A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

1 Ottobre: S.Teresa del Bambin Gesù

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2015 14:14
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
15/12/2008 16:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

e canonizzazione dei suoi Genitori


Nella basilica di Lisieux la beatificazione dei genitori di santa Teresa

L'orologiaio e la merlettaia,
sposi 150 anni fa

                  

Lui orologiaio, lei merlettaia:  borghesi di estrazione, santi di elezione. Sono Luigi Martin (1823-1894) e Zelia Guérin (1831-1877) - i genitori di Teresa del Bambino Gesù - che domenica 19 ottobre vengono proclamati beati nel corso di una celebrazione presieduta nella basilica di Lisieux dal cardinale José Saraiva Martins. È la seconda coppia di sposi - dopo i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi beatificati nel 2001 da Giovanni Paolo II - a essere elevata agli onori degli altari.

Entrambi figli di militari, vengono educati in un ambiente disciplinato, severo, molto rigoroso e segnato da un certo giansenismo ancora strisciante nella Francia dell'epoca. Tutti e due ricevono un'educazione di impronta religiosa:  presso i Fratelli delle scuole cristiane, Luigi, dalle suore dell'adorazione perpetua, Zelia. Al termine degli studi, nel momento di scegliere il suo futuro, Luigi si orienta verso l'apprendimento del mestiere di orologiaio, nonostante l'esempio del padre, noto ufficiale dell'esercito napoleonico. Zelia, invece, inizialmente aiuta la madre nella gestione del locale di famiglia. Poi si specializza nel "punto d'Alençon" presso la scuola di merletto. Nel giro di qualche anno, i suoi sforzi sono premiati:  apre una modesta azienda per la produzione del merletto e ottiene un discreto successo.

Ambedue nutrono fin dall'adolescenza il desiderio di entrare in una comunità religiosa. Ci prova lui chiedendo di essere ammesso tra i canonici regolari di sant'Agostino dell'ospizio del Gran San Bernardo sulle Alpi svizzere, ma non viene accolto perché non conosce il latino. Tenta anche lei di entrare tra le Figlie della carità di san Vincenzo de' Paoli, ma comprende che non è la sua strada.

Per tre anni Luigi soggiorna a Parigi, ospite di parenti, per perfezionare la sua formazione di orologiaio. In quel periodo è sottoposto a molte sollecitazioni da parte dell'ambiente parigino percorso da spinte rivoluzionarie. Si avvicina perfino a un'associazione segreta, ma se ne allontana immediatamente. Insoddisfatto del clima che si respira nella capitale, si trasferisce ad Alençon, dove intraprende la sua attività, conducendo fino all'età di trentadue anni uno stile di vita quasi ascetico. Zelia, intanto, con gli introiti della sua azienda, mantiene tutta la famiglia vendendo merletti all'alta società parigina. L'incontro tra i due avviene nel 1858 sul ponte di san Leonardo di Alençon. Alla vista di Luigi, Zelia avverte distintamente che quello sarà l'uomo della sua vita.

Dopo pochi mesi di fidanzamento si sposano. Conducono una vita coniugale all'insegna del Vangelo, scandita dalla messa quotidiana, dalla preghiera personale e comunitaria, dalla confessione frequente, dalla partecipazione alla vita parrocchiale. Dalla loro unione nascono nove figli, quattro dei quali muoiono prematuramente. Tra le cinque figlie che sopravvivono, Teresa, la futura santa, nata nel 1873. I ricordi della carmelitana sui suoi genitori sono una fonte preziosa per comprendere la loro santità. I Martin educano le loro figlie a divenire non solo buone cristiane ma anche oneste cittadine. A 45 anni Zelia riceve la terribile notizia di avere un tumore al seno. Vive la malattia con ferma speranza cristiana fino alla morte avvenuta nell'agosto 1877.

A 54 anni Luigi si trova da solo a portare avanti la famiglia. La primogenita ha 17 anni, l'ultima, Teresa, appena quattro e mezzo. Si trasferisce allora a Lisieux, dove risiede il fratello di Zelia. In questo modo, le figlie ricevono le cure della loro zia Celina. Tra il 1882 e il 1887 Luigi accompagna tre delle sue figlie al Carmelo. Il sacrificio più grande per lui sarà di allontanarsi da Teresa che entra tra le carmelitane a soli 15 anni. Luigi viene colpito da una malattia invalidante che lo conduce alla perdita delle facoltà mentali. Viene internato nel sanatorio di Caen. Muore nel luglio 1894.

qui il link per la storia del miracolo:
http://www.ilcarmelo.it/genitori-di-santa-teresa-di-g.b./index.php-

(©L'Osservatore Romano - 19 ottobre 2008)

                         
Santa Teresa del Bambin Gesù
(di Liesieux)

FIGLI DOPPIAMENTE SANTI SE SI HANNO GENITORI CAPACI DI CONDURLI VERSO CRISTO CHE E' LA SANTITA INCARNATA.....

I coniugi Martin Beati!

                                       
Il 19 ottobre, nella diocesi francese di Bayeux-Lisieux, a 150 anni dal loro matrimonio, sono stati beatificati i venerabili Louis e Zelíe Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux. Il cammino verso la beatificazione si è aperto giovedì 3 luglio 2008, con l’approvazione da parte di Papa Benedetto XVI del decreto di riconoscimento di un miracolo avvenuto per intercessione della coppia.

Ad essere miracolosamente guarito è stato, nel 2002, Pietro Schilirò, neonato di Monza con gravi problemi respiratori che lo hanno tenuto per quaranta giorni tra la vita e la morte.
In una intervista Adele e Walter, la mamma ed il papà di Pietro, raccontano come le sempre più gravi condizioni di salute in cui era incorso il loro bambino subito dopo la nascita, li stavano costringendo a considerare la drammatica decisione di spegnere la macchina che lo teneva in vita. Il loro amico e padre spirituale Padre Antonio Sangalli (oggi vice postulatore della causa di beatificazione dei coniugi Martin), dopo aver Battezzato il piccolo, si è fatto ulteriormente accanto agli Schilirò consegnando loro l’immaginetta di Louis e Zélie, suggerendo di rivolgere loro una particolare preghiera di intercessione.
I genitori di S. Teresa di Gesù Bambino sanno infatti bene cosa voglia dire perdere un figlio, in quanto, dei nove avuti, quattro ne hanno persi in tenera età. Secondo Padre Antonio essi li avrebbero senz’altro aiutati ad accogliere la volontà di Dio, seppur molto dura e difficile.


In una sua lettera Zélie così descrive la perdita di una figlia di appena 5 anni: “Nello stesso momento, mentre la sostenevo, la sua testolina mi è caduta sulla spalla, i suoi occhi si sono chiusi e, cinque minuti dopo, non viveva più… Non mi aspettavo quella brusca fine e nemmeno mio marito. Quando è rientrato e ha veduto la sua povera figlioletta morta si è messo a singhiozzare esclamando: ‘Mia piccola Elena! Mia piccola Elena!’. Poi insieme l’abbiamo offerta al Signore”. Sebbene non fosse loro risparmiato lo strappo, il dolore, più forte emergeva la certezza che la morte è l’ingresso nella vita vera, la vita Eterna.

Obbedendo al suggerimento dell’amico carmelitano, gli Schilirò iniziano così a recitare una novena ai coniugi Martin, coinvolgendo nella preghiera amici, conoscenti, parrocchiani, medici ed infermieri, persone appartenenti a tutti i movimenti ecclesiali, distribuendo a tutti la novena con l’immaginetta. Il risultato della biopsia conferma però per Pietro un’infausta prognosi di malformazione congenita che non consente, alla lunga, speranze di sopravvivenza.

La preghiera si è fatta sempre più forte ed incessante. “Tanta gente pregava con noi e per noi” racconta la mamma di Pietro “ma all’inizio ero come rassegnata, pensavo già al funerale, alle cose che sarebbero accadute dopo. Avevo quasi dimenticato che Dio è un Padre buono, ma grazie alle parole di alcuni amici, ho capito che potevo osare nel chiedere la guarigione di Pietro. Allora ho avuto la netta percezione che se il Signore avesse voluto, avrebbe potuto salvarlo”. E così gli Schilirò iniziano una seconda novena, affidando all’intercessione dei coniugi Martin la richiesta di “comprendere la volontà di Dio e la guarigione di Pietro, se essa è nei Suoi piani”.

In quei drammatici giorni in cui Pietro restava attaccato a un respiratore, Adele e Walter hanno trascorso ore accanto al loro bambino cantando a lungo i canti del movimento di Comunione e liberazione, cui appartengono.

                           
Louis Martin

Anche Louis Martin, nelle sere d’inverno, cantava accanto al fuoco per rallegrare la piccola Teresa.
Il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, un’infermiera comunica un improvviso miglioramento di Pietro, già certa che ciò che stava avvenendo era proprio un miracolo. Così il piccolo un mese dopo veniva dimesso in perfetta salute. Questo il termine del referto medico: “Vista la complessità del caso e l’andamento clinico riteniamo che la sua guarigione sia un fatto sorprendente”.

Secondo la testimonianza di Adele e Walter, ancora più sorprendente è stata la copiosità di frutti di conversione generati in chi si è fatto loro accanto nella preghiera.
Come ha ricordato padre Antonio Sangalli ad alcuni amici riuniti nel giardino di casa Schilirò,
Louis Martin e Zélie Guerin sono la prova che “anche l’amore coniugale può compiere miracoli”.

Per questo la beatificazione di questi sposi, la seconda coppia che viene elevata insieme all’onore degli altari nella storia dopo i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi (2000), è di forte richiamo per ciascuno.
Nell’omelia durante la messa per la beatificazione al santuario di Lisieux in Normandia, il card. Saraiva Martins ha così affermato: “Testimoniando la radicalità dell’impegno evangelico nel vivere la vocazione matrimoniale sino all’eroismo, Louis e Zélie sono diventati luce del mondo. Non hanno esitato di far violenza a se stessi per conquistare il regno dei cieli”. E ancora: “Qual è il segreto della riuscita della loro vita cristiana? Hanno camminato insieme con Dio alla ricerca della volontà del Signore e per essere sicuri di camminare nella vera volontà del Signore, si sono rivolti alla Chiesa esperta in umanità, cercando di conformare tutti gli aspetti della loro vita agli insegnamenti della Chiesa”.


Papa Benedetto XVI, all’Angelus dello stesso giorno, li ricorda con queste parole: “Questi nuovi Beati hanno accompagnato e condiviso, con la loro preghiera e con la loro testimonianza evangelica, il cammino della figlia chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui senza riserve tra le mura del Carmelo. Fu lì, nel nascondimento della clausura, che Santa Teresina realizzò la sua vocazione: ‘Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore’ (Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, 229)” .

I coniugi Martin, impegnati nella ricerca della santità già singolarmente come giovani, tanto da aver entrambi pensato di abbracciare la vita monastica, erano persone semplici: orefice ed orologiaio, di indole contemplativa ed amante della poesia, del disegno e della pittura, Louis; merlettaia imprenditrice ed al contempo mamma, pronta a tutto per i propri figli, Zélie. Così scrive in una delle sue 260 lettere che ci sono pervenute: “Quando abbiamo avuto i nostri figlioli, le nostre idee sono un po’ cambiate; non vivevamo più che per loro, questa era la nostra felicità, e non l’abbiamo mai trovata se non in loro. Insomma, tutto ci riusciva facilissimo, il mondo non ci era più di peso”.

Modello di fedeltà e di amore sincero e profondo l’uno verso l’altro, hanno vissuto pienamente il sacramento matrimoniale, trasmettendo inevitabilmente alle figlie il loro amore a Gesù e alla sua Chiesa, dall’ardore nella preghiera allo spirito missionario ed apostolico, dalla vita dei sacramenti all’educazione alla libertà. Hanno così preparato in loro quel terreno buono, aperto ad accogliere la chiamata del Signore. Louis e Zélie hanno accolto con gioia le vocazioni religiose delle loro cinque figlie: erano infatti dell’idea fondamentale che la vita consacrata fosse la vita più bella per i figlioli, che loro stessi desideravano offrire alla Chiesa e alle missioni.

Non avremmo Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa, senza quelli che lei stessa ha definito “più degni del Cielo che della terra” (lettera 261 del 26 luglio 1897).

L’esperienza della grande sofferenza per la perdita dei figli vissuta con grande fede da Zélie e Louis, nonché della malattia personale che li porterà alla morte rispettivamente nel 1877 e nel 1894, ci è di richiamo all’accoglienza della vita come dono di Dio, dei figli non come possesso o come qualcosa su cui riversare un’affettività ferita, ma come qualcosa da rioffrire, da ridonare al Signore.

Ed ancora i coniugi Martin sono per noi esempio di quell’Amore che scaturisce dal riconoscersi ciascun per l’altro segno, dentro ogni espressione della vita, dell’infinito Amore di Dio, “dono attraverso cui Cristo ti chiama a partecipare del suo essere Amore, e del suo Amore che salva, perdona e rigenera sempre” (Nicolino Pompei).

Sito del Santuario di Lisieux

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
06/09/2011 23:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Teresa di Lisieux e i suoi Santi genitori


Degni del Cielo

http://www.fotosensazioni.it/cardinal_martins.jpgdell’Em.mo Signor Cardinale
José Saraiva Martins

In ‘Storia di un’anima’, Teresa scriveva: “Ah, perdonami, Gesù, se sragiono volendo ridire i miei desideri, le mie speranze che si dilatano all’infinito! Perdonami e risana la mia anima donandole ciò che spera!’’ (Ms B, 2v). Gesù ha sempre esaudito i desideri di Teresa; anche quello che aveva confidato in una lettera al Reverendo Bellière, e che molti conoscono ormai a memoria: “Il buon Dio mi ha dato un padre ed una madre più degni del Cielo che della terra” (LT 261).

