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Bioetica: LA VITA E' SACRA: Dignitas Personae

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2016 13:46
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30/01/2009 20:37
 
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SINTESI DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE , 12.12.2008




SINTESI IN LINGUA ITALIANA

A PROPOSITO DELL’ISTRUZIONE DIGNITAS PERSONAE

Scopo

Negli ultimi anni le scienze biomediche hanno fatto enormi progressi, che aprono nuove prospettive terapeutiche, ma suscitano anche seri interrogativi non esplicitamente affrontati dall’Istruzione Donum vitae (22 febbraio 1987). La nuova Istruzione, che porta la data dell’8 settembre 2008, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, intende proporre risposte ad alcune nuove questioni di bioetica, che provocano attese e perplessità in vasti settori della società. In tal modo si cerca di «promuovere la formazione delle coscienze» (n. 10) e di incoraggiare una ricerca biomedica rispettosa della dignità di ogni essere umano e della procreazione.

Titolo

L’Istruzione inizia con le parole Dignitas personae – la dignità della persona, che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale. Questo principio fondamentale «esprime un grande "sì" alla vita umana», che «deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica» (n. 1).

Valore

Si tratta di una «Istruzione di natura dottrinale» (n. 1), emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata espressamente dal Santo Padre Benedetto XVI. L’Istruzione, quindi, appartiene ai documenti che «partecipano al Magistero ordinario del Successore di Pietro» (Istruzione Donum veritatis, n. 18), da accogliere dai fedeli con «l’assenso religioso del loro spirito» (Istruzione Dignitas personae, n. 37).

Preparazione

Da diversi anni la Congregazione per la Dottrina della Fede studia le nuove questioni biomediche per apportare un aggiornamento all’Istruzione Donum vitae. Nel procedere all’esame di tali nuove questioni, «si è inteso sempre tenere presenti gli aspetti scientifici, giovandosi dell’analisi della Pontificia Accademia per la Vita e di un gran numero di esperti, per confrontarli con i principi dell’antropologia cristiana. Le Encicliche Veritatis splendor ed Evangelium vitae di Giovanni Paolo II ed altri interventi del Magistero offrono chiare indicazioni di metodo e di contenuto per l’esame dei problemi considerati» (n. 2).

Destinatari

L’Istruzione «si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità» (n. 3). Nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, la Chiesa, infatti, «attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita» (n. 3).

Struttura

L’Istruzione «comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano» (n. 3).

Prima parte:

aspetti antropologici, teologici ed etici della vita e della procreazione umana

I due principi fondamentali


«L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita» (n. 4).


«L’origine della vita umana… ha il suo autentico contesto nel matrimonio e nella famiglia, in cui viene generata attraverso un atto che esprime l’amore reciproco tra l’uomo e la donna. Una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere il frutto del matrimonio» (n. 6).

Fede e dignità umana

«È convinzione della Chiesa che ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato» (n. 7). Dio ha creato ogni uomo a sua immagine; nel suo Figlio incarnato ha rivelato pienamente il mistero dell’uomo; il Figlio fa sì che noi possiamo diventare figli di Dio. «A partire dall’insieme di queste due dimensioni, l’umana e la divina, si comprende meglio il perché del valore inviolabile dell’uomo: egli possiede una vocazione eterna ed è chiamato a condividere l’amore trinitario del Dio vivente» (n. 8).

Fede e vita matrimoniale

«Queste due dimensioni di vita, quella naturale e quella soprannaturale, permettono anche di comprendere meglio in quale senso gli atti che consentono all’essere umano di venire all’esistenza, nei quali l’uomo e la donna si donano mutuamente l’uno all’altra, sono un riflesso dell’amore trinitario. Dio, che è amore e vita, ha inscritto nell’uomo e nella donna la vocazione a una partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua opera di Creatore e di Padre… Lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale (del matrimonio) offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d’amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l’indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù» (n. 9).

Magistero ecclesiastico e autonomia della scienza

«La Chiesa, giudicando della valenza etica di taluni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita» (n. 10).

Seconda Parte:

nuovi problemi riguardanti la procreazione

Le tecniche di aiuto alla fertilità

Tra le tecniche volte a superare l’infertilità sono attualmente poste in atto:


«tecniche di fecondazione artificiale eterologa» (n. 12): «volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da gameti provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio» (nota 22);


«tecniche di fecondazione artificiale omologa» (n. 12): volte a ottenere artificialmente «un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio» (nota 23);


«tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità» (n. 12);


«interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale» (n. 13);


«la procedura dell’adozione» (n. 13).

Al riguardo, sono lecite tutte le tecniche che rispettano «il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni essere umano», «l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro» e «i valori specificamente umani della sessualità, che esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi» (n. 12).


Sono quindi «ammissibili le tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità… L’intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità delle persone, quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto» (n. 12).


Sono «certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale» (n. 13).


È «auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare… la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani». È importante incoraggiare «le ricerche e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità» (n. 13).

Fecondazione in vitro ed eliminazione volontaria di embrioni

L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che nel contesto delle tecniche di fecondazione in vitro «il numero di embrioni sacrificati è altissimo» (n. 14): al di sopra dell’80% nei centri più sviluppati (cf. nota 27). «Gli embrioni prodotti in vitro che presentano difetti vengono direttamente scartati»; molte coppie «ricorrono alle tecniche di procreazione artificiale con l’unico scopo di poter operare una selezione genetica dei loro figli»; tra gli embrioni prodotti in vitro «un certo numero è trasferito nel grembo materno, e gli altri vengono congelati»; la tecnica del trasferimento multiplo, cioè «di un numero maggiore di embrioni rispetto al figlio desiderato, nella previsione che alcuni vengano perduti…, comporta di fatto un trattamento puramente strumentale degli embrioni» (n. 15).

«La pacifica accettazione dell’altissimo tasso di abortività delle tecniche di fecondazione in vitro dimostra eloquentemente che la sostituzione dell’atto coniugale con una procedura tecnica… contribuisce ad indebolire la consapevolezza del rispetto dovuto ad ogni essere umano. Il riconoscimento di tale rispetto viene invece favorito dall’intimità degli sposi animata dall’amore coniugale… Di fronte alla strumentalizzazione dell’essere umano allo stadio embrionale, occorre ripetere che l’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza… Per questo il Magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale» (n. 16).

L’Intra Cytoplasmic Sperm Injection (ICSI)

L’Intra Cytoplasmic Sperm Injection (ICSI) è una variante della fecondazione in vitro, in cui «la fecondazione non avviene spontaneamente in provetta, bensì mediante l’iniezione nel citoplasma dell’ovocita di un singolo spermatozoo precedentemente selezionato o, talora, mediante l’iniezione di elementi immaturi della linea germinale maschile» (nota 32).

Tale tecnica è moralmente illecita: «opera una completa dissociazione tra la procreazione e l’atto coniugale», «è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell’intervento», «affida la vita e l’identità dell’embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana» (n. 17).

Il congelamento di embrioni

«Per non ripetere i prelievi di ovociti nella donna, si procede a un unico prelievo plurimo di ovociti, seguito dalla crioconservazione di una parte importante degli embrioni ottenuti in vitro, in previsione di un secondo ciclo di trattamento, nel caso di insuccesso del primo, ovvero nel caso in cui i genitori volessero un’altra gravidanza» (n. 18). Il congelamento o la crioconservazione in riferimento agli embrioni «è un procedimento di raffreddamento a bassissime temperature al fine di consentirne una lunga conservazione» (nota 35).


«La crioconservazione è incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani: presuppone la loro produzione in vitro; li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, in quanto un’alta percentuale non sopravvive alla procedura di congelamento e di scongelamento; li priva almeno temporaneamente dell’accoglienza e della gestazione materna; li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni» (n. 18)


Per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare di loro? Al riguardo, tutte le proposte avanzate (usare tali embrioni per la ricerca o destinarli a usi terapeutici; scongelarli e, senza riattivarli, usarli per la ricerca come se fossero dei normali cadaveri; metterli a disposizione di coppie infertili, come "terapia dell’infertilità"; procedere ad una forma di "adozione prenatale") pongono problemi di vario genere. «Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile. Perciò Giovanni Paolo II lanciò un appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni "congelati", i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane» (n. 19).

Il congelamento di ovociti

«Per evitare i gravi problemi etici posti dalla crioconservazione di embrioni, è stata avanzata nell’ambito delle tecniche di fecondazione in vitro la proposta di congelare gli ovociti» (n. 20).

Al riguardo, la crioconservazione di ovociti, non di per sé immorale e prospettata anche in altri contesti che qui non vengono considerati, «in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile» (n. 20).

La riduzione embrionale

«Alcune tecniche usate nella procreazione artificiale, soprattutto il trasferimento di più embrioni al grembo materno, hanno dato luogo ad un aumento significativo della percentuale di gravidanze multiple. Perciò si è fatta strada l’idea di procedere alla cosiddetta riduzione embrionale. Essa consiste in un intervento per ridurre il numero di embrioni o feti presenti nel seno materno mediante la loro diretta soppressione» (n. 21). «Dal punto di vista etico, la riduzione embrionale è un aborto intenzionale selettivo. Si tratta, infatti, di eliminazione deliberata e diretta di uno o più esseri umani innocenti nella fase iniziale della loro esistenza, e come tale costituisce sempre un disordine morale grave» (n. 21).

La diagnosi pre-impiantatoria

«La diagnosi pre-impiantatoria è una forma di diagnosi prenatale, legata alle tecniche di fecondazione artificiale, che prevede la diagnosi genetica degli embrioni formati in vitro, prima del loro trasferimento nel grembo materno. Essa viene effettuata allo scopo di avere la sicurezza di trasferire nella madre solo embrioni privi di difetti o con un sesso determinato o con certe qualità particolari» (n. 22).

«Diversamente da altre forme di diagnosi prenatale…, alla diagnosi pre-impiantatoria segue ordinariamente l’eliminazione dell’embrione designato come "sospetto" di difetti genetici o cromosomici, o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate. La diagnosi pre-impiantatoria… è finalizzata di fatto ad una selezione qualitativa con la conseguente distruzione di embrioni, la quale si configura come una pratica abortiva precoce… Trattando l’embrione umano come semplice "materiale di laboratorio", si opera un’alterazione e una discriminazione anche per quanto riguarda il concetto stesso di dignità umana… Tale discriminazione è immorale e perciò dovrebbe essere considerata giuridicamente inaccettabile» (n. 22).

Nuove forme di intercezione e contragestazione

Esistono mezzi tecnici che agiscono dopo la fecondazione, quando l’embrione è già costituito.


«Queste tecniche sono intercettive, se intercettano l’embrione prima del suo impianto nell’utero materno» (n. 23), ad esempio attraverso «la spirale… e la cosiddetta "pillola del giorno dopo"» (nota 42).


Esse sono «contragestative, se provocano l’eliminazione dell’embrione appena impiantato» (n. 23), ad esempio attraverso «la pillola RU 486» (nota 43).

Sebbene gli intercettivi non provochino un aborto ogni volta che vengono assunti, anche perché non sempre dopo il rapporto sessuale avviene la fecondazione, si deve notare «che in colui che vuol impedire l’impianto di un embrione eventualmente concepito, e pertanto chiede o prescrive tali farmaci, l’intenzionalità abortiva è generalmente presente». Nel caso della contragestazione «si tratta dell’aborto di un embrione appena annidato… L’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale» (n. 23).

Terza parte:

Nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione
o del patrimonio genetico umano

La terapia genica

Per terapia genica si intende «l’applicazione all’uomo delle tecniche di ingegneria genetica con una finalità terapeutica, vale a dire, con lo scopo di curare malattie su base genetica» (n. 25).


La terapia genica somatica «si propone di eliminare o ridurre difetti genetici presenti a livello delle cellule somatiche» (n. 25).


La terapia genica germinale mira «a correggere difetti genetici presenti in cellule della linea germinale, al fine di trasmettere gli effetti terapeutici ottenuti sul soggetto all’eventuale discendenza del medesimo» (n. 25).

Dal punto di vista etico vale quanto segue:


Quanto agli interventi di terapia genica somatica, essi «sono in linea di principio moralmente leciti… Dato che la terapia genica può comportare rischi significativi per il paziente, bisogna osservare il principio deontologico generale secondo cui, per attuare un intervento terapeutico, è necessario assicurare previamente che il soggetto trattato non sia esposto a rischi per la sua salute o per l’integrità fisica, che siano eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravità della patologia che si vuole curare. È anche richiesto il consenso informato del paziente o di un suo legittimo rappresentante» (n. 26).


Quanto alla terapia genica germinale, «i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono significativi e ancora poco controllabili» e, pertanto, «allo stato attuale della ricerca non è moralmente ammissibile agire in modo che i potenziali danni derivanti si diffondano nella progenie» (n. 26).


Quanto all’ipotesi di applicare l’ingegneria genetica per presunti fini di miglioramento e potenziamento della dotazione genetica, si deve osservare che tali manipolazioni favorirebbero «una mentalità eugenetica» e introdurrebbero «un indiretto stigma sociale nei confronti di coloro che non possiedono particolari doti e enfatizzano doti apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di per sé lo specifico umano. Ciò contrasterebbe con la verità fondamentale dell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani, che si traduce nel principio di giustizia, la cui violazione, alla lunga, finirebbe per attentare alla convivenza pacifica tra gli individui… Si deve rilevare infine che nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l’uomo pretende di sostituirsi al Creatore» (n. 27).

La clonazione umana

Per clonazione umana si intende «la riproduzione asessuale e agamica dell’intero organismo umano, allo scopo di produrre una o più "copie" dal punto di vista genetico sostanzialmente identiche all’unico progenitore» (n. 28). Le tecniche proposte per la clonazione umana sono la fissione gemellare, che consiste «nella separazione artificiale di singole cellule o gruppi di cellule dall’embrione, nelle prime fasi dello sviluppo, e nel successivo trasferimento in utero di queste cellule, allo scopo di ottenere, in modo artificiale, embrioni identici» (nota 47), e il trasferimento di nucleo, che consiste «nell’introduzione di un nucleo prelevato da una cellula embrionaria o somatica in un ovocita precedentemente denucleato, seguita dall’attivazione di questo ovocita che, di conseguenza, dovrebbe svilupparsi come embrione» (nota 47). La clonazione viene proposta con due scopi: riproduttivo, cioè per ottenere la nascita di un bambino clonato, e terapeutico o di ricerca.

La clonazione è «intrinsecamente illecita, in quanto… intende dare origine ad un nuovo essere umano senza connessione con l’atto di reciproca donazione tra due coniugi e, più radicalmente, senza legame alcuno con la sessualità. Tale circostanza dà luogo ad abusi e a manipolazioni gravemente lesive della dignità umana» (n. 28).


Quanto alla clonazione riproduttiva, essa «imporrebbe al soggetto clonato un patrimonio genetico preordinato, sottoponendolo di fatto – come è stato affermato – ad una forma di schiavitù biologica dalla quale difficilmente potrebbe affrancarsi. Il fatto che una persona si arroghi il diritto di determinare arbitrariamente le caratteristiche genetiche di un’altra persona, rappresenta una grave offesa alla dignità di quest’ultima e all’uguaglianza fondamentale tra gli uomini… Ognuno di noi incontra nell’altro un essere umano che deve la propria esistenza e le proprie caratteristiche all’amore di Dio, del quale solo l’amore tra i coniugi costituisce una mediazione conforme al disegno del Creatore e Padre celeste» (n. 29).


Quanto alla clonazione terapeutica, occorre precisare che «creare embrioni con il proposito di distruggerli, anche se con l’intenzione di aiutare i malati, è del tutto incompatibile con la dignità umana, perché fa dell’esistenza di un essere umano, pur allo stadio embrionale, niente di più che uno strumento da usare e distruggere. È gravemente immorale sacrificare una vita umana per una finalità terapeutica» (n. 30).


Come alternativa alla clonazione terapeutica, alcuni hanno proposto nuove tecniche, che sarebbero capaci di produrre cellule staminali di tipo embrionale senza presupporre la distruzione di veri embrioni umani, ad esempio, attraverso il trasferimento di un nucleo alterato (ANT) o la riprogrammazione assistita dell’ovocita (OAR). Al riguardo sono però ancora da chiarire i dubbi «riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del "prodotto" così ottenuto» (n. 30).

L’uso terapeutico delle cellule staminali

«Le cellule staminali sono cellule indifferenziate che possiedono due caratteristiche fondamentali: a) la capacità prolungata di moltiplicarsi senza differenziarsi; b) la capacità di dare origine a cellule progenitrici di transito, dalle quali discendono cellule altamente differenziate, per esempio, nervose, muscolari, ematiche. Da quando si è verificato sperimentalmente che le cellule staminali, se trapiantate in un tessuto danneggiato, tendono a favorire la ripopolazione di cellule e la rigenerazione di tale tessuto, si sono aperte nuove prospettive per la medicina rigenerativa, che hanno suscitato grande interesse tra i ricercatori di tutto il mondo» (n. 31).

Per la valutazione etica occorre considerare soprattutto i metodi impiegati per la raccolta delle cellule staminali.


«Sono da considerarsi lecite quelle metodiche che non procurano un grave danno al soggetto da cui si estraggono le cellule staminali. Tale condizione si verifica, generalmente, nel caso di prelievo a) dai tessuti di un organismo adulto; b) dal sangue del cordone ombelicale, al momento del parto; c) dai tessuti di feti morti di morte naturale» (n. 32).


«Il prelievo di cellule staminali dall’embrione umano vivente… causa inevitabilmente la sua distruzione, risultando di conseguenza gravemente illecito. In questo caso la ricerca… non si pone veramente a servizio dell’umanità. Passa infatti attraverso la soppressione di vite umane che hanno uguale dignità rispetto agli altri individui umani e agli stessi ricercatori» (n. 32).


«L’utilizzo di cellule staminali embrionali, o cellule differenziate da esse derivate, eventualmente fornite da altri ricercatori, sopprimendo embrioni, o reperibili in commercio, pone seri problemi dal punto di vista della cooperazione al male e dello scandalo» (n. 32).

