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La questione con mons. Lefebvre

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2016 18:03
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30/03/2013 21:07
 
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  La profezia di Lefebvre e l’alleanza di Ratzinger - da Rinascimento Sacro





Marcel Lefebvre

La riforma liturgica di Paolo VI, senza precedenti nella storia della Chiesa per il tenore delle innovazioni e per lo spazio lasciato all’iniziativa personale del celebrante, fu promulgata nel 1969. Immediatamente suscitò reazioni negative e resistenze da parte delle più alte sfere della Chiesa – il “Breve esame critico” dei Cardinali Ottaviani e Bacci fu fatto pervenire a Paolo VI qualche settimana prima dell’entrata in vigore del nuovo messale – come anche dai semplici fedeli. Provocò inoltre la reazione di numerose personalità del mondo delle arti, delle lettere e della scienza, che si preoccupavano del declino culturale che essa rappresentava, nel famoso appello pubblicato sul Times il 6 luglio 1971 e all’origine dell’indulto detto “Agatha Christie”.

Infatti, dalla morte di Paolo VI, appena dieci anni più tardi, era già chiaro, persino ai suoi promotori, che questa riforma non aveva raggiunto i suoi obbiettivi e che le chiese cominciavano a svuotarsi.

All’inizio degli anni ’80 una reazione di buon senso si manifestò in modo via via più chiaro: perché non lasciare le forme liturgiche antiche a disposizione di coloro che vi trovavano il proprio nutrimento sacramentale e spirituale? E visto che all’epoca tutto sembrava ormai libero e permesso, perché non permettere anche ciò che si faceva prima? Paolo VI stesso, prima di morire, non aveva forse dato un segno forte relegando Monsignor Annibale Bugnini, l’autore della riforma, ad una sorta di esilio a Teheran? Il papa non aveva capito che la messa che porterà per sempre il suo nome, voluta come la radiosa manifestazione della “primavera” conciliare, si rivelava in effetti un nuovo strumento di divisione in una Chiesa che si stava indebolendo?

La questione della libertà della messa preconciliare emerse da subito nel pontificato aperto nel 1978 da Giovanni Paolo II, anche se poi ci sono voluti trent’anni perché trovasse una risposta con il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. All’epoca, in effetti, era stata già annunciata dai due personaggi che rimarranno per la storia – quali che siano le opinioni che si abbiano su l’uno e sull’altro – le figure chiave della soluzione della frattura liturgica: Joseph Ratzinger e Marcel Lefebvre.

I – MONSIGNOR LEFEBVRE : LA « PROFEZIA » SULLA LIBERTA’ DELLA MESSA NEL 1979

L’11 marzo 1979, davanti ai suoi seminaristi di Écône, Monsignor Lefebvre dichiarava:

Se veramente il Papa rimettesse la messa tradizionale al suo posto nella Chiesa, credo che potremmo dire che l’essenziale per la nostra vittoria sarebbe fatto. Il giorno in cui davvero la messa diverrà nuovamente la messa della Chiesa, la messa delle parrocchie, la messa delle chiese, certo ci saranno ancora delle difficoltà, ci saranno ancora discussioni, ancora opposizioni, e tutto quello che volete, ma alla fine, la messa di sempre, la messa che è il cuore della Chiesa, la messa che è l’essenziale della Chiesa, quella messa riprenderà il suo posto, il posto che forse non sarà ancora abbastanza, e bisognerà evidentemente dargliene uno ancora più grande, ma alla fine comunque, il solo fatto che tutti i sacerdoti che lo desiderano potranno dire quella messa io credo già questo avrà delle conseguenze enormi sulla Chiesa.

Credo che il nostro apporto sarà stato utile per arrivare a quel momento, se veramente arriverà… Ecco, io credo che la Tradizione sarà salva. Il giorno in cui verrà salvata la messa, la Tradizione della Chiesa sarà salva, perché con la messa ci sono i sacramenti, con la messa c’è il Credo, con la messa c’è il catechismo, con la messa c’è la Bibbia, e tutto, tutto… ci sono i seminari… e c’è la Tradizione che si salva. si può dire che si vedrà la luce di un’aurora nella Chiesa, che avremo attraversato una tempesta formidabile, saremo stati nell’oscurità più completa, sferzati da tutti i venti e che alla fine all’orizzonte si rivelerà di nuovo la messa, la messa che è il sole della Chiesa, che è il sole della nostra vita, il sole della vita cristiana…”

“Il solo fatto che tutti i sacerdoti che lo desiderano potranno dire quella messa io credo già questo avrà delle conseguenze enormi sulla Chiesa”: non è forse esattamente questo il contributo fondamentale del Motu Proprio del 2007? La Fraternità San Pio X si è fortemente felicitata di questo testo liberatore attraverso le parole di Monsignor Fellay. E questo non è stato che un atto di giustizia visto che proprio il fondatore della Fraternità l’aveva annunciato come “un’aurora nella Chiesa”.

