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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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La Chiesa Cattolica NON fu MAI antisemita!

Ultimo Aggiornamento: 03/11/2016 00:20
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08/01/2009 17:09
 
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BASTA CON IL VITTIMISMO e con le false accuse!
In questo Thread verranno postati diversi argomenti interessati a chiarire la posizione della Chiesa la quale non fu mai antisemita come le si accusa....
Il vecchio ANTIGIUDAISMO presente fin dalle Lettere Apostoliche inserite nel Testo Sacro non costituiscono quell'antisemitismo nato in ambiente ILLUMINSTA FRANCESE del 1700 e che ebbe nel tanto osannato Voltaire la maggiore diffusione fino a quegli estremismi definiti poi RAZZISMO che nulla hanno a che vedere con la condanna della Chiesa verso chiunquenegava non solo il Cristo, ma lo denigrava (il Talmud ne è un esempio)[SM=g7574]


Per UN CORRETTO GIUDIZIO STORICO[SM=g7831]

PREMESSA

Precetti del Talmud circa i cristiani
art II: I cristiani sono da evitare perché immondi[SM=g7564]

(e attenzione perchè questa affermazione del Talmud...E' IDENTICA IN UN PASSO DEL CORANO....i cristiani li sono da ABBATTERE PERCHE' INFEDELI...) e tuttavia attenzione anche al fatto che il Talmud è una sorta di magistero, di tradizione del mondo ebraico, ma NON è la Bibbia.....[SM=g7831]  

Baba mezia 114 bis: " Gli ebrei sono chiamati uomini, i popoli del mondo non sono chiamati uomini ma bestie."[SM=g7581]

Per distinguere gli abusi compiuti dai cristiani dalle false accuse alla
Chiesa, occorre fare un onesto DISCERNIMENTO
....[SM=g7831]

Nota storica sui rapporti fra ebrei e cristiani

(il cristiano non è superiore al non cristiano perché non commette peccati
ma più semplicemente perché non li giustifica, e si sforza di combatterli e ne chiede perdono. Inoltre il cristiano si lascia possedere DALLA VERITA')

La Chiesa chiede perdono, ma di cosa?[SM=g7609]


La Chiesa, essendo MADRE, chiede perdono, nell'anno Santo del Giubileo del 2000, per le azioni di tanti suoi figli quando essi hanno esercitato forme di violenza nella correzione degli errori anche là dove, tali errori, non calpestavano i diritti degli altri né minacciavano la pace pubblica.


La Chiesa non entra nel merito delle vicende storiche ma si limita a dire
che: «l'individuazione delle colpe del passato di cui fare ammenda implica
anzitutto un corretto giudizio storico,
che sia alla base anche della
valutazione teologica.
Ci si deve domandare: che cosa è precisamente
avvenuto? Che cosa è stato propriamente detto e fatto? Solo quando a questi
interrogativi sarà stata data una risposta adeguata, frutto di un RIGOROSO
GIUDIZIO STORICO, ci si potrà anche chiedere se ciò che è avvenuto, che è
stato detto o compiuto può essere interpretato come conforme o no al
Vangelo, e, nel caso non lo fosse, se i figli della Chiesa che hanno agito così avrebbero potuto rendersene conto a partire dal contesto in cui operavano. Unicamente quando si perviene alla certezza morale che quanto è stato fatto contro il Vangelo da alcuni figli della Chiesa ed a suo nome avrebbe potuto essere compreso da essi come tale ed evitato, può aver significato per la Chiesa di oggi fare ammenda di colpe del passato» (1).

Per UN CORRETTO GIUDIZIO STORICO:
quali sono stati i rapporti fra gli ebrei e i cristiani?

1) Le origini del conflitto fra ebrei e cristiani.

Nei primi secoli di storia della Chiesa furono i cristiani a subire persecuzioni da parte degli ebrei. Nel '34 viene lapidato il diacono Stefano, presente Paolo, che approvava questa decisione (2). Paolo ricorda di aver dato il suo «voto» nei processi per mettere a morte i «santi» cioè i cristiani (3).

Nel '62 vengono lapidati, a Gerusalemme, Giacomo il Minore e altri cristiani per ordine del sommo sacerdote Ananos e del sinedrio. Quando i governatori romani sono presenti, la persecuzione giudaica contro i cristiani viene impedita ed esplode regolarmente in quelle occasioni in cui è assente l'autorità romana: in questi casi i sommi sacerdoti responsabili vengono destituiti dall'autorità di Roma.
I romani sono decisi a non cedere più come
al tempo di Cristo alle pressioni del Sinedrio, essi non accettano più di
considerare i cristiani come eversori dell'autorità politica
. L'accusa,
infatti, costruita dai grandi sacerdoti contro Gesù era estremamente abile
perché utilizzando l'ambiguità insita nelle attese messianiche - attese
messianiche note ai romani e di cui essi avevano timore - combinava l'accusa di violazione della legge giudaica (quella di essersi fatto Figlio di Dio) con l'accusa politica (di essersi fatto re). I governatori e i procuratori romani dichiarano esplicitamente che la controversia fra i cristiani e i giudei è una controversia strettamente religiosa, senza implicazioni politiche
e dichiarano che non vogliono essere strumentalizzati
dalle autorità religiose ebraiche
.

