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J.Ratzinger, Benedetto XVI, spiega il Concilio Vaticano II

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2012 21:18
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15/12/2008 11:41
 
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Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa ?

Risposta:
Il Concilio Ecumenico Vaticano II né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.
Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio1. Paolo VI lo ribadì2 e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen gentium: "E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione"3. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione4.




La Chiesa di Gesù è solo quella CATTOLICA

«La Chiesa di Gesù è quella cattolica»

di Andrea Tornielli - venerdì 06 luglio 2007

da Roma (IL GIORNALE)

La Chiesa di Cristo non è distinta o distinguibile dalla Chiesa cattolica, che è l’unica a possedere «tutti gli elementi della Chiesa istituita da Gesù». Lo ribadirà all’inizio di questa settimana la Congregazione per la dottrina della fede, rispondendo ai «dubbi» sollevati in questi ultimi anni. La presa di posizione dottrinale dell’ex Sant’Uffizio, che non mancherà di suscitare discussioni, dovrebbe essere accompagnata da un autorevole commento teologico pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano.

Al centro del dibattito ancora una volta il significato del verbo «sussiste», utilizzato dal Concilio nella Costituzione Lumen gentium, dove si legge che l’unica Chiesa di Cristo «sussiste nella Chiesa cattolica» (in latino «subsistit in»). Parole su cui, nel corso degli anni, sono state costruite varie interpretazioni, compresa quella secondo la quale Gesù in realtà non avrebbe pensato di fondare una Chiesa, e nel caso lo avesse fatto, questa si sarebbe poi divisa in tante Chiese e comunità ecclesiali. Dunque, non esistendo più l’unità iniziale, non esisterebbe più la vera Chiesa di Cristo, ma soltanto degli spezzoni di essa. Questa tesi ricorrente è già stata smentita più volte dai Papi. Nel 1973 con la dichiarazione Mysterium Ecclesiae di Paolo VI; nel 1985, con la notificazione della Congregazione per la dottrina della fede su un libro del teologo della liberazione Leonardo Boff; nel 1992 con la Lettera ai vescovi Communionis notio e infine nel 2000, in pieno Giubileo, con la dichiarazione Dominus Iesus, approvata da Giovanni Paolo II. Ciononostante, i dubbi ciclicamente ritornano e, così come è spesso usuale considerare una religione uguale all’altra come via di salvezza, in ambito cristiano si tende talvolta a credere che una confessione valga l’altra: un’abitudine che l’allora cardinale Joseph Ratzinger, sette anni fa, aveva definito «relativismo ecclesiologico».

In realtà, con il verbo «sussiste» il Concilio voleva esprimere la singolarità e la non moltiplicabilità della Chiesa cattolica: esiste cioè la Chiesa come soggetto nella realtà storica. Il significato era dunque - come spiegava Ratzinger - esattamente il contrario di quello relativistico, in quanto con quel «sussiste» intendeva dire «esiste realmente».
Il breve responso della Congregazione per la dottrina della fede la cui uscita, dopo un lungo e attento lavoro di redazione, è attesa nei prossimi giorni, ribadirà che la Chiesa di Cristo esiste realmente nella Chiesa cattolica e che tutti gli elementi della Chiesa istituita da Gesù si ritrovano in essa e soltanto in essa. Al contrario, secondo il magistero cattolico, la Chiesa di Cristo non «sussiste» nelle altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane. Ciò non significa, ovviamente, come ha già spiegato lo stesso Concilio, che le Chiese (quelle orientali e ortodosse, che hanno conservato la successione apostolica) e le comunità separate (quelle nate con la Riforma protestante), non abbiano un ruolo nella storia della salvezza.
Il Vaticano II spiegava infatti nel decreto Unitatis redintegratio che, pur avendo esse delle «carenze», non sono «affatto spoglie di valore», perché lo Spirito di Cristo «non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, la cui forza deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica». In quello stesso testo si puntualizzava però che «solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è il mezzo generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza».
************************
Indubbiamente questo Documento scatenerà l'ira funesta di quanti, manipolando il Concilio, erano arrivati ad un SICRETISMO fra i cristiani.......
Ma non dobbiamo farci scoraggiare, per troppi anni siamo rimasti nelle ambiguità e nella confusione..finalmente I SUCCESSORI DEGLI APOSTOLI iniziano a parlare chiaro definendo la verità del Concilio Vaticano II nella sua bellezza e TRASPARENZA.....
Per comprendere questo testo che posterò qui a seguire, sarà necessario che i cattolici riprendano in mano LA DOMINUS JESUS

