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La Mariologia di Benedetto XVI per un vero Culto mariano

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2013 15:09
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02/12/2008 18:14
 
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La mariologia di Benedetto XVI – 17

Il "dogma originario" della verginità
e della divina maternità di Maria



Il più antico e fondamentale dogma mariano della Chiesa dice che Maria è "sempre vergine" e madre; anzi, "Madre di Dio".


Sempre alla scuola del futuro Papa Benedetto XVI, continuiamo l’analisi del suo libro sulla Madonna: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di Sion – La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064], risultato di tre Conferenze da lui tenute poco prima della sua nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Ricordavamo già che, in sintesi, due linee direttive guidano l’opera del teologo Ratzinger: in una prima riflessione [da noi riassunta nella puntata 15ª di questa rubrica, nel Novembre scorso] egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento; in una seconda [nella quale ci siamo introdotti con la puntata 16ª di Dicembre] esamina i principali dogmi mariani, vedendo in essi l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.

In queste due linee di riflessione teologico-mariologica si riassume, per Papa Ratzinger, il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che stiamo analizzando.


Santi di Tito, Immacolata assunta in Cielo e la devozione della Chiesa [con i Santi Pietro, Giacomo Maggiore,
Francesco d’Assisi e Filippo Benizi] - Pistoia, Chiesa dell’Annunziata.

Come ormai sappiamo, l’approccio al tema mariologico, per il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger, non può che prendere avvio dalla Sacra Scrittura: da qui la parte prima "introduttiva" del volumetto in esame, dove si identifica come proprio "il luogo biblico della mariologia".

Nella parte seconda dell’opera [= "La fede mariana della Chiesa"] si analizzano i dogmi mariani: quello della verginità e della maternità divina di Maria, la sua esenzione dal peccato di Adamo e l’assunzione corporale nella gloria celeste.

Dopo aver visto, nel num. dello scorso Dicembre, il quadro d’insieme dei singoli dogmi mariani, come in un’ouverture di sinfonia che li inquadra nel loro contesto teologico-mariologico, seguiamo stavolta l’esposizione che fa Papa Ratzinger dei primi due visti ‘specularmente’ insieme: il dogma originario della verginità e maternità di Maria.

"Semper virgo" e "Theotókos"

"Il più antico dogma mariano della Chiesa, il dogma mariano fondamentale, dice: Maria è sempre vergine ["semper virgo": Symbola, DS 10-30; 42/64; 72; 150], e madre; anzi, può essere chiamata "Madre di Dio" ["Theotókos": DS 251, Concilio di Efeso].

I due titoli sono uniti in modo strettissimo: quando la si chiama "Madre di Dio", noi usiamo anzitutto un’espressione dell’unità tra essere-Dio ed essere-uomo in Cristo, unità che è talmente profonda che, per gli avvenimenti umani, qual è la nascita, non si può immaginare un Cristo puramente umano, staccato dall’insieme del suo essere persona. Era stata questa l’argomentazione dei Nestoriani, i quali volevano si ammettesse solamente il titolo di "Madre di Cristo" [= Christotókos], al posto dell’appellativo "Theotókos". Ma in una simile dicotomia della figura di Cristo [nella quale il biologico-umano viene nettamente separato dall’essere divino], si celano concetti antropologici e teologici di grande importanza: dietro la formula "genitrice di Dio" vi è la convinzione che l’unità di questo Cristo sia tale che io non posso in qualche modo astrarre il Cristo puramente corporale, poiché nell’uomo è umano-corporale anche il corporale, come ci conferma la stessa biologia moderna.



"Madre di Dio del Roveto Ardente" – Icona russa di fine sec. XVI: fanno corona alla Vergine Madre i personaggi veterotestamentari che profetizzarono la venuta in terra del Figlio di Dio nato da lei, e i simboli degli Evangelisti che cantarono le grandezze di Maria.


