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Il Vangelo sul davanzale (dell'Amico Chisolm)

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2012 14:30
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Sesso: Femminile
27/03/2009 18:28
 
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Ieri con Caterina siamo stati un po’ al telefono. Ci siamo scambiati qualche riflessione su certi momenti difficili che stiamo passando. Ci siamo augurati un buon finale di Quaresima cercando di capire quel che il Signore vuole.

Non è facile capire il Signore, o meglio, certe volte abbassiamo l’audio e ci convinciamo di sentirlo.
Ma la sua è una frequenza particolare e l’unico decoder possibile per ascoltarlo è entrare con lui nel clima santo della preghiera.

Stanotte riflettevo guardando spicchi di luce lunare sul soffitto (entrano sempre insinuandosi tra i piccoli varchi delle persiane) che si adagiavano sullo scuro. Ho riflettuto su questi mesi di conversazioni fatte insieme, su quanto ho appreso e condiviso, sul poco che ho offerto e su quello che tutti possiamo offrire.

Mi è venuta in mente (se non sbaglio, visto il mio attuale rinc…..mento) la bellissima seconda lettura di domenica prossima, tratta dalla lettera agli Ebrei:

«Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.»

Mi è sembrata molto affine a tante testimonianze di sofferenza lette insieme. Vi parrò un semplicione, visto che non ho passato un millesimo di ciò che ho letto, se mi pare di intravedere in esse un tratto del brano riportato.

Alla luce di quel brano, mi è parso di cogliere in alcuni di voi dei riverberi di “teodicea jobica” (perdonate il tecnicismo), cioè, se io vi leggo, come faccio ad accordare la giustizia di Dio con la presenza del male attraverso l’esemplarità di Giobbe?
E’ chiaro che questa è una sfida per la teologia, occorre meditare, riflettere, pensare perché tanti “piccoli” siano in mano a “pochi eletti”, perché vengano nutriti a slogan e a balletti a-liturgici, perché viene inculcato loro lo spettro di satana più che il lieto annuncio della vicinanza dello Spirito del Risorto.

Forse è un piccolo tassello che compone il mosaico del mistero dell’iniquità. Forse.
Mi direte giustamente che, più che esser questione teologica, è questione che riguarda un Magistero spesso silente e assente. Forse.

Ma come si fa ad essere ascoltati, creduti, degni di una piccola attenzione in mezzo a questa fanfara in cui, come dicevo ieri, ci si scopre “idioti”, cioè “a se stanti”, in un’emarginazione figlia di un piccolo numero che ha trovato il coraggio di ribellarsi, di dire “io voglio stare nella vera Chiesa di Dio!”?

Vorrei lasciarvi questa riflessione per il fine settimana. La prendo da un libro (amo la letteratura ebraica contemporanea) di André Schwarz Bart, L’ultimo dei giusti, una bellissima storia sulla “teodicea jobica”, cioè sulla sofferenza del giusto innocente.
E’ la conclusione dell’autore che, alla fine della storia, si trova ad invocare un Qualcuno che sembra non rispondere:

«Ieri, mentre fremevo disperato in mezzo alla strada
inchiodato al suolo, una goccia di pietà cadde dall’alto sul mio viso; non un alito
di vento nell’aria, non una nube in cielo……C’era soltanto una presenza».

Chisolm


[SM=g1740733]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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