Quando la provincia della Giudea ritorna autonoma con Agrippa I, la
persecuzione legale dei cristiani ritorna possibile: è di questo periodo la
condanna a morte di Giacomo Maggiore e l'arresto di Pietro (4).

(In questi frangenti storici nessuno ha mai chiesto "perdono" alla Chiesa)

2) Le origini delle mitologie antigiudaiche[SM=g7574]

Con la dispersione degli ebrei nel mondo (la Diaspora) iniziano i difficili problemi di convivenza con le popolazioni locali dove essi si stabiliscono. (Nell'Anno 100 d.C giù di li, gli Ebrei nell'incontro di Jamnia eliminano dal contesto delle Scritture la Bibbia più comunemente conosciuta comela LXX -Settanta- perchè trascritta in greco e chiudono il loro Canone all'esclusivo uso delle Scritture in lingua ebraica. La Chiesa dal canto suo usa la LXX, problema che seppur non ufficialmente vedrà l'utilizzo del Canone come oggi lo conosciamo e che venne protestato solo da Lutero 1500 anni dopo...)

Gli ebrei rappresentano, in molti casi, una sorta di corpo estraneo, un vero e proprio stato che non si integra nel compatto tessuto medioevale.

In questo contesto filtra il mito pagano antigiudaico dell'omicidio rituale
diffuso nella città di Alessandria d'Egitto e riferito da Giuseppe Flavio nel testo Contra Apionem.

La struttura del mito dell'omicidio rituale è questa: in occasione della Pasqua ebraica viene ucciso un bambino per utilizzare il suo sangue a scopo rituale, o a scopi medicinali e magici. La prima accusa documentata di omicidio rituale, con le prime persecuzioni popolari, si ha a Fulda, in Germania, nel 1235.
Ma per questo rimandiamo alla lettura del libro Pasque di Sangue, di Toaff figlio del Rabbino di Roma Toaff, un libro che fece discutere e che venne ritirato dal mercato oscurando invece alcune verità storiche rinfacciate alla Chiesa e che nel libro di Toaff, censurato, trovano una loro onesta collocazione....[SM=g7574]


L'imperatore Federico II dichiara ufficialmente falsa l'accusa. Nel 1247, a
Valreas, nuova accusa di omicidio rituale: gli ebrei si appellano al Papa
Innocenzo IV che condanna la falsa accusa in termini precisi
. Alle soglie del trecento nuove accuse di omicidio rituale nei confronti del quartiere ebraico di Barcellona: anche qui viene riconosciuta l'innocenza degli ebrei.
Le bolle papali continuano a condannare la falsa credenza nell'omicidio rituale attribuito agli ebrei ma questo non impedisce, purtroppo, il diffondersi di questo - mito - e non impedisce le conseguenti sollevazioni popolari le quali portano spesso alla espulsione degli ebrei per motivi di ordine pubblico. Papi come Innocenzo IV, Gregorio IX, Gregorio X, Martino V e Niccolò V si opposero espressamente alla falsa credenza nell'omicidio rituale.
Tale particolare è riportato anche nel libro di Toaff (il figlio) "Pasque di sangue" che dunque, pur riconoscendo il dramma di alcune piccole comunità ebraiche incolpate di tali delitti e comunque sia non del tutte innocenti come spiega appunto il libro non per nulla censurato, Toaff riconosce che la Chiesa ha sempre UFFICIALMENTE RIFIUTATO di dare credito e continuità a tali accuse...Censurato dunque per quale motivo?
Non sarà forse per continuare ad alimentare, al contrario, l'accusa di antisemitismo della Chiesa?

Nel 1554 la terribile accusa di omicidio rituale fa la sua apparizione anche
a Roma, centro della Cristianità, e proprio alla vigilia dell'avvento al soglio pontificio di Paolo IV, uomo privo di ogni moderazione, dal carattere rigido, irruento e incapace di dominarsi, ossessionato da uno zelo religioso e violento, privo di compassione verso se stesso e gli altri: i suoi provvedimenti politici, esageratamente rigorosi e autoritari, fecero tanto soffrire sia gli ebrei che il popolo romano. Questo il fatto. Viene scoperto nel camposanto di Roma, durante la settimana santa, il cadavere crocifisso di un bambino. Il popolo aizzato da un ebreo convertito, Hananel da Foligno, accusa gli ebrei (accusa dunque non mossa dalla chiesa...). La folla invoca il massacro o l'espulsione degli ebrei. Il cardinale Alessandro Farnese scopre i veri colpevoli, due spagnoli che avevano agito per denaro e in odio agli ebrei. Il nuovo Papa, Paolo IV, punisce con la morte i colpevoli. L'ordine pubblico è salvo ma sarà, per gli ebrei, un ordine all'interno del ghetto e per i romani un ordine di tipo calvinista che giunge perfino a proibire ogni forma di divertimento lecito.
Quando Paolo IV muore, nel 1559, il popolo romano si solleva e ne impedisce
i funerali. Il palazzo dell'inquisizione viene invaso e dato alle fiamme, le insegne abbattute e la statua di Paolo IV frantumata e gettata nel Tevere.
Tutta la città è in preda a forti subbugli. La salma stessa del pontefice deve essere sottratta al furore del popolo e viene nascosta nei sotterranei della basilica vaticana (5).

