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Il Card. Re ricorda Albino Luciani Vescovo

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2009 18:20
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17/01/2009 18:20
 
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A cinquant'anni di distanza il cardinale Giovanni Battista Re
ricorda l'ingresso del vescovo Albino Luciani nella diocesi di Vittorio Veneto

Come una luce che rischiara il cammino


"In una fredda domenica di gennaio di cinquant'anni fa, monsignor Albino Luciani faceva il suo ingresso in questa antica diocesi, carica di memorie legate alla prima guerra mondiale. Lo caratterizzava una solida preparazione, spirituale, culturale e pastorale; ma lo distinguevano soprattutto una rigorosa modestia, uno stile semplice e diretto; affabile e dolce, congiunto ad un grande senso del dovere. Aveva scelto come motto episcopale quello di san Carlo Borromeo:  "Humilitas". Una sola parola che indica l'indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato a svolgere il servizio dell'autorità". Così ricorda il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, nella messa che si celebra nella cattedrale di Vittorio Veneto a mezzo secolo dalla solenne circostanza.

Nella sua omelia il cardinale prefetto - che porta ai fedeli della diocesi il saluto e la benedizione di Benedetto XVI - parla della spiritualità e del tratto pastorale di Albino Luciani. "Non amava - ricorda - il fasto esteriore o le cose trionfalistiche. Egli amava le anime e lavorò instancabilmente, per indicare a tutti la via che porta al cielo. Fu questa la sua più profonda aspirazione. Le porte della sua casa erano sempre aperte a tutti ed egli cercò in ogni occasione un contatto diretto con i sacerdoti e con la popolazione".

E ancora:  "La sua predicazione non aveva nulla della retorica altisonante, ma andava diritta all'essenziale". Il cardinale Re ricorda poi l'affabilità delle sue visite nelle parrocchie, le sue omelie "non certamente noiose:  conversava in scioltezza e umorismo, e improvvisava domande interrogando i bambini e dando vivacità ai concetti che intendeva esprimere". Da impareggiabile catechista quale fu.

Fin dall'inizio del suo ministero episcopale, tra gli impegni primari, Luciani ebbe la cura delle vocazioni e della formazione del clero. A Vittorio Veneto sarebbe rimasto undici anni. Di lui ricordano la grande bontà verso tutti, "ma - aggiunge il prefetto - anche un alto senso del dovere". Il suo talento personale e la sua spiritualità lo rendevano un Pastore apprezzato ed efficace. La parrocchia aveva per lui un ruolo centrale, così come lo aveva il mondo del lavoro. "Ebbe contatti intensi - ricorda in proposito il celebrante - anche con il mondo del lavoro e visitò gli operai nelle loro fabbriche, interessandosi ai loro problemi:  le aspirazioni e le angustie dei lavoratori e delle loro famiglie divennero anche le sue. Fu un pastore sensibilissimo ai problemi della gente e sollecitò con convinzione l'impegno sociale dei cattolici (...) Verso tutti nutriva bontà e comprensione, ma - in pari tempo - era fermo nei principi e nella disciplina. Non esitò a prendere chiare decisioni, anche impopolari, quando percepì minacciato il bene della Chiesa". Non mancava di seguire con uguale intensità la vita della chiesa universale. "Con passione - ricorda in proposito il cardinale Re - partecipò ai lavori del concilio Vaticano II e ne spiegò gli insegnamenti e le direttive con le lettere che inviava dal concilio a questa vostra diocesi e poi a viva voce in ogni occasione, insistendo sul bisogno di rinnovarsi anzitutto dentro, nell'anima.

"Entusiasta della riforma liturgica, promosse con zelo la formazione teologico-pastorale e applicò le disposizioni conciliari e post-conciliari con profonda coscienza ecclesiale".
Il porporato ripercorre poi il sofferto periodo della contestazione del Sessantotto che investì anche la vita ecclesiale. Sia a Vittorio Veneto che, successivamente, come patriarca di Venezia, Albino Luciani affrontò il fenomeno nelle sue svariate manifestazioni con la serietà che gli veniva dall'amore alla Chiesa e da un'acuta competenza teologica. A tutti domandò ciò che il Vangelo, la legge di Dio e la disciplina della Chiesa chiedevano. Con forza e, nel contempo, con umiltà, aperto a tutto ciò che si innestava armonicamente sul tronco della tradizione, richiamò i principi di sempre e ne chiese l'applicazione; insegnò ""a leggere dall'Alto la realtà della Chiesa e mantenne la rotta tracciata dal Vaticano II, tra chi rimaneva ancora al Vaticano i e quelli che erano già al Vaticano IIi"". In sostanza "seppe tenere il timone della barca nella direzione giusta anche nel vortice della tempesta, preoccupato solo di essere fedele a Cristo, a qualunque costo".

