Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Benedetto XVI: SILENZIO E CONTEMPLAZIONE

Ultimo Aggiornamento: 19/08/2011 11:21
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28/11/2008 19:21
 
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....il 10 luglio 2008 vado a sistemare un paio di libri e trovo alcuni appunti:

"silenzio e contemplazione hanno uno scopo: servono per conservare, nella dispersione della vita quotidiana, una permanente unione con Dio. Questo è lo scopo: che nella nostra anima sia sempre presente l'unione con Dio e trasformi tutto il nostro essere. Silenzio e contemplazione - caratteristica di san Bruno - servono per poter trovare nella dispersione di ogni giorno questa profonda, continua, unione con Dio. Silenzio e contemplazione: la bella vocazione del teologo è parlare. Questa è la sua missione: nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio".

e sotto avevo scritto: per la meditazione! e un grazie a Benedetto XVI.....

... ergo sono andata a trovare in rete il testo, eccolo qui, credetemi, leggetelo, anzi scaricatelo e meditatelo...


CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA CON I MEMBRI
DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Cappella Redemptoris Mater
Venerdì, 6 ottobre 2006

Concelebrazione Eucaristica con i Membri della Commissione ...

Cari Fratelli e Sorelle,

non ho preparato una vera omelia, solo qualche spunto per fare la meditazione. La missione di san Bruno, il santo di oggi, appare con chiarezza, è – possiamo dire - interpretata nell'orazione di questo giorno che, pur alquanto variata nel testo italiano, ci ricorda che la sua missione fu silenzio e contemplazione.

Ma silenzio e contemplazione hanno uno scopo: servono per conservare, nella dispersione della vita quotidiana, una permanente unione con Dio. Questo è lo scopo: che nella nostra anima sia sempre presente l'unione con Dio e trasformi tutto il nostro essere.

Silenzio e contemplazione - caratteristica di san Bruno - servono per poter trovare nella dispersione di ogni giorno questa profonda, continua, unione con Dio. Silenzio e contemplazione: la bella vocazione del teologo è parlare. Questa è la sua missione: nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio.

Ma come potremmo, essendo parte di questo mondo con tutte le sue parole, rendere presente la Parola nelle parole, se non mediante un processo di purificazione del nostro pensare, che soprattutto deve essere anche un processo di purificazione delle nostre parole? Come potremmo aprire il mondo, e prima noi stessi, alla Parola senza entrare nel silenzio di Dio, dal quale procede la sua Parola? Per la purificazione delle nostre parole, e quindi per la purificazione delle parole del mondo, abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contemplazione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare al punto dove nasce la Parola, la Parola redentrice.

San Tommaso d'Aquino, con una lunga tradizione, dice che nella teologia Dio non è l'oggetto del quale parliamo. Questa è la nostra concezione normale. In realtà, Dio non è l'oggetto; Dio è il soggetto della teologia. Chi parla nella teologia, il soggetto parlante, dovrebbe essere Dio stesso. E il nostro parlare e pensare dovrebbe solo servire perché possa essere ascoltato, possa trovare spazio nel mondo, il parlare di Dio, la Parola di Dio. E così, di nuovo, ci troviamo invitati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino della purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare, e così Dio sia realmente non oggetto, ma soggetto della teologia.

In questo contesto mi viene in mente una bellissima parola della Prima Lettera di San Pietro, nel primo capitolo, versetto 22. In latino suona così: «Castificantes animas nostras in oboedentia veritatis». L'obbedienza alla verità dovrebbe "castificare" la nostra anima, e così guidare alla retta parola e alla retta azione. In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinione comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell'anima. La "castità" a cui allude l’apostolo Pietro è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l'obbedienza alla verità. E penso che questa sia la virtù fondamentale del teologo, questa disciplina anche dura dell'obbedienza alla verità che ci fa collaboratori della verità, bocca della verità, perché non parliamo noi in questo fiume di parole di oggi, ma realmente purificati e resi casti dall'obbedienza alla verità, la verità parli in noi. E possiamo così essere veramente portatori della verità.

Questo mi fa pensare a sant'Ignazio di Antiochia e ad una sua bella espressione: "Chi ha capito le parole del Signore capisce il suo silenzio, perché il Signore va conosciuto nel suo silenzio". L'analisi delle parole di Gesù arriva fino a un certo punto, ma rimane nel nostro pensare. Solo quando arriviamo a quel silenzio del Signore, nel suo essere col Padre dal quale vengono le parole, possiamo anche realmente cominciare a capire la profondità di queste parole. Le parole di Gesù sono nate nel suo silenzio sul Monte, come dice la Scrittura, nel suo essere col Padre. Da questo silenzio della comunione col Padre, dell'essere immerso nel Padre, nascono le parole e solo arrivando a questo punto, e partendo da questo punto, arriviamo alla vera profondità della Parola e possiamo essere noi autentici interpreti della Parola. Il Signore ci invita, parlando, di salire con Lui sul Monte, e nel suo silenzio, imparare così, di nuovo, il vero senso delle parole.

Dicendo questo siamo arrivati alle due letture di oggi. Giobbe aveva gridato a Dio, aveva anche fatto la lotta con Dio davanti alle evidenti ingiustizie con le quali lo trattava. Adesso è confrontato con la grandezza di Dio. E capisce che davanti alla vera grandezza di Dio tutto il nostro parlare è solo povertà e non arriva nemmeno da lontano alla grandezza del suo essere e così dice: "Due volte ho parlato, non continuerò". Silenzio davanti alla grandezza di Dio, perché le parole nostre diventano troppo piccole. Questo mi fa pensare alle ultime settimane della vita di san Tommaso. In queste ultime settimane non ha più scritto, non ha più parlato. I suoi amici gli chiedono: Maestro, perché non parli più, perché non scrivi? E lui dice: Davanti a quanto ho visto adesso tutte le mie parole mi appaiono come paglia. Il grande conoscitore di san Tommaso, il Padre Jean-Pierre Torrel, ci dice di non intendere male queste parole. La paglia non è niente. La paglia porta il grano e questo è il grande valore della paglia. Porta il grano. E anche la paglia delle parole rimane valida come portatrice del grano. Ma questo è anche per noi, direi, una relativizzazione del nostro lavoro e insieme una valorizzazione del nostro lavoro. E’ anche un’indicazione, perché il modo di lavorare, la nostra paglia, porti realmente il grano della Parola di Dio.

Il Vangelo finisce con le parole: «Chi ascolta voi, ascolta me». Che ammonizione, che esame di coscienza queste parole! È vero che chi ascolta me, ascolta realmente il Signore? Preghiamo e lavoriamo perché sia sempre più vero che chi ascolta noi ascolta Cristo.

Amen!
[Modificato da Caterina63 04/07/2010 16:16]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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05/01/2009 17:24
 
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Pregare ........SENZA CONTEMPLARE......rischia veramente NON di essere vanificata (la preghiera NON è mai vana anche quando è per noi sterile o noiosa) MA DI NON PRODURRE IN NOI  gli effetti desiderati....[SM=g7831] ......
E' il caso del ROSARIO ad esempio........apparentemente NOIOSO con formule ripetitive è invece uno strumento di enorme CONTEMPLAZIONE........
Facciamo caso ad un aspetto che viviamo qui in questi gruppi di dialogo.......
quando usiamo la Bibbia PER DISCUTERE su ciò che noi CREDIAMO PIU' O MENO VERO, i dibattiti si accendono........
ma quando tentiamo di vivere i forum di preghiera...si assiste ad una mosceria...[SM=g7574] ....

Così usare la Bibbia per dire IL ROSARIO...per molti diventa una pratica noiosa perchè si da per scontato il mistero che ci andiamo a leggere....
Ma che cosa è CONTEMPLAZIONE?[SM=g7831]

anche questo termine è composto da due parole: CONTEMPLARE CIOE' PREGARE E AZIONE, CIOE' AGIRE SU CIO' CHE SI E' CONTEMPLATO.........
senza contemplazione dunque, senza LA PREGHIERA impossibile AGIRE COME PIACE A DIO...[SM=g7574]

La vita non ha una missione da compiere, ma è LA missione; scrive poeticamente Goethe: "In principio era l'azione" dall'atto CREATIVO DI DIO, e la Gaudium et Spes osserva al numero 35: "L'uomo, infatti, quando opera, non soltanto modifica le cose o la società, ma anche perfeziona se stesso", Gesù infatti dice che LA FEDE SMUOVE LE MONTAGNE.[SM=g1740722]


1.  Scomponiamo la parola:
CONTEMPL Pregare è prima di tutto un 'lasciar fare' a Dio: "Ma allorchè l'appetito in qualche modo è stato nutrito un poco dalle cose dello spirito e abituato ad esse, con forza e costanza, Dio comincia, come si dice, a divezzare l'anima e a collocarla nella stato di contemplazione, il che suole avvenire molto presto specialmente nelle persone religiose". (S.Giovanni della Croce, Fiamma viva d'amore).


E' stato detto che "Vi sono ben poche leggi invariabili nella vita spirituale; ma fra tutte esse rientra sicuramente questa: Prega come meglio ti piace [perché] le proprie preferenze possono rivelare la via per la quale nostro Signore ti chiama. In tal senso il Rosario è la preghiera migliore, perchè in poche Ave Maria tu hai contemplato tutto il Vangelo." (D.Considine, Dio ci ama, lasciamoci amare).


2.     
AZIONE agire 1 Tessalonicesi 5,17: "pregate incessantemente"; Gesù, in Luca 18,1 racconta la parabola della vedova importuna "sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi".


Come fare? Scrive S.Caterina da Siena: "E tutto ciò che egli fa, fuori dell'orazione d'obbligo, o per carità del prossimo, o per esercizio personale, qualunque sia, è un pregare […] cioè non cessa di pregare chi non cessa di ben operare" (Dialogo della Divina Provvidenza); va sottolineato che si tratta di ciò che è fatto 'fuori dell'orazione d'obbligo'…Non per nulla Caterina da Siena amava ripetere il motto domenicano coniato da san Tommaso d'Aquino che di contemplazione se ne intendeva molto: "CONTEMPLATA ALIIS TRADERE" che vuol dire "portare all'azione quanto si è contemplato"....[SM=g1740721]

Proverbio: per pregare sempre, bisogna pregare qualche volta

3.  Uniamo ora i due termini:CONTEMPL-AZIONE "I laici devono usare tali aiuti [spirituali] in modo che, mentre compiono con rettitudine i doveri del mondo nelle condizioni ordinarie di vita, non separino dalla propria vita l'unione con Cristo, ma crescano sempre più in essa compiendo la propria attività secondo il volere divino. […] Modello perfetto di tale vita spirituale e apostolica è la Beata Vergine Maria […] la quale, mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini famigliari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo…" (cf Apostolicam actuositatem, n.4).


Negli Istituti religiosi dediti alle opere di apostolato "l'azione apostolica e caritatevole appartiene alla natura stessa della vita religiosa, in quanto costituisce un ministero sacro e un'opera di carità […] Perciò tutta la vita religiosa dei membri sia compenetrata di spirito apostolico, e tutta l'azione apostolica sia animata da spirito religioso" (cf Perfectae caritatis, n.8). Giovanni Paolo II, nell'Esortazione Apostolica Vita Consecrata, scrive a questo proposito al numero 9: "…e tutta l'azione apostolica sia compenetrata di contemplazione".


4.     
L'apostolato dunque non ostacola ma favorisce la preghiera, che è la vita del Padre, vissuta nel Figlio, sotto l'azione dello Spirito (cf Gal 4,6).

Classico è il pensiero, a questo proposito, di S.Vincenzo de' Paoli: "Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra o di obbligo maggiore, o di maggior merito. Se lasciate l'orazione o la lettura, se non osservate il silenzio per assistere un povero, oh! Sappiate, figlie mie, che far questo è servire Iddio" (Conferenze alle Figlie della Carità).


Osserva S.Francesco di Sales che le estasi sono di tre specie: intellettiva, affettiva, operativa: "La prima è luce, la seconda fervore, la terza azione; la prima è fatta di ammirazione, la seconda di devozione, la terza di opere… [la terza estasi è] tutta santa, tutta amabile, corona delle altre due" (Trattato dell'amor di Dio).


E S.Gregorio Magno, citato in Vita Consecrata n.74 (sulla spiritualità dell'azione), scrive che: "La vita attiva deve…trasferirci nella contemplativa e qualche volta, da ciò che vediamo interiormente, la contemplazione deve richiamarci meglio all'azione".


 
      Tanto tempo fa, un visitatore entrò in un cantiere dove si stava costruendo una cattedrale. Incontrò un tagliapietre e gli chiese: "Che cosa stai facendo?". L'altro rispose con malumore: "Non vedi, sto tagliando delle pietre! Non m'importunare!".

Il visitatore passò oltre e incontrò un secondo tagliapietre; anche a questo chiese che cosa facesse. "Sto guadagnando da vivere per me e la mia famiglia, altrimenti come campiamo?", rispose l'operaio con tono calmo, mostrando una certa soddisfazione.

Un terzo tagliapietre, infine, rispose con gioia: "Sto costruendo una cattedrale insieme agli altri!". Quest'ultimo tagliapietre aveva scoperto il significato del suo lavoro, e lavorava con entusiasmo.


 Un altra picola curiosità....sapete che cosa vuol dire ENTUSIASMO ?
Entusiasmo  deriva  da 'en theòs', che significa IN DIO.....[SM=g7574]

Non a caso il motto dei monaci è: ORA ET LABORA...e san Francesco diceva: LAVORATE IN LETIZIA, la perfetta letizia.......


La preghiera, amici è l'unica arma che abbiamo CONTRO LE DISTRAZIONI MONDANE...ma la preghiera senza contempl-azione rischia di vanificare in noi ogni sforzo ALLA COMPRENSIONE.....di conseguenza VANIFICA L'AZIONE....cioè la testimonianza che dovremmo dare e che spesso NON SAPPIAMO DARE.....

Un altro esempio?

Il vizio principale, nella mentalità settaria e burocratica di certi religiosi e di laici che si prendono troppo sul serio... consiste nella seriosità e nella mancanza di senso dell'umorismo, e quindi dell'elevazione spirituale che l'ilarità comporta....[SM=g1740730] 

Essi temono, magari anche in buona fede, lo sganasciarsi perché può mettere in crisi il potere che li sostiene e che è improntato sulla paura e sulla superstizione....[SM=g7831] 

L'umorismo per loro è una capacità misteriosa, un terreno sconosciuto e infido. Per questo non vogliono che si rida quando tengono i loro sermoni o quando dalle piazze certi politici emanano il loro grigiore di vita apocalittico....perchè il discorso vale per tutti.... In fondo essi temono che si rida di loro....