[…] Ma se, per quanto concerne l’unità dell’uomo, essa è come la vede la fede dei Concili, allora la maternità di Maria ha profondamente a che fare col mistero dell’Incarnazione in quanto tale, e arriva al cuore del mistero stesso. In tal modo, la tesi cristologica dell’Incarnazione di Dio in Cristo diventa necessariamente mariologica, e in effetti essa lo fu fin dall’inizio. Viceversa, solamente se la cristologia è intesa in modo così radicale da toccare anche Maria e da diventare mariologia, è essa stessa radicale come dev’essere in base alla fede della Chiesa. Sicché il manifestarsi di un senso veramente mariologico è la regola per stabilire se sia veramente presente il contenuto cristologico [della fede].

[Nel Concilio di Efeso] la mariologia fu a difesa della cristologia; ciò non significa, evidentemente, istituire una concorrenza che sminuisce la cristologia, ma solo affermare che essa fonda il completo trionfo di una professione di fede in Cristo che, nella definizione dogmatica della divina maternità di Maria, ha raggiunto il suo pieno rigore.

La Chiesa credente, conformemente alla testimonianza di Matteo e di Luca, vide realizzata questa peculiarietà di una maternità che impegna tutto l’uomo per Colui che qui nasce, nell’unità di essere-madre e di essere-vergine di Maria; e, contemporaneamente, [si realizza] l’intreccio veterotestamentario di ‘benedetto’ e ‘non benedetto’, di ‘fecondo’ o ‘sterile’: elementi che si fanno conoscere in quest’unità come perenne contenuto di senso [di fede]".

I testi neotestamentari fondanti il "dogma mariano originario"

In tale prospettiva, ripresa dal pensiero mariologico di Joseph Ratzinger e riportata già nell’intervento del num. scorso della nostra rivista [cfr. ibid., pp. 9-10], esaminiamo ora il fatto che l’unitarietà dei dogmi della perpetua verginità e della divina maternità di Maria va ricercata partendo dai singoli elementi scritturistici neotestamentari che li fondano.



Lode alla Vergine Madre, cantata dagli Angeli – Min. c. 90v., Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.


Esaminiamo in questa 17ª puntata "I testi del Nuovo Testamento" [cfr. La figlia di Sion, o.c., pp. 37-45], riservandoci di coglierne successivamente "Il senso teologico" [cfr. ibid., pp. 46-58].

Si chiede Joseph Ratzinger: "Come si è formata la strada che condusse alla professione di fede nella maternità verginale di Maria?"; e aggiunge di voler solo, in risposta all’interrogativo, cercare di ripercorrere gli stadi principali nella crescita della relativa tradizione.

Inizia con Paolo, per il quale "il problema della nascita di Gesù non ha alcuna importanza sotto il punto di vista teologico, in quanto la sua fede si sviluppa tutta partendo dalla confessione della Croce e della Risurrezione". L’unico passo "mariano" di Paolo è dove dice che Gesù è "nato da donna" [Gal 4, 4]; ma per lui si tratta semplicemente di sottolineare che Cristo ha partecipato a tutta la sorte dell’essere-uomo, che è entrato pienamente nella ‘condition humaine’.

Sono piuttosto Matteo e Luca a mettere in luce la particolare funzione dell’albero genealogico, con il quale viene presentata l’origine di Gesù e insieme viene anche cercata una spiegazione della sua natura.

L’albero genealogico di Matteo mostra che Gesù è figlio di Abramo; ma lo raffigura prima di tutto come il vero Davide nel quale è stato adempiuto quel segno della speranza che questo Re era sempre più diventato per il suo popolo.

Luca va oltre, facendo risalire fino ad Adamo, "figlio di Dio" [Lc 3, 38], la geneaologia di Gesù. Adamo, cioè l’uomo in genere. Un albero genealogico che risale fino ad Adamo vuole mostrare che in Gesù è stata adempiuta non solamente la speranza di Israele in un Re, ma anche la richiesta dell’uomo in genere, di quell’essere che vaga e brancola alla ricerca di se stesso. Gesù è l’uomo per tutti gli uomini; l’uomo nel quale si compie il destino divino dell’uomo, la sua origine divina. In lui l’essere lacerato dell’uomo è stato unito ed è stato congiunto al Dio da cui discende e che egli cerca nel suo abbandono. Gesù è "Adamo", forma dell’uomo in assoluto. Lo è perché "è di Dio".