Ho avuto la gioia, nel 2008, di presiedere il Rito di Beatificazione con il quale il Santo Padre Benedetto XVI ha iscritto, congiuntamente, nel Libro dei Beati questi due coniugi: il papà e la mamma di Santa Teresa di Lisieux. La beatificazione di Luigi Martin e Zelia Guerin, che la diletta figlia definiva “genitori senza pari, degni del Cielo, terra santa e come tutta impregnata di profumo virginale”, è stato un evento importante nella vita della Chiesa. Il mio cuore rende grazie a Dio per questa esemplare testimonianza di amore coniugale, capace di stimolare le famiglie cristiane nella pratica integrale delle virtù cristiane come ha stimolato Teresa. Mentre leggevo la Lettera Apostolica del Santo Padre, ho pensato a mio padre e a mia madre e vorrei, in questo momento, che anche voi pensiate al vostro papà e alla vostra mamma; insieme poi ringraziamo Dio per averci creati e fatti cristiani attraverso l’amore coniugale dei nostri genitori. Se aver ricevuto la vita è un fatto meraviglioso, per noi cristiani è ancora più lodevole che i nostri genitori ci abbiano introdotti nella Chiesa, la sola capace di farci cristiani.

Nessuno infatti può farsi cristiano per conto proprio. Tra le vocazioni a cui gli uomini sono chiamati dalla Provvidenza, il matrimonio è una delle più nobili e delle più elevate. Luigi e Zelia hanno capito che potevano diventare Santi non malgrado il matrimonio, ma attraverso e con il matrimonio, e che lo stesso matrimonio doveva essere considerato come il punto di partenza di una salita a due. Oggi la Chiesa non ammira soltanto la santità di questi figli della terra di Normandia, un dono per tutti, ma si riflette in questa coppia di beati che contribuiscono a rendere più splendido e bello l’abito nuziale della Chiesa. Non ammira solamente la santità della loro vita, ma riconosce in questa coppia la santità eminente dell’istituzione dell’amore coniugale, come è stato concepito dal Creatore stesso. L’amore coniugale di Luigi e Zelia è un puro riverbero dell’amore di Cristo per la sua Chiesa, ma è anche un puro riverbero dell’amore “risplendente, senza macchia, né ruga, o alcunché di simile, ma santo e immacolato” (Ef 5, 27) del modo con cui la Chiesa ama Cristo, il suo Sposo. Il Padre “ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nell’amore” (Ef 1,4). Luigi e Zelia hanno testimoniato la radicalità dell’impegno evangelico della vocazione matrimoniale, fino all’eroismo, poiché “dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza ed i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11, 12).

Coloro che sono violenti nei loro discorsi, non sono i violenti che Dio cerca, né sono coloro che soffrono le torture. Sono coloro che fanno violenza a se stessi, che sono moderati, dolci e pacifici. I Martin non hanno avuto paura di far violenza a se stessi per rapire il regno dei cieli. Sono diventati così “la luce del mondo che oggi la Chiesa mette sopra il lampadario perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa [Chiesa]. Splendono davanti agli uomini perché vedano le loro opere buone e rendano gloria al nostro Padre che è nei cieli”. Il loro esempio di vita cristiana è come “una città collocata sopra un monte che non può rimanere nascosta” (Mt 5, 13-16). Quale è il segreto del successo della loro vita cristiana? “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che il Signore richiede da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Mi 6, 8). Luigi e Zelia, un uomo ed una donna che camminato umilmente con Dio alla ricerca della volontà del Signore. Maestro, “mostraci la tua volontà”. Ricercavano la volontà del Signore. Erano assetati della volontà del Signore. Amavano la volontà del Signore. Si sono conformati alla volontà del Signore senza recriminare, senza discutere o peggio contestare. E per essere sicuri e certi di camminare nella veritiera volontà del Signore, si sono sempre fidati della Chiesa, maestra esperta in umanità, e del suo insegnamento. Non c’è un aspetto della loro vita privata o pubblica che non sia in perfetta armonia con gli insegnamenti della Chiesa, tanto della loro epoca che della nostra. Per i coniugi Martin, “quello che è di Cesare e quello che è di Dio” era molto chiaro. Nessuna esitazione a mettere Dio al primo posto nella loro vita. “Messer Dio è il primo servito”, era il motto di Giovanna d’Arco e i Martin ne hanno fatto il motto della loro famiglia. È rilevante vedere come questa coppia si è sempre sottoposta alla volontà divina. Nella loro casa Dio era sempre il primo servito.


Quando la prova raggiungeva la loro famiglia, la reazione spontanea era sempre l’accettazione della volontà divina. Se la signora Martin diceva spesso che “Dio è il Maestro e fa ciò che vuole”, il signor il Martin gli faceva eco ripetendo “Dio è il primo servito”. Hanno servito Dio soprattutto nel povero e non per uno slancio di generosità né per giustizia sociale, ma semplicemente perché il povero è Gesù. Servire il povero significava servire Gesù e rendere così a “Dio quello che è di Dio”: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25, 34-40). Luigi e Zelia: pregate Dio per noi. Vi prego: amateci, considerateci come i vostri figli. Amate la Chiesa intera come avete amato i vostri figli.

Considerate le nostre famiglie e i loro bambini come se fossero i vostri. Luigi e Zelia sono un dono per i giovani fidanzati per il coraggio che hanno manifestato obbedendo alla Chiesa anche quando questa gli domandava di andare contro corrente, contro tendenza. Non hanno avuto timore delle parole come purezza, castità o verginità, non hanno bruciato le tappe, hanno vissuto, anche se per breve tempo, un fidanzamento rispettoso della volontà di Dio e dell’insegnamento della Chiesa. Luigi e Zelia sono un dono per gli sposi di qualsiasi età per la stima, il rispetto e l’armonia con i quali si sono amati reciprocamente per 19 anni. Zelia scriveva: “Non posso vivere senza te, mio caro Luigi”. E lui le rispondeva: “Tuo marito e amico che ti ama per la vita”.

Entrambi hanno vissuto con eroismo le promesse matrimoniali di fedeltà dell’impegno, d’indissolubilità del legame, di fecondità dell’amore, nella felicità e nella prova, nella salute e nella malattia. Luigi e Zelia sono un dono per i genitori per l’abnegazione evangelica con la quale, di comune accordo, vollero numerosi figli da offrire al Signore. Veri ministri dell’amore e della vita, hanno ricercato la fecondità come servizio. Come un sacerdote serve la Chiesa.

Tutti noi ammiriamo Teresa, figlia incomparabile di questa coppia, capolavoro della grazia di Dio, ma anche capolavoro del loro amore per la vita e per i figli; tuttavia, se questa sera osserverete il cielo, accanto al nome di Teresa, splenderanno anche i nomi del suo papà e della sua mamma.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
08/09/2011 17:45
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


LETTERA APOSTOLICA

 «DIVINIS AMORIS SCIENTIA»

SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO E DEL SANTO VOLTO
È DICHIARATA DOTTORE DELLA CHIESA UNIVERSALE
 

1.° La scienza dell’amore divino, che il Padre delle misericordie effonde mediante Gesù Cristo nello Spirito Santo, è un dono, concesso ai piccoli e agli umili, perché conoscano e proclamino i segreti del Regno, nascosti ai dotti e ai sapienti; per questo Gesù ha esultato nello Spirito Santo, rendendo lode al Padre, che così ha disposto (cfr Lc 10, 2122; Mt 11, 2526).

Gioisce pure la Madre Chiesa nel costatare come, lungo il corso della storia, il Signore continui a rivelarsi ai piccoli e agli umili, abilitando i suoi eletti, per mezzo dello Spirito che «scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» (1 Cor 2, 10), a parlare delle cose «che Dio ci ha donato..., non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (1 Cor 2, 12.13). In questo modo lo Spirito Santo guida la Chiesa verso la verità tutta intera, la provvede di diversi doni, la abbellisce dei suoi frutti, la ringiovanisce con la forza del Vangelo e la rende capace di scrutare i segni dei tempi, per rispondere sempre meglio alla volontà di Dio (cfr Lumen gentium, n. 4.12; Gaudium et spes, n. 4).


Fra i piccoli, ai quali sono stati manifestati in una maniera del tutto speciale i segreti del Regno, splende Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, della quale ricorre quest’anno il centenario dell’ingresso nella patria celeste.


Durante la sua vita, Teresa ha scoperto «luci nuove, significati nascosti e misteriosi» (Ms A 83 v) e ha ricevuto dal Maestro divino quella «scienza dell’amore» che ha poi manifestato con particolare originalità nei suoi scritti (cfr Ms B 1r). Tale scienza è l’espressione luminosa della sua conoscenza del mistero del Regno e della sua esperienza personale della grazia. Essa può essere considerata come un carisma particolare di sapienza evangelica che Teresa, come altri santi e maestri della fede, ha attinto nella preghiera (cfr Ms C 36 r).




2.° Rapida, universale e costante è stata la recezione dell’esempio della sua vita e della sua dottrina evangelica nel nostro secolo. Quasi ad imitazione della sua precoce maturazione spirituale, la sua santità è stata riconosciuta dalla Chiesa nello spazio di pochi anni. Infatti, il 10 giugno 1914 Pio X firmava il decreto d’introduzione della causa di beatificazione, il 14 agosto 1921 Benedetto XV dichiarava l’eroicità delle virtù della Serva di Dio, pronunciando per l’occasione un discorso sulla via dell’infanzia spirituale e Pio XI la proclamava Beata il 29 aprile 1923. Poco più tardi, il 17 maggio 1925, il medesimo Papa, davanti ad un’immensa folla, la canonizzava nella Basilica di San Pietro, mettendone in risalto lo splendore delle virtù nonché l’originalità della dottrina e due anni dopo, il 14 dicembre 1927, accogliendo la petizione di molti vescovi missionari, la proclamava, insieme a San Francesco Saverio, Patrona delle missioni.


A partire da tali riconoscimenti, l’irraggiamento spirituale di Teresa di Gesù Bambino è cresciuto nella Chiesa e si è dilatato nel mondo intero.


Molti istituti di vita consacrata e movimenti ecclesiali, specialmente nelle giovani Chiese, l’hanno scelta come patrona e maestra, ispirandosi alla sua dottrina spirituale. Il suo messaggio, spesso sintetizzato nella cosiddetta «piccola via», che non è altro che la via evangelica della santità per tutti, è stato oggetto di studio da parte di teologi e cultori della spiritualità. Sono state innalzate e dedicate al Signore, sotto il patrocinio della Santa di Lisieux, cattedrali, basiliche, santuari e chiese in tutto l’orbe. Il suo culto è celebrato dalla Chiesa Cattolica nei diversi riti di Oriente e di Occidente. Molti fedeli hanno potuto sperimentare la forza della sua intercessione. Tanti, chiamati al ministero sacerdotale o alla vita consacrata, specialmente nelle missioni e nel chiostro, attribuiscono la grazia divina della vocazione alla sua intercessione ed al suo esempio.




3.° I Pastori della Chiesa, incominciando dai miei predecessori, i Sommi Pontefici di questo secolo, che hanno proposto la sua santità ad esempio per tutti, hanno pure messo in rilievo che Teresa è maestra di vita spirituale mediante una dottrina, insieme semplice e profonda, che ella ha attinto alle sorgenti del Vangelo sotto la guida del Maestro divino ed ha poi comunicato ai fratelli e sorelle nella Chiesa con vastissima efficacia (cfr Ms B 2 v3 r).


Questa dottrina spirituale ci è stata trasmessa soprattutto dalla sua autobiografia che, desunta dai tre manoscritti da lei redatti negli ultimi anni della sua vita e pubblicata un anno dopo la sua morte con il titolo Histoire d’une Ame (Lisieux 1898), ha suscitato uno straordinario interesse fino ai nostri giorni.


Questa autobiografia, tradotta insieme agli altri suoi scritti in circa cinquanta lingue, ha fatto conoscere Teresa in tutte le regioni del mondo, anche fuori della Chiesa cattolica.


Ad un secolo di distanza dalla sua morte, Teresa di Gesù Bambino continua ad essere riconosciuta come una delle grandi maestre di vita spirituale del nostro tempo.




4.° Non desta perciò meraviglia che siano state presentate alla Sede Apostolica molte petizioni, affinché fosse insignita del titolo di Dottore della Chiesa Universale.


Da qualche anno, e in modo speciale all’avvicinarsi della lieta ricorrenza del primo centenario della sua morte, tali richieste sono giunte sempre più numerose anche da parte di Conferenze Episcopali; inoltre si sono svolti Congressi di studio e abbondano le pubblicazioni che mettono in rilievo come Teresa di Gesù Bambino possieda una straordinaria sapienza ed aiuti con la sua dottrina tanti uomini e donne di ogni condizione a conoscere e ad amare Gesù Cristo ed il suo Vangelo.


Alla luce di questi dati ho deciso di fare attentamente studiare se la Santa di Lisieux avesse i requisiti per poter essere insignita del titolo di Dottore della Chiesa Universale.




5.° Mi è caro, in questo contesto, ricordare brevemente alcuni momenti della vita di Teresa di Gesù Bambino. Nasce ad Alençon in Francia il 2 gennaio 1873. È battezzata due giorni più tardi nella Chiesa di NotreDame, ricevendo i nomi di Maria Francesca Teresa. I suoi genitori sono Louis Martin e Zélie Guérin, dei quali ho recentemente riconosciuto l’eroicità delle virtù.


Dopo la morte della madre, avvenuta il 28 agosto 1877, Teresa si trasferisce con tutta la famiglia nella città di Lisieux dove, circondata dall’affetto del padre e delle sorelle, riceve una formazione insieme esigente e piena di tenerezza.