Al contrario i veri Maestri hanno riso innanzi tutto di se stessi. Hanno sempre visto il ridere come un gesto sacro....naturalmente inserito in un contesto mai sbeffeggiatore o denigratore, al contrario, ridere, anzi SORRIDERE nel riconoscere i propri sbagli, i propri errori...[SM=g1740727]
Hanno permesso e permettono che si possa sorridere di loro...[SM=g7831] e questo atteggiamento ha sempre favorito la CONTEMPLAZIONE dei loro inegnamenti....ha permesso e permette di AVERE FIDUCIA, di essere incoraggiati, permette di aprire il cuore e la mente... 

Il primo miracolo di Gesù Cristo fu di trasformare l'acqua in vino perché la gente ballasse e ridesse! Se ci voleva tristi non avrebbe compiuto quel primo miracolo proprio ad una FESTA DI MATRIMONIO... e probabilmente non si sarebbe mai rivelato in quella mitezza che caratterizza proprio la serenità che accompagna la contemplazione....[SM=g7831]

Coraggio allora....[SM=g1740717]  CONTEMPLIAMO le meraviglie del Signore...

Vari tipi di silenzio (positivo e negativo)[SM=g7574]


Abbiamo visto come l’atteggiamento di silenzio sia capace di costruire una relazione; anzi, ne ponga decisamente le fondamenta, tanto quanto la parola espressa, intesa come manifestazione esterna di se stessi all’altro. Si vengono così a delineare vari tipi di silenzio, che possono avere una valenza più o meno negativa, tanti quanti sono i modi personali di interpretazione a cui va soggetto il termine medesimo.


- Il silenzio di ascolto è quello che ci permette di ascoltare l’altro fino in fondo, per capire cosa vuole dire e accogliere il messaggio che ci sta trasmettendo. Permette all’altro di esprimere completamente se stesso e il suo pensiero, quando non viene interrotto nel suo parlare.


- Il silenzio reciproco è quello di chi si comprende senza bisogno di troppe parole e avviene quando c’è una conoscenza e comunione profonda fra le due persone che comunicano. Nel nostro caso che stiamo trattando qui nel thread, è la CONTEMPLAZIONE, il silenzio reciproco che senza troppe parole ci mette in comunione con Dio....e attraverso questa comunione avviene il silenzio di ASCOLTO, ossia ascoltare anche DIO...


- Il silenzio di carità è quello che volutamente tace tutto ciò che può nuocere all’altra persona, che non mette in evidenza il male, non mormora. Dice san Paolo infatti che la Carità copre una moltitudine di peccati: non si tratta di tacere il peccato e su di esso, ma comprendere quando NON è il caso di pigiare sul peccato per evitare, in quel dato momento, di umiliare la Persona che magari sta cercando da NOI fiducia e comprensione, o sta cercando di uscire da una qualche situazione drammatica....


- Il silenzio di indifferenza è quello in cui non si vuole comunicare all’altro, non interessa ciò che l’altro ci dice... che ci lascia indifferenti il suo stato di peccato o di bisogno di Dio.


- C’è un silenzio offeso e risentito, proprio di chi non è in pace con se stesso e con gli altri e si isola iniziando a coltivare odio e vendetta... 


- C’è un tipo di silenzio che è peccato, perché si omette ciò che si dovrebbe dire, oppure che può esprimere indifferenza e lontananza da Dio: il silenzio di chi non prega e non comunica con il Creatore. Dice Gesù di gridare dai tetti la Verità, ma bisogna saperla gridare...senza mai offendere il peccatore... e san Paolo rincara la dose, dice: insistete in momenti opportuni e meno opportuni. Il Mondo, NOI stessi, tutti abbiamo bisogno della Verità e la prima vera forma di Carità è di dire la Verità anche a costo della propria della vita....


- C’è il silenzio del perdono, che si instaura quando si evita di sottolineare, rinfacciare, ripetere continuamente gli sbagli e i difetti altrui. E' forse il "silenzio" più difficile da applicare, ma è la contemplazione maggiore....

Mi rivolgo a te, anima beata che il Signore attira nel deserto per parlarti al cuore; a te che l’hai scelto come Unico; anzi, che Egli ha scelto come eterna ostia di lode. Vuoi bruciare come purissima cera dinanzi al suo adorabile Volto? Vuoi come i Cherubini e i Serafini, essere irradiata dalla sua limpidezza, infuocata del suo amore, non essere per Lui, a tua volta, che Luce e Carità?
Se ti tenta l’abisso, domanda al Signore di circondarti di solitudine, di immergerti nel silenzio da Lui abitato, colmato, dove Egli si manifesta. Da parte tua, cerca di vivere così. Per quanto possibile, nella puntuale obbedienza e nella carità perfetta, cercherai di evitare quattro cose, che sono il maggior ostacolo al silenzio interiore e che impediscono l’abituale contemplazione: il chiacchiericcio interiore; le critiche interne; le ossessioni; la preoccupazione di te stessa[SM=g1740717]
Dio, ha creato l’anima tua silenziosa: nel battesimo, in un silenzio inviolato. La colmò di Sé Stesso, solo di Lui. Dopo, a poco a poco, il mondo vi fece la sua irruzione. Fu invasa dal chiacchiericcio che coprì la dolce voce di Dio, e in seguito vi regnò il baccano: anima mia fai ritorno al silenzio battesimale per evitare che il chiacchiericcio mondano ti distolga dalla grazia che hai ricevuto. Il silenzio battesimale ti ricorderà di chi sei figlia e a quale prezzo fosti comprata e a quale regalità sei stata invitata. Il chiacchiericcio del mondo non ti faccia diventare un presuntuoso: evita le maldicenze, poniti mille domande avendo l'umiltà di sapere che non avrai sempre delle risposte, non importa, chiedi sempre e poi taci. Evita il chiacchiericcio del mondo e sviluppa il dialogo con il cuore, parla con il tuo Angelo Custode, inserisci nel tuo mondo la Comunione dei Santi, allora sentirai Gesù bussare alla porta del tuo cuore così da potergli aprire. La tua vocazione non è di aiutare le anime del mondo nei loro affari. Guarda il mondo in Dio, come i beati nel cielo, e non Dio attraverso il mondo. Sii “un sacrificio di lode”: la terra sarà migliore e benedetta. Dovresti essere come la  Vergine,Madre di Dio, luminosa e pura, sola dinanzi all’Ostia, nell’ombra di una cappella deserta, dove tuttavia si ritrovano i cuori del mondo che con Lei hanno detto < Fiat voluntas tua >, e da dove si diramano le grazie per tutta la terra!
Evitati le critiche interiori, quelle che ti fanno compiagere e accettati per quello che sei. Offriti interamente a Dio con tutto il tuo bagaglio di umanità che Dio conosce molto meglio di quanto tu creda di conoscerti: tu conosci la parte peggiore di te, ma Dio conosce la parte migliore di te e le vuole entrambi perchè Lui si fida di te, molto più di quanto tu possa fidarti di te stessa. Solo in questo silenzio tu eviterai le ossessioni interiori che ti possono distruggere e ridurre ad una larva pietosa. Abituati alla Confessione, se ti fidi di un medico a maggior ragione non puoi non riporre fiducia in Colui che ti ha creato e sa come sei fatto e conosce il numero dei tuoi capelli e ti chiamava per nome fin dal tuo concepimento. L'ossessione è una cattiveria del demonio che usa per scoraggiare e allontanare l'anima dalla fiducia in Dio.

Non parlare di te, con te stesso![SM=g7182]

Aumenterebbe in te la vanagloria e la presunzione, ascolta i consigli del sacerdote anche se tu non avessi con essi un buon rapporto. Chi si umilia sarà innalzato. Fa’ quel che puoi, lasciando il resto alla misericordia di Dio. “Dio sa tutto, può tutto e mi ama”: questa sia la giustificazione del tuo abbandono. Vivi al calore luminoso del salmo 22: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Ogni sera il sonno ti colga mentre mormori: “Con le sue ali Egli mi protegge; sotto le sue penne troverò rifugio".
Prega, prega sempre anche quando la preghiera ti apparirà sterile: se l'anima non toccherà gli abissi, mai si potrà elevare, se il chicco di grano non muore non può portare frutto. Ogni giorno, nell’Eucarestia, la Chiesa ti offre come vittima pura, santa, immacolata con Gesù e tu vi acconsenti. Se capisci il mistero della croce e il senso del silenzio, non ti impietosirai di te stesso, non diverrai sterile. Dio ama chi dona con gioia, ogni tuo sacrificio della giornata produrrà il suo frutto. E mentre tu vivi, da qualche parte del mondo qualcuno sta ricevendo i benefici della tua silenziosa offerta a Dio. Lascia che Cristo soffra in te; offrigli il tuo corpo e il tuo cuore, perché possa “portare a compimento nel Suo corpo mistico quanto ha iniziato sul Calvario”. Altrimenti non sei degno della scelta che ha fatto di te. Il bel volto, lacerato e dolorane, il santo Volto rivolto a te, vuol riflettersi in te. Offrigli, concorde e tranquillo, il vergine specchio della tua anima: sulla terra Dio si compiace di riflettere in te la Sua immagine!
Non affliggerti per quello che non puoi fare, e neppure, in un certo senso, per le tue miserie morali. Ti vorresti bello, irreprensibile. E’ una chimera, forse orgoglio, fai cadere le tue ambizioni. Fino alla fine rimarremo peccatori, oggetto dell’infinita misericordia, prediletta da Dio. Non venire a patti con il male; prendi le distanze dalla tua perfezione morale. La santità è innanzitutto teologale, ed è lo Spirito che la effonde nei nostri cuori; non siamo noi a crearla! Sei un membro del Corpo mistico, non dimenticarlo, guarda a Maria e ai Santi, essi si lasciarono plasmare e questo è il segreto della loro raggiunta perfezione, non avevano nulla in più di cui Dio a te, anima prediletta,  non abbia dato. Solo in Maria la perfezione fu perfetta, perchè avessimo un modello puramente umano a cui guardare che plasmato nel silenzio della sua anima, visse la perfetta letizia. Gesù è il modello della trascendenza del Verbo che si fa carne perchè noi diventassimo come Lui.
Di’ convinto ma sereno: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per me, povero peccatore”. E vivi in pace, sotto la protettrice ala di Dio che ti ama. E ti ama molto più di quanto tu possa immaginare, ma solo nel silenzio potrai comprenderlo.
Sia gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo!


[SM=g1740750] [SM=g7182]

[Modificato da Caterina63 05/01/2009 21:06]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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05/01/2009 18:38
 
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Ricordando  che nessuno fra di noi qui è un teologo nel senso del termine...teologia la facciamo tutti nel momento in cui APRIAMO LA BIBBIA E MEDITIAMO...[SM=g7831] ...

 compito nostro non è di fare i maestri ma di APPRENDERE...E DI TRASMETTERE QUANTO ABBIAMO APPRESO...ergo CONTEMPLARE E RIDONARE QUANTO ABBIAMO RICEVUTO[SM=g1740717] ...
.....il concetto  di CUORE ...emerge con la rivelazione di Gesù: GUARDATE A ME -dice Gesù- CHE SONO MITE ED UMILE DI CUORE.....tutto il Nuovo Testamento SI FONDA SUL CUORE MIETE ED UMILE, eliminare il cuore di pietra per renderlo CARNOSO, ossia vivo palpitante, innamorato....[SM=g1740717]

Matteo 11:29

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.

E Gesù parla anche di CUORI INDURITI...... nelle Beatitudini Gesù dice BEATI I PURI DI CUORE......
dice il:

Deuteronomio 5:29

Oh, se avessero sempre un tal cuore, da temermi e da osservare tutti i miei comandi, per essere felici loro e i loro figli per sempre!

Deuteronomio 10:12

Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l'ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima

Tobia 4:19

In ogni circostanza benedici il Signore e domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene. Il Signore esalta o umilia chi vuole fino nella regione sotterranea. Infine, o figlio, conserva nella mente questi comandamenti, non lasciare che si cancellino dal tuo cuore.

..........

Insomma...la parola cuore appare se non erro....ben 798 nei versi della Bibbia...[SM=g1740717] ...ed è sempre inserita in un rapporto di COMPRENSIONE fra noi e Dio.....il cuore appare quell'elemento essenziale per entrare nel mondo di Dio e per vivere con la SUA logica......[SM=g7574] e tanto per fare un esempio:

Salmi 100:2

Agirò con saggezza nella via dell'innocenza:
quando verrai a me?
Camminerò con cuore integro,
dentro la mia casa
.

Salmi 118:69

Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.

.........
Il CUORE sembrerebbe identificare UNA VOLONTA' nell'agire......sia in bene (cuore puro) sia in male (cuore indurito)   nel cuore può albergare la santità come la malvagità....nel cuore risiede o l'umiltà o l'orgoglio.....qualche esempio:

Gioele 2:12

«Or dunque - parola del Signore -
ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti».

Abdia 3

L'orgoglio del tuo cuore ti ha esaltato,
tu che abiti nei crepacci rocciosi,
delle alture fai la tua dimora
e dici in cuor tuo:
«Chi potrà gettarmi a terra?».

Zaccaria 7:10

Non frodate la vedova, l'orfano, il pellegrino, il misero e nessuno nel cuore trami il male contro il proprio fratello».

Zaccaria 7:12

Indurirono il cuore come un diamante per non udire la legge e le parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così si accese un grande sdegno da parte del Signore degli eserciti

..........

Il Nuovo Testamento non farà altro che CONFERMARCI questi insegnamenti.....:

Matteo 5:28

ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore

in tal caso sembra che qualcosa che venga commessa nel cuore assuma UNA VOLONTA' che diverrà AZIONE E UN ATTO....

Matteo 9:4

Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore?

Matteo 12:34

Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

Matteo 15:8

Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.

Marco 6:52

perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.

.........
Ma più eloquente di tutti sembra essere Marco capitolo 7.....
18 E disse loro: «Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, 19 perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?». Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. 20 Quindi soggiunse: «Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. 21 Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, 22 adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».
.........
Sembra proprio che il cuore sia UNA SORTA DI CENTRALINA......dalla quale ESCONO intenzioni buone o intenzioni cattive.....la mente elabora....lo spirito ALIMENTA E PURIFICA...il cuore EMANA.......senza lo spirito alimentato DALLA PREGHIERA INCESSANTE PER NON CEDERE ALLE TENTAZIONI,il cuore si indurisce....e farà uscire pensieri cattivi.....[SM=g1740717]

[SM=g1740750] [SM=g7182]

Facciamo ora un cenno alle parole del Vangelo: MARIA SERBAVA TUTTE QUESTE COSE NEL SUO CUORE..... cenno al CUORE DI MARIA.....MADRE PER ECCELLENZA..... approfondiamo brevemente la devozione al CUORE IMMACOLATO DI MARIA......[SM=g1740717]

Il fondamento biblico della festa


La devozione al cuore di Maria ha il privilegio singolare di poter contare su due testi chiave del Nuovo Testamento. Essi sono: «Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Luca 2,19); «Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Luca 2,51).
Dai due testi appare la profondità dell’associazione interiore di Maria all’opera salvifica di suo Figlio. Tutto ciò che si compie nel corpo paziente del Figlio, si compie nell’anima e nel cuore della madre che viene rappresentata come protesa, nell’intimo del suo cuore, all’ascolto e all’approfondimento della parola di Dio.
Viene sottolineato l’atteggiamento contemplativo di Maria sui Misteri della vita di Gesù: possiamo pensare a Maria che, dopo l’annuncio dell’angelo, si interroga sui disegni di Dio a suo riguardo e ripete la sua risposta di accettazione: «Si faccia di
me, secondo la tua parola» (Luca 1,37). È la preghiera di adesione piena alla volontà di Dio.

