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Ma da dove ebbero origine LE STRAGI?

Ultimo Aggiornamento: 12/11/2013 18:37
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15/12/2008 19:48
 
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Le responsabilità della cultura occidentale nelle grandi stragi del nostro secolo
di Eugenio Corti


Stragi comuniste


Vittime dichiarate dai responsabili diretti
- In Russia c'è stata un'unica dichiarazione nel 1942 da parte di Stalin a Churchill, il quale la riporta nella sua opera La seconda guerra mondiale: "Dieci milioni" (di contadini, al tempo della collettivizzazione della terra - N.d.R.) "rispose Stalin alzando entrambe le mani: fu una lotta terribile che durò ben quattro anni… più terribile di quella contro i nazisti".

In Cina si è avuta l'8 ottobre 1971 una dichiarazione di Mao Sedong all'imperatore d'Etiopia Hailé Sellassié in visita ufficiale a Pechino: Mao affermò che il costo in vite umane "delle vittorie del socialismo" dal 1949 (anno della proclamazione della repubblica popolare cinese) era stato di "cinquanta milioni di morti". Turbato Hailé Sellassié (il quale, ricordiamolo, sarebbe stato dopo qualche anno ucciso a sua volta dai comunisti etiopici) "fece notare che tale cifra rappresentava il doppio della popolazione dell'Etiopia: ma soltanto una percentuale di quella della Cina, precisò Mao". (C. e J. Broyelle, Apocalypse Mao, Crassei, Parigi, 1980.)

Ciò che è realmente accaduto - Se esaminiamo quanto è accaduto con obiettività (senza cioè lasciarci sconcertare dall'orrore per l'enormità di sofferenze, strazio e sangue di povera gente, che ha comportato) dobbiamo anzitutto constatare che entrambe le cifre sono molto al di sotto della realtà.

In Unione Sovietica infatti la lotta (guidata da Stalin) ai contadini piccoli proprietari ('dekulakizzazione') comportò nel 1929 e 1930 la deportazione-sterminio di 10 milioni di kulaki, più 5 milioni di subkulaki, cui seguirono 6 milioni di morti di fame nella conseguente carestia 'artificiale' del 1931-32 (con molti casi di cannibalismo). Vennero dunque sacrificate complessivamente 21 milioni di persone. Bisogna dire che questa fu la maggiore di tutte le 'repressioni' effettuate in Unione Sovietica. L'avevano però preceduta altre 'repressioni' con molti milioni di vittime, tra cui, sotto la guida di Lenin, quella (fra il 1918 e il 1921) delle classi considerate più propriamente 'sfruttatrici', ossia nobiltà, clero e borghesia; e dopo il 1921 la 'repressione', sempre guidata da Lenin, dei cosiddetti 'piccolo-borghesi' (analoghi ai nostri socialdemocratici).

Una volta collettivizzati i contadini, in Unione Sovietica non esistevano più classi 'sfruttatrici', per cui (1936, anno della "nuova costituzione staliniana") Stalin cessò le 'repressioni' e passò all'epurazione sistematica di tutti gli strati della società, inclusi quelli comunisti alti e bassi (1). Anche al vertice la violenza fu tale che delle 31 persone che dal 1919 al 1938 avevano fatto parte dei 'politburo' di Lenin e di Stalin, 19 vennero fucilate, 2 si suicidarono, 4 morirono di morte naturale, solo 6 sopravvissero a Stalin. Dei comunisti di rango minore nel solo 1937 ne vennero fucilati 400.000. Ci si immagini cosa dovette subire il resto della popolazione. In parallelo alle fucilazioni anche i lager (col loro ingente stillicidio di morti) vennero moltiplicati fino a contenere 15 milioni di persone.

Quante furono in totale le vittime in Unione Sovietica?
Lo si sapeva già da tempo, e se ne conosceva la documentazione, comunque il 28 ottobre 1994 in un discorso al Parlamento russo (Duma) Solgenitsin ha affermato che furono 60 milioni: nessuno, sia in Parlamento che fuori, ha sollevato obiezioni.

Veniamo alla Cina.
Avvertiamo che in merito disponiamo di dati molto meno dettagliati che per la Russia. In ogni caso gli stermini in quel paese sono da raggruppare in tre grandi periodi. Anzitutto dal 1949 al 1958 ci furono le "Campagne di liquidazione politica", ossia d'eliminazione degli avversari (sopratutto nazionalisti vinti): secondo diverse fonti decine di milioni di persone. Nel 1959 ebbe inizio, col "Grande balzo in avanti", il secondo e massimo sterminio, nel corso del quale i contadini vennero espropriati e costretti nelle "Comuni popolari" (notizia questa che produsse un'incredibile esaltazione nei nostri intellettuali di sinistra). In realtà "nel 1960 il raccolto mancò in circa 60 dei 105 milioni di ettari messi a cultura", il che provocò la più terribile carestia della storia (anche questa dunque 'artificiale'). Secondo il grande sinologo Lazio Ladany (che fu per decenni redattore a Hong Kong del notiziario China News Analisys da cui hanno sempre attinto materia praticamente tutti i grandi giornali occidentali) tra il 1959 e il 1962 i soli morti per fame furono 50 milioni. In Occidente questa cifra venne (e viene tuttora) tenuta nascosta dalla grande stampa.