Si rileva comunque che numerosi studi tendono ad accreditare alle cellule staminali adulte dei risultati più positivi se confrontati con quelle embrionali.

Tentativi di ibridazione

«Recentemente sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane… , al fine di estrarre cellule staminali embrionali dai risultanti embrioni, senza dover ricorrere all’uso di ovociti umani» (n. 33). «Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell’essere umano, a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l’identità specifica dell’uomo» (n. 33).

L’uso di "materiale biologico" umano di origine illecita

Per la ricerca scientifica e per la produzione di vari prodotti talora vengono utilizzati embrioni o linee cellulari che sono il risultato di un intervento illecito contro la vita o l’integrità fisica dell’essere umano.


Quanto alla sperimentazione sugli embrioni, essa «costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona. Queste forme di sperimentazione costituiscono sempre un disordine morale grave» (n. 34).


Quanto all’impiego da parte di ricercatori di "materiale biologico" di origine illecita che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio, vale sempre «l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo. A tale proposito è insufficiente il criterio dell’indipendenza formulato da alcuni comitati etici, vale a dire, affermare che sarebbe eticamente lecito l’utilizzo di "materiale biologico" di illecita provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che da una parte producono, congelano e fanno morire gli embrioni e dall’altra i ricercatori che sviluppano la sperimentazione scientifica». Va precisato che «il dovere di rifiutare quel "materiale biologico"… scaturisce dal dovere di separarsi, nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è necessario, ma può essere eticamente insufficiente» (n. 35).


«Naturalmente all’interno di questo quadro generale esistono responsabilità differenziate, e ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l’utilizzo del suddetto "materiale biologico". Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini. D’altra parte, occorre tener presente che nelle imprese che utilizzano linee cellulari di origine illecita non è identica la responsabilità di coloro che decidono dell’orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione» (n. 35).

[01914-01.01] [Testo originale: Italiano]
[Modificato da Caterina63 30/01/2009 20:38]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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01/02/2009 15:01
 
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dall'Angelus di oggi pro-Vita....una fusione con l'immagine dell'Angelus e i palloncini lanciati da piazza san Pietro....

       


  • ANGELUS 1.2.2009




  •  

  • Cari fratelli e sorelle!



  •  

    Quest’anno, nelle celebrazioni domenicali, la liturgia propone alla nostra meditazione il Vangelo di san Marco, del quale una singolare caratteristica è il cosiddetto "segreto messianico", il fatto cioè che Gesù non vuole che per il momento si sappia, al di fuori del gruppo ristretto dei discepoli, che Lui è il Cristo, il Figlio di Dio. Ecco allora che a più riprese ammonisce sia gli apostoli, sia i malati che guarisce di non rivelare a nessuno la sua identità. Ad esempio, il brano evangelico di questa domenica (Mc 1,21-28) narra di un uomo posseduto dal demonio, che all’improvviso si mette a gridare: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". E Gesù gli intima: "Taci! Esci da lui!". E subito, nota l’evangelista, lo spirito maligno, con grida strazianti, uscì da quell’uomo. Gesù non solo scaccia i demoni dalle persone, liberandole dalla peggiore schiavitù, ma impedisce ai demoni stessi di rivelare la sua identità. Ed insiste su questo "segreto" perché è in gioco la riuscita della sua stessa missione, da cui dipende la nostra salvezza. Sa infatti che per liberare l’umanità dal dominio del peccato, Egli dovrà essere sacrificato sulla croce come vero Agnello pasquale. Il diavolo, da parte sua, cerca di distoglierlo per dirottarlo invece verso la logica umana di un Messia potente e pieno di successo. La croce di Cristo sarà la rovina del demonio, ed è per questo che Gesù non smette di insegnare ai suoi discepoli che per entrare nella sua gloria deve patire molto, essere rifiutato, condannato e crocifisso (cfr Lc 24,26), essendo la sofferenza parte integrante della sua missione.

    Gesù soffre e muore in croce per amore.

    In questo modo, a ben vedere, ha dato senso alla nostra sofferenza, un senso che molti uomini e donne di ogni epoca hanno capito e fatto proprio, sperimentando serenità profonda anche nell’amarezza di dure prove fisiche e morali. E proprio "la forza della vita nella sofferenza" è il tema che i Vescovi italiani hanno scelto per il consueto Messaggio in occasione dell’odierna Giornata per la Vita. Mi unisco di cuore alle loro parole, nelle quali si avverte l’amore dei Pastori per la gente, e il coraggio di annunciare la verità, il coraggio di dire con chiarezza, ad esempio, che l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo.[SM=g1740717] 

    La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto "dolce", ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio.


    La Vergine Maria ha custodito nel suo cuore di madre il segreto del suo Figlio, ne ha condiviso l’ora dolorosa della passione e della crocifissione, sorretta dalla speranza della risurrezione. A Lei affidiamo le persone che sono nella sofferenza e chi si impegna ogni giorno al loro sostegno, servendo la vita in ogni sua fase: genitori, operatori sanitari, sacerdoti, religiosi, ricercatori, volontari, e molti altri. Per tutti preghiamo.


    [00194-01.01] [Testo originale: Italiano]



     

  • DOPO L’ANGELUS

  • Domani celebreremo la festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio. Quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe lo portarono a Gerusalemme, seguendo le prescrizioni della Legge di Mosè. Ogni primo nato, infatti, secondo le Scritture, apparteneva al Signore, e andava quindi riscattato con un sacrificio. In questo avvenimento si manifesta la consacrazione di Gesù a Dio Padre e, legata ad essa, quella di Maria Vergine. Perciò il mio amato predecessore Giovanni Paolo II ha voluto che questa ricorrenza, in cui molte persone consacrate emettono o rinnovano i loro voti, diventasse Giornata della Vita consacrata. Domani pomeriggio, pertanto, al termine della Santa Messa presieduta dal Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, incontrerò nella Basilica di San Pietro i consacrati e le consacrate presenti a Roma. Invito tutti a ringraziare il Signore per il prezioso dono di questi fratelli e sorelle, e a domandare a Lui, per intercessione della Madonna, tante nuove vocazioni, nella varietà dei carismi di cui è ricca la Chiesa.[SM=g1740722]



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale del malato

    La vita umana è bella
    Anche se avvolta dal mistero della sofferenza


    Vanno potenziate le leggi in favore dei bambini malati e delle loro famiglie

    "Occorre affermare con vigore l'assoluta e suprema dignità di ogni vita umana", che "è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza". È quanto ribadisce Benedetto XVI nell'annuale messaggio in occasione della Giornata mondiale del malato, che si celebra l'11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes.


    Cari fratelli e sorelle,

    la Giornata Mondiale del Malato, che ricorre il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, vedrà le Comunità diocesane riunirsi con i propri Vescovi in momenti di preghiera, per riflettere e decidere iniziative di sensibilizzazione circa la realtà della sofferenza. L'Anno Paolino, che stiamo celebrando, offre l'occasione propizia per soffermarsi a meditare con l'apostolo Paolo sul fatto che, "come abbondano le sofferenze del Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione" (2 Cor 1, 5). Il collegamento spirituale con Lourdes richiama inoltre alla mente la materna sollecitudine della Madre di Gesù per i fratelli del suo Figlio "ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata" (Lumen gentium, 62).
     
    Quest'anno la nostra attenzione si volge particolarmente ai bambini, le creature più deboli e indifese e, tra questi, ai bambini malati e sofferenti. Ci sono piccoli esseri umani che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti, ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della medicina e l'assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute. Ci sono bambini feriti nel corpo e nell'anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime innocenti dell'odio di insensate persone adulte. Ci sono ragazzi "di strada", privati del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente abietta che ne viola l'innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li segnerà per il resto della vita.

    Non possiamo poi dimenticare l'incalcolabile numero dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori alla ricerca di migliori condizioni di vita. Da tutti questi bambini si leva un silenzioso grido di dolore che interpella la nostra coscienza di uomini e di credenti.
    La comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a così drammatiche situazioni, avverte l'impellente dovere di intervenire. La Chiesa, infatti, come ho scritto nell'Enciclica Deus caritas est, "è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario" (25, b).

    Auspico, pertanto, che anche la Giornata Mondiale del Malato offra l'opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere sempre più coscienza di essere "famiglia di Dio", e le incoraggi a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l'amore del Signore, il quale chiede "che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno" (ibid.). La testimonianza della carità fa parte della vita stessa di ogni comunità cristiana. E fin dall'inizio la Chiesa ha tradotto in gesti concreti i principi evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli.

    Oggi, date le mutate condizioni dell'assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una più stretta collaborazione tra i professionisti della salute operanti nelle diverse istituzioni sanitarie e le comunità ecclesiali presenti sul territorio. In questa prospettiva, si conferma in tutto il suo valore un'istituzione collegata con la Santa Sede qual è l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che celebra quest'anno i suoi 140 anni di vita.
     
    Ma c'è di più. Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne condivide la sofferenza spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cristiane non possono non farsi carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti dalla malattia di un figlio o di una figlia.

    Sull'esempio del "Buon Samaritano" occorre che ci si chini sulle persone così duramente provate e si offra loro il sostegno di una concreta solidarietà. In tal modo, l'accettazione e la condivisione della sofferenza si traduce in un utile supporto alle famiglie dei bambini malati, creando al loro interno un clima di serenità e di speranza, e facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli e sorelle in Cristo. La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain (cfr. Lc 7, 12-17) e per l'implorante preghiera di Giairo (cfr. Lc 8, 41-56) costituiscono, tra gli altri, alcuni utili punti di riferimento per imparare a condividere i momenti di pena fisica e morale di tante famiglie provate. Tutto ciò presuppone un amore disinteressato e generoso, riflesso e segno dell'amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili risorse di cuore e di intelligenza per essere in grado di fronteggiare adeguatamente le difficoltà della vita.

    La dedizione quotidiana e l'impegno senza sosta al servizio dei bambini malati costituiscono un'eloquente testimonianza di amore per la vita umana, in particolare per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente dagli altri. Occorre affermare infatti con vigore l'assoluta e suprema dignità di ogni vita umana. Non muta, con il trascorrere dei tempi, l'insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama:  la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza.

    È a Gesù crocifisso che dobbiamo volgere il nostro sguardo:  morendo in croce Egli ha voluto condividere il dolore di tutta l'umanità. Nel suo soffrire per amore intravediamo una suprema compartecipazione alle pene dei piccoli malati e dei loro genitori. Il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo ii, che dell'accettazione paziente della sofferenza ha offerto un esempio luminoso specialmente al tramonto della sua vita, ha scritto:  "Sulla croce sta il "Redentore dell'uomo", l'Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi" (Salvifici doloris, 31).

    Desidero qui esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento alle Organizzazioni internazionali e nazionali che si prendono cura dei bambini malati, particolarmente nei Paesi poveri, e con generosità e abnegazione offrono il loro contributo per assicurare ad essi cure adeguate e amorevoli. Rivolgo al tempo stesso un accorato appello ai responsabili delle Nazioni perché vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in favore dei bambini malati e delle loro famiglie. Sempre, ma ancor più quando è in gioco la vita dei bambini, la Chiesa, per parte sua, si rende disponibile ad offrire la sua cordiale collaborazione nell'intento di trasformare tutta la civiltà umana in "civiltà dell'amore" (cfr. Salvifici doloris, 30).

    Concludendo, vorrei esprimere la mia vicinanza spirituale a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che soffrite di qualche malattia. Rivolgo un affettuoso saluto a quanti vi assistono:  ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le sofferenze di chi è alle prese con la malattia. Un saluto tutto speciale è per voi, cari bambini malati e sofferenti:  il Papa vi abbraccia con affetto paterno insieme con i vostri genitori e familiari, e vi assicura uno speciale ricordo nella preghiera, invitandovi a confidare nel materno aiuto dell'Immacolata Vergine Maria, che nel passato Natale abbiamo ancora una volta contemplato mentre stringe con gioia tra le braccia il Figlio di Dio fatto bambino.

    Nell'invocare su di voi e su ogni malato la materna protezione della Vergine Santa, Salute degli Infermi, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.

    Dal Vaticano, 2 Febbraio 2009




    (©L'Osservatore Romano - 8 febbraio 2009)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Riflessioni sulla «Dignitas personae»

    La clonazione umana
    Un'abominevole schiavitù biologica


    di Wojciech Giertych
    Padre Domenicano Teologo della Casa Pontificia




    La trasmissione della vita umana è sempre stata considerata un mistero, non nel senso che le funzioni biologiche fossero sconosciute, ma nel senso che in quel momento avviene qualcosa di grandioso e imperscrutabile che non può essere pienamente penetrato dall'osservazione empirica e che merita rispetto. La vita umana è segnata da un'inerente sacralità. Per questo motivo la trasmissione della vita umana si distingue anche dal punto di vista terminologico dalla trasmissione della vita di piante e animali.

    La prima si chiama procreazione mentre l'altra è la riproduzione.


    Il prefisso "pro" nella procreazione si riferisce a una funzione vicaria.
    È Dio che crea dal nulla un'anima umana immortale e la dona a ogni figlio che viene concepito. Questo dono divino viene ricevuto non solo dal bambino che inizia la sua esistenza umana, ma viene ricevuto anche in senso morale dai genitori del bambino che svolgono la missione più impegnativa fra tutte, e cioè quella di trasmettere la vita (cfr. le prime righe dell'enciclica di Paolo VI:  Humanae vitae tradendae munus gravissimum) e di amare ed educare il figlio che hanno ricevuto da Dio. E anche se i genitori falliscono nelle loro responsabilità, Dio non fallisce, perché "Dio non si riprende mai i suoi doni o torna indietro sulle sue scelte" (Lettera ai Romani, 11, 29).

    Quando il concepimento di un figlio avviene a seguito di un peccato di adulterio, incesto, stupro o avviene in vitro, Dio crea ugualmente un'anima immortale per il bambino, anche se la partecipazione dei genitori in questa trasmissione della vita umana avviene secondo modalità condannabili. La trasmissione della vita di piante e di animali è diversa, poiché questi non hanno un'anima immortale e quindi nessuna dignità personale, ed è per questo che viene definita semplicemente riproduzione. Essi esistono non per se stessi, ma per il fine ultimo di soddisfare le necessità dell'umanità (cfr. Genesi, 1, 28-29).
     
    L'adattamento dei processi riproduttivi in piante e animali intrapreso per esigenze umane e reso possibile dagli sviluppi della biotecnologia diviene inammissibile se applicato alla procreazione umana. La procreazione non può essere trattata allo stesso livello della zootecnia. Gli interventi tecnici che distorcono la natura e la finalità della procreazione rappresentano un tragico attacco alla dignità umana. Pertanto l'incombente prospettiva della clonazione umana genera giustamente la risposta estremamente allarmata dell'umanità. A causa degli sviluppi scientifici, i modi e i mezzi in cui la dignità umana può essere servita, ma anche attaccata e manipolata, sono largamente aumentati e occorre quindi che la Chiesa non resti in silenzio. L'istruzione Dignitas personae, pubblicata di recente dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, dedica quindi tre paragrafi alla terrificante prospettiva della clonazione umana.

    La clonazione è definita come la riproduzione asessuale e agamica di un intero organismo, in modo da produrre una copia che dal punto di vista genetico è identica al suo unico progenitore. Attualmente sono stati sviluppati due metodi di clonazione. Il primo, noto come scissione embrionale, consiste nella separazione artificiale di una singola cellula o di un gruppo di cellule di un embrione al suo stadio di sviluppo iniziale, seguita dal successivo trasferimento nell'utero in modo da ottenere un gemello artificiale dell'embrione originale.

    Il secondo metodo, a cui si riferisce il termine clonazione in senso stretto, consiste nel trasferimento nucleare della cellula somatica. Il nucleo di una cellula embrionale o somatica, con il materiale genetico da clonare, viene introdotto in una cellula uovo precedentemente denucleata, successivamente attivata chimicamente o attraverso impulso elettrico. La cellula uovo inizia così a svilupparsi come un embrione, con un materiale genetico identico all'originale da cui è stato prelevato il nucleo.
     
    Fondamentalmente non vi è alcuna obiezione di tipo morale in merito alla clonazione animale. La clonazione produce individui più deboli che, in quanto mere copie dell'originale, sono soggette a malattie e invecchiamento prematuro, ma potrebbero avere qualità che possono essere richieste per alcuni scopi specifici. Gli animali domestici così come le piante coltivate sono biologicamente più deboli delle loro controparti naturali, e sono quindi incapaci di sopravvivere senza il sostegno dell'uomo, ma la loro riproduzione è più veloce e quindi meno costosa. Frutta, verdura e carne animale possono essere specificamente adattati ai fini della qualità e della capacità di essere trasportati e refrigerati.

    La clonazione degli animali per produrre carne a minor prezzo o per salvare specie a rischio di estinzione è quindi moralmente accettabile anche se questi cloni saranno sempre più deboli degli animali riprodotti in maniera naturale e rischiano di essere deformi.

    L'applicazione di questi stessi metodi tecnici di riproduzione agli esseri umani è tuttavia del tutto inaccettabile per ragioni morali. Al riguardo, i sostenitori della clonazione umana operano una distinzione tra clonazione riproduttiva e terapeutica. La prima mira alla riproduzione di esseri umani su misura, i quali, pur essendo deboli dal punto di vista fisico e genetico, potrebbero avere alcune caratteristiche prescelte, come il sesso, la composizione genetica copiata da un'altra persona o altre caratteristiche prestabilite più specifiche.

    La clonazione terapeutica si dice sia diretta unicamente alla produzione di embrioni con un patrimonio genetico prefissato, da cui si potrebbero raccogliere cellule staminali embrionali per la produzione di farmaci utili a superare il problema dell'incompatibilità immunologica nei trapianti. La clonazione terapeutica equivale alla produzione di embrioni umani in condizioni di laboratorio con l'intenzione dichiarata di ucciderli dopo aver raccolto le cellule staminali. Se venisse accettata la clonazione terapeutica, ci sarebbero difficilmente delle barriere morali alla clonazione riproduttiva, poiché entrambi i metodi sono identici.