Verso la fine del 1879 si accosta per la prima volta al sacramento della penitenza. Nel giorno di Pentecoste del 1883 ha la singolare grazia della guarigione da una grave malattia, per l’intercessione di Nostra Signora delle Vittorie. Educata dalle Benedettine di Lisieux, riceve la prima comunione l’8 maggio 1884, dopo una intensa preparazione, coronata da una singolare esperienza della grazia dell’unione intima con Gesù. Poche settimane più tardi, il 14 giugno dello stesso anno, riceve il sacramento della cresima, con viva consapevolezza di ciò che comporta il dono dello Spirito Santo nella personale partecipazione alla grazia della Pentecoste. Nel Natale del 1886 vive un’esperienza spirituale molto profonda, che qualifica come «completa conversione». Grazie ad essa, supera la fragilità emotiva conseguente alla perdita della mamma ed inizia «una corsa da gigante» sulla via della perfezione (cfr Ms A 44 v45 v).


Teresa desidera abbracciare la vita contemplativa, come le sue sorelle Paolina e Maria nel Carmelo di Lisieux, ma ne è impedita per la sua giovane età. In occasione di un pellegrinaggio in Italia, dopo aver visitato la Santa Casa di Loreto e i luoghi della Città eterna, nell’udienza concessa dal Papa ai fedeli della diocesi di Lisieux, il 20 novembre 1887, con filiale audacia chiede a Leone XIII di poter entrare nel Carmelo all’età di 15 anni.


Il 9 aprile del 1888 entra nel Carmelo di Lisieux, ove riceve l’abito dell’Ordine della Vergine il 10 gennaio dell’anno seguente ed emette la sua professione religiosa l’8 settembre del 1890, festa della Natività della Vergine Maria. Intraprende nel Carmelo il cammino della perfezione tracciato dalla Madre Fondatrice, Teresa di Gesù, con autentico fervore e fedeltà, nell’adempimento dei diversi uffici comunitari a lei affidati.


Illuminata dalla Parola di Dio, provata in modo particolare dalla malattia del suo amatissimo padre, Louis Martin, che muore il 29 luglio del 1894, Teresa si incammina verso la santità, insistendo sulla centralità dell’amore. Scopre e comunica alle novizie affidate alle sue cure la piccola via dell’infanzia spirituale, progredendo nella quale ella penetra sempre di più nel mistero della Chiesa e, attirata dall’amore di Cristo, sente crescere in sé la vocazione apostolica e missionaria che la spinge a trascinare tutti con sé incontro allo Sposo divino.


Il 9 giugno del 1895, nella festa della Santissima Trinità, si offre vittima di olocausto all’Amore misericordioso di Dio. Il 3 aprile dell’anno successivo, nella notte fra il giovedì ed il venerdì santo, ha una prima manifestazione della malattia che la condurrà alla morte. Teresa la accoglie come la misteriosa visita dello Sposo divino. Nello stesso tempo entra nella prova della fede, che durerà fino alla sua morte. Peggiorando la sua salute, a partire dall’8 luglio 1897 viene trasferita in infermeria.


Le sue sorelle ed altre religiose raccolgono le sue parole, mentre i dolori e le prove, sopportati con pazienza, si intensificano fino a culminare con la morte, nel pomeriggio del 30 settembre del 1897. «Io non muoio, entro nella vita», aveva scritto ad un suo fratello spirituale, don Bellière (LT 244). Le sue ultime parole «Dio mio, io ti amo» sono il sigillo della sua esistenza.




6.° Teresa di Gesù Bambino ci ha lasciato degli scritti che le hanno giustamente meritato la qualifica di maestra di vita spirituale. La sua opera principale rimane il racconto della sua vita nei tre manoscritti autobiografici (Manuscrits autobiographiques A, B, C), pubblicati dapprima con il titolo, divenuto ben presto celebre, di Histoire d’une Ame.


Nel Manoscritto A, redatto dietro richiesta della sorella Agnese di Gesù, allora priora del monastero, ed a lei consegnato il 21 gennaio 1896, Teresa descrive le tappe della sua esperienza religiosa: i primi anni dell’infanzia, specialmente l’evento della sua prima comunione e della cresima, l’adolescenza, fino all’ingresso nel Carmelo e alla sua prima professione.


Il Manoscritto B, redatto durante il ritiro spirituale dello stesso anno su richiesta di sua sorella, Maria del Sacro Cuore, contiene alcune delle pagine più belle, più note e citate della Santa di Lisieux. In esse si manifesta la piena maturità della Santa, che parla della sua vocazione nella Chiesa, Sposa di Cristo e Madre delle anime.


Il Manoscritto C, compilato nel mese di giugno e nei primi giorni del luglio 1897, a pochi mesi dalla sua morte, e dedicato alla priora Maria di Gonzaga, che glielo aveva chiesto, completa i ricordi del Manoscritto A sulla vita al Carmelo.


Queste pagine rivelano la sapienza soprannaturale dell’autrice. Di questo periodo finale della sua vita, Teresa traccia alcune esperienze altissime.


Essa dedica pagine commoventi alla prova della fede: una grazia di purificazione che la immerge in una lunga e dolorosa notte oscura, rischiarata dalla sua fiducia nell’amore misericordioso e paterno di Dio. Ancora una volta, e senza ripetersi, Teresa fa brillare la scintillante luce del Vangelo. Troviamo qui le pagine più belle da lei dedicate al fiducioso abbandono nelle mani di Dio, all’unità fra amore di Dio e amore del prossimo, alla sua vocazione missionaria nella Chiesa.


Teresa, in questi tre manoscritti diversi, che coincidono in una unità tematica ed in una progressiva descrizione della sua vita e del suo cammino spirituale, ci ha consegnato una originale autobiografia che è la storia della sua anima. Da essa traspare come la sua sia stata un’esistenza nella quale Dio ha offerto un preciso messaggio al mondo, indicando una via evangelica, la «piccola via», che tutti possono percorrere, perché tutti sono chiamati alla santità.


Nelle 266 Lettres che conserviamo, indirizzate ai familiari, alle religiose, ai «fratelli» missionari, Teresa comunica la sua sapienza, sviluppando un insegnamento che costituisce di fatto un profondo esercizio di direzione spirituale delle anime.


Fanno parte dei suoi scritti anche 54 Poésies, alcune delle quali di grande spessore teologico e spirituale, ispirate alla Sacra Scrittura. Fra di esse meritano una speciale menzione Vivre d’Amour!... (P 17) e Pourquoi je t’aime, ô Marie! (P 54), sintesi originale del cammino della Vergine Maria secondo il Vangelo.


Vanno aggiunte a questa produzione 8 Récréations pieuses: composizioni poetiche e teatrali, ideate e rappresentate dalla Santa per la sua comunità a motivo di alcune feste, secondo la tradizione del Carmelo.


Fra gli altri scritti è da ricordare una serie di 21 Prières. Né si può dimenticare la raccolta delle sue parole, pronunciate durante gli ultimi mesi della vita. Tali parole, di cui si conservano varie redazioni, conosciute come Novissima verba, sono anche note con il titolo di Derniers Entretiens.




7.° Dallo studio accurato degli scritti di Santa Teresa di Gesù Bambino e dalla risonanza che essi hanno avuto nella Chiesa, si possono cogliere gli aspetti salienti dell’«eminente dottrina», che costituisce l’elemento fondamentale sul quale si basa l’attribuzione del titolo di Dottore della Chiesa.


Risulta innanzitutto l’esistenza di un particolare carisma di sapienza.


Questa giovane carmelitana, infatti, senza una speciale preparazione teologica, ma illuminata dalla luce del Vangelo, si sente istruita dal Maestro divino che, come lei dice, è «il Dottore dei Dottori» (Ms A 83 v), da cui attinge gli «insegnamenti divini» (Ms B 1 r). Sente che in lei si sono compiute le parole della Scrittura: «Se qualcuno è piccolo venga a me... ; la misericordia è concessa ai piccoli» (Ms B 1 v; cfr Pr 9, 4; Sap 6, 6) e sa di essere stata istruita nella scienza dell’amore, nascosta ai sapienti e ai saggi, che il divino Maestro si è degnato di rivelare a lei, come ai piccoli (Ms A 49 r; cfr Lc 10, 2122).


Pio XI, che considerò Teresa di Lisieux come «Stella del suo pontificato», non esitò ad affermare nell’omelia del giorno della sua Canonizzazione, il 17 maggio dell’anno 1925: «... eidem Spiritus veritatis illa aperuit ac patefecit, quae solet a sapientibus et prudentibus ascondere et revelare parvulis; siquidem haec — teste proximo decessore nostro — tanta valuit supernarum rerum scientia, ut certam salutis viam ceteris indicaret» (AAS 17 [1925] p. 213).


Il suo insegnamento non è solo conforme alla Scrittura e alla fede cattolica, ma eccelle («eminet») per la profondità e la sintesi sapienziale raggiunta. La sua dottrina è insieme una confessione della fede della Chiesa, una esperienza del mistero cristiano ed una via alla santità.


Teresa offre una sintesi matura della spiritualità cristiana; unisce la teologia e la vita spirituale, si esprime con vigore ed autorevolezza, con grande capacità di persuasione e di comunicazione, come dimostra la recezione e la diffusione del suo messaggio nel Popolo di Dio.


L’insegnamento di Teresa esprime con coerenza ed unisce in un insieme armonioso i dogmi della fede cristiana come dottrina di verità ed esperienza di vita. Non si deve a tal proposito dimenticare che l’intelligenza del deposito della fede trasmesso dagli Apostoli, come insegna il Concilio Vaticano II, progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo: «crescit enim tam rerum quam verborum traditorum perceptio, tum ex contemplatione et studio credentium, qui ea conferunt in corde suo (cfr Lc 2, 19 et 51), tum ex intima spiritualium rerum quam experiuntur intelligentia, tum ex praeconio eorum qui cum episcopatus successione charisma veritatis certum acceperunt» (Dei Verbum, n.8).


Negli scritti di Teresa di Lisieux non troviamo forse, come in altri Dottori, una presentazione scientificamente elaborata delle cose di Dio, ma possiamo scorgere un’illuminata testimonianza della fede che, mentre accoglie con fiducioso amore la condiscendenza misericordiosa di Dio e la salvezza in Cristo, rivela il mistero e la santità della Chiesa.


Con ragione quindi si può riconoscere nella Santa di Lisieux il carisma di Dottore della Chiesa, sia per il dono dello Spirito Santo che ha ricevuto per vivere ed esprimere la sua esperienza di fede, sia per la particolare intelligenza del mistero di Cristo. In lei convergono i doni della legge nuova, la grazia cioè dello Spirito Santo, che si manifesta nella fede viva operante per mezzo della carità (cfr S. Thomas Aquinas, Summa Theol. III, q. 106, art. 1; q. 108, art. 1).


Possiamo applicare a Teresa di Lisieux quanto ebbe a dire il mio Predecessore Paolo VI di un’altra giovane santa, Dottore della Chiesa, Caterina da Siena: «Ciò che più colpisce nella Santa è la sapienza infusa, cioè la lucida, profonda e inebriante assimilazione delle verità divine e dei misteri della fede [...]: una assimilazione, favorita, sì, da doti naturali singolarissime, ma evidentemente prodigiosa, dovuta ad un carisma di sapienza dello Spirito Santo» (AAS 62 (1970) p. 675).




8.° Con la sua peculiare dottrina ed il suo inconfondibile stile, Teresa appare come un’autentica maestra della fede e della vita cristiana. Attraverso i suoi scritti, come attraverso le asserzioni dei Santi Padri, passa quella vivificante linfa della tradizione cattolica le cui ricchezze, come attesta ancora il Vaticano II, «in praxim vitamque credentis et orantis Ecclesiae trasfunduntur» (Dei Verbum,n.8).


La dottrina di Teresa di Lisieux, se colta nel suo genere letterario, corrispondente alla sua educazione e alla sua cultura, e se misurata con le particolari circostanze della sua epoca, appare in una provvidenziale unità con la più genuina tradizione della Chiesa, sia per la confessione della fede cattolica sia per la promozione della più autentica vita spirituale, proposta a tutti i fedeli in un linguaggio vivo e accessibile.


Essa ha fatto risplendere nel nostro tempo il fascino del Vangelo; ha avuto la missione di far conoscere ed amare la Chiesa, Corpo mistico di Cristo; ha aiutato a guarire le anime dai rigori e dalle paure della dottrina giansenista, più incline a sottolineare la giustizia di Dio che non la sua divina misericordia. Ha contemplato ed adorato nella misericordia di Dio tutte le perfezioni divine, perché «perfino la giustizia di Dio (e forse più di ogni altra perfezione) mi sembra rivestita d’amore» (Ms A 83 v). È divenuta così un’icona vivente di quel Dio che, secondo la preghiera della Chiesa, «omnipotentiam suam parcendo maxime et miserendo manifestat» (cfr Missale Romanum, Collecta, Domenica XXVI «per annum»).


Anche se Teresa non ha un vero e proprio corpo dottrinale, tuttavia particolari fulgori di dottrina si sprigionano dai suoi scritti che, come per un carisma dello Spirito Santo, colgono il centro stesso del messaggio della rivelazione in una visione originale ed inedita, presentando un insegnamento qualitativamente eminente.


Il nucleo del suo messaggio, infatti, è il mistero stesso di Dio Amore, di Dio Trinità, infinitamente perfetto in se stesso. Se la genuina esperienza spirituale cristiana deve coincidere con le verità rivelate, nelle quali Dio comunica se stesso e il mistero della sua volontà (cfr Dei Verbum, n.2), occorre affermare che Teresa ha fatto esperienza della divina rivelazione, giungendo a contemplare le realtà fondamentali della nostra fede unite nel mistero della vita trinitaria. Al vertice, come sorgente e termine, l’amore misericordioso delle tre Divine Persone, come essa lo esprime, specialmente nel suo Atto di offerta all’Amore misericordioso. Alla base, dalla parte del soggetto, l’esperienza di essere figli adottivi del Padre in Gesù; tale è il senso più autentico dell’infanzia spirituale, cioè l’esperienza della figliolanza divina sotto la mozione dello Spirito Santo. Alla base ancora e di fronte a noi, il prossimo, gli altri, alla cui salvezza dobbiamo collaborare con e in Gesù, con lo stesso suo amore misericordioso.