Nel 1840 il mito dell'omicidio rituale è ancora vivo. Un gruppo di ebrei viene accusato a Damasco dell'omicidio rituale di un frate e del suo domestico. Un recente studio dello storico israeliano Jonathan Frankel, su questo celebre caso giudiziario e che ebbe grande risonanza internazionale,
mostra come le forze - liberali - e - progressiste -, dalla Francia di Luigi Filippo al giovane Karl Marx, considerano gli accusati pregiudizialmente
colpevoli mentre è la diplomazia cattolica asburgica a esigere e ad ottenere finalmente il più scrupoloso rispetto dei diritti degli imputati. [SM=g7574]
Frankel cita un discorso particolarmente violento e ottuso di Marx, discorso del
1847, il quale sostiene che anche i cristiani «macellavano esseri umani e consumavano vera carne e sangue umano nell'eucaristia» (6).

 (quanta pazienza!)

Con l'arrivo della peste in Europa nasce il secondo mito antigiudaico: sono gli ebrei che diffondono la malattia. Fin dalla primavera del 1348 il percorso della peste è accompagnato dalle sollevazioni popolari contro gli ebrei. La Chiesa, con Clemente VI, condanna con molta forza, nel luglio del 1348 e nell'ottobre dello stesso anno, questa falsa credenza. L'erudito Konrad di Magenberg nella sua opera del 1349-51, Das Buch der Natur, in cui affronta il problema della peste, dimostra che la mortalità per peste colpisce sia i cristiani che gli ebrei.

Nonostante le condanne e le spiegazioni, le violenze popolari contro gli ebrei continuano ad accompagnare la comparsa dell'epidemia. Le continue tensioni fra le popolazioni e gli ebrei portano alle espulsioni: in molti casi, a partire dal 1400, in Spagna e poi in Germania e a Venezia nel 1516, le espulsioni vengono sostituite con il ghetto. Il ghetto è un quartiere riservato agli ebrei dove sono obbligati ad abitare e dove i cancelli
vengono chiusi dopo il tramonto. I cancelli o le mura del ghetto rappresentano, per gli ebrei, anche una protezione della loro identità:
chiudono il quartiere alle pressioni, agli influssi e alle suggestioni del mondo esterno. L'istituzione del ghetto fu vista dagli ebrei anche come una
difesa della loro autonomia e della loro identità. A Mantova e a Verona, per
esempio, l'anniversario della creazione del ghetto era celebrato dagli ebrei con feste e preghiere di ringraziamento.

Nel 1215, per evitare illeciti contatti sessuali tra ebrei e cristiani, viene introdotto il segno distintivo per gli ebrei: provvedimento di origine mussulmana. Tale provvedimento fu largamente disatteso in Europa e applicato
soprattutto in Francia e in Inghilterra.

3) Motivi concreti dell'antipatia verso gli ebrei

Un autentico ebreo errante, Salomon ibn Varga, che scrisse la prima opera di
storia ebraica dai tempi di Giuseppe Flavio, stampata per la prima volta in Turchia nel 1554, dice che nessun uomo di buon senso odia gli ebrei ad eccezione del volgo: «per questo c'è una ragione: l'ebreo è arrogante e cerca sempre di dominare
[...]» (7).

Lo storico Paul Johnson dice che gli ebrei agirono da - lievito - nei movimenti che cercavano di distruggere il monopolio della Chiesa: il movimento albigese e quello hussita, il Rinascimento e la Riforma. Egli dice che essi furono intellettualmente sovversivi (8). (Non dimentichiamo che anche per i Protestanti di Lutero e di Calvino, l'antisemitismo era fin anche peggiorato..)

Il prestito a interesse (l'usura), esercitato dagli ebrei e vietato in quel tempo ai cristiani, era un motivo di continua tensione con le popolazioni. Successive bolle papali stabilirono che l'interesse non doveva superare il 20 %: il che non era poco. In una economia essenzialmente agricola bastavano due annate cattive per mettere interi villaggi alla mercé dei prestatori di denaro.

Il prestito resta un'attività tipica degli ebrei. Secondo alcuni storici il
divieto di possedere terreni avrebbe indotto gli ebrei a questo rapporto
privilegiato con il denaro. La storica Anna Foa fa notare che l'allontanamento dalla terra fu imposto agli ebrei solo alla fine del medioevo e riguardava soltanto la proprietà del latifondo, non il possesso
di piccoli appezzamenti di terreno. Il divieto del latifondo era volto ad
impedire agli ebrei di possedere schiavi cristiani perché la coltivazione
del latifondo prevedeva l'utilizzazione del lavoro servile.

4) Gli ebrei e la Chiesa

Scrive Anna Foa che gli ebrei, da secoli, erano abituati a vedere nel papato un protettore contro arbìtri e violenze e per questo si rivolgevano spesso al Papa per chiedere aiuto e protezione. Nel 1493 gli ebrei, espulsi dalla Spagna, venivano accolti a Roma dal Papa.