http://www.vatican.va/roman_curia/co...-iesus_it.html


dichiarazione dominus iesus circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della chiesa, 6 agosto 2000

Exclamation Documento: Aspetti circa la Dottrina sulla Chiesa

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
RISPOSTE A QUESITI RIGUARDANTI ALCUNI ASPETTI
CIRCA LA DOTTRINA SULLA CHIESA

Introduzione

Il Concilio Vaticano II, con la Costituzione dogmatica Lumen gentium e con i Decreti sull'Ecumenismo (Unitatis redintegratio) e sulle Chiese orientali (Orientalium Ecclesiarum), ha contribuito in modo determinante ad una comprensione più profonda dell'ecclesiologia cattolica. Al riguardo anche i Sommi Pontefici hanno voluto offrire approfondimenti e orientamenti per la prassi: Paolo VI nella Lettera Enciclica Ecclesiam suam (1964) e Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Ut unum sint (1995).
Il conseguente impegno dei teologi, volto ad illustrare sempre meglio i diversi aspetti dell'ecclesiologia, ha dato luogo al fiorire di un'ampia letteratura in proposito. La tematica si è infatti rivelata di grande fecondità, ma talvolta ha anche avuto bisogno di puntualizzazioni e di richiami, come la Dichiarazione Mysterium Ecclesiae (1973), la Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica Communionis notio (1992) e la Dichiarazione Dominus Iesus (2000), tutte pubblicate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

La vastità dell'argomento e la novità di molti temi continuano a provocare la riflessione teologica, offrendo sempre nuovi contributi non sempre immuni da interpretazioni errate che suscitano perplessità e dubbi, alcuni dei quali sono stati sottoposti all'attenzione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Essa, presupponendo l'insegnamento globale della dottrina cattolica sulla Chiesa, intende rispondervi precisando il significato autentico di talune espressioni ecclesiologiche magisteriali, che nel dibattito teologico rischiano di essere fraintese.

RISPOSTE AI QUESITI

Primo quesito: Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa ?

Risposta: Il Concilio Ecumenico Vaticano II né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.
Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio1. Paolo VI lo ribadì2 e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen gentium: "E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione"3. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione4.

Secondo quesito: Come deve essere intesa l’affermazione secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica ?

Risposta: Cristo "ha costituito sulla terra" un’unica Chiesa e l’ha istituita come "comunità visibile e spirituale"5, che fin dalla sua origine e nel corso della storia sempre esiste ed esisterà, e nella quale soltanto sono rimasti e rimarranno tutti gli elementi da Cristo stesso istituiti6. "Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica […]. Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui"7.
Nella Costituzione dogmatica Lumen gentium 8 la sussistenza è questa perenne continuità storica e la permanenza di tutti gli elementi istituiti da Cristo nella Chiesa cattolica8, nella quale concretamente si trova la Chiesa di Cristo su questa terra.

Secondo la dottrina cattolica, mentre si può rettamente affermare che la Chiesa di Cristo è presente e operante nelle Chiese e nelle Comunità ecclesiali non ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica grazie agli elementi di santificazione e di verità che sono presenti in esse9, la parola "sussiste", invece, può essere attribuita esclusivamente alla sola Chiesa cattolica, poiché si riferisce appunto alla nota dell’unità professata nei simboli della fede (Credo…la Chiesa "una"); e questa Chiesa "una" sussiste nella Chiesa cattolica10.