    Dal punto di vista dell'oggetto morale - con ciò non s'intende solo un mero evento fisico, ma l'azione percepita e accertata dalla ragione dell'agente alla luce dei principi morali (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, n. 78) - non c'è dubbio che l'atto della clonazione umana si trova in totale contrasto con i principi fondamentali della procreazione umana. Invece di procreare bambini come risultato del dono reciproco di sé da parte dei coniugi, la clonazione umana consiste nella produzione di un individuo al di fuori del contesto dell'amore coniugale e della finalità intrinseca della sessualità. La clonazione umana è pertanto in diretta contraddizione con la natura dell'atto coniugale e con la dignità della vita familiare.

    Queste contraddizioni si affermano sul presupposto che un individuo possa essere fatto nascere non come risultato del dono totale di sé da parte dei coniugi e quindi ricevuto come dono di Dio, ma possa essere "prodotto" attraverso l'applicazione di una procedura tecnica. Su questo punto si nota una similitudine con la fecondazione in vitro, con l'aggravante che l'individuo "prodotto" è fin dall'inizio soggetto a profonde manipolazioni biologiche. Se accadrà che il risultato della clonazione umana sia in qualche modo danneggiato, l'inclinazione mentale che sottostà a questo atto di manipolazione è tale che porterà a considerare il clone danneggiato non come un bambino che debba essere accettato e amato indipendentemente dalle sue debolezze, ma come il risultato di un esperimento tecnologico fallito, che può essere quindi eliminato per non aver raggiunto lo standard previsto. Questa riduzione della persona umana al livello di prodotto è totalmente incompatibile con la sua propria dignità.

    Dal punto di vista dell'effetto dell'atto di clonazione umana, il clone, essendo soggetto a una forma di schiavitù biologica, sarà contrassegnato in permanenza da una fondamentale dipendenza dalle preferenze del suo autore. Un bambino fatto nascere artificialmente non per il suo stesso bene, ma solo per soddisfare i bisogni o le aspirazioni dei suoi "produttori", sarà per sempre contrassegnato da questa schiavitù. Trovandoci ancora nel regno degli atti futuri contingenti, che tuttavia stanno diventando tecnicamente possibili, possiamo solo immaginare il condizionamento psicologico, le limitazioni e le esplosioni di rabbia dei futuri cloni umani.

    La visione freudiana della ribellione nei confronti del padre e la liberazione da tutti i vincoli educativi e morali in nome di una libertà arbitraria e incontrollata troverà nella rabbia e nel risentimento dei futuri cloni umani un comprensibile humus. Si può ipotizzare quale tipo di impatto psichico avrà la fecondazione in vitro nei bambini portati alla vita in questo modo, e quale tipo di deformazione psichica e morale porterà la clonazione umana.

    Dal punto di vista dell'intenzione dell'agente, la clonazione umana deve essere vista come un momento di orgoglio intellettuale supremo. Un intelletto che è concentrato unicamente sulla raccolta di dati scientifici misurabili sui fenomeni e sulla messa in atto di ciò che è tecnicamente possibile, e che allo stesso tempo esclude gli interrogativi e i risultati acquisiti dalla ricerca speculativa attenta alle finalità, ai significati e alla natura delle cose, è chiuso di fronte alla pienezza della verità. Le riduzioni positiviste e ancor più le negazioni post-moderne della possibilità di conoscere alcuna verità in nome del relativismo agnostico, chiudono la mente in se stessa. Invece di tendere alla pienezza della verità, come una tensione a cui il dono della fede invita la mente con forza (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Fides et ratio, n. 56) questo tipo d'intelletto è schiavo di se stesso, ed è pertanto incline ad attribuire a se stesso una qualità suprema, non riuscendo a vedere quanto la sua visione sia estremamente limitata.

    Quando l'intelletto è diretto verso esseri che sono al di sotto della sua natura, esso vi esercita un certo dominio. Quando, invece, tende alle verità universali e a Dio, che è la fonte di tutta la verità e di tutti gli esseri, l'intelletto ha bisogno di essere umile rispetto a ciò che lo supera, ma in quella umiltà esso viene portato al di là dei propri limiti verso la pienezza della conoscenza. Esso può allora vedere ciò che è al di sotto di sé alla luce delle verità universali.

    Le manipolazioni tecnologiche come la clonazione umana, in cui l'essere umano viene ridotto a livello di pura materia sperimentale, sulla quale lo scienziato desidera avere il pieno dominio, e con manifesto rifiuto della meraviglia contemplativa circa la dignità della persona umana e della sua universalità, sono un segno di profondo orgoglio intellettuale. L'intelletto di coloro che adottano una visione eugenica, aspirando a produrre un'identità umana completamente nuova attraverso le loro tecniche è malato di narcisismo.

    La storia è piena di tragici esempi di ideologie che sono nate da menti chiuse nell'orgoglio intellettuale, non disponibili ad accettare, con un atteggiamento umile, la verità della realtà. Non vi è dubbio che coloro che sperano di clonare gli esseri umani non possano in alcun modo collegare tale intenzione con la tendenza intrinseca, benché spesso non riconosciuta, della volontà verso il fine ultimo che è la felicità suprema in Dio. San Paolo esortava a fare tutto per la gloria di Dio (cfr. Prima Lettera ai Corinzi, 10, 31).

    Non è possibile collegare un'apertura verso la gloria più grande di Dio a un'azione che attacca direttamente la dignità della persona umana, poiché la gloria di Dio è la persona umana che fiorisce nella sua umanità. Il cristiano, mosso dalla grazia, collega un intento di amore, che si basa sulla carità ricevuta da Dio, a ogni atto e quindi reca gloria a Dio. La produzione di cloni umani nell'orgogliosa imitazione di Dio è priva di carità e rappresenta un insulto al Creatore.

    Quanto sia abominevole la clonazione di esseri umani si può percepire con maggiore chiarezza attraverso il confronto con la formazione umana.

    Mentre è perfettamente normale che gli educatori e ancor più i genitori abbiano delle speranze per i propri figli, la vera formazione umana non è ridotta alla "produzione" di individui progettati in precedenza. Un musicista potrebbe volere che il proprio figlio sia un musicista e un medico potrebbe volere che suo figlio diventi anche lui medico. Nell'educazione, tuttavia, i figli devono poter disporre di varie possibilità per sviluppare le loro diverse potenzialità.

    Un programma di formazione che neghi l'individualità e lo sviluppo delle virtù personali e che richieda solo un'esatta imitazione di un'identità imposta sarebbe essenzialmente inumano. Ogni qualvolta sono stati tentati questi progetti, nell'istruzione scolastica o nei programmi sociali imposti dai regimi totalitari, giustamente s'è incontrata una reazione di rigetto. In misura anche maggiore, la prospettiva della clonazione umana incontra l'opposizione disgustata di tutti coloro, cristiani e non, che percepiscono spontaneamente l'inalienabile dignità dell'essere umano.



    (©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)

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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    A proposito dello Stato etico

    Il diritto
    non è neutrale



    di Stefano Semplici
    Università di Roma Tor Vergata

    Non esiste lo Stato perfetto. Ha ragione Isaiah Berlin:  forse potremmo accettare di sacrificare una parte della nostra libertà in cambio della ricetta con la quale rendere l'umanità "giusta e felice, creativa e armoniosa per sempre", ma il problema è che tale ricetta non c'è. Proprio perché gli uomini sono liberi. Hegel non è il padre dei totalitarismi del Novecento. Cionondimeno, la sua Ragione condivide con la violenza politica esercitata "a fin di bene" l'illusione che la realtà dello Stato possa coincidere con quella dell'Idea etica e diventare lo strumento operativo della sua Verità.

    Il congedo dallo Stato etico, irreversibile nelle moderne società liberali e democratiche, è il congedo dalla prepotenza comunque implicita nella pretesa coincidenza fra l'interesse e la volontà individuali e l'unità sostanziale di ciò che è e deve essere di tutti:  di fronte all'evidenza di una costellazione di valori, fini e stili di vita diversi e spesso distanti, non si può usare la scorciatoia della costrizione per ottenere quel che non si realizza spontaneamente e anche se quanto si impone lo si impone rispettando la legge della maggioranza lo Stato tradisce il suo ruolo, che non è quello di stabilire per legge cosa sia il bene, ma di consentire a ognuno di vivere secondo la sua visione del bene, purché ciò avvenga senza danno per gli altri.

    Questa conclusione è ampiamente condivisibile e segna da tempo uno spartiacque negli stessi rapporti fra religione e politica. Ben pochi sono ormai i nostalgici dei modelli teocratici che trasformano quel che per una religione è peccato in reato. Per il cattolicesimo, in particolare, il concilio Vaticano II ha fissato un punto di non ritorno:  l'uomo - così si legge nella Dignitatis humanae - "è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività" la coscienza e "nella società va rispettata la norma secondo la quale agli esseri umani va riconosciuta la libertà più ampia possibile", limitandola solo "quando e in quanto è necessario". Perché, allora, evocare l'ombra cupa dello Stato etico, soprattutto quando ci si confronta su leggi come quelle sull'inizio e la fine della vita o sulla famiglia?

    Uno Stato non etico non è per questo uno Stato senza valori. Le costituzioni non sono mai un semplice catalogo di regole formali per la produzione legittima di decisioni vincolanti. Raccolgono i principi che si vogliono fondamentali appunto perché posti a base e garanzia di un'identità e di un sentimento di appartenenza capaci di durare nel tempo. È dai valori - ha ribadito Barack Obama nel suo discorso di insediamento - che dipende la nostra possibilità di successo. Dai valori, cioè da cose "antiche" come il lavoro duro e l'onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo. Occorre condividere una "giusta causa" per essere davvero forti e sicuri.

    Uno Stato non etico, dunque, non è uno Stato eticamente neutrale. È però uno Stato che traccia e rispetta una linea di confine fra pubblico e privato. Ed è qui che nasce il problema. Da una parte è evidente che nella sfera più intima del vivere, del soffrire, dell'amare è molto difficile accettare che altri decidano per noi e dunque più forte sarà la richiesta di una libertà senza condizioni. Dall'altra, tuttavia, è innegabile che tale confine non corrisponde a un taglio netto, perché ci sono scelte private che proiettano le loro conseguenze sui valori e sui beni che costituiscono l'insostituibile pavimento etico di una società.

    I conflitti sulla bioetica e sul biodiritto sono particolarmente laceranti e non si lasciano risolvere con il lessico tutto polemico degli zelanti persecutori del fondamentalismo o, viceversa, del nichilismo. In gioco ci sono il riconoscimento e la tutela della vita umana, cioè il cardine stesso di ogni possibile convivenza, prima ancora che della relazione giuridica. La fatica della mediazione è allora politicamente doverosa e un limite all'autodeterminazione può non valere automaticamente una violazione della libertà. Discutere di questo limite non significa volere sostituire la legge alla coscienza, ma prendere atto di una reale difficoltà.

    Il diritto non è neutrale. Può apparire tale solo fino a quando è chiamato ad applicare l'astratta correttezza formale delle sue procedure per sancire l'incontestabilità di un contenuto normativo sostanzialmente condiviso, ma questo equilibrio si spezza quando diventa necessario decidere di un conflitto fra principi ugualmente irrinunciabili e fra i quali non tutti accettano lo stesso ordine di priorità. Che è quanto accade e accadrà sempre più spesso. Lo Stato etico non c'entra.

    C'entra semmai la capacità di raccogliere la sfida ad ampliare il consenso intorno ai valori, soprattutto quelli che si considerano non negoziabili e tuttavia non sono più condivisi, con la ferma serenità di comportamenti credibili, oltre che con la richiesta di "buone" leggi. Magari rinunciando tutti insieme all'ostinato pregiudizio per il quale, su questioni tanto complesse e delicate, chi pensa diversamente pensa male. O, peggio ancora, non ha capito la lezione della storia.




    (©L'Osservatore Romano - 26 aprile 2009)
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    Riflessioni sulla «Dignitas personae»

    Possibilità e limiti
    della terapia genica


    di Kevin L. Flannery, s.i.

    Professore di Filosofia, Pontificia Università Gregoriana, Roma

    I tre numeri dell'istruzione Dignitas personae dedicati alla terapia genica (n. 25-27) operano una serie di utili e importanti distinzioni circa i diversi modi di affrontare la terapia genica, evidenziando nel contempo i principi di bioetica che stanno alla base delle sue possibili applicazioni cliniche.
    Quanto alle distinzioni, nel primo paragrafo del n. 25 viene riconosciuto che la portata del termine "terapia genica" è aumentata negli ultimi anni e comprende la cura non solo delle malattie ereditarie. Nella terapia genica per le malattie ereditarie può essere annoverata, per esempio, la cura della malattia dalla quale era affetto il cosiddetto "bambino nella bolla", che non era in grado di sviluppare un sistema immunitario efficace e poteva sopravvivere solo in un'atmosfera sigillata.

    In una sperimentazione clinica, dieci bambini hanno ricevuto cellule staminali derivate dal loro stesso midollo, che precedentemente erano state geneticamente modificate in modo da poter trasportare una copia normale del gene che, nel caso fosse difettoso, causava la malattia. Su dieci, nove pazienti hanno manifestato miglioramenti a lungo termine nella risposta immunitaria. Un esempio, invece, della cura che potrebbe essere praticabile in ordine a una malattia non ereditaria sarebbe quella, ancora in fase di sperimentazione nei topi, che ha dato successo nel caso del tumore allo stomaco. Al riguardo, sono stati utilizzati organismi - i cosiddetti "vettori" - contenenti virus con una particolare dotazione genetica per infettare le cellule del tumore allo stomaco per rallentarne la crescita.

    La terapia genica inoltre può essere di due tipi:  quella "germinale", che mira a correggere difetti genetici presenti appunto nelle cellule della linea germinale, e quella "somatica", che interviene sui difetti genetici presenti a livello delle cellule somatiche, e cioè che compongono i tessuti e i singoli organi del corpo. I due tipi di terapia sopra citati rientrano nella terapia genica somatica. Da un punto di vista etico, questa terapia solleva relativamente poche obiezioni, dato che, di per sé, curare una persona ammalata è una cosa buona. Tuttavia, i rischi sono sempre presenti e possono avere un peso nella valutazione della moralità circa l'applicazione di una cura particolare.

    Questo è rilevante se si pensa che, nel caso dei bambini soprammenzionati che avevano ricevuto cellule staminali, tre anni dopo l'intervento i due più piccoli hanno sviluppato la leucemia. La moralità della terapia genica germinale, invece, dal momento che potrebbe riguardare persone non ancora esistenti, rappresenta una questione più complessa, da discutere di seguito.

    Entrambi i tipi di terapia genica - germinale e somatica - possono essere realizzati prima o dopo la nascita. Un esempio di terapia somatica realizzata prima della nascita sarebbe quella promessa da recenti successi nella sperimentazione sul topo, con il trasferimento in utero di un gene che consente la produzione di cellule pilifere funzionali nell'orecchio interno - la presenza di cellule pilifere non funzionali nell'orecchio interno costituisce la causa più frequente di danni all'udito nell'uomo. Gli esperimenti con queste terapie geniche somatiche in utero hanno tuttavia sollevato il timore che si potrebbero avere effetti involontari anche sulle linee germinali, con conseguenti problemi circa una possibile compromissione del patrimonio genetico trasmesso all'eventuale discendenza. Fino a questo momento non ci sono risultati sperimentali, neanche sugli animali, quanto a terapie geniche germinali prenatali, ma i timori espressi da scienziati e da altri circa il fatto che le modifiche alla struttura genica somatica potrebbero influenzare le cellule germinali costituiscono già un riconoscimento che tali terapie sono teoricamente possibili e problematiche.

    Come già menzionato, la prospettiva della terapia genica germinale - prima e dopo la nascita - solleva numerose questioni etiche che l'istruzione affronta sulla base di principi che sono a fondamento della ricerca bioetica. Alcune di tali questioni etiche non attengono alla terapia genica germinale in sé, ma, in quanto possono comportare la distruzione - o il rischio di distruzione - degli embrioni che sarebbero molto probabilmente utilizzati per qualsiasi esperimento sulle cellule della linea germinale umana, viene affermata l'illiceità di tali procedure. Inoltre, se a questo si aggiunge il fatto che a tutt'oggi i rischi legati alla manipolazione genetica possono avere pesanti ricadute, incontrollate o incontrollabili, sulle future generazioni, l'istruzione Dignitas personae a ragione afferma che "allo stato attuale, la terapia genica germinale, in tutte le sue forme, è moralmente illecita" (n. 26).

    Nel numero successivo (n. 27), il documento afferma che la terapia genica con finalità "diverse da quella terapeutica" favorisce "una mentalità eugenetica", introduce "un indiretto stigma sociale nei confronti di coloro che non possiedono particolari doti" e enfatizza "doti apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di per sé lo specifico umano". Ci si può qui chiedere quali siano i principi alla base di queste affermazioni.

    Innanzitutto, occorre riconoscere che la Chiesa non si oppone di per sé alle azioni che possono avere effetti naturali sulle linee germinali. Come si sa, essa vieta i matrimoni tra parenti stretti e il motivo di questo divieto, almeno in parte, ha a che fare con le conseguenze genetiche negative che simili matrimoni comporterebbero. Nell'enciclica Casti connubii, Pio XI mette in guardia da interventi con "fini eugenici", riconoscendo nel contempo che "non è contrario alla retta ragione" tentare di procurare "la salute e il vigore della futura prole".

    Similmente, nel discorso all'Associazione Medica Mondiale, pronunciato il 29 ottobre 1983, Giovanni Paolo II esprime un forte ammonimento su quella che definisce "manipolazione genetica", ma riconosce che "un intervento strettamente terapeutico che si ponga come obiettivo la guarigione di diverse malattie, come quelle che riguardano le deficienze cromosomiche, sarà considerato, in linea di principio, auspicabile, purché tenda alla vera promozione del benessere personale dell'uomo, senza intaccare la sua integrità o deteriorare le sue condizioni di vita" (n. 6). Il Pontefice prosegue lodando coloro che preferiscono al termine "manipolazione genetica" quello di "chirurgia genetica" in modo da mostrare che "il medico interviene non per modificare la natura ma per aiutarla a svilupparsi secondo la sua essenza, quella della creazione, quella voluta da Dio" (n. 6).

