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Chiarimenti sulla questione delle LEGGI RAZZIALI

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2011 22:02
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20/12/2008 15:04
 
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Bambini ebrei salvati da suore. Il racconto di Emanuele Pacifici


L'agenzia internazionale Zenit
ha diffuso il 20 gennaio il seguente dispaccio:

ROMA - A dispetto delle polemiche sollevate sulla vicenda di bambini ebrei salvati e in alcuni casi battezzati in Francia, ci sono tantissime storie che mostrano quanto la Chiesa cattolica fu attenta e premurosa nei confronti della tradizione religiosa ebraica.

Esemplare la vicenda di Emanuele Pacifici, che è attualmente il presidente italiano dell'associazione "Amici di Yad Vashem".


In un'intervista a Zenit Pacifici ha raccontato: "Nel 1943 avevo 12 anni, mio padre fu catturato dai nazisti. Allora assieme a mia madre e mio fratello Raffaele di 6 anni cercammo rifugio a Firenze.

Fummo aiutati dal cardinale di Genova, Pietro Boetto, e dal cardinale di Firenze, Elia della Costa, che ci fornirono un elenco di conventi nei quali avremmo potuto nasconderci".

"La ricerca non fu facile, i conventi contattati erano tutti pieni. Dopo tanto peregrinare e ormai disperati fummo accolti da suor Ester Busnelli che ci aprì il portone del convento delle francescane missionarie di piazza del Carmine a Firenze. Ma nel convento potevano ospitare solo le donne; così io e mio fratello fummo trasferiti al monastero di Santa Marta a Settignano".


"Di lì a pochi giorni i nazisti fecero irruzione nel convento di suor Ester e portarono via mia madre assieme ad altre 80 donne ebree. Deportate ad Auschwitz nessuna di loro fece ritorno".

"Come fuscelli nella tempesta, e già orfani senza saperlo, trovammo ospitalità, comprensione e affetto nel convento di Santa Marta".

"Ricordo che ogni sera quando dovevamo andare
a letto era consuetudine che ogni bambino dovesse baciare la croce che le suore portano sul pettorale. Ma quando toccava a me, suor Cornelia, facendo bene attenzione che nessuno se ne accorgesse, metteva due dita sul crocefisso in modo che io baciassi le sue dita
e non la croce".


"Poi mi sussurrava all'orecchio: 'Adesso vai a letto e sotto le coperte recita le tue preghierine, mi raccomando!'. E questo sempre, per quasi un anno. Sono così riconoscente a suor Cornelia che l'ho sempre chiamata mamma Cornelia".

"Prima della guerra, nel 1939", ha narrato ancora Emanuele Pacifici, "io e i miei zii facemmo amicizia con don Gaetano Tantalo, parroco di Tagliacozzo. Don Gaetano sapeva leggere e scrivere benissimo l'ebraico. Nel 1943 gli zii braccati dai nazisti chiesero ospitalità a don Gaetano, il quale con l'aiuto della sorella trovò un sicuro rifugio alla numerosa famiglia dei Pacifici e a quella degli Orvieto".

"Rimasero chiusi per nove mesi senza mai uscire. Don Gaetano provvedeva a
tutte le necessità".


"Con l'approssimarsi della Pesach (la festa ebraica della Pasqua) lo zio Enrico scoprì di non saperne la data esatta di quell'anno. Don Gaetano fece i calcoli e scoprì che il 14 di Nissan (marzo-aprile nel calendario ebraico) cadeva l'8 aprile 1944. Inoltre procurò la farina per fare il pane azzimo e qualche tegame nuovo per poter cucinare".

"Così, con i tedeschi a due passi, lo zio Enrico e la sua famiglia poterono dare inizio al Seder, la cerimonia della pasqua ebraica. Alla cerimonia assistette anche don Gaetano".

"Dopo la sua morte i familiari trovarono tra le sue cose una scatoletta che conteneva un pezzo del pane azzimo con cui aveva celebrato la pasqua ebraica assieme ai miei zii".

Suor Cornelia Cordini,
Suor Ester Busnelli e don Gaetano Tantalo sono annoverati tra i "Giusti tra le nazioni" e per don Tantalo è in corso la causa di beatificazione.