Ci viene così insegnato che conservare nel cuore «tutte» le cose (parole e fatti che riguardano il Signore, è un impegno permanente della fede cristiana, per tutti, in ogni tempo e in ogni luogo).
Si ricorda per «attualizzare» il passato nel presente. Si ricorda per far partecipi, per comunicare ad altri, per trasmettere.
Lungo le varie tappe dell’anno liturgico, noi «facciamo memoria» di tutte le parole e di tutti i gesti compiuti dal Signore Gesù: come Maria li mettiamo a confronto, li riviviamo, soprattutto nell’ora della prova.
Ha detto Giovanni Paolo II: «L’atteggiamento di Maria ispira la nostra fede: quando soffiano le tempeste e tutto sembra naufragare, ci sostenga la memoria di quanto il Signore ha fatto in passato» (Angelus del 31 luglio 1983).



La maturazione storica della festa


L’origine storica della festa è abbastanza recente, come è ricordato nell’Esortazione apostolica Marialis Cultus di Paolo VI che annovera la memoria del Cuore immacolato della beata Vergine Maria tra le «memorie o feste che esprimono orientamenti emersi nella pietà contemporanea» (MC 8).
La commemorazione liturgica è fissata il giorno che segue la solennità del Cuore di Gesù, ritornando così all’origine storica di questa devozione.
San Giovanni Eudes (1601-1680) che fu padre, dottore e primo apostolo di questa devozione, come risulta dalle dichiarazioni di Leone XIII (1903) e di Pio X (1909), non separava mai i due Cuori nei suoi progetti liturgici.
Con alcuni suoi discepoli, nel 1648, il santo cominciò a celebrare la festa del Cuore di Maria, componendo i testi liturgici per la Messa; ma solo nel 1805 Pio VII decise di permetterne la celebrazione a tutti quelli che ne avrebbero fatto esplicita richiesta.

Nel 1864 alcuni vescovi chiesero al Papa la consacrazione del mondo al Cuore di Maria. La prima nazione che si consacrò al Cuore di Maria fu l’Italia, in occasione del Congresso Mariano di Torino del 1897.

Nel secolo XX nuovi avvenimenti prepararono il grande trionfo liturgico della devozione al Cuore di Maria e in particolare le apparizioni di Fatima e le rivelazioni fatte alla mistica portoghese Alessandrina de Balazar. Il 31 ottobre 1942, nel venticinquesimo anniversario delle apparizioni di Fatima, Pio XII consacrava la Chiesa e il genere umano al Cuore immacolato di Maria e, con il decreto del 1944, istituiva la festa universale del Cuore di Maria, fissando la celebrazione al giorno 22 agosto, ottava dell’Assunta, per invocare la pace. Successivamente, la celebrazione venne fissata, come memoria facoltativa, il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù,

La devozione al Cuore di Maria è sempre stata, nel corso della sua storia, fonte inesauribile di vita interiore per le anime mariane.

San Francesco di Sales fa del cuore della Vergine Maria il luogo di incontro delle anime con lo Spirito Santo. Al momento della Comunione, il nostro cuore diventa come quello di Maria: come lei e con lei ospitiamo Gesù, ci nutriamo della Sua parola e diveniamo suoi annunciatori.

Così preghiamo nella colletta della Messa: «O Dio, che hai preparato una degna dimora dello Spirito Santo nel cuore della beata Vergine Maria, per sua intercessione, concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della tua gloria». Quella gloria senza fine che con Maria speriamo di godere un giorno nella visione del suo Figlio.


(di Gianni Sangalli )


Santa Maria, Madre di Dio,
conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come acqua di sorgente.

Ottienimi un cuore semplice che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze: un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione.

Chiedi per me un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore di alcun male.

Formami un cuore umile e docile che ami senza esigere di essere riamato; un cuore grande ed indomabile così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza lo possa stancare.

Usami perchè il mio cuore sia trafitto dalla gloria di Gesù Cristo; perchè sia un cuore che piaccia in tutto a Lui; che sappia meditare e contemplare le meraviglie del Figlio Tuo e Signore nostro,Gesù Cristo e che possa goderlo in eterno in cielo...

Amen!



[SM=g1740750] [SM=g7182]


Ed ora parliamo anche di OCCHI....[SM=g7574]  lo sguardo infatti, come il Cuore, ha un posto privilegiato nella Scrittura che ci aiuta nella CONTEMPLAZIONE....[SM=g7831]

           


notiamo allora un particolare dei Vangeli.....GLI OCCHI...LO SGUARDO.....E  come gli OCCHI PER GESU' sono molto importanti......
MATEO 6-22,23
La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!

Vi offro una mia riflessione :

Mi piace interpretare il brano in questione come una sorta di...IDENTIKIT...l'identikit di me come cristiano....
In fondo penso a come una fidanzata, o fidanzato...DIVENTI LA LUCE PER L'INNAMORATO....[SM=g7574]
si dice infatti: SEI LA LUCE DEI MIEI OCCHI.....SEI IL RIFLESSO DEL MIO AMORE.....oppure si leggono frasi d'amore tra fidanzati come: tu sei stata/o la luce nelle tenebre della mia vita.....oppure; continua ad essere la mia luce.....
e così via....[SM=g7831]
Io credo che Gesu' abbia usato di proposito espressioni che poi si verificano tra fidanzati perchè il rapporto con Cristo è un ETERNO INNAMORAMENTO, che inizia qui sulla terra fra le imperfezioni...per avere non un termine ma una eternità....non a caso Gesù usa il CUORE E GLI OCCHI, strumenti tipicamente usati dagli INNAMORATI per evitare PAROLE VANE...[SM=g1740717]
Ma questo identikit...non è solo usato tra innamorati...è anche usato per esempio dalla polizia...per dare fisionomia ad un delinquente che in tal caso non riflette alcuna luce e per questo va...RICERCATO.....
In fondo è l'avviso che Gesù mi rivolge quando leggo:
ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso...[SM=g7831]
...
che traduco così: se NON SEI INNAMORATA DI ME CHE SONO LA LUCE.....E SE DUNQUE IL TUO OCCHIO NON RIFLETTE ME...TU E IL TUO CORPO SIETE MALATI E VIVETE NELLE TENEBRE...[SM=g7557] non ci rammenta infatti la Scrittura che se uno è cieco, come fa a guidare un altro cieco?..e faccio mio questo pensiero:
Non ci sono strade corrette e culturalmente legittime di accostarsi alla verità di Cristo, diverse da quelle di attenersi a ciò che risulta dalle narrazioni evangeliche con tutta la catechesi che comporta. Le altre possibili fonti o tacciono (è praticamente il caso degli scritti extracristiani) o non godono di sufficiente attendibilità intrinseca ed estrinseca (è il caso dei Vangeli apocrifi). Perciò o si aderisce scrupolosamente ai Vangeli o si rinuncia a parlare di lui: asserire arbitrariamente o favoleggiare per tentare di giustificare quel che non vediamo... non serve a niente.
Per parte nostra, possiamo assicurare che ogni indicazione qui offerta nei Vangeli, sarà sempre evangelicamente suffragabile.... tale piena e spregiudicata docilità alle fonti autentiche ci preserverà da ogni forzatura ideologica e da ogni luogo comune convenzionale...
Come dire, insomma...CHE I VANGELI SONO QUELL'ALIMENTAZIONE PER ESSERE NOI STESSI POI UNA LUCERNA CHE RIFLETTA UNA LUCE RICEVUTA.....[SM=g7574]
L'esame per capire se rispondiamo a questi requisiti....E' LA NOSTRA ESTERIORITA' E IL NOSTRO COMPORTAMENTO DA CRISTIANI.....
E' il mio comportamento;
e' il mio grado di essere lucerna che emana quella luce della verità......
L'identikit del cristiano è dato dai COSTUMI.....
è DATO DAL PARLARE E DALL'ESPRIMERSI.....
è dato dagli atteggiamenti vero la Samaritana, verso il pubblicano, verso il malato, verso il peccatore.........
E' DATO DAL NOSTRO OCCHIO.....
C’è un elemento della bellezza umana che, pur essendo in sé di natura fisica, è quasi il riverbero della vita dello spirito, ed è lo splendore degli occhi. Il Maestro stesso l’aveva notato: «La lucerna del tuo corpo è l’occhio, se il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce»
......
se pensiamo ai poeti a quanto spazio hanno dedicato ALLO SGUARDO...ED ALLO SGUARDO DELLE DONNE....e quanti si sono innamorati PER UNO SGUARDO.....ma lo sguardo può anche essere SEDUZIONE...INVITO ALLA LUSSURIA...[SM=g7581] ..INGANNEVOLE.....l'occhio si dice...E' LO SPECCHIO DELL'ANIMA.....
Gli occhi di Gesù dovevano essere davvero incantevoli, penetranti e quasi magnetici.

  
Il Gesù Misericordioso visto in estasi da Sr. Faustina Kowalska


Chi li aveva visti non se ne dimenticava più. Soltanto così si spiega la straordinaria frequenza con cui gli evangelisti (e in special modo Marco, che riferisce i ricordi di Pietro) pongono in rilievo il suo sguardo.
È importante cogliere le sfumature dei testi originali. Il verbo «guardare» (
blepein) è impiegato in tre espressive varianti:
«guadare attorno» (periblepesqai);
«guardare in alto» (anablepein);
«guardare dentro» (emblepein)...
.....

e su questo guardare vi lascio una meditazione che condivido....tratto da....L'OSSERVATORE ROMANO
Grazie , fraternamente Caterina[SM=g7831]

Lo sguardo attorno


Quando Gesù gira attorno i suoi occhi, tutti ammutoliscono intimoriti e affascinati.   
Con questo sguardo invita al raccoglimento prima della predicazione (cfr Lc 6, 20). Con questo sguardo manifesta il suo affetto e la sua forte comunione coi discepoli: «Girando lo sguardo ('
eganaktesen) su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli!”» (Mc 3, 34). Con questo sguardo prepara i cuori ad accogliere gli insegnamenti più originali e inattesi. «Gesù, volgendo lo sguardo attorno (peribleyamenoV), disse ai suoi discepoli: “Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!... È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago”» (cfr Mt 10, 23-25).

Qualche volta è uno sguardo muto, ma così intenso da essere fine a se stesso: «Entrò a Gerusalemme nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno (
peribleyamenoV panta), ...uscì con i Dodici diretto a Betania». (cfr Mc 11, 11).
Qualche altra volta è uno sguardo così carico di sdegno e di sofferenza, che gli astanti zittiscono e non osano più replicare: «Guardandoli tutt’intorno con indignazione (
peribleyamenoV autouV met' ’orgeV), rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: “Stendi la mano!”» (Mc 3, 5).


Lo sguardo in alto


Gli occhi di Cristo sanno anche guardare in alto, in un’appassionata preghiera al Padre perché l’esaudisca (cfr Mc 6, 41; 7, 34).
Ma guarda in alto altresì per cercare sorridendo tra il fogliame un alto funzionario del fisco che, per vederlo comodamente, si era appollaiato sui rami di un sicomoro come un monello di strada: «Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo (
anableyaV) e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”» (Lc 19, 5).


Lo sguardo «dentro»


Gli occhi di Gesù però impressionavano soprattutto quando «guardava dentro» alle persone, quasi per arrivare al loro cuore.
Lo fa quando deve comunicare qualche verità insolita che vuole imprimere bene nella mente di chi ascolta. È il caso di Mc 10, 27: «Gesù guardandoli dentro (
embleyaVautoiV) disse: “Impossibile presso gli uomini [che i ricchi si salvino], ma non presso Dio”». Ed è il caso di Lc 20, 17-18: «Allora egli si volse verso di loro (embleyaVautoiV) e disse: ...”Chiunque cadrà su questa pietra [il Messia, figlio di Dio] si sfracellerà e a chi cadrà addosso lo stritolerà”».
Davanti al giovane ricco dalla vita innocente che chiede la «vita eterna», Gesù - nota il Vangelo - «lo guardò dentro e lo amò (
embleyaVautoieganesenauton) (Mc 10, 21).

L’apostolo Pietro ha avuto l’esistenza segnata per sempre da due sguardi trasformati: nel suo primo incontro, «Gesù, fissando lo sguardo su di lui (
embleyaV autw), disse: “Tu sei Simone, il figlio di  Giovanni, e ti chiamerai Cefa, che vuol dire Pietro”» (Gv 1, 42); nell’ora del suo tradimento, «il Signore, voltatosi guardò Pietro (enebleyenε tw Petrw), e Pietro ...uscito fuori, pianse amaramente» (Lc 22, 61-62).



                                       
Il Santo Volto di Gesù tratto dall'impronta della Sindone...

[SM=g1740750] [SM=g7182]


[Modificato da Caterina63 05/01/2009 19:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Diceva Madre Teresa di Calcutta: La vera disabilità, infatti, è la dimenticanza, il non essere amati, e questo sentimento fa soffrire, spesso, più della stessa malattia.......

Disabili in questo contesto significa un pò di tutto, disabile non solo nel fisico, ma prettamente nello SPIRITO........ Madre Teresa di Calcutta sosteneva ancora che “La solitudine è la più grande delle povertà e delle sofferenze. .......

Più volte fra di noi abbiamo parlato del GETSMANI....quando Gesù sperimenta l'abbandono, quando deve superare questa forma DISABILE dello spirito che SI METTE IN LOTTA o si rimette in discussione con il fare LA VOLONTA' DI DIO, DEL PADRE "NON la mia....dice Gesù, ma LA TUA volontà si compia"......aveva forse Gesù UNA VOLONTA' DIVERSA DA QUELLA DEL PADRE??
La disabilità provata da Gesù è nella SUA CARNE, nel suo essere UOMO, non esiste veramente Amore più grande che quello di DONARSI interamente e senza riserve per l'altro....DISABILE COME OGNUNO DI NOI......che ha nella solitudine il cuore della vera deformità che conduce alla disperazione, alla depressione, all'incomprensione, a volte anche all'allontamento da Dio se non si fa come Gesù....LA VOLONTA' DEL PADRE....
La Chiesa Orientale ci offre una meditazione che vi offro di cuore perchè a me ha aiutato tanto......