Alla fine del VI secolo gli ebrei di Marsiglia lamentarono che il Vescovo aveva tentato di convertirli con la forza: Papa Gregorio Magno riafferma la condanna della forza. Quando le sinagoghe palermitane e cagliaritane vengono trasformate in Chiese, Gregorio condanna la negazione della libertà religiosa e impone ai vescovi di risarcire gli ebrei della perdita subita.

Nel 1236 l'ebreo convertito Nicholas Donin indirizza a Papa Gregorio IX un memoriale contro il Talmud per quelle parti in cui esso contiene insulti e bestemmie contro Cristo, e dove la Vergine Maria è descritta come una prostituta che attraverso un incontro occasionale con un soldato romano avrebbe concepito il tal Gesù detto poi il Cristo.
(particolare descritto in Pasque di Sangue)

Il Papa impartiva l'ordine di confiscare i libri e di sottoporli ad esame: la confisca fu eseguita solo in Francia
.
L'intervento non era orientato alla soppressione del libro ma alla censura,
cioè alla eliminazione delle parti considerate blasfeme. Papa Innocenzo IV, invocato dagli ebrei, interveniva successivamente e scriveva a Luigi IX:
«
poiché i maestri ebrei del tuo regno ci hanno esposto [...] che senza quel libro che in ebraico chiamano Talmud, non possono comprendere la Bibbia e le altre ordinanze della loro legge secondo la loro fede, noi che secondo il mandato divino siamo tenuti a tollerare che essi osservino questa loro legge, abbiamo ritenuto giusto rispondere loro che [...] non vogliamo privarli ingiustamente dei loro libri» (9).


All'inizio del secolo XI si diffondono accuse di alto tradimento contro gli ebrei: corrono voci che essi complottino con i mussulmani. Anche la paura della fine del mondo nell'anno mille ha la sua parte: la figura dell'anticristo viene messa in relazione agli ebrei (da parte di gruppi cristiani millenaristi). Con la prima crociata si verifica una grande esplosione di antisemitismo. San Bernardo di Chiaravalle dichiara esplicitamente: «chiunque metterà le mani su un ebreo per ucciderlo farà un peccato tanto enorme come se oltraggiasse la persona stessa di Gesù» (10).

L'imperatore Barbarossa mediante un editto stabilisce che la mano di chi
ferisce un ebreo deve essere tagliata e per l'uccisione degli ebrei viene stabilita la pena di morte
.

Affinché gli ebrei non siano oppressi essi vengono elevati al rango di ciambellani imperiali. L'arcivescovo di Magonza dispone che la crociata di chi uccide un ebreo sia invalida, cioè che non abbia alcuna virtù espiatrice
(11).[SM=g7574]

5) L'Inquisizione spagnola CHE NON E' ASSOLUTAMENTE QUELLA AVVIATA DALLA CHIESA[SM=g1740729]

Gli ebrei si erano rifugiati nella penisola iberica dopo la caduta dell'impero Romano.
L'invasione dei visigoti, da poco convertiti al cristianesimo, che li costringevano a battesimi forzati (sempre condannati dai vari Papi) li aveva spinti tra i mussulmani del sud.
Gli ebrei rimasti con i visigoti avevano accettato il cristianesimo ma
continuavano in segreto ad osservare le loro leggi: comincia a nascere il
cosiddetto ebreo segreto più tardi chiamato marrano.

Nel 711 i mussulmani invasori della Spagna si mostrano più tolleranti dei
visigoti. Gli ebrei devono pagare una tassa, portare un segno distintivo e a
loro è vietato montare a cavallo e portare armi. Gli ebrei finiscono per avere in mano il commercio, le finanze e l'intera amministrazione. Quando la
penisola fu riconquistata dai cristiani, gli ebrei, come già sotto i mussulmani, hanno cariche fondamentali: appaltatori generali delle imposte, funzionari, tesorieri di corte.

Gli ebrei concorrono direttamente alla costruzione delle strutture amministrative e finanziarie dello stato Spagnolo ricoprendo un ruolo che non ha paralleli negli altri stati moderni. Fino al XII secolo sono proprietari di terre e produttori di vino ma il prestito è l'attività fondamentale ed è anche quella che crea maggiore attrito con il mondo circostante.

Le comunità ebraiche aragonesi e castigliane godono di piena autonomia
giudiziaria: hanno il diritto di esercitare pieni poteri giudiziari sia in materia civile che in materia criminale
.

Nel 1391, con la morte improvvisa di Giovanni I di Castiglia, a Siviglia scoppiano tumulti popolari contro gli ebrei che si estendono a tutta la Castiglia e alla Catalogna. Le alte gerarchie ecclesiastiche e le autorità civili hanno una posizione di dura condanna e tentano di fermare le violenze popolari ma non riescono a mantenere l'ordine pubblico.