Il 9 ottobre del 1982 Emanuele Pacifici rischiò di morire, colpito in pieno dalla bomba che esplose di fronte alla Sinagoga di Roma.

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proseguiamo ....

www.avvenire.it


L'ebreo Di Cave: inventammo il "morbo di Kesselring"

Tra le tante storie inedite e originali emerge quella dei 51 ebrei nascosti presso l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata in via Monti di Creta. Chi si adoperò per dare ospitalità a ebrei e a perseguitati politici fu padre Giovanni Pagani, superiore della Scuola Apostolica degli Aspiranti della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione. L'ospitalità iniziò il 16 settembre 1943, quando il signor Luciano Di Cave si presentò con il figlio Luigi, chiedendo di aiutarli a mettersi in salvo dai rastrellamenti nazisti.

Signor Di Cave, quando iniziò l'ospitalità?
«Penso che iniziò con noi, cioè con la mia famiglia; dopo di noi arrivarono altri ebrei: evidentemente la voce si sparse!».

Chi portò avanti l'iniziativa e se ne fece carico?
«Furono padre Giovanni Pagani, il superiore della Scuola Apostolica degli Aspiranti della Congregazione, e il direttore Emanuele Stablum».

Come vi sistemaste?
«Questa è una cosa molto originale: non eravamo nascosti come tutti gli ebrei negli istituti religiosi, ma confusi fra tutti i malati lì ricoverati. Significa che per salvarci la vita eravamo sporcati da creme così da sembrare malati! Avevamo, come dicevano scherzando i medici, il morbo di Kesselring!».

In caso dell'arrivo indesiderato dei tedeschi, avevate un piano di fuga?
«Sì, per iniziativa sempre di padre Stablum erano state scavate delle gallerie, che si trovavano sotto la lavanderia e servivano anche come rifugio in caso di bombardamento».

Potevate uscire dall'istituto?
«Sì, sotto la falsa identità di frati, potevamo singolarmente andare in città a comprare qualcosa alla borsa nera così da non pesare sull'istituto».


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La novizia di via Cavour: ne accogliemmo sessanta testimonianze

Il nostro testimone è suor Cunegonda, che al tempo era novizia nel convento di via Cavour.

Quando iniziò l'ospitalità degli ebrei e degli altri disperati che invocavano l'asilo?
«Pochi giorni prima del 16 ottobre, quel giorno tremendo, che non potrò mai dimenticare fin che vivo e che nessuno deve dimenticare, perché segnò per quel popolo l'inizio del dolore e della sua tragedia».

Quanti ebrei salvaste? Erano tutti dello stesso sesso?
«Mi sembra di ricordare più di 60 e accogliemmo donne, uomini, bambini senza problemi: si trattava di salvare la vita umana, non era il caso di fare discriminazioni; anche se qualcuna di noi, all'inizio, sollevò qualche obiezione, alla fine vinsero il buon senso e la carità».

Come fu la vostra convivenza?
«Fu una splendida sorpresa, perché riuscimmo a instaurare con loro degli splendidi rapporti di comprensione, rispetto e collaborazione. Pensate che ci hanno insegnato anche a cucinare dei piatti sconosciuti, poveri ma buoni. Nei momenti di maggiore paura, quando Roma era bombardata, ci incoraggiavano a pregare tutti insieme la preghiera dei Salmi, l'unica che potevamo fare insieme».
 
Da parte tedesca subiste irruzioni?
«Diverse volte vennero a bussare in piena notte con i fucili perché aprissimo, dato che sapevano che nel convento erano rifugiati gli ebrei. Ma la superiora, madre Fhaiter, di origine tedesca, donna forte, rimase a dormire in portineria per rispondere nella loro lingua con estrema fermezza che quelli che cercavano non erano lì».

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Dalla serie Interruzioni. Libertà dettata dal bisogno


di
Werner Kaltefleiter 19/08/2004


Protestare ad alta voce contro Hitler, temevano Pio XII e la Curia romana, avrebbe portato solo a una reazione brutale del dittatore. L’aiuto della Chiesa poteva riuscire solo attraverso strade discrete ...