    Così, se la Chiesa non si oppone di per sé all'intervento genetico, che cosa fonda le sue obiezioni alla terapia genica germinale, in particolare a quella proposta per finalità diverse da quelle terapeutiche? Una risposta valida è suggerita dalle parole stesse di Giovanni Paolo II appena riportate. La differenza tra i mezzi legittimi e illegittimi è che le pratiche legittime curano delle malattie, mentre quelle illegittime non lo fanno. Questa impostazione trova sostegno nel richiamo di Giovanni Paolo II, nel succitato discorso, al giuramento di Ippocrate. La formulazione originale (del v secolo prima dell'era cristiana) di quel giuramento parla del rapporto tra medico e malato o coloro che soffrono. Il giuramento quindi concepisce la medicina come cura delle malattie.

    Tenendo conto di questa visione, la Chiesa e coloro che insegnano in suo nome sono in grado di distinguere la buona terapia da quella cattiva. La terapia genica va rifiutata quando non è al servizio della salute, la cui definizione è fissata da Dio e non dall'uomo. Volendo pertanto fare qualche esemplificazione, la terapia genica opera assolutamente al di fuori di questa finalità quando coinvolge la distruzione di embrioni umani, poiché tale distruzione non protegge né promuove la loro salute. Ma lo stesso avviene quando, tra le caratteristiche possibili di un essere umano, seleziona quelle da preferire e tenta così di far nascere persone con preordinate caratteristiche. L'intento di tali procedure chiaramente non è quello di promuovere la salute combattendo la malattia, dal momento che queste metodiche iniziano con una selezione da una serie di futuri soggetti sani, alcuni di essi con caratteristiche apprezzate da determinate culture e società.

    Lo scopo di tali procedure non è certo la salute, che l'intera gamma di questi esseri umani futuri si suppone possieda, ma le caratteristiche prescelte. Nel favorire alcune caratteristiche umane come distinte dalla natura umana in se stessa e la salute relativa a essa, tali procedure tradiscono una mancanza di rispetto per le stesse persone umane e per l'umanità. Per riprendere le parole cruciali della Dignitas personae, "tali manipolazioni favoriscono una mentalità eugenetica e introducono un indiretto stigma sociale nei confronti di coloro che non possiedono particolari doti e enfatizzano doti apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di per sé lo specifico umano (...) Nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l'uomo pretende di sostituirsi al Creatore" (n. 27).




    (©L'Osservatore Romano - 27-28 aprile 2009)

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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    La religiosa docente e ricercatrice di ostetricia e ginecologia

    Anna Cappella
    al servizio della vita


    di Cesarina Broggi

    "Si ricordi che questa è casa sua" disse Giovanni Paolo II ad Anna Cappella, la mattina del 4 gennaio 1980, dopo la Messa alla quale aveva partecipato con la dottoressa Wanda Poltawska, da lei conosciuta per espresso desiderio del Santo Padre e con la quale lavorò poi assiduamente. Queste parole furono per Anna la conferma che quanto stava facendo per l'insegnamento dei metodi naturali, con particolare riferimento al metodo dell'ovulazione Billings, era volontà di Dio. Da quel momento il Papa la sostenne e le fu sempre vicino nel suo cammino di apostola dei valori evangelici sulla vita e la famiglia.

    La chiamava "la mia Anna", la stimava per la sua preparazione scientifica, per il suo amore alla vita e per quella sua anima candida e buona, piena di Dio e capace di misericordia e di fiducia. La mite, discreta creatura, di salute cagionevole e di una eccezionale sensibilità, sapeva imporsi con forza e determinazione quando c'era da difendere la verità e da sostenere il magistero della Chiesa.
     
    Quando Anna Cappella fu conosciuta da Giovanni Paolo II aveva già percorso una lunga strada. Uscita dalla guerra che l'aveva privata tragicamente degli affetti più cari, era approdata come pensionante al centro universitario Regina Mundi di Roma, il più vicino alla sua facoltà, e vi aveva trovato nelle Missionarie sue compagne di università un'umanità accogliente e attenta alla sua sofferenza. Dio, sempre presente nella sua vita, le fece sentire la chiamata:  la risposta di Anna nel 1947 fu immediata e totale. Fu Missionaria della Scuola:  la "sua" scuola sarà la formazione alla vita.

    Diceva:  "Educare significa anche far conoscere ciò che c'è nella natura", riferendosi al suo studio sulle leggi che regolano la fertilità della coppia. Alla formazione religiosa seguì la laurea nel 1952 e la specializzazione in ostetricia e ginecologia a Roma; successivamente approfondì le sue conoscenze in importanti centri clinici e di ricerca degli Stati Uniti. Presso il St. Francis Hospital ad Hartford nel Connecticut visse un periodo di particolare impegno di lavoro, studio, preghiera, molta solitudine e silenzio.

    I primi tempi furono duri per la difficoltà della lingua che stava imparando - si dedicava con particolare comprensione alle pazienti di lingua italiana e spagnola che non conoscevano una parola di inglese - per l'orario di lavoro che la impegnava anche la notte. In una pausa di ritiro spirituale scriveva:  "Leggo, medito, prego e... dormo. Sono tutte le notti passate ad assistere le mamme che davano alla luce i loro piccini che vogliono nascere tutti di notte! Sono sola, eppure non mi sento affatto sola". Tutto ciò contribuiva a rendere sempre più viva in Anna la fede nell'amore di Dio, sua virtù caratteristica.

    Lavorò in seguito a Boston, presso il St. Elizabeth Hospital. Tornò in Italia per discutere alla Sapienza la tesi di specializzazione.
     
    Dopo un periodo di pratica in ospedali di Roma, ripartì per l'America dove il 1º gennaio 1960 incominciò l'anno di internato al Mary Inmaculate Hospital-Jamaica 32 a New York. Fece il post graduate course al New York Poly-Clinic. Sostenne gli esami di Stato richiesti e nel gennaio 1962 incominciò un corso di sei mesi di Ginecologia al Bellevue Hospital di New York. In seguito lavorò al Carney Hospital di Boston fino al 1969.

    Nel maggio 1972, aderendo all'invito del vescovo di Multan, andò come missionaria in Pakistan, nel St. Dominic's Hospital di Bahawalpur e in Pakistan conobbe i coniugi Billings di passaggio a Karachi. Il 28 giugno 1974 partecipò in Australia, a Sydney, a un corso sulla regolazione delle nascite appunto secondo il metodo naturale dei coniugi Billings di cui divenne subito diretta collaboratrice. Nell'udienza concessa da Paolo VI a Madre Tincani e a tutte le sue Missionarie nel cinquantesimo di fondazione, il 28 agosto 1974, Anna Cappella fu presentata al Pontefice che, sentendola parlare con entusiasmo della sua scoperta, affermò:  "Questo è un lavoro molto importante:  diffondetelo!".

    Anna fece conoscere il metodo in Pakistan e poi in Italia, dove rientrò nel dicembre 1975. La dottoressa Lyn Billings, nell'intervista rilasciata al giornalista Angelo Montonati nel 1998, chiamava Anna Cappella una collaboratrice davvero meravigliosa e diceva fra l'altro:  "Fin dal nostro primo incontro - in Pakistan - la vedemmo particolarmente interessata alla filosofia della pianificazione naturale delle nascite:  in effetti, si era subito resa conto che si trattava soprattutto di un messaggio di attenzione e di amore per le famiglie. Anna ha svolto in questi anni uno straordinario lavoro, insegnando il metodo ai missionari e alle missionarie che passavano da Roma - perché a loro volta lo divulgassero - e organizzando conferenze e convegni per l'Africa, l'Europa, e insegnando in varie parti del mondo. Inoltre ha dato vita a concreti programmi d'insegnamento in tutta Italia, riunendo intorno a sé un gruppo validissimo di donne motivate e altamente qualificate per quanto riguarda la filosofia del metodo e fedeli all'insegnamento della Chiesa".

    Incoraggiata da Giovanni Paolo II, sostenuta dai coniugi Billings, fu prima direttore del consultorio familiare presso la facoltà di medicina del Policlinico Gemelli, poi, dal luglio 1980, direttore del Centro studi e ricerche sulla regolazione naturale della fertilità all'università Cattolica del Sacro Cuore.

    Nel 1980 fu invitata a partecipare ai lavori del Sinodo dei vescovi che si svolgeva a Roma su "La famiglia. Educazione all'amore e alla vita".
     
    Preparò congressi internazionali e fece molti viaggi in tutto il mondo:  America, Asia, Africa, Australia, per diffondere il metodo Billings.
    All'udienza durante il congresso del 1981, Giovanni Paolo II salutò paternamente Anna per prima:  "Come stai, Anna?". E il rettore magnifico della Cattolica rispose:  "È il genio di questa organizzazione". In quello stesso anno avrà la grazia di visitare, come medico del Gemelli, il Papa dopo l'attentato del 13 maggio.

    Il 31 agosto 1981 il Papa chiamava Anna a Castel Gandolfo per una importante riunione relativa alla fondazione dell'Istituto per la famiglia Giovanni Paolo II. Qualche giorno dopo tornava da lui con il programma da svolgere nell'Istituto dove avrebbe tenuto anche lei un corso regolare.
    Nel marzo 1991 il Santo Padre nominò Anna Cappella membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Il 25 novembre 2005, nell'aula Francesco Vito del policlinico Agostino Gemelli, fu consegnata ad Anna Cappella da monsignor Elio Sgreccia, già ordinario di bioetica all'università Cattolica e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, una targa, premio alla carriera, con la seguente motivazione:  "Per l'incalcolabile contributo alla diffusione del metodo Billings in Italia e nel mondo, promuovendo sempre, instancabilmente, i valori comuni a cui si ispirano le diverse metodiche naturali".

    Spesso lontana dalla sua comunità, affaticata da un lavoro sfibrante, anche se appassionato, Anna viveva momenti intensi di raccoglimento:  "Sto meditando sulle verità con le quali si va all'essenza delle cose che ci devono portare a Dio, a cercare Lui solo e attraverso Lui le creature".



    (©L'Osservatore Romano - 27-28 aprile 2009)


    La scomparsa di Anna Cappella è avvenuta durante la notte del 20 aprile 2009, a Firenze, all’età di 84 anni (era nata a Rieti il 12 agosto 1924) nella residenza delle Missionarie della scuola, istituto religioso femminile fondato da Luigia Tincani, di cui Anna Cappella faceva parte. La sua è stata la storia di un’intera esistenza dedicata alla promozione della vita umana. Il Santo Padre Benedetto XVI, per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo la indicò «come esempio eloquente di quella sintesi tra verità e amore che costituisce il centro vitale della cultura cattolica».


    [SM=g1740733]
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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    06/05/2009 21:58
     
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    Il saluto del Papa a un gruppo di medici cattolici presenti all'udienza generale

    Al servizio dell'uomo
    dal concepimento alla morte naturale



    La medicina deve porsi "al servizio dell'essere umano dal suo concepimento fino al suo termine naturale":  lo ha detto il Papa a un gruppo di medici cattolici italiani durante l'udienza generale di mercoledì 6 maggio.


    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Missionarie Clarisse del Santissimo Sacramento che partecipano al loro Capitolo generale, come pure le Religiose di diverse Congregazioni convenute a Roma per un incontro formativo promosso dall'Usmi.

    Care Sorelle, vi assicuro la mia preghiera perché lo Spirito del Risorto vi aiuti a discernere i segni dei tempi, così da testimoniare il Vangelo con fedeltà e gioia.

    Saluto con affetto il gruppo degli Alpini ed auguro loro di seguire gli eroici esempi di vita cristiana dei fedeli discepoli di Cristo, appartenenti al Corpo degli Alpini, tra i quali mi piace ricordare il Venerabile don Carlo Gnocchi e il Servo di Dio Teresio Olivelli.

    Un particolare pensiero dirigo ai numerosi Medici cattolici presenti all'Udienza.
    Cari amici, la vostra opera, che si pone al servizio dell'essere umano dal suo concepimento fino al suo termine naturale, sia sempre eloquente testimonianza di solidarietà umana e cristiana. Proseguite pertanto con generosità nel vostro prezioso servizio alla vita, valore fondamentale nel quale si rispecchiano la sapienza e l'amore di Dio. Il vostro lavoro sia arricchito ogni giorno di profondo spirito di fede e animato da fedeltà e coerenza con i principi che debbono ispirare l'attività di ogni medico.
     [SM=g1740733]

    Desidero, infine, rivolgermi ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Da pochi giorni è iniziato il mese di maggio, che il popolo cristiano dedica in modo speciale alla Madre del Signore. Cari giovani, vi invito a porvi alla scuola di Maria per imparare ad amare Dio sopra ogni cosa ed essere sempre pronti a compiere la sua volontà. La contemplazione della Madonna Addolorata aiuti voi, cari ammalati, a guardare con fede al mistero del dolore, cogliendo il valore salvifico nascosto in ogni croce. Affido voi, cari sposi novelli, alla materna protezione della Vergine, perché possiate vivere nella vostra famiglia il clima di preghiera e di amore della casa di Nazaret.


    (©L'Osservatore Romano - 7 maggio 2009)


    [SM=g1740722]

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    11/08/2009 00:08
     
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    un video interessante che aiuta, attraverso la tecnica degli ultrasuoni, di seguire le varie tappe della vita umana nel grembo della madre...
    il bambino fin dalle prime settimane è un essere vivente, E' PERSONA...e come tale va difesa fin dal concepimento...


    [SM=g1740738]

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    11/12/2009 18:55
     
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    Una dichiarazione dei vescovi sulla via per uscire dalla crisi

    In Spagna serve
    una riconversione morale


    di Marta Lago


    Una società che "si dimette" dalla sua volontà di vivere, che perde coraggio e teme il futuro:  una situazione urgente, alla quale però i vescovi spagnoli rispondono con speranza attraverso la "Dichiarazione sulla crisi morale ed economica", approvata nella recente assemblea plenaria e presentata alla stampa questo venerdì nella sede della Conferenza episcopale spagnola. S'individuano - come ha spiegato monsignor Juan José Omella, membro della commissione episcopale della Pastorale sociale - le vittime principali della crisi:  le famiglie, soprattutto quelle numerose, e i giovani, i proprietari di piccole e medie imprese, gli agricoltori e gli allevatori, gli immigrati provenienti da Paesi poveri. I presuli ammoniscono contro la scarsa tutela sociale per la famiglia e la riduzione dei diritti degli immigrati, a partire dall'approvazione della nuova legge sugli stranieri. La disoccupazione colpisce in molte famiglie tutti i loro membri. Il numero dei disoccupati è di oltre quattro milioni, ha ricordato monsignor Omella.
     
    Nell'insieme, la crisi sta diffondendo paura nel futuro; data la sua gravità, i vescovi spagnoli segnalano alcune cause al fine di poter individuare le soluzioni. La perdita di valori morali è il fattore scatenante. Ne sono esempi la mancanza di onestà, l'avidità, la carenza di controllo delle strutture finanziarie. "In fondo - ha sottolineato il vescovo Omella - non è solo una crisi economica e occupazionale. Crediamo che esista una crisi etica, morale, una crisi dell'uomo. Non è una crisi materiale, è una crisi antropologica". Il vero sviluppo, ha aggiunto il presule, "non deve riguardare l'uomo solo nel suo essere materiale, ma tutto l'uomo e tutti gli uomini; il vero sviluppo è possibile solo con Dio".

    Sono punti chiave dell'enciclica Caritas in veritate che illumina tutta la Dichiarazione episcopale, nella quale fra l'altro si afferma che "l'aspirazione a ottenere uno sviluppo integrale richiede un rinnovamento etico della vita sociale ed economica che tenga conto del diritto alla vita". Si sottolinea così il monito di Benedetto XVI contenuto nell'enciclica sopracitata, poiché, ha precisato nella presentazione il vescovo ausiliare di Madrid e segretario generale della Conferenza episcopale, monsignor Juan Antonio Martínez Camino, "se si perde la sensibilità ad accogliere una nuova vita, appassiscono altre forme di accoglienza proficue per la vita sociale". Si tratta del "dramma sociale dell'aborto", ha precisato, poiché "un popolo che assiste con il suo assenso sociale e legale a togliere la vita ai suoi figli è un popolo che non è preparato per la solidarietà fraterna", e tutto ciò ha "gravi conseguenze sociali ed economiche".
     
    Rispondendo alle domande dei giornalisti presenti, monsignor Martínez Camino ha ammonito contro il serio passo indietro che implica il progetto di legge sull'aborto in Spagna "rispetto all'attuale legislazione depenalizzante, che è già di per sé ingiusta". "Nessuna persona - ha aggiunto - che rispetti gli imperativi della retta ragione può dare il proprio sostegno a questo progetto di legge"; "non ci può essere un sistema giuridico giusto che accetti e autorizzi legalmente il togliere la vita a un essere umano e ancor meno - come succede nel progetto normativo - che tale lesione grave del diritto alla vita pretenda di essere considerata come un diritto.

    Come può essere un diritto ledere il diritto alla vita dell'essere umano? È un controsenso morale e giuridico", ha denunciato. Il presule ha poi richiamato l'attenzione su un fenomeno "praticamente unico nella storia dell'umanità":  "in situazioni di bonaccia economica e sanitaria la popolazione diminuisce, anche quando non c'è stata una crisi". Si deve a una "mentalità ostile alla vita umana, a una condizione di mancanza del senso della vita e della speranza necessaria per vivere"; "le popolazioni si dimettono dalla loro volontà di vivere", ha concluso il segretario generale della Conferenza episcopato spagnola. Da qui la "perdita di stimolo alla creatività, di impulso economico e sociale, e, naturalmente, la gravissima lesione alle radici della solidarietà e della fraternità".