Mediante l’infanzia spirituale si sperimenta che tutto viene da Dio, a Lui ritorna e in Lui dimora, per la salvezza di tutti, in un mistero di amore misericordioso. Tale è il messaggio dottrinale insegnato e vissuto da questa Santa.


Come per i santi della Chiesa di tutti i tempi, anche per lei, nella sua esperienza spirituale, centro e pienezza della rivelazione è Cristo.


Teresa ha conosciuto Gesù, lo ha amato e lo ha fatto amare con la passione di una sposa. È penetrata nei misteri della sua infanzia, nelle parole del suo Vangelo, nella passione del Servo sofferente, scolpita nel suo Volto santo, nello splendore della sua esistenza gloriosa, nella sua presenza eucaristica. Ha cantato tutte le espressioni della divina carità di Cristo, come sono proposte dal Vangelo (cfr PN 24, Jésus, mon BienAimé, rappelletoi!).


Teresa è stata illuminata in maniera particolare sulla realtà del Corpo mistico di Cristo, sulla varietà dei suoi carismi, doni dello Spirito Santo, sulla forza eminente della carità, che è come il cuore stesso della Chiesa, nella quale ella ha trovato la sua vocazione di contemplativa e di missionaria (cfr Ms B 2 r 3 v).


Finalmente, fra i capitoli più originali della sua scienza spirituale è da ricordare la sapiente esplorazione che Teresa ha sviluppato del mistero e del cammino della Vergine Maria, giungendo a risultati molto vicini alla dottrina del Concilio Vaticano II nel cap. VIII della Costituzione Lumen Gentium e a quanto io stesso ho proposto nella mia Enciclica Redemptoris Mater, del 25 marzo 1987.




9.° La principale sorgente della sua esperienza spirituale e del suo insegnamento è la Parola di Dio, nell’Antico e nel Nuovo Testamento.


Lei stessa lo confessa, specialmente mettendo in rilievo il suo appassionato amore per il Vangelo (cfr Ms A 83 v). Nei suoi scritti si contano oltre mille citazioni bibliche: più di quattrocento dall’Antico e oltre seicento dal Nuovo Testamento.


Malgrado la preparazione inadeguata e la mancanza di strumenti per lo studio e l’interpretazione dei libri sacri, Teresa si è immersa nella meditazione della Parola di Dio con una fede ed una immediatezza singolari.


Sotto l’influsso dello Spirito ha raggiunto per sé e per gli altri una profonda conoscenza della rivelazione.


Con la sua concentrazione amorosa sulla Scrittura — avrebbe perfino voluto conoscere l’ebraico ed il greco per meglio capire lo spirito e la lettera dei libri sacri —, ha fatto vedere l’importanza che le sorgenti bibliche hanno nella vita spirituale, ha messo in risalto l’originalità e la freschezza del Vangelo, ha coltivato con sobrietà l’esegesi spirituale della Parola di Dio, tanto dell’Antico come del Nuovo Testamento.


Ha così scoperto tesori nascosti, appropriandosi parole ed episodi, a volte non senza audacia soprannaturale, come quando, leggendo i testi di Paolo (cfr 1 Cor 1213), ha intuito la sua vocazione all’amore (cfr Ms B 3r3v). Illuminata dalla Parola rivelata, Teresa ha scritto pagine geniali sull’unità fra l’amore di Dio e l’amore del prossimo (cfr Ms C 11 v 19 r); e si è immedesimata con la preghiera di Gesù nell’ultima Cena, come espressione della sua intercessione per la salvezza di tutti (cfr Ms C 34 r35 r).


La sua dottrina coincide, come già detto, con l’insegnamento della Chiesa. Fin da bambina, è stata educata dai familiari alla partecipazione alla preghiera e al culto liturgico.


In preparazione alla sua prima confessione, alla prima comunione e al sacramento della cresima, ha dimostrato un amore straordinario per le verità della fede, ed ha imparato quasi parola per parola il Catechismo (cfr Ms A 37 r37 v). Alla fine della sua vita ha scritto con il proprio sangue il Simbolo degli Apostoli, come espressione del suo attaccamento senza riserve alla professione di fede.


Oltre che con le parole della Scrittura e la dottrina della Chiesa, Teresa si è nutrita fin da giovane con l’insegnamento dell’Imitazione di Cristo, che, come confessa lei stessa, sapeva quasi a memoria (cfr Ms A 47 r). Sono stati determinanti per la realizzazione della sua vocazione carmelitana i testi spirituali della Madre Fondatrice, Teresa di Gesù, specialmente quelli che espongono il senso contemplativo ed ecclesiale del carisma del Carmelo teresiano (cfr Ms C 33 v). Ma in un modo del tutto speciale Teresa si è nutrita della dottrina mistica di San Giovanni della Croce, che è stato il suo vero maestro spirituale (cfr Ms A 83 r). Non è quindi da meravigliarsi se alla scuola di questi due Santi, dichiarati posteriormente Dottori della Chiesa, anche lei, ottima discepola, sia diventata Maestra di vita spirituale.




10.° La dottrina spirituale di Teresa di Lisieux ha contribuito alla dilatazione del Regno di Dio. Con il suo esempio di santità, di perfetta fedeltà alla Madre Chiesa, di piena comunione con la Sede di Pietro, come pure con le particolari grazie da lei impetrate per molti fratelli e sorelle missionari, ha prestato un particolare servizio alla rinnovata proclamazione ed esperienza del Vangelo di Cristo e all’estensione della fede cattolica in tutte le nazioni della terra.


Non occorre dilungarci molto sull’universalità della dottrina Teresiana e sull’ampia recezione del suo messaggio durante il secolo che ci separa dalla sua morte: ciò è stato ben documentato negli studi compiuti in vista del conferimento del titolo di Dottore della Chiesa alla Santa.


Particolare importanza a questo proposito riveste il fatto che lo stesso Magistero della Chiesa non solo ha riconosciuto la santità di Teresa, ma ha pure messo in luce la sua sapienza e la sua dottrina. Già Pio X disse di lei che era «la santa più grande dei tempi moderni». Accogliendo con gioia la prima edizione italiana della Storia di un'anima, egli ebbe ad esaltare i frutti che si ricavano dalla spiritualità teresiana.


Benedetto XV, in occasione della proclamazione della eroicità delle virtù della Serva di Dio, illustrò la via dell’infanzia spirituale e lodò la scienza delle realtà divine, concessa da Dio a Teresa, per insegnare agli altri le vie della salvezza (cfr AAS 13 [1921] 449452). Pio XI, in occasione sia della sua beatificazione che della canonizzazione, volle esporre e raccomandare la dottrina della Santa, sottolineando la particolare illuminazione divina (Discorsi di Pio XI, vol. I, Torino 1959, p. 91) e qualificandola maestra di vita (cfr AAS 17 [1925] pp. 211214). Pio XII, quando fu consacrata la Basilica di Lisieux nel 1954, affermò, fra l’altro, che Teresa era penetrata con la sua dottrina nel cuore stesso del Vangelo (cfr AAS 46 [1954] pp. 404 408). Il Card. Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, visitò diverse volte Lisieux, specialmente quando era Nunzio a Parigi. Durante il suo pontificato manifestò in varie circostanze la sua devozione per la Santa e illustrò i rapporti fra la dottrina della Santa di Avila e della sua figlia, Teresa di Lisieux (Discorsi, Messaggi, Colloqui, vol. II [19591960] pp. 771772). Più volte, durante la celebrazione del Concilio Vaticano II, i Padri evocarono il suo esempio e la sua dottrina. Paolo VI, nel centenario della sua nascita, indirizzava il 2 gennaio 1973 una Lettera al Vescovo di Bayeux e Lisieux, nella quale esaltava l’esempio di Teresa nella ricerca di Dio, la proponeva come maestra della preghiera e della speranza teologale, modello di comunione con la Chiesa, additando lo studio della sua dottrina ai maestri, agli educatori, ai pastori e agli stessi teologi (cfr AAS 65 [1973] pp. 1215). Io stesso, in varie circostanze, ho avuto la gioia di riferirmi alla figura e alla dottrina della Santa, in modo speciale in occasione dell’indimenticabile visita a Lisieux, il 2 giugno 1980, quando ho voluto ricordare a tutti: «De Thérèse de Lisieux, on peut dire avec conviction que l’Esprit de Dieu a permis à son coeur de révéler directement, aux hommes de notre temps, le mystère fondamental, la réalité de l’Evangile [... ] La “petite voie” est la voie de la “sainte enfance”. Dans cette voie, il y a quelque chose d’unique, un génie de sainte Thérèse de Lisieux.


Il y a en même temps la confirmation et le renouvellement de la vérité la plus fondamentale et la plus universelle. Quelle vérité du message évangélique est en effet plus fondamentale et plus universelle que celleci: Dieu est notre Père et nous sommes ses enfants?» (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. III/1 [1980] p. 1659).


Questi semplici cenni ad un’ininterrotta serie di testimonianze dei Papi di questo secolo sulla santità e la dottrina di Santa Teresa di Gesù Bambino e alla universale diffusione del suo messaggio, esprimono chiaramente quanto la Chiesa abbia accolto, nei suoi pastori e nei suoi fedeli, la dottrina spirituale di questa giovane Santa.


Segno della recezione ecclesiale dell’insegnamento della Santa è il ricorso alla sua dottrina in molti documenti del Magistero ordinario della Chiesa, specialmente quando si parla della vocazione contemplativa e missionaria, della fiducia in Dio giusto e misericordioso, della gioia cristiana, della vocazione alla santità. Ne è una testimonianza la presenza della sua dottrina nel recente Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 127, 826, 956, 1011, 2011, 2558). Colei che tanto amò imparare nel catechismo le verità della fede, ha meritato di essere annoverata fra i testimoni autorevoli della dottrina cattolica.


Teresa possiede una universalità singolare. La sua persona, il messaggio evangelico della «piccola via» della fiducia e dell’infanzia spirituale hanno trovato e continuano a trovare un’accoglienza sorprendente, che ha varcato ogni confine.


L’influsso del suo messaggio comprende prima di tutto uomini e donne la cui santità o eroicità delle virtù la stessa Chiesa ha riconosciuto, pastori della Chiesa, cultori della teologia e della spiritualità, sacerdoti e seminaristi, religiosi e religiose, movimenti ecclesiali e comunità nuove, uomini e donne di ogni condizione e di ogni continente. A tutti Teresa reca la sua personale conferma che il mistero cristiano, di cui è diventata testimone ed apostola facendosi nella preghiera, come ella si esprime con audacia, «apostola degli apostoli» (Ms A 56 r), deve essere preso alla lettera, con il più grande realismo possibile, perché ha un valore universale nel tempo e nello spazio. La forza del suo messaggio sta nella concreta illustrazione di come tutte le promesse di Gesù trovino piena attuazione nel credente che sa con fiducia accogliere nella propria vita la presenza salvatrice del Redentore.




11.° Tutte queste ragioni sono chiara testimonianza dell’attualità della dottrina della Santa di Lisieux e della particolare incidenza del suo messaggio sugli uomini e sulle donne del nostro secolo. Concorrono inoltre alcune circostanze che rendono ancor più significativa la sua designazione quale Maestra per la Chiesa nel nostro tempo.


Innanzitutto, Teresa è una donna che, nell’accostarsi al Vangelo, ha saputo cogliere ricchezze nascoste con quella concretezza e profonda risonanza vitale e sapienziale che è propria del genio femminile. Ella emerge per la sua universalità nella schiera delle donne sante che risplendono per la sapienza del Vangelo.


Teresa è, poi, una contemplativa.


Nel nascondimento del suo Carmelo ha vissuto la grande avventura dell’esperienza cristiana, fino a conoscere la lunghezza, la larghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo (cfr Ef 3, 1819). Dio ha voluto che non rimanessero nascosti i suoi segreti, ma ha abilitato Teresa a proclamare i segreti del Re (cfr Ms C 2 v). Con la sua vita Teresa offre una testimonianza ed un’illustrazione teologica della bellezza della vita contemplativa, come totale dedicazione a Cristo, Sposo della Chiesa, e come affermazione viva del primato di Dio su tutte le cose.


La sua è una vita nascosta che possiede una arcana fecondità per la dilatazione del Vangelo e riempie la Chiesa ed il mondo del buon odore di Cristo (cfr LT 169, 2 v).


Teresa di Lisieux, infine, è una giovane. Essa ha raggiunto la maturità della santità in piena giovinezza (cfr Ms C 4 r). Come tale si propone quale Maestra di vita evangelica, particolarmente efficace nell’illuminare i sentieri dei giovani, ai quali spetta di essere protagonisti e testimoni del Vangelo presso le nuove generazioni.


Non solo Teresa di Gesù Bambino è il Dottore della Chiesa più giovane in età, ma pure il più vicino a noi nel tempo, quasi a sottolineare la continuità con la quale lo Spirito del Signore invia alla Chiesa i suoi messaggeri, uomini e donne, come maestri e testimoni della fede. Infatti, qualunque siano le variazioni che si possono costatare nel corso della storia e nonostante le ripercussioni che esse sogliono avere nella vita e nel pensiero delle persone delle singole epoche, non dobbiamo perdere di vista la continuità che unisce tra loro i Dottori della Chiesa: essi restano, in ogni contesto storico, testimoni del Vangelo che non muta e, con la luce e la forza che loro viene dallo Spirito, se ne fanno messaggeri tornando ad annunciarlo nella sua purezza ai contemporanei. Teresa è Maestra per il nostro tempo, assetato di parole vive ed essenziali, di testimonianze eroiche e credibili.


