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Joseph Ratzinger: La Teologia della Liturgia

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2012 18:18
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06/05/2011 15:18
 
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Discorso del Papa sulla liturgia: "Maldestro contrapporre tradizione e progresso"

(Il sottolineato è nostro)

                                   Pope Benedict XVI kisses a baby at the end of his weekly general audience in St. Peter's square at the Vatican on May 4, 2011.

CONVEGNO PROMOSSO DAL PONTIFICIO ATENEO SANT’ANSELMO, NEL 50° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL PONTIFICIO ISTITUTO LITURGICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE


Eminenze
Reverendo Padre Abate Primate,
Reverendo Rettore Magnifico,
Illustri Professori,
Cari Studenti,

Vi accolgo con gioia in occasione del IX Congresso Internazionale di Liturgia che celebrate nell'ambito del cinquantesimo anniversario di fondazione del Pontificio Istituto Liturgico. Saluto cordialmente ciascuno di voi, in particolare il Gran Cancelliere, l'Abate Primate dom Notker Wolf, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto rivolgermi a nome di tutti voi.

Il Beato Giovanni XXIII, raccogliendo le istanze del movimento liturgico che intendeva dare nuovo slancio e nuovo respiro alla preghiera della Chiesa, poco prima del Concilio Vaticano II e nel corso della sua celebrazione volle che la Facoltà dei Benedettini sull'Aventino costituisse un centro di studi e di ricerca per assicurare una solida base alla riforma liturgica conciliare.

Alla vigilia del Concilio, infatti, appariva sempre più viva in campo liturgico l’urgenza di una riforma, postulata anche dalle richieste avanzate dai vari episcopati. D'altra parte, la forte esigenza pastorale che animava il movimento liturgico richiedeva che venisse favorita e suscitata una partecipazione più attiva dei fedeli alle celebrazioni liturgiche attraverso l'uso delle lingue nazionali e che si approfondisse il tema dell'adattamento dei riti nelle varie culture, specie in terra di missione.

Inoltre, si rivelava chiara fin dall'inizio la necessità di studiare in modo più approfondito il fondamento teologico della Liturgia, per evitare di cadere nel ritualismo o di favorire il soggettivismo, il protagonismo del celebrante e affinché la riforma fosse ben giustificata nell'ambito della Rivelazione divina e in continuità con la tradizione della Chiesa.

Papa Giovanni XXIII, animato da spirito profetico, per raccogliere e rispondere a tali esigenze creò l'Istituto Liturgico, a cui volle subito attribuire l'appellativo di "Pontificio" per indicarne il peculiare legame con la Sede Apostolica.

Cari amici, il titolo scelto per il Congresso di quest’Anno Giubilare è alquanto significativo: "Il Pontificio Istituto Liturgico tra memoria e profezia". Per quanto concerne la memoria, dobbiamo constatare i frutti abbondanti suscitati dallo Spirito Santo in mezzo secolo di storia, e per questo rendiamo grazie al Datore di ogni bene, nonostante anche i malintesi e gli errori della realizzazione concreta della riforma. E come non ricordare i pionieri, presenti all'atto della fondazione della Facoltà: dom Cipriano Vagaggini, dom Adrien Nocent, dom Salvatore Marsili e dom Burkhard Neunheuser, che, accogliendo le istanze del Pontefice fondatore, si impegnarono, specialmente dopo la promulgazione della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, ad approfondire "l'esercizio della missione sacerdotale di Gesù Cristo, mediante la quale con segni visibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal Corpo Mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale" (n. 7).

Appartiene alla "memoria" la vita stessa del Pontificio Istituto Liturgico, che ha offerto il suo contributo alla Chiesa impegnata nella recezione del Vaticano II, attraverso un cinquantennio di formazione liturgica accademica. Formazione offerta alla luce della celebrazione dei santi misteri, della liturgia comparata, della Parola di Dio, delle fonti liturgiche, del magistero, della storia delle istanze ecumeniche e di una solida antropologia. Grazie a questo importante lavoro formativo, un elevato numero di laureati e licenziati prestano ora il loro servizio alla Chiesa in varie parti del mondo, aiutando il Popolo santo di Dio a vivere la Liturgia come espressione della Chiesa in preghiera, come presenza di Cristo in mezzo agli uomini e come attualità costitutiva della storia della salvezza.

Infatti, il Documento conciliare pone in viva luce il duplice carattere teologico ed ecclesiologico della Liturgia. La celebrazione realizza contemporaneamente un'epifania del Signore e un'epifania della Chiesa, due dimensioni che si coniugano in unità nell'assemblea liturgica, ove il Cristo attualizza il Mistero pasquale di morte e di risurrezione e il popolo dei battezzati attinge più abbondantemente alle fonti della salvezza. Nell'azione liturgica della Chiesa sussiste la presenza attiva di Cristo: ciò che ha compiuto nel suo passaggio in mezzo agli uomini, Egli continua a renderlo operante attraverso la sua personale azione sacramentale, il cui centro è costituito dall'Eucaristia.

