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La Pasqua con Maria e gli Apostoli

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2011 09:41
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10/01/2011 22:10
 
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Testimone di come il figlio di Dio
si è fatto uomo

Dopo la risurrezione di Gesù, il Cristo-Messia, uscito dal grembo della tomba in modo miracoloso, la Chiesa fu sospinta a chiedersi in che modo Gesù di Nazaret, il Risorto, nacque nel grembo e dal grembo di Maria. Chi poteva rispondere all'interrogativo che si affacciava alla meditazione della minuscola comunità cristiana all'indomani della Risurrezione di Gesù dai morti? La persona più accreditata era sicuramente Maria.

di ARISTIDE SERRA

La Pasqua fu l'epicentro anche della questione mariana.Ciò che avvenne nel cuore del mistero pasquale indusse la Chiesa a interrogarsi più a fondo sulla persona di Maria, sul suo ruolo nella storia della nostra salvezza. E tutto questo - si noti bene - ebbe luogo in stretta connessione con la rivelazione decisiva che la Pasqua aveva proiettato sulla persona di Gesù.

La Risurrezione, in effetti, svelò l'identità profonda di Gesù, come Figlio divino del Padre, nel quale è sigillata l'Alleanza nuova ed eterna di Dio con noi.

Dal grembo della tomba al grembo della Madre

A seguito di questa rivelazione piena sulla persona di Gesù, la comunità cristiana delle origini cominciò a riflettere in maniera nuova sulla Madre di Gesù.

Anzitutto si imponeva una constatazione. La carne del Signore risorto era la carne che il Verbo divino aveva assunto dal grembo di Maria di Nazaret. La Chiesa, pertanto, imparava a venerare Maria come la Madre del suo Signore (cf. Lc 1,43).

Vi fu poi il modo col quale Gesù uscì dalla tomba verso il Padre. Si trattò, in verità, di un fatto prodigioso che impressionò fortemente la Chiesa. Nel momento ineffabile della Risurrezione, la pietra del sepolcro non fu ribaltata, ma rimase sigillata. Solo a risurrezione avvenuta, «... un angelo del Signore - scrive Matteo (28,2.5.6) - sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa e disse alle donne: Gesù il crocifisso... è risorto».

Inoltre le bende funerarie nelle quali era stata composta la salma del Crocifisso non furono sciolte o dipanate, ma giacevano afflosciate nella stessa posizione in cui erano state avvolte attorno al corpo del Signore (cf. Gv 20,5-7). Questo, con loro meraviglia, videro Pietro e Giovanni quando entrarono nel sepolcro il mattino di Pasqua (Gv 20,5-8).

Una conclusione, dunque, andava profilandosi. Gesù, il Cristo-Messia, era uscito dal grembo della tomba in modo miracoloso. E da questo segno la Chiesa fu sospinta a chiedersi in che modo Gesù di Nazaret, il Risorto, nacque nel grembo e dal grembo di Maria.

Natività, anonimo greco, XV sec. Anonimo greco del sec. XV, Natività
(Venezia, Museo dell'Istituto Greco).

Chi poteva rispondere all'interrogativo che si affacciava alla meditazione della minuscola comunità cristiana all'indomani della Risurrezione di Gesù dai morti? La persona più accreditata era sicuramente Maria. Ella possedeva i requisiti per rendere testimonianza all'evento dell'Incarnazione.

Ma quali requisiti? Risponde a questo punto l'evangelista Luca. Egli fissa due condizioni per la «testimonianza» da rendere alla persona di Cristo nella evangelizzazione: la prima è la testimonianza oculare di quanto Gesù fece e disse; la seconda è la comprensione di questi medesimi avvenimenti salvifici.

I requisiti per essere testimoni

Per essere «testimoni» dei gesti di salvezza compiuti da Gesù, occorre in primo luogo averli visti coi propri occhi fin dall'inizio (cf. Lc 1,2). Questo è sicuramente uno dei requisiti fondamentali per divenire annunciatori dell'opera redentrice offertaci in Cristo. Vediamo, dunque, di chiarire il duplice aspetto di questo requisito.

A. La testimonianza oculare. Le varie persone che recano l'annuncio della risurrezione ebbero esperienza diretta di quanto Gesù fece e disse durante il suo ministero prepasquale.

Esse sono: le donne che, tornando dal sepolcro, dicono agli Undici e a tutti gli altri che Gesù è vivo (Lc 24,9.10.23); i due discepoli di Emmaus, i quali riferiscono agli Undici e agli altri come Gesù era apparso loro lungo la via (Lc 24,13-35); i Dodici in genere (At 1,21-22) e, in particolare, Pietro, il quale parla anche a nome degli Undici suoi colleghi in varie occasioni, come nel giorno della Pentecoste (At 2,14-40).