Ad ambedue gli alberi genealogici – quello di Matteo e quello di Luca – ciò che importa è la relazione storica ed umana di Gesù. Ma tutt’e due sono pure convinti che Gesù può essere il frutto conclusivo della storia solamente perché in lui ha fatto il suo ingresso nell’albero che si dissecca di questa storia una forza nuova, perché egli non viene solo "dal basso". Egli è frutto di questo albero, certo; ma l’albero può portare frutto solamente perché esso è fondato dall’esterno. Gesù trae origine "dal basso", ma egli discende contemporaneamente "dall’alto": le due verità non si contraddicono. Egli è completamente uomo, frutto di questa terra, ed è tale proprio perché non trae origine solamente da questa terra.



Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi e venerazione della Madre di Dio – Galleria degli Uffizi, Firenze.

In Matteo ciò appare dal fatto che lo schematismo dell’albero genealogico, che collega un anello all’altro con il verbo "generò", viene rotto così nell’ultimo versetto: "Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo" [Mt 1, 16].

In Luca ciò appare quando Gesù è presentato non come figlio di Giuseppe, ma come colui che era "creduto" tale [cfr. Lc 3, 23], come colui che era giuridicamente classificato tale.

Implicazioni mariologiche del testo lucano dell’Angelus

L’accenno misterioso che abbiamo qui davanti – prosegue nella sua profonda analisi il teologo Joseph Ratzinger – è stato ulteriormente sviluppato nelle storie dell’infanzia di Gesù [cfr. Mt 1, 18-25; Lc 1-2]. Al riguardo, basterà qui accennare in breve ad alcuni punti di vista del testo lucano, che sono importanti per la comprensione generale della figura di Maria.

1] Anzitutto, è già importante la localizzazione che Luca presenta, in voluta contrapposizione con la precedente storia di Giovanni Battista. L’annuncio della nascita del Battista avviene nel Tempio, come dire: nell’ordinamento ufficiale e prescritto dalla Legge; quello a Maria avviene ad una donna, in un luogo insignificante della semipagana Galilea che né Giuseppe Flavio né il Talmud nominano.

2] Il saluto a Maria [cfr. Lc 1, 28-32] è stato formulato con stretto riferimento a Sofonia 3, 14-17: è Maria la figlia di Sion alla quale sono rivolte le espressioni di quel testo: a lei viene detto: "Gioisci!"; a lei viene detto che "Il Signore è con te"; è lei che viene presa dall’angoscia perché il Signore è con lei per salvarla.

3] Nel saluto dell’Angelo compare il motivo portante con cui Luca presenta la figura di Maria in genere: è lei, in persona, la vera Sion alla quale si sono dirette le speranze in tutte le rovine della storia. È lei invero Israele, nel quale si uniscono inseparabilmente Antica e Nuova Alleanza, Israele e Chiesa. È lei il "Popolo di Dio" che porta frutto per la potenza di grazia di Dio.

4] Dobbiamo infine fare attenzione anche all’espressione con la quale viene misuratamente descritto il mistero del nuovo concepimento e della nuova nascita: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo" [Lc 1, 35]: essa appartiene alla teologia culturale d’Israele, rimandando alla nube che stende la sua ombra sul Tempio ed indica così la presenza di Dio. Maria appare perciò come la "tenda santa" sulla quale comincia ad agire la presenza nascosta del Signore.

Prima di inoltrarci [alle prossime puntate] nell’analisi teologica complessiva di questi passi scritturistici neotestamentari, ci sarebbe ancora da rispondere alle due questioni relative: a] alla provenienza della tradizione che è stata ripresa da Matteo e da Luca, b] all’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario che deriva dai testi citati.

Ma anche di ciò parleremo in seguito, mancandone ora lo spazio.

Bruno Simonetto


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La mariologia di Benedetto XVI – 18

Il "dogma originario" della verginità
e della divina maternità di Maria - 2



Il senso teologico conclusivo dei brani biblici che fondano tale dogma e la risposta alle obiezioni ricorrenti circa la verginità di Maria.