Con il termine "profezia", lo sguardo si apre su nuovi orizzonti. La Liturgia della Chiesa va al di là della stessa "riforma conciliare" (cfr Sacrosanctum Concilium, 1), il cui scopo, infatti, non era stato principalmente quello di cambiare i riti e i testi, quanto invece quello di rinnovare la mentalità e porre al centro della vita cristiana e della pastorale la celebrazione del Mistero Pasquale di Cristo. Purtroppo, forse, anche da noi Pastori ed esperti, la Liturgia è stata colta più come un oggetto da riformare che non come soggetto capace di rinnovare la vita cristiana, dal momento in cui "esiste un legame strettissimo e organico tra il rinnovamento della Liturgia e il rinnovamento di tutta la vita della Chiesa.

La Chiesa dalla Liturgia attinge la forza per la vita". A ricordarcelo è il Beato Giovanni Paolo II nella Vicesimus quintus annus, dove la liturgia è vista come il cuore pulsante di ogni attività ecclesiale. E il Servo di Dio Paolo VI, riferendosi al culto della Chiesa, con un’espressione sintetica affermava: “Dalla lex credendi passiamo alla lex orandi, e questa ci conduce alla lux operandi et vivendi” (Discorso del 2 febbraio 1970).

Culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e insieme fonte da cui promana la sua virtù (cfr Sacrosanctum Concilium, 10), la Liturgia con il suo universo celebrativo diventa così la grande educatrice al primato della fede e della grazia. La Liturgia, teste privilegiato della Tradizione vivente della Chiesa, fedele al suo nativo compito di rivelare e rendere presente nell'hodie delle vicende umane l'opus Redemptionis, vive di un corretto e costante rapporto tra sana traditio e legitima progressio, lucidamente esplicitato dalla Costituzione conciliare al n. 23.

Con questi due termini, i Padri conciliari hanno voluto consegnare il loro programma di riforma, in equilibrio con la grande tradizione liturgica del passato e il futuro
. Non poche volte si contrappone in modo maldestro tradizione e progresso. In realtà, i due concetti si integrano: la tradizione include essa stessa in qualche modo il progresso. Come a dire che il fiume della tradizione porta in sé anche la sua sorgente e tende verso la foce.

Cari amici, confido che questa Facoltà di Sacra Liturgia continui con rinnovato slancio il suo servizio alla Chiesa, nella piena fedeltà alla ricca e preziosa tradizione liturgica e alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II, secondo le linee maestre della Sacrosanctum Concilium e dei pronunciamenti del Magistero
. La Liturgia cristiana è la Liturgia della promessa compiuta in Cristo, ma è anche la Liturgia della speranza, del pellegrinaggio verso la trasformazione del mondo, che avrà luogo quando Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28). Per intercessione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, in comunione con la Chiesa celeste e con i patroni San Benedetto e Sant'Anselmo, invoco su ciascuno la Benedizione Apostolica.


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                                    Pope Benedict XVI reads his speech to Italian President Giorgio Napolitano (unseen) in the Paolo VI hall at the Vatican on May 5, 2011, at the end of a concert offered by the President to the Pope to mark his sixth anniversary of papacy. Pope Benedict XVI  was inaugurated in May of 2005.

CONCERTO OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO IN ONORE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DEL VI ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO, 05.05.2011

Questo pomeriggio, alle ore 18, nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, ha luogo un Concerto offerto dal Presidente della Repubblica Italian, S.E. il Sig. Giorgio Napolitano, in onore del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione del sesto anniversario di Pontificato.
L’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma, diretti rispettivamente dal Maestro Jesús López Cobos e dal Maestro Roberto Gabbiani, eseguono il Credo RV 591 di Antonio Vivaldi e lo Stabat Mater di Gioachino Rossini.
Prima del Concerto, il Presidente della Repubblica indirizza al Santo Padre voti augurali per il felice anniversario.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti al termine dell’esecuzione musicale:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali,
Onorevoli Ministri e Autorità,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
Gentili Signori e Signore!

Anche quest’anno, con la consueta e squisita cortesia, il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, ha voluto farci vivere un momento di elevazione musicale per l’anniversario di inizio del mio Pontificato. Mentre La saluto con deferenza, Signor Presidente, unitamente alla Sua gentile Signora, esprimo vivo ringraziamento per questo gradito omaggio e per le cordiali parole che mi ha rivolto, manifestando anche la vicinanza del caro popolo italiano al Vescovo di Roma e ricordando l’indimenticabile momento della beatificazione di Giovanni Paolo II. Saluto anche le altre Autorità dello Stato italiano, i Signori Ambasciatori, le varie Personalità, il Comune di Roma, e tutti voi. Un particolare ringraziamento al Direttore, ai Solisti, all’Orchestra e al Coro del Teatro dell’Opera di Roma per la splendida esecuzione dei due capolavori di Antonio Vivaldi e di Gioacchino Rossini, due sommi musicisti di cui l’Italia, che celebra i 150 anni dell’unificazione politica, deve essere fiera. Un grazie anche a tutti coloro che hanno reso possibile questo evento.