Perciò è amata e accolta anche da fratelli e da sorelle delle altre comunità cristiane e perfino da chi neppure è cristiano.




12.° In quest’anno, in cui si celebra il Centenario della gloriosa morte di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, mentre ci prepariamo alla celebrazione del Grande Giubileo del 2000, dopo aver ricevuto numerose ed autorevoli petizioni, specialmente da parte di molte Conferenze Episcopali di tutto il mondo, e dopo aver accolto la petizione ufficiale, o Supplex Libellus, indirizzatami in data 8 marzo 1997 dal Vescovo di Bayeux e Lisieux, come pure da parte del Preposito Generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo e da parte del Postulatore Generale del medesimo Ordine, decisi di affidare alla Congregazione delle Cause dei Santi competente in materia, «praehabito voto Congregationis de Doctrina Fidei ad eminentem doctrinam quod attinet» (Cost. Apost. Pastor bonus, 73), il peculiare studio della causa per il conferimento del Dottorato a questa Santa.


Raccolta la necessaria documentazione, le suddette due Congregazioni hanno affrontato la questione nelle rispettive Consulte: quella della Congregazione per la Dottrina della Fede il 5 maggio 1997, per quanto riguarda la «eminente dottrina», e quella della Congregazione delle Cause dei Santi il 29 maggio dello stesso anno, per esaminare la speciale «Positio». Il 17 giugno successivo, i Cardinali ed i Vescovi membri delle stesse Congregazioni, seguendo una procedura da me approvata per l’occasione, si sono riuniti in una Sessione Interdicasteriale plenaria ed hanno discusso la Causa, esprimendo all’unanimità parere favorevole alla concessione a Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo del titolo di Dottore della Chiesa universale. Tale parere mi è stato notificato personalmente dal Signor Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e dal ProPrefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, Mons. Alberto Bovone, Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia.


In considerazione di ciò, il 24 agosto scorso, al momento della preghiera dell’Angelus, alla presenza di centinaia di Vescovi e davanti ad una sterminata folla di giovani di tutto l’orbe, radunata a Parigi per la XII Giornata Mondiale della Gioventù, ho voluto personalmente annunciare l’intenzione di proclamare Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo Dottore della Chiesa universale in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale delle Missioni [in Roma].




Oggi, 19 ottobre 1997, nella Piazza san Pietro, gremita di fedeli convenuti da ogni parte del mondo, essendo presenti numerosi Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, durante la solenne celebrazione eucaristica ho proclamato Dottore della Chiesa universale Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto con queste parole:




Venendo incontro ai desideri di un grande numero di Fratelli nell’Episcopato e di moltissimi fedeli di tutto il mondo, udito il parere della Congregazione delle Cause dei Santi ed ottenuto il voto della Congregazione per la Dottrina della Fede in ciò che attiene l’eminente dottrina, con certa conoscenza e matura deliberazione, in forza della piena autorità apostolica, dichiariamo Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, vergine, Dottore della Chiesa universale. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.




Compiuto ciò nel modo dovuto, stabiliamo che questa Lettera Apostolica sia religiosamente conservata ed abbia pieno effetto sia ora che in futuro; e che inoltre così giustamente si giudichi e si definisca, e sia vano e senza fondamento quanto di diverso intorno a ciò possa essere attentato da chiunque, con qualsivoglia autorità, scientemente o per ignoranza.

 


Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore,
il giorno 19 del mese di ottobre
dell’anno del Signore 1997, ventesimo di Pontificato.

 


 

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
30/09/2011 09:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

[SM=g1740722] Cari Amici, il primo Ottobre è la Festa di Santa Teresa del Bambin Gesù, Dottore della Chiesa ed anche Patrona delle Missioni.
www.gloria.tv/?media=200166

Con lei vogliamo inoltrarci in questo Mese dedicato al Rosario ma anche alle Missioni: Fede ed Opere insieme che vogliamo e dobbiamo rendere palesi con la nostra coerente testimonianza.
Seguiteci in questo mese perchè abbiamo molto materiale da condividervi e ritroviamoci uniti nel Rosario quotidiano.

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org




[SM=g1740717]



[SM=g1740738]
[Modificato da Caterina63 30/09/2011 09:22]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
29/07/2012 22:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

«Passerò il mio Cielo a fare del bene sulla terra»


Si celebra il centenario di uno dei miracoli più singolari di santa Teresa di Lisieux: quello con cui, nel 1910, risolse i gravi problemi economici del Carmelo di Gallipoli e confermò alla Chiesa la bontà della sua “piccola via”, aprendo la strada alla sua beatificazione


di Giovanni Ricciardi


Gallipoli in una foto dei primi del Novecento

Gallipoli in una foto dei primi del Novecento

Il 12 luglio del 1897, minata dalla tisi e prossima alla morte, suor Teresa di Gesù Bambino confidava alla priora, madre Agnese di Gesù, sua sorella carnale: «Non mi resta nulla nelle mani. Tutto quello che ho, tutto quello che guadagno, è per la Chiesa e per le anime. Bisognerà che il Salvatore faccia tutte le volontà mie in Cielo, perché io non ho fatto mai la volontà mia sulla terra». La sorella le chiese: «Lei ci guarderà dall’alto, vero?». Teresa, sorprendentemente, rispose: «No, discenderò».

Dieci anni più tardi, il testo francese di Storia di un’anima, l’autobiografia di Teresa, era già sul tavolo di papa Pio X. Da qualche tempo ne era stata pubblicata anche una traduzione non ufficiale in italiano che finì nelle mani di suor Maria Ravizza, una religiosa approdata a Lecce nel 1905 per dirigere un collegio femminile affidato alla sua Congregazione, le suore Marcelline.
Fu lei, nel 1908, a parlare per la prima volta con la priora del Carmelo di Gallipoli di questa carmelitana di Lisieux morta pochi anni prima in odore di santità. Madre Maria Carmela del Cuore di Gesù aveva la stessa età di Teresa e tanti problemi da affrontare per quella comunità che già allora cominciava a presentire una crisi economica diffusa in tutta Italia e che portò il monastero, l’anno seguente, a un passo dalla rovina. La priora chiese in prestito Storia di un’anima, ne fu fortemente impressionata e la fece conoscere alle consorelle.

Trecento lire erano una grossa cifra nel 1910. A tanto ammontava il debito accumulato dal monastero, che le suore non riuscivano a colmare coi lavori di ricamo e la preparazione delle ostie per la diocesi. Al principio dell’anno madre Maria Carmela, certa che la piccola Teresa l’avrebbe ascoltata, decise di celebrare un triduo alla Santissima Trinità per chiedere, con l’intercessione di suor Teresa di Gesù Bambino, una soluzione ai gravi problemi di sussistenza del monastero. «La confidenza compie miracoli», aveva scritto una volta Teresa alla sorella Celina, invitandola a pregare sempre, senza stancarsi. E così, la risposta alle preghiere di madre Maria Carmela non si fece attendere.

Nella notte fra il 15 e il 16 gennaio, la priora sognò una giovane carmelitana che le sorrideva e la invitava a recarsi con lei nella stanza della ruota, dove si trovava la cassetta con il foglio del debito: «Senti», le disse, «il Signore si serve dei Celesti come dei terrestri, queste sono cinquecento lire con le quali pagherai il debito di comunità». La priora protestò che il debito era di trecento lire, ma lei replicò: «Vuol dire che le altre resteranno in più, intanto tu non puoi tenerle in cella, vieni con me». Pensando di sognare la Santa Vergine, madre Maria Carmela la chiamò con quel nome, ma si sentì rispondere: «No, figlia mia, non sono la nostra Santa Madre, sono invece la serva di Dio suor Teresa di Lisieux». Così Teresa anticipava, attribuendosi quel titolo, l’apertura del processo di beatificazione che si andava preparando e che fu inaugurato il 12 agosto di quello stesso anno. Al mattino dopo, nella cassetta furono effettivamente trovate, tra lo stupore di tutta la comunità, cinquecento lire nuove di zecca.

Madre Maria Carmela si affrettò a scrivere a Lisieux una lettera (vedi box) in cui descriveva il miracolo nei dettagli e che riempì di commozione madre Agnese di Gesù, soprattutto per un particolare cui la priora di Gallipoli non aveva annesso tutta la sua importanza: nel sogno, dopo aver consegnato il denaro, Teresa si era mossa per andarsene; la priora l’aveva fermata dicendo: «Aspettate, potreste sbagliare la via!», ma Teresa le aveva risposto: «No, no, figlia mia, la mia via è sicura, né l’ho sbagliata!».

La cassetta dove sono state deposte le cinquecento lire

La cassetta dove sono state deposte le cinquecento lire

«Nessun miracolo mi ha colpito come quest’ultimo»
Suor Teresa di Gesù Bambino aveva in questo modo confermato la sua “piccola via”, che ora poteva essere seguita senza incertezze. E così madre Agnese rispose alla priora di Gallipoli il 4 marzo del 1910: «Mia reverenda e buona madre, immaginate con quale gioia noi abbiamo ricevuto la vostra relazione così interessante. Teresa ci aveva detto quando era quaggiù: “Se la mia via di fiducia e di amore è sospetta, vi prometto di non lasciarvi nell’errore. Io ritornerò per avvisarvi e, se questa via è sicura, anche voi lo saprete”. Ed ecco che proprio a voi, madre carissima in Gesù, quest’angelo viene a dire come stiano le cose: “La mia via è sicura e non mi sono sbagliata”.

Forse non avete dato che un senso letterale a questa frase, ma qui le cose stanno diversamente. Ciò che ammiro, ancora, è che Teresa sia venuta a dirci ciò proprio nel momento in cui ci si occupa della sua causa, dove si sta studiando la sua “via”. Oh, madre mia, fin dalla sua morte la mia piccola Teresa ha fatto molti miracoli, ma nessuno mi ha colpito come quest’ultimo».

Anche per questo al miracolo di Gallipoli fu riservata una speciale sessione del processo di beatificazione. La santa, negli ultimi anni di vita, soprattutto nel cosiddetto “manoscritto B”, aveva condensato la dottrina della sua “piccola via”, che per la sua limpida semplicità le avrebbe meritato, un secolo dopo, il titolo di dottore della Chiesa. Di questo argomento aveva spesso parlato anche con una giovane novizia a lei particolarmente cara, suor Maria della Trinità, che depose anch’essa al processo. Anche lei aveva ricevuto la promessa di essere avvisata dal Cielo sulla bontà degli insegnamenti ricevuti: «Una volta, suor Teresa mi chiese se avrei abbandonato, dopo la sua morte, la piccola via di fiducia e di amore. “Certamente no!” le dissi: “Ci credo così fermamente che mi sembra che, se il Papa mi dicesse che vi siete ingannata, non potrei crederlo”. “Oh”, soggiunse lei vivacemente: “bisognerebbe credere al Papa prima di tutto, ma non abbiate paura che lui venga a dirti di cambiare via; non gli lascerei il tempo, perché se, arrivando in Cielo, venissi a sapere che ti ho indotta in errore, otterrei dal buon Dio il permesso di venire immediatamente ad avvertirti”».

Richiesta di chiarire il contenuto di questi insegnamenti, suor Maria della Trinità spiegò: «Ciò che suor Teresa chiamava la sua “piccola via d’infanzia spirituale” era il continuo argomento delle nostre conversazioni. “I privilegi di Gesù sono per i più piccoli”, mi ripeteva. Era inesauribile sulla fiducia, l’abbandono, la semplicità, la rettitudine, l’umiltà del bambino piccolo, e me lo proponeva sempre come modello. Un giorno, in cui le manifestavo il mio desiderio di avere più forza ed energia per praticare la virtù, lei riprese: “E se il buon Dio ti vuole debole e impotente come un bambino, credi di avere meno merito? Accetta dunque di vacillare a ogni passo, persino di cadere, di portare la tua croce debolmente, ama la tua impotenza; la tua anima ne ricaverà più profitto che se, trasportata dalla grazia, compi con slancio azioni eroiche, le quali riempirebbero il tuo animo di soddisfazione personale e di orgoglio”. Un’altra volta, in cui mi rattristavo ancora per i miei cedimenti, mi disse: “Eccovi ancora uscita dalla piccola via! Una pena che abbatte e scoraggia viene dall’amor proprio; una pena soprannaturale ridona coraggio, dà un nuovo slancio per il bene; si è felici di sentirsi deboli e miseri, perché più lo si riconosce umilmente, aspettando tutto gratuitamente dal buon Dio senza nessun merito da parte nostra, più il buon Dio si abbassa verso di noi, per colmarci dei suoi doni con generosità”».


Il fronte della banconota del miracolo conservata  nel monastero di Gallipoli

Il fronte della banconota del miracolo conservata nel monastero di Gallipoli

Un miracolo lungo un anno
Ma il “miracolo di Gallipoli” non si limitò all’evento del gennaio 1910. A quel primo “regalo del Cielo” ne seguirono altri e sempre con lo scopo di non far ricadere nei debiti il monastero. Nelle entrate di fine gennaio si trovò in cassa un avanzo inspiegabile di venticinque lire, che si ripeté sino ad aprile.
Nel mese di maggio, madre Carmela rivide in sogno la piccola Teresa che la rassicurò sul rinnovarsi del miracolo e le promise che avrebbe trovato nella cassettina un nuovo biglietto da cinquanta lire. Invece, ne furono rinvenuti addirittura tre. Infine, in agosto, comparvero altre cento lire. In quello stesso mese si apriva a Lisieux il processo di beatificazione.

Per chiarire tanti accadimenti misteriosi, giunse a Gallipoli il vicepostulatore della causa, monsignor de Teil. Il racconto di madre Carmela si mantenne conforme alla precedente relazione inviata alla priora di Lisieux.