Continuiamo a rivisitare l’esposizione che nel libro "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di Sion – La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064] il futuro Papa Benedetto XVI fa dei primi due dogmi mariani, visti ‘specularmente’ insieme: il dogma originario della verginità e maternità di Maria.

Prima di inoltrarci nell’analisi teologica conclusiva dei passi scritturistici neotestamentari che li fondano, vediamo intanto qual è la risposta che il Card. Joseph Ratzinger ha dato a due importanti questioni relative:

1. alla provenienza della tradizione che è stata ripresa nei Vangeli da Matteo e da Luca
2. all’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario che deriva dai testi citati.



Processione in onore dell’Immacolata "Madonna del Miracolo" a Piazza di Spagna in Roma, il 27 Novembre scorso,
vigilia della partenza di Papa Benedetto XVI per il Viaggio apostolico in Turchia.

Due questioni preliminari all’analisi teologica conclusiva

1 "L’esegesi moderna - precisa il futuro Papa Benedetto XVI - dimostra che i due evangelisti hanno dato al materiale la forma ultima partendo dalle loro stesse intenzioni ed idee teologiche; questo contributo "letterario" degli evangelisti alla forma della tradizione non va sicuramente sottovalutato. Tuttavia, l’esegesi dimostra anche che i due evangelisti usano materiale di tradizione precedentemente esistente, materiale che già era stato plasmato per opera delle Comunità che lo avevano tramandato.

Per Luca, H. Schürmann crede di poter indicare una Comunità della Giudea degli anni sessanta come precedente gruppo mediatore di tradizione [cfr. Das Lukasevangelium, I, Freiburg 1969, pag. 145]. Non si potrà contestare che lo stesso Luca volesse riferirsi a Maria [e perciò alla più ampia cerchia dei parenti naturali di Gesù, cfr. Lc 2, 19-51].

Perciò, l’assunzione di questi brani nel Vangelo è un fatto di natura particolare, riguardante la storia della tradizione: tale assunzione significa che una tradizione, che per l’innanzi era stata conservata privatamente, in un ambito più ristretto, ora viene inserita nella predicazione ufficiale della Chiesa, acquistando il grado di tradizione della Comunità ecclesiastica" [cfr. o.c., pp. 43-44].

Continuando il ragionamento sulla valenza teologica della formazione della tradizione, il Card. Ratzinger continua affermando che "ciò che distingue la tradizione della Pasqua dalla tradizione del Natale non è semplicemente l’antichità come tale; Luca riconduce la storia della nascita [di Gesù] al ricordo di Maria, e, per quanto concerne il nucleo di carattere teologico della tradizione, non c’è motivo di non fidarsi di lui, tanto più che il gruppo dei "fratelli del Signore" […] si presenta come mediatore di tradizione. Ora, per quanto riguarda questo nucleo, la differenza non consiste tanto nell’antichità, ma nella diversa posizione che le tradizioni ebbero all’inizio e nel fatto che solamente tardi, in un determinato stadio dello sviluppo interiore della professione di fede in Cristo, divenne ragionevole e necessario inserire anche queste tradizioni nel "Credo" comune ed ufficiale della Chiesa" [cfr. o.c., p. 44].



L’Arca dell’Alleanza e il bastone fiorito di Aronne: figura cristologica e mariologica dell’unione dell’umanità
e della divinità in Cristo nella concezione verginale di Maria – Min. biz. – Vat. gr. 1162, fol 133v, sec. XII.

2 La seconda osservazione riguarda l’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario.

"Nel Prologo del suo Vangelo Giovanni definisce i Cristiani come coloro "i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" [Gv 1, 13]. Ora, qui il motivo paolino della filiazione divina del Cristiano è stato congiunto alla tradizione di Matteo e Luca in modo da costituire un’unità nuova: diventare Cristiani significa entrare nel mistero della nuova nascita di Gesù Cristo, partecipare, rinascendo, alla sua nascita. Naturalmente si presenta anche qui la controversia che concerne in generale l’inizio del quarto Vangelo: Giovanni non voleva forse elevare il "volgare-cattolico" sul piano dello spirituale e dell’esistenziale? Non lo si è forse collegato solamente in un secondo tempo con ciò che egli aveva veramente voluto oltrepassare?".