    I vescovi spagnoli chiedono nella loro Dichiarazione "una riconversione morale in tutti i sensi, anche nell'economia", ha ribadito monsignor Omella, attraverso la quale si tenga conto della centralità della persona umana, che deve essere considerata al di sopra delle ideologie. Un impegno al quale i vescovi di Spagna invitano tutti e al quale destineranno l'1,5% del fondo comune interdiocesano. I presuli sono consapevoli della "responsabilità fondamentale dei poteri pubblici nella promozione di soluzioni anticrisi". Hanno tuttavia concluso dicendo che "sarà pure necessario che, come Chiesa samaritana, collaboriamo con altre istituzioni e organizzazioni sociali nella solidarietà alle vittime della crisi".


    (©L'Osservatore Romano - 12 dicembre 2009)

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    30/01/2010 18:59
     
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    I doveri del potere nella difesa della vita dal suo concepimento

    Una questione di dignità (umana)



    Nel dibattito bioetico aperto dai progressi delle tecnoscienze una questione decisiva è lo status giuridico dell'embrione, cioè se è anch'esso titolare della dignità umana. Nel testo che pubblichiamo - estratto dal libro Dignità umana e bioetica (a cura di Sara Bignotti, Brescia, Morcelliana, 2010, pagine 96, euro 10, "Il pellicano rosso", 104) - l'autore dà a questo problema una risposta positiva ed esauriente senza fare ricorso ad argomentazioni di ordine religioso.

    di Ernst-Wolfgang Böckenförde

    "La dignità dell'uomo è intangibile. Rispettarla e tutelarla è dovere di tutto il potere statale". Così recita l'articolo 1 paragrafo 1 del Grundgesetz. Non si dice che sia da rispettare e tutelare la dignità della persona, ma si parla della dignità dell'uomo. Essa spetta all'uomo indipendentemente da caratteristiche determinate, da segni distintivi o da capacità in atto; spetta unicamente all'essere uomo, indipendentemente dallo stadio di questo essere uomo.

    L'articolo 1 del Grundgesetz non nomina alcuna differenza in merito a tale stadio. E la dignità riconosciuta vale tanto per ogni singolo uomo quanto per l'intera umanità:  la formula "dignità dell'uomo" copre entrambi, anche il riferimento agli uomini come genere. È dichiarato ciò che spetta a ogni singolo uomo e all'uomo in quanto tale, cioè una dignità intangibile, e come noi uomini dobbiamo trattare l'uno con l'altro sulla base di questa dignità e come lo Stato debba trattare con gli uomini, cioè nel riconoscimento e nel rispetto di questa dignità.

    In che cosa consista questa dignità quanto al contenuto, con il dovere di rispetto a essa associato, può essere controverso nella misura in cui in particolare sono in gioco i casi concreti e i gradi differenziati. Qui esiste a diritto anche il monito a non spiegare il rispetto della dignità umana "in moneta spicciola", perché questo da ultimo non fa che mettere in questione il rispetto e l'intangibilità fondamentali. Ma ciò che costituisce il nucleo fondamentale di questo principio, in cui risiede la sua essenza normativa, è meno controverso di quanto possa sembrare.

    Del resto, Theodor Heuß nei dibattiti in Parlamento ha ritenuto la dignità dell'uomo quale "tesi non interpretata", e questo è oggi volentieri citato nel conflitto delle opinioni. Eppure egli non sostenne affatto con questa definizione una irrilevanza normativa del principio; in realtà si oppose soltanto alla sua fondazione formale nel diritto naturale, che poteva avere come conseguenza l'assunzione di deduzioni giusnaturalistiche. Al di là dei diversi princìpi assunti per determinare il significato di dignità umana, si mostrò già in Consiglio parlamentare, e anche in seguito, un nucleo fondamentale comunemente riconosciuto. Esso si può parafrasare con la formula mutuata da Kant di "fine in se stesso" o con quella interpretazione data dalla Corte Costituzionale Federale di "essere (Dasein) per se stesso".

    In ciò sono compresi la posizione e il riconoscimento dell'uomo quale soggetto individuale, la libertà di uno sviluppo proprio, l'esclusione della sua strumentalizzazione a mo' di cosa di cui si possa disporre tout court, ovvero, in termini positivi, il diritto ad avere diritti da rispettare e tutelare. Di fatto, è indiscutibile che la dignità in questo senso spetti a ogni singolo uomo, a noi tutti, che stiamo l'uno di fronte all'altro, e spetti all'uomo con cui noi trattiamo, discutiamo o che noi educhiamo, e trovi la sua espressione nel riconoscimento di questa dignità.

    Questa dignità degli uomini viventi l'aveva ben presente anche il Parlamento. A ciò bisogna collegare la questione, discussa in maniera controversa, fin dove debba estendersi questo riconoscimento della dignità umana all'interno del processo biologico di ogni uomo, affinché rimanga autentica. È sufficiente, come si sostiene, che il riconoscimento e il rispetto della dignità inizino solo a un punto stabilito nel processo biologico dell'uomo, pur rimanendo questo processo biologico previamente disponibile, oppure questo riconoscimento e rispetto devono sussistere fin dall'origine, ossia al primo inizio di questa vita umana? Solo quest'ultimo può essere il caso, se l'essere (Dasein) deve rimanere essere per se stesso e non diventare una vuota declamazione. La dignità, che contrassegna un'esistenza nel suo stadio compiuto, non può disgiungersi né separarsi dalla propria storia, deve piuttosto comprenderla.

    Quando infatti si cerca di escludere una fase determinata del processo biologico dal riconoscimento e dal rispetto, che all'uomo è dovuto in ragione della sua dignità, o di differenziare in senso processuale questo rispetto, perché ad esempio sia apparsa o non lo sia una 8ª o 16ª cellula o non si sia ancora giunti all'impianto, si viene a produrre un vuoto nello sviluppo del singolo individuo. Se il rispetto della propria dignità deve valere per ogni uomo in quanto tale, esso deve allora essergli attribuito fin dal principio, dal primo inizio della sua vita, e di qui deve essere esteso non solo dopo un lasso di tempo, a cui egli - non protetto contro strumentalizzazioni e trattamento ad libitum - sia forse fortunosamente sopravvissuto. Su questo piano diventano allora rilevanti le conoscenze e i dati della scienza naturale, vale a dire non come causa e fondamento, ma come sostrato per l'uso di una argomentazione e valutazione giuridicamente normativa.

    Ora, questo primo inizio di una vita propria dell'uomo in sé formato e sviluppato però si trova allora nella fecondazione, non più tardi. Con essa si forma una coppia (gegenüber) di uno spermatozoo e un ovulo, che sono anch'essi forme di vita umana, di un essere vivente umano nuovo e a sé stante. Esso è contrassegnato in modo inconfondibile e individuale attraverso la combinazione di gruppi di cromosomi stabiliti così e non diversamente. È questo, dal punto di vista indiscusso delle scienze naturali, il fondamento biologico dell'uomo singolo.

    Lo sviluppo successivo, spirituale e psichico, è già fondato in concomitanza in ciò; l'uomo è una unità di corpo-spirito-anima. Dopo che è fissato il gruppo dei cromosomi individuale, non avviene infatti alcuna svolta nelle qualità di ciò che si sviluppa. Il programma genetico di sviluppo si presenta ultimato, non ha bisogno di alcun altro completamento:  qui dall'interno esso si dispiega nel corso del processo biologico, secondo il criterio della propria organizzazione.

    E questo appunto è il segno caratteristico che costituisce un organismo umano:  è la forma impressa che vivendo si sviluppa. Tutto questo però non può accadere senza molteplici aiuti dall'esterno, che operano dando l'impronta anche da parte loro - come l'apporto della nutrizione, il contatto e lo scambio con l'organismo materno, e altro ancora.

    Ma queste non sono altro che condizioni necessarie per (dare) la possibilità dello sviluppo proprio, spontaneo, e non cioè questo stesso; ed esso sussiste non solo dalla nascita, ma continua a sussistere in parte anche, ancora più a lungo, dopo la nascita. È un dato di fatto, che però non neutralizza il suo inizio con la fecondazione, che la natura possa influire ancora ulteriormente sul processo biologico nel suo svolgimento - per esempio tramite l'impianto (Nidation) - e dargli termine improvvisamente. Questo è pienamente evidente. Non di rado i genitori sanno anzi precisamente da quale loro amplesso la loro figlia o figlio siano originati. Da questo istante - cioè dalla fecondazione, non per esempio dall'impianto posteriore o dalla formazione della corteccia cerebrale - si data per loro l'inizio biologico del loro figlio. L'inizio della vita umana con la fecondazione così non è assolutamente contro-intuitivo.

    Se all'embrione umano spetta la tutela della dignità umana e perciò anche il diritto alla vita, ciò non dipende da una specie di fondamentalismo ontologico, neanche dall'interrogativo se possa già essere qualificato come persona una 8ª o 16ª cellula. È decisivo piuttosto che il riconoscimento della dignità dell'uomo - come il Grundgesetz lo dichiara secondo il suo contenuto normativo - se non viene arbitrariamente ridotto, comprenda anche i primordi della vita di ciascun uomo, si debba estendere a essi.

    L'embrione umano viene compreso entro la tutela della dignità umana anche nella sua prima e primissima fase biologica:  esso è da rispettare e trattare come un titolare della dignità umana e del diritto alla vita.



    (©L'Osservatore Romano - 31 gennaio 2010)

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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    29/05/2010 22:56
     
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    [SM=g7364] Il Bambino estratto con gli strumenti dette pinze per l'aborto....il BAMBINO viene fatto a pezzi...

    c'è il famoso video che descrive appunto, dal medico abortista CONVERTITO, L'URLO SILENZIOSO DEL FETO che sembra comprendere quanto sta avvenendo e si dimena, cerca di svincolarsi dalle maledette pinze, ma è PRIGIONIERO DEL PANCIONE, NON HA SCAMPO E ALLA FINE VIENE PRESO E SMEMBRATO...

    questo è L'ABORTO che oggi vogliono addolcire CON LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO...perchè hanno capito il male, ma non vogliono debellarlo...

    ASSASSINI!! L'URLO DI ABELE E' ANCORA VALIDO ma Caino non tenta neppure di scappare, oggi SI GIUSTIFICA!!








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    La via alternativa all'aborto


    Presentato a Roma “L’aborto e i suoi retroscena. Vita e maternità spezzate”


    ROMA, lunedì, 6 dicembre 2010 (ZENIT.org).- E’ stato presentato mercoledì 1 dicembre presso l’Università Europea di Roma il libro “L’aborto e i suoi retroscena. Vita e maternità spezzate” (IF Press) scritto da Alessia Affinito e Virginia Lalli. 

    Alla presentazione moderata dalla dott.ssa Alessia Affinito, curatrice del libro, sono intervenuti: padre Paolo Scarafoni, L.C., Rettore dell’Università Europea di Roma, il prof. Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale, l’avv. Virginia Lalli, curatrice del libro, il prof. Massimo Losito, della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, il prof. Mario Palmaro, Filosofo del diritto e docente dell’Università Europea di Roma, e il dott. Giacomo Rocchi, magistrato e giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Firenze.

    L’avvocato Virginia Lalli curatrice del libro ha denunciato la scarsa informazione e attenzione sullo sviluppo biologico del feto, sulla natura dell’intervento chirurgico e sulle gravi conseguenze emotive e psicologiche che pure hanno riguardato migliaia di donne che hanno abortito. Inoltre ha sottolineato un atteggiamento di massima neutralità circa la scelta di abortire nel pieno rispetto della dignità e libertà della donna.

    “Ma – ha chiesto la Lalli - è veramente libera di scegliere la donna che si rivolge ai consultori magari provata e che non conoscendo tutti i risvolti dell’aborto, non può essere del tutto consapevole della scelta che sta intraprendendo? Cosa sostiene la giurisprudenza italiana e degli altri Paesi in merito?”.

    Pur tenendo conto che l’art. 2 della legge 194 prevede il sostegno alla maternità, l’autrice del libro si è detta scettica sulla reperibilità dei fondi necessari, per questo – ha spiegato - “la tutela sociale della maternità viene disattesa e l’unica soluzione che resta è l’aborto: la distruzione di una nuova vita cui viene impedito di nascere. Pratica regolata e disciplinata dalla L.194/78”.

    La Lalli ha concluso sostenendo che “invece di focalizzarsi sulla procedura per ottenere l’aborto il mio saggio espone alcune possibili alternative dalle misure di sostegno offerte dai Comuni, all’affidamento fino all’adozione. Perché credo che in fondo un’alternativa a favore della vita c’è sempre, basta non disperare”.

    Tra gli interventi ha destato particolare attenzione quello del prof. Massimo Losito, il quale ha affrontato il tema de “L’accoglienza della vita fragile nell’esperienza della Quercia Millenaria”.

    Losito ha raccontato che l’attesa di un figlio è sempre un’esperienza carica di un’intensità unica. La genitorialità inizia biologicamente in un modo nascosto, celato nel segreto anche agli stessi genitori; ma quando la presenza del figlio si disvela, anche solo con la visione di un test di gravidanza positivo, si innesca una genitorialità totale e totalizzante: “aspettiamo un bambino”.

    Il padre e la madre hanno solo visto due linee rosse su un test di gravidanza ma davanti agli occhi hanno già il loro bambino, la loro bambina, il cosiddetto “figlio della notte”, immaginato, sognato e talvolta temuto.

    “A volte, però, - ha precisato il docente dell’APRA - la realtà ci risveglia bruscamente da questo umanissimo sogno. A volte, anzi, la realtà stessa sembra diventare un incubo da cui non ci si può risvegliare”.

    Può capitare infatti che, in seguito ad un’ecografia o ad un test genetico, si scopra che il nascituro “non è normale”; anzi in certi casi si scopre che la malformazione è talmente grave da impedire la sopravvivenza del bambino dopo la nascita. Sono i cosiddetti “feti terminali”, espressione con cui si intende una condizione sul piano genetico-cromosomico o sul piano anatomico-strutturale incompatibile con la vita. Un nascituro senza futuro.

    È una realtà che infrange la progettualità della coppia, a volte infrange anche l’immagine e la stima che il padre e la madre hanno di se stessi. Ansia, paura, smarrimento e, naturalmente, dolore sono i sentimenti che emergono. I genitori hanno la sensazione di una profonda solitudine; perfino chi ha il desiderio sincero di aiutare la coppia spesso propende per l’aborto: sembra che non ci sia un’altra strada.

    “Ma un’altra strada c’è” – ha sottolineato Losito, presentando la Quercia Millenaria ONLUS (http://www.laquerciamillenaria.org/), un’associazione di medici e famiglie che quest’altra strada la conosce bene.

    L’associazione nasce ufficialmente l’8 settembre 2006 e gradualmente ha preso forma e con essa il primo CAFT (Centro di Aiuto per il Feto Terminale) in Italia, andando a colmare un vuoto con la sua specificità: prendere in carico a tutto campo quelle coppie che si trovano ad affrontare una diagnosi prenatale infausta, mettendo al loro servizio grandi specialisti di medicina prenatale e pediatrica, dando loro anche il sostegno psicologico e spirituale.  

    Da allora l’associazione è cresciuta notevolmente: diffusa oramai in 15 rami regionali, consta di oltre 25 specialisti (ginecologi, psicologi, pediatri, neonatologi, ma anche avvocati e bioeticisti), ed ha nella sua “Quercia celeste” oltre 70 bambini.

    Secondo il docente dell’APRA, questi numeri, in verità, “dicono assai poco dell’associazione”.

    Occorrerebbe infatti contare i minuti passati ad ascoltare in silenzio, le lacrime versate e asciugate, i sorrisi e i “grazie” ricevuti, gli abbracci. Ed anche i figli nati “dopo” quel figlio speciale, con la fiduciosa apertura alla vita che queste coppie mostrano, consapevoli nel profondo di non essere state tradite dalla vita.

    “L’esperienza straordinaria dell’associazione – ha sostenuto Losito – costituisce una risposta concreta alla 'ordinaria' eutanasia prenatale che viene proposta, se non imposta, in situazioni di questo genere”.

    Perchè la Quercia Millenaria col suo operato aiuta nella diffusione di una sana diagnostica prenatale, che può dirsi tale solo se accompagnata da un adeguato counselling; attraverso di essa e mediante l’applicazione e lo sviluppo di terapie fetali all’avanguardia, molti bambini considerati erroneamente terminali per accidia intellettuale o per mera inesperienza possono invece essere salvati.

    Così pure diffondendo la cultura e la bellezza dell’accoglienza anche nelle situazioni più drammatiche, l’associazione contribuisce a difendere quei bambini che non sono affatto terminali (come i bambini Down) ma che sono resi terminali a causa della rappresentazione sociale e dalla scelta dei genitori, vittime di un’ingannevole “religione della salute”, che confonde il malato da curare con la malattia da eliminare.

    Ma cosa dire nel caso di una reale terminalità? Ha domandato crudamente Losito.

    “Credo – ha risposto – che proprio in tal caso la Quercia Millenaria abbia una rilevanza che supera i suoi apparenti confini specifici, assumendo una valenza universale e simbolica”.

    “Parlando infatti di aborto - ha concluso il docente dell’APRA-, proprio il caso del feto intrinsecamente terminale sembra che rappresenti una situazione 'estrema', una sorta di caso limite, in cui la discussione sulla liceità della pratica abortiva sia ancora aperta”.


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    Vaccini prodotti da embrioni umani volontariamente abortiti


    Necessari ulteriori chiarimenti per genitori e ricercatori


    WASHINGTON, domenica, 6 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la risposta data dai membri della Culture of Life Foundation ad una domanda di bioetica formulata da un lettore di ZENIT.



    * * *


    Avrei piacere di vedere maggiore discussione e maggiori consigli sull’uso dei vaccini. [...] Se non ricordo male, negli Stati Uniti, tutti i vaccini contro la varicella e il vaccino trivalente (morbillo, rosolia e parotite) sono prodotti utilizzando bambini abortiti. Considerando la diffusione di questi vaccini, credo sia una questione che richieda un maggiore approfondimento e maggiore discussione e spiegazione da parte della Chiesa. -- C.G., Charleston, South Carolina, USA


    Risponde William E. May*:

    La domanda posta dal lettore è ben parafrasata nel titolo di questo articolo. Tuttavia la questione è stata già affrontata in risposta a una domanda posta precedentemente da un altro lettore (ZENIT,
    DEC. 15, 2010). Sembra quindi più corretto, in questa sede, rispondere alla seguente domanda: “È moralmente lecito usare materiale biologico di origine illecita?”.