B. «Fin dall'inizio». Con quest'ultima formulazione di Atti 1,21-22 (che abbiamo appena citata), Luca delimita i due poli entro i quali si snoda la vicenda di «tutto ciò che riguarda Gesù il nazareno, che fu potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo» (Lc 24,19). Il punto di partenza, il principio di tali avvenimenti, è designato da Luca con l'espressione avverbiale «fin dall'inizio» (Lc 1,2). In pratica, l'estremo iniziale di questo percorso è segnato dal battesimo di Giovanni; quello conclusivo, poi, coincide con la risurrezione-ascensione del Signore. Entro questi confini è racchiuso - al dire di Pietro - «tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi» (At 1,21).

C. Il caso di Maria. Dalle suddette premesse, sono facilmente intuibili le conseguenze per il discorso sulla Santa Vergine. Gli apostoli, i discepoli, le donne furono sì testimoni oculari e compartecipi della predicazione pubblica di Gesù. Ma chi poteva esserlo per gli anni oscuri dell'infanzia, se non Maria sua madre? Soltanto lei, perciò, di fronte alla meraviglia della Risurrezione di Gesù poteva ripensare le circostanze della nascita di lui e darne la retta spiegazione. Commenta l'esegeta spagnolo Xabier Pikaza: «Gesù non sarebbe stato accolto dalla Chiesa nell'integrità del suo essere uomo se fosse mancata la testimonianza viva di una madre che lo aveva generato e allevato. All'interno della Chiesa, Maria è una parte di Gesù... Vi è qualcosa che né gli apostoli né le donne né i fratelli avrebbero potuto testimoniare. Spetta a Maria consegnare questa parte unica e insostituibile al mistero della Chiesa»

(Estudios Trinitarios 15 [1981], p. 20). 

La testimonianza, in secondo luogo, esige la comprensione dei fatti e delle parole di Gesù. Occorre, in altre parole, comprendere il senso di tutto ciò che riguarda Gesù di Nazaret, alla luce del piano divino espresso nelle Sacre Scritture (Mosè-Profeti-Salmi).

Questa illuminazione circa il significato della persona e dell'opera del Signore Gesù è concessa ai discepoli dal Cristo stesso, mediante lo Spirito Santo che egli invia su di loro. Gesù risorto aprì la mente dei discepoli all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: Il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di queste cose voi siete testimoni» (Lc 24,45-48).

Affinché poi i discepoli fossero corroborati nel compito della testimonianza, Gesù soggiunge: «E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto» (Lc 24,49). Il mattino di Pentecoste, «... furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare... come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (At 2,4).

A Pentecoste, anche la Vergine faceva parte della comunità sulla quale discese lo Spirito, che introdusse appieno la Chiesa nelle profondità del mistero di Cristo. Da quel giorno, pertanto, lei pure veniva in possesso dei due requisiti necessari per esercitare la «testimonianza» degli eventi connessi all'infanzia di Gesù. Non solo, infatti, vi fu implicata direttamente la sua persona, ma ne comprese anche il senso che essi avevano nel quadro globale del disegno redentivo. Maria sapeva che il Potente aveva operato in lei «grandi cose» (Lc 1,49). E «le grandi cose» elargite dal Signore anche ad una persona singola, ridondano sempre a beneficio dell'intera comunità del popolo di Dio. Di qui nasce l'obbligo (tanto spesso inculcato nell'AT) di far conoscere tali gesta da una generazione all'altra: «Le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli», esortava Mosè (Dt 4,9).

Maria annuncia le «grandi cose» compiute in lei

Orbene: possiamo allora immaginare la Madre di Gesù ripiegata gelosamente sui misteri divini di cui fu protagonista? E' certamente più conforme al piano divino pensare che dopo la Pasqua, quando cioè lo Spirito illuminò compiutamente la sua intelligenza su quanto Gesù fece e disse, ella abbia riversato sulla Chiesa i tesori che fin lì aveva racchiuso nello scrigno delle sue meditazioni sapienziali (cf. Lc 2,19.51). Così anche Maria, nella Chiesa, diveniva testimone delle cose viste e udite (Cf. Lc 1,2).

Come? Non è necessario pensare ad una predicazione pubblica da parte della madre di Gesù; nulla ci consente di ipotizzare questo. Gli Atti non contemplano alcun caso di donna che predichi in pubblico davanti ad un'assemblea (i tempi erano ancora largamente tributari delle concezioni antiche sul ruolo della donna!). Per altro verso, tuttavia, vediamo che la donna è impegnata nell'evangelizzazione. Volendo limitarci anche solo alla tradizione lucana, dovremo ricordare Maria di Magdala, Giovanna, Maria di Giacomo e le altre donne che erano insieme: sono loro che recano l'annuncio della risurrezione agli Undici e a tutti gli altri (Lc 24,9-10); poi Priscilla che, col marito Aquila, espone in maniera più completa ad Apollo la via di Dio (At 18,26); quindi le quattro figlie nubili del diacono Filippo, che avevano il dono della profezia (At 21,9)... Fuori dagli scritti lucani vi è Paolo che chiama «apostoli insigni» Andronica e Giunia (Rom 16,7); ma è incerto se Giunia fosse uomo o donna.

