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Joseph Ratzinger: La Teologia della Liturgia

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2012 18:18
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01/07/2011 19:51
 
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Nel sessantesimo dell'ordinazione

L'esempio sacerdotale del Pontefice

 

Sul quotidiano spagnolo "La Razón" di mercoledì 29 giugno è uscito l'articolo che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione italiana.

di JOSÉ MARÍA GIL TAMAYO

Il 29 giugno di quest'anno è la "Giornata del Papa" non solo perché si celebra la festività di san Pietro, il primo Papa di Roma, ma anche perché il suo attuale successore, Benedetto XVI, festeggia in questo giorno sessant'anni da quando, insieme a suo fratello Georg Ratzinger e altri quaranta compagni, è stato ordinato sacerdote nella città tedesca di Frisinga dal cardinale Michael Faulhaber .

In occasione di questo anniversario riceve l'omaggio di tutta la Chiesa con iniziative che vanno da una grande mostra in Vaticano, che riunirà opere di artisti attuali di fama mondiale, a tutta una catena di preghiere di sessanta ore dinanzi al Santissimo Sacramento in tutte le diocesi del mondo.

Queste manifestazioni di affetto filiale dei cattolici al Papa sono anche un'occasione per esprimere la grandezza e il significato del ministero sacerdotale e rivestono grande importanza in un momento come quello attuale in cui, a causa delle infedeltà innegabili e dolorose di una minoranza di sacerdoti, gli sguardi, anche di ecclesiastici, e dell'opinione pubblica si volgono al clero e lo interrogano sulla sua coerenza con l'alta missione evangelica che è chiamato a svolgere, una missione eroicamente testimoniata da una moltitudine immensa di pastori della Chiesa nel corso della storia e anche ai giorni nostri. Sebbene si tratti di realtà spirituali non comprovabili con un semplice sguardo, queste iniziative contribuiscono non solo a far sì che i cristiani contemplino grati il dono benefico del sacerdozio cattolico e che lo stesso clero prenda maggiormente coscienza della santità di vita a cui è chiamato, ma contribuiscono anche a far percepire con chiarezza nel comportamento semplice e discreto dello stesso Benedetto XVI la sua vita esemplare di sacerdote e la ricchezza straordinaria del suo magistero sul ministero ordinato.

Con il suo esempio e attraverso le sue parole e i suoi gesti, Benedetto XVI non ha smesso di dimostrare, in numerose occasioni, il suo amore personale per il sacerdozio, che considera l'evento più importante accaduto nella sua vita, rimasta "posseduta" da questo sacramento, da Cristo in definitiva, il quale, nel giorno della sua ordinazione, gli ha affidato il difficile e meraviglioso compito di renderlo presente fra gli uomini.

Così lo notò proprio Joseph Ratzinger quando - come egli stesso riferisce nella sua autobiografia Aus meinen Leben Enrinnerungen 1927-1977 - dice che le persone lo trattavano in modo diverso, con sacra venerazione, dopo che aveva ricevuto prima l'ordinazione sacerdotale e poi, negli anni, quella episcopale. Si doveva al Sacramento, aggiunge. Ed è proprio la chiave sacramentale e misterica, di trasformazione - di consacrazione - per la missione, a definire e a determinare l'essere e la vita del sacerdote, e anche il suo compito nella Chiesa e nel mondo, come spiega sempre Papa Ratzinger. È questa visione del sacerdote, d'identificazione sacramentale con Cristo che lo isola e lo destina a ricettore personale del dono di Dio e allo stesso tempo di amministratore - e non di padrone - nella Chiesa, che Benedetto XVI plasmerà nella sua visione teologica e nel suo magistero, approfittando di ogni atto papale per trarre conseguenze spirituali e pratiche sull'essere e sulla missione del sacerdote: pastore, apostolo, maestro e liturgista.

Le parole e i gesti di Benedetto XVI, anche di governo fermo nel suo pontificato verso coloro che tradiscono il ministero che hanno ricevuto, sono una chiamata permanente alla meravigliosa, grave e alta responsabilità che il sacerdozio comporta e allo stesso tempo un incoraggiamento a viverlo per gli stessi sacerdoti, sostenuti da tutti i fedeli.

La celebrazione dei sessant'anni dell'ordinazione sacerdotale del Papa, che poteva apparire al principio un evento celebrativo fra i tanti nel susseguirsi degli anniversari ecclesiali, si sta di fatto dimostrando una grazia gioiosa e necessaria per l'intera Chiesa. In particolare per i sacerdoti che si prodigano con gioia in tutto il mondo al servizio di Dio e di tutti gli uomini. Sono in migliaia, stanno nelle parrocchie dei piccoli paesi e in quelle delle grandi città, e realizzano un lavoro generoso di aiuto agli altri con la loro opera evangelizzatrice, con l'amministrazione dei sacramenti, con la promozione di tante opere sociali e culturali, con la vicinanza ai malati e ai sofferenti, con il consiglio pronto per chi ne ha bisogno. Altri vivono dedicandosi all'educazione dei più giovani e all'accompagnamento e alla consolazione dei malati negli ospedali; ce ne sono alcuni che danno ogni giorno il meglio di sé per offrire una vita degna ai poveri e agli emarginati, a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù.

Il meritato omaggio a Papa Benedetto XVI si estende anche a tutti costoro.