Terzo quesito: Perché viene adoperata l’espressione "sussiste nella" e non semplicemente la forma verbale "è" ?

Risposta: L’uso di questa espressione, che indica la piena identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica, non cambia la dottrina sulla Chiesa; trova, tuttavia, la sua vera motivazione nel fatto che esprime più chiaramente come al di fuori della sua compagine si trovino "numerosi elementi di santificazione e di verità", "che in quanto doni propri della Chiesa di Cristo spingono all’unità cattolica"11.
"Perciò le stesse Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che hanno delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Infatti lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica"12.

Quarto quesito: Perché il Concilio Ecumenico Vaticano II attribuisce il nome di "Chiese" alle Chiese orientali separate dalla piena comunione con la Chiesa cattolica ?

Risposta: Il Concilio ha voluto accettare l’uso tradizionale del nome. "Siccome poi quelle Chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il Sacerdozio e l’Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora uniti con noi da strettissimi vincoli"13, meritano il titolo di "Chiese particolari o locali"14, e sono chiamate Chiese sorelle delle Chiese particolari cattoliche15.
"Perciò per la celebrazione dell’Eucaristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce"16. Siccome, però, la comunione con la Chiesa cattolica, il cui Capo visibile è il Vescovo di Roma e Successore di Pietro, non è un qualche complemento esterno alla Chiesa particolare, ma uno dei suoi principi costitutivi interni, la condizione di Chiesa particolare, di cui godono quelle venerabili Comunità cristiane, risente tuttavia di una carenza17.
D’altra parte l’universalità propria della Chiesa, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui, a causa della divisione dei cristiani, trova un ostacolo per la sua piena realizzazione nella storia18.

Quinto quesito: Perché i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di "Chiesa" alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo ?

Risposta: Perché, secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo essenziale dell’essere Chiesa. Le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico19, non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate "Chiese" in senso proprio20.


Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha approvato e confermato queste Risposte, decise nella sessione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 29 giugno 2007, nella solennità dei Ss. Pietro e Paolo, Apostoli.
William Cardinale Levada
Prefetto

+ Angelo Amato, S.D.B.
Arcivescovo tit. di Sila
Segretario
_______________________
1
GIOVANNI XXIII, Allocuzione dell’11 ottobre 1962: "…il Concilio…vuole trasmettere pura e integra la dottrina cattolica, senza attenuazioni o travisamenti…Ma nelle circostanze attuali il nostro dovere è che la dottrina cristiana nella sua interezza sia accolta da tutti con rinnovata, serena e tranquilla adesione…E’ necessario che lo spirito cristiano, cattolico e apostolico del mondo intero compia un balzo in avanti, che la medesima dottrina sia conosciuta in modo più ampio e approfondito…Bisogna che questa dottrina certa e immutabile, alla quale è dovuto ossequio fedele, sia esplorata ed esposta nella maniera che l’epoca nostra richiede. Altra è la sostanza del depositum fidei, o le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, ed altro è il modo in cui vengono enunciate, sempre tuttavia con lo stesso senso e significato" : AAS 54 [1962] 791; 792.
2 Cf. PAOLO VI, Allocuzione del 29 settembre 1963: AAS 55 [1963] 847-852.
3 PAOLO VI, Allocuzione del 21 novembre 1964: AAS 56 [1964] 1009-1010 (trad. it. in: L’Osservatore Romano, 22 novembre 1964, 3).
4 Il Concilio ha voluto esprimere l’identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa Cattolica. Ciò si trova nelle discussioni sul Decreto Unitatis redintegratio. Lo Schemadel Decreto fu proposto in Aula il 23. 9. 1964 con una Relatio (Act Syn III/II 296-344). Ai modi inviati dai vescovi nei mesi seguenti il Segretariato per l’Unità dei Cristiani risponde il 10.11.1964 (Act Syn III/VII 11-49). Da questa Expensio modorum si riportano quattro testi concernenti la prima risposta.
A) [In Nr. 1 (Prooemium) Schema Decreti: Act Syn III/II 296, 3-6]
"Pag. 5, lin. 3-6: Videtur etiam Ecclesiam catholicam inter illas Communiones comprehendi, quod falsum esset.
R(espondetur): Hic tantum factum, prout ab omnibus conspicitur, describendum est. Postea clare affirmatur solam Ecclesiam catholicam esse veram Ecclesiam Christi"
(Act Syn III/VII 12).
B) [In Caput I in genere: Act Syn III/II 297-301]
"4 - Expressius dicatur unam solam esse veram Ecclesiam Christi; hanc esse Catholicam Apostolicam Romanam; omnes debere inquirere, ut eam cognoscant et ingrediantur ad salutem obtinendam...
R(espondetur): In toto textu sufficienter effertur, quod postulatur. Ex altera parte non est tacendum etiam in aliis communitatibus christianis inveniri veritates revelatas et elementa ecclesialia"(
Act Syn III/VII 15). Cf. anche ibidem punto 5.
C) [In Caput I in genere: Act Syn III/II 296s]