Molti responsabili delle violenze agli ebrei vengono arrestati e condannati
all'impiccagione
ma il popolo insorge liberando i prigionieri e attaccando
le case dei patrizi
. Scrive Anna Foa che gli eventi del 1391 sono stati interpretati come l'espressione di «[...] una crisi essenzialmente sociale ed economica, una lotta delle classi popolari contro quelle privilegiate [...]. In sostanza, quella del 1391 sarebbe stata una delle numerose crisi rivoluzionarie - dal tumulto fiorentino dei Ciompi ai moti dei lollardi in
Inghilterra - che nella seconda metà del trecento agitarono l'intera Europa»
(12).

Questa situazione di guerra civile metteva in crisi un regno giovane come quello della Spagna dove su un totale di appena 6 milioni di abitanti c'erano almeno centomila ebrei e oltre trecentomila mussulmani: nessun altro paese aveva minoranze così consistenti.

Scrive Rino Cammilleri che «il giovane regno [...] già all'indomani della sua faticosa unificazione rischiava di deflagrare in una guerra civile di tutti contro tutti» (13).

Le continue violenze popolari fanno molti morti fra gli ebrei sia di religione giudaica che «conversos», cioè convertiti al cattolicesimo. Non bisogna dimenticare i grandi santi spagnoli di quel periodo che sono di origine ebraica: Teresa d'Avila, Giovanni d'Avila, Giovanni di Dio, Ignazio di Loyola, Juan de la Cruz. A questo punto nasce l'inquisizione spagnola -sottratta all'autorità pontificia e strumento dell'autorità politica -, richiesta insistentemente al re da molti autorevoli conversos per smascherare i falsi convertiti in modo da evitare un bagno di sangue. I conversos dominano l'economia, la cultura e anche le cariche ecclesiastiche.
L'inquisizione, colpendo una piccola percentuale di falsi convertiti certifica che tutti gli altri conversos - che sono la maggioranza - sono veri spagnoli e veri cattolici che nessuno ha il diritto di attaccare con la violenza. Dal momento in cui nasce l'inquisizione i promotori dei tumulti anti-giudaici vengono colpiti e in pochi anni i tumulti spariscono.
L'inquisizione viene affidata ad ebrei convertiti come Tomàs de Torquemada e
il suo successore Diego Deza (14).




NOTE

(1) Commissione teologica internazionale, Memoria e riconciliazione: la
Chiesa e le colpe del passato, «L'Osservatore Romano», Documenti,
supplemento a «L'Osservatore Romano» n.10, 10 marzo 2000, p.5, n.4.

(2) Atti da 6,8 a 8,3.

(3) Atti 16,10.

(4) Cfr. Marta Sordi, I cristiani e l'impero romano, Jaca Book, Milano 1983,
pp.13-28.

(5) Cfr. Paolo IV, pp.329-334, in Battista Mondin, Dizionario enciclopedico
dei Papi, Città Nuova, Roma, 1999.

(6) Cfr. Massimo Introvigne, Il caso di Damasco: i cattolici, antisemitismo
e politica negli anni 1840, Cristianità n.279-280, luglio-agosto 1998, p.
18.

(7) Cfr. Rino Cammilleri, Storia dell'Inquisizione, Newton, Roma 1997, p.51.

(8) Cfr. Rino Cammilleri, Ibidem, p.37.

(9) Cfr. Anna Foa, Ebrei in Europa dalla peste nera all'emancipazione,
Laterza, Bari 1999, p.31.

(10) Cfr. AAVV, Gli ebrei nella cristianità, p.149, in 100 punti caldi della
storia della Chiesa, Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1986.

(11) Cfr. Joseph Lortz, Storia della Chiesa, vol. I, Paoline, Roma 1980, p.
628, 630-631.

(12) Anna Foa, op. cit., p. 94.

(13) Rino Cammilleri, op. cit., p.36.

(14) Cfr. Massimo Introvigne, L'Inquisizione fra miti e interpretazioni,
intervista con lo storico Jean Dumont, Cristianità n.131, Piacenza, marzo
1986, pp.11-13.


Due parole sul termine PERFIDI....


"La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che “ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle sofferenze” del divino Redentore [Catechismo Romano, 1, 5, 11;]. Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:

È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti - afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto come re divino. Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici.

E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati [San Francesco d'Assisi, Admonitio, 5, 3]".

Catechismo della Chiesa Cattolica 598



..........

Queste parole del Catechismo Cattolico CHE RICHIAMANO L'ESPRESSIONE USATA DALLO STESSO CONCILIO DI TRENTO..[SM=g7574] .ci rammentano la  storia del nostro passato...passato in cui la Chiesa ha dovuto, pian piano, camminare con gli uomini di ogni tempo nel bene come nel male, nella buona e nella cattiva sorte.....

Si legge spesso in particolare il cosiddetto "deicidio" ( cioè solo gli ebrei sarebbero responsabili della morte di Cristo ).
Qui si confondono le opinioni di certi teologi con la dottrina autentica della Chiesa.
La dottrina della Chiesa ha sempre detto che Gesù è stato ucciso dai nostri peccati: vedi catechismo di Trento.[SM=g7574]

Ma è in Atti degli Apostoli la frase STRUMENTALIZZATA con la quale Pietro nell'accusare di DEICIDIO coloro che furono coinvolti MATERIALMENTE con la passione e crocifissione, passa AL PERDONO, ossia, rammenta ad essi che ciò che hanno fatto è diventato UN DONO, IL DONO DELL'AMORE DI DIO ed ha aperto gli occhi all'Uomo che si riconosce peccatore....[SM=g7554]

Perché Gesù è morto in croce?