Il ricordo si fa poi personale:  "Io ho conosciuto in forma diretta Papa Luciani soltanto quando fu eletto Papa e nei 33 giorni del suo Pontificato. Fra quanti lavoravano allora in Segreteria di Stato, sono uno di quelli che hanno avuto alcuni rapporti diretti con lui in quel breve tempo. Ricordo che la sua elezione fu una gradita sorpresa, perché nei giorni precedenti la sua persona non figurava in primo piano nell'opinione pubblica. Papa Giovanni Paolo I impressionò subito il mondo e lo ha poi affascinato per la dolcezza e la semplicità del tratto. La sua parola convincente e, forse ancor più, quel sorriso spontaneo e cordiale colpirono profondamente, perché erano espressione di una grande bontà d'animo.

L'umanità ha sete di bontà, di amore, di calore, perché si vede minacciata in questa ultima ricchezza che le rimane per rendere la vita meno amara. Bontà con tutti e desiderio di far del bene a tutti furono per Papa Giovanni Paolo I la linea guida di tutto il suo ministero pastorale come sacerdote, come vescovo, come patriarca e poi come Papa".
Una bontà la sua che era supportata da un carattere felice e sereno; ma era soprattutto "frutto di virtù personale, conquistata con l'impegno dell'intera vita e cresciuta alla scuola del Vangelo" e radicata in una profonda vita spirituale e di unione con Dio, "abbandonato alla sua volontà".

Altro dato da sottolineare per il cardinale Re è costituito dai suoi interventi, sempre di profondo spessore dottrinale e di grande equilibrio. Ma sapeva anche ascoltare. Quando però si trattava di questioni o aspetti dottrinali, era fermo come le sue rocce dolomitiche. Dunque il suo tratto paterno "non può essere confuso con un'interpretazione sociologica della pastorale:  al centro per lui c'è stato sempre Cristo, nostro Redentore, e l'attenzione all'uomo redento da Cristo. Il suo tratto umile non fu mai cedevole ai venti del momento:  fondamentale per lui è sempre stata la fedeltà alla dottrina della Chiesa e l'amore al Papa e la tutela della comunione. Il suo tratto semplice e sorridente non era ingenuo ottimismo di chi non si rende conto dei problemi e dei guai, ma era frutto di una chiarezza di pensiero e di un'apertura di cuore illuminati dalla persuasione che "se Dio chiama dà anche la forza di rispondere"". Ed è al tesoro della Tradizione della Chiesa che attingeva quella riserva di certezze e di energie che lo resero deciso contro gli abusi e lo portarono a non piegarsi di fronte a idee ammalianti, ma che conducevano su sentieri pericolosi. Aveva un vivo sentire cum ecclesia che gli permise di coglierne in profondità la natura soprannaturale.

Infine il suo pontificato che, per imperscrutabile disegno di Dio, sempre ispirato dall'amore, fu breve come tempo, ma intenso di contenuto e "possiamo dire che ha dischiuso alla Chiesa e al mondo una nuova epoca, anche perché ha spianato la strada all'arrivo del grande Papa Giovanni Paolo II. Poiché lo Spirito Santo agisce attraverso gli uomini, era difficile, umanamente parlando, l'elezione del cardinale Karol Wojtyla  senza  il  pontificato di 33 giorni di Papa Luciani".

Al riguardo, vi è una coincidenza che induce a riflettere. Il cardinale Re la propone così:  "Papa Luciani fu eletto il 26 agosto. Ebbene, proprio quel giorno ricorreva la solenne festa annuale della Madonna di Czestochowa, venerata nel Santuario mariano nazionale della Polonia. Il Cardinale Wojtyla le diede risalto nella Lettera pastorale del 6 settembre di quell'anno, sottolineando che grazie al fatto che l'elezione era caduta nel giorno della festa della Madonna di Czestochowa, il nuovo Papa Albino Luciani era legato - scrisse - alla Madre della Chiesa mediante la Chiesa di Polonia. Neppure lui, il cardinale Wojtyla, poteva immaginare che quel filo ideale del 26 agosto che univa Roma con la Polonia avrebbe ricevuto il 16 ottobre seguente una saldatura con l'elezione al soglio pontificio di un pastore della Chiesa polacca. Quel breve pontificato, iniziato nel giorno della festa della Madonna di Czestochowa, preparò ed aprì le porte al pontificato di Giovanni Paolo II, che fu grande come uomo, grande come Papa, grande come santo".

"Nella millenaria storia della Chiesa, quel breve pontificato - ha concluso il cardinale Re - al quale è associata l'immagine di un sorriso buono, resterà nella memoria e nel cuore come una luce che indica la direzione verso la quale camminare".



(©L'Osservatore Romano - 18 gennaio 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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