Intanto, il vescovo di Nardò, Nicola Giannattasio, venne a conoscenza della prodigiosa somma rinvenuta dalla priora. Sapeva anche che le carmelitane, desiderose di abbellire la povera chiesa del monastero, avevano cominciato di nuovo a invocare la loro piccola sorella di Lisieux per ottenere la somma necessaria, circa trecento lire. Così, per testimoniare la sua devozione verso Teresa e festeggiare il primo anniversario del miracolo, con l’inizio dell’anno nuovo pensò di dare in offerta al Carmelo una somma equivalente a quella che era stata trovata nel gennaio precedente. Prese una banconota da cinquecento lire e la mise in una busta. Vi inserì anche uno dei suoi biglietti da visita, sul quale scrisse: «In memoriam, LA MIA VIA È SICURA, IO NON MI SONO SBAGLIATA, suor Teresa di Gesù Bambino a suor Maria Carmela, Gallipoli,16 gennaio 1910. Orate pro me quotidie ut Deus misereatur mei». Su questa busta, lasciata aperta, riscrisse «In memoriam». La busta fu poi messa dentro un’altra più grande, che venne chiusa con un sigillo di ceralacca, con le sue insegne episcopali. Al posto dell’indirizzo, il vescovo scrisse questa raccomandazione: «Da riporsi nella solita cassettina e da aprirsi dalla madre priora, suor Maria Carmela del Cuore di Gesù, il 16 gennaio 1911». Fece recapitare la busta al Carmelo e, qualche giorno dopo, in occasione dell’anniversario, vi si recò lui stesso per predicare gli esercizi spirituali.

Appena giunto, seppe subito che la busta era intatta e si trovava sempre nella cassettina dove era stata depositata, secondo il suo desiderio. Madre Carmela, invitata dal vescovo, andò a prendere la busta, tolse il sigillo di ceralacca, l’aprì e la passò a monsignor Giannattasio, che rimase sorpreso di trovarvi quattro nuovi biglietti di banca: due da cento lire e altri due da cinquanta, per un totale di trecento. Il vescovo pensò che il suo biglietto fosse stato cambiato con altri di taglia minore, ma rimase stupito nel vedere che la banconota da cinquecento lire era ancora al suo posto, nella busta più piccola. Non se ne capacitava. La priora allora concluse: «Questo denaro è vostro, contatelo. Se ci sono trecento lire in più, non sarebbe quello che la comunità ha chiesto con tanta fiducia a suor Teresa?».

Non fa meraviglia, a pensarci bene, che Teresa sia stata commossa proprio da una richiesta fatta con quella “tanta fiducia”, che è propria del bambino, e che rappresenta il cuore stesso della sua “piccola via”. E poi, anche Teresa sapeva quanto fosse penosa la condizione di chi non può pagare i propri debiti. Nell’ultima fase della malattia, aveva appreso con dispiacere di essere stata dispensata anche dall’Ufficio dei morti che ogni carmelitana deve recitare per le consorelle defunte in tutti i monasteri del mondo. E a madre Agnese aveva detto: «Non posso appoggiarmi a nulla, su nessuna opera mia, per aver fiducia. Così avrei ben voluto poter dire a me stessa: sono in pari con tutti i miei Uffici dei morti. Ma questa povertà è stata per me una vera luce, una vera grazia. Ho pensato che in tutta la mia vita non ho potuto riscattare un solo debito mio verso il Signore, ma che questo era per me una vera ricchezza e una forza se l’accettavo. Allora ho fatto questa preghiera: “Dio mio, ve ne supplico, soddisfate al debito che ho verso le anime del Purgatorio, ma fatelo da Dio, cioè infinitamente meglio che se io avessi detto i miei Uffici dei morti”. Mi sono ricordata con grande dolcezza di quelle parole del Cantico di san Giovanni della Croce: “E ogni debito paga!”. Avevo sempre applicato questo all’amore. Sento che una tale grazia non si può rendere! Si trova una pace così grande d’essere integralmente povere, di contare soltanto su Dio misericordioso».

A questo amore, a questa povertà, a questa pace Teresa aveva aggiunto, dal Cielo, una carità sovrabbondante e concretissima.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
25/08/2012 17:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

«Roma mi ha istruita di più che non i lunghi anni di studio...


...Ho camminato sulla terra stessa degli apostoli, la terra pervasa dal sangue dei martiri, e l’anima mia si è dilatata a contatto con le cose sante»


di Giovanni Ricciardi


In primo piano, Teresa Martin a 15 anni, in una foto dell’aprile 1888. L’anno precedente aveva compiuto il pellegrinaggio a Roma. Sullo sfondo, una pianta antica di Roma e una veduta del Colosseo dall’Arco di Tito; al centro, la lista degli alberghi in cui Teresa soggiornò durante il pellegrinaggio in Italia; a destra, il reliquiario con un frammento del mosaico da lei raccolto durante la visita alla Basilica di Sant’Agnese sulla via Nomentana

In primo piano, Teresa Martin a 15 anni, in una foto dell’aprile 1888. L’anno precedente aveva compiuto il pellegrinaggio a Roma. Sullo sfondo, una pianta antica di Roma e una veduta del Colosseo dall’Arco di Tito; al centro, la lista degli alberghi in cui Teresa soggiornò durante il pellegrinaggio in Italia; a destra, il reliquiario con un frammento del mosaico da lei raccolto durante la visita alla Basilica di Sant’Agnese sulla via Nomentana

Nel 1887 si compiva il giubileo sacerdotale di papa Leone XIII. Tra i numerosi pellegrinaggi organizzati per rendere omaggio all’anziano Pontefice, quello promosso dalla diocesi francese di Coutances ebbe una partecipante d’eccezione: la quattordicenne Teresa Martin, santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto santo.
Teresa aveva già concepito il desiderio di entrare nel Carmelo di Lisieux prima del tempo stabilito, nonostante la giovane età. La partenza per Roma fu vista da molti come un tentativo del papà di farle conoscere il mondo, per distoglierla dal convincimento maturato in quegli anni. E, racconta Teresa, «c’era in realtà di che scuotere una vocazione poco solida». Ma il progetto di Teresa era un altro: chiedere personalmente a Leone XIII il permesso di farsi carmelitana a quindici anni.


«…per sancta et sanctos»

Di questo viaggio in Italia resta il resoconto che la stessa Teresa stese nel suo celebre diario, la Storia di un’anima. Famose sono le pagine in cui descrive l’incontro e il colloquio avuto con il Papa. Meno note sono forse quelle in cui descrive il pellegrinaggio vero e proprio alle memorie della cristianità: «Ah, che viaggio! Mi ha istruita di più da solo, che non i lunghi anni di studio» racconta Teresa. «[…] Ho visto delle cose bellissime, ho contemplato le meraviglie dell’arte e della religione, soprattutto ho camminato sulla terra stessa degli apostoli, la terra pervasa dal sangue dei martiri, e l’anima mia si è dilatata a contatto con le cose sante». Sant’Agostino nel De civitate Dei accenna al grande conforto «per sancta et sanctos».
La notte del 4 novembre 1887 la piccola Teresa, accompagnata dal papà Luigi e dalla sorella Céline, prende la via di Parigi per unirsi al gruppo dei pellegrini: «Papà era gaio; quando il treno si mise in moto, egli cantò un vecchio ritornello: “Roule, roule, ma diligence, nous voilà sur le grand chemin”». La visita a Parigi, la messa a Montmartre, la partenza, la comitiva delle signore della buona borghesia francese, lo sguardo incuriosito del vescovo, le montagne della Svizzera: tutto è registrato nella memoria di Teresa con intensità e grazia.


«…non altro che un angolo di stelle»

Il passaggio delle Alpi la entusiasma: «In piedi, allo sportello, rimanevo quasi senza respiro; avrei voluto essere ai due lati del vagone perché, voltandomi, vedevo paesaggi incantevoli e affatto diversi da quelli che si stendevano accanto a me... Guardando tutte queste bellezze, mi nascevano nell’anima pensieri profondi. Mi pareva di capire già la grandezza di Dio e le meraviglie del cielo. La vita religiosa mi appariva tal quale è con i suoi obblighi e i suoi sacrifici minuti consumati nell’ombra. Capivo quanto fosse facile ripiegarsi su se stessi, dimenticare il fine sublime della propria vocazione, e mi dicevo: più tardi, nell’ora della prova, quando, prigioniera nel Carmelo, non potrò contemplare altro che un angolo di stelle, ricorderò ciò che vedo oggi: questo pensiero mi darà coraggio, dimenticherò facilmente i poveri miei interessi vedendo la grandezza e la potenza del Dio che intendo amare unicamente. Non avrò la disgrazia di attaccarmi a delle pagliuzze, dopo che il mio cuore ha presentito ciò che Gesù riserva a coloro che Lo amano».


«Il mio cuore ha presentito ciò che Gesù riserva a coloro che Lo amano»

Il pellegrinaggio, che aveva Roma come meta centrale, fece tappa nelle più importanti città italiane: Milano, Venezia, Padova, Bologna. Dopo Roma, i pellegrini scesero a Napoli, visitarono Pompei per poi risalire ad Assisi, Firenze, Pisa e Genova e fare ritorno a Lisieux il 2 dicembre. Teresa ha del viaggio un ricordo netto e vivo, e non manca di annotare i suoi personali giudizi. Di Milano rammenta la vista che si godeva dall’alto del duomo e le passeggiate in carrozza «che dovevano durare un mese e saziarmi per sempre del mio desiderio di correre senza fatica». Lo spettacolo autunnale di Venezia le appare triste. Bologna le risulta insopportabile «a causa degli studenti di cui è piena e che formavano siepe quando avevamo la sventura di uscire a piedi». Di Napoli ha un ricordo divertito, le restano impressi i colori e le voci: «Il gran numero delle pariglie rese magnifica la nostra passeggiata al monastero di San Martino situato sopra una collina alta che domina la città intera. Purtroppo i cavalli mordevano il freno minuto per minuto, e più d’una volta mi son vista all’ultim’ora. Il cocchiere aveva un bel ripetere continuamente la parola magica dei vetturini italiani: “A-ppippo, A-ppippo” [Ah Pippo, ah Pippo... È curiosa l’ortografia usata da Teresa, ignara del significato: «Appipau, Appipau»] […] i poveri cavalli volevano rovesciar la carrozza, finalmente, grazie alla protezione dei nostri angeli custodi, arrivammo al nostro albergo magnifico». Il brontolio del Vesuvio le fa venire in mente «la potenza del Dio “che guarda la terra e la fa tremare, tocca le montagne, e le riduce in fumo”(Sal 104, 32)». Tra le rovine di Pompei «la folla dei viaggiatori guastava in gran parte il fascino malinconico della città distrutta».


La chiesa di Santa Maria della Vittoria in piazza San Bernardo, in una foto della fine del secolo scorso

La chiesa di Santa Maria della Vittoria in piazza San Bernardo, in una foto della fine del secolo scorso

«…contemplando i muri sui quali Gesù aveva posato i suoi sguardi»

Ma è a Loreto che il racconto di Teresa si fa denso e commosso. «Che dirò della Santa Casa? La mia emozione era profonda mentre mi trovavo sotto il tetto medesimo della sacra famiglia, contemplando i muri sui quali Gesù aveva posato i suoi sguardi divini, mentre camminavo sulla terra che san Giuseppe aveva bagnato con il suo sudore, dove Maria aveva portato Gesù nel suo seno verginale. Ho visto la cameretta ove l’angelo discese presso la Vergine santa». A Loreto si metterà a «grattare furtivamente» le mura della Santa Casa, a Milano, nel duomo, aveva appoggiato la testa all’urna che racchiude il corpo di san Carlo. E così fu anche e soprattutto a Roma.


«Non era un sogno, ero a Roma!»

«Al nostro arrivo era notte, ed eravamo addormentate, ci risvegliò il grido degli addetti alla stazione: “Roma, Roma”. Non era un sogno, ero a Roma!». L’albergo in cui alloggiavano i pellegrini – oggi non esiste più – era in via Capo le Case, vicino a Trinità dei Monti. Nel tratto di strada tra la stazione e l’alloggio, capitò a Teresa di entrare in Santa Maria della Vittoria, a via Venti Settembre, senza sapere che si trattava di un convento carmelitano. Curiosa di scoprire tutto, si inoltrò inavvertitamente nella zona della clausura, finché il superiore della casa non la invitò a uscire. «Non riesco ancora a capire» racconta Teresa «perché mai le donne siano tanto facilmente scomunicate in Italia, ad ogni piè sospinto ci veniva detto: “Non entrate qua, non entrate là, sareste scomunicate!”. […] Un giorno in cui visitavamo un convento di Carmelitani, non mi contentai di seguire i pellegrini nelle gallerie esterne, mi spinsi fino nel chiostro interno... a un tratto vidi un buon vecchio carmelitano che da lontano mi faceva cenno che mi allontanassi, ma io, invece di andarmene, mi avvicinai a lui, e indicandogli i quadri del chiostro gli feci cenno che erano belli. Capì senza dubbio dai miei capelli sciolti e dall’aria giovane che ero una bambina, mi sorrise con bontà e si allontanò vedendo che non si trovava davanti a una nemica; se avessi potuto parlargli italiano, gli avrei detto che ero una futura carmelitana, ma a causa di quelli che fecero la torre di Babele, la cosa mi fu impossibile». Quel carmelitano, a quanto pare si chiamava padre Rodrigo. Fu, anni più tardi, il postulatore della causa di beatificazione di Teresa, causa che si svolse proprio nel convento di Santa Maria della Vittoria.