    Propongo di seguito una rassegna di pertinenti insegnamenti della Chiesa sull’argomento e di altre utili fonti.

    Il documento “Dignitas personae”, del 2009, della Congregazione per la dottrina della fede, affronta ai numeri 34 e 35 la questione dell’uso di “materiale biologico” di origine illecita, richiamando anche insegnamenti di Giovanni Paolo II contenuti nella sua enciclica “Evangelium vitae” e il documento della Congregazione, del 1987, “Donum vitae” (istruzione sul “rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione”).

    Al n. 34, la Dignitas personae dice che i problemi riguardano la cooperazione al male e lo scandalo. Al n. 35 dice che la situazione è diversa quando i ricercatori impiegano “materiale biologico” di origine illecita che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio, con ciò riferendosi alla Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Ricorda che è stata la Donum vitae (parte I, n. 4) ad aver formulato il principio generale che in questi casi deve essere osservato: “I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo”.

    Sempre al n. 35, la Dignitas personae prende in considerazione il “criterio dell’indipendenza”. Secondo tale criterio, l’uso di materiale biologico di origine illecita sarebbe eticamente ammissibile se vi fosse una chiara separazione tra coloro che da una parte producono, congelano e fanno morire gli embrioni e dall’altra i ricercatori che sviluppano la sperimentazione scientifica. Il documento esprime cautela su questo punto, dicendo che di per sé tale criterio potrebbe non essere sufficiente.

    Afferma inoltre: “Il dovere di rifiutare quel ‘materiale biologico’ – anche in assenza di una qualche connessione prossima dei ricercatori con le azioni dei tecnici della procreazione artificiale o con quella di quanti hanno procurato l’aborto, e in assenza di un previo accordo con i centri di procreazione artificiale – scaturisce dal dovere di separarsi, nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è necessario, ma può essere eticamente insufficiente”.

    Ma prosegue osservando che “all’interno di questo quadro generale esistono responsabilità differenziate, e ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l’utilizzo del suddetto ‘materiale biologico’. Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini. D’altra parte, occorre tener presente che nelle imprese che utilizzano linee cellulari di origine illecita non è identica la responsabilità di coloro che decidono dell’orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione”.

    La Dignitas personae sembra quindi seguire la posizione assunta da monsignor Elio Sgreccia riguardo l’uso del vaccino contro il morbillo, prodotto utilizzando feti abortiti. Per una sintesi della posizione di mons. Sgreccia, si veda "On Vaccines Made from Cells of Aborted Fetuses: Pontifical Academy for Life Response," (ZENIT,
    JULY 25, 2005). 

    Christian Brugger propone importanti osservazioni su come la Dignitas personae tratta la questione (cfr. E. Christian Brugger, "Strengths and Weaknesses of 'Dignitas Personae,'" in "
    Symposium on 'Dignitas Personae," National Catholic Bioethics Quarterly. Vol. 9.3. Autumn, 2009, 487-481).
     Commentando il passaggio, nel n. 35, sul dovere di rifiutare quel “materiale biologico”, anche quando non vi sia alcun collegamento diretto tra il ricercatore e le azioni di coloro che hanno effettuato la fecondazione artificiale o l’aborto, si chiede se questo “vale anche per un epidemiologo che nel 2009 svolge ricerca su ... linee cellulari ... o vaccini derivati da tali linee, posto che essi fossero tratti da feti volontariamente abortiti? Il male morale – il grave male dell’aborto – è stato compiuto quasi 45 anni fa. [...]”

    “Il dovere del ricercatore di rifiutarsi di lavorare su tale materiale è senza eccezioni, anche se tale rifiuto comporti danni per il ricercatore stesso o la sua famiglia? Il testo [della Dignitas personae] indica che non lo è [senza eccezioni]. Esso afferma che gravi motivi possono essere moralmente idonei a giustificare l’uso di tale materiale biologico. Ma l’Istruzione [Dignitas personae], seguendo il documento del 2005 della Pontificia Accademia per la vita 'Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti', richiama solo i gravi motivi in base ai quali i genitori possono vaccinare i propri figli. Che fine fanno quindi i ricercatori moralmente coscienziosi?”.

    Io credo che se si tratta di una ricerca che ragionevolmente può far sperare in grandi benefici per gli esseri umani non nati, soggetti al rischio di contrarre determinate patologie, da cui la ricerca li proteggerebbe, come è il caso della ricerca a cui si riferisce Brugger, allora ciò si configurerebbe come quel tipo di eccezione ammessa dalla Dignitas personae (n. 35). È del tutto verosimile che questo tipo di eccezione semplicemente non è stata considerata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel preparare l’istruzione Donum vitae, nel 1987.

    Si tratta di una questione che richiede ulteriore chiarimento da parte della Chiesa.


    --------
    *William E. May, è Senior Fellow del
    Culture of Life Foundation e ex professore della cattedra Michael J. McGivney di teologia morale dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, presso la Catholic University of America di Washington.

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    14/06/2013 23:11
     
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      [SM=g1740758] A margine di una scoperta sul cervello umano
    Il valore della meraviglia

        di Augusto Pessina

        Uno studio pubblicato sulla rivista statunitense "Cell" del 6 giugno scorso ha riconosciuto il tenace lavoro di un gruppo internazionale di studiosi che - grazie a una geniale metodologia basata sulla misurazione di un isotopo del carbonio liberato nell'atmosfera dagli esperimenti nucleari - avrebbero dimostrato che cellule dell'ippocampo nel cervello umano sono in grado di rinnovarsi. L'osservazione, sebbene già ipotizzata da molti, suscita stupore e meraviglia perché attesterebbe l'esistenza della cosiddetta neuroplasticità (almeno di parti subcorticali del cervello umano).

        Se questa ipotesi verrà confermata, aprirà interessanti prospettive alla comprensione di alcune patologie e della relazione tra le funzioni biologiche e l'esperienza vissuta. In questa prospettiva anche un certo determinismo biologico dovrebbe fare i conti con quell'elemento ignoto che rende ancora più misterioso il rapporto tra la vita biologica e l'autocoscienza che trova la sua sintesi in quell'unicum irrepetibile che è la persona umana. E proprio alla riaffermazione dell'inviolabilità della persona umana è dedicata l'enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, il cui messaggio è più che mai attuale e decisivo oggi in un contesto in cui il mistero della vita rischia di essere ridotto a meccanismi biologici.

        Nel 2005 celebrando il decennale di questa enciclica il teologo Juan José Pérez-Soba Diez del Corral ricordava che "la scomparsa dello stupore davanti al mistero e al valore della vita umana è all'origine della impossibilità odierna di percepirla e capirla come un dono". Nell'Anno della fede e a quindici anni da un'altra enciclica di Papa Wojtyla, è il caso di ricordare quanto il Pontefice, spingendosi ancora più a fondo, vi scriveva: "Le conoscenze fondamentali scaturiscono dalla meraviglia suscitata nell'uomo dalla contemplazione del creato" e "senza meraviglia l'uomo cadrebbe nella ripetitività e, poco alla volta, diventerebbe incapace di un'esistenza veramente personale" (Fides et ratio, n. 4).

        Con questa affermazione il Papa indica chiaramente che la radice di questa meraviglia sta nel mistero stesso dell'essere persona. La realtà infatti non cessa mai di produrre meraviglia perché la capacità di meravigliarsi è caratteristica unica, e in qualche modo rivelatrice, dello stesso essere umano. La meraviglia nasce infatti da un rimando che si sperimenta sia quando la realtà è indagata per avere risposte sia quando essa è semplicemente "osservata". La stessa radice latina della parola "meraviglia" (mirabilia) ha un chiaro riferimento al fatto che essa è insita nella stessa azione dell'"osservare".

        Nell'esperienza della scoperta scientifica - sia essa di natura fisica, biologica o altro - lo stupore e l'entusiasmo rivelano sempre una corrispondenza e una sintonia tra la realtà indagata e qualcosa di se stessi.

    Nel 2006 Benedetto XVI ha sottolineato questo aspetto a Ratisbona affermando che esiste una "corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura". Come quando un diapason che vibra ci fa sentire quella nota e non un'altra.


        La tradizione ha chiamato "anima" questa cassa di risonanza. [SM=g1740733]

    Questo è vero anche nell'esperienza che ognuno vive ogni giorno. Vale quindi per un ricercatore di fronte alla realtà scientificamente indagata, ma vale anche nei rapporti quotidiani dove i desideri e i sentimenti fanno i conti con la realtà.


        Una condizione essenziale per fare esperienza di questo stupore e di questa meraviglia - perché non sfumino in un'eterea forma di tipo sentimentale o in un sogno - è il realismo. Solo un realista è infatti capace di forti emozioni di fronte alla scoperta e solo un realista prova grande meraviglia. Senza realismo resta, al contrario, solo un'esperienza di noia e di vuoto, di cose che si ripetono e basta. Perfino un certo grado di fastidio per quello che non si capisce o che non è come vogliamo noi.

        I quotidiani, puntuali e concreti interventi di Papa Francesco in questo Anno della fede sono un forte richiamo a ciascuno di noi a questo realismo, a guardare in faccia la realtà. Egli continua, sin dall'inizio del pontificato, a indicare le cose reali di cui dobbiamo occuparci. E nulla è più realistico di ciò verso il quale Francesco sta richiamando tutta la Chiesa. E cioè che la vita è un dono, come quando ha affermato: "Pensiamo questo, è bello: la misericordia di Dio dà vita all'uomo, lo risuscita dalla morte".



    (L'Osservatore Romano 15 giugno 2013)

    [SM=g1740733]

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    CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA"

    Aula Giovanni Paolo II
    Venerdì, 12 dicembre 2008

     

    INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

    INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

    INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

     

    INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

    In questa introduzione generale alla nuova Istruzione Dignitas personae mi limito a dire una breve parola innanzitutto circa il contesto in cui il Documento è nato, poi circa il suo scopo e valore dottrinale e, infine, circa la struttura del testo e il suo messaggio centrale.

    1. Contesto

    Lo sviluppo delle scienze biomediche costituisce indubbiamente uno dei segni più caratteristici dei nostri tempi. Al riguardo la Congregazione per la Dottrina della Fede è già intervenuta con l’Istruzione Donum vitae del 22 febbraio 1987, offrendo due criteri fondamentali per il discernimento morale in merito agli interventi sull’embrione e alle varie forme di fecondazione artificiale: (a) il rispetto incondizionato dell’essere umano fin dal suo concepimento e (b) il rispetto dell’originalità della trasmissione della vita umana tramite gli atti propri dei coniugi. Tali principi e le rispettive valutazioni morali, ribaditi autorevolmente nell’Enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (del 25 marzo 1995), conservano intatto il loro valore.

    Negli ultimi vent’anni, tuttavia, le scienze biomediche hanno fatto enormi progressi, giungendo a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo e il processo della sua generazione. Le nuove tecnologie, da una parte, aprono nuove prospettive terapeutiche finora sconosciute, come, ad esempio, le terapie contro l’infertilità oppure l’uso delle cellule staminali adulte. D’altra parte, esse suscitano seri interrogativi di natura antropologica ed etica, se pensiamo, ad esempio, al congelamento, alla selezione e alla distruzione di migliaia e migliaia di embrioni, ai tentativi di clonazione umana o alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tali tematiche interessano oggi non solo alcuni medici e ricercatori, ma vengono ampiamente divulgate dai mezzi di comunicazione sociale; esse provocano attese e dubbi in settori sempre più vasti dell’opinione pubblica e richiedono talora decisioni da parte degli stessi Legislatori. Nel 2002 la Congregazione per la Dottrina della Fede decise pertanto di iniziare uno studio più approfondito circa le nuove questioni di bioetica al fine di apportare un aggiornamento alla Donum vitae.

    Il compito di esaminare gli aspetti scientifici di tali questioni e di offrirne una prima valutazione morale fu affidato alla Pontificia Accademia per la Vita, istituita da Giovanni Paolo II con il compito specifico di "studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita" (Motu Proprio Vitae mysterium, 11 febbraio 1994). La ricerca fu svolta, sotto la competente guida del Presidente emerito, S.E. Mons. Elio Sgreccia, da alcuni gruppi di lavoro, costituiti da un gran numero di esperti in materia provenienti da ogni parte del mondo.

    Nel 2005 e 2006 l’ampia documentazione preparata dalla Pontificia Accademia per la Vita fu sottoposta alle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè alla Consulta (riunione dei Consultori) e alla Sessione Ordinaria (riunione degli Em.mi ed Ecc.mi Membri). Dopo la decisione di preparare un nuovo Documento, sulla base di suddetta documentazione fu redatto un progetto di Istruzione, esaminato poi da una Commissione di esperti e quindi dalla Consulta e, infine, dalla Sessione Plenaria della Congregazione, svoltasi all’inizio del 2008. Dopo l’integrazione dei suggerimenti proposti dai Padri, il testo fu sottoposto ancora una volta alla Sessione Ordinaria e approvato da Benedetto XVI nell’Udienza del 20 giugno 2008.

    2. Scopo e valore dottrinale

    La nuova Istruzione, che porta la data dell’8 settembre 2008, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, intende "promuovere la formazione delle coscienze" (n. 10) in un campo che riguarda non soltanto alcune tecniche biomediche, ma ha ripercussioni immediate per la concezione della stessa vita umana e del ruolo insostituibile del matrimonio nella trasmissione della vita. Con tale intervento il Magistero "non interviene nell’ambito della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato" (n. 10). Intende incoraggiare una ricerca biomedica che sia veramente rispettosa della dignità di ogni essere umano e della procreazione, auspicando "che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito" (n. 3).

    L’Istruzione "si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità" (n. 3). Attingendo "alla luce sia della ragione sia della fede", essa intende contribuire ad elaborare "una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita" (n. 3). Si auspica, quindi, un confronto aperto e sereno tra tutti gli uomini di buona volontà al fine di affrontare insieme, per il bene dell’umanità, le questioni antropologiche che sottostanno alla ricerca biomedica.

    Quanto al valore dottrinale del nuovo Documento, occorre ribadire che si tratta di una "Istruzione di natura dottrinale" (n. 1), emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata espressamente dal Sommo Pontefice. Essa pertanto appartiene a quei documenti della Congregazione che "partecipano al Magistero ordinario del Successore di Pietro" (Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990, n. 18). Simili documenti sono da accogliere da parte dei fedeli con "l’assenso religioso del loro spirito" (n. 37).

    3. Struttura e messaggio centrale

    L’Istruzione "comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano" (n. 3). Una breve Introduzione spiega la natura e lo scopo del Documento, la Conclusione riassume il suo messaggio centrale.

    La nuova Istruzione inizia con le parole programmatiche Dignitas personae – la dignità della persona, che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale. Questo principio fondamentale "esprime un grande ‘sì’ alla vita umana", che "deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica" (n. 1). Ribadendo tale principio, la Chiesa intende difendere i poveri del mondo, ai quali appartengono anche gli esseri umani non ancora nati: "Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani" (n. 37; citazione di Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i Vescovi circa "Il Vangelo della vita", 19 maggio 1991).

    Il Documento, quindi, incoraggia la ricerca biomedica che rispetta la dignità di ogni essere umano e della procreazione ed auspica che "i risultati di questa ricerca siano resi disponibili anche nelle aree povere e colpite dalle malattie, per affrontare le necessità più urgenti e drammatiche dal punto di vista umanitario" (n. 3). Nel contempo esclude, come eticamente illecite, diverse tecnologie biomediche e sarà probabilmente accusato di contenere troppi divieti. Di fronte a tale prevedibile accusa occorre tuttavia ribadire che la Chiesa sente di dover dare voce a coloro che non hanno voce. "L’adempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati… Dietro ogni ‘no’ rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande ‘sì’ al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza" (n. 37).

    In conclusione, si spera che i fedeli e anche tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verità, sapranno comprendere e condividere i contenuti della presente Istruzione, "volti alla tutela della fragile condizione dell’essere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla promozione di una civiltà più umana" (n. 37).

     
    [SM=g1740771]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, i Padri conciliari scrivevano: "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura" (n. 51). È sulla lunghezza d'onda di questo insegnamento che si dovrebbe porre l'Istruzione Dignitas personae. I suoi contenuti non sono altro che una genuina promozione del senso della vita umana e una sua spassionata difesa. Perché la vita umana possa essere promossa è necessario che si crei una cultura favorevole alla sua accoglienza in ogni espressione che ne viene manifestata. È necessario, per questo, l'apporto condiviso di quanti, credenti o non credenti, ritengono che questo sia il momento favorevole per approdare a uno sforzo comune in favore dell'accoglienza della vita personale. Se in alcuni momenti, comunque, diventa urgente giungere anche a una difesa della umana, per paradossale che possa sembrare, significa che questa è in serio pericolo. Non è la visione catastrofica quella che caratterizza l'insegnamento della Chiesa; ciò che preme, piuttosto, è una lettura realistica del momento presente che come ogni epoca storica è sottoposta a tante luci e molte ombre.

    Non deve meravigliare, d'altronde, l'impegno del Magistero in questo particolare settore. La Chiesa è stata impegnata in prima persona nel corso dei secoli in difesa di alcuni principi fondamentali che oggi sono patrimonio dell’umanità. Certo, all’epoca fu contestata da frange di benpensanti che proprio in nome del progresso e delle leggi dell’economia preferivano calpestare i diritti fondamentali delle persone. Come dimenticare, ad esempio, l’impegno dei missionari contro la schiavitù nei paesi soggetti alla colonizzazione oppure la difesa dei lavoratori agli inizi dell’ottocento? Oggi la posta in gioco che segnerà i prossimi decenni e la vita della società è determinata dalla difesa della dignità della persona dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.

