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Il Dio Cattolico o...un Dio qualunque?

Ultimo Aggiornamento: 16/10/2011 00:49
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22/12/2008 21:50
 
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La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia

Il tema affrontato da Benedetto XVI nell'Enciclica Spe Salvi[SM=g1740722]



5. Dobbiamo aggiungere ancora un altro punto di vista. La Prima Lettera ai Corinzi (1,18-31) ci mostra che una grande parte dei primi cristiani apparteneva ai ceti sociali bassi e, proprio per questo, era disponibile all'esperienza della nuova speranza, come l'abbiamo incontrata nell'esempio di Bakhita. Tuttavia fin dall'inizio c'erano anche conversioni nei ceti aristocratici e colti. Poiché proprio anche loro vivevano « senza speranza e senza Dio nel mondo ».

Il mito aveva perso la sua credibilità; la religione di Stato romana si era sclerotizzata in semplice cerimoniale, che veniva eseguito scrupolosamente, ma ridotto ormai appunto solo ad una « religione politica ». Il razionalismo filosofico aveva confinato gli dèi nel campo dell'irreale. Il Divino veniva visto in vari modi nelle forze cosmiche, ma un Dio che si potesse pregare non esisteva. Paolo illustra la problematica essenziale della religione di allora in modo assolutamente appropriato, quando contrappone alla vita « secondo Cristo » una vita sotto la signoria degli « elementi del cosmo » (Col 2,8).

In questa prospettiva un testo di san Gregorio Nazianzeno può essere illuminante. Egli dice che nel momento in cui i magi guidati dalla stella adorarono il nuovo re Cristo, giunse la fine dell'astrologia, perché ormai le stelle girano secondo l'orbita determinata da Cristo [
2] . Di fatto, in questa scena è capovolta la concezione del mondo di allora che, in modo diverso, è nuovamente in auge anche oggi. Non sono gli elementi del cosmo, le leggi della materia che in definitiva governano il mondo e l'uomo, ma un Dio personale governa le stelle, cioè l'universo; non le leggi della materia e dell'evoluzione sono l'ultima istanza, ma ragione, volontà, amore – una Persona.

E se conosciamo questa Persona e Lei conosce noi, allora veramente l'inesorabile potere degli elementi materiali non è più l'ultima istanza; allora non siamo schiavi dell'universo e delle sue leggi, allora siamo liberi. Una tale consapevolezza ha determinato nell'antichità gli spiriti schietti in ricerca. Il cielo non è vuoto. La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia, ma in tutto e contemporaneamente al di sopra di tutto c'è una volontà personale, c'è uno Spirito che in Gesù si è rivelato come Amore [
3].

6. I sarcofaghi degli inizi del cristianesimo illustrano visivamente questa concezione – al cospetto della morte, di fronte alla quale la questione circa il significato della vita si rende inevitabile. La figura di Cristo viene interpretata sugli antichi sarcofaghi soprattutto mediante due immagini: quella del filosofo e quella del pastore.

Per filosofia allora, in genere, non si intendeva una difficile disciplina accademica, come essa si presenta oggi. Il filosofo era piuttosto colui che sapeva insegnare l'arte essenziale: l'arte di essere uomo in modo retto – l'arte di vivere e di morire. Certamente gli uomini già da tempo si erano resi conto che gran parte di coloro che andavano in giro come filosofi, come maestri di vita, erano soltanto dei ciarlatani che con le loro parole si procuravano denaro, mentre sulla vera vita non avevano niente da dire. Tanto più si cercava il vero filosofo che sapesse veramente indicare la via della vita.

Verso la fine del terzo secolo incontriamo per la prima volta a Roma, sul sarcofago di un bambino, nel contesto della risurrezione di Lazzaro, la figura di Cristo come del vero filosofo che in una mano tiene il Vangelo e nell'altra il bastone da viandante, proprio del filosofo. Con questo suo bastone Egli vince la morte; il Vangelo porta la verità che i filosofi peregrinanti avevano cercato invano.

In questa immagine, che poi per un lungo periodo permaneva nell'arte dei sarcofaghi, si rende evidente ciò che le persone colte come le semplici trovavano in Cristo: Egli ci dice chi in realtà è l'uomo e che cosa egli deve fare per essere veramente uomo. Egli ci indica la via e questa via è la verità. Egli stesso è tanto l'una quanto l'altra, e perciò è anche la vita della quale siamo tutti alla ricerca. Egli indica anche la via oltre la morte; solo chi è in grado di fare questo, è un vero maestro di vita. La stessa cosa si rende visibile nell'immagine del pastore.

Come nella rappresentazione del filosofo, anche per la figura del pastore la Chiesa primitiva poteva riallacciarsi a modelli esistenti dell'arte romana. Lì il pastore era in genere espressione del sogno di una vita serena e semplice, di cui la gente nella confusione della grande città aveva nostalgia. Ora l'immagine veniva letta all'interno di uno scenario nuovo che le conferiva un contenuto più profondo: « Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla ... Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me ... » (Sal 23 [22], 1.4).

Il vero pastore è Colui che conosce anche la via che passa per la valle della morte; Colui che anche sulla strada dell'ultima solitudine, nella quale nessuno può accompagnarmi, cammina con me guidandomi per attraversarla: Egli stesso ha percorso questa strada, è disceso nel regno della morte, l'ha vinta ed è tornato per accompagnare noi ora e darci la certezza che, insieme con Lui, un passaggio lo si trova. La consapevolezza che esiste Colui che anche nella morte mi accompagna e con il suo « bastone e il suo vincastro mi dà sicurezza », cosicché « non devo temere alcun male » (cfr Sal 23 [22],4) – era questa la nuova « speranza » che sorgeva sopra la vita dei credenti.


http://www.vatican.va/holy_father/be...-salvi_it.html



LETTERA ENCICLICA
SPE SALVI
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XVI
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE
E A TUTTI I FEDELI LAICI
SULLA SPERANZA CRISTIANA
__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena) [SM=g1740721]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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