Avrete certamente sentito il termine: ERISIARCA...[SM=g7831] ....
la Preghiera del cuore, radicata nel Nuovo Testamento, viene assunta da una «corrente» propria della spiritualità orientale antica che è stata chiamata esicasmo. Il nome proviene dal greco hesychìa che significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione. L'esicasmo può essere definito come un sistema spirituale di orientamento essenzialmente contemplativo che ricerca la perfezione (deificazione) dell'uomo nella unione con Dio tramite la preghiera incessante.......
SIGNORE GESU' CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA' DI ME PECCATORE....[SM=g1740720] ...[SM=g1740717]
In un antico Documento del II secolo in un Monastero è stato trovato questo scritto:
L'esicasta è colui che solo parla a Dio solo e lo prega senza posa..... quiete e pace come stato d'animo, e condizione stabile del cuore necessaria per la contemplazione. Significa ancora distacco dal mondo nella doppia accezione di solitudine e silenzio attraverso la preghiera o l'orazione ininterrotta.....

...in questo ci sono Maestri i Padri del Deserto......
Ma NOI?.....Noi che in qualche modo siamo COSTRETTI A VIVERE NEL MONDO......noi che in qualche modo non possiamo andare nel deserto e non possiamo esonerarci da impegni quotidiani che ci LEGANO alla vita frenetica del mondo...in quale modo possiamo lenire e soddisfare questa necessità dello Spirito?
La prima risposta è agire, interagire ed operare nelle CONDIZIONI in cui la Provvidenza ci ha posto....[SM=g7831]

I Santi parlano della "CELLA INTERIORE", il Cuore dentro il quale siamo in grado, con molti esercizi, di concretizzare l'aspetto INTERIORE che ci è necessario per non naufragare in questo mondo che inesorabilmente CI ATTRIRA e ci complica le cose.....

I Padri della Chiesa vedono in Maria proprio L'ESEMPIO più tangibile di questo essere nel mondo, ma al tempo stesso saperne restare fuori...il che comporta, dicono i Padri....LO SPERIMENTARE LA SOLITUDINE  per quanti che frequentiamo e che  "vedendo non comprendono"......da questa realtà partiva quell'identificare il cristiano della prima ora come "un fatto eccezionale".....
Il cristiano NON era un favolista, nè tanto meno uno che campava di sogni.......ma sapeva distinguersi dalla società che lo circondava.....come ci riusciva??
Principalmente sperimentando questa forma DI SOLITUDINE che per noi ha origine e compendio nel Getsemani.....
e... vediamo questa Donna, che porta in grembo il Verbo di Dio, recarsi nel mondo  PER SERVIRE la cugina in difficoltà.....ci si aiuta, ci si sostiene, ma si sperimenta anche  L'ABBANDONO.....


.....L'abbandono e la solitudine a questo punto si trasformano, non sono più amarezza e DEPRESSIONE, ma essa "Insegnerà ogni cosa" è la stessa frase che troviamo in bocca a Gesù quando preannunzia la venuta dello Spirito (Gv 14,26). Rimanere nella solitudine della cella INTERIORE è allora apertura allo Spirito, al suo fuoco e alla sua luce...[SM=g1740744] ...
Dice in fondo Gesù che se il chicco di grano NON MUORE...non può portare frutto.......l'esperienza della solitudine, l'amarezza, l'abbandono, ci permetterà allora di morire a noi stessi per fare spazio a Cristo in noi ed essere così portatori di frutti divini......

Maria in fondo muore a sè stessa nel momento in cui pronuncia quel "FIAT", "Maria contemplava tutte queste cose nel suo cuore", è la prima cristiana che può insegnarci il senso di questa CELLA INTERIORE.....che si mette all'opera, senza troppi fenomeni visibili, anzi, senza nessuna esteriorità......ma dall'interno, fa uscire allo scoperto il Magnificat.....e ci porta il "frutto benedetto del suo seno" GESU'......

Quando noi prendiamo l'Eucarestia, ci ritroviamo nella stessa situazione della Visitazione di Maria ad Elisabetta....portiamo in noi il Verbo fatto carne che è in noi Cibo di Salvezza e di vita eterna......e lo portiamo agli altri, a quanti incontriamo sulla nostra strada......ma se NON moriamo a noi stessi i frutti di tanta grazia rischiano di rimanere NASCOSTI ed improduttivi......pagandone noi stessi i danni....vivendo così la solitudine non come fonte di Grazia, ma come un peso che ci dilanierà......che ci condurrà al rischio della depressione.....facendo marcire frutti  E TALENTI.......che sono dati a noi invece, perchè portino frutti.....

Sono le famose occasioni che tante volte inconsapevolmente sprechiamo.....
Il silenzio che esprimono i Padri del deserto, come giustamente è stato detto, «è un silenzio dai mille nomi e dai mille volti dove ogni cosa è al suo posto, è un silenzio prezioso per l'anima, un silenzio che sta dalla parte della trascendenza. Dai vari apoftegmi emerge che il silenzio dei Padri del deserto è il silenzio dell'umiltà, del tacere di se stessi, è il silenzio che toglie le parole all'egoismo, alla superbia, all'amor proprio, è il silenzio di chi si fa pellegrino e straniero, ma è anche il silenzio dell'amore, il silenzio di chi non giudica il prossimo, di chi non parla o sparla degli altri, infine è il silenzio della fede, di chi si fida del Totalmente Altro, di chi si è messo completamente nelle sue mani»....

Afferma il grande Poemen «Se tu sarai nel silenzio  tu otterrai il riposo in qualsiasi luogo abiterai»  ....il riposo che intendiamo NON E' OZIO......ma è un riposo evangelico che ci condurrà a fare posto allo Spirito il quale solo in questo modo potrà operare....se pensiamo di essere NOI a lavorare ed operare, allora NON abbiamo capito nulla.....Maria ci aiuta enormemente a questa comprensione......nel canto del Magnificat emerge l'opera di Dio in Lei, emerge tutta la sua disposizione a farsi strumento di Dio, emerge da questo che tutte le genrazioni la chiameranno beata.....

Questa beatitudine non è relegata al fatto che in Lei il Verbo prese dimora e divenne UOMO, bensì LA DISPOSIZIONE E LA DISPONIBILITA'....totale ed incondizionata.....da quel momento Maria vive una eterna SOLITUDINE, vive uno stretto rapporto con Dio in questa cella interiore.....fino a FONDERSI CON LA CHIESA nella Pentecoste....
Questa è la sorte dei Beati e dei Santi e dei Martiri.....essa INIZIA nel vivere in concretezza l'essere nel mondo ma sperimentando solitudine ed abbandono.....attraverso i quali poter morire a noi stessi per poter portare molto frutto......

......Filone diceva che Dio non parla alle anime se non nella solitudine.[SM=g7831] 

Dio stesso dichiarò per bocca di Osea: "La condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore" (Os 2,16 Vulg.). [SM=g7831]

E san Girolamo esclamava: "O solitudine, in cui Dio parla e conversa familiarmente con i suoi!". Sì, dice san Bernardo, perché "la solitudine e il silenzio che nella solitudine si gode, costringono l'anima ad uscire con il pensiero dalla terra e a meditare i beni del cielo"
...

....."Venite a me, o voi tutti che mi desiderate, saziatevi dei miei frutti" (Sir 24,26 Vulg.). I frutti di Maria sono le sue virtù. Diceva s.Bernardo di Maria: "Non hai chi ti precede o chi ti segue. Tu sola, donna senza pari, piacesti a Cristo".

.........

Beati gli afflitti perchè saranno consolati"......che cosa è questa AFFLIZIONE?
Erroneamente noi andiamo cercando di appianare problemi  esteriori oppure che ci risolvano problemi materiali....usiamo ad esempio l'estetica, nulla di male, un vestito nuovo spesso cambia l'umore.....anche andare dalla parrucchiera ci aiuta a sorridere.....spesso notiamo che il nostro umore dipende anche dall'esteriorità...ed è verissimo..[SM=g7574] ...se ci vediamo brutti, sembra che il mondo ci crolli addosso......
Tutto giusto, occorre anche amarsi esteriormente, entro certi limiti, per poter risultare gradevoli agli altri...nulla di male in tutto questo, nessuno andrebbe a lavorare senza essersi lavato ad esempio......Pensiamo  con il caldo estivo a quante ascelle sudate incontriamo sugli autobus....sulle metrò.......ridiamoci pure su, ma è la verità...[SM=g1740725] ..sono istinti che scattano in noi e sono giusti, naturali....
Ma in tutto questo occorre ricordare a noi stessi che abbiamo delle PRIORITA' CHE SONO INTERIORI...[SM=g1740717] ...
Lo sbaglio che commettiamo è quello di ISOLARE spesse volte il Vangelo e le sue esigenze, dalla nostra quotidianità......sembra che  il Vangelo e la nostra vita debbano camminare su strade diverse..[SM=g1740729] ..ma chi l'ha detta sta baggianata?

La solitudine di cui parliamo non ha a che vedere con L'ISOLAMENTO O L'ISOLARSI rigettando il mondo nel quale la Provvidenza ci ha posto....
Facciamo un esempio:
se io vado in vacanza so che quell'ambiente NON è il mio, ma che è un posto provvisorio...ma ne usufruisco i benefici fino a quando ripartirò....perciò non mi porto in vacanza TUTTA LA CASA....ma solo lo stretto indispensabile.......Quante volte ritornando da quella vacanza ne ricordiamo i benefici raccolti?
Al tempo stesso, lo stare in vacanza ci ha consentito di ESTROMETTERCI  per un pò dalle attività quotidiane....
Allora chiediamoci perchè per una vacanza siamo disposti a rinunciare alla quotidianità mentre per le cose di Dio...facciamo una grande fatica?[SM=g7574]  Eppure per un cristiano questo dovrebbe diventare LA NORMALITA'.....dovrebbe essere naturale.....
Solitudine e senso di abbandono sono frutti di Grazia che ci rammentano chi siamo e dove siamo diretti, le priorità che siamo chiamati a COLTIVARE PER IL NOSTRO BENE.....
Certo suona come una stonatura....bè se è per questo stona pure che per Amore un Padre manda un Figlio a morire sulla Croce....[SM=g7831]
Non è così Onnipotente Dio che ci avrebbe potuto salvare, se lo avesse voluto, in un altro modo?

Amici....sono proprio questi paradossi che fanno scattare la Solitudine e l'abbandono come strumenti di Grazia e NON di disperazione.....

Per questo i Santi ASSAPORANO IL PARADISO già qui, sulla terra....perchè essi hanno usato ed usano questi strumenti.....non li rigettano......non li maledicono, ma al contrario li benedicono...LI CERCANO......vivono nel mondo, ma come una vacanza.......un esilio....sapendo che la meta è il Cielo....
si fanno venire LA NOSTALGIA DEL CIELO...[SM=g1740717] ...e chi ha vera nostalgia del cielo (che non vuol dire suicidio attenzione), vive e sperimenta la solitudine, sperimenta l'abbandono da quanti vedono ma non comprendono.......e allora qui scattano le grazie....il chicco di grano si lascia morire per portare frutti......
Preghiamo perchè il Signore ci conceda di sperimentare questi frutti, di desiderarli, di accoglierli quando giunge il momento che Lui ritiene opportuno....


Per quanti vogliono meditare......
«ECCE HOMO...Ecco l’uomo[SM=g1740720] , sentenziava Pilato nella sua saggezza romana (Giovanni 19,5): egli esprimeva così l'essenza tragica di ogni vita, spogliata dalle contraffazioni, e mostrava a tutti quella verità di cui domandava conto a nome di ogni essere umano (Giovanni 18,38). E ancora diceva Gesù a Pilato: " Coloro che mi hanno messo nelle tue mani, loro, sono più responsabili di te...."

Chi vuole essere come me, dice Gesù, prenda OGNI GIORNO LA SUA CROCE E MI SEGUA.....in questa croce c'è l'abbandono dei discepoli, il rinnegamento di Pietro.....solo la Madre e Giovanni gli si avvicinavano appena potevano....ma che cos'era di quelle folle che  solo qualche giorno prima lo avevano acclamato FIGLIO DI DAVIDE? Dove stavano?[SM=g7574]
La croce la si porta DA SOLI.....da soli con Cristo, in Cristo e per Cristo......se NON sperimentiamo dentro di noi questo abbandono, questa solitudine, questo PESO....non potremmo dire come san Paolo "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo!"......

Forse Gesù non soffrì in pienezza tutto quanto c'era da patire? Certo che no, ma Egli vuole che noi ci conformiamo a LUI in TUTTO..se si vuole risorgere con Cristo occorre patire e passare ciò che Lui passò...ognuno nel suo piccolo.....perchè Gesù stesso ci garantisce che a nessuno viene data una croce più pesante di quel che potrà portare....[SM=g7831] ....ecco la speranza e la gioia del cristiano che sa perfettamente che questa croce allora è uno strumento veramente di salvezza.....e non di depressione.....Coraggio amici, non scoraggiamoci mai!



Pregate per me......
Vi ricordo anch'io nelle preghiere....[SM=g1740717]



[Modificato da Caterina63 05/01/2009 20:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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26/01/2009 15:07
 
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"Deus in adiutorium meum intende / Domine ad adiuvandum me festina".
"O Dio vieni a salvarmi/ Signore, vieni presto in mio aiuto!" [SM=g1740720]

"Deus in adiutorium meum intende / Domine ad adiuvandum me festina".

che tradotto si dice:

"O Dio vieni a salvarmi/ Signore, vieni presto in mio aiuto!"


chi può si fermi su questa semplice frase con cui inizia la preghiera liturgica delle Ore (Lodi e Vespri, ma anche il Rosario) e la faccia sua.

Senza alcuna pretesa, vi condivido un breve schema di riflessione alla quale partecipai durante degli Esercizi Spirituali....:wub:

Siamo coscienti e coerenti della domanda che rivolgiamo a Dio?
VOGLIAMO DAVVERO ESSERE SALVATI?

- Quale è la salvezza che cerco nella preghiera?
- Umana, spirituale, ancorata ai miei egoismi?
- Voglio veramente che Dio venga a salvarmi?
- A spogliarmi da tutte le mie sicurezze effimere?

Ognuno di noi faccia una ruminatio, riflessione, su questo e che è una fase importante e fondamentale di ogni Lectio Divina.

"Deus in adiutorium meum intende / Domine ad adiuvandum me festina".

Credo fortissimamente alla potenza di queste parole, perchè so che dietro di esse c'è la Chiesa che mi sostiene....
Sono per me parole gravi, perchè mi inducono subito ad un esame di coscienza: cosa ho fatto fino in questo momento perchè Dio debba salvarmi? Tutto?
Come san Paolo chino la testa e dico:
" io sono un essere debole, schiavo del peccato. Difatti non riesco nemmeno a capire quel che faccio: non faccio quello che voglio, ma quello che odio. Però se faccio quello che non voglio, riconosco che la legge è buona. Allora non sono più io che agisco, è invece il peccato che abita in me. So infatti che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. (...) Io scopro allora questa contraddizione: ogni volta che voglio fare il bene, trovo in me soltanto la capacità di fare il male " ( Rm 7,14-21 ).