    L’Istruzione della Dottrina della fede, per questo motivo, si viene a porre in un momento del tutto peculiare. I suoi contenuti, particolarmente in riferimento alle varie tecniche di sperimentazione sull’embrione susciteranno reazioni diverse. Alcuni preferiranno ignorarli con supponenza come se non li riguardassero, altri rincorreranno la via più facile della derisione ed altri ancora etichetteranno quelle pagine come foriere di buio oscurantismo che impedisce il progresso e la libera ricerca. Molti altri, infine, condivideranno certamente la nostra preoccupazione e la nostra analisi. Al di là degli schieramenti, quindi, ci saranno persone che saranno provocate da queste pagine a formulare qualche interrogativo e, vorranno verificare la validità delle argomentazioni portate. Rimane, in ogni caso, una considerazione che merita di essere riportata per verificare l'ambito all'interno del quale l'Istruzione intende procedere: "La Chiesa giudicando della valenza etica di alcuni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (Dignitas personae, n. 10). Nessuna invasione di campo, pertanto, da parte del magistero della Chiesa quando entra in un ambito specifico come quello della sperimentazione sull’embrione, che è oggetto di più scienze di cui nessuna può arrogarsi il diritto di dire l’ultima parola. Ciò che questa Istruzione intende fare è esprimere il proprio contributo autorevole nella formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti intendono porre ascolto alle argomentazioni che vengono portate e con queste intende confrontarsi. Un intervento, pertanto, che rientra pienamente nella sua missione e che dovrebbe essere accolto non solo come legittimo, ma anche come dovuto in una società pluralistica, laica e democratica.

    Risulterebbe veramente difficile, anche per un pensiero estraneo alla fede, non ritrovarsi nell’affermazione di Dignitas personae: "Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute" (n. 8). Ciò che viene affermato, come si nota, è l’uguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso di essere venuto alla vita. Il vero punto di confine, quindi, per verificare la competenza dell'intervento e la sua legittimità in difesa della vita è fornito dal venire all’esistenza. Davanti a questo principio, passano in secondo ordine l’intelligenza, la bellezza, lo stato fisico, l’età, la razza o la condizione sociale, ecc. Ciò che veramente conta è la vita che viene posta in essere; vita che, fin dall’inizio, è contrassegnata come umana e che in forza di questo deve essere rispettata da tutti, sempre e senza alcuna eccezione.

    Alla luce di questi principi si comprendono i giudizi morali che vengono dati in riferimento ad alcune condizioni peculiari; in primo luogo alla sperimentazione sulle cellule staminali, sull’embrione e sulla clonazione. Ciò che muove il pensiero del magistero in proposito è in primo luogo la difesa dell’ordine creaturale, secondo cui la fecondazione e la nascita di un essere umano vanno conservati e custoditi in quell’orizzonte della natura che riflette non solo la bellezza della creazione, ma la sapienza stessa del mistero d’amore del Creatore che tutto ha organizzato in un ordine insostituibile e perfetto. Non si dovrebbe dimenticare, inoltre, un ulteriore principio che viene più volte riaffermato nel corso dell'Istruzione: l’uguaglianza fondamentale tra gli uomini. Proprio questo principio cozza contro ogni pretesa di clonazione umana o manipolazione genetica diversa da quella terapeutica . Se si vuole, Dignitas personae compie un passo in avanti nei confronti della precedente Donum vitae del 1987, quando si richiama alla difesa della dignità dell'embrione. Nella precedente Istruzione, infatti, per non entrare direttamente nel dibattito filosofico non si entrò nel merito circa la definizione dell'embrione come "persona". Nell'Istruzione odierna si esplicita testualmente che: "La realtà dell'essere umano per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L'embrione umano, quindi, ha fin dall'inizio la dignità propria della persona" (n. 5).

    Non sarà da dimenticare, da ultimo, il coraggio con cui Dignitas personae affronta il tema della manipolazione genetica che in molti casi ormai ha tutte le caratteristiche per essere definita eugenetica e, pertanto, intrinsecamente immorale. Questo giudizio si fonda sul presupposto che tale sperimentazione teorizza di fatto la disuguaglianza tra le persone, enfatizzando oltre misura doti e caratteristiche che non costituiscono l’essenza e la peculiarità della persona stessa. In questo senso, l'insegnamento che se ne ricava è quanto mai lungimirante. Esso provoca a riflettere sul rischio di non cadere in nuove forme di schiavitù che già si affacciano all'orizzonte. Si è dinanzi, infatti, a una schiavitù biologica secondo cui una persona si arroga il diritto arbitrario di determinare le caratteristiche genetiche di un altro essere umano. Quanto questa pretesa manifesti una hybris talmente riprovevole non ha bisogno di dimostrazione. Questo comportamento, che ben poco ha dello scientifico, non trova giustificazione alcuna se non l’esercizio del puro potere del più forte sugli altri. Una simile sperimentazione va chiamata con il suo giusto nome e non dovrà essere la Chiesa ad avere timore nel doverne denunciare i pericoli.

    Pensiamo che solo una vera educazione al rispetto di sé e degli altri, unita ad una corretta formazione a cogliere il proprio limite possa permettere un rinnovato senso di impegno per la vita. D'altronde, la grandezza della persona consiste proprio nell'avere coscienza del proprio limite e in forza di questo, saper guardare oltre verso una trascendenza infinita che ha voluto imprimere dignità alla vita umana assumendola su di sé e diventando egli stesso persona. Poiché in Gesù di Nazareth "la vita si è fatta visibile" (1 Gv 1,2) e noi ne siamo testimoni, viviamo con la responsabilità di rendere partecipi uomini e donne che incontriamo nel cammino della vita di questo grande mistero che suscita ogni giorno meraviglia e stupore.

     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

    A partire dai principi espressi nella prima parte dell’Istruzione, vengono analizzati nella seconda parte alcuni problemi che sono emersi o si sono delineati negli anni successivi alla pubblicazione dell’Istruzione Donum vitae. Le questioni prese in esame sono:

    1) Le tecniche di aiuto alla fertilità

    2) La FIV (o fecondazione in vitro) e l’eliminazione volontaria degli embrioni

    3) La ICSI (o iniezione intra-citoplasmatica di spermatozoi)

    4) Il congelamento di embrioni

    5) Il congelamento di oociti

    6) La riduzione embrionale

    7) La diagnosi pre-impiantatoria

    8) Le nuove forme di intercezione e di contragestazione

    Occorre richiamare, prima di prendere in esame le singole questioni, i tre beni fondamentali su cui si commisurano le singole scelte:

    a) il riconoscimento della dignità di persona ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, con la conseguente soggettività del diritto alla vita e alla integrità fisica;

    b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre solo l’uno attraverso l’altro;

    c) i valori specificatamente umani della sessualità, che "esigono che la procreazione di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi" (n. 12).

    Iniziamo l’analisi del testo a partire da quest’ultimo punto. Il desiderio da parte di una coppia di sposi di avere un figlio è più che legittimo: questo fatto giustifica, però, il ricorso a qualsiasi tecnica in grado di soddisfarlo? E quali sono le caratteristiche di quell’atto coniugale che il fare del medico e del biologo vuole sostituire con le tecniche di fecondazione artificiale?

    E’ un atto che coinvolge nella totalità e nella reciprocità i coniugi: ed è proprio in questa relazione interpersonale che può realizzarsi la chiamata all’esistenza di una nuova vita umana. Dal dono delle persone scaturisce il dono della vita: "L’atto coniugale - si legge al n. B.4 della Istruzione Donum vitae – esprime simultaneamente l’apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. E’ nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre". Può questo atto essere consegnato nelle mani di estranei o essere ridotto ad una mera successione di fatti tecnici?

    Le tecniche di fecondazione artificiale nella forma sia intracorporea (ad esempio l’inseminazione artificiale con prelievo del seme fuori dall’atto coniugale) sia extracorporea (ad esempio la FIV e la ICSI) sostituiscono con la tecnica l’atto coniugale nella chiamata all’esistenza di una nuova vita: "Alla luce di tale criterio – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell’atto coniugale".

    Esse attuano – in altre parole – una divisione tra l’unione dei coniugi e la possibilità di procreare: da effetto di un incontro diretto e immediato dei coniugi, la nuova vita diviene il risultato di una procedura tecnica, che può essere anche perfetta da un punto di vista tecnico, ma che resta inesorabilmente impersonale. Non sono i genitori a dare la vita, ma un medico o un biologo: una presenza – quest’ultima – non accidentale, ma determinante.

    L’artificialità è, allora, sempre un fatto negativo? La risposta a questa si trova nel n. 13 della Istruzione Dignitas personae, che – richiamando la Istruzione Donum vitae – scrive: "Le tecniche che si presentano come un aiuto alla procreazione non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali esse testimoniano le possibilità dell’arte medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al dono dell’amore e al dono della vita".

    Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità in generale, ma di quella artificialità che stravolge il più personale degli atti umani, quello procreativo. Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità intesa come ciò che l’uomo è in grado di produrre e può sopperire ad una funzione del corpo, ma di quell’artificialità che contraddice la natura dell’essere umano.

    Artificialità non equivale ad impiego di una tecnica: essa può essere lecitamente utilizzata anche in presenza di infertilità. Stimolare l’ovulazione, effettuare interventi di microchirurgia per rimuovere zone di endometriosi o per restaurare la pervietà di una tuba di Falloppio, sono forme di intervento tecnico che hanno il solo scopo di restituire la funzionalità ad un organo necessario per una procreazione altrimenti non possibile. Ed ancora, prelevare il seme ottenuto durante l’atto coniugale con un SCD (Semen Collection Device) perforato per veicolarlo, previa preparazione, nelle vie genitali femminili, comporta un ricorso alla tecnica, ma l’intervento del medico è successivo – di aiuto – ad un atto coniugale già verificatosi. "Il medico – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. L’intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità della persona, quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitare il compimento, sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto".

    Non vi è dubbio che la difficoltà di avere un figlio può essere motivo di grande sofferenza per la coppia. Per questo motivo il desiderio di una gravidanza è da considerare un’esigenza profondamente umana. È, quindi, necessario, innanzitutto, prevenire l’infertilità in tutte quelle situazioni in cui essa possa essere riconducibile a comportamenti a rischio individuali o a non adeguati interventi di ecologia ambientale o di politica della casa e del lavoro. Si pensi – a questo proposito – che il primo fattore di rischio di infertilità è l’età avanzata della donna nel momento in cui si cerca una gravidanza. Si legge, infatti, al n. 13 della Istruzione Dignitas personae: "C’è da osservare, infine, che meritano un incoraggiamento la ricerca e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità". Ed ancora deve essere massimo l’impegno nella diagnosi e nella cura della sterilità.

    Qualora, però, questo tipo di interventi non consenta alla coppia di realizzare questa legittima aspirazione, la risposta non può passare attraverso la violazione del diritto alla vita del nascituro o alla distruzione dei significati stessi del matrimonio e della coniugalità. Si deve, invece, aiutare la coppia a scoprirsi "feconda": "Per venire incontro – si legge al n. 13 della Istruzione – al desiderio di non poche coppie di avere un figlio, sarebbe auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani, che hanno bisogno per il loro adeguato sviluppo umano di un focolare domestico".

    Il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, come la FIV e la ICSI, porta alla "produzione" di un essere umano. Il rapporto tra chi fabbrica (il medico) e chi ordina (gli aspiranti genitori) la vita e chi viene fabbricato (l’embrione umano) è simile a quello di un produttore con il suo prodotto: e ciò che è prodotto può essere manipolato, selezionato, scartato.

    "(Il) desiderio (di un figlio) – si legge al n. 16 della Istruzione – non può giustificare la produzione, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificare l’abbandono e la distruzione". È questo il punto centrale della valutazione etica delle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, cui si aggiungono altre considerazioni tese a confutare le affermazioni di chi ne sostiene, invece, l’uso. Viene, in modo particolare, evidenziata l’elevata perdita di embrioni umani o – come viene definita – l’elevata abortività delle tecniche di fecondazione artificiale. Tale elevata perdita di embrioni non si è modificata con il passare degli anni (oltre l’80% degli embrioni viene perso anche nei centri più accreditati) ed è insita alla tecnica stessa. Di conseguenza, seppur talora in apparenza non ricercato, il sacrificio di embrioni è, comunque, previsto. Né questa perdita può essere paragonata a quella che si ha, naturalmente, di embrioni: ciò che in natura si manifesta come danno all’essere umano va – se possibile – corretto, ma non certamente imitato.

    Alla perdita degli embrioni legata alla tecnica (asincronia ovaio/endometrio; alterazioni cromosomiche, etc.) vanno aggiunte le perdite "volute": per scopi selettivi (con la diagnosi preimpianto); per aumentare la possibilità di annidamento di embrioni in utero (con il trasferimento di un numero elevato di embrioni e conseguente aborto selettivo); per creare una "scorta" di embrioni da utilizzare in un secondo momento. "Questa triste realtà – si legge al n. 15 della Istruzione – spesso taciuta, è del tutto deprecabile in quanto le varie tecniche di riproduzione artificiale che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono a nuovi attentati contro la vita". Una situazione paradossale, che non verrebbe, tra l’altro, ammessa in nessun’altra situazione medica: ovvero che una tecnica abbia un tasso così elevato di esiti negativi e fatali.

    Quali conseguenze del ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea vi sono, dunque, la crioconservazione (congelamento) degli embrioni e la riduzione delle gravidanze multiple qualora siano stati trasferiti più embrioni di quelli che possono realmente svilupparsi in utero.

    La prassi della crioconservazione di embrioni viene valutata dalla Istruzione Dignitas personae (n. 18) come "incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani", dal momento che: ne presuppone la produzione in vitro; li espone a rischio di morte o di danno alla loro integrità; li priva temporaneamente dell’accoglienza materna; li espone ad ulteriori offese e manipolazioni. Spesso questi embrioni sono in stato di abbandono e si pone la domanda "cosa fare di loro?".

    A chi ha come solo scopo di svuotare le banche di embrioni, si contrappone chi si rende conto della grave ingiustizia fatta nei loro confronti e vorrebbe porvi rimedio. Premesso che cercare una soluzione senza far cessare la produzione di embrioni è un fatto di per sé sbagliato, la Istruzione Dignitas personae esclude sia l’uso degli embrioni abbandonati (orfani) per la ricerca o per usi terapeutici, sia il loro scongelamento, sia la loro cessione a coppie infertili: In quest’ultimo caso si ricadrebbe in una forma di fecondazione artificiale eterologa e di maternità surrogata. Anche la cosiddetta "adozione prenatale", pur essendo "lodevole nelle intenzioni", presenta "vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati" (n. 19).

    Risulta, dunque, evidente come l’unica vera soluzione sia la cessazione della produzione di embrioni. "Non si intravede – come ricordava già nel 1996 Giovanni Paolo II – una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni congelati…" (n. 19).

    Il ricorso alla riduzione embrionale, che si configura come "un aborto intenzionale" e che non trova mai alcuna giustificazione, è considerato inaccettabile (cf. n. 21), così come la diagnosi preimpianto, in cui lo strumento diagnostico è strettamente collegato con l’eliminazione dell’embrione "considerato ‘sospetto’ di difetti genetici o cromosomici o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate" (n. 22). Si attua, così una vera e propria forma di eugenismo che "porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri umani affetti da gravi patologie o disabilità" (n. 22).

    Il collegamento con le tecniche di fecondazione artificiale e le già indicate conseguenze a danno dell’embrione umano sono le ragioni del rifiuto della crioconservazione di oociti in ordine "al processo di procreazione artificiale" (n. 20).

    Un’altra forma di attentato alla dignità di persona dell’embrione umano è rappresentato dal ricorso a prodotti ad azione intercettiva, che impediscono l’annidamento dell’embrione in utero, o ad azione contragestativa che provocano il distacco dell’embrione già annidato. Tra i prodotti intercettivi si fa riferimento alla spirale e alla "pillola del giorno dopo"; il prodotto controgestativo più noto è la pillola RU486, oltre le prostaglandine e il Metrotrexate. Per quanto riguarda l’intercezione, con cui l’azione di impedimento dell’impianto può essere – anche se non sempre – presente, è da sottolineare che già la sola probabilità che questo possa avvenire rende l’intenzionalità di chi la prescrive e di chi la usa abortiva.. Di conseguenza – si legge al n. 23 della Istruzione Dignitas personae – "l’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale" (n. 23).

     

    Fraternamente CaterinaLD

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    INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

    La terza parte dell’Istruzione Dignitas personae comprende i numeri 24-35 cui fanno seguito due numeri dedicati alla conclusione generale di tutto il documento. In questi brevi e concisi passaggi vengono esaminate, soprattutto dal punto di vista etico, le più recenti prospettive di ricerca; alcune sono cariche di speranza per la terapia, mentre altre sono segnate da problematicità etica.

    1. Anzitutto viene presentato un breve giudizio sulla terapia genica, i cui progressi ancora sono limitati rispetto alle grandi attese coltivate dopo la scoperta del DNA e dei suoi meccanismi replicativi, dopo la messa a punto delle tecniche di ingegneria genetica e dopo il sequenziamento del DNA umano portato a termine con grande dispendio di energie intellettuali e di risorse finanziarie. Per ora la possibilità di sostituire geni malformati, causa e origini di malattie genetiche, rimane una speranza. Ma gli scienziati non disperano e guardano al miglioramento delle tecniche, in particolare all' individuazione di vettori più sicuri.

    Quello che il Documento evidenzia è che occorre tenere conto di una fondamentale distinzione: la terapia genetica teoricamente si può applicare alle cellule somatiche con finalità direttamente terapeutiche, o sulle cellule germinali. Sulle cellule somatiche si può intervenire ad esempio a livello del midollo spinale per correggere le cellule emopoietiche malate in un determinato soggetto e l'effetto prodotto rimane limitato all'individuo. Quando si interviene a livello di cellule germinali, invece, l'effetto è diverso, perché le cellule della linea germinale vanno a comporre i gameti e vanno a influenzare la ereditarietà e la discendenza. Non essendo ancora sicura la tecnica, per quanto riguarda l'intervento sulle cellule germinali, questo tipo d'intervento non è eseguibile, perché può comportare il rischio di indurre malformazioni nel patrimonio genetico ereditario, delle generazioni future.

