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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Che cosa è la GNOSI? Gnosticismo

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2012 14:33
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Gnosticismo (che vuol dire CONOSCENZA)

- Sotto questo nome è compreso tutto un complesso di sistemi eretici emersi nel II e III secolo, i quali, mediante un sincretismo filosofico-religioso, cercarono di dare una spiegazione razionale dei misteri del cristianesimo. Punto di partenza dello gnosticismo è il problema del male, che viene risolto con l’accettazione d’un dualismo radicale tra Dio e la materia.

Dice l'eresia gnostica:

Dio, che è essere essenzialmente spirituale, capace di evolversi, generò degli esseri spirituali, eterni come lui (eoni). Uno dei primi eoni superiori si incarnò, prese il fantasma di Gesù di Nazaret e insegnò agli uomini, con la sua predicazione, il mezzo di salvarsi. Ma il Vangelo di Gesù di Nazaret se può bastare agli ingenui ai semplici, dicono gli gnostici, non è sufficiente per gli altri, per i quali ci vuole la gnosi più profonda del Vangelo.
Gli uomini perciò vengono divisi in tre gruppi:
gli ilici (materiali) per i quali non c’è salvezza,
gli psichici che possono avere la salvezza con l’aiuto di Cristo
e i pneumatici o gnostici perfetti i quali già hanno la salvezza nella gnosi e quindi non hanno bisogno di altra salvezza.

Quando attraverso la gnosi sarà compiuta la  liberazione del germe divino  nell’uomo e il Demiurgo sarà sottomesso a Dio, allora il mondo materiale sarà distrutto e avverrà la restaurazione universale.

I centri principali dello gnosticismo furono in Siria e ad Alessandria (in ambienti giudeo-cristiani)
; e maestri principali furono Cerinto, Saturnino, Basilide e Valentino.

Secondo sant’Ireneo, Cerinto avrebbe insegnato la distinzione tra il Dio supremo e il Demiurgo
.
Gesù figlio naturale di Maria era un uomo al pari degli altri, cioè una Persona senza alcuna divinità; su lui, dopo il battesimo era discesa una  virtù  proveniente dal Dio supremo sotto forma di colomba; prima della sua passione questa virtù che era il Cristo abbandonò Gesù e questi soffrì e morì come tutti gli altri uomini, mentre il Cristo restò impassibile ed esiste  spiritualmente.

Secondo Caio invece, Cerinto esibiva un libro di rivelazioni che diceva aver avuto dagli angeli e secondo cui dopo la resurrezione la carne dovrà godere ogni genere di piaceri e di voluttà (piaceri della carne e della tavola) per mille anni.

Saturnino ammise l’esistenza di Dio Padre, creatore delle potenze angeliche; queste a loro volta crearono il mondo  e l’uomo; ma poichè l’uomo creato dagli angeli non poteva tenersi in piedi Dio immise in lui una scintilla di vita, per la quale questi si eresse, articolò le sue membra e cominciò a vivere.
Nacque allora tra gli angeli creatori e il Dio Supremo una lotta che generò anche tra gli uomini i buoni e i cattivi: buoni quelli che credevano nel Dio supremo, cattivi quelli che serbavano fede e adoravano gli angeli creatori e in particolare Jahvè che era uno dei capi degli angeli.

Per abbattere la potenza angelica e per strappare al dominio dell’angelo Jahvè tutta l’umanità, Dio mandò il Salvatore, Cristo, primo degli eoni, generato da Dio, increato come spirito, per strappare gli uomini alla schiavitù di Jahvè e apparve sotto le sembianze di Simone di Cirene, il quale fu lui in realtà a portare la croce e ad essere crocifisso perchè il Cristo increato non poteva morire.

Lo gnosticismo fu combattuto da sant’Ireneo, sant’Ippolito romano, da Tertulliano e da Origene. Da allora la Chiesa lo ha sempre condannato e ritenuto responsabile di alcune deviazioni dottrinali circa la Trinità che ancora oggi si ripresentano sotto forma di una nuova gnosi.

E così... la gnosi, lo gnosticismo si sviluppò dopo l'evento della risurrezione e dopo la prima predicazione degli Apostoli, così come anche il termine eretico, subentrò quando le eresie fra il II e III secolo erano moltiplicate.

L'eresia per esempio non nasce da un non credere, ma dal credere ad una cosa che è errata, fu sempre san Girolamo a farla emergere dandole un significato universale rivolto a chi si metteva contro la Chiesa, quando spiega:
"Eresia in greco significa elezione, o scelta, per il fatto che ognuno sceglie con essa l'opinione personale che considera migliore ma che non è sostenuta dall'universalità della Chiesa".
Forse con queste parole di san Girolamo capiamo quando san Pietro dice che nessuna scrittura è soggetta a privata interpretazione.