(©L'Osservatore Romano 2 luglio 2011)

[SM=g1740771]

"Card. Joseph Ratzinger, brani tratti dal volume "La mia vita"; Ma quando la liturgia è qualcosa che ciascuno si fa da sé, allora non ci dona più quella che è la sua vera qualità: l'incontro con il mistero, che non è un nostro prodotto, ma la nostra origine e la sorgente della nostra vita.
Per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l'unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita "etsi Deus non daretur": come se in essa non importasse più se Dio c'è e se ci parla e ci ascolta...

[SM=g1740733]  Alcune pagine autobiografiche

Il secondo grande evento all'inizio dei miei anni di Ratisbona fu la pubblicazione del messale di Paolo VI, con il divieto quasi completo del messale precedente, dopo una fase di transizione di circa sei mesi. Il fatto che, dopo un periodo di sperimentazioni che spesso avevano profondamente sfigurato la liturgia, si tornasse ad avere un testo liturgico vincolante, era da salutare come qualcosa di sicuramente positivo. Ma rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l'impressione che questo fosse del tutto normale.

Il messale precedente era stato realizzato da Pio V nel 1570, facendo seguito al concilio di Trento; era quindi normale che, dopo quattrocento anni e un nuovo Concilio, un nuovo papa pubblicasse un nuovo messale. Ma la verità storica è un'altra. Pio V si era limitato a far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli. Non diversamente da lui, anche molti dei suoi successori avevano nuovamente rielaborato questo messale, senza mai contrapporre un messale a un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui, pero, la continuità non veniva mai distrutta. Un messale di Pio V che sia stato creato da lui non esiste. C'è solo la rielaborazione da lui ordinata, come fase di un lungo processo di crescita storica. Il nuovo, dopo il concilio di Trento, fu di altra natura: l'irruzione della riforma protestante aveva avuto luogo soprattutto nella modalità di "riforme" liturgiche.

Non c'erano semplicemente una Chiesa cattolica e una Chiesa protestante poste l'una accanto all'altra; la divisione della Chiesa ebbe luogo quasi impercettibilmente e trovò la sua manifestazione più visibile e storicamente più incisiva nel cambiamento della liturgia, che, a sua volta, risultò parecchio diversificata sul piano locale, tanto che i confini tra cosa era ancora cattolico e cosa non lo era più, spesso erano ben difficili da definire.

In questa situazione di confusione, resa possibile dalla mancanza di una normativa liturgica unitaria e dal pluralismo liturgico ereditato dal medioevo, il Papa decise che il Missale Romanum, il testo liturgico della città di Roma, in quanto sicuramente cattolico, doveva essere introdotto dovunque non ci si potesse richiamare a una liturgia che risalisse ad almeno duecento anni prima. Dove questo si verificava, si poteva mantenere la liturgia precedente, dato che il suo carattere cattolico poteva essere considerato sicuro. Non si può quindi affatto parlare di un divieto riguardante i messali precedenti e fino a quel momento regolarmente approvati.

Ora, invece, la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell'antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche. Come era già avvenuto molte volte in precedenza, era del tutto ragionevole e pienamente in linea con le disposizioni del Concilio che si arrivasse a una revisione del messale, soprattutto in considerazione dell'introduzione delle lingue nazionali. Ma in quel momento accadde qualcosa di più: si fece a pezzi l'edificio antico e se ne costruì un altro, sia pure con il materiale di cui era fatto l'edificio antico e utilizzando anche i progetti precedenti.

Non c'è alcun dubbio che questo nuovo messale comportasse in molte sue parti degli autentici miglioramenti e un reale arricchimento, ma il fatto che esso sia stato presentato come un edificio nuovo, contrapposto a quello che si era formato lungo la storia, che si vietasse quest'ultimo e si facesse in qualche modo apparire la liturgia non più come un processo vitale, ma come un prodotto di erudizione specialistica e di competenza giuridica, ha comportato per noi dei danni estremamente gravi. In questo modo, infatti, si è sviluppata l'impressione che la liturgia sia "fatta", che non sia qualcosa che esiste prima di noi, qualcosa di " donato ", ma che dipenda dalle nostre decisioni.

Ne segue, di conseguenza, che non si riconosca questa capacità decisionale solo agli specialisti o a un'autorità centrale, ma che, in definitiva, ciascuna " comunità " voglia darsi una propria liturgia. Ma quando la liturgia è qualcosa che ciascuno si fa da sé, allora non ci dona più quella che è la sua vera qualità: l'incontro con il mistero, che non è un nostro prodotto, ma la nostra origine e la sorgente della nostra vita. Per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l'unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita "etsi Deus non daretur": come se in essa non importasse più se Dio c'è e se ci parla e ci ascolta.

Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l'unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero del Cristo vivente, dov'è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale? Allora la comunità celebra solo se stessa, senza che ne valga la pena. E, dato che la comunità in se stessa non ha sussistenza, ma, in quanto unità, ha origine per la fede dal Signore stesso, diventa inevitabile in queste condizioni che si arrivi alla dissoluzione in partiti di ogni genere, alla contrapposizione partitica in una Chiesa che lacera se stessa. Per questo abbiamo bisogno di un nuovo movimento liturgico, che richiami in vita la vera eredità del concilio Vaticano II.


Da: JOSEPH RATZINGER, La mia vita: ricordi, 1927-1977, Cinisello Balsamo: San Paolo, 1997,110-113.

 


[SM=g1740771]
[Modificato da Caterina63 26/02/2012 17:49]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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