    Pertanto la norma etica è che, con le debite condizioni deontologiche proprie di ogni intervento medico, è possibile tentare di correggere geneticamente soltanto le cellule somatiche. Sono stati eseguiti interventi clinici con trattamento ex vivo, cioè prelevando cellule dell'individuo e trattandole geneticamente in laboratorio e poi reinserendo le cellule trattate. Sono stati fatti tali interventi clinici sulle cellule somatiche per la correzione di patrimonio genetico di cellule emopoietiche e in ambito immunologico. Esistono ancora difficoltà e rischi, ma in linea di principio il Documento considera che questa prospettiva può essere considerata eticamente praticabile. Mentre l'intervento sul patrimonio genetico delle cellule germinali, in assenza di possibilità di controllo, rimane vietato. Il Documento su questo punto rimarca questo divieto che oggi di fatto è condiviso anche dalla maggioranza degli scienziati.

    Il Documento prende in esame, in appendice a questo tema, l'ipotesi dell'uso di tecniche di ingegneria genetica per il "miglioramento genetico". Si tratta di un'ipotesi presa in esame dalla letteratura, ma questa ipotesi può sconfinare verso la ideologia, perché la realizzazione poggerebbe su pratiche di eugenismo negativo (eliminazione di embrioni meno dotati) o di eugenismo positivo cioècon potenziamento di dotazione genetica. In tale ottica eugenetica questa strategia è condannabile nelle finalità e nei metodi.

    Altra cosa è il miglioramento della salute nelle popolazioni curando i metodi e le strategie dell'igiene, dell'alimentazione e l'eliminazione delle malattie infettive, ecc. Il Documento si esprime con la condanna dell'eugenismo alternativo e migliorativo a carattere ideologico perché fonte di disuguaglianza e discriminazione. Perciò anche proposte del "transumanesimo" fatte da alcuni filosofi e genetisti rimangono fuori dal consenso etico della Chiesa e credo anche dal consenso civile.

    2. Un argomento che ha scosso l’opinione pubblica e il mondo scientifico, ripreso nei nn. 28-30 dal Documento, è costituito dalla clonazione. L’impressione, generata a suo tempo, fatta di esaltazione e di paura della scienza manipolatoria, è calata di molto, dopo che due insuccessi hanno quasi posto in oblio questo percorso di ricerca. Il primo insuccesso è stato a carico del primo animale clonato: la pecora Dolly è morta, precocemente invecchiata, uccisa con morte pietosa e giunta a pochi mesi di età. L'altro incidente fu a carico di uno scienziato che in Corea aveva divulgato il successo di clonazioni umane, che in realtà non furono comprovate come vere. Da allora la stampa e le polemiche delle assemblee parlamentari nazionali e internazionali sono cessate.

    In realtà la manipolazione che si realizza con la clonazione è profonda e ai limiti della sfida dalle leggi della stessa biologia: si tratta di generazione asessuale e agamica, operata per la cosiddetta divisione gemellare o più frequentemente per nucleo transfer.

    La distinzione tra clonazione riproduttiva e clonazione terapeutica è, come si sa, una distinzione insostenibile, perché anche quella cosiddetta terapeutica presuppone sempre una riproduzione.

    La clonazione riproduttiva, per ora utilizzata soltanto in ambito zoologico e botanico, nel caso dell'uomo è stata immaginata per soddisfare ad alcuni desideri: il controllo della evoluzione, la scelta predeterminata del sesso, la sostituzione di una persona cara deceduta con una di simile aspetto: grazie a Dio sono rimaste ipotesi teoriche.

    Continua a sollecitare la volontà degli sperimentatori la clonazione terapeutica per realizzare individui con patrimonio genetico predeterminato, e perciò idoneo a fornire cellule staminali embrionali, trasferibili per determinate terapie. Il tema si lega a quello dell'uso delle cellule staminali embrionali.

    Quanto al giudizio etico sulla clonazione, il Documento elenca le ragioni in contrario sia per il tipo di clonazione terapeutica sia quella riproduttiva: l'esercizio di dominio da parte dell'uomo sperimentatore sull'essere umano clonato fa sorgere la più forte obiezione per l'offesa alla dignità umana e la strumentalizzazione dell'essere umano da parte di un altro uomo. Per quanto riguarda l'aspetto riproduttivo, non c'è soltanto la separazione della dimensione unitiva da quella procreativa come nelle procreazioni artificiali, ma c'è l'alterazione delle dimensioni di paternità-maternità, con la creazione di un essere privo di ancoraggio parentale umano. In ogni caso lo stesso principio dell'uguaglianza fra uomini verrebbe sconvolto.

    Riguardo alla stessa clonazione terapeutica, a parte l'intenzione e la problematicità del successo, il Documento sottolinea la strumentalizzazione dell'uomo sull'uomo che sta alla radice di questa procedura.

    3. La medicina rigenerativa: l'uso e la sperimentazione delle cellule staminali. Come è noto, sembra essere questa la scoperta più promettente, una fase nuova della medicina: quella che utilizza cellule specializzate e primitive che si trovano all'interno del corpo umano, capaci di moltiplicarsi, anche fuori dell'organismo e capaci di specializzarsi in diversi tipi di tessuti una volta trasferite e pertanto orientate a sostituire cellule malate e così rigenerare tessuti. Il Documento ricorda le sorgenti da cui possono essere raccolte le cellule staminali, praticamente da diverse sedi del corpo adulto, dal sangue del cordone ombelicale, dall'embrione e dai feti abortiti.

    La differenza significativa si è stabilita fra le cellule staminali embrionali e tutte le altre di origine somatica: tale differenza si è imposta soprattutto per un fatto eticamente rilevante, per il fatto che le cellule staminali embrionali si possono prelevare, e di fatto si prelevano, nell'embrione allo stadio di blasticiste fecondato in vitro o da residui della fecondazione artificiale, provocandone la morte. Questo fatto ha posto una specie di criterio discriminante che ha diviso i ricercatori, per il riferimento alla identità dell'embrione come essere umano. Inoltre, nonostante la priorità e l'impegno della ricerca sulle cellule staminali embrionali, le ricerche non hanno offerto finora risultati significativi in ordine alla plasticità e all’efficacia nella rigenerazione dei tessuti, mentre nel frattempo la ricerca nelle cellule staminali somatiche hanno dato e continuano a dare risultati nel piano sperimentale e ormai anche nelle applicazioni cliniche.

    La Pontificia Accademia per la Vita aveva pubblicato già con data del 25 agosto 2000 una Dichiarazione nel senso del divieto dell'uso delle cellule staminali embrionali, a motivo della distruzione dell'embrione ed ha dato l'incoraggiamento per la sperimentazione e per l'uso delle cellule staminali somatiche con prelievo dell'organismo adulto, da feti abortiti spontaneamente o da sangue del cordone ombelicale. Nel 2006 il Congresso organizzato dalla stessa Pontificia Accademia per la Vita, insieme alla Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, ha incoraggiato questa strada sulla scorta dei risultati ottenuti dai vari gruppi ricerca.

    Il Documento sintetizza le stesse posizioni precisando anche il problema etico di collaborazione che si pone per chi acquista e utilizza le cellule staminali embrionali tramite il commercio, anche se procurate e raccolte da altri. Nella polemica intensa sia nella stampa fra gli apposti gruppi di ricercatori sia in Parlamento hanno influito anche gli interessi economici attorno alla cattura dei fondi statali o internazionali posti a disposizione per i ricercatori.

    4. Per l'aggiornamento è rilevante una notizia che non è presente nel Documento per prudenza verso una novità ancora da consolidare: nel Congresso del 2006 uno scienziato giapponese Yamanaka ha proposto una tecnica d'ingegneria genetica per la quale risulta possibile la riprogrammazione di una cellula somatica fino a riportarla allo stadio di cellula embrionale, senza passare per la formazione dell'embrione. Questo fatto, qualora venga comprovato, farebbe cadere ogni motivo per sostenere la ricerca sulle cellule provenienti dall'embrione.

    Il Documento inoltre cita nella nota 49 anche alcune nuove tecniche che si avvalgono di procedimenti che implicano il dubbio sulla riproduzione dell'embrione, anche se i ricercatori che le propongono sostengono che le cellule embrionali sarebbero prodotte senza che venga formato l'embrione: si tratta di tecniche sperimentali di dubbia eticità e sono l'Altered Nuclear Transfer (ANT) e l' Oocyte Assisted Reprogramming (OAR) e l'applicazione della partenogenesi all'uomo. Il Documento si limita a dire: "Queste proposte hanno suscitato non pochi interrogativi scientifici ed etici riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del ‘prodotto’ così ottenuto".

    5. La terza parte dell’Istruzione si conclude con un giudizio negativo sui recenti tentativi di clonazione ibrida, in cui sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane al fine di estrarne cellule staminali embrionali. In proposito il Documento afferma al n. 33: "Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell'essere umano a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l'identità specifica dell'uomo".

    6. Infine il Documento nei due numeri 34-35 esamina criticamente il caso di cooperazione al male che si realizza quando si utilizza "materiale biologico" proveniente da feti o da embrioni volontariamente abortiti o sottoposti a congelamento dopo procreazione artificiale o, comunque, profittando di fatti illeciti anche quando di tali fatti non si è stati né partecipi né consenzienti.

    Riferendosi al paragrafo rispettivo dell’Istruzione Donum vitae, ove si parla della utilizzazione a fini di ricerca dei cadaveri di feti o embrioni volontariamente abortiti, chiarendo le condizioni già poste da Donum vitae (1,4), si afferma nel nostro Documento che per la liceità di una tale utilizzazione, pur condotta per nobili fini, normalmente non basta la sola indipendenza e separazione delle responsabilità tra chi opera l'illecito e utilizza il cadavere, quando c'è una situazione permessa ingiustamente dalla legge e che si diffonde nella prassi.

    L'obbligo di rimuovere lo scandalo obbliga a non partecipare a simili concomitanti utilizzazioni dei misfatti, ma ad assumere una posizione di dissenso, rifiutando di utilizzare anche se indirettamente i risultati di tali eventi. Questa norma di coerenza può consentire ugualmente, come avviene negli USA, l'utilizzazione di preparati per la vaccinazione dei bambini nelle scuole, anche se soltanto remotamente provengono dalle utilizzazioni di feti abortiti, ma comunque in questa situazione si richiede una mobilitazione perché questo tipo di vaccino venga sostituito con altri preparati ormai possibili.

    Come si vede, si tratta di tematiche ricche di novità, di complessità e di responsabilità etica che impegnano i ricercatori, ma anche i cittadini e i formatori della coscienza degli operatori.





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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    07/12/2013 23:17
     
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      "E' necessaria un’opera di sensibilizzazione e di formazione, affinché i fedeli laici, in qualsiasi condizione, e specialmente quelli che si impegnano in campo politico, sappiano pensare secondo il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa e agire coerentemente, dialogando e collaborando con quanti, con sincerità e onestà intellettuale, condividono, se non la fede, almeno una simile visione di uomo e di società e le sue conseguenze etiche". 

    1) Pensare secondo la Dottrina sociale a agire coerentemente.
    2) Dialogo e collaborazione con chi condivide una simile visione e le sue conseguenze etiche. 

    Tirate voi le conseguenze! 
    ps: ovviamente nessuno ha ripreso questo discorso. Nemmeno i cattolici adulti che osannano Francesco.

    Il Papa: riscoprire dignità umana in una società efficientista che scarta deboli, nascituri, poveri, malati



    Occorre riscoprire il vero significato della libertà e della giustizia, in una società efficientista in cui c’è chi vuole calpestare i diritti dei più deboli: i nascituri, i poveri, i vecchi, i malati. È questo, in sintesi, quanto ha affermato Papa Francesco incontrando stamani 7 dicembre, una delegazione dell'Istituto Dignitatis Humanae. Il servizio di Sergio Centofanti:RealAudioMP3 

    “L’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio” è dunque possiede “una dignità originaria … insopprimibile, indisponibile a qualsiasi potere o ideologia”. Il Papa parte da questa “verità fondamentale” per sottolineare che “purtroppo nella nostra epoca, così ricca di tante conquiste e speranze, non mancano poteri e forze che finiscono per produrre una cultura dello scarto; e questa tende a divenire mentalità comune”: 

    “Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili – i nascituri, i più poveri, i vecchi malati, i disabili gravi… –, che rischiano di essere ‘scartati’, espulsi da un ingranaggio che dev’essere efficiente a tutti i costi. Questo falso modello di uomo e di società attua un ateismo pratico negando di fatto la Parola di Dio che dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (cfr Gen 1,26)”.

    Invece – ha proseguito il Papa - se lasciamo che la Parola di Dio “metta in discussione i nostri modi di pensare e di agire, i criteri, le priorità e le scelte, allora le cose possono cambiare”: 

    “La forza di questa Parola pone dei limiti a chiunque voglia rendersi egemone prevaricando i diritti e la dignità altrui. Nel medesimo tempo, dona speranza e consolazione a chi non è in grado di difendersi, a chi non dispone di mezzi intellettuali e pratici per affermare il valore della propria sofferenza, dei propri diritti, della propria vita”.

    Nella Dottrina sociale della Chiesa – ha sottolineato ancora il Papa - “c’è un frutto particolarmente significativo del lungo cammino del Popolo di Dio nella storia moderna e contemporanea: c’è la difesa della libertà religiosa, della vita in tutte le sue fasi, del diritto al lavoro e al lavoro decente, della famiglia, dell’educazione”. “Sono benvenute”, quindi, tutte le iniziative che “intendono aiutare le persone, le comunità e le istituzioni a riscoprire la portata etica e sociale del principio della dignità umana, radice di libertà e di giustizia:

    “A tale scopo è necessaria un’opera di sensibilizzazione e di formazione, affinché i fedeli laici, in qualsiasi condizione, e specialmente quelli che si impegnano in campo politico, sappiano pensare secondo il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa e agire coerentemente, dialogando e collaborando con quanti, con sincerità e onestà intellettuale, condividono, se non la fede, almeno una simile visione di uomo e di società e le sue conseguenze etiche. Non sono pochi i non cristiani e i non credenti convinti che la persona umana debba essere sempre un fine e mai un mezzo”.



    IL DISCORSO DEL SANTO PADRE 

    Signori Cardinali,

    Illustri Signori,

    vi ringrazio per questo incontro, in particolare sono grato al Cardinale Martino per le parole con cui lo ha introdotto.Il vostro Istituto si propone di promuovere la dignità umana sulla base della verità fondamentale che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Dunque una dignità originaria di ogni uomo e donna, insopprimibile, indisponibile a qualsiasi potere o ideologia. Purtroppo nella nostra epoca,così ricca di tante conquiste e speranze, non mancano poteri e forze che finiscono per produrre una cultura dello scarto; e questa tende a divenire mentalità comune. Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili – i nascituri,i più poveri, i vecchi malati, i disabili gravi… –, che rischiano di essere "scartati", espulsi da un ingranaggio che dev’essere efficiente a tutti i costi. Questo falso modello di uomo e di società attua un ateismo pratico negando di fatto la Parola di Dio che dice: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza" (cfrGen 1,26).

    Invece, se ci lasciamo interrogare da questa Parola, se lasciamo che essa interpelli la nostra coscienza personale e sociale, se lasciamo che metta in discussionei nostri modi di pensare e di agire, i criteri, le priorità e le scelte, allora le cose possono cambiare. La forza di questa Parola pone dei limiti a chiunque voglia rendersi egemone prevaricando i diritti e la dignità altrui. Nel medesimo tempo, dona speranza e consolazione a chi non è in grado di difendersi, a chi non dispone di mezzi intellettuali e pratici per affermare il valore della propria sofferenza, dei propri diritti,della propria vita.

    La Dottrina sociale della Chiesa, con la sua visione integrale dell’uomo, come essere personale e sociale, è la vostra "bussola". Lì c’è un frutto particolarmente significativo del lungo cammino del Popolo di Dio nella storia moderna e contemporanea: c’è la difesa della libertà religiosa, della vita in tutte le sue fasi, del diritto al lavoro e al lavoro decente, della famiglia, dell’educazione…

    Sono benvenute quindi tutte quelle iniziative come la vostra, che intendono aiutare le persone, le comunità e le istituzioni a riscoprire la portata etica e sociale del principio della dignità umana, radice di libertà e di giustizia. A tale scopo è necessaria un’opera di sensibilizzazione e di formazione, affinché i fedeli laici, in qualsiasi condizione, e specialmente quelli che si impegnano in campo politico, sappiano pensare secondo il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa e agire coerentemente, dialogando e collaborando con quanti, con sincerità e onestà intellettuale, condividono, se non la fede, almeno una simile visione di uomo e di società e le sue conseguenze etiche. Non sono pochi i non cristiani e i non credenti convinti che la persona umana debba essere sempre un fine e mai un mezzo.

    Nell’augurarvi ogni bene per la vostra attività, invoco per voi e per i vostri cari la benedizione del Signore.



     


     

    Fraternamente CaterinaLD

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    21/01/2016 13:46
     
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     In difesa della vita fin dal suo concepimento, vi chiediamo di guardare questa foto... di studiare i MARSUPIALI..... 


    nella foto è un embrione di canguro quello che esce precocemente a causa della scarsa funzionalità della placenta... e completa il proprio sviluppo sotto la protezione materna dentro una sacca o tasca detta marsupio fornita di capezzoli per allattare i cuccioli....
    i marsupiali PROTEGGONO quell'embrione e per quanto ANIMALI sanno che quella cosina di appena due settimane E' UNA VITA .... noi - HOMO SAPIENS.... li uccidiamo.....
    IN QUESTA FOTO un piccolo di canguro nel marsupio di sua madre...

    IN SOSTANZA QUESTO CUCCIOLO PICCOLO QUANTO UN APE - che diventerà grosso appunto....non è forse una vita in via di sviluppo? se lo prendi e lo uccidi, non si è forse uccisa una VITA?







    Fraternamente CaterinaLD

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