Da chi è stato ucciso Gesù?

Perché i giudei erano perfidi?


1) GESU' HA ASSUNTO SU DI SE' I PECCATI DI TUTTI GLI UOMINI E DI TUTTI I TEMPI

Nostro Signore Gesù Cristo assume su di sé i peccati di tutti gli uomini e di tutti i tempi
( CFR Giovanni Paolo II Salvifici Doloris, lettera apostolica sul senso cristiano della sofferenza umana, 11 febbraio 1984, n.17 ).

In ogni peccato sono presenti due caratteristiche: l'illusione e la
sofferenza che può giungere sino alla morte. Gesù Cristo, vero Dio e vero
uomo, non può assumere su di sé il peccato come illusione perché Colui che è
Via, Verità e Vita non può illudersi, non può confondere il male con il bene.

Insegna Giovanni Paolo II:" Come rottura con Dio, il peccato è l'atto di disobbedienza di una creatura che, almeno implicitamente, rifiuta colui dal quale è uscita e che la mantiene in vita; è, dunque, un atto suicida. Poiché col peccato l'uomo rifiuta di sottomettersi a Dio, anche il suo equilibrio interiore si rompe e proprio al suo interno scoppiano contraddizioni e conflitti. Così lacerato, l'uomo produce quasi inevitabilmente una
lacerazione nel tessuto dei suoi rapporti con gli altri uomini e col mondo creato"
( Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, esortazione apostolica
post-sinodale sulla riconciliazione e la penitenza nella missione della
Chiesa oggi, 2 dicembre 1984, n.15).

Gesù assume volontariamente su di sé solo le conseguenze del peccato e cioè la sofferenza e la morte. Ha preso su di sé le lacrime degli innocenti che sono perseguitati, torturati e uccisi, delle persone che marciscono nei campi di concentramento, ha preso su di sé il dolore degli ammalati, degli anziani abbandonati, dei bambini sfruttati, venduti e uccisi, il dolore dei profughi e di tutte le vittime della violenza e della guerra, l'infelicità eil tormento di coloro che sono caduti nel vizio e in tutte le molteplici forme di dipendenza. Ha preso su di sé tutte le sofferenze morali e
psicologiche, tutte le angoscie e le tristezze e, infine, ha preso su di sé
l'immensa sofferenza di tutta l'umanità per il distacco da Dio avvenuto con il peccato originale. Scrive il Papa:" Dopo le parole nel Getsemani vengono le parole pronunciate sul Golgota, che testimoniano questa profondità -unica nella storia del mondo - del male della sofferenza che si prova.
Quando Cristo dice:- Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?-, le sue
parole non sono solo espressione di quell'abbandono che più volte si faceva
sentire nell'Antico Testamento, specialmente nei Salmi e, in particolare, in
quel salmo 22, dal quale provengono le parole citate. Si può dire che queste
parole sull'abbandono nascono sul piano dell'inseparabile unione del Figlio
col Padre, e nascono perché il Padre - fece ricadere su di lui l'iniquità di
tutti noi- e sulla traccia di ciò che dirà San Paolo:- Colui che non aveva
conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore-. Insieme con
questo orribile peso, misurando l'intero male di voltare le spalle a Dio, contenuto nel peccato, Cristo, mediante la divina profondità dell'unione filiale col Padre, percepisce in modo umanamente inesprimibile questa sofferenza che è il distacco, la ripulsa del Padre, la rottura con Dio. Ma proprio mediante tale sofferenza egli compie la Redenzione, e può dire spirando:- Tutto è compiuto -."
( Salvifici doloris, op. cit., n.18 ).

2) GESU' E' STATO UCCISO DAI NOSTRI PECCATI[SM=g1740720]

Scrive il Catechismo di Trento(1546): " In Gesù Cristo Nostro Signore si verificò questo di speciale: che morì quando volle morire e sostenne una morte non già provocata dalla violenza altrui, ma una morte volontaria, di cui aveva egli stesso fissato il luogo e il tempo. Aveva scritto infatti Isaia: è
stato sacrificato perché lo ha voluto ( Isa LIII,7 ). E il Signore stesso disse di sé prima della passione: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie; ma io la do da me stesso e sono padrone di darla, e padrone di riprenderla ( Giov., X, 17,18 ).(...)

Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affrontò la più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei
progenitori, essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi
dagli uomini dall'origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che saranno
commessi fino alla fine del mondo
. Soffrendo e morendo, il Figlio di Dio
nostro salvatore mirò appunto a redimere ed annullare le colpe di tutte le età, dando al Padre soddisfazione cumulativa e copiosa. Per meglio valutarne
l'importanza, si rifletta che non solamente Gesù Cristo soffrì per i peccatori, ma che in realtà i peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subìte. Scrivendo agli Ebrei, l'Apostolo ci ammonisce precisamente:
pensate a Colui che tollerò tanta ostilità dai peccatori, e l'animo vostro
non si abbatterà nello scoraggiamento. ( Ebr.XII,3 ).

