inventare nullanulla aggiungervi e nulla togliervi. L’immutabilità dottrinale non significa staticità o immobilismo, sia ben chiaro. L’immutabilità dottrinale è infatti “mobilitarsi per agire” secondo la Parola, affinché questa dottrina progetto di Dio, e non altro, raggiunga tutti gli uomini in tutti i tempi: “Andate...”, fate, agite, operate (Mc 15,15-18), non ciò che “volete voi”, ma ciò che vuole il Padre mio (non la mia, ma la Tua volontà...). Mentre è proprio la “fissità” della Dottrina a dare valore e luogo all’infallibilità petrina.


Lo riaffermava del resto papa Benedetto XVI nel maggio 2005 quando[13], nell’insediamento a Vescovo di Roma sulla Cattedra romana, diceva:


«Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo».


Il linguaggio paolino è limpido e cristallino, ed afferma per ben due volte: «Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo! Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo» (Gal 1, 6-11), allo stesso modo la Chiesa, con Pietro, così si è sempre espressa. Se un Pontefice dovesse mai venire a predicare un vangelo diverso, non siamo tenuti ad ascoltarlo!


Chi può infatti non pensare all’assenza di garanzia nel protestantesimo, per parlare di infallibilità? Certo essi non la rivendicano, eppure la esercitano. Il protestantesimo ha rigettato il sacramento del matrimonio, eppure lo impongono nelle loro comunità come un fatto acquisito di cui gli sposi, però, possono poi rompere la promessa (il divorzio); ha rigettato il sacramento della Presenza reale, ma hanno mantenuto uno scimmiottamento usando del pane e del vino imponendo una certa infallibile dottrina su ciò che chiamano “santa cena”; ha rigettato il sacramento dell’Ordine sacro, ma si sono tenuti i pastori e nominano “vescovesse”; fanno il battesimo ma sono favorevoli all’aborto e ai “matrimoni” fra persone dello stesso sesso, il protestantesimo ha un vangelo diverso ed è per questo che “non” li ascoltiamo, ma oggi con una certa “ecumania”, purtroppo, li abbiamo persino fatti diventare “maestri” in molte diocesi.


La fissità dottrinale è, dunque, la garanzia di ciò che Cristo ha davvero detto, fatto, insegnato e fino a quando la Chiesa manterrà stabile questa fissità, anche il Papa sarà credibile e infallibile. Se per disgrazia la Chiesa dovesse perdere questa fissità, anche il Papa perderebbe credibilità, cessando di essere la garanzia.


 





Chiarito ciò e per giungere a delle conclusioni, possiamo chiederci in quale modo si deve “obbedienza” oggi al Sommo Pontefice.


Chiariamo subito che “obbedienza” nella Bibbia vuol dire “ascoltare, mettere nell’orecchio”, da qui già si comprende che dobbiamo fare attenzione ai tanti improvvisati teologi che, in giro per la rete, vanno seminando confusione su questi argomenti e solo per trarre a loro dei vantaggi. Gesù stesso ci rammenta di come le vere pecore sanno riconoscere la voce del Pastore, seguendolo. Dunque ascoltare è l’arte che dobbiamo raffinare. Ma attenzione ascoltare il Papa, non come viene letto o trasmesso dai Media e dai sacerdoti rahneriani e modernisti! Ma ascoltare il Papa per ascoltare Cristo. Come ha più volte spiegato mons. Antonio Livi[14].


Ascoltare direttamente il Papa è fondamentale per noi, perché il secondo passaggio è il discernimento e tale discernimento non può contraddire il Vangelo o il Catechismo. Qualunque voce che venisse a confondere sul contenuto del Vangelo e sul Catechismo, non è voce vera! Quindi lo sforzo che dobbiamo fare è leggere, ascoltare il Papa interpretandolo attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica.


Non avanzeremo con eventuali altre situazioni imbarazzanti e perniciose del tipo: “ma se un Papa è proprio inascoltabile?” riferito, come ben sappiamo, all’ultimo documento uscito; anche su questo rimandiamo alle spiegazioni e alle osservazioni di mons. Livi[15].