II – IL CARDINALE RATZINGER: IL PRINCIPIO DELLA LIBERTA’ DELLA MESSA SANCITO NEL 1982

Questa della libertà liturgica, all’inizio del pontificato wojtyliano, è stata un’idea che era nell’aria. Oggi sappiamo che, appena nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – e ufficiosamente incaricato dal Papa Giovanni Paolo II di prendersi carico della questione della contestazione liturgica -, il 16 novembre 1982 il Cardinale Joseph Ratzinger organizzò una riunione presso il Palazzo del Sant’Uffizio “in materia delle questioni liturgiche” (1), ovvero per discutere sul problema liturgico in sé e contemporaneamente sul problema della Fraternità San Pio X.

1982. Esattamente un quarto di secolo prima del Summorum Pontificum. Durante quella riunione il Cardinale Ratzinger aveva ottenuto che senza eccezioni tutti i partecipanti (2) affermassero come un’evidenza di buon senso che “il messale romano, nella forma sotto la quale è stato usato fino al 1969, deve essere ammesso dalla Santa Sede in tutta la Chiesa per le Messe celebrate nella lingua latina”. I prelati in quell’occasione parlarono anche della questione della Fraternità San Pio X e valutarono che la sua soluzione doveva avere inizio con una visia canonica (che ebbe infatti luogo cinque anni dopo).

III – L’ALLEANZA RATZINGER/LEFEBVRE PER IL RAGGIUNGIMENTO DELLA LIBERTA’ LITURGICA

Le tappe del processo di liberazione della liturgia antica, processo tanto inaudito quanto la riforma Bugnini stessa, hanno contrassegnato il quarto di secolo che seguì questa presa di posizione del Cardinale Ratzinger. Nei fatti questo processo si è rivelato intimamente legato al regolamento canonico delle questioni concernenti la Fraternità San Pio X, anche se, ufficialmente, tutti vogliono considerare che si trattava di due faccende distinte.

a) Il 18 marzo 1984, il Cardinale Casaroli, Segretario di Stato, scrive (su impulso del Cardinale Ratzinger) al Cardinale Casoria, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, per chiedergli di preparare il primo atto della restaurazione dell’uso del messale tradizionale: “un divieto assoluto dell’uso di quel messale non può essere giustificato né dal punto di vista teologico, né da quello giuridico”. Il 3 ottobre 1984, il successore del Cardinale Casoria al Culto Divino, Monsignor Mayer, invia dunque ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo la circolare Quattuor abhinc annos, detta “Indulto del 1984″, che autorizzava le celebrazioni secondo il messale del 1962 “per il gruppi che lo chiedevano”.

b) Il 30 ottobre 1987, l’ultimo giorno dell’assemblea del Sinodo sulla “vocazione e missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo”, il Cardinale Ratzinger annuncia che viene avviata una visita apostolica presso l’opera di Marcel Lefebvre. Dopo questa visita, svolta dal Cardinale canadese Édouard Gagnon, presidente del Consiglio per la Famiglia, hanno luogo in aprile e maggio 1988 delle negoziazioni tra il Cardinale Ratzinger e Monsignor Lefebvre che portano all’accordo del 5 maggio, fatto saltare alla fine da quest’ultimo – essenzialmente per la mancanza di garanzie sulla nomina e la data dell’ordinazione di un altro vescovo per la Fraternità. Successivamente Monsignor Lefebvre procede all’ordinazione di quattro vescovi a Écône il 30 giugno 1988. Come reazione, Roma pubblica il Motu Proprio Ecclesia Dei del 2 luglio 1988 che, condannando Monsignor Lefebvre, istituiva una Commissione pontificale per “facilitare la piena comunione ecclesiale” dei sacerdoti e dei religiosi legati al messale del 1962 e per supervisionare l’applicazione dell’indilto del 1984 da parte dei vescovi.

c) Nel gennaio 2002, l’accordo mancato del 1988 tra Monsignor Lefebvre e Roma ispira quello fatto a beneficio di Monsignor Licinio Rangel, successore di Monsignor de Castro Mayer alla testa della comunità tradizionale della diocesi di Campos. Viene creato un ordinariato personale e Roma accetta, nel giugno dello stesso anno, che venga designato un coadiutore per succedere automaticamente a Monsignor Rangel. Una comunità di più di 20.000 fedeli, una ventina di sacerdoti e altrettante scuole tornano dunque alla piena comunione con Roma conservando pienamente i propri usi liturgici preconciliari.