"5 - Clarius dicendum esset veram Ecclesiam esse solam Ecclesiam catholicam romanam...
R(espondetur): Textus supponit doctrinam in constitutione ‘De Ecclesia’ expositam, ut pag. 5, lin. 24-25 affirmatur"
(Act Syn III/VII 15). Quindi la commissione che doveva valutare gli emendamenti al Decreto Unitatis redintegratio esprime con chiarezza l’identità della Chiesa di Cristo e della Chiesa cattolica e la sua unicità, e vede questa dottrina fondata nella Costituzione dogmatica Lumen gentium.
D) [In Nr. 2 Schema Decreti: Act Syn III/II 297s]
"Pag. 6, lin. 1- 24: Clarius exprimatur unicitas Ecclesiae. Non sufficit inculcare, ut in textu fit, unitatem Ecclesiae.
R(espondetur): a) Ex toto textu clare apparet identificatio Ecclesiae Christi cum Ecclesia catholica, quamvis, ut oportet, efferantur elementa ecclesialia aliarum communitatum".
"Pag. 7, lin. 5: Ecclesia a successoribus Apostolorum cum Petri successore capite gubernata (cf. novum textum ad pag. 6, lin.33-34) explicite dicitur ‘unicus Dei grex’ et lin. 13 ‘una et unica Dei Ecclesia’ "
(Act Syn III/VII).
Le due espressioni citate sono quelle di Unitatis redintegratio 2.5 e 3.1.
5 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.1.
6 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 3.2; 3.4; 3.5; 4.6.
7 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.2.
8 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Mysterium Ecclesiae, 1.1: AAS 65 [1973] 397; Dich. Dominus Iesus, 16.3: AAS 92 [2000-II] 757-758; Notificazione sul libro di P. Leonardo Boff, OFM, "Chiesa: carisma e potere": AAS 77 [1985] 758-759.9 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Ut unum sint, 11.3: AAS 87 [1995-II] 928.
10 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.2.
11 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.2.
12 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 3.4.
13 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 15.3; cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lett. Communionis notio, 17.2: AAS, 85 [1993-II] 848.
14 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 14.1.
15 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 14.1; GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Ut unum sint, 56 s : AAS 87 [1995-II] 954 s.
16 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 15.1.
17 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lett. Communionis notio, 17.3: AAS 85 [1993-II] 849.
18 Cf. ibid.
19 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decr. Unitatis redintegratio, 22.3.
20 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Dominus Iesus, 17.2: AAS 92 [2000-II] 758.