«Avvicinai le labbra alla polvere arrossata dal sangue dei primi cristiani»

Dei sette giorni trascorsi a Roma Teresa rievoca «soltanto le principali impressioni». Il “percorso” del suo diario si snoda così, a salti, tra le immagini che più le rimangono impresse: il Colosseo, le catacombe, Santa Cecilia, Sant’Agnese, e infine, dopo aver a lungo descritto l’incontro con Leone XIII, le reliquie della santa croce nell’omonima Basilica.
Al Colosseo Teresa è protagonista di una piccola “fuga” dal gruppo, una pericolosa discesa tra i ruderi insieme a Céline sotto gli occhi preoccupati del papà. «La vedevo finalmente» scrive Teresa «quell’arena dove tanti martiri avevano dato il sangue per Gesù e già mi disponevo a baciare la terra che essi avevano consacrata, ma quale delusione! Il centro è soltanto un ammasso di ruderi che i pellegrini possono guardare e basta, perché uno sbarramento impedisce di penetrarvi, del resto nessuno prova la tentazione di entrare in mezzo a quelle rovine. Eravamo dunque venute a Roma per non discendere nel Colosseo? Mi pareva impossibile, non ascoltavo più le spiegazioni della guida, avevo un pensiero solo: calarmi nell’arena... Vedendo un operaio che passava con una scala fui lì lì per chiedergliela, fortunatamente non misi in atto la mia idea perché mi avrebbe presa per pazza. È detto nel Vangelo che Maddalena, rimanendo sempre vicina alla tomba, e abbassandosi più volte, finì per vedere due angeli. Come lei, pur avendo riconosciuto l’impossibilità di attuare i miei desideri, continuai ad abbassarmi verso le rovine tra le quali volevo discendere; finalmente, non vidi angeli, ma quello che cercavo, gettai un grido di gioia, e dissi a Céline: “Svelta, andiamo, ce la facciamo a passare!”. Subito scavalcammo la staccionata che in quel punto toccava i ruderi, ed eccoci a scalar le rovine che si sgretolavano sotto i nostri passi. Papà ci guardava meravigliato per la nostra audacia, e ci disse di tornare indietro, ma le due fuggitive non udivano più nulla; come i guerrieri sentono crescere il coraggio in mezzo al pericolo, così la nostra gioia ingrandiva in proporzione alla difficoltà di raggiungere l’oggetto dei nostri desideri. Céline, più previdente di me, aveva ascoltato il cicerone e ricordandosi che egli aveva segnalato un pezzo di pavimento segnato da una croce come quello su cui combattevano i martiri, si mise a cercarlo; lo trovò ben presto, ci inginocchiammo su quella terra sacra, le nostre anime si fusero in un’unica preghiera. Mi batteva forte il cuore quando avvicinai le labbra alla polvere arrossata dal sangue dei primi cristiani, chiesi la grazia di essere martire anch’io per Gesù, e sentii in fondo al cuore che la mia preghiera era esaudita. Tutto questo fu compiuto in brevissimo tempo; dopo aver preso qualche pietra, ritornammo verso le mura in rovina per ricominciare la nostra impresa rischiosa. Papà, vedendoci così felici, non poté rimproverarci e vidi bene che era orgoglioso del nostro ardimento... Il buon Dio ci protesse visibilmente, perché i pellegrini, essendo un po’ distanti, non si accorsero della nostra assenza, occupati com’erano a guardare le arcate magnifiche sulle quali la guida faceva notare “i graziosi cornichons e i cupides posati su di essi” [Teresa riferisce scherzosamente i termini inesatti cornichons per corniches e cupides per cuspides pronunciati dalla guida poco esperta di francese]; in tal modo né lui né messieurs les abbés conobbero la gioia che ci riempiva il cuore».
L’interno del Colosseo: sono visibili le edicole della Via Crucis

L’interno del Colosseo: sono visibili le edicole della Via Crucis

A Teresa non basta sapere o vedere da lontano. Davanti alle reliquie dei martiri sente il bisogno di accostarsi, di toccare con mano. Sarà così anche alle catacombe, dove incontrerà, per così dire, due nuove amiche.


«…tanto mi appariva profumata l’atmosfera che vi si respira»

«Anche le catacombe mi hanno lasciato una impressione molto dolce» racconta. «Sono tali e quali me le ero figurate leggendone la descrizione nella vita dei martiri. Dopo aver passato là una parte del pomeriggio, mi sembrava di esserci soltanto da qualche attimo, tanto mi appariva profumata l’atmosfera che vi si respira». Bisognava bene portare a casa qualche ricordo delle catacombe, così Céline e Teresa lasciarono che la processione si allontanasse un poco, e poi si calarono insieme fino in fondo all’antica tomba di santa Cecilia, e presero della terra consacrata dalla presenza di lei. «Prima del viaggio a Roma, non avevo alcuna devozione particolare per quella santa ma, visitando la casa trasformata in chiesa [cioè la Basilica di Santa Cecilia in Trastevere], luogo del suo martirio, e venendo a sapere che ella è stata proclamata regina dell’armonia non già a causa della sua bella voce né del suo ingegno per la musica, bensì in memoria del canto virginale ch’ella fece udire allo Sposo celeste nascosto in fondo al suo cuore, sentii per lei più che una devozione: una vera tenerezza d’amica... Ella divenne la mia santa prediletta, la mia confidente intima... Tutto in lei mi rapisce, soprattutto il suo abbandono, la sua fiducia illimitata che l’hanno resa atta a verginizzare anime, le quali non avevano mai desiderato altre gioie se non quelle della vita presente».


«Sentii per Cecilia più che una devozione: una vera tenerezza d’amica...»

Teresa parla ex abundantia cordis. La bellezza della vita cristiana l’affascina esattamente come affascinava i primi cristiani. Per questo sente una connaturalità con quella esperienza e la traduce nel termine amicizia, che, come il testo rivela, non è affatto metaforico. Come Cecilia, anche Teresa avrebbe potuto dire: «Ecco, il mio Signore rende il centuplo di quanto gli si offre». Non che la bellezza del creato non l’affascini, ma è questo di più di bellezza che le interessa perché solo corrisponde all’attesa del cuore. Basta leggere le righe in cui descrive, nel viaggio di ritorno, il litorale ligure come le appariva dai finestrini del treno: «Ecco, corriamo lungo il mare, e la ferrovia è tanto vicina che mi pare che le onde arrivino fino a noi (questo spettacolo fu causato da una tempesta, ed era sera, cosicché la scena appariva ancor più maestosa), ora ecco delle aperte distese di aranceti dai frutti maturi, di verdi olivi dalla ramaglia lieve, di palme graziose... Al cader del giorno vedevamo numerosi piccoli porti di mare che s’illuminavano di mille piccole luci, mentre in cielo scintillavano le prime stelle. Ah, che poesia mi riempiva l’anima mentre vedevo tutte quelle cose per la prima e l’ultima volta. Senza rimpianto le vedevo svanire, il cuore mio aspirava a meraviglie diverse». Così Cecilia le diviene cara: «Santa Cecilia è simile alla sposa dei cantici, in lei vedo “un coro in un campo d’eserciti”. La sua vita non è stata se non un canto armonioso in mezzo anche alle prove più grandi, e ciò non mi stupisce, perché “Il santo Vangelo riposava sul suo cuore”, e nel suo cuore era lo Sposo delle vergini». Teresa accenna così a un particolare della Passio di santa Cecilia, che forse aveva letto nelle vite dei martiri: «Cecilia portava sempre il Vangelo di Cristo nascosto nel seno e sia di notte che di giorno mai cessava di parlare del Signore nelle sue preghiere e assai spesso gli chiedeva di conservarla nella verginità».


«Agnese era un’amica d’infanzia che andavo a trovare nella sua casa»

«Così ti ha desiderata Cristo. Così ti ha scelta Cristo... Abbraccia dunque Colui che ti ha cercato». Sono parole di sant’Ambrogio per Agnese, la giovanissima martire che la Chiesa di Roma venera in modo così speciale da ricordarla, insieme a Cecilia, nel Canone Romano. «La visita alla chiesa di Santa Agnese [la Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura sulla via Nomentana] mi fu di grande dolcezza, era un’amica d’infanzia che andavo a trovare nella sua casa, le parlai lungamente di colei che porta così bene il suo nome [la sorella Agnese, già allora nel Carmelo, futura destinataria del diario di Teresa], e feci tutti i miei sforzi per ottenere una reliquia di quest’angelica patrona della mia madre carissima, avrei voluto portarla a lei, ma non ci fu possibile avere altro che una pietruzza rossa staccatasi da un ricco mosaico la cui origine risale al tempo di sant’Agnese e che lei stessa dovette guardare spesso. Non era incantevole che l’amabile santa ci desse ella stessa ciò che cercavamo e che ci era proibito di prendere? L’ho considerato sempre come un pensiero delicato e una prova di quell’amore col quale la dolce sant’Agnese considera e protegge la madre mia carissima!».


«Bisognava che trovassi sempre il modo per toccare tutto»

«Una pietruzza rossa... che Agnese dovette guardare spesso». Colpisce in Teresa questo modo così fisico di accostarsi alla memoria di Cristo a Roma. Teresa se ne rende essa stessa conto proprio quando si trova davanti alle reliquie più preziose, l’ultimo e il più caro dei ricordi del suo pellegrinaggio romano: «Nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme potemmo vedere alcuni frammenti della vera croce, due spine ed un santo chiodo racchiusi dentro un magnifico reliquiario d’oro cesellato, ma senza vetro, perciò io trovai il modo, venerando la reliquia preziosa, d’insinuare il mignolo in uno spazio del reliquiario, e potei toccare il chiodo che fu bagnato dal sangue di Gesù. Fui veramente troppo audace». Teresa sembra chiedersi se non abbia osato troppo, se non abbia esagerato: «Ma il Signore vede il fondo dei cuori,» aggiunge, «sa che l’intenzione mia era pura, e che per niente al mondo avrei voluto fargli dispiacere, agivo con lui da bambina che si crede tutto permesso e considera come propri i tesori del Padre». Era proprio così, conclude Teresa: «Bisognava che trovassi sempre il modo per toccare tutto».




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
08/10/2013 18:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Una rosa bianca per papa Francesco

posted in BLOG on settembre 25, 2013 Commenti disabilitati by

Una rosa bianca. È il dono che papa Francesco ha ricevuto domenica 8 settembre mentre passeggiava nei giardini vaticani. Un giardiniere l’ha colta e gliel’ha donata. Chi era con lui dice che grande è stato il suo stupore, perché per Jorge Mario Bergoglio ricevere una rosa bianca è un segno del cielo. Un «segnale» — è la parola esatta che egli stesso ha usato nel libro intervista “El Jesuita” con Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti — proveniente direttamente dalla santa della quale egli è devoto: Teresina di Lisieux, la monaca carmelitana morta a soli 24 anni e che il 19 ottobre 1997 Giovanni Paolo II dichiarò dottore della Chiesa (la terza donna a ricevere tale titolo dopo Caterina da Siena e Teresa d’Avila).

Domenica 8 settembre non era un giorno qualunque per Francesco. La sera prima egli aveva convocato una veglia di preghiera per la pace. Era preoccupato. Ma la rosa ricevuta inaspettatamente gli ha fatto comprendere che la sua preoccupazione era stata accolta in cielo, direttamente da Teresina. Lo Spirito parla spesso così, usando segni che ai più dicono nulla. È il suo linguaggio, un parlare che chiede la fede per essere compreso.

L’episodio è stato raccontato nei giorni scorsi da un vescovo italiano che nelle ore successive alla veglia era stato ricevuto in udienza. Il Papa gli ha permesso di raccontarlo durante la presentazione di un libro dedicato proprio alla giovane santa francese svoltasi a Pedaso in provincia di Fermo: “Teresa di Lisieux. Il fascino della santità. I segreti di una dottrina ritrovata”, di Gianni Gennari (Lindau).

È alle pagine 125 e 126 di “El Jesuita” che Rubin e Ambrogetti, descrivendo la biblioteca di Bergoglio a Buenos Aires, raccontano del «segnale» delle rose bianche. Scrivono: «Ci soffermiamo su un vaso pieno di rose bianche in uno scaffale della biblioteca, davanti a una foto di santa Teresa. “Quando ho un problema”, spiega Bergoglio ai due giornalisti, “chiedo alla santa — Teresina, ndr —, non di risolverlo, ma di prenderlo in mano e aiutarmi ad accettarlo, e come segnale ricevo quasi sempre una rosa bianca”».

Bergoglio, nella veglia del 7 settembre, ha chiesto aiuto a Teresina. Il Papa, infatti, ha recitato i misteri gaudiosi del Rosario e, al termine di ogni mistero, dopo un brano del Vangelo, ha letto cinque brani di una poesia scritta dalla santa: “Perché ti amo o Maria”. È la poesia dove dice fra le altre cose che Gesù «sarà fratello di tanti peccatori tanto da chiamarsi tuo — si riferisce a Maria, ndr — primogenito».

È nel rapporto intimo e personale di Bergoglio con Teresina che si evidenzia uno dei tratti della sua personalità e del suo pontificato. Un filo diretto con il cielo per il Papa, come era per Karol Wojtyla il rapporto con santa Faustina Kowalska.

Mentre era ancora in vita, santa Teresina promise che dopo la sua morte avrebbe fatto piovere dal cielo dei “petali di rose”, ossia delle grazie concesse da Dio per sua intercessione. Diceva: «Un’anima infiammata di amore non può restare inattiva. […] Se voi sapeste quanti progetti faccio su tutte le cose che farò quando sarò in cielo. […] Sì, voglio passare il mio cielo a fare del bene sulla terra».