Sant'Agostino afferma che "eretico è colui che produce, o segue opinioni nuove e false, spinto da un vantaggio temporale quando è consapevole, e specialmente dal desiderio della propria gloria e del proprio dominio spesso inconsapevole".

Dunque l'eresia, così come la gnosi, non è una specie dell'incredulità, ma è frutto della superbia e della presunzione, o dell'ignoranza, del non sapere. Quindi l'eresia si oppone alla verità, su cui invece poggia la fede. Perciò essa rientra nell'incredulità e si finisce per non credere più all'insegnamento della Chiesa, da qui i Padri formularono il termine eretico.
Ma ritorniamo alla gnosi che oltre nomi già sopra citati vede in primo fra tutti Marcione, prete romano con il quale Lutero avrà delle affinità.[SM=g1740733]

Per Marcione la Bibbia non serve esclusivamente come fonte liturgica come usava fare la Chiesa già in quel primo secolo, e nasce da lui effettivamente l'idea della sola Scriptura.... anche se come poi sappiamo Marcione è anche il primo cristiano che non  crederà al Dio dell'A.T. dividendolo dal Dio del N.T. cascando così in una delle più grave eresie e primissima fra tutte.

Ma parte effettivamente da Marcione l'idea che quanto ci basta sta nelle Scritture, mentre la Chiesa già sosteneva l'efficacia della Tradizione(=NUOVO TESTAMENTO) con la quale si intendeva l'insegnamento di Gesù e poi degli apostoli (Marcione riteneva valide solo alcune lettere di Paolo e due Vangeli il resto lo rigettò) e dei loro vescovi..

Questo è un problema centrale, se vogliamo capire il problema alla base del conflitto secolare tra la teologia cattolica (Orientale ed Occidentale) e le teologie di impronta gnostica.

Scriveva Tertulliano rispondendo a Marcione:

< Questa diversa fede era la tradizione, e la tradizione era la verità, in quanto tramandata da chi aveva l'autorità per farlo. Rinnegando la tradizione hai dunque rinnegato la verità senza averne alcun diritto. Questo genere di obiezione lo abbiamo già usato, più diffusamente, in altra occasione, contro ogni tipo di eresia (Tertulliano, De carne Christi, II, 5)
Le altre comunità gnostiche, partendo dallo stesso presupposto secondo cui la Sacra Scrittura è parte della Rivelazione e non della Tradizione, hanno ritenuto di dover accettare come Testi Sacri anche quei Vangeli, spesso più antichi dei Vangeli Canonici, che però la teologia “ortodossa” non considerava ispirati da Dio perchè non erano entrati nell'uso liturgico della maggioranza delle comunità che costituivano la  Chiesa Cattolica ed Apostolica, come professiamo nel Credo!

Da qui i più grandi conservatori o divulgatori di un certo gnosticismo furono i Manichei
nella cui setta finì anche Agostino prima della sua grande conversione.

Una grande importanza alla Sacra Scrittura è stata attribuita anche dai Manichei, che non solo si sono preoccupati di recuperare tutti i Testi Sacri delle comunità gnostiche più antiche, ma di inserire nel loro canone anche tutti gli scritti, che contenevano la Rivelazione del loro grande Maestro.

Sant'Agostino nei suoi testi dalle Confessioni alle grandi Omelie e dispute, inserisce spesso esempi da lui personalmente vissuti parlando del grave danno gnostico che influirebbe ogni persona che non si accostasse principalmente con la fede, umiltà ed obbedienza, all'insegnamento della Chiesa.


Lutero ha risentito in maniera marcata dell’impronta manichea del pensiero agostiniano, che si rivela in maniera estremamente chiara nel radicale dualismo che pervade tutto il pensiero di Martin Lutero, e di reminiscenze della teologia gnostica di Marcione, ma non è riuscito a sviluppare fino alle estreme conseguenze questi spunti.
La sua teologia in ultima analisi porta alle estreme conseguenze il dramma tipico dell’agostinismo, che ha rigettato l’antropologia gnostico-manichea, ma Lutero tuttavia non riuscì  a liberarsi completamente di quel dualismo che ha da sempre caratterizzato la gnosi.


Spesso sono proprio i nemici della Chiesa che ci confermano le cose come stanno quando oggi alcune comunità che si definiscono cristiane, ma non appartengono ne ai Protestanti, nè a noi e forse nemmeno a Cristo visto che per loro non è Dio, insegnano che fin anche san Paolo era uno gnostico ma che "disprezzò la conoscenza che aveva avuto fondando CON GLI ALTRI APOSTOLI LA STRUTTURA GERARCHICA DELLA CHIESA", a dirlo non sono io, ma i MANICHEI
(Codex Manichaicus Coloniensis) i quali sostengonevano e sostengono oggi coloro che l'hanno ripreso che esista anche una "apocalisse paolina" questo libro sarebbe stato RITROVATO negli scavi ad Nag Hammadi e che secondo i manichei era già in parte rivelata da questa frase di Paolo: “Verrò di nuovo alle visioni e rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo (...) che fu portato in paradiso e udì parole segrete che non è lecito agli uomini proferire” (2Cor. 12 – 2,4)


Perciò a ragione diciamo che comprendere correttamente Maria significa comprendere meglio Gesù, sempre lo Spirito Santo è l'artefice di tutto che opera, istruisce, illumina e guida.