[01035-01.01] [Testo originale: Latino]

www.vatican.va
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"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)


 
A tal riguardo vi offro un testo interessantessimo tra i DOSSIER di Propaganda Fides.... che fa luce e mette in chiaro alcuni aspetti da noi quotidianamente vissuti e combattuti.... Occhiolino

si legge:

La Chiesa post-conciliare è quella autentica?

Il provocatorio titolo che ho voluto dare a questo paragrafo ha la finalità di mettere in luce le tante mistificazioni che si tentano di far passare quando si parla di Concilio Vaticano II. Se nel linguaggio della gente comune possono essere accettate formulazioni del tipo: “la Chiesa del dopo concilio è più vicina alla gente”; oppure, finalmente con il Concilio “ la Chiesa perde il suo volto dogmatico per mostrarne uno più umano” o altro. Diventa, tuttavia assai più grave quando formulazioni di questo genere, semmai più raffinate, provengono da uomini di Chiesa o talvolta da sedicenti intellettuali cattolici.
(...)
Ma essere passati dalla considerazione di un Concilio come evento straordinario al tentativo di contrapporre una Chiesa post-conciliare ad una pre-conciliare è senz’altro grave. La Chiesa, aveva affermato Giovanni XXXI, ha la missione di custodire il deposito della fede e dedicarsi “con alacre volontà e senza timore a quell’opera che la nostra età esige, proseguendo così il cammino, che la Chiesa compie da quasi venti secoli” (Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962).

(...)
“Credevamo che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole, per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole e di tempeste, e di buio, e di ricerche e di incertezza, e si fa fatica a dare la gioia della comunione; predichiamo l'ecumenismo e ci distacchiamo sempre di più dagli altri, e cerchiamo di scavare abissi invece che colmarli. Come è avvenuto questo? Noi vi confideremo un pensiero che può essere - lo mettiamo noi stessi qui in libera discussione - che può essere infondato, e cioè che ci sia stato un potere, un potere avverso, diciamo il suo nome, il diavolo, questo misterioso essere che c'è […]. Noi crediamo in qualche cosa di preternaturale avvenuto nel mondo proprio per turbare, quasi per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico e non lasciare che la Chiesa scoppiasse nell'inno della gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé” (Paolo VI, Fortes in fide, omelia nella Messa per il nono anniversario dell'incoronazione, del 29-6-1972 in: Insegnamenti di Paolo VI, Roma: Libreria Editirice Vaticana, vol. X, pp. 703-709).

(...)
Nel tentativo, spero riuscito, di sgombrare il dubbio circa una contrapposizione tra una Chiesa pre e postconciliare, passo ad affrontare la questione che qui ci interessa più da vicino: la liturgia. Infatti è su questo versante che l’“ermeneutica della discontinuità e della rottura” (fu l’espressione usata da Benedetto XVI nel discorso in occasione degli auguri natalizi alla Curia romana il 22 dicembre 2005. In quella circostanza il Pontefice, approfittando del 40° anniversario dalla chiusura del Concilio, ne delineò un breve bilancio. Nell’esprimere un giudizio positivo sull’assise conciliare, stigmatizzò l’atteggiamento di coloro che avevano voluto contrapporre la Chiesa pre-conciliare ad una post-conciliare. Ad una “ermeneutica della discontinuità e della rottura”, Benedetto XVI indicava per una lettura corretta del Vaticano II “un’ermeneutica della riforma e della continuità”) ha fatto più “vittime”. È sul versante liturgico che il popolo di Dio ha avuto il martellante insegnamento che finalmente si era passati da una liturgia in cui i fedeli erano in una posizione di passività ad una di autentica partecipazione. I fronti su questo livello sono tanti: dalla lingua liturgica, alla posizione del sacerdote durante la celebrazione; dall’arte sacra alla musica sacra.

Sembra comunque che l’“ermeneutica della discontinuità” abbia fatto del termine “partecipazione” la sua parola d’ordine.