Il 3 dicembre 1925, un gesuita, padre Putigan, cominciò una novena a santa Teresa chiedendo una grazia importante. Il gesuita domandò anche di ricevere da qualcuno una rosa come segno che ciò che egli chiedeva corrispondeva alla volontà di Dio e che, quindi, la sua preghiera sarebbe stata esaudita. Non fece parola con nessuno della novena che stava facendo. Al terzo giorno ricevette una rosa da una persona sconosciuta e ottenne la grazia. Cominciò un’altra novena. Il quarto giorno di questa seconda novena una suora-infermiera gli portò una rosa bianca dicendogli: «Santa Teresa vi manda questa rosa». Padre Putignan, ricevuta la grazia che aveva chiesto, prese la decisione di diffondere questa novena, detta “Novena delle rose”. Oggi questa novena si pratica in tutto il mondo.

Papa Francesco ha più volte parlato nei primi mesi di pontificato di Teresina. Una volta è stato durante la conferenza stampa (28 luglio 2013) tenuta sull’aereo che lo riportava a Roma dal Brasile, meta del suo primo viaggio apostolico fuori dall’Italia. Quando gli è stato chiesto cosa contenesse una valigia nera che il Papa ha trasportato da solo sull’aereo ha detto: «Non c’era la chiave della bomba atomica! Mah! La portavo perché sempre ho fatto così: io, quando viaggio, la porto. E dentro, cosa c’è? C’è il rasoio, c’è il breviario, c’è l’agenda, c’è un libro da leggere – ne ho portato uno su santa Teresina di cui io sono devoto».

Si è saputo poi che il libro in questione era il libro sopra citato “Teresa di Lisieux. Il fascino della santità. I segreti di una dottrina ritrovata”, di Gianni Gennari.

[SM=g1740733]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
15/10/2015 12:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


Zelia e Luigi Martin, genitori di santa Teresina
 

Mentre in Vaticano proseguono i lavori al Sinodo sulla famiglia, la Chiesa domenica eleverà agli onori degli altari Luigi e Zelia Martin, genitori di santa Teresa  e primi santi sposi nella Chiesa. «La grazia della canonizzazione in occasione del Sinodo per la famiglia», dice allaBussola Marc Aillet, vescovo di Bayonne, «potrebbe riassumersi così: essere all’ascolto dell’insegnamento di Cristo sul matrimonio e la famiglia è una via reale per vivere con Dio».

di Lorenzo Bertocchi



«Preghiamo perché i padri sinodali ascoltino la Madre di Dio alle Nozze di Cana: Fate quello che vi dirà».  É la conclusione dell’omelia tenuta ad Alencon lo scorso 8 ottobre, da monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne (Francia), al termine di un pellegrinaggio che si è concluso alla casa natale di S. Teresina di Gesù Bambino. Infatti, mentre in Vaticano proseguono i lavori al Sinodo sulla famiglia, la Chiesa Cattolica domenica eleverà una coppia di sposi agli onori degli altari. É un aureola per due quella per i coniugi Luigi e Zelia Martin, i genitori di santa Teresa. Una realtà controcorrente in un mondo dove tutto si fa single e l’amore è sempre più liquido. 

Monsignor Aillet, domenica la Chiesa proclamerà santa una coppia di sposi. Quale messaggio per le famiglie di oggi e per la Chiesa?

«Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa, hanno voluto vivere più vicino alla Parola di Dio, in tutta la sua dolcezza e nella sua esigenza. Il risultato di questo è stato che la loro vita personale e coniugale è stata trasformata dall’interno attraverso la pratica quotidiana dei sacramenti, in una relazione costante a Dio. In obbedienza alla dottrina della Chiesa, amandola, Luigi e Zelia hanno scoperto come meglio donare la loro vita: ai figli, ai parenti, ai poveri, alla loro Patria…». 

E al Sinodo sulla famiglia, cosa può dire questa canonizzazione?

«La grazia della canonizzazione degli sposi Martin per la Chiesa, in occasione del Sinodo per la famiglia, potrebbe riassumersi così: essere all’ascolto dell’insegnamento di Cristo sul matrimonio e la famiglia è una via reale per vivere eternamente con Dio».

Come è nato il grande amore tra Luigi e Zelia?

«Questo amore si è preparato negli anni precedenti il matrimonio. Luigi e Zelia hanno camminato, ciascuno per la propria parte, mettendosi al passo di Dio. Preghiera, discernimento di un’eventuale vocazione, vita eucaristica intensa, lavoro, spirito di servizio…»

Un fidanzamento controcorrente?

«Questo camminare con Dio è anche la ragione per cui hanno potuto avanzare senza paura nel loro fidanzamento. Si sono custoditi l’un l’altra e si sono riconosciuti molto presto. Il loro cuore non era annebbiato. La scelta di avere una famiglia numerosa è apparsa assai presto». 

Luigi e Zelia, genitori. Quali educatori furono? 

«Ansiosi di trasmettere la carità, la fede e la speranza, ai loro figli, non hanno risparmiato nessun sacrificio: Messa quotidiana, separazioni per una scuola migliore, divertimenti condivisi nella gioia e nel ringraziamento».

Come hanno vissuto la sofferenza?

«Luigi e Zelia hanno ben presto compreso che la sofferenza fa parte del quotidiano della vita cristiana. In unione con la Passione di Cristo, essi hanno portato l’immensa tristezza della perdita di ben quattro figli piccoli… senza dimenticare il dramma famigliare del tumore di Zelia e la sua morte quando l’ultima piccola, Teresa, aveva appena cinque anni. Al termine della sua esistenza terrena, Luigi farà l’esperienza dell’ospedale psichiatrico con tutto quello che esso comporta come purificazione».

Luigi Martin diceva sempre che nella sua casa il primo ad essere servito doveva essere Dio. Oggi questa sembra una provocazione o una follia irrazionale. Ma non sarà, invece, che proprio questa potrebbe essere la soluzione alla crisi del matrimonio e della famiglia?

«Assolutamente. Cerchiamo il Regno di Dio e la Sua giustizia e tutto il resto ci sarà donato in più, così possiamo leggere nelle Sacre Scritture. Nella liturgia, nel rapporto con gli altri, nella nostra vita morale, noi siamo chiamati a partire da Cristo. “Dio o niente” ha scritto il cardinale Robert Sarah».






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
18/10/2015 12:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI: 
- VINCENZO GROSSI 
- MARIA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE 
- LUDOVICO MARTIN E MARIA AZELIA GUÉRIN

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
XXIX Domenica del Tempo Ordinario, 18 ottobre 2015

[Multimedia]






  

Le Letture bibliche ci presentano oggi il tema del servizio e ci chiamano a seguire Gesù nella via dell’umiltà e della croce.

Il profeta Isaia delinea la figura del Servo di Jahwé (53,10-11) e la sua missione di salvezza. Si tratta di un personaggio che non vanta genealogie illustri, è disprezzato, evitato da tutti, esperto nel soffrire. Uno a cui non attribuiscono imprese grandiose, né celebri discorsi, ma che porta a compimento il piano di Dio attraverso una presenza umile e silenziosa e attraverso il proprio patire. La sua missione, infatti, si realizza mediante la sofferenza, che gli permette di comprendere i sofferenti, di portare il fardello delle colpe altrui e di espiarle. L’emarginazione e la sofferenza del Servo del Signore, protratte fino alla morte, si rivelano feconde, al punto tale da riscattare e salvare le moltitudini.

Gesù è il Servo del Signore: la sua vita e la sua morte, interamente nella forma del servizio (cfr Fil 2,7), sono state causa della nostra salvezza e della riconciliazione dell’umanità con Dio. Il kerigma, cuore del Vangelo, attesta che nella sua morte e risurrezione si sono adempiute le profezie del Servo del Signore. Il racconto di san Marco descrive la scena di Gesù alle prese con i discepoli Giacomo e Giovanni, i quali – supportati dalla madre – volevano sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel regno di Dio (cfr Mc10,37), rivendicando posti d’onore, secondo una loro visione gerarchica del regno stesso. La prospettiva in cui si muovono risulta ancora inquinata da sogni di realizzazione terrena. Gesù allora dà un primo “scossone” a quelle convinzioni dei discepoli chiamando il suo cammino su questa terra: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete … ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato (vv. 39-40). Con l’immagine del calice, Egli assicura ai due la possibilità di essere associati fino in fondo al suo destino di sofferenza, senza tuttavia garantire i posti d’onore ambiti. La sua risposta è un invito a seguirlo sulla via dell’amore e del servizio, respingendo la tentazione mondana di voler primeggiare e comandare sugli altri.

Di fronte a gente che briga per ottenere il potere e il successo, per farsi vedere, di fronte a gente che vuole siano riconosciuti i propri meriti, i propri lavori, i discepoli sono chiamati a fare il contrario. Pertanto li ammonisce: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore» (vv. 42-44). Con queste parole indica il servizio quale stile dell’autorità nella comunità cristiana. Chi serve gli altri ed è realmente senza prestigio esercita la vera autorità nella Chiesa. Gesù ci invita a cambiare mentalità e a passare dalla bramosia del potere alla gioia di scomparire e servire; a sradicare l’istinto del dominio sugli altri ed esercitare la virtù dell’umiltà.

E dopo aver presentato un modello da non imitare, offre sé stesso quale ideale a cui riferirsi. Nell’atteggiamento del Maestro la comunità troverà la motivazione della nuova prospettiva di vita: «Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (v. 45). Nella tradizione biblica il Figlio dell’uomo è colui che riceve da Dio «potere, gloria e regno» (Dn 7,14). Gesù riempie di nuovo senso questa immagine e precisa che Egli ha il potere in quanto servo, la gloria in quanto capace di abbassamento, l’autorità regale in quanto disponibile al totale dono della vita. È infatti con la sua passione e morte che Egli conquista l’ultimo posto, raggiunge il massimo di grandezza nel servizio, e ne fa dono alla sua Chiesa.

C’è incompatibilità tra un modo di concepire il potere secondo criteri mondani e l’umile servizio che dovrebbe caratterizzare l’autorità secondo l’insegnamento e l’esempio di Gesù. Incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo; incompatibilità tra onori, successo, fama, trionfi terreni e la logica di Cristo crocifisso. C’è invece compatibilità tra Gesù “esperto nel patire” e la nostra sofferenza. Ce lo ricorda la Lettera agli Ebrei, che presenta Cristo come il sommo sacerdote che condivide in tutto la nostra condizione umana, eccetto il peccato: «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (4,15). Gesù esercita essenzialmente un sacerdozio di misericordia e di compassione. Egli ha fatto l’esperienza diretta delle nostre difficoltà, conosce dall’interno la nostra condizione umana; il non aver sperimentato il peccato non gli impedisce di capire i peccatori. La sua gloria non è quella dell’ambizione o della sete di dominio, ma è la gloria di amare gli uomini, assumere e condividere la loro debolezza e offrire loro la grazia che risana, accompagnarli con tenerezza infinita, accompagnarli nel loro tribolato cammino.

Ognuno di noi, in quanto battezzato, partecipa per parte propria al sacerdozio di Cristo; i fedeli laici al sacerdozio comune, i sacerdoti al sacerdozio ministeriale. Pertanto, tutti possiamo ricevere la carità che promana dal suo Cuore aperto, sia per noi stessi sia per gli altri: diventando “canali” del suo amore, della sua compassione, specialmente verso quanti sono nel dolore, nell’angoscia, nello scoraggiamento e nella solitudine.

Coloro che oggi sono stati proclamati Santi, hanno costantemente servito con umiltà e carità straordinarie i fratelli, imitando così il divino Maestro.  San Vincenzo Grossi fu parroco zelante, sempre attento ai bisogni della sua gente, specialmente alle fragilità dei giovani. Per tutti spezzò con ardore il pane della Parola e divenne buon samaritano per i più bisognosi.

Santa Maria dell’Immacolata Concezione, attingendo dalle sorgenti della preghiera e della contemplazione, visse in prima persona con grande umiltà il servizio agli ultimi, con una attenzione particolare ai figli dei poveri e agli ammalati.

I santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin hanno vissuto il servizio cristiano nella famiglia, costruendo giorno per giorno un ambiente pieno di fede e di amore; e in questo clima sono germogliate le vocazioni delle figlie, tra cui santa Teresa di Gesù Bambino.

La testimonianza luminosa di questi nuovi Santi ci sprona a perseverare sulla strada del servizio gioioso ai fratelli, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione.

 


 


ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 18 ottobre 2015

[Multimedia]






 

Cari fratelli e sorelle,

seguo con grande preoccupazione la situazione di forte tensione e di violenza che affligge la Terra Santa. In questo momento c’è bisogno di molto coraggio e molta forza d’animo per dire no all’odio e alla vendetta e compiere gesti di pace. Per questo preghiamo, perché Dio rafforzi in tutti, governanti e cittadini, il coraggio di opporsi alla violenza e di fare passi concreti di distensione. Nell’attuale contesto medio-orientale è più che mai decisivo che si faccia la pace nella Terra Santa: questo ci chiedono Dio e il bene dell’umanità.

Al termine di questa celebrazione desidero salutare tutti voi che siete venuti a rendere omaggio ai nuovi Santi, in modo particolare le Delegazioni ufficiali di Italia, Spagna e Francia.

Saluto i fedeli delle diocesi di Lodi e di Cremona, come pure le Figlie dell’Oratorio. L’esempio di san Vincenzo Grossi sostenga l’impegno per l’educazione cristiana delle nuove generazioni.

Saluto i pellegrini venuti dalla Spagna, in particolare da Siviglia, e le Suore della Compagnia della Croce. La testimonianza di santa Maria dell’Immacolata Concezione ci aiuti a vivere la solidarietà e la vicinanza con i più bisognosi.

Saluto i fedeli provenienti dalla Francia, specialmente da Bayeux, Lisieux e Sées: all’intercessione dei santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin affidiamo le gioie, le attese e le difficoltà delle famiglie francesi e di tutto il mondo.

Ringrazio i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate, come pure le famiglie, i gruppi parrocchiali e le associazioni.

Ed ora ci rivolgiamo con amore filiale alla Vergine Maria.

 





[Modificato da Caterina63 18/10/2015 14:14]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:43. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com