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Che cosa è il PALLIO ?

Ultimo Aggiornamento: 29/01/2015 17:53
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26/01/2009 15:25
 
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Il Papa Benedetto XVI ha spiegato bene cosa è il Pallio nel giorno in cui ha officiato la Messa dell'inizio del Pontificato, dice:
"Il primo segno è il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle.
Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, può essere considerato come un'immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città, il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. 

   "E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita - questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica   magari in modo anche doloroso   e così ci conduce a noi stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la salvezza di tutto il mondo, di tutta la storia.
In realtà il simbolismo del Pallio è ancora più concreto: la lana d'agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa un'immagine del mistero di Cristo e della Chiesa. L'umanità   noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l'umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità, porta noi stessi   Egli è il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore.
Il Pallio dice innanzitutto che tutti noi siamo portati da Cristo. Ma allo stesso tempo ci invita a portarci l'un l'altro. Così il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore, di cui parlano la seconda lettura ed il Vangelo. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto dell'oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perchè i deserti interiori sono diventati così ampi.
Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l'amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza.
Il simbolo dell'agnello ha ancora un altro aspetto. Nell'Antico Oriente era usanza che i re designassero se stessi come pastori del loro popolo. Questa era un'immagine del loro potere, un'immagine cinica: i popoli erano per loro come pecore, delle quali il pastore poteva disporre a suo piacimento. Mentre il pastore di tutti gli uomini, il Dio vivente, è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi. Proprio così Egli si rivela come il vero pastore: 'Io sono il buon pastore... Io offro la mia vita per le pecorè, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l'amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore.
Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell'umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall'impazienza degli uomini".

   "Una delle caratteristiche fondamentali del pastore deve essere quella di amare gli uomini che gli sono stati affidati, così come ama Cristo, al cui servizio si trova. 'Pasci le mie pecore’, dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire.
Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici - in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perchè io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perchè io impari ad amare sempre più il suo gregge - voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perchè io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perchè il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri".
Messa di inizio Pontificato - Roma, 24 Aprile 2005.

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BENEDIZIONE DEGLI AGNELLI NELLA MEMORIA LITURGICA DI SANT’AGNESE del 21 gennaio

 nella Cappella Urbano VIII del Palazzo Apostolico Vaticano, in occasione della Memoria Liturgica di Sant’Agnese, il Santo Padre Benedetto XVI benedice due agnelli vivi, presentati dal Capitolo Lateranense, la cui lana sarà utilizzata per confezionare i sacri Pallii.

Come è noto il Pallio è un’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione che viene indossata dal Papa e dagli Arcivescovi Metropoliti nelle loro Chiese e in quelle delle loro Province. E’ costituito da una fascia di lana bianca su cui spiccano sei croci di seta nera.

La Benedizione dei nuovi Pallii è fatta dal Santo Padre il 29 giugno, Solennità di Santi Pietro e Paolo.

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fonte:
www.vatican.va

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Il Pallio (derivato dal latino pallium n., mantello di lana) è un paramento sacro usato nella Chiesa cattolica, originariamente riservato al Papa, ma per molti secoli concesso da lui agli arcivescovi metropoliti e ai primati come simbolo della giurisdizione loro delegata dalla Santa Sede.


Il pallio, nella sua forma presente, è una stretta fascia di stoffa, larga circa cinque centimetri, tessuta in lana bianca, incurvata al centro così da poterlo appoggiare alle spalle sopra la pianeta e due lembi pendenti davanti e dietro così che, vista sia davanti che dietro, il paramento ricordi la lettera "Y". È decorato con sei croci nere di seta, una su ogni coda e quattro sull'incurvatura, viene incrociato sulla spalla sinistra ed è guarnito, davanti e dietro, con tre spille (acicula). Queste ultime due caratteristiche sembrano essere una ricordo dei tempi in cui il pallio era una semplice sciarpa piegata a doppio e appuntata con una spilla sulla spalla sinistra.



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Innocenzo III con un Pallio


Secondo alcune interpretazioni, il pallio rappresenta l'agnello portato sulle spalle, come simbolo del vescovo come buon pastore e forse per questo il materiale è la lana. Alcune interpretazioni, però, definiscono questa una spiegazione a posteriori. Il cerimoniale correlato alla preparazione del pallio e la sua imposizione sul Papa durante la sua investitura, comunque, suggerisce questo tipo di simbolismo.


Il pallio della Chiesa cattolica è una derivazione dell'omoforio (omophórion) e ne è il suo corrispondente: una larga fascia di stoffa, molto più larga del pallio, indossata dai vescovi ortodossi orientali e dai vescovi cattolici orientali di rito bizantino.


In origine il pallio era parte del vestiario degli ufficiali statali romani. In seguito venne indossato anche dai dignitari religiosi. Il Papa indicava tramite il pallio i vescovi scelti. Dal IX secolo è il segno distintivo nei paramenti degli arcivescovi metropoliti e, attualmente, soltanto il patriarca latino di Gerusalemme, i metropoliti e il Papa indossano il pallio.
Dal 1644 i due agnelli (vivi) la cui lana è destinata, nell'anno successivo, alla fattura dei pallii vengono benedetti dal Papa sull'altare delle suore del convento di Sant'Agnese fuori le mura a Roma nel giorno della santa, il 21 gennaio. Gli agnelli vengono allevati dai Padri Trappisti dell'Abbazia delle Tre Fontane, a Roma. Il pallio viene tessuto e cucito dalle suore di clausura del convento romano di Santa Cecilia in Trastevere.

