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J.Ratzinger, Benedetto XVI, spiega il Concilio Vaticano II

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2012 21:18
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15/12/2008 10:40
 
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Cari fratelli e sorelle!

Quarant’anni or sono, il 28 ottobre 1965, si tenne la settima Sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Ad essa ne seguirono altre tre in rapida successione, e l’ultima, l’8 dicembre, segnò la chiusura del Concilio. Nella fase finale di quello storico evento ecclesiale, che era iniziato tre anni prima, venne approvata la maggior parte dei Documenti conciliari. Alcuni di essi sono più noti e vengono spesso citati; altri lo sono di meno, ma tutti meritano di essere richiamati, perché conservano il loro valore e rivelano un’attualità che, per certi aspetti, è addirittura aumentata. Vorrei, quest’oggi, ricordare i cinque Documenti che il Servo di Dio Papa Paolo VI e i Padri conciliari firmarono quel 28 ottobre 1965. Essi sono: il Decreto Christus Dominus, sull’ufficio pastorale dei Vescovi; il Decreto Perfectae caritatis, sul rinnovamento della vita religiosa; il Decreto Optatam totius, sulla formazione sacerdotale; la Dichiarazione Gravissimum educationis, sull’educazione cristiana; e infine la Dichiarazione Nostra Aetate, sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane.

I temi della formazione dei sacerdoti, della vita consacrata e del ministero episcopale sono stati oggetto di tre Assemblee Ordinarie del Sinodo dei Vescovi, svoltesi rispettivamente nel 1990, nel 1995 e nel 2001, le quali hanno ampiamente ripreso e approfondito gli insegnamenti del Vaticano II, come attestano le Esortazioni apostoliche post-sinodali del mio amato predecessore il servo di Dio Giovanni Paolo II Pastores dabo vobis, Vita consecrata e Pastores gregis.
Meno conosciuto è invece il documento sull’educazione. Da sempre la Chiesa è impegnata nell’educazione della gioventù, alla quale il Concilio riconobbe un’"estrema importanza" sia per la vita dell’uomo che per il progresso sociale (cfr Dich. Gravissimum educationis, Proemio). Anche oggi, nell’epoca della comunicazione globale, la Comunità ecclesiale avverte tutta l’importanza di un sistema educativo che riconosca il primato dell’uomo come persona, aperta alla verità e al bene. Primi e principali educatori sono i genitori, aiutati, secondo il principio di sussidiarietà, dalla società civile (cfr ivi, 3). Una speciale responsabilità educativa sente di avere la Chiesa, alla quale Cristo ha affidato il compito di annunciare "la via della vita" (cfr ibid.). Essa, in diversi modi, cerca di adempiere questa missione: in famiglia, in parrocchia, attraverso associazioni, movimenti e gruppi di formazione e d’impegno evangelico e, in modo specifico, nelle scuole, negli istituti di studi superiori e nelle università (cfr ivi, 5-12).
(L'Angelus del Papa del 30.10.2005 )




Amici....da quando la Provvidenza ci ha permesso, malgrado ogni nostra debolezza ed ogni nostro limite, di avviare questo forum in internet, non abbiamo fatto altro che rammentare a noi stessi e a tutti voi il valore Universale del Concilio Vaticano II......
Ringraziamo oggi Benedetto XVI per averci incoraggiati, ancora una volta, a proseguire per questa strada..[SM=g6811] ..mettendo avanti a noi e a voi, donando a noi e a voi....TUTTI I DOCUMENTI che grazie a questa teconologia sono oggi di più facile consultazione.....
Riguardo al Documento citato dal Papa:
Meno conosciuto è invece il documento sull’educazione. Da sempre la Chiesa è impegnata nell’educazione della gioventù, alla quale il Concilio riconobbe un’"estrema importanza" sia per la vita dell’uomo che per il progresso sociale (cfr Dich. Gravissimum educationis, Proemio).
Gravissimum educationis
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dove come genitori siamo chiamati in prima linea ad assumere ruoli di responsabilità nell'educazione CRISTIANA  verso i figli.......si legge:

I genitori, primi educatori

3. I genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l'obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa. Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società. Soprattutto nella famiglia cristiana, arricchita della grazia e delle esigenze del matrimonio sacramento, i figli fin dalla più tenera età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo, e ad amare il prossimo, conformemente alla fede che han ricevuto nel battesimo; li anche fanno la prima esperienza di una sana società umana e della Chiesa; sempre attraverso la famiglia, infine, vengono pian piano introdotti nella comunità degli uomini e nel popolo di Dio. Perciò i genitori si rendano esattamente conto della grande importanza che la famiglia autenticamente cristiana ha per la vita e lo sviluppo dello stesso popolo di Dio.

Il compito educativo, come spetta primariamente alla famiglia, cosi richiede l'aiuto di tutta la società.

Perciò, oltre i diritti dei genitori e di quelli a cui essi affidano una parte del loro compito educativo, ci sono determinati diritti e doveri che spettano alla società civile, poiché questa deve disporre quanto è necessario al bene comune temporale. Rientra appunto nelle sue funzioni favorire in diversi modi l'educazione della gioventù: cioè difendere i doveri e i diritti dei genitori e degli altri che svolgono attività educativa e dar loro il suo aiuto; in base al principio della sussidiarietà, laddove manchi l'iniziativa dei genitori e delle altre società, svolgere l'opera educativa, rispettando tuttavia i desideri dei genitori, fon dare inoltre, nella misura in cui lo richieda il bene comune, scuole e istituzioni educative proprie.

Infine, ad un titolo tutto speciale, il dovere di educare spetta alla Chiesa: non solo perché essa va riconosciuta anche come società umana capace di impartire l'educazione, ma soprattutto perché essa ha il compito di annunciare a tutti gli uomini la via della salvezza e di comunicare ai credenti la vita di Cristo, aiutandoli con sollecitudine incessante a raggiungere la pienezza di questa vita. A questi suoi figli, dunque, la Chiesa come madre deve dare un'educazione tale, che tutta la loro vita sia penetrata dello spirito di Cristo; ma nel contempo essa offre la sua opera a tutti i popoli per promuovere la perfezione integrale della persona umana, come anche per il bene della società terrena e per la edificazione di un mondo più umano.

..........
Ringraziando il santo Padre per questo richiamo al Concilio, confidiamo anche in quanti leggono....a trovare nei Documenti della Chiesa, conosciuti come IL MAGISTERO(=insegnamento), materiale idoneo per una progressione personale della fede e una spinta per una testimonianza sempre più credibile delle "ragioni della nostra fede" (san Paolo)
Fraternamente dai gestori tutti.



 
Proviamo a CONOSCERE questi Documenti del Magistero della Chiesa....
40° ANNIVERSARIO “NOSTRA AETATE”
: PADRE FREDERICKS (ESPERTO DI DIALOGO CRISTIANI-BUDDISTI), "IMPOSTAZIONE TEOLOGICA" E "LEGAMI DI SOLIDARIETÀ"

“La 'Nostra Aetate' prima, Giovanni Paolo II poi hanno aperto una strada importante nel dialogo fra buddisti e cristiani. Ma ci sono due problemi ancora sul tavolo. Il primo è trovare un’impostazione teologica che veramente possa essere base di conoscenza reciproca, il secondo è quello di iniziare una prassi di dialogo, posto che non abbiamo lo scopo di convertire l’altro, ma di creare legami di solidarietà”. E’ la riflessione di padre James Fredericks, docente di studi teologici alla Loyola Marymount University, intervenuto questa mattina al convegno internazionale “Nostra Aetate oggi”, promosso presso la Pontificia Università Gregoriana (fino a domani)in occasione del quarantesimo anniversario della promulgazione della dichiarazione conciliare sui rapporti interreligiosi (28 ottobre 1965).
“Da 25 anni mi occupo di dialogo fra cristiani e buddisti - ha affermato padre Fredericks prendendo parte alla sessione dedicata al confronto fra cristianesimo e religioni asiatiche - e ho imparato che bisogna rifuggire soprattutto dalla tendenza a mitigare le proprie posizioni per avvicinarsi all’altro e dall’errore di costruire sistemi teologici a priori che interferiscono con la nostra capacità di ascoltare e di capire.
Da questo punto di vista Giovanni Paolo II ha fatto passi avanti rispetto al Concilio Vaticano II affermando allo stesso tempo l’unicità di Cristo e l’ubiquità dello Spirito Santo, presente in ogni preghiera autentica”.