Le prime tracce culturali intorno alla Vergine Madre rientrano in questo clima escatologico. Ci sono qua e là correnti di pensiero che mettono in discussione la realtà della salvezza; pagani e colti giudei bollano come mitico il presunto concepimento verginale; ai margine delle comunità cristiane maturano correnti di pensiero derivanti dalla gnosi, che riducono l’identità di Cristo ad un semplice profeta (Ebioniti) o ad una parvenza (gnostici).

In tal modo si cerca di vanificare la realtà dell’incarnazione e della stessa salvezza. Le reazioni dei Padri furono tempestive, intelligenti e precise, furono veramente illuminati. Essi si resero conto di quale pericolo la fede cristiana stava per attraversare e chiamano in causa Maria come vera madre vergine, quale garanzia e segno della vera identità di Cristo e della realtà della sua incarnazione con tutto ciò che comportava. Non a caso un Concilio studierà l'importanza proclamando appunto la THEOTOKOS(=Colei che partorisce Dio)...
[SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739]

Leggiamo ora un altro passo molto interessante....[SM=g1740733]

Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
Direttore : Dott. Ada Cortese

Articolo di: Maria Campolo


LO GNOSTICISMO


Lo gnosticismo si diffuse dal I al V sec. d.C. nel bacino del Mediterraneo fino al Medio Oriente
.


Le sue linee fondamentali sono rintracciabili sia nelle opere degli oppositori cristiani, sia in testi ritrovati nel secolo scorso e in importanti manoscritti scoperti a Nag Hammadi (Egitto) nel 1945.


Gnosticismo deriva dal greco "gnosis", conoscenza, e identifica sia il cammino che il fine che lo gnostico si prefigge di raggiungere. La gnosis è un atteggiamento esistenziale che coinvolge totalmente la vita dell’individuo. Questi, attraverso un processo intuitivo, giunge alla conoscenza di sè, dell’origine dell’uomo e del mondo: questa conoscenza gli consente la salvezza personale dal mondo della materia, che è il male da cui redimersi.

Uno dei miti cosmogonici narra che all’origine vi era un eone perfetto ed eterno, il Pro-padre. Da questo eone senza principio ed ingenerato, vengono emanati altri eoni che si generano gli uni dagli altri e si estendono per l’infinito. Questa potenza generatrice è la seconda immagine del Pro-padre e viene denominata in vari modi: Anthropos primordiale, Saggezza, ecc.
Da questa potenza androgina si emanano serie di coppie che Eugnosto, associa all’aspetto maschile (Anthropos) e femminile (Sophia). Sarà quest'ultima a dare origine al "basso" mondo materiale.

Secondo la variante del mito, ripresa dal "Libro segreto di Giovanni", Sophia, travolta da sfrenata vanità e volendo imitare l’Entità suprema, vuole operare da sola, senza attendere il suo corrispettivo maschile e, accecata d'improvviso amore per la materia, vi sprofonda. Esiliata dalla sua vera patria celeste, non le resta che rimpiangerla per sempre. Nasce da qui una potenza deforme, ignorante del mondo superiore perchè mancante della pura luce, nascosta sotto un velo, che rappresenta il lembo più estremo del mondo materiale.

Tuttavia le potenze supreme si commuovono al pentimento di Sophia e la traggono dall’abisso per collocarla ai margini del mondo della Luce.
L’uomo ha dunque una particella di luce in sè (l’anima) che, ingiustamente imprigionata dalla materia, cerca di redimersi. La storia collettiva di questo mondo umano sarà giunta a termine quando le particelle di luce immesse nel cosmo verranno nuovamente recuperate.

La salvezza individuale è raggiunta da quelle anime che sfuggono alla potenza deforme del Demiurgo: questi contrasta l’uomo nel suo cammino di redenzione che avviene grazie all’aiuto della Saggezza suprema che ha introdotto nell’umanità prigioniera la "goccia" misteriosa, la gnosi.

L’atto finale della salvezza dell’umanità sarà, secondo alcune varianti del mito, la discesa, fino nel profondo degli inferi, di una potenza della Luce (chiamata Madre) che pone termine all’eone imperfetto prigioniero del corpo e fa sì che la morte non abbia più potere su di lui. La figura della Madre sarebbe stata sostituita con quella del Cristo Salvatore, il