Più strettamente sono avvinti da questa colpa coloro, che più di frequente
cadono in peccato. Perché se i nostri peccati trassero Gesù Cristo Nostro
Signore al supplizio della Croce, coloro che si tuffano più ignominiosamente
nell'iniquità, di nuovo, per quanto è da loro, crocifiggono in sé il Figlio
di Dio e lo disprezzano ( ib. VI, 6 ). Delitto ben più grave in noi che negli Ebrei. Questi, secondo la tesimonianza dell'Apostolo, se avessero conosciuto il Re della gloria, non l'avrebbero giammai crocifisso ( I Cor.II,8 ); mentre noi, pur facendo professione di conoscerlo, lo rinneghiamo con i fatti, e quasi sembriamo alzar le mani violente contro di Lui ".
( Catechismo Tridentino, catechismo ad uso dei parroci, pubblicato dal Papa
S. Pio V per decreto del Concilio di Trento, trad. italiana a cura del P. Tito S. Centi, O.P., ed. Cantagalli Siena 1981, p. 79 e pp.82-83 ).

3) LA MORTE DI GESU' E' UN ATTO DI OBBEDIENZA AL PADRE


La filosofia greca, attraverso Platone, anticipa l'immagine dell'uomo
sommamente giusto.

Nella sua opera dedicata allo stato ideale, Platone giunge alla con­clusione che la rettitudine di un uomo può risultare davvero perfetta soltanto se egli accetta di subire ogni ingiustizia per amore della verità, poiché solo allora sa­rebbe evidente che un tale uomo vive non in funzione di una utilità o di un pia­cere ma soltanto per amore della verità.

Scrive Platone che l'uomo sommamente giusto deve essere " (...) un uomo
semplice e nobile il quale, come dice Eschilo, - non vuole sem­brare, ma
essere buono. Bisogna dunque togliergli l'apparenza della giustizia; giacché
se apparrà esser giusto, avrà onori e doni per l'apparir egli tale, e non risulterebbe chiaro se fosse giusto per amor della giustizia o dei doni e degli onori. Perciò va spogliato di tutto fuorché della giustizia stessa:
(...) abbia egli massima fama di ingiustizia, affinché sia messo alla prova
(..); vada innanzi irremovibile sino alla morte, sembrando per tutta la vita essere ingiusto ed essendo invece giusto (...): flagellato, torturato,legato (...) e infine, dopo aver sofferto ogni martirio, sarà crocifisso "

( Platone, La Repubblica, libro II°, n. 165-220, Sansoni "70, pag.46-48).

Questo ragionamento, scritto ben quattrocento anni prima di Cristo, non
può non commuovere ogni cristiano
. [SM=g1740717]

Qui il pensiero filosofico, nel suo
estremo sforzo razionale, teso a comprendere come possa essere collaudata la rettitudine di un uomo perfettamente giusto, riesce ad intuire e a presagire che il perfetto giusto, nel mondo, non potrà che essere il giusto
crocifisso, il quale accetta di subire ogni ingiustizia unicamente per amore
della giustizia.

Il massimo sforzo del pensiero razionale si incontra con la follia della croce: l'uomo perfetto e quindi l'uomo senza peccato può essere soltanto l'uomo della croce ed è la croce, accettata per amore della verità, a rivelare la per­fezione dell'uomo.

L'intuizione filosofica di Platone finisce per coincidere con la profezia
biblica di Isaia:

"Disprezzato e reietto dagli uomini,

uomo dei dolori che ben conosce il patire

come uno davanti al quale ci si copre la faccia,

era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

Eppure, egli si è caricato delle nostre sofferenze,

si è addossato i nostri dolori,

e noi lo giudicavamo castigato,

percosso da Dio e umiliato." ( Is 53, 3-4)


Il perdono cristiano, che deve essere concesso solo a chi è vera­mente
pentito ( Lc 17,3) non esclude la giustizia
.[SM=g7831]

Dio stesso con il battesimo e la confessione ci rimette la colpa ma non il
castigo temporale meritato per la colpa. La misericordia di Dio ha
perdonato la colpa, ma la giustizia di Dio ha mantenuto il castigo meritato per il peccato e infatti gli uomini continuano ad essere soggetti alla pena delle tentazioni, alla pena del dolore, della malattia e della morte fisica.

Per salvare gli uomini Dio ha stabilito il sacrificio della vita per il Figlio prediletto. L'analisi del peccato indica che, ad opera del diavolo, vi sarà lungo la storia una costante pressione al rifiuto di Dio fino all'odio (e al rifiuto delle Sue Leggi): amore di sé fino al disprezzo di Dio, come dice S. Agostino.

La giustizia di Dio ha stabilito per la redenzione il processo in­verso:
l'amore di Dio fino al disprezzo di sé da parte del Figlio prediletto ( cfr
Dominum et vivificantem n.38, Is 53,2-6, Salvifci doloris n.17).

La morte di Gesù è un atto di obbedienza al Padre. Giuda, i capi della Sinagoga, Pilato e i carnefici non hanno su Cristo alcun potere tranne quello che Lui stesso vuole concedere e solo quando è venuta l'ora decisa dal Padre.[SM=g1740721]

La vita, dice Gesù, " nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso,
poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio". ( Gv 10, 18).