Solo l'aiuto di Cristo, dice San Paolo, può farci compiere un cammino di liberazione dal peccato ( Rm cap. 8 ).
"Deus in adiutorium meum intende / Domine ad adiuvandum me festina".

non è a caso che in passato la Chiesa attribuiva a queste parole un valore santo, promuovendole non solo nelle comunità monastiche ma anche nel Clero diocesano e poi tra i fedeli:
Signore, corri in mio aiuto!
Ma siamo disposti, davvero, a lasciarci aiutare?

C'è una storiella in cui si racconta di un alpinista che a metà percorso della scalata si trova in difficoltà, sta per cedere, di sotto a lui il baratro.
L'alpinista se ne accorge, sente di avere bisogno di aiuto, ma nella situazione in cui si trova, ha paura e rischia di non fidarsi di nessuno.
Preso dalla stanchezza e dal cedimento comincia ad implorare: Signore, mio Dio! Ti prego, salvami!!
Il Signore gli dice: - lascia la corda e dammi la tua mano!
Ma l'alpinista non si fida.... in fondo la corda LA VEDE, e tenendosi alla corda potrebbero arrivare presto i soccorsi, insomma, potrebbe resistere più a lungo, mentre non riesce a vedere la mano di Dio che sta nella fede, nell'abbandonarsi a Lui:
- afferra la mia mano - gli grida Dio dall'alto - lascia andare quella corda, ora non ti serve più....
Ma niente da fare, l'alpinista si fida più di ciò che vede di ciò che non vede e, sconsolato, rimane a penzoloni sul costone della montagna.

Il finale della storiella non c'è, perchè se vuoi questa storia è in parte anche tua: sei tu che puoi metterci il finale, ma che non sia quello solito nel quale arrivano i "nostri" o superman a salvarti! Che non sia l'immane tragedia che tu possa precipitare nel burrone oppure, restare appeso e morire congelato nell'attesa dell'arivo du super eroi umani che non faranno in tempo a salvarti....E' vero, qualcuno si salva sempre, forse perchè aveva afferrato quella Mano tesa?

Vuoi salvare il corpo o l'Anima?
Qualche volta si può salvare entrambe, ma il corpo è destinato alla polvere prima o poi, come accadde per Lazzaro che resuscitando per comando divino dovette comunque subire la morte del corpo una seconda e defenitiva volta!

Afferra quella Mano, finchè sei in tempo, perchè la grazia del Signore può anche decidere che tutte le occasioni ti sono state date e tu, miseramente, le hai perdute tutte, una alla volta.
"Signore, vieni in mio aiuto!"
Lo vogliamo davvero questo aiuto?
Cosa siamo pronti a sacrificare per avere salva l'anima?

I Vigili del Fuoco hanno raccontato di un tale che, durante una esondazione, dovevano salvare mentre era appollaiato sul tetto della sua casa.
Ma ci fu un inconveniente: l'uomo aveva con se un bauletto pieno di risparmi di tutta una vita, soldi ed oggetti preziosi e non voleva assolutamente abbandonarlo.
A nulla valsero gli incentivi dei vigili affinchè l'uomo lasciasse andare quel bauletto, perchè non c'era solo lui da essere salvato, ma dovevano tirare su un'altra persona con lui e il tempo stringeva, le braccia servivano per tenersi tutti stretti al coraggioso vigile.
L'uomo allora, vistosi alle strette, abbandonò il braccio dei soccorritori e con il bauletto stretto tra le braccia, precipitò nella tempesta del fiume.
Nulla poterono fare i vigili del fuoco che guardare allibiti la stolta scelta di quell'uomo che pur di non perdere il bauletto, perse così la propria vita e il bauletto andò perduto con tutto il suo contenuto.

Quante volte anche noi reagiamo così?
Quante volte teniamo quelle braccia chiuse e così avvinghiate ai possessi terreni, dimenticando che abbiamo un bene assai più prezioso da custodire?


Ogni persona vivente sulla faccia della terra è dominata dal peccato e ha problemi e difficoltà personali, ma, grazie alla filiazione divina e all'opera dello Spirito Santo, ha anche opportunità di crescita, opportunità di afferrare una mano dall'Alto....

Sia lodato Gesù Cristo! :wub:

__________________
"Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)

[SM=g1740750] [SM=g7182]

[Modificato da Caterina63 24/03/2011 17:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Il cuore dei santi e la Chiesa


In tre giorni il Papa ha pregato davanti al cuore di due santi molto popolari e cari alla devozione cattolica moderna: 
nella basilica vaticana inginocchiato dinanzi a quello di Jean-Marie Vianney, il curato d'Ars morto un secolo e mezzo fa e proclamato patrono dei parroci da Pio XI, e in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo di fronte al cuore di padre Pio, il cappuccino stimmatizzato del Gargano che davvero ha adunato intorno a sé una "clientela mondiale", come disse Paolo VI solo tre anni dopo la morte del frate.
 
Se persino nell'impoverito linguaggio comune contemporaneo il cuore indica quanto di più intimo e profondo vi è nella persona umana, tanto più significativa è la scelta di Benedetto XVI di venerare, secondo un'antica tradizione cristiana, il cuore dei santi. Nel contesto delle ricorrenze liturgiche del Sacro Cuore di Gesù e di quello della Vergine, all'inizio dell'anno che il Papa ha voluto dedicare ai sacerdoti e nel procedere delle sue visite in Italia, scandite quest'anno dalle figure di tre santi come Benedetto, Pio e Bonaventura.

Il senso di questa scelta simbolica appare chiaro:  è la santità, sulle orme di Cristo, la via da percorrere per riformare nel profondo, appunto nel cuore, la Chiesa e ogni persona umana. Il giorno di Pentecoste Benedetto XVI ha ricordato la presenza dello Spirito:  senza di lui infatti la Chiesa non sarebbe che un movimento storico, sia pure grande, magari una solida istituzione sociale, "forse una sorta di agenzia umanitaria". E a San Giovanni Rotondo il Papa ha di nuovo contrapposto ai "rischi dell'attivismo e della secolarizzazione" la via seguita da padre Pio:  semplicemente "ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio".

Dunque, aprire il cuore a Dio e alla sua misericordia. Sull'esempio - e qui Benedetto XVI si è rivolto in particolare ai preti, ma in senso più largo a ogni fedele - del curato d'Ars e di padre Pio, che compresero bene l'importanza nella loro vita della preghiera e della confessione, testimoniandole e mettendole a disposizione, senza stancarsi mai, di chi a loro si rivolgeva. Sono questi i modelli proposti nell'anno dedicato ai sacerdoti, in contesti sociali e culturali mutati, nei quali "si può essere presi da un certo scoraggiamento dinanzi all'affievolimento e persino all'abbandono della fede" nelle società secolarizzate e di fronte ai quali bisogna allora trovare "nuovi canali" per comunicare l'annuncio cristiano.

A San Giovanni Rotondo, alla lucidità consueta dell'analisi - ripetuta anche a proposito di fenomeni come quelli della disoccupazione o dell'accoglienza dei rifugiati, difficile, doverosa e da prevenire - il Papa ha affiancato una fiducia serena, a lui altrettanto abituale. La barca della Chiesa, così come quella di ogni persona umana, nel mare della vita e sull'oceano della storia, sono infatti spinte dal soffio dello Spirito, che purifica dai peccati ed è più forte di tutti i venti contrari. Spetta a ciascuno aprire il proprio cuore a questo soffio invisibile e potente che governa la Chiesa e le vicende umane.

g. m. v.



(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)



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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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04/07/2010 16:19
 
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Parole del Papa durante la visita pastorale a Sulmona:


In Maria, Vergine del silenzio e dell’ascolto, san Pietro del Morrone trovò il modello perfetto di obbedienza alla volontà divina, in una vita semplice e umile, protesa alla ricerca di ciò che è veramente essenziale, capace di ringraziare sempre il Signore riconoscendo in ogni cosa un dono della sua bontà.

Anche noi, che viviamo in un’epoca di maggiori comodità e possibilità, siamo chiamati ad apprezzare uno stile di vita sobrio, per conservare più liberi la mente ed il cuore e per poter condividere i beni con i fratelli. Maria Santissima, che animò con la sua presenza materna la prima comunità dei discepoli di Gesù, aiuti anche la Chiesa di oggi a dare buona testimonianza del Vangelo.

Angelus Domini…



e dall'Omelia:




Sono passati ben ottocento anni dalla nascita di san Pietro Celestino V, ma egli rimane nella storia per le note vicende del suo tempo e del suo pontificato e, soprattutto, per la sua santità. La santità, infatti, non perde mai la propria forza attrattiva, non cade nell’oblio, non passa mai di moda, anzi, col trascorrere del tempo, risplende con sempre maggiore luminosità, esprimendo la perenne tensione dell’uomo verso Dio. Dalla vita di san Pietro Celestino vorrei allora raccogliere alcuni insegnamenti, validi anche ai nostri giorni.

Pietro Angelerio sin dalla sua giovinezza è stato un “cercatore di Dio”, un uomo desideroso di trovare risposte ai grandi interrogativi dell’esistenza: chi sono, da dove vengo, perché vivo, per chi vivo? Egli si mette in viaggio alla ricerca della verità e della felicità, si mette alla ricerca di Dio e, per ascoltarne la voce, decide di separarsi dal mondo e di vivere da eremita.

Il silenzio diventa così l'elemento che caratterizza il suo vivere quotidiano. Ed è proprio nel silenzio esteriore, ma soprattutto in quello interiore, che egli riesce a percepire la voce di Dio, capace di orientare la sua vita. C’è qui un primo aspetto importante per noi: viviamo in una società in cui ogni spazio, ogni momento sembra debba essere “riempito” da iniziative, da attività, da suoni; spesso non c’è il tempo neppure per ascoltare e per dialogare. Cari fratelli e sorelle! Non abbiamo paura di fare silenzio fuori e dentro di noi, se vogliamo essere capaci non solo di percepire la voce di Dio, ma anche quella di chi ci sta accanto, degli altri.

Ma è importante sottolineare anche un secondo elemento: la scoperta del Signore che fa Pietro Angelerio non è il risultato di un suo sforzo, ma è resa possibile dalla Grazia stessa di Dio, che lo previene. Ciò che egli aveva, ciò che egli era, non gli veniva da sé: gli era stato donato, era grazia, ed era perciò anche responsabilità davanti a Dio e davanti agli altri. Sebbene la nostra vita sia molto diversa, anche per noi vale la stessa cosa: tutto l’essenziale della nostra esistenza ci è stato donato senza nostro apporto.

Il fatto che io viva non dipende da me; il fatto che ci siano state persone che mi hanno introdotto nella vita, che mi hanno insegnato cosa sia amare ed essere amati, che mi hanno trasmesso la fede e mi hanno aperto lo sguardo a Dio: tutto ciò è grazia, non è fatto da me. Da noi stessi non avremmo potuto fare nulla se non ci fosse stato donato: Dio ci anticipa sempre e in ogni singola vita c’è del bello e del buono che noi possiamo riconoscere facilmente come sua grazia, come raggio di luce della sua bontà. Per questo dobbiamo essere attenti, tenere sempre aperti gli “occhi interiori”, quelli del nostro cuore. E se noi impariamo a conoscere Dio nella sua bontà infinita, allora saremo capaci anche di vedere, con stupore, nella nostra vita – come i Santi – i segni di quel Dio, che ci è sempre vicino, che è sempre buono con noi, che ci dice: “Abbi fede in me!”.

Nel silenzio interiore, nella percezione della presenza del Signore, Pietro del Morrone aveva maturato, inoltre, un’esperienza viva della bellezza del creato, opera delle mani di Dio: ne sapeva cogliere il senso profondo, ne rispettava i segni e i ritmi, ne faceva uso per ciò che è essenziale alla vita. So che questa Chiesa locale, come pure le altre dell’Abruzzo e del Molise, sono attivamente impegnate in una campagna di sensibilizzazione per la promozione del bene comune e della salvaguardia del creato: vi incoraggio in questo vostro sforzo, esortando tutti a sentirsi responsabili del proprio futuro, come pure di quello degli altri, anche rispettando e custodendo la creazione, frutto e segno dell’Amore di Dio.








Fraternamente CaterinaLD

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09/08/2010 20:08
 
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All'Angelus Benedetto XVI invita a dedicare attenzione agli altri senza egoismi

L'uso dei beni nella logica dell'amore


Il Papa ricorda l'esempio dei santi Domenico, Chiara, Lorenzo, Edith Stein e Kolbe

"Usare le cose senza egoismo, ma secondo la logica di Dio, la logica dell'attenzione all'altro, la logica dell'amore". È l'invito rivolto dal Papa ai fedeli raccolti domenica 8 agosto a Castel Gandolfo, per l'Angelus. Al termine della preghiera ha poi ricordato i santi della settimana.


Cari fratelli e sorelle,
nel brano evangelico di questa domenica, continua il discorso di Gesù ai discepoli sul valore della persona agli occhi di Dio e sull'inutilità delle preoccupazioni terrene.

Non si tratta di un elogio al disimpegno. Anzi, ascoltando l'invito rassicurante di Gesù "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12, 32), il nostro cuore viene aperto ad una speranza che illumina e anima l'esistenza concreta:  abbiamo la certezza che "il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova" (Enc. Spe Salvi, 2).

Come leggiamo nel brano della Lettera agli Ebrei nella Liturgia odierna, Abramo s'inoltra con cuore fiducioso nella speranza che Dio gli apre:  la promessa di una terra e di una "discendenza numerosa" e parte "senza sapere dove andava", confidando solo in Dio (cfr. 11, 8-12). E Gesù nel Vangelo di oggi - attraverso tre parabole - illustra come l'attesa del compimento della "beata speranza", la sua venuta, deve spingere ancora di più ad una vita intensa, ricca di opere buone:  "Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma" (Lc 12, 33).
 
È un invito ad usare le cose senza egoismo, sete di possesso o di dominio, ma secondo la logica di Dio, la logica dell'attenzione all'altro, la logica dell'amore:  come scrive sinteticamente Romano Guardini, "nella forma d'una relazione:  a partire da Dio, in vista di Dio" (Accettare se stessi, Brescia 1992, 44).

A tale proposito, desidero richiamare l'attenzione su alcuni Santi che celebreremo questa settimana e che hanno impostato la loro vita proprio a partire da Dio e in vista di Dio. Oggi ricordiamo san Domenico di Guzman fondatore, nel xiii secolo, dell'Ordine Domenicano, che svolge la missione di istruire la società sulle verità di fede, preparandosi con lo studio e la preghiera.