IL DIALOGO INTERRELIGIOSO è “UNA FORMA DI PREVENZIONE DEI CONFLITTI

Il dialogo interreligioso “può essere una forma di prevenzione dei conflitti”. Ma il lavoro teologico deve fare la sua parte per “cercare un linguaggio comune” altrimenti si rischiano fraintendimenti e incomprensioni.

Si è aperta con un confronto fra Mona Siddiqui, musulmana da sempre vissuta in Occidente, e padre Thomas Michel, un padre gesuita indonesiano, l’ultima giornata di lavori del convegno internazionale “Nostra Aetate oggi” dedicata al dialogo fra cristianesimo e Islam. “Già il Concilio – ha detto padre Michel - ci invitava ad andare oltre la conflittualità che storicamente si è verificata e continua a verificarsi fra le due religioni, per provare a lavorare assieme per la pace e la giustizia sociale.

Era questa forse l’indicazione più profetica di Nostra Aetate. Il dialogo interreligioso può essere una forma di prevenzione dei conflitti. Le difficoltà teologiche sono tante. Ci viene incontro la teologia delle religioni di Giovanni Paolo II”. “Il lavoro teologico – ha aggiunto Mona Siddiqui – sta in parte anche nel cercare un linguaggio comune, altrimenti i concetti di base continuano a venire intesi in modo troppo diverso. Tuttavia l’esperienza mi ha insegnato che la fede parla alla fede in molti modi”.


Agenzia Sir

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COSTRUIRE INSIEME

Il 28 ottobre 1965 veniva approvata la dichiarazione che inaugurò uno stile nuovo nelle relazioni con le tradizioni non cristiane Un testo fondamentale per l’educazione alla pace e al rispetto della diversità

«Nostra Aetate» è  scuola del dialogo

L’attualità del documento conciliare al centro di un convegno interreligioso tenutosi alla Gregoriana di Roma «Ha cambiato il modo di guardare se stessi e gli altri»



Da Roma Mimmo Muolo

A quarant'anni dalla sua promulgazione, la Nostra Aetate mette tutti d'accordo. Cristiani, ebrei e musulmani, ma anche rappresentanti di altre tradizioni religiose. «Non ci sono alternative al dialogo tra le religioni. E più si procederà su questa strada, più grande sarà il contributo alla costruzione di un mondo pacificato». Sono queste anche le conclusioni della tre giorni di studio che ha visto confrontarsi alla Pontificia Università Gregoriana oltre 300 esponenti del mondo accademico internazionale.
Secondo padre Joseph Sievers, docente di storia ebraica al Pontificio Istituto Biblico e uno degli organizzatori del convegno, «dopo quarant'anni stiamo constatando che non solo la visione dell'altro sta cambiando, ma anche la visione di se stessi e del modo di intendere i rapporti. Non nel senso di abbandonare la propria religione, o di diventare sincretisti, ma nel senso di un allargamento di orizzonti. Ho potuto sperimentarlo di persona, grazie ai miei rapporti con l'ebraismo. E così penso che avvenga per gli altri nei rapporti con il cristianesimo».


Lo studioso cita un esempio tratto proprio dal confronto di questi giorni. «Uno dei rappresentanti indu presenti mi ha detto: "A questi incontri di solito siamo invitati come ospiti. Adesso anche noi dobbiamo diventare ospitanti"». Insomma, sottolinea padre Sievers, «il dialogo richiede pazienza e rispetto anche dei tempi con cui camminano gli altri».


