Ai nostri giorni, nonostante il rinnovamento della liturgia e della pietà popolare attuate a seguito del concilio Vaticano II e dell’esortazione apostolica Marialis cultus di Paolo VI, il rosario sperimenta in qualche ambiente una sorta di altera marginalizzazione di natura "pseudodemocratica" (K. Rahner), giustificata dal timore che esso possa, in qualche modo, sminuire la centralità della liturgia ecclesiale.
Un giovane con il rosario alla Giornata mondale della gioventù a Toronto (23-28 luglio 2002).
Lungi dal "competere" in modo conflittivo con la preghiera pubblica della Chiesa, esso è un pio esercizio, una preghiera popolare rilanciata da Giovanni Paolo II con la sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae; rilancio che ha lo scopo, facendo nostre alcune osservazioni ancora attuali di von Balthasar, di «liberare il rosario da una specie di ristrettezza estranea allo spirito di Maria e alimentarlo, in conformità a quello stesso spirito, con la pienezza dell’idea e dell’opera salvifica di Dio per il mondo. L’essenza e l’azione di Maria in tutto questo è la mediazione: tra Dio e il mondo, tra Cristo e la Chiesa, tra spirito e carne, tra i due modi di esistenza ecclesiale, tra il mondo dei santi e quello dei peccatori. Ella si trova a tutti i crocevia, per indicare la strada». Parole che ben riassumono l’atteggiamento, le intenzioni, i contenuti e le proposte dei Romani Pontefici dell’ultimo secolo, da Leone XIII a Giovanni Paolo II e, recentemente, a Benedetto XVI.
Per la remissione dei mali e degli errori dell’età moderna
Leone XIII (1878-1903) ha esperito il suo lungo e intenso servizio pontificale in un tempo difficile: fra tradizione e progresso. Papa Pecci ha dedicato al rosario mariano ben sedici documenti: undici encicliche (dalla Supremi apostolatus, del 1° settembre 1883, alla Diuturni temporis, del 5 settembre 1898); una costituzione apostolica (Parta humano generi, dell’8 settembre 1901); tre lettere apostoliche (Salutaris ille Spiritus, del 24 dicembre 1883; Vi è ben noto, indirizzata ai vescovi italiani, del 20 settembre 1887; Ubi primum, sulla Confraternita del rosario, del 2 ottobre 1898); un chirografo inviato al cardinale Lucido M. Parrocchi, vicario di Roma, del 31 ottobre 1886, affinché i fedeli si distinguano nella loro pietà alla Vergine mediante la recita del santo rosario. Altri documenti mariani minori sul rosario non abbiamo spazio per annotarli.
Il pio esercizio è considerato da Leone XIII una vera e propria preghiera cristiana in quanto «è un intreccio di salutazioni angeliche, intercalate dall’orazione del Signore unite dalla meditazione. Così composto, il rosario costituisce la più eccellente forma di preghiera, esso ci offre una salda difesa della nostra fede e un sublime modello di virtù nei misteri proposti alla nostra contemplazione». Fra «le molteplici forme di pietà verso Maria, la più stimata e praticata è quella così eccellente del santo rosario».
A questa pratica molto semplice e popolare è stato dato il nome di rosario anche perché «ricorda, in un felice intreccio, i grandi misteri di Gesù e di Maria: le loro gioie, i loro dolori e i loro trionfi». Per cui essa è preghiera ampiamente e convintamente diffusa dai Papi, caldeggiata e sperimentata dalla Chiesa, nei momenti tempestosi della sua storia, come rimedio ai mali e agli errori religiosi, ideologici e sociali che hanno afflitto e affliggono la Chiesa e il popolo cristiano. Santi, pastori e fedeli la ritengono cara in quanto ispirata, insegnata e raccomandata dalla stessa Madre di Dio, in quanto è preghiera e meditazione dei salutari ed edificanti misteri di Cristo e di Maria, pratica che esprime l’efficacia e potenza della Corredentrice del genere umano, della Mediatrice e della Dispensatrice delle grazie celesti.
Per ridestare l’illanguidita pietà dei fedeli
Per Leone XIII, questa carissima pratica mariana, che al tramonto del secolo XIX e agli inizi del secolo XX, «si è, per divina disposizione, meravigliosamente affermata, per ridestare l’illanguidita pietà dei fedeli», è utile alla perseveranza nella fede e a vivere le opere della stessa sull’esempio delle virtù evangeliche della Vergine.
E se il rosario viene compreso anche come teologale meditazione dell’amore di Cristo, porterà il credente a vivere esemplarmente la fede, in quanto non «è assolutamente possibile che uno consideri e contempli attentamente queste bellissime testimonianze di amore del nostro Redentore, senza ardere di viva riconoscenza per lui. Anzi la fede, se sarà autentica, avrà allora tale potere che, illuminando la mente dell’uomo, e commovendo il suo cuore, quasi lo trascinerà a seguire le orme di Cristo, attraverso tutti gli ostacoli; fino a farlo prorompere in quella protesta degna di Paolo: "Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione, o l’angoscia, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la persecuzione, o la spada?" (Rm 8,35). "... Non vivo più io, ma vive in me Cristo" (Gal 2,20)».
Leone XIII (1810-1903; pontificato dal 1878), il "Papa del rosario".
Per questi indubitabili valori e influssi per la vita umana e cristiana, per la stessa sua forma «che si presta ottimamente per la preghiera comune», il rosario può essere ritenuto preghiera per la Chiesa e della Chiesa, ed è vivamente consigliato come pratica quotidiana ai genitori, ai figli, ai giovani, alle famiglie.
Il "Salterio della Vergine" «costituisce la più eccellente forma di preghiera, e il mezzo più efficace per conseguire la vita eterna [... ], ci offre una salda difesa della nostra fede e un sublime modello di virtù nei misteri proposti alla nostra contemplazione. Noi abbiamo inoltre dimostrato che il rosario è pratica facile e adatta all’indole del popolo, al quale presenta altresì, nel ricordo della famiglia di Nazareth, l’ideale più perfetto della vita domestica. Per tali motivi i fedeli ne hanno sempre sperimentato la salutare potenza».
Il rosario si chiama così anche perché