Nella stessa epoca santa Chiara di Assisi - di cui faremo memoria mercoledì - proseguendo l'opera francescana, fonda l'Ordine delle Clarisse. Ricorderemo il 10 agosto il santo diacono Lorenzo, martire del iii secolo, le cui reliquie sono venerate a Roma nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Infine, faremo memoria di altri due martiri del Novecento che hanno condiviso il medesimo destino ad Auschwitz. Il 9 agosto ricorderemo la santa carmelitana Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, e il 14 agosto il sacerdote francescano san Massimiliano Maria Kolbe, fondatore della Milizia di Maria Immacolata. Entrambi hanno attraversato l'oscuro tempo della Seconda Guerra Mondiale, senza perdere mai di vista la speranza, il Dio della vita e dell'amore.

Confidiamo nel sostegno materno della Vergine Maria, Regina dei Santi che amorosamente condivide il nostro pellegrinaggio. A Lei rivolgiamo la nostra preghiera.



(©L'Osservatore Romano - 9-10 agosto 2010)




Pope Benedict XVI speaks to faithfuls during Angelus prayers at his summer residence in Castel Gandolfo, in the outskirts of Rome on August 8, 2010.


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20/01/2011 23:10
 
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Omelia di padre Konrad zu Loewenstein * sul valore del Silenzio

"Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte giungeva a metà del suo corso, la Tua Parola onnipotente è scesa dal Cielo dal Tuo trono regale".

Questa frase iniziale della santa Messa di oggi, suggerisce che tutto il creato facesse silenzio per riverenza alla Venuta del Suo Creatore e Re, facesse silenzio per riceverLo come piccolo Bambino, come Luce nelle tenebre, e come Parola che tutto il creato aveva tanto desiderio di sentire.

E anche le persone di questo fanno silenzio davanti al mistero insondabile della Sua nascita; nessuno parla in questa scena di pace presentata agli occhi del nostro spirito; Maria e Giuseppe e l'Infante giacente nella Mangiatoia (non parla la Sua dolce Madre, non parla il Suo padre putativo), non parlano i Pastori; e quando più tardi arrivano i tre Magi, non parlano neanche loro ma cadono in ginocchio e Lo adorano offrendoGli i loro doni, mentre "la Sua Madre conservava tutte queste cose e le meditava".

Noi dobbiamo imparare il s i l e n z i o dalla Santa Famiglia o, in altre parole prese dal Deuteronomio: conoscere il tempo di parlare e il tempo di tacere.

Ciò comporta con se tre vantaggi.

Il primo è che il silenzio limita le occasioni di peccato: bisogna essere consapevoli del pericolo di peccare nelle nostre parole. Pensiamo quanti sono i peccati con la lingua: la bestemmia, la menzogna, l'inganno, la superbia, la malizia, l'impazienza, la critica distruttiva. O davanti a una persona o dietro alle sue spalle (quando distruggo anche la sua reputazione e do l'occasione di peccato a colui che mi ascolta), la seduzione, le parole impure, consigliare il peccato, assecondare il peccato altrui, eccetera....
Quando riflettiamo su questi peccati vediamo la necessità urgente di moderare e temperare la nostra lingua, di meglio tacere.
Se riusciremmo in questo (e ciò faremo colla grazia di Dio), avanzeremo molto sulla strada della perfezione, san Girolamo dice che colui che non pecca colla lingua è uomo perfetto.

Il secondo vantaggio del silenzio e che col silenzio evitiamo le parole inutili.
La Sacra Scrittura ci insegna che in molte parole non manca la colpa, e il Dottore della Chiesa sant'Alfonso ci insegna che discorsi lunghi sono sempre inutili.
Una sana ricreazione (anche con allegria) è una cosa bella e utile, ma la moderazione è necessaria anche qui.
Lo stesso vale per il silenzio interno, cioè per i nostri pensieri. Bisogna evitare pensieri inutili.
Cosa pensiamo quando camminiamo nella strada, per esempio? Meditiamo un'offesa (vera o immaginata) che abbiamo sofferta? Una cosa buona che abbiamo fatto, forse? Figuriamoci progetti fantastici per il futuro! Tutto questo non serve a nulla! Meglio è tenere il silenzio nella mente e alzare il nostro cuore a Dio.

Questo è difatti il terzo vantaggio del silenzio, ossia, che ci permette di lasciare le cose di questo mondo e alzare il cuore a Dio.
Non è facile questo nel mondo moderno, caratterizzato dal chiasso e dalla musica moderna che celebra incessantemente e dappertutto la natura caduta e i valori del mondo, come l'incessante amore dei sensi e le loro idolatrie.
Ma quando mortifichiamo la nostra lingua  ed immaginazione e ci ritiriamo dai discorsi e pensieri cattivi, o inutili, ci sentiamo arrivare alla presenza di Dio, che secondo un autore spirituale, è indistinguibile dal silenzio.

L'ideale verso il quale camminiamo così è vivere nel silenzio interno, nella presenza di Dio. Così il nostro cuore sarà come la terra silenziosa alla nascita di Gesù Cristo +, come la Santa Famiglia silenziosa nella stalla di Betlemme per accogliere la Parola di Dio. San Giovanni della Croce scrive: Il Padre pronunciò una Parola, che fu Suo Figlio, e sempre la ripete in un eterno silenzio, perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall'anima.

In questa maniera possiamo finalmente anche noi, accogliere e sentire la Parola di Dio.


*

Il patriarcato di Venezia ha nominato don Konrad zu Loewenstein, sacerdote della Fssp, cappellano per i fedeli che seguono la liturgia secondo il rito romano antico.
Per questo ringraziamo S.E.R il cardinale patriarca Angelo Scola. La nomina del cappellano ha seguito la promulgazione del
Motu proprio “Summorum Pontificum”, con il quale Benedetto XVI nel 2007 ha reso pù semplice la celebrazione dell’antica Messa in latino.

Don Konrad celebra Messa a Venezia a San Simon Pìcolo (di fronte la stazione santa Lucia), confessa e tiene lezioni di dottrina cattolica.

La Fraternità Sacerdotale San Pietro (Fssp) è una società di Vita Apostolica di Diritto Pontificio. Sono sacerdoti che non prendono i voti ma che lavorano insieme per una missione che ha due obiettivi: la formazione e santificazione dei sacerdoti sulla liturgia tradizionale del Rito Romano; assegnazione dei sacerdoti al servizio della Chiesa.

La Fraternità fu fondata il 18 luglio 1988 presso l’Abbazia di Hauterive (Svizzera). Poco tempo dopo la fondazione della Fratemità e su richiesta del Cardinale Ratzinger, il Vescovo Joseph Stimpfle di Augsburg, Gennania, concesse alla Fraternità una casa in Wigratzbad, un santuario di Maria in Baviera dove tutt'oggi risiede il Seminario Europeo della Fraternità.

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24/03/2011 16:53
 
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Card. Ratzinger (2004): Colui che è la “Bellezza in sé” si è lasciato percuotere sul volto, coprire di sputi, incoronare di spine: la Sacra Sindone di Torino ci racconta tutto ciò in maniera toccante. Ma proprio in quel volto sfigurato appare l’autentica, estrema Bellezza dell’Amore che ama “sino alla fine”

Grazie allo straordinario lavoro della nostra Gemma leggiamo questo brano davvero straordinario:

In cammino verso Gesù Cristo

Parte prima

In cammino verso Gesù

2. Ferito dal dardo della bellezza

La croce e la nuova “Estetica” della fede

Ogni anno, nella liturgia delle ore del tempo di Quaresima, torna a colpirmi un paradosso che s’ incontra nei vespri del lunedì della seconda settimana del Salterio.
Qui, una accanto all’altra, ricorrono due antifone – una per il tempo di Quaresima, l’altra per la Settimana santa – che introducono il salmo 44, offrendone però una chiave interpretativa del tutto contrapposta. E’ il salmo che descrive le nozze del re, la sua bellezza, le sue virtù, la sua missione, e poi si trasforma in un’esaltazione della sposa. Nella Quaresima il salmo ha come cornice la medesima antifona che viene utilizzata per tutto il resto dell’anno liturgico; si tratta del terzo versetto che recita: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, /sulle tue labbra è diffusa la grazia”.

La Chiesa, ovviamente, legge questo salmo come espressione poetica/profetica del rapporto speciale di Cristo con la sua Chiesa. Riconosce Cristo come il più bello tra gli uomini; la grazia diffusa sulle sue labbra significa l’intima bellezza della sua parola, significa la gloria del suo annuncio.

Non è dunque la bellezza esteriore della figura del Redentore a essere glorificata: ciò che si manifesta in lui è invece la bellezza della Verità, la bellezza stessa di Dio che ci attira e nel contempo ci procura la ferita dell’Amore, l’eros (la “sacra passione”) che ci fa correre, assieme alla Chiesa e nella Chiesa/Sposa, incontro all’Amore che ci chiama.

Ma il lunedì della Settimana santa la Chiesa cambia l’antifona, invitandoci a leggere il medesimo salmo alla luce di Is 53,2: “Non ha bellezza né apparenza; / l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore”.

Come si conciliano le due visioni?

Il “più bello” tra i figli degli uomini è tanto misero d’aspetto al punto che nemmeno lo si vuol vedere. Pilato lo mostra alla folla: Ecce homo! Cerca di suscitare un po’ di pietà verso quell’essere maltrattato e percosso, ormai privo di ogni esteriore bellezza.

Sant’Agostino – che nella sua giovinezza aveva scritto un’operetta (andata perduta) “sul bello e sull’utile”, e che era un cultore del bello nel linguaggio, nella musica e nelle arti figurative – aveva colto acutamente questo paradosso, intuendo che la raffinata filosofia greca del bello veniva qui non soltanto accantonata, bensì posta drammaticamente e radicalmente in discussione: cos’è il bello? / cos’è la bellezza?

Riferendosi al contenuto dei due testi citati, Agostino parla di “due trombe” che suonano in contrasto tra loro, eppure i loro suoni provengono da un medesimo soffio, dal medesimo Spirito. Nel paradosso egli vede contrapposizione, ma non contraddizione. Unico infatti è lo Spirito che suscita la Scrittura, traendone però differenti note e ponendoci, proprio in questo modo, di fronte alla perfezione della Bellezza, della Verità in sé. Il testo isaiano ha indotto non pochi Padri a domandarsi se Cristo fosse bello oppure no. Ma sotto questo interrogativo cova una questione ben più decisiva: cioè, se la bellezza sia anche vera, o non sia piuttosto la bruttezza a condurci alla verità profonda del reale. Chi crede in Dio, nel Dio che proprio nelle sembianze alterate del Crocifisso si è manifestato come amore “sino alla fine” (GV 13,1), sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza; ma nel Cristo sofferente apprende anche che la bellezza della verità include offesa , dolore e persino l’oscuro mistero della morte. Bellezza e verità possono rinvenirsi soltanto nell’accettazione del dolore, e non nel suo rifiuto.

Una certa coscienza del fatto che alla bellezza non è estraneo il dolore, è riscontrabile già nel mondo greco. Nel dialogo platonico Fedro, per esempio, l’incontro con la bellezza è visto come una scossa salutare che strappa l’individuo a se stesso, che lo “rapisce”.

Avendo l’uomo – afferma Platone – smarrito la perfezione della sua origine, è ora all’inseguimento perenne della forma primigenia che lo risani. Ricordo e nostalgia lo spingono alla ricerca, e la bellezza lo sottrae all’appagamento della quotidianità. Questo gli causa sofferenza. Potremmo commentare: il dardo della nostalgia colpisce l’uomo, lo ferisce, mettendogli così le ali perché possa librarsi verso l’alto. Nel discorso di Aristofane, contenuto nel Simposio, si afferma che gli amanti non sanno ciò che esattamente vogliono l’uno dall’altro; è però evidente che le loro anime sono assetate di qualcosa d’altro che non sia il piacere amoroso. Questo “altro” l’anima non riesce tuttavia ad esprimerlo: “percepisce soltanto vagamente ciò che davvero vuole e lo considera come un enigma”.

Nel XIV secolo, nel suo libro La vita in Cristo, il teologo bizantino Nicolaus Cabasilas (ca. 1320-1391) ripropone l’esperienza platonica, dove l’oggetto ultimo della nostalgia rimane ancora senza nome, benché trasformato dalla visione cristiana: “Esseri umani che nutrono in sé un desiderio tanto possente che supera la loro natura, che bramano più di quanto all’uomo sia lecito attendersi, costoro sono stati feriti dallo Sposo, che ha colpito i loro occhi con un raggio della sua bellezza. L’ampiezza della ferita rivela quale sia lo strale, l’intensità del desiderio lascia intuire chi abbia scoccato il dardo”.

La bellezza ferisce, ma proprio in questo modo richiama l’uomo al suo destino ultimo. La riflessione di Platone, e oltre 1500 anni dopo quella di di Cabasilas, non hanno nulla da spartire con l’estetismo superficiale e l’irrazionalismo, con la rinuncia alla chiarezza o alle esigenze della ragione. Bellezza è conoscenza: una forma superiore di conoscenza, in quanto colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità. In ciò Cabasilas rimane interamente “greco”.

Pone infatti la conoscenza al principio: “Sorgente dell’amore è la conoscenza; la conoscenza genera l’amore”. Occasionalmente, la conoscenza potrebbe essere tanto forte da sortire insieme l’effetto d’un filtro d’amore. Cabasilas però, com’è consuetudine del suo pensiero rigoroso, non si limita a parlare in termini generali. Egli distingue due tipi di conoscenza: quella ottenuta attraverso l’istruzione, che rimane, per così dire, conoscenza “di seconda mano” e non implica un contatto diretto con la realtà; diversa, invece, è la conoscenza fornita dalla propria esperienza, attraverso il contatto con le cose. “Fintanto che non abbiamo fatto esperienza di un essere concreto, non amiamo l’oggetto come dovrebbe essere amato”.

La vera conoscenza, dunque, sta nell’essere colpiti e feriti dal dardo della bellezza, sta nell’essere toccati dalla realtà, “dalla personale presenza di Cristo”, come scrive Cabasilas. L’essere avvinti dalla bellezza di Cristo è conoscenza più reale e profonda della pura deduzione razionale. Ciò non deve far sottovalutare il significato della riflessione teologica, del pensiero esatto e rigoroso, che rimangono irrinunciabili. Disdegnare o respingere, quale forma di vera conoscenza, il sussulto provocato dall’incontro del cuore con la bellezza, non può che impoverire e rendere infeconda la fede, e anche la teologia. E’ un’urgenza pressante del nostro tempo, il saper rivalutare questa forma di conoscenza.

E’ muovendo da tale visione che Hans Urs Von Balthasar ha organizzato il suo opus magnum di estetica teologica. Molti dettagli della sua ricerca sono entrati nel lavoro teologico, non è però stata ancora recepita l’ispirazione di fondo, che costituisce l’elemento essenziale di tutto l’insieme. Non si tratta soltanto – o principalmente – d’un problema della teologia, ma anche della pastorale, che deve tornare a favorire l’incontro dell’uomo con la bellezza della fede.
Le tematiche cadono sovente nel vuoto perché troppe argomentazioni appaiono tra loro contrastanti, talchè si fa strada la convinzione, peraltro già formulata dai teologi medioevali, che la ragione abbia “un naso di cera”, visto che basta un po’ di abilità per indirizzarla nelle più svariate direzioni. Tutto sembra così logico, così convincente… Ma allora, di chi ci si deve fidare?

