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J.Ratzinger-Benedetto XVI: Com’è, dov’è, e che cosa vuole Dio?

Ultimo Aggiornamento: 09/10/2013 13:03
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09/10/2013 12:29
 
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[SM=g1740758] B. Giovanni Paolo II, L'Anti-verbo o l'Anti-verità.


Secondo la testimonianza dell'inizio, che troviamo nella Scrittura e nella Tradizione, dopo la prima (ed anche più completa) descrizione nel Libro della Genesi il peccato nella sua forma originaria è inteso come «disobbedienza», il che significa semplicemente e direttamente trasgressione di un divieto posto da Dio. Ma alla luce di tutto il contesto è pure palese che le radici di questa disobbedienza vanno ricercate in profondità nell'intera situazione reale dell'uomo.
Chiamato all'esistenza, l'essere umano - uomo e donna - è una creatura. L'«immagine di Dio», consistente nella razionalità e nella libertà, dice la grandezza e la dignità del soggetto umano, che è persona. Ma questo soggetto personale è pur sempre una creatura: nella sua esistenza ed essenza dipende dal Creatore.

Secondo la Genesi, «l'albero della conoscenza del bene e del male» doveva esprimere e costantemente ricordare all'uomo il «limite» invalicabile per un essere creato. In questo senso va inteso il divieto da parte di Dio: il Creatore proibisce all'uomo e alla donna di mangiare i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male. Le parole dell'istigazione, cioè della tentazione, come è formulata nel testo sacro, inducono a trasgredire questo divieto - cioè a superare quel «limite»: «Quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio («come dèi») conoscendo il bene e il male».

La «disobbedienza» significa appunto il superamento di quel limite, che rimane invalicabile alla volontà e libertà dell'uomo, come essere creato. Dio creatore è, infatti, l'unica e definitiva fonte dell'ordine morale nel mondo, da lui creato. L'uomo non può da se stesso decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo - non può «conoscere il bene e il male, come Dio». Sì, Dio nel mondo creato rimane la prima e suprema fonte per decidere del bene e del male, mediante l'intima verità dell'essere, la quale è il riflesso del Verbo, l'eterno Figlio, consostanziale al Padre. All'uomo creato ad immagine di Dio lo Spirito Santo dà in dono la coscienza, affinché in essa l'immagine possa rispecchiare fedelmente il suo modello, che è insieme la sapienza e la legge eterna, fonte dell'ordine morale nell'uomo e nel mondo.
La «disobbedienza», come dimensione originaria del peccato, significa rifiuto di questa fonte, per la pretesa dell'uomo di diventare fonte autonoma ed esclusiva nel decidere del bene e del male. Lo Spirito, che «scruta le profondità di Dio» e che, al tempo stesso, è per l'uomo la luce della coscienza e la fonte dell'ordine morale, conosce in tutta la sua pienezza questa dimensione del peccato, che si inscrive nel mistero dell'inizio umano. E non cessa di «convincerne il mondo» in rapporto alla Croce di Cristo sul Golgota.

 

 Secondo la testimonianza dell'inizio, Dio nella creazione ha rivelato se stesso come onnipotenza, che è amore. Nello stesso tempo ha rivelato all'uomo che, come «immagine e somiglianza» del suo Creatore, egli è chiamato a partecipare alla verità e all'amore. Questa partecipazione significa una vita di unione con Dio, che è la «vita eterna». Ma l'uomo, sotto l'influenza del «padre della menzogna», si è distaccato da questa partecipazione. In quale misura?
Certamente non nella misura del peccato di un puro spirito, nella misura del peccato di Satana. Lo spirito umano è incapace di raggiungere una tale misura. Nella stessa descrizione della Genesi è facile notare la differenza di grado tra «il soffio del male» da parte di colui che «è peccatore (ossia permane nel peccato) fin dal principio» e che già «è stato giudicato», ed il male della disobbedienza da parte dell'uomo. Questa disobbedienza, tuttavia, significa pur sempre il voltare le spalle a Dio e, in un certo senso, il chiudersi della libertà umana nei suoi riguardi. Significa anche una certa apertura di questa libertà - della conoscenza e della volontà umana - verso colui che è il «padre della menzogna». Questo atto di scelta consapevole non è solo «disobbedienza», ma porta con sé anche una certa adesione alla motivazione contenuta nella prima istigazione al peccato e incessantemente rinnovata durante tutta la storia dell'uomo sulla terra:

«Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».

Ci troviamo qui al centro stesso di ciò che si potrebbe chiamare l'«anti-Verbo», cioè l'«anti-verità». Viene, infatti, falsata la verità dell'uomo: chi è l'uomo e quali sono i limiti invalicabili del suo essere e della sua libertà. Questa «anti-verità» è possibile, perché nello stesso tempo viene falsata completamente la verità su chi è Dio. Il Dio creatore viene posto in stato di sospetto, anzi addirittura in stato di accusa, nella coscienza della creatura. Per la prima volta nella storia dell'uomo appare il perverso «genio del sospetto». Esso cerca di «falsare» il Bene stesso, il Bene assoluto, che proprio nell'opera della creazione si è manifestato come il bene che dona in modo ineffabile: come bonum diffusivum sui, come amore creativo. Chi può pienamente «convincere del peccato», ossia di questa motivazione della disobbedienza originaria dell'uomo, se non colui che solo è il dono e la fonte di ogni elargizione, se non lo Spirito, che «scruta le profondità di Dio» ed è l'amore del Padre e del Figlio?

 

Infatti, malgrado tutta la testimonianza della creazione e dell'economia salvifica ad essa inerente, lo spirito delle tenebre è capace di mostrare Dio come nemico della propria creatura e, prima di tutto, come nemico dell'uomo, come fonte di pericolo e di minaccia per l'uomo. In questo modo viene innestato da Satana nella psicologia dell'uomo il germe dell'opposizione nei riguardi di colui che

«sin dall'inizio» deve essere considerato come nemico dell'uomo - e non come Padre. L'uomo viene sfidato a diventare l'avversario di Dio! L'analisi del peccato nella sua originaria dimensione indica che, ad opera del «padre della menzogna»,

vi sarà lungo la storia dell'umanità una costante pressione al rifiuto di Dio da parte dell'uomo, fino all'odio: «Amore di sé fino al disprezzo di Dio», come si esprime sant'Agostino. L'uomo sarà incline a vedere in Dio prima di tutto una propria limitazione, e non la fonte della propria liberazione e la pienezza del bene. Ciò vediamo confermato nell'epoca moderna, nella quale le ideologie atee tendono a sradicare la religione in base al presupposto che essa determini una radicale «alienazione» dell'uomo come se l'uomo venisse espropriato della propria umanità, quando, accettando l'idea di Dio, attribuisce a lui ciò che appartiene all'uomo, ed esclusivamente all'uomo!

Di qui un processo di pensiero e di prassi storico-sociologica, in cui il rifiuto di Dio è pervenuto fino alla dichiarazione della sua «morte».
Un'assurdità, questa, concettuale e verbale! Ma l'ideologia della «morte di Dio» minaccia piuttosto l'uomo, come indica il Vaticano II, quando, sottoponendo ad analisi la questione dell'«autonomia delle cose temporali», scrive: «La creatura... senza il Creatore svanisce... Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura stessa». L'ideologia della «morte di Dio» nei suoi effetti dimostra facilmente di essere, sul piano teoretico e pratico, l'ideologia della «morte dell'uomo»".

 

 

B. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Dominum et vivificantem, 36-38.

 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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