Conclude Joseph Ratzinger: "Nell’ambito di queste considerazioni non ci è possibile discutere ulteriormente tale questione. Una cosa però mi pare chiara in tutta l’ampiezza dei fatti: tutto l’impeto dell’indicazione spirituale del quarto Vangelo si fonda sul fatto che esso possiede un fondamento reale. L’"esistenziale" non esprimerebbe proprio nulla se esso fosse l’esplicazione del nulla. La nuova nascita cristiana è possibile per il fatto che essa è realmente avvenuta in Cristo ed è quindi divenuta possibilità per tutti noi" [cfr. o.c., p. 45].

Il senso teologico conclusivo dei brani biblici analizzati

Rispondendo a queste due questioni preliminari siamo entrati già nel mezzo del problema dell’interpretazione dei passi scritturistici che fondano il duplice dogma della verginità e maternità di Maria.



La Natività di Maria: "Dalla radice di Jesse e dalla stirpe di Davide nasce oggi per noi la fanciulla di Dio Maria e tutto il creato è rinnovato e divinizzato […]. Si rallegri il cielo e la terra, perché il cielo di Dio è nato: è la Sposa di Dio, frutto della promessa" [Matt. della "Natività di Maria"] - Min. biz. -Vat. gr. 1162, fol 29 - sec. XII.


Ora ci si chiede perché il "fatto" fu tramandato e, rispettivamente, venne assunto nella tradizione ufficiale della Comunità ecclesiastica. "Solamente se ci domandiamo qual è la ragione teologica per questo passaggio - afferma a questo punto il Card. Joseph Ratzinger - potremo anche spiegare completamente e capire quale importanza è stata attribuita al fatto della verginità di Maria nella sua maternità". E a tale interrogativo si danno due risposte:

1] Concepimento e nascita di Gesù significano un inizio nuovo nella storia che è più della storia, e più della novità che spetta ad ogni singolo uomo. Qui Dio stesso incomincia di nuovo, poiché ciò che qui inizia ha la qualità di una nuova creazione, ed è dovuto all’intervento particolare e tutto specifico di Dio. Qui c’è veramente "Adamo" il quale, ancora una volta ed in senso superiore, viene come un tempo "da Dio" [cfr. Lc 3, 38]. E tale nascita può accadere solamente alla "sterile".

Ciò che è promesso in Isaia 54, 1 ["Esulta, o sterile che non hai partorito […] perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata"], per Luca si è concretamente avverato nel mistero di Maria-l’impotente Israele: respinto dagli uomini e infecondo, ha portato frutto. In Gesù Dio ha posto in mezzo all’umanità sterile e disperata un inizio nuovo, il quale non è risultato della sua storia, ma è dono che viene dall’Alto. Con lui ha inizio una nuova incarnazione, in quanto esiste anche nella sua esistenza terrena solamente per lo Spirito.

Così Maria, la sterile-benedetta, diviene il segno della grazia, il segno di ciò che è veramente fecondo e che salva: la disponibile apertura che si consenta alla volontà di Dio [cfr. o.c., pp. 46-47].



La Vergine al Tempio: "Oggi è il preludio della benevolenza di Dio e l'annuncio della salvezza degli uomini […]. Acclamiamo a gran voce la Vergine: 'Rallegrati, tu che sei il compimento dell'economia del Salvatore' " [Vespri dell' "Ingresso della Madre di Dio nel Tempio"] - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 62v, - sec. XII.


2] Tuttavia, vi è anche un "messaggio cristologico", che è addirittura primario rispetto a quello sopra ricordato. H. Schürmann lo esprime così: "Poiché il bambino è opera di Dio nella sua origine, egli sarà ‘santo’ in tutto e per tutto. Lo Spirito Santo non lo riempirà come Giovanni "fin dal seno di sua madre" [Lc 1, 15], ma il Pneuma di Dio gli dà vita ed esistenza in forma creativa, per cui il suo essere interiore è determinato e reso ‘santo’"[cfr. o.c., p. 53s.].