"Credo", "Amen": sono le due parole con cui inizia e si conclude il "Credo", la "Professione di fede" della Chiesa, che abbiamo ascoltato. Che cosa vuol dire credo? E’ una parola che ha vari significati: indica accogliere qualcosa tra le proprie convinzioni, prestare fiducia a qualcuno, essere certi. Quando, però, la diciamo nel "Credo", essa assume un significato più profondo: è affermare con fiducia il senso vero della realtà che ci sostiene, che sostiene il mondo; significa accogliere questo senso come il solido terreno su cui possiamo stare senza timore; è sapere che il fondamento di tutto, di noi stessi, non può essere fatto da noi, ma può essere solo ricevuto.

E la fede cristiana non dice "Io credo in qualcosa", bensì "Io credo in Qualcuno", nel Dio che si è rivelato in Gesù, in Lui percepisco il vero senso del mondo; e questo credere coinvolge tutta la persona, che è in cammino verso di Lui. La parola "Amen", poi, che in ebraico ha la stessa radice della parola "fede", riprende lo stesso concetto: il fiducioso poggiare sulla base solida, Dio.

E veniamo al brano di Vivaldi, grande rappresentante del Settecento veneziano. Purtroppo di lui si conosce poco la musica sacra, che racchiude tesori preziosi: ne abbiamo avuto un esempio nel brano di stasera, composto probabilmente nel 1715. Vorrei fare tre annotazioni. Anzitutto un fatto anomalo nella produzione vocale vivaldiana: l’assenza dei solisti, c’è solo il coro. In questo modo, Vivaldi vuole esprimere il "noi" della fede. Il "Credo" è il "noi" della Chiesa che canta, nello spazio e nel tempo, come comunità di credenti, la sua fede; il "mio" affermare "credo" è inserito nel "noi" della comunità. Poi vorrei rilevare i due splendidi quadri centrali: Et incarnatus est e Crucifixus. Vivaldi si sofferma, come era prassi, sul momento in cui il Dio che sembrava lontano si fa vicino, si incarna e dona se stesso sulla Croce. Qui il ripetersi delle parole, le modulazioni continue rendono il senso profondo dello stupore di fronte a questo Mistero e ci invitano alla meditazione, alla preghiera. Un’ultima osservazione. Carlo Goldoni, grande esponente del teatro veneziano, nel suo primo incontro con Vivaldi notava: "Lo trovai circondato di musica e con il Breviario in mano". Vivaldi era sacerdote e la sua musica nasce dalla sua fede.

Il secondo capolavoro di questa sera, lo "Stabat Mater" di Gioacchino Rossini, è una grande meditazione sul mistero della morte di Gesù e sul dolore profondo di Maria. Rossini aveva concluso la fase operistica della sua carriera a soli 37 anni, nel 1829, con il Guillaume Tell. Da questo momento non scrisse più pezzi di vaste proporzioni, con due sole eccezioni, entrambe di musica sacra: lo "Stabat Mater" e la "Petite Messe Solennelle". Quella di Rossini è una religiosità che esprime una ricca gamma di sentimenti di fronte ai misteri di Cristo, con una forte tensione emotiva. Dal grande affresco iniziale dello "Stabat Mater" dolente e affettuoso, ai brani in cui emerge la cantabilità rossiniana e italiana, ma sempre carica di tensione drammatica, fino alla doppia fuga finale con il poderoso Amen, che esprime la fermezza della fede, e l’In sempiterna saecula, che sembra voler dare il senso dell’eternità. Ma penso che due vere perle di quest’opera siano i due brani "a cappella", l’Eja mater fons amoris e il Quando corpus morietur. Qui il Maestro torna alla lezione della grande polifonia, con un’intensità emotiva che diventa preghiera accorata: "Quando il mio corpo morirà, fa’ che all’anima sia data la gloria del Paradiso". Rossini a 71 anni, dopo aver composto la "Petite Messe Solennelle" scrive: "Buon Dio, eccola terminata questa povera Messa… Sai bene che sono nato per l’opera buffa! Poca scienza, un po’ di cuore, tutto qui. Sii dunque benedetto e concedimi il paradiso". Una fede semplice e genuina.

Cari amici, spero che i brani di questa sera abbiano nutrito anche la nostra fede. Al Signor Presidente della Repubblica Italiana, ai solisti, ai complessi del teatro dell’Opera di Roma, agli organizzatori e a tutti i presenti rinnovo la mia gratitudine e chiedo un ricordo nella preghiera per il mio ministero nella vigna del Signore. Egli continui a benedire voi e i vostri cari.

Grazie.


                                     Pope Benedict XVI (R) poses with orchestra members at the end of a concert offered by Italian President Giorgio Napolitano to celebrate the sixth anniversary of his pontificate in Paul VI hall at the Vatican May 5, 2011.


[Modificato da Caterina63 06/05/2011 15:48]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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