Ebbene, proprio l’incontro con la bellezza può trasformarsi nel colpo di dardo che ferisce l’anima, aprendole gli occhi, cosicché essa – in forza dell’esperienza – acquista validi criteri per esprimere una corretta valutazione.

Resta per me indimenticabile l’esperienza rappresentata dal concerto da musiche di Bach diretto da Leonard Bernstein a Monaco di Baviera dopo la precoce scomparsa di Karl Richter. Ero seduto accanto al vescovo evangelico Hanselmann.

Quando l’ultimo accordo di una delle grandi Thomas-Kantor-Kantaten si spense trionfalmente, ci guardammo l’un l’altro e non potemmo fare a meno di commentare: “Ascoltando questa musica si capisce che la fede è vera”. In quelle armonie era presente una così straordinaria forza di realtà, che ormai non più per deduzione razionale, ma attraverso il sussulto del cuore si capiva che tutto quello non poteva avere origine dal nulla, ma nasceva dalla forza della verità che si attualizza nell’ispirazione del compositore. Non succede la stesa cosa quando ci commuoviamo ammirando la Trinità di Rublev? Nell’arte delle icone, come pure nelle grandi opere pittoriche occidentali del romanico e del gotico, l’esperienza descritta da Cabasilas ha preso le mosse dall’interiorità per rendersi visibile e condivisibile.

Pavel N. Evdokimov ha chiarito con grande efficacia il percorso interiore presupposto dall’icona: non è semplicemente l’espressione di qualcosa di percepibile dai sensi, ma piuttosto, com’egli afferma un “digiuno della vista”. La percezione interiore deve liberarsi dalla pura impressione sensibile, per acquisire nella preghiera e nell’ascesi una nuova e più profonda capacità di vedere. Occorre compiere il passaggio del puro esteriore verso la realtà profonda, là dove l’artista coglie ciò che si nega al senso in quanto tale, e tuttavia si mostra nel sensibile: lo splendore della gloria di Dio, la "gloria di Dio sul volto di Cristo" (2 Cor 4,6). La contemplazione delle icone, e in genere dei capolavori dell’arte cristiana, c’introduce in un percorso interiore , che è la via del superamento, e in questa purificazione dello sguardo, che è purificazione del cuore, ci disvela la bellezza, o almeno qualche suo raggio. E la bellezza ci mette in relazione con la forza della verità.

Io ho espresso sovente la mia convinzione che la vera apologia del cristianesimo, ovvero la prova più persuasiva della sua verità, contro ogni negazione, sono da un lato i santi, dall’altro la bellezza che la fede è stata capace di generare. Affinché oggi la fede possa crescere dobbiamo facilitare a noi stessi e alle persone in cui c’imbattiamo l’incontro con i santi, il contatto con il bello.

Abbiamo già respinto l’obiezione secondo cui ciò che finora è stato sostenuto significherebbe una fuga nell’irrazionale, nel puro estetismo.
E’ vero invece l’opposto: proprio così la ragione viene liberata dal suo torpore e messa in condizione d’agire. Maggior peso però ha un’altra obiezione: il messaggio della bellezza verrebbe messo in dubbio dal prevalere della menzogna, della seduzione, della violenza, del male. Può la bellezza pretendere di essere autentica, o alla fine si riduce a pura illusione? La realtà non è forse radicalmente iniqua? Da sempre gli uomini hanno temuto che, alla resa dei conti, non sia affatto lo strale del bello a svelarci la verità, ma che siano piuttosto la menzogna, la bruttezza e il volgare a rappresentare l’autentica “realtà”.

Di recente, da molte parti è stato detto che dopo Auschwitz non sarebbe più possibile fare poesia , né tantomeno parlare di un Dio di bontà. Dove si era nascosto Dio quando funzionavano i forni crematori? Una simile contestazione – per la quale del resto si davano motivi sufficienti, assai prima di Auschwitz, in tutte le atrocità della storia – significa, in ogni caso, che un concetto assolutamente armonioso del bello non è sufficiente, non essendo in grado di reggere il confronto con la gravità della messa in discussione di Dio, della Verità, della Bellezza. Né può bastare il socratico dio Apollo, considerato da Platone il garante dell’imperturbabile bellezza “veramente divina”.

Non resta dunque che tornare alle “due trombe” della Bibbia da cui avevamo preso le mosse, cioè al paradosso di Cristo, del quale si può dire: "Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo...", ma anche: "Non ha bellezza né apparenza;…un volto sfigurato dal dolore".
Nella passione di Cristo, l’estetica greca – ammirevole per il suo presunto contatto col divino, che tuttavia rimane indicibile – non viene ricuperata, ma è del tutto superata. L’esperinza del bello riceve una nuova profondità, un nuovo realismo.

Colui che è la “Bellezza in sé” si è lasciato percuotere sul volto, coprire di sputi, incoronare di spine: la Sacra Sindone di Torino ci racconta tutto ciò in maniera toccante. Ma proprio in quel volto sfigurato appare l’autentica, estrema Bellezza dell’Amore che ama “sino alla fine”, mostrandosi così più forte di ogni menzogna e violenza. Soltanto chi sa cogliere questa bellezza comprende che proprio la verità, e non la menzogna, è l’estrema “affermazione” del mondo.

E’ semplicemente un trucco astuto della menzogna quello di presentarsi come “unica verità”, quasi che al di fuori e al di là di essa non ne esista alcun’altra. Soltanto l’icona del Crocifisso è capace di liberarci da quest’inganno, oggi così prepotente. Ma ad una condizione: che assieme a Lui ci lasciamo ferire, fidandoci di quell’Amore che non esita a svestirsi della bellezza esteriore, per annunciare proprio in questo modo la Verità della Bellezza.

La menzogna conosce anche un altro stratagemma: la bellezza ingannevole e falsa, quella bellezza che abbaglia e imprigiona gli uomini in se stessa, impedendo loro di aprirsi all’estasi che indirizza verso l’alto. Una bellezza che non risveglia la nostalgia dell’indicibile, la disponibilità all’offerta, all’abbandono di sé; che alimenta invece la brama e la volontà di dominio, di possesso, di piacere. E’ di questo genere di bellezza che parla la Genesi: Eva vide che il frutto dell’albero era "buono da mangiare e seducente per gli occhi..." (Gn 3.6). La bellezza, così colme la donna la sperimenta, risveglia in lei il desiderio del possesso: la fa come ripiegare su se stessa. Chi non vede, ad esempio, l’abilità estrema con cui la pubblicità fa ricorso alle immagini con lo scopo di risvegliare la brama del possesso, la ricerca del soddisfacimento momentaneo, anziché l’apertura a qualcosa d’altro da sé? Perciò l’arte cristiana si trova oggi (ma forse già da sempre) tra due fuochi: da un lato deve opporsi al culto del brutto, tendente a convincere che ogni bellezza è inganno, e che soltanto la rappresentazione della crudeltà, della bassezza e del volgare sarebbe verità e illuminazione; dall’altro deve contrastare la bellezza menzognera che mira a rendere l’uomo più piccolo, anziché espanderlo nella verità.

Con notevole frequenza udiamo citare Dostoevskij: "La bellezza ci salverà". Ma il più delle volte si dimentica che il grande autore russo pensa alla bellezza redentiva di Cristo. Occorre imparare a “vedere” Cristo. Non basta conoscerlo semplicemente a parole: bisogna lasciarsi colpire dal dardo della sua bellezza paradossale: così avviene la vera conoscenza, attraverso l’incontro personale con la Bellezza della Verità che salva.

E nulla può metterci maggiormente a contatto con la Bellezza di Cristo che il mondo del bello realizzato dalla fede, e la luce che risplende sul volto dei santi: così diventa per noi visibile la sua stessa Luce.

Joseph Ratzinger, "In cammino verso Gesù Cristo", San Paolo 2004
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Papa: Il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l’ascolto di Dio, la meditazione. Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi, per così dire, “riempire” dal silenzio, ci predispone alla preghiera

CICLO DI CATECHESI DEDICATO ALLA PREGHIERA



Vedi anche:

Il Papa: i monasteri sono "oasi dello spirito" in cui si può pregare e ascoltare Dio (TMNews)

Il Papa all’udienza generale: abbiamo bisogno del silenzio per ascoltare la voce di Dio (Radio Vaticana)

L’UDIENZA GENERALE, 10.08.2011


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Il valore del silenzio

Cari fratelli e sorelle!

In ogni epoca, uomini e donne che hanno consacrato la loro vita a Dio nella preghiera – come i monaci e le monache – hanno stabilito le loro comunità in luoghi particolarmente belli, nelle campagne, sulle colline, nelle valli montane, in riva ai laghi o al mare, o addirittura su piccole isole.
Questi luoghi uniscono due elementi molto importanti per la vita contemplativa: la bellezza del creato, che rimanda a quella del Creatore, e il silenzio, garantito dalla lontananza rispetto alle città e alle grandi vie di comunicazione.

Il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l’ascolto di Dio, la meditazione. Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi, per così dire, “riempire” dal silenzio, ci predispone alla preghiera.

Il grande profeta Elia, sul monte Oreb – cioè il Sinai – assistette a un turbine di vento, poi a un terremoto, e infine a lampi di fuoco, ma non riconobbe in essi la voce di Dio; la riconobbe invece in una brezza leggera (cfr 1 Re 19,11-13). Dio parla nel silenzio, ma bisogna saperlo ascoltare. Per questo i monasteri sono oasi in cui Dio parla all’umanità; e in essi si trova il chiostro, luogo simbolico, perché è uno spazio chiuso, ma aperto verso il cielo.

Domani, cari amici, faremo memoria di Santa Chiara di Assisi.

Perciò mi piace ricordare una di queste “oasi” dello spirito particolarmente care alla famiglia francescana e a tutti i cristiani: il piccolo convento di San Damiano, situato poco al di sotto della città di Assisi, in mezzo agli uliveti che digradano verso Santa Maria degli Angeli. Presso quella chiesetta, che Francesco restaurò dopo la sua conversione, Chiara e le prime compagne stabilirono la loro comunità, vivendo di preghiera e di piccoli lavori. Si chiamavano le “Sorelle Povere”, e la loro “forma di vita” era la stessa dei Frati Minori: “Osservare il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo” (Regola di S. Chiara, I, 2), conservando l’unione della scambievole carità (cfr ivi, X, 7) e osservando in particolare la povertà e l’umiltà vissute da Gesù e dalla sua santissima Madre (cfr ivi, XII, 13).

Il silenzio e la bellezza del luogo in cui vive la comunità monastica – bellezza semplice e austera – costituiscono come un riflesso dell’armonia spirituale che la comunità stessa cerca di realizzare. Il mondo è costellato da queste oasi dello spirito, alcune molto antiche, particolarmente in Europa, altre recenti, altre restaurate da nuove comunità. Guardando le cose in un’ottica spirituale, questi luoghi dello spirito sono una struttura portante del mondo! E non è un caso che molte persone, specialmente nei periodi di pausa, visitino questi luoghi e vi si fermino per alcuni giorni: anche l’anima, grazie a Dio, ha le sue esigenze!

Ricordiamo, dunque, Santa Chiara. Ma ricordiamo anche altre figure di Santi che ci richiamano all’importanza di volgere lo sguardo alle “cose del cielo”, come Santa Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce, carmelitana, co-patrona d’Europa, celebrata ieri. E oggi, 10 agosto, non possiamo dimenticare san Lorenzo, diacono e martire, con un augurio speciale ai romani, che da sempre lo venerano quale uno dei loro patroni. E alla fine rivolgiamoci ora alla Vergine Maria, perché ci insegni ad amare il silenzio e ad imparare la preghiera.


Pope Benedict XVI waves to faithful during a general audience in the courtyard of his summer residence at Castelgandolfo, in the outskirts of Rome, Wednesday,  Aug. 10, 2011.

Pope Benedict XVI waves to pilgrims gathered in the courtyard of his summer residence of Castelgandolfo, 40 km southeast of Rome, upon his arrival for a weekly general audience on August 10, 2011. The pope will go to Madrid on August 18 to attend the final four days of the Roman Catholic Church's six-day youth festivities, expected to draw more than one million faithful.



DA RADIO VATICANA due brevi meditazioni di 12 minuti l'una su: Maria Regina del Silenzio..... da ascoltare e meditare....

Regina del silenzio (1)

Regina del silenzio (2-fine)









[Modificato da Caterina63 11/08/2011 19:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Benedetto XVI chiede il sostegno della preghiera per la riuscita della Giornata mondiale che si è aperta ieri in Spagna

A Madrid con i giovani del mondo


Nell'udienza generale l'invito a creare spazi interiori per meditare la parola di Dio sull'esempio di Maria

 

"Vi chiedo di pregare per il mio viaggio a Madrid". Confidando nella preghiera dei fedeli il Papa si accinge a partire per la Spagna dove domani, giovedì 18 agosto, sarà accanto alle centinaia di migliaia di giovani che nella capitale spagnola stanno celebrando la XXVI Giornata mondiale della gioventù. Rivolgendosi ai fedeli presenti all'udienza generale di mercoledì 17 agosto a Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha anche invitato a guardare a Maria come modello per meditare sulla Parola di Dio.

Cari fratelli e sorelle,

siamo ancora nella luce della Festa dell'Assunta, che - come ho detto - è una Festa della speranza. Maria è arrivata al Paradiso e questa è la nostra destinazione: noi tutti possiamo giungere al Paradiso. La questione è: come. Maria vi è arrivata; Ella - dice il Vangelo - è "Colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto" (Lc 1, 45). Quindi Maria ha creduto, si è affidata a Dio, è entrata con la sua nella volontà del Signore e così era proprio nella via direttissima, nella strada verso il Paradiso. Credere, affidarsi al Signore, entrare nella sua volontà: questo è l'indirizzo essenziale.

Oggi non vorrei parlare su tutto questo cammino della fede, ma solo su un piccolo aspetto della vita della preghiera che è la vita del contatto con Dio, cioè sulla meditazione.

E che cosa è la meditazione? Vuol dire "fare memoria" di quanto Dio ha fatto e non dimenticare i tanti suoi benefici (cfr. Sal 103, 2b). Spesso vediamo solo le cose negative; dobbiamo tenere nella nostra memoria anche le cose positive, i doni che Dio ci ha fatto, essere attenti ai segni positivi che vengono da Dio e fare memoria di questi. Quindi, parliamo di un tipo di preghiera che nella tradizione cristiana è chiamata "orazione mentale". Noi conosciamo solitamente l'orazione con parole, naturalmente anche mente e cuore devono essere presenti in questa orazione, ma parliamo oggi su una meditazione che non è di parole, ma è un prendere contatto della nostra mente con il cuore di Dio. E Maria qui è un modello molto reale. L'evangelista Luca ripete, diverse volte, che Maria "da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (2, 19; cfr 2, 51b). Custode non dimentica, Ella è attenta a tutto quanto il Signore Le ha detto e fatto, e medita, cioè prende contatto con diverse cose, approfondisce nel suo cuore.