Il vero salto di qualità, tuttavia, avverrà quando il dialogo sarà portato «a livello della vita quotidiana, ad esempio attraverso la sua introduzione nelle scuole, per mettere le basi di una corretta educazione alla diversità». «Un convegno da solo non cambia il mondo - conclude padre Sievers -. Ma la formazione può fare molto. Oggi alla Gregoriana abbiamo anche studenti musulmani che vengono a studiare il cristianesimo e l'ebraismo. E questo mi dà molta fiducia per il futuro».


Gli fa eco Ron Kronish, direttore dell'Icci (Interreligious Coordi nating Council in Israel), anch'egli presente ai lavori. «Come ebreo - afferma - penso che la Nostra Aetate abbia aperto un nuovo campo di dialogo tra ebrei e cristiani e ora anche tra cristiani, ebrei e musulmani. Il dialogo è la via del futuro, le crociate sono ormai finite, si apre un nuovo periodo storico e questo documento contiene le linee guida per realizzare un grande cambiamento. Perciò dobbiamo continuare a esercitarci nel dialogo, educando soprattutto le nuove generazioni».


Anche Adnane Mokrani, tunisino, docente di Introduzione all'islam all'Università Gregoriana, parla di «svolta storica». «La Nostra Aetate non solo ha incoraggiato il dialogo, ma ha dato un formidabile contributo alla pace mondiale». Anche se, riconosce l'esponente musulmano, «il cammino dopo 40 anni è ancora gli inizi». Come si può renderlo, dunque, più spedito? «Dialogare - risponde - significa aver desiderio di incontrare l'altro. Secondo me. non dobbiamo insistere tanto sulle procedure, quanto sulla spontaneità e la semplicità dell'apertura e dell'ascolto». In questo modo, sottolinea, «così come si è avviato un dialogo tra cristiani e musulmani e tra cristiani ed ebrei, spero sia possibile avviare anche un dialogo diretto anche tra ebrei e musulmani».

E se «in questo momento il problema è soprattutto di natura politica e coinvolge lo Stato di Israele e i Paesi arabi, in virtù del comune patrimonio abramitico possiamo andare oltre i confini della politica».
Naturalmente occorrono anche alcune condizioni. Mokrani ricorda: «Nel dialogo interreligioso non ci sono alleanze, né gelosie, né esclusioni, perché questo è contro il principio stesso del dialogo. Inoltre il dialogo è ripudio della violenza, atto di purificazione dalla tentazione dell'odio e dell'egoismo». Infine il dialogo è «impegno comune per affermare la libertà religiosa». Anche nei Paesi islamici?, gli chiediamo. «Certo - risponde -. Ovunque».


Avvenire - 29 settembre 2005



Ripercorrere il Concilio: riflessione 

E' un modo giusto e corretto ripercorre il Concilio Vaticano II. Giovanni Paolo II ha detto: "Il Concilio Vaticano II è il grande dono che Dio ci ha dato". Paolo VI ebbe a dire: "Il Concilio Vaticano II è il catechismo dei tempi nuovi."




C'è qualcuno che ha una certa allergia per il Concilio, per motivi che possono anche essere comprensibili. Se per esempio io sono un bimbo adottato e la mia mamma adottiva denigra la mia mamma naturale fino a farmela apparire una poco di buono, non si dica poi che io non ho amore per la mia mamma naturale. Io per lei ho i sentimenti che mi sono stati inculcati.

Ebbene il Concilio Vaticano II ha avuto una certa naturale confusione. Lo dico con le parole del cardinale Suenens: "Quando voi rifate la casa vivete per mesi in calcinacci. Però non vi lamentate della polvere, del disagio, dei lavori. Voi sopportate il disagio dei lavori perché, alla fine, la casa sarà più bella". Non si può pretendere che in quarant'anni di vita, che sono lunghi per una esistenza umana, ma che sono un attimo per l'umanità, si possa assimilare tutto il bagaglio di novità e di riflessioni e di aperture che ha indotto il Concilio Vaticano II. Immaginate i sedici documenti, sono sedici tomi.