Per dimostrare la sua potenza, Gesù, in un primo momento, fa stramazzare
al suolo tutti quelli che sono venuti ad arrestarlo nel Gethzemani ( Gv 18,4-6 ). Il - calice - della passione è il destino che gli ha riservato il Padre: nella letteratura biblica il calice è il simbolo del destino perché i nomi degli interessati che venivano tirati a sorte erano posti dentro un calice.

Il sacrificio della vita è stato voluto dal Padre e Gesù, come uomo, solo
a Dio chiede di togliere tale pena:" Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!"( Mt 26, 39).

La morte di Gesù, oltre che essere un atto di amore per noi e un atto di
condivisione dell'umana sofferenza ( cfr Salvifici do­loris n.16) è un atto di obbedienza al Padre


4) PERCHE' I GIUDEI ERANO PERFIDI?[SM=g7574]

"Pochi sanno che Pio XII è stato il primo Papa, dopo più di dieci secoli, ad inserire nella liturgia dei miglioramenti in favore degli Ebrei. E che lo hafatto anche su
esplicita richiesta di Eugenio Zolli: che fu Rabbino di Roma che poi si convertì al cattolicesimo.

Fin dal
pontificato di Gregorio Magno, nella celebrazione del Venerdì Santo si faceva
riferimento ai perfidi Judaei [in corsivo nel testo] e alla perfidia Judaica [idem]. Come tutti i filologi sanno, il termine perfidi in latino ha soltanto il significato di miscredenti, riferito acoloro che non vogliono accettare la fede cristiana. Nessuno ha mai detto "perfido" ad un giudeo, nel termine che si traduce oggi.[SM=g1740730]

Gli dicevano "perfidus", cioè "che non crede" nella seconda Persona della Santissima Trinità. Infatti i giudei non credono nella seconda Persona della Santissima Trinità. Ma con l'introduzione dei messalini in lingua volgare e le traduzioni, quel perfidi [idem] latinosi era trasformato nell'inglese perfidious [idem], nel francese perfide[idem], nel tedesco
treulos [idem], nell'olandese trouweloos [idem],nell'italiano perfidi [idem].


Da una constatazione si era cioè passati a una condanna morale. Zolli chiese a Pio XII di cancellare l'espressione. Il Papa rispose che il significato della parola latina non conteneva un giudizio morale, ma soltanto la constatazione che i giudei rifiutano la fede cristiana ed erano dunque infedeli [idem]. Ma fece fare una precisazione sull'argomento dalla Sacra Congregazione dei Riti, pubblicata il 10 giugno 1948. Dunque i perfidi Judaei [idem] erano soltanto i giudei infedeli e non perfidi [idem].

L'espressione sarà definitivamente abolita da GiovanniXXIII. Oggi nella
liturgia del Venerdì Santo i cristiani pregano soltanto"per gli Ebrei", senza l'aggiunta di aggettivi". (A. Tornielli, Pio XII,Casale Monferrato, Ed. San Paolo, 2001, p. 260 - 261).

"Già Pio XII, verso al fine del suo pontificato, il 27 novembre 1955, aveva introdotto un piccolo ma
significativo cambiamento nella liturgia in favore degli ebrei, reinserendo, nel rito del Venersì Santo, la genuflessione anche al momento della preghiera per i "giudei", caduta in disuso dai tempi del Medio Evo. La formula era però rimasta quella di sempre, "oremus properfidis Iudaeis" , anche se Papa Pacelli, nel giugno1948, aveva fatto pubblicare una precisazione della Sacra Congregazione deiriti nella quale si specificava che quel "perfidi" aveva esclusivamente il significato latino di "miscredenti", cioè coloro che non
vogliono accettarela fede cristiana. Giovanni XXIII, che già durante la
Settimana Santa del1959 aveva fatto cadere l'uso dell'aggettivo "perfidi",
il 25 luglio 1960approva le nuove rubriche del breviario e del messale che
eliminano definitivamente questa formula.
Tra le carte del Pontefice, il segretario Loris Capovilla ha scovato un piccolo appunto nel quale si legge:
"Da vario tempo veniamo interessaticirca il "pro perfidi Judaeis" nella liturgia del venerdì Santo. Ci risultada testimonianza sicura che il nostro predecessore Pio XII di s. m.personalmente aveva già tolto tale aggettivo nella preghiera sua, accontentandosi di dire: Oremus... etiam pro judaeis" [in corsivo neltesto]. Essendo questo anche il nostro pensiero, disponiamo che colla prossima Settimana Santa la duplice supplicazione venga così
ridotta". E'interessante notare come Roncalli faccia risalire l'abitudine a
non pronunciar epiù il "perfidis" al predecessore Pacelli, attribuendo alla decisione di cancellare l'espressione dal messale il segno della continuità". (A. Tornielli, Pap Giovanni XXIII, Milano, Il Giornale, 2003,pp. 196 - 197).

( B. M. Bruti )



[Modificato da Caterina63 14/03/2014 10:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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