Proprio la contrapposizione a Giovanni, il quale, in stretta affinità con Geremia, è stato chiamato ancora prima del concepimento ["… prima di formarti nel grembo materno […] ti avevo consacrato", Ger 1, 4], il messaggio di Luca è che in Gesù c’è il "Figlio", poiché il suo essere come tale è frutto del Pneuma.

Hans von Balthasar ha giustificato più a fondo questo rapporto, partendo dalla logica dell’essere-uomo e dalla logica dell’incarnazione, come risuona già nel titolo di "Madre di Dio" riconosciuto alla Vergine Maria. Il ragionamento è il seguente: se il Figlio si è veramente incarnato, quest’evento giunge allora realmente fino nella "carne" e viceversa; e la "carne" [giacché l’uomo è un’unità ed un tutto], giunge fino nel centro della persona del Logos. Ora, la nascita di Gesù dalla Vergine-Madre rimanda al suo essere-Figlio, rimanda al Padre e, quindi, a ciò che per Gesù fu infinitamente più essenziale della messianità. D’altra parte, la nascita verginale è l’origine necessaria di Colui che è il Figlio e che, solamente in questo modo, può conferire alla speranza messianica un senso duraturo, che rimanda oltre Israele.

Ne consegue che nella "nuova nascita" di Gesù ["Nova nativitas" la chiama la Liturgia romana] Maria è veramente, in quanto madre, "genitrice di Dio", e non solamente organo di un casuale evento corporale.



L'Annunciazione a Maria "piena di grazia": la Vergine ha dato il suo consenso e "ha concepito di Spirito Santo"; e gli Angeli apprendono "il mistero nascosto dai secoli in Dio" - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 127v - sec. XII.


Sulle obiezioni ricorrenti alla verginità di Maria

Il Card. Joseph Ratzinger conclude il capitolo sul "dogma mariano originario" con una lunga e molto dotta disquisizione sulle obiezioni che in modo ricorrente si fanno alla "perpetua verginità di Maria" ["ante, in e post partum", come si esprime la cristologia scolastica del "De Verbo Incarnato"].

"La decisione con la quale viene messa in dubbio la nascita verginale di Gesù - osserva fra l’altro l’illustre teologo - consiste principalmente nella differenza di pensiero tra la nostra visione del mondo ed il messaggio biblico, e nell’idea che questo non possa trovare posto in un mondo visto con l’occhio delle scienze naturali". E aggiunge: "La vera ragione che si trova nei motivi contrari alla fede nella verginità di Maria non sta nell’ambito di una conoscenza storica [esegetica], ma in handicaps legati alla visione del mondo, le cui conseguenze toccano l’immagine di Dio […]. La vera disputa quindi avviene tra due diverse concezioni del rapporto di Dio con il mondo, volendo i negatori della verginità di Maria relegare Dio nel campo dello spirituale, sul presupposto che egli non possa raggiungere la storia terrena. In tal modo si ritorna alla filosofia pagana di Dio e del mondo [cfr. o.c., pp. 54-57].

Ma noi ribadiamo che "la testimonianza della nascita di Gesù dalla Vergine Maria non è un angolo idilliaco di devozione nella struttura della fede neotestamentaria; non è una piccola Cappella di due Evangelisti, che si potrebbe alla fine anche trascurare. Si tratta del problema di Dio; […] poiché la fede in Dio che è rimasto realmente il Creatore della nuova creazione – "Creator Spiritus" – è parte centrale del messaggio del Nuovo Testamento.

Così il "messaggio" della nascita [di Gesù] dalla Vergine Maria vuole testimoniare proprio questi due fatti: Dio agisce realmente, realiter, non solo interpretative; e la terra porta il suo frutto perché egli agisce. In fondo, il "natus ex Maria Virgine" è una proposizione rigorosamente teologica: essa testimonia che Dio non ha liquidato la creazione. E su ciò si fondano la speranza, la libertà, la tranquillità e la responsabilità del Cristiano" [cfr. o.c., pp. 57-58].

[Restano da analizzare, in successive puntate, i dogmi dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo e della sua assunzione corporale nella gloria celeste].

Bruno Simonetto
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:08]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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