... che non sono mai state sconosciute ai servizi segreti nazisti, come emerge dai documenti dell’epoca.

Segue il quinto articolo - sulla raccolta di documenti dell’Archivio segreto del Vaticano sull’opera dell’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra istituito da papa Pio XII - "Dalla serie Interruzioni
". Werner Kaltefleiter, giornalista del ZDF in pensione, continua la sua collaborazione con Korazym.org. È un amico della prima ora del nostro portale, che continua a fornirci i suoi apprezzati consigli e segnalazioni circa la preparazione in Germania alla XX GMG di Colonia nel 2005.

Il 18 novembre 1942 scrive Theodor Frank da Cannes a papa Pio XII: "Siamo stati colpiti da una grande sfortuna: tredici settimane fa mia moglie è stata deportata, senza che sia stato finora possibile stabilire dove si trovi. Mi permetto a questo punto di chiedere a Sua Santità se fosse possibile aiutarmi a individuare dove si trova e eventualmente a liberarla, perché possa tornare da me".

Il mittente della supplica avverte di essere gravemente malato, secondo il certificato medico non trasportabile, ed è seriamente preoccupato per la salute della moglie, che soffre di diabete. "A mo’ di legittimazione", ricorda un incontro con l’allora Nunzio Apostolico Pacelli a casa di un amico di Berlino Clemens Lammers, nella Heerstraße. Allora, "anni fa", ebbero il "grande onore di poter pranzare con Sua Santità, che tutti e due non hanno mai dimenticato e mai dimenticheranno". Theodor Frank comunica poi le generalità della moglie: Margot Frank, nata Kaufmann, nata il 22 aprile 1889 a Mannheim, deportata nella notte tra il 25 e il 26 agosto, Hotel Suisse a Cannes, secondo il comunicato della Croce Rossa partita da Drancy (Parigi), destinazione sconosciuta. "Dio le permetta di sostenere ancora per molto il genere umano già duramente provato", conclude Theodor Frank, che chiede scusa per essersi preso "la libertà dettata dal bisogno" di rivolgersi al papa con la sua preghiera.

Questa commovente lettera è apparsa nella recentemente pubblicata raccolta di documenti dell’Archivio segreto del Vaticano sull’opera dell’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra istituito da papa Pio XII. Era attivo dal 1939 al 1947 e rese possibile non solo il ritrovamento di soldati scomparsi, prigionieri di guerra e civili internati, ma anche i perseguitati per motivi politici, religiosi e razziali. Il titolo dei due volumi Inter Arma Caritas esprime il piano dell’opera: raccontare come la Sede di Pietro abbia attuato un piano d’amore per il prossimo, mentre infuriava una guerra mondiale. Sia le lettere di privati di religione ebraica e delle alte cariche di Gerusalemme al papa personalmente o al Segretariato di Stato, sia i rapporti alla Curia delle deportazioni da parte dei nunzi dai Paesi occupati dalla Germania di Hitler rendono una testimonianza indiscutibile dei crimini del periodo.

Else Nathan di Tel Aviv, Nachum Street 8, scrive in data 10 dicembre 1942 al Delegato apostolico a Gerusalemme alla ricerca di suo fratello e della sua famiglia, che "era stabilito finora nella città di Magonza". "La notizia della loro deportazione, che mi è giunta ora, è datata 8 luglio di quest’anno. Da allora non ho più notizie della loro sorte". Else Nathan prega i diplomatici del Vaticano di fare ricerche per la localizzazione degli scomparsi: dottor Walter Nathan, ortopedico, nato l’11.05.1889 a Coblenza sul Reno; la moglie, Elsbeth Nathan, nata August, nata il 03.12.1897 a Wellesweiler-Neunkirchen am Saar; i figli, Emma Lotte Nathan, nata il 18.07.1932 a Magonza; Daniel Hans Nathan, nato il 24.12.1936 a Francoforte sul Meno. Chi scrive avvisa concludendo che la famiglia possiede la cittadinanza tedesca ed è di religione ebraica.