d) A coronamento di questo processo, il 7 luglio 2007, il Papa Benedetto XVI promulga il Motu Proprio Summorum Pontificum che restituisce a tutti i sacerdoti l’uso privato del messale del 1962 e invita i parroci a rispondere favorevolmente ai gruppi stabili di fedeli che ne vogliono beneficiare. Salutato dal superiore della FSSPX, Monsignor Fellay, questo testo, che ha valore di “legge universale della Chiesa” come precisato dall’istruzioneUniversæ Ecclesiæ, favorisce i contatti fra Roma ed Écône e permette, nel gennaio 2009, la remozione delle scomuniche ai vescovi consacrati nel 1988.

IV – LA LIBERTA’ LITURGIACA / LIBERTA’ TEOLOGICA: IL DISCORSO DEL LUGLIO 1988 DI JOSEPH RATZINGER SU MONSIGNOR LEFEBVRE

Nella nostra lettera francese del 4 giugno 2010 (lettre PL 233), relativa al libro di Monsignor Brunero Gherardini “Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare” (Casa Mariana Editrice, 2009), evocavamo un discorso molto importante pronunciato dal Cardinale Ratzinger il 13 luglio 1988 davanti ai vescovi del Cile e della Colombia (3). In questa allocuzione, il futuro papa, esaminava le responsabilità di ciascuno all’indomani delle consacrazioni episcopali da parte di Monsignor Lefebvre a Écône il 30 luglio 1988.

Quel discorso contiene due affermazioni fondamentali per comprendere l’attuale pontificato:
a) “La verità è che lo stesso Concilio non ha definito nessun dogma e ha voluto in modo cosciente esprimersi ad un livello più modesto, meramente come Concilio pastorale; certo, molti lo interpretano come se fosse quasi il superdogma che toglie importanza a tutto il resto”;
b) “Difendere la validità e il carattere obbligatorio del Concilio Vaticano II, nel confronto con Monsignor Lefebvre, è e continuerà ad essere una necessità”.

Da cui una difficoltà ancora irrisolta oggi e che ha pesato sulle recenti discussioni tra la FSSPX e Roma: quale “carattere obbligatorio” possono comportare degli insegnamenti per la fede espressi “ad un livello più modesto” rispetto al Credo?

Questo parallelo scioccherà alcuni, ma perché non applicare al Concilio ciò che il Santo Padre ha applicato alla liturgia? Per relativizzare il carattere di superliturgia della nuova messa il Papa ha in effetti ricordato con il Motu Proprio Summorum Pontificum che la messa antica non era mai stata vietata e ne ha reso libero l’uso (almeno teoricamente) ai sacerdoti ed ai fedeli.

V – I COMMENTI DI PAIX LITURGIQUE

1) La dichiarazione fatta l’11 maggio 1979 da Monsignor Lefebvre è stupefacente non solo in ragione della data, ma anche perché essa mette il prelato di Écône sotto una luce un po’ diversa da quella a cui siamo abituati. Niente di volutamente polemico o di rigido, ancor meno di settario, nelle sue parole del 1979. Esprime invece una speranza sulla vita concreta della Chiesa. E’ un “Lefebvre pastorale”, nel senso dato al termine dal Concilio, ma con un altro tenore: quello di un ecumenismo intra-ecclesiale appoggiato sull’esperienza concreta della libertà della messa tradizionale nelle parrocchie in vista di favorire il rinnovamento liturgico, spirituale e dottrinale.
Il fondatore della FSSPX testimonia la sua speranza di vedere la messa tradizionale divenire liberamente “la messa delle parrocchie, la messa delle chiese”. Certo, ammette che “ci saranno ancora delle difficoltà, ci saranno ancora discussioni, ancora opposizioni, e tutto quello che volete”. Ma mira all’essenziale, molto concretamente: “quella messa riprenderà il suo posto, il posto che forse non sarà ancora abbastanza”. Assegna poi alla sua opera una finalità tanto più forte per quanto sembri modesta: “il solo fatto che tutti i sacerdoti che lo desiderano potranno dire quella messa io credo già questo avrà delle conseguenze enormi sulla Chiesa. Credo che il nostro apporto sarà stato utile per arrivare a quel momento, se veramente arriverà”. E Monsignor Lefebvre prosegue, sviluppando il tema della coerenza liturgia/dottrina: “con la messa ci sono i sacramenti, con la messa c’è il Credo, con la messa c’è il catechismo, con la messa c’è la Bibbia, e tutto, tutto…”