Qui il testo in formato word
”Incontro con Gesù di Nazareth - Improvvisazione o fedeltà creativa alla Tadizione”


 
Tanto per dare forza a quanto stiamo dicendo.....riporto ad memoriam un passo delle parole di Giovanni Paolo II..dell'Esortazione Apostolica:
Catechesi Tradendae - Giovanni Paolo II -  ...
..si di quelle parole che NON si leggono nei forums, nè tanto meno nei siti che idolatrano il Papa perchè li confermi nella fede, ma poi non lo ascoltano e non obbediscono...
Romani 15:14 - Ora, fratelli miei, io stesso sono persuaso a vostro riguardo, che anche voi siete pieni di bontà, ripieni d’ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi gli uni gli altri.


1° Tessalonicesi 5:14 - Ora, fratelli, vi esortiamo ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli e ad essere pazienti verso tutti.

Verso 17b... e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa. chiaro no??

2 Tess. 3:6 - Ora, fratelli, vi ordiniamo nel nome del Signor nostro Gesù Cristo, che vi ritiriate da ogni fratello che cammini disordinatamente e non secondo l’insegnamento che avete ricevuto da noi. 14-15 E se qualcuno non ubbidisce a quanto diciamo in questa epistola, notate quel tale e non vi associate a lui, affinché si vergogni. Non tenetelo però come un nemico, ma ammonitelo come fratello.


Voglio farvi notare che l'ammonizione verso i disordinati era stata già comandata da Paolo ai Tessalonicesi nella prima lettera:

"vi esortiamo ad ammonire i disordinati" ma dopo una prima ammonizione allora bisogna agire con una severità maggiore.

Romani 16:17-18 - Or io vi esorto, fratelli, a guardarvi da quelli che fomentano le divisioni e gli scandali contro la dottrina che avete appreso, e ritiratevi da loro; costoro infatti non servono il nostro Signore Gesù Cristo ma il proprio ventre, (cioè il loro proprio interesse) e con dolce e lusinghevole parlare seducono i cuori dei semplici.
Linguaggio adatto al servizio del «Credo»

59. Un problema che si avvicina al precedente è quello del linguaggio. Ognuno sa quanto tale questione sia scottante al giorno d'oggi. Non è pure paradossale constatare come gli studi contemporanei, nel campo della comunicazione, della semantica e della scienza dei simboli, per esempio, diano una notevole importanza al linguaggio, e come d'altronde il linguaggio sia oggigiorno utilizzato abusivamente al servizio della mistificazione ideologica, della massificazione del pensiero, della riduzione dell'uomo alla condizione di oggetto?

Tutto ciò esercita influssi notevoli nel campo della catechesi. Ad essa incombe, infatti, il preciso dovere di trovare un linguaggio adatto ai fanciulli ed ai giovani del nostro tempo in generale, come a numerose altre categorie di persone: linguaggio per gli intellettuali, per gli uomini di scienza; linguaggio per gli handicappati ecc. Sant'Agostino aveva già incontrato un tale problema ed aveva contribuito a risolverlo, per il suo tempo, con la nota opera De catechizandis radibus. In catechesi come in teologia, la questione del linguaggio senza alcun dubbio, fondamentale. Ma non è superfluo ricordarlo qui: la catechesi non potrebbe ammettere alcun linguaggio che, sotto qualsiasi pretesto, anche se presentato come scientifico, avesse come risultato quello di snaturare il contenuto del Credo. E meno ancora conviene un linguaggio che inganni o che seduca. La legge suprema è, al contrario, che i grandi progressi nella scienza del linguaggio debbono poter essere messi al servizio della catechesi, perchè essa possa più agevolmente «dire» o «comunicare» ai fanciulli, agli adolescenti, ai giovani e agli adulti di oggi tutto il contenuto dottrinale, senza alcuna deformazione.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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