Cosa ne è stato delle richieste, se e come il papa e i suoi collaboratori abbiano potuto aiutare queste persone disperate, non emerge dalla raccolta di documenti. Queste lettere sono comunque una prova, anche se non sorprende, che Roma è stata informata tardi, solo quando vennero stabilite le unità tecniche per la "soluzione finale della questione ebraica in Europa", di cosa stava succedendo. La pubblicazione dei documenti, nell’ambito della più generale apertura dell’Archivio vaticano condotta da papa Giovanni Paolo II sugli avvenimenti del fascismo e del nazismo può servire alla discussione infinita sul "silenzio" di Pio XII in merito agli orrori nazisti.

Il Vaticano avrebbe dovuto gridare questi crimini davanti al mondo, per accusare la Germania e isolarla? Hitler voleva palesemente "lasciare in pace" la Chiesa durante la guerra, sia per motivi di politica interna che di politica estera; aveva bisogno anche del sostegno dei cattolici, nel caso che ci fosse un regolamento di conti dopo la vittoria della guerra. E i nazisti al potere non avevano in mente il Vaticano come possibile mediatore di pace già all’inizio degli anni quaranta? Poteva essere un’occasione per il papa per stabilire le condizioni? D’altra parte imperversava il fanatismo razzista di un Himmler, di un Heydrich, di un Kaltenbrunner, di un Bormann senza trovare resistenza. "Ad maiora mala vitanda - Per evitare mali peggiori": il papa già nel 1943 aveva espresso il suo parere contrario con una chiara presa di posizione. Giudizi posteriori privati e storici non sono sufficienti per giudicare questo personalissimo conflitto interno del papa.

Protestare ad alta voce, temevano Pio XII e la Curia romana, avrebbe portato solo a una reazione brutale del dittatore. L’aiuto della Chiesa, se possibile e da considerare con l’appoggio degli Alleati, poteva riuscire solo attraverso strade discrete. Che non sono mai state sconosciute ai servizi segreti nazisti, come emerge dai documenti dell’epoca. Anche l’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra, che era subordinato al Segretariato di Stato, veniva sottoposto ad attività di spionaggio. Il suo direttore, il vescovo greco-cattolico Alexander Evreinoff aveva origini nobiliari russe, era diplomatico dello zar e si era convertito al cattolicesimo dalla fede ortodossa. La sua carriera diplomatica è proseguita nella Segretaria di Stato con la carica agli Esteri. La sua vicinanza al Russicum, del seminario di Roma istituito per la missione in Russia, lo portò presto nelle cerchia tanto dei servizi segreti tedeschi quanto di quelli sovietici.

La documentazione si conclude con scritti del 1949. Nel dopoguerra in alcuni casi si chiede anche una presa di posizione del papa per interessi politici. Scrivono Franz Stein, Ernst Schröter e Friedrich Weichmann da Grossgoltern in data 30 dicembre 1946: "La Slesia è tedesca e appartiene da tempo immemorabile alla Chiesa cattolica romana per la maggior parte, perciò è assurdo che oggi la Polonia rivendichi dei diritti su di essa". Si chiede al papa di concedere udienza a una delegazione della Slesia, "cosicché possiamo porre le domande che ci premono di più". Ora, sarebbe interessante sapere se hanno ricevuto una risposta, che cosa è stato loro risposto, anche soltanto con poche righe della redazione.

La maggior parte del materiale contenuto nei due volumi è in italiano; il primo volume illustra la situazione storica e elenca le liste dei nomi, il secondo una selezione di documenti. Alcune lettere scritte in tedesco sono riprodotte nella versione originale, così come quelle scritte in francese o in inglese. Alcuni errori nella traduzione e nell’ortografia si possono vedere negli originali oppure possono essere intravisti sotto alle correzioni. Per concludere: questa pubblicazione costituisce una testimonianza impressionante della storia contemporanea anche con domande ancora aperte.

Inter Arma Caritas. L`Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra istituito da Pio XII (1939-1947). 2 volumi: I Inventario, II Documenti. Collectanea Archivi Vaticani No. 52, Archivio Segreto Vaticano. Città del Vaticano 2004.