Il pallio viene benedetto la sera prima della festività di San Pietro e Paolo (29 giugno) e viene conservato nella basilica di San Pietro a Roma nella teca d'oro che viene per tradizione ritenuta contenere i resti mortali del santo.

I metropoliti devono ricevere il pallio prima di poter esercitare il loro ufficio nella diocesi di competenza, anche se erano stati nominati in precedenza in una altra sede ecclesiastica. Gli arcivescovi non metropoliti non lo indossano se non con un permesso particolare.


Il pallio è il simbolo di un legame speciale con il Papa
.


La cerimonia di consegna del pallio si svolge il 29 giugno, festività di San Pietro e Paolo. La consegna ufficiale è collegata al giuramento di fedeltà al Papa e ai suoi successori da parte dei metropoliti. Secondo il diritto canonico, un metropolita deve richiedere il pallio entro tre mesi dalla sua nomina ed è autorizzato ad indossarlo solo nel territorio della diocesi di competenza. Solo il Papa è autorizzato ad indossarlo in qualsiasi occasione e luogo. La cerimonia della consegna ai metropoliti è perciò l'unica occasione in cui si possono vedere due o più arcivescovi indossare il pallio nello stesso luogo e nello stesso momento.

Il pallio non può essere trasferito ad altri e, quando un metropolita muore, deve essere sepolto con lui.


 




LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU PROPRIO

INTER EXIMIA

REVISIONE DEI PRIVILEGI
CIRCA LA CONCESSIONE DEL PALLIO


 

Tra le insegne singolari dell'ufficio episcopale, di cui varie Chiese, anzitutto in Europa e poi nel mondo intero, e i loro Vescovi meritarono di essere onorati dalla Sede Apostolica fin dai tempi remoti, viene giustamente annoverato l'uso del Pallio, ricevuto dalla veneranda confessione dell'Apostolo Pietro (Cf Pontificale Romanum, pars prima, editio typica, Romae 1962, p. 92).


E benché il Pallio, «che significa la potestà Arcivescovile» (CIC, can. 275) «spetti di diritto agli Arcivescovi soltanto» (BENEDETTO XIV, De Synodo dioecesana, lib. II, 6, n. 1), talvolta per mezzo della sua consegna «viene conferita la pienezza dell'ufficio pontificale con il titolo di Arcivescovo» (BENEDETTO XIV, Cost. Ad honorandam, 27 marzo 1754, § 17), tuttavia, come risulta dalle testimonianze storiche (BENEDETTO XIV, De Synodo dioecesana, 1), i Vescovi di Roma continuarono, seguendo l'antica usanza, a fregiare con la concessione perpetua dell'onore del Pallio arcivescovile non solo Chiese vescovili che splendevano per rilevanza di luogo, per la storia gloriosa e per l'immutata devozione verso la Cattedra di Pietro, allo scopo di accrescere e ampliare il loro splendore, ma anche per premiare con un privilegio personale i meriti eminenti di Vescovi illustri (BENEDETTO XIV, Cost. Inter conspicuos, 29 agosto 1744, n. 18).


Avendo il Concilio Vaticano II stabilito che i diritti e i privilegi dei Metropoliti fossero definiti con nuove e adatte norme (CONC. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, n. 40: AAS 58 (1966), p. 694), intanto abbiamo ritenuto di dover rivedere i privilegi e le consuetudini circa la concessione del Pallio, affinché sia meglio evidenziato che esso è il segno della potestà del metropolita (Cf CIC can. 275).


Perciò, sentiti i competenti Dicasteri della Curia Romana e le Commissioni per la Revisione del CIC e del CICO, e dopo aver vagliato attentamente i loro pareri, con sicura scienza, di Nostra suprema e Apostolica autorità, per tutta la Chiesa Latina stabiliamo che d'ora in poi il sacro Pallio, abrogati tutti i privilegi e consuetudini di cui godono attualmente per singolare concessione sia alcune Chiese particolari sia alcuni Vescovi, sia conferito soltanto ai Metropoliti e al Patriarca di Gerusalemme di rito latino (Cf Pio IX, Lett. Ap. Nulla celebrior, 23 luglio 1847: Acta Pii IX, pars I, vol. 1, p. 62).


Quanto alle Chiese Orientali abroghiamo il canone 322 contenuto nella Lettera Apostolica Cleri sanctitati (Cf AAS 49 (1957), p. 529).

Concediamo tuttavia che gli Arcivescovi e Vescovi, che attualmente godono del privilegio del Pallio, continuino ad usarlo per il tempo in cui rimarranno Pastori delle Chiese oggi loro affidate.


L'uso del Pallio nell'ordinazione episcopale del Sommo Pontefice eletto, che non sia ancora Vescovo, viene dato di diritto (Cf CIC can. 239 § 2) al Decano del Sacro Collegio dei Cardinali o al Cardinale cui spetta celebrare il rito dell'ordinazione a norma della Costituzione Apostolica Romano pontifici eligendo (AΑS 67 (1975), pp. 644-645).


Le presenti norme andranno in vigore dal giorno della loro pubblicazione su Acta Apostolicae Sedis.


Tutto ciò che è stato da Noi decretato con il presente Motu proprio, comandiamo che sia valido e stabile, nonostante qualsiasi disposizione in contrario, anche se degna di specialissima menzione.

Dato a Roma, presso S. Pietro, l'11 maggio 1978, anno quindicesimo del Nostro Pontificato.



PAOLO PP. VI

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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