Colei, quindi, che "ha creduto" all'annuncio dell'Angelo e si è fatta strumento perché la Parola eterna dell'Altissimo potesse incarnarsi, ha anche accolto nel suo cuore il mirabile prodigio di quella nascita umano-divina, lo ha meditato, si è soffermata nella riflessione su quanto Dio stava operando in Lei, per accogliere la volontà divina nella sua vita e corrispondervi. Il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio e della maternità di Maria è così grande da richiedere un processo di interiorizzazione, non è solo qualcosa di fisico che Dio opera in Lei, ma è qualcosa che esige una interiorizzazione da parte di Maria, che cerca di approfondirne l'intelligenza, di interpretarne il senso, di comprenderne i risvolti e le implicazioni. Così, giorno dopo giorno, nel silenzio della vita ordinaria, Maria ha continuato a custodire nel suo cuore i successivi eventi mirabili di cui è stata testimone, fino alla prova estrema della Croce e alla gloria della Risurrezione. Maria ha vissuto pienamente la sua esistenza, i suoi doveri quotidiani, la sua missione di madre, ma ha saputo mantenere in sé uno spazio interiore per riflettere sulla parola e sulla volontà di Dio, su quanto avveniva in Lei, sui misteri della vita del suo Figlio.

Nel nostro tempo siamo assorbiti da tante attività e impegni, preoccupazioni, problemi; spesso si tende a riempire tutti gli spazi della giornata, senza avere un momento per fermarsi a riflettere e a nutrire la vita spirituale, il contatto con Dio. Maria ci insegna quanto sia necessario trovare nelle nostre giornate, con tutte le attività, momenti per raccoglierci in silenzio e meditare su quanto il Signore ci vuol insegnare, su come è presente e agisce nel mondo e nella nostra vita: essere capaci di fermarci un momento e di meditare. Sant'Agostino paragona la meditazione sui misteri di Dio all'assimilazione del cibo e usa un verbo che ricorre in tutta la tradizione cristiana: "ruminare"; i misteri di Dio cioè vanno continuamente fatti risuonare in noi stessi perché ci diventino familiari, guidino la nostra vita, ci nutrano come avviene con il cibo necessario per sostenerci.

E san Bonaventura, riferendosi alle parole della Sacra Scrittura dice che "vanno sempre ruminate per poterle fissare con ardente applicazione dell'animo" (Coll. In Hex, ed. Quaracchi 1934, p. 218). Meditare quindi vuol dire creare in noi una situazione di raccoglimento, di silenzio interiore, per riflettere, assimilare i misteri della nostra fede e ciò che Dio opera in noi; e non solo le cose che vanno e vengono. Possiamo fare questa "ruminazione" in vari modi, prendendo, ad esempio, un breve brano della Sacra Scrittura, soprattutto i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere degli apostoli, oppure una pagina di un autore di spiritualità che ci avvicina e rende più presente le realtà di Dio al nostro oggi, magari anche facendosi consigliare dal confessore o dal direttore spirituale, leggere e riflettere su quanto si è letto, soffermandosi su di esso, cercando di comprenderlo, di capire che cosa dice a me, che cosa dice oggi, di aprire il nostro animo a quanto il Signore vuole dirci e insegnarci.

Anche il Santo Rosario è una preghiera di meditazione: ripetendo l'Ave Maria siamo invitati a ripensare e a riflettere sul Mistero che abbiamo proclamato.

Ma possiamo soffermarci pure su qualche intensa esperienza spirituale, su parole che ci sono rimaste impresse nel partecipare all'Eucaristia domenicale. Quindi, vedete, ci sono molti modi di meditare e così di prendere contatto con Dio e di avvicinarci a Dio, e, in questo modo, essere in cammino verso il Paradiso.

Cari amici, la costanza nel dare tempo a Dio è un elemento fondamentale per la crescita spirituale; sarà il Signore stesso a donarci il gusto dei suoi misteri, delle sue parole, della sua presenza e azione, sentire come è bello quando Dio parla con noi; ci farà comprendere in modo più profondo cosa vuole da me. Alla fine è proprio questo lo scopo della meditazione: affidarci sempre più nelle mani di Dio, con fiducia e amore, certi che solo nel fare la sua volontà siamo alla fine veramente felici.



(©L'Osservatore Romano 17-18 agosto 2011)

Pope Benedict XVI waves to pilgrims gathered in the courtyard of  his summer residence of Castelgandolfo, 40 km southeast of Rome, upon  his arrival for a weekly general audience on August 17, 2011. Later  today protesters will take to Madrid's streets to decry the cost of a  rock festival-style, million-strong youth party for Pope Benedict XVI in  the midst of an economic crisis. On the eve of the 84-year-old  pontiff's arrival in the Spanish capital to celebrate lavish World Youth  Day events, more than 100 groups opposed to the visit are protesting.






Maria ci insegna l'orazione mentale


All'udienza generale del 17 agosto a Castel Gandolfo Benedetto XVI ha ricordato che ci troviamo ancora nella Festa dell'Assunta: una festa che da una parte ci ricorda che Maria è arrivata in Cielo in anima e corpo, dall'altra induce a riflettere su «come Maria vi è arrivata». La risposta del Papa è che «si è affidata a Dio, è entrata con la sua nella volontà del Signore e così era proprio nella via direttissima, nella strada verso il Paradiso. Credere, affidarsi al Signore, entrare nella sua volontà: questo è l'indirizzo essenziale».

A questo tema il Pontefice aveva già dedicato la bella omelia del 15 agosto nella parrocchia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo, in cui aveva rilevato che contemplando la Madonna ci è data la grazia speciale «di poter vedere in profondità anche la nostra vita». In quell'omelia, Benedetto XVI aveva insistito sul rapporto fra Maria, che è la nuova Arca dell'Alleanza, e l'antica Arca del popolo ebraico. Quest'ultima, com'è noto, era «il simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma ormai il simbolo ha ceduto il posto alla realtà. Così il Nuovo Testamento ci dice che la vera arca dell’alleanza è una persona viva e concreta: è la Vergine Maria. Dio non abita in un mobile, Dio abita in una persona, in un cuore: Maria, Colei che ha portato nel suo grembo il Figlio eterno di Dio fatto uomo, Gesù nostro Signore e Salvatore».

Nell'Arca degli Ebrei «erano conservate le due tavole della legge di Mosè, che manifestavano la volontà di Dio di mantenere l’alleanza con il suo popolo, indicandone le condizioni per essere fedeli al patto di Dio, per conformarsi alla volontà di Dio e così anche alla nostra verità profonda. Maria è l’arca dell’alleanza, perché ha accolto in sé Gesù; ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio, della verità di Dio; ha accolto in sé Colui che è la nuova ed eterna alleanza, culminata con l’offerta del suo corpo e del suo sangue: corpo e sangue ricevuti da Maria. A ragione, dunque, la pietà cristiana, nelle litanie in onore della Madonna, si rivolge a Lei invocandola come Foederis Arca, ossia "arca dell’alleanza", arca della presenza di Dio, arca dell’alleanza d’amore che Dio ha voluto stringere in modo definitivo con tutta l’umanità in Cristo».

A questo ruolo della Madonna come nuova Arca, aveva detto il Papa nell'omelia del 15 agosto, allude anche il Vangelo di Luca (1, 44) quando ci mostra Giovanni Battista, non ancora nato, che esulta di gioia nel grembo di sant'Elisabetta in occasione della visita di Maria. «Qui l’evangelista Luca usa il termine "skirtan", cioè "saltellare", lo stesso termine che troviamo in una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del Re Davide davanti all’arca santa che è tornata finalmente in patria (2Sam 6,16). Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’arca dell’Alleanza, come Davide; e riconosce così: Maria è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così - come dice la preghiera - Maria realmente è "causa nostrae laetitiae", l’"arca" nella quale realmente il Salvatore è presente tra di noi».

La Madonna e la festa dell'Assunta hanno indotto il Papa nell'udienza del 17 agosto a riprendere il tema generale delle udienze del mercoledì di questo periodo, la «scuola della preghiera», esaminando il modo di pregare di cui Maria ci dà in modo particolare l'esempio: la meditazione. Ma che cos'è la meditazione? «Vuol dire - ha spiegato il Pontefice - "fare memoria" di quanto Dio ha fatto e non dimenticare i tanti suoi benefici (cfr Sal 103, 2b). Spesso vediamo solo le cose negative; dobbiamo tenere nella nostra memoria anche le cose positive, i doni che Dio ci ha fatto, essere attenti ai segni positivi che vengono da Dio e fare memoria di questi».

La meditazione non è un semplice ricordo. È veramente preghiera.  In effetti «parliamo di un tipo di preghiera che nella tradizione cristiana è chiamata "orazione mentale". Noi conosciamo solitamente l'orazione con parole, naturalmente anche mente e cuore devono essere presenti in questa orazione, ma parliamo oggi su una meditazione che non è di parole, ma è un prendere contatto della nostra mente con il cuore di Dio».

Questa propriamente era la preghiera della Madonna durante la sua vita terrena. «Maria qui è un modello molto reale. L'evangelista Luca ripete, diverse volte, che Maria "da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (2,19; cfr 2,51b). Custode non dimentica, Ella è attenta a tutto quanto il Signore Le ha detto e fatto, e medita, cioè prende contatto con diverse cose, approfondisce nel suo cuore».

Nella meditazione di Maria s'incontrano fede, speranza e disponibilità generosa ad accogliere le promesse di Dio, cioè carità. «Colei, quindi, che "ha creduto" all’annuncio dell’Angelo e si è fatta strumento perché la Parola eterna dell’Altissimo potesse incarnarsi, ha anche accolto nel suo cuore il mirabile prodigio di quella nascita umano-divina, lo ha meditato, si è soffermata nella riflessione su quanto Dio stava operando in Lei, per accogliere la volontà divina nella sua vita e corrispondervi. Il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e della maternità di Maria è così grande da richiedere un processo di interiorizzazione, non è solo qualcosa di fisico che Dio opera in Lei, ma è qualcosa che esige una interiorizzazione da parte di Maria, che cerca di approfondirne l’intelligenza, di interpretarne il senso, di comprenderne i risvolti e le implicazioni».

La vita della Madonna sulla Terra è una continua meditazione. «Così, giorno dopo giorno, nel silenzio della vita ordinaria, Maria ha continuato a custodire nel suo cuore i successivi eventi mirabili di cui è stata testimone, fino alla prova estrema della Croce e alla gloria della Risurrezione. Maria ha vissuto pienamente la sua esistenza, i suoi doveri quotidiani, la sua missione di madre, ma ha saputo mantenere in sé uno spazio interiore per riflettere sulla parola e sulla volontà di Dio, su quanto avveniva in Lei, sui misteri della vita del suo Figlio».

Si tratta di un modello irraggiungibile per noi, uomini del ventunesimo secolo? A prima vista si potrebbe pensarlo. «Nel nostro tempo siamo assorbiti da tante attività e impegni, preoccupazioni, problemi; spesso si tende a riempire tutti gli spazi della giornata, senza avere un momento per fermarsi a riflettere e a nutrire la vita spirituale, il contatto con Dio». Proviamo però a metterci davvero in ascolto della Madonna. Vediamo allora che «Maria ci insegna quanto sia necessario trovare nelle nostre giornate, con tutte le attività, momenti per raccoglierci in silenzio e meditare su quanto il Signore ci vuol insegnare, su come è presente e agisce nel mondo e nella nostra vita: essere capaci di fermarci un momento e di meditare».

Dobbiamo convincerci che questa sosta, questo raccoglimento sono necessari. «Sant’Agostino [354-430] paragona la meditazione sui misteri di Dio all’assimilazione del cibo e usa un verbo che ricorre in tutta la tradizione cristiana: "ruminare"; i misteri di Dio cioè vanno continuamente fatti risuonare in noi stessi perché ci diventino familiari, guidino la nostra vita, ci nutrano come avviene con il cibo necessario per sostenerci. E san Bonaventura [1217 ca.-1274], riferendosi alle parole della Sacra Scrittura dice che "vanno sempre ruminate per poterle fissare con ardente applicazione dell’animo" (Coll. In Hex, ed. Quaracchi 1934, p. 218)».

L'immagine tradizionale del «ruminare» è, spiega il Pontefice, molto importante e veramente significativa.  «Meditare quindi vuol dire creare in noi una situazione di raccoglimento, di silenzio interiore, per riflettere, assimilare i misteri della nostra fede e ciò che Dio opera in noi; e non solo le cose che vanno e vengono. Possiamo fare questa "ruminazione" in vari modi, prendendo, ad esempio, un breve brano della Sacra Scrittura, soprattutto i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere degli apostoli, oppure una pagina di un autore di spiritualità che ci avvicina e rende più presente le realtà di Dio al nostro oggi, magari anche facendosi consigliare dal confessore o dal direttore spirituale, leggere e riflettere su quanto si è letto, soffermandosi su di esso, cercando di comprenderlo, di capire che cosa dice a me, che cosa dice oggi, di aprire il nostro animo a quanto il Signore vuole dirci e insegnarci».

La meditazione non è alternativa al Rosario. In realtà, infatti, «anche il Santo Rosario è una preghiera di meditazione: ripetendo l’Ave Maria siamo invitati a ripensare e a riflettere sul Mistero che abbiamo proclamato». «Ma possiamo soffermarci pure su qualche intensa esperienza spirituale, su parole che ci sono rimaste impresse nel partecipare all’Eucaristia domenicale». Nella tradizione della Chiesa «ci sono molti modi di meditare e così di prendere contatto con Dio e di avvicinarci a Dio, e, in questo modo, essere in cammino verso il Paradiso».

L'essenziale è riconoscere che, anche nella frenesia di un tempo abbreviato, Dio ha diritto a un suo spazio. Così, «la costanza nel dare tempo a Dio è un elemento fondamentale per la crescita spirituale; sarà il Signore stesso a donarci il gusto dei suoi misteri, delle sue parole, della sua presenza e azione, sentire come è bello quando Dio parla con noi; ci farà comprendere in modo più profondo cosa vuole da me, da noi». Alla fine, «è  proprio questo lo scopo della meditazione: affidarci sempre più nelle mani di Dio, con fiducia e amore, certi che solo nel fare la sua volontà siamo alla fine veramente felici».

MADRID, SPAIN - AUGUST 18:  Pope Benedict XVI greets young pilgrims on arriving at Cibeles square during World Youth Day 2011 celebrations on August 18, 2011 in Madrid, Spain. Initiated by Pope John Paul II in 1985, World Youth Day youth-oriented events for the celebration of the Catholic faith are held every three years in a different country; this time in Madrid from August 16th to 21st, with Pope Benedict XVI in attendance.


[Modificato da Caterina63 19/08/2011 11:21]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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