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civiltà cattolica

Radio Mosca creò la leggenda nera su Pio XII: a proposito dell'allocuzione sui «Nefasti del nazismo»


www.avvenire.it


Sull'ultimo numero de «La Civiltà Cattolica», lo storico Giovanni Sale sostiene che fu Radio Mosca a creare la leggenda nera di Pio XII alleato dei nazisti. Giovanni Sale analizza l'allocuzione che il Papa pronunciò il 2 giugno 1945. La stampa antagonista, di sinistra e anticattolica, «addebitava al Papa la responsabilità di aver aiutato Hitler a consolidare il suo potere in Germania».


 L'allocuzione, «Nefasti del nazionalsocialismo e requisiti essenziali per una vera pace» fu "letta" da Radio Mosca, il 7 giugno, come quella di un alleato del nazismo. Sale riporta il commento di Radio Mosca: «Chi ha udito il discorso del Papa in occasione della festa di Sant'Eugenio è rimasto oltremodo meravigliato nell'apprendere che il Vaticano durante i trascorsi anni del predominio di Hitler in Europa, ha agito con coraggio e audacia contro i delinquenti nazisti. I fatti invece operati dal Vaticano dicono il contrario».


 Secondo lo storico gesuita, la stampa comunista internazionale «si allineò supinamente alle direttive di Mosca su tale materia. In tal modo iniziò la leggenda nera, la quale in qualche misura è arrivata ai giorni nostri, di un Pio XII amico e alleato dei nazisti.»


Giovanni Sale dice anche perché nell'allocuzione del 2 giugno non si parla di ebrei: «Non sono menzionati neppure altri popoli e nazioni che subirono pesantemente la devastazione nazista». «In ogni caso - commenta Sale - non c'era ancora in quel periodo la percezione esatta di ciò che nel cuore dell'Europa era accaduto agli ebrei negli ultimi anni della guerra». Così Giovanni Sale confuta la teoria di Pio XII amico dei nazisti: tutto cominciò con le direttive del Cremlino diffuse da Radio Mosca cinque giorni dopo l'allocuzione del Papa sui «Nefasti del nazionalsocialismo».



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STORIA
Esce il libro che Eugenio Zolli scrisse dopo aver ricevuto il battesimo. L’aiuto che la Chiesa portò agli ebrei

Antisemitismo, i distinguo del rabbino

Alle radici di un odio che nel razzismo e nel nazionalismo vede le motivazioni della persecuzione. Ma senza negare gli eccessi del sionismo


Di Marco Roncalli

«L'elemento religioso, e in particolare il monoteismo, si presenta come determinante nella formazione delle peculiarità del popolo ebreo. Lo stesso particolarismo religioso manifestatosi attraverso la coscienza della propria superiorità al di dentro e un forte nomismo al di fuori nei rapporti con altri popoli, sia in Palestina quanto nella diaspora, divenne poi accanto ad altri fattori l'elemento principe nel far sorgere l'antiebraismo definito in tempi a noi vicini con una parola impropria: antisemitismo…». Inizia così - le righe sono stralciate dalla prefazione datata 23 luglio 1945 - Antisemitismo, il primo volume pubblicato da Eugenio Zolli dopo l'adesione al cristianesimo.

A sessant'anni dalla prima edizione Ave, l'opera - intitolata esattamente con quella parola "impropria" coniata nell'Ottocento da Wilhelm Marr - torna a giorni in libreria per le edizioni San Paolo. Ma se fino a poco tempo fa ricordare il rabbino capo di Roma fattosi battezzare il 13 febbraio 1945, poteva dare anche l'impressione di optare per finalità apologetiche creando titubanze tra sensibilità differenti all'opera nel dialogo interreligioso, ora invece - a tabù infranto con le edizioni di Prima dell'alba. Autobiografia autorizzata e di Il rabbino che si arrese a Cristo, sempre per la San Paolo- si riconsidera in modo approfondito la complessità di un caso dove non si registrò alcuna abiura, bensì un "arrivo" (motivato scrisse Zolli «dall'amore di Gesù Cristo, che derivò dalle mie meditazioni sulle Scritture»).