Per dirla ancora più chiaramente, con parole di chi ne sa davvero più di noi: «Un papa non fa altro che conservare il sacro deposito e trasmetterlo alla Chiesa, quindi ai suoi successori, in modo integerrimo. Un successore riceve quello che è stato già insegnato e ciò che può fare non è insegnare “meno”; un successore non può fare altro che insegnare o sul pari livello del suo predecessore, oppure in modo più preciso, in modo più definitivo. (…) Non è mai successo, nella Chiesa, che il successore di un pontefice insegnasse a ribasso, per così dire; insegnasse una dottrina, o approcciasse un problema con un insegnamento non determinato come quello precedente. Questo è un vulnus magisteriale di cui bisogna tenere conto».[16]


A chi pronto a stracciarsi le vesti perché ci sono ancora laici pronti a difendere non se stessi ma la Parola di Dio, ricordiamo che quanto abbiamo sintetizzato qui, è riportato a chiare lettere in un Documento del 1998 della Congregazione della Dottrina della Fede e firmato da Giovanni Paolo II[17], riguardo proprio al primato petrino e alla sua infallibilità, ecco cosa dice:


«Il Romano Pontefice è — come tutti i fedeli — sottomesso alla Parola di Dio, alla fede cattolica ed è garante dell'obbedienza della Chiesa e, in questo senso, servus servorumEgli non decide secondo il proprio arbitrio, ma dà voce alla volontà del Signore, che parla all'uomo nella Scrittura vissuta ed interpretata dalla Tradizione; in altri termini, la episkopè del Primato ha i limiti che procedono dalla legge divina e dall’inviolabile costituzione divina della Chiesa contenuta nella Rivelazione.  Il Successore di Pietro è la roccia che, contro l'arbitrarietà e il conformismo, garantisce una rigorosa fedeltà alla Parola di Dio: ne segue anche il carattere martirologico del suo Primato».


In Corde Jesu et Mariae.


Santa Caterina da Siena, prega per noi e per il Papa.





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[1] Noi non siamo “autoreferenziali”, quindi discutere su questi argomenti è fondamentale mettere da parte se stessi e lasciarsi aiutare da chi, nella Chiesa, dando testimonianza di santità e di fedeltà, ha scritto diversi testi importanti a comprendere il nostro rapporto con la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa. Gran parte delle riflessioni qui riportate le abbiamo tratte da: Gli scritti di Don Dolindo Ruotolo sulla Sacra Scrittura; dal Catechismo per i non credenti, di Fr. Antonin G. Sertillanges O.P. - ESD -; dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Suggeriamo anche di leggere: Strategie di sopravvivenza in tempi di “eclissi del Papato” secondo il pensiero di padre Roger-Thomas Calmel, OP. Suggeriamo anche l’articolo di mons. Antonio Livi: Obbedienza al Papa ma in relazione al Cristo.




[2] Rapporto sulla fede (J. Ratzinger – V. Messori, Ed. San Paolo, 1985).






[5] Federico Ozanam, cofondatore della Società Vincenzo de Paoli e beatificato da Giovanni Paolo II.






[8] Papa Pio XII, 13 maggio 1942, radiomessaggio in occasione del 25° anniversario della sua consacrazione episcopale e della prima apparizione mariana a Fatima.





[10] San Pio X, enciclica Pascendi Dominici gregis, contro il Modernismo, la sintesi di tutte le eresie, 1907.




[11] Papa Paolo VI, Angelus del 7 marzo 1965.







[15] L’Amoris Laetitia. Tante affermazioni che vanno chiarite, A. Livi, La Nuova Bussola Quotidiana, 13-04-2016.




[16] «Se vogliamo essere più precisi la dottrina di prima (Familiaris Consortio, ndr) non è stata ribadita (in Amoris Laetitia, ndr) così com’era stata insegnata. Non essendo ribadita in un documento che sta insegnando una materia già trattata da un pontefice precedente, questa rappresenta un vulnus a livello magisteriale, perché il magistero opera nel senso che si tratta di trasmettere quello che abbiamo ricevuto. Un papa non fa altro che conservare il sacro deposito e trasmetterlo alla Chiesa, quindi ai suoi successori, in modo integerrimo. Un successore riceve quello che è stato già insegnato e ciò che può fare non è insegnare “meno”; un successore non può fare altro che insegnare o sul pari livello del suo predecessore, oppure in modo più preciso, in modo più definitivo. Questa definitività della dottrina può portare addirittura ad un dichiarazione solenne ex cathedra, il dogma. Non è mai successo, nella Chiesa, che il successore di un pontefice insegnasse a ribasso, per così dire; insegnasse una dottrina, o approcciasse un problema con un insegnamento non determinato come quello precedente. Questo è un vulnus magisteriale di cui bisogna tenere conto» (Padre Serafino Maria Lanzetta, FI, Radio Buon Consiglio, Catechesi del 18 aprile 2016; minuti 55:22-57:00)







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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