2) Per quanto riguarda il processo di liberalizzazione iniziato dal Cardinale Ratzinger nel 1982, anch’esso fu assolutamente pastorale e concreto. Possiamo parlare, come per il dogma – ma in questo caso per ciò che concerne la liberalizzazione in pratica della messa detta oggi straordinaria -, di “evoluzione omogenea”:
:: La circolare Quattuor abhinc annos, del 3 ottobre 1984: La messa tradizionale può essere autorizzata dai vescovi, ma a certe regole e comunque non nelle chiese parrocchiali;
:: Il Motu Proprio Ecclesia Dei Adflicta del 2 luglio 1988: I vescovi sono invitati a dare il permesso alla sua celebrazione in modo (in teoria) largo e generoso nelle loro rispettive diocesi;
:: L’erezione dell’Amministrazione apostolica personale Saint-Jean-Marie-Vianney a Campos nel gennaio 2002: Essa può rappresentare la sorgente unica della vita eucaristica di un’intera comunità;
:: Il Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007: La decisione di celebrarla spetta ora (in teoria) ai parroci per le rispettive parrocchie. In particolare si dichiara che la messa antica non è mai stata abolita e la sua celebrazione diventa un diritto per tutti i sacerdoti di rito romano senza alcuna restrizione.
:: Logicamente un ultimo testo non potrà che intervenire un giorno per constatarne la libertà. Una libertà “normale”, secondo le parole del Cardinale Cañizares, di celebrare la messa straordinaria in tutte le chiese. La “messa di sempre” sarà diventata allora, per il rito romano, la “messa di ogni luogo”.

3) Sarà difficile che arrivi quest’ultima tappa, perché si è passati da un non-dogma del Vaticano II a un superdogma che si estende anche alla liturgia del Vaticano II; si è passati da un concilio non infallibile, che non riguarda questioni di fede, a un preteso “spirito del Concilio” tirannico che intende dogmatizzare anche le nuove forme del culto divino.

Alla fine è una sana libertà che occorre difendere, una vera libertà teologica, non per contestare il dogma cattolico ma per spiegarlo, per difenderlo e anche per farlo “progredire”, o meglio, per far progredire la sua giusta comprensione

Questa libertà è strettamente connessa ad una sana libertà liturgica, non da usare per ogni tipo di abuso, ma per illustrare, difendere e per far progredire la fede dei fedeli nella transustanziazione eucaristica, la fede nel sacrificio propiziatorio riprodotto dalla celebrazione della messa, la fede nel sacerdozio sacramentale e gerarchico istituito da Gesù Cristo.

Non è forse un paradosso che oggi sia liberamente permesso tutto, e solo una libertà sia imbrigliata, quella che vuole essere esercitata nei percorsi tradizionali, libertà che viene rifiutata da coloro che stringono ancora nelle mani le leve del potere, una libertà che è talmente inquadrata nelle loro regole da essere di fatto annichilita, e tutto ciò nel nome della “spirito” di un Concilio che si è considerato come un concilio “liberatore”? © 2013 La Paix Liturgique

***

(1) “Nel 1982 neanche l’alleanza Ratzinger-Casaroli riuscì a sdoganare la Messa tridentina”, Il Foglio, 19 marzo 2006.

(2) Si trattava, oltre a lui stesso come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: dei Cardinali Sebastiano Baggio, Prefetto della Congregazione dei Vescovi; William W. Baum, arcivescovo di Washington; Agostino Casaroli, Segretario di Stato; Silvio Oddi, Prefetto della Congregazione del Clero; e di Monsignor Giuseppe Casoria, a quel tempo pro-Prefetto della Congregazione per il Culto e i Sacramenti.

(3) Monsignor Müller, nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, ha iniziato, quando era vescovo di Ratisbona, la pubblicazione dell’opera completa di Joseph Ratzinger in 16 volumi. Tra i volumi pubblicati fino ad ora non troviamo traccia di questo discorso pronunciato il 13 luglio 1988, mentre la sua formulazione avrebbe potuto trovare posto nel tomo 7 sull’insegnamento del Vaticano II e la sua interpretazione come nel tomo 11 sulla teologia della liturgia. Segue…

(4) L’abbé Claude Barthe, “Rome/Fraternité Saint-Pie X : où en sommes-nous?”, in L’Homme nouveau, 5 gennaio 2013.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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