Un percorso che andrebbe accostato ad altri da ricordare (a quando ad esempio la riscoperta di un altro studioso ebreo approdato al cristianesimo come Salvatore Attal, passato dagli studi sulla cosmogonia mosaica a quelli su San Francesco?).
Ciò premesso queste pagine necessitano di molte sottolineature bene indicate dal curatore. Tra queste una riguarda la genesi del libro stampato dopo sette anni d'inattività forzata per l'autore (il precedente era stato Il Nazareno, nel 193 8), ma iniziato durante l'occupazione nazista, quando Zolli visse nascosto dall'ottobre 1943 sino al febbraio 1944: lo dichiara lo stesso autore e se ne ha conferma dai riferimenti ben datati a opere appena uscite (come Per la rinascita dell'Italia, edito dal Partito d'Azione nel dicembre 1943), ma anche da omissioni in apparenza clamorose (quale l'assenza di cenni sui lager).

Un'altra rimarca il fatto interessante che tale testo precedette gli altri "autobiografici", Christus del 1946 o Before the Dawn del 1954). Soprattutto però va ricordato che questo libro, col suo linguaggio oggi un po' desueto, costituisce di fatto un'analisi storica - attenta agli aspetti religiosi, politici, psicologici sull'origine e lo sviluppo dell'antisemitismo e, in particolare, sulle radici e l'evoluzione del razzismo come ragione giustificatrice dell'antiebraismo, sulle influenze del nazionalismo nelle sue forme più aggressive (ma anche sulle risposte del sionismo).

Dunque il lavoro, piuttosto "tecnico", di uno studioso apprezzato - ben prima della sua "scelta" - anche dai colleghi cattolici (che l'avevano invitato a collaborare per la Pontificia Commissione Biblica e l'Enciclopedia Cattolica). Un lavoro che nelle prime duecentottanta pagine indaga di tutto: la patria originaria dei Semiti o l'abominio d'Egitto, il sentimento religioso nazionale o la letteratura antiebraica nel mondo, il messianesimo e lo pseudomessianesimo, gli apologeti e i polemisti ebrei e cristiani d'ogni tempo, per arrivare, verso la fine, all'antisemitismo in Germania, Austria, Francia, a Rosenberg e Hitler, ai rapporti tra conversione e antisemitismo (con frasi interessanti come «le conversioni forzate non fruttano né nel campo religioso né in quello politico né nella vita sociale»).

Ma dopo il penultimo capitolo, con una disamina sulla questione razziale che affronta il «monismo biologico» (dove Zolli, dopo aver dato conto dei limiti del «meticciato genetico», osserva anche «quanto labile sia la base su cui poggia il concetto del meticciato intellettuale»), prima di passare in rassegna in appendice le lingue semitiche, ecco aprirsi uno squarcio su «Pio XII e gli Ebrei di Roma nel periodo dell'invasione germanica». Qui l'autore attinge dichiaratamente da una relazione del gesuita Gozzolino Birolo. Vi si legge: «L'ebraismo mondiale ha debito grande di gratitudine alla santità di Pio XII per gli iterati e pressanti appelli alla giustizia in suo favore, e, quando questi non valsero, per le forti proteste contro leggi e procedimenti iniqui. Ma questo debito riguarda in maniera tutta particolare gli Israeliti di Roma perché più vicini alla sua augusta persona e perché furono oggetto di speciali sollecitudini e provvidenze».

Il testo continua rendendo conto degli interventi del Vaticano e di molte istituzioni cattoliche a favore della comunità ebraica, facendo nomi, indicando luoghi, situazioni, cifre: «Immensa opera svolta sotto gli auspici del sommo pontefice e della Chiesa in tutto il mondo con uno spirito di umanità e di carità cristiana impareggiabili», chiosa l'autore. Aggiungendo: «Descrizione dell'opera in tutta la sua vastità costituirà una delle pagine più fulgide della storia, dell'umano e cristiano agire, un vero trionfo della luce che emana da Gesù».

Eugenio ZOlli
Antisemitismo
a cura di Alberto Latorre
Edizioni San Paolo
Pagine 320. Euro 19,00

www.avvenire.it
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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