Quanto alla Vergine, è più verosimile che ella abbia confidato le sue memorie agli apostoli, e che questi le abbiano poi trasmesse apertamente, in maniera ufficiale, alle varie chiese.

Sviluppando i germi della dottrina biblica sulla «memoria-ricordo», già dai secoli IV-V la tradizione della Chiesa ha ritenuto che Maria fosse la principale fonte di informazione sulla nascita e sui primi anni di Gesù. Diversi esponenti di questa dottrina fondano la propria persuasione su Luca 2,19.51: «E sua madre conservava tutte queste cose nel suo cuore». Ecco qualche sobria referenza.

Leonid Ouspensky, Le donne alla tomba di Cristo Leonid Ouspensky,
Le donne alla tomba di Cristo
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Pascasio Radberto (+865) scrive che Maria, dopo l'ascensione di Gesù, «conversa con i testimoni della santa risurrezione, essendo lei stessa testimone ... La beata Maria occupa il primo posto tra le prime coorti del sommo Re ...» (lettera Cogitis me, n.20, in CCL, Cont. Med. 56C, p.118).

Bruno di Segni (+1123), congiungendo Atti 1,14 con Luca 2,19.51, presenta gli apostoli che, alla scuola di Maria, apprendono notizie sugli avvenimenti riguardanti l'infanzia di Gesù, e conclude: «Niente avremmo di tutto questo se Maria non l'avesse custodito. Queste cose ci vengono dai suoi tesori» (Commento a Luca, parte I, cap.II, in PL 165,355.365). La Vergine, insomma, sedeva in mezzo alla comunità cristiana di Gerusalemme come «regina» e «maestra» degli Apostoli.

Suggestivo, poi, e assai originale l'esegesi di Ruperto di Deutz (+ 1130). Volendo spiegare il Cantico dei Cantici 5,7 («Mi hanno trovato le guardie della città che perlustrano la città ..., mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura»), Ruperto esce nella seguente parafrasi. Le guardie che fanno la ronda alla città sono gli Apostoli i quali, ogni giorno, nel tempio e nelle case di Gerusalemme non cessavano di evangelizzare la buona novella del Signore Risorto. E prosegue testualmente: «"Mi trovarono". Tutti, infatti, mi cercavano con pia sollecitudine... Costoro mi cercavano e si attendevano molto da me, che [cioè] fosse rimasto in me qualcosa che meritasse la loro ricerca ... "Mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura". Ossia, vollero [gli Apostoli] che io rendessi loro del tutto manifesto... ciò che vi era di segreto in me. Fino allora, infatti, avevo tenuto nascosto, come sotto il mantello, tutte le parole che riguardavano il Diletto [Cristo]. Le avevo conservate, ponendole a confronto in cuor mio. Ma fu allora che le misi all'aperto; cioè feci conoscere quanto sarebbe stato necessario e di grande giovamento alla predicazione o anche alla redazione scritta del Vangelo del Diletto» (Commento al Cantico dei Cantici, in CCL Cont. Med. 26, pp.114-115).

Una culla a forma di tomba

Istruita da questo magistero di Maria, la comunità apostolica fu in grado di istituire un avvincente rapporto tra la Pasqua e il Natale, tra la nascita di Gesù dal grembo di Maria e la sua rinascita dal grembo della tomba. La Pasqua rimandava al Natale, e il Natale si chiariva alla luce della Pasqua. La nascita diveniva profezia della rinascita. Ossia: come nel seno e dal seno di Maria lo Spirito Santo suscitò in maniera prodigiosa l'umanità del Verbo (concezione verginale e parto verginale, cioè esente dal normale trauma fisico che lo accompagna), così dal grembo della tomba il medesimo Spirito Santo avrebbe risuscitato in maniera egualmente portentosa quella stessa carne. Come dicevamo in apertura di queste note.

Di atmosfera pasquale sono soffusi i vangeli dell'infanzia. Per esempio, tanto per scendere a qualche esemplificazione mariana, gli evangelisti insinuano una connessione (suggestiva quanto mai!) tra il grembo vergine di Maria e il grembo vergine («nuovo») della tomba di Gesù; tra le fasce in cui Maria avvolse il suo neonato (Lc 2,7b) e le bende funerarie nelle quali Giuseppe di Arimatea avvolse il corpo di Gesù calato dalla croce (Lc 23,53a); tra la mangiatoia nella quale Maria adagiò il Bambino (Lc 2,7c) e il sepolcro nel quale Giuseppe di Arimatea depose Gesù (Lc 23,53b). E' assai importante ricordare che le tre corrispondenze qui segnalate sono state avvertite costantemente dalla tradizione cristiana.

Si direbbe, purtroppo, che oggi sono perle cadute nel dimenticatoio. Dormono nei libri-mattone. La memoria gioiosissima del prossimo compleanno di Gesù, nostro primo Amore (che altro potrebbe essere l'anno duemila?), speriamo riesca a riporle nuovamente nello scrigno dei tesori della nostra fede.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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