Il post-concilio ha ancora i calcinacci della ristrutturazione, anche se c'è qualcuno che ha invelenito il Concilio stesso. Il cardinale Biffi, il vescovo della verità, è molto preoccupato perché trova alcune affermazioni post-conciliari che fanno paura. Ne dico una. "Il Magistero è dialogo?" No. "Il Magistero è insegnamento" insegnamento dialogativo semmai, ossia attraverso il dialogo e mai una imposizione. Passerà anche per il dialogo, ma il dialogo è uno strumento. Se c'è il nulla resta il nulla. A fronte di alcune di queste azioni piratesche post-conciliari che hanno invelenito gli animi è scattata la risposta di quanti affermano che il post-concilio ha rovinato tutto. Tutto certamente no, ma qualcosa forse si. Io dico allora. Ritorniamo al Concilio genuino. Aggiorniamolo perché le cose datate hanno continuamente bisogno di essere rivisitate. La Parola cresce. Però esso è la strada. Molti cattolici non hanno ancora applicato il Concilio di Trento e sono passati quattrocento anni. Se facciamo così anche con il Concilio Vaticano II il Signore ci dirà: "Vi ho mandato i profeti e non li avete ascoltati". I profeti sono venuti, sono stati addirittura canonizzati, quelli del Concilio. Bellissimo.

Voi sapete che il Concilio non è un libro statico, esso rimbalza immediatamente alla Scrittura, la Scrittura rimbalza alla Chiesa, la Chiesa invoca la Liturgia. E' un firmamento. Però riprendere in mano i testi, soprattutto per i giovanissimi che sono nati dopo, affinché lo studino bene, è certamente la strada maestra.



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Se può tornare utile, suggerisco la prima parte dell'intervista di Messori all'allora card. Ratzinger......dove nel primo capitolo parla proprio del progressismo e del tradizionalismo nella Chiesa

vi riporto solo quanto segue:

(Messori) Continuava:
(Ratzinger): " Nei confronti di entrambe le posizioni contrapposte, va precisato innanzi tutto che il Vaticano II è sorretto dalla stessa autorità del Vaticano I e del Tridentino: e cioè, il Papa e il collegio dei vescovi in comunione con lui".
(...)
(Messori) Da qui, Ratzinger derivava due conseguenze:
(Ratzinger):
"Primo: è impossibile per un cattolico prendere posizione in favore del Vaticano II e contro Trento o il Vaticano I. Chi accetta il Vaticano II, così come si è chiaramente espresso nella lettera e così come chiaramente inteso nello spirito, afferma al tempo stesso l'ininterrotta Tradizione della Chiesa, in particolare anche i due Concili precedenti. E ciò valga per il cosidetto "progressismo" almeno nelle sue forme estreme.
Secondo: allo stesso modo è impossibile decidersi a favore di Trento e del Vaticano I e contro il Vaticano II. Chi nega il Vaticano II nega l'autorità che regge gli altri due Concili e così li stacca dal loro fondamento. E ciò valga per il cosidetto "tradizionalismo", anch'esso nelle sue forme estreme. Davanti al Vaticano II, ogni scelta di parte distrugge un tutto, la storia stessa della Chiesa, che può esistere solo come unità indivisibile."

(Messori) Critico a "sinistra", Ratzinger si mostra inequivocabilmente severo anche a "destra"....
(Ratzinger):
"Non vedo alcun futuro per una posizione che si ostina in un rifiuto di principio del Vaticano II. Infatti essa è in se stessa illogica! Punto di partenza di questa tendenza è infatti la più rigida fedeltà all'insegnamento, in particolare di Pio IX e di Pio X e, ancor più a fondo, del Vaticano I e la sua definizione del primato del Papa. Ma perchè i Papi sino a Pio XII e non oltre? Forse che l'obbedienza alla Santa Sede è divisibile secondo le annate o secondo la consonanza di un insegnamento alle proprie convinzioni già stabilite?"

(Rapporto sulla Fede: Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger -pagine citate la 28/29- Libro uscito nel 1985 Ed.san Paolo è stato riprodotto nel 2005 con nuovi riferimenti alla salita al soglio Pontificio di Joseph Ratzinger con il nome di Benendetto XVI)

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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