Il terzo enorme sterminio in Cina è legato alla "Grande rivoluzione culturale proletaria" che ebbe inizio nel 1966 e si trascinò in vario modo fino al 1976, anno della morte di Mao.

Quante furono complessivamente le vittime del comunismo in Cina? Riteniamo che, in mancanza di dati precisi, meglio d'ogni altra cosa ce lo indichi un importante studio demografico (di Paul Paillat e Alfred Sauvy sulla rivista Population nel 1974) pubblicato a Parigi dopo che Pechino ebbe finalmente resi pubblici i dati statistici relativi alla popolazione: nelle statistiche cinesi risultavano con chiarezza mancanti 150 milioni di persone. Seguirono altri studi demografici, che confermarono, e misero in luce importanti particolari. Interpellato in merito (2), il sinologo Lazlo Ladany ha risposto di ritenere la cifra di 150 milioni corrispondente a realtà, "anche se non è possibile darne dimostrazione".

Circa le stragi verificatesi in Cambogia (dove dal 1975 al 1978 vennero dai "Khmer rossi" fatte morire 2 milioni di persone, cioè in soli tre anni circa un terzo dell'intera popolazione) riferiremo meglio più avanti.
Negli altri paesi in cui i comunisti hanno preso il potere si ebbero (secondo il recente calcolo minimale di S. Courtois, Le livre noir du communisme, Laffort, Parigi 1997): in Corea del Nord 2 milioni di vittime, in Viet Nam 1 milione, nell'Europa dell'Est 1 milione, in Africa 1.700.000, in Afganistan 1.500.000.

http://www.kattoliko.it/

Stragi naziste


Hanno comportato un numero inferiore di vittime, non perché i nazisti fossero meno disposti a uccidere dei comunisti (se mai è vero il contrario), ma semplicemente perché i nazisti sono stati presenti sulla scena della storia soltanto per dodici anni, dal 1933 al 1945 (3), e in tale breve periodo li ha impegnati sopra ogni altra cosa la conduzione della guerra.

In quei dodici anni, oltre all'olocausto universalmente noto di 6 milioni d'ebrei, essi hanno operato parecchi altri stermini. Ci riferiamo all'eliminazione dei cittadini tedeschi malati irrecuperabili, a quella degli zingari, ai 3 milioni di civili polacchi non ebrei, ai molti più milioni di civili russi, anche donne, soppressi durante l'occupazione nazista, nonché ai militari russi prigionieri (anch'essi quindi divenuti inermi), dei quali su un totale di 5.754.000 ben 3.700.000 sono stati fatti morire nei lager germanici, sopratutto di fame, talvolta col conseguente terribile fenomeno del cannibalismo (4).

Il totale delle vittime dovrebbe assommare ad alcune decine di milioni. (Per quanto ne sappiamo noi non esistono al riguardo statistiche attendibili: dei crimini nazisti infatti i mass media occidentali parlano si può dire ininterrottamente da più di cinquant'anni, ma purtroppo quasi sempre in via strumentale, cosicché non vediamo come se ne possano trarre dati certi.) (5).


Si pone la domanda: nel corso della storia moderna ci sono stati altri episodi di stragi similari, vogliamo dire aventi le stesse caratteristiche di quelle comuniste e naziste?

La risposta purtroppo è affermativa: troviamo infatti un episodio con caratteristiche a tal punto simili, da essere intercambiabili con quelle comuniste e naziste. Esso ha avuto luogo durante la rivoluzione francese in terra di Vandea.


Un precedente: l'episodio vandeano


Oggi ne possiamo parlare con aderenza alla realtà solo perché, in occasione del secondo centenario della rivoluzione francese (anno 1989), accanto alle solite scontate celebrazioni, sono inaspettatamente uscite in Francia alcune opere obiettive (6), che ci consentono di avere sotto gli occhi ciò che è realmente accaduto.

Delle cause che stanno all'origine dell'episodio vandeano, ci limitiamo a ricordare per sommi capi soltanto le maggiori, e cioè: le idee illuministe ispiratrici della rivoluzione francese; l'emanazione da parte dell'autorità rivoluzionaria, nel luglio 1790, della 'Costituzione Civile del Clero', assolutamente inaccettabile per i credenti; infine l'esecuzione nel gennaio 1793, mediante ghigliottina, del re di Francia Luigi XVI, inaccettabile per i patrioti vecchia maniera e per i popolani in genere. Già nel 1792 si erano avuti in parecchie zone della Francia dei moti popolari. Nel febbraio 1793 l'ordine del governo rivoluzionario di una leva di 300.000 uomini, ha fatto precipitare la situazione in Vandea. Un grande numero di richiamati si è infatti dato alla macchia (noi italiani abbiamo sperimentato un fenomeno analogo nel corso di questo secolo, in occasione delle leve della repubblica sociale fascista).

La superficie della Vandea era di circa 10.000 chilometri quadrati, la popolazione di 815.000 abitanti. I ribelli vandeani, uomini molto valorosi (7), e fin da principio ben organizzati, hanno battuto uno dopo l'altro i reparti dell'esercito repubblicano presenti in loco o inviati da Parigi, e conquistato per intero (= liberato) il proprio territorio. Successivamente le forze soverchianti inviate da Parigi hanno rovesciata la situazione.

In quei mesi imperversava in Francia il terrore giacobino, con alla testa Massimiliano Robespierre, il quale dominava nella Convenzione, cioè nella suprema direzione rivoluzionaria. Quale fosse la situazione lo spiega bene il contemporaneo Babeuf (per il quale vedasi la Nota 6):
"Bisogna assolutamente credere verissimo quando (la Convenzione) dice che Robespierre era più forte lui solo di tutti i membri riuniti, e che (la Convenzione) era giunta a tale stadio di bassezza e di viltà da pensare solo attraverso il suo padrone, che voleva tutto quanto egli voleva, che approvava tutto senza dire parola, per paura di essere colpita dal duro staffile che aveva avuto la vergognosa debolezza di mettere nelle sue mani".

Questo è già un anticipo molto aderente, anzi una fotografia, della situazione instauratasi poi in Unione Sovietica al tempo di Stalin.
Ottenuta la vittoria, i giacobini non pensarono affatto di limitarsi a castigare in modo più o meno esemplare i vandeani sconfitti: per costoro - esattamente come più tardi per gli avversari del comunismo in Russia, in Cina e altrove, e per gli antinazisti in Germania - non poteva esserci che l'eliminazione, lo sterminio.
E precisamente lo sterminio venne chiesto alla Convenzione di Parigi da alcuni Rappresentanti (possiamo immaginarceli: i soliti elementi zelanti in questo genere di cose). Secondo Hantz, Garrau e Francastel: "La guerra sarà completamente terminata solo quando non ci sarà più un abitante in Vandea… Una volta dissolti completamente i nuclei di resistenza, si faranno in quel paese scorrerie di cavalleria, che ucciderà tutto ciò che incontrerà".

Ancora Francastel: bisogna "spopolare la Vandea". Non solo gli uomini devono essere eliminati, ma anche le donne "tutte mostri" in quanto "solco riproduttore di futuri briganti", così pure tutti i bambini (dalla Gazette Nationale del 23.2.1794, voi 19, pag. 537). Di nuovo Hantz e Francastel: "La guerra finirà quando non vi sarà più un solo abitante" (8). Gaudin, che protesta, è interrotto e minacciato di sanzioni dai membri della Convenzione. Si intende dunque effettuare, né più né meno, il genocidio del popolo vandeano: qui, ovviamente, il richiamo al nazismo è il più appropriato.

Venne dato ordine che in contemporanea allo sterminio si asportasse dal territorio tutto l'asportabile (come vedremo, si giunse anche allo sfruttamento dei cadaveri), dopo di che - utilizzando il materiale comburente inviato a tal fine da Parigi - doveva essere bruciato tutto il resto. Leggiamo nelle istruzioni impartite dal capo dei generali esecutori, Turreau, ai suoi luogotenenti: "Tutti i villaggi, tutti i borghi, le macchie e tutto quanto può essere bruciato, sarà dato alle fiamme".
Stabilito quanto sopra, si è proceduto all'esecuzione con tutti i mezzi allora disponibili, sostituendo tuttavia spesso, per risparmiare munizioni, lo sgozzamento all'uso delle armi da fuoco.

Tra i sistemi impiegati spiccano comunque per originalità gli annegamenti in serie nel fiume Loira, e i rastrellamenti metodici da parte di grandi colonne armate, che marciando in parallelo attraverso il territorio da spopolare (diecimila chilometri quadrati, come si è detto) hanno provveduto a uccidere tutti coloro che incontravano.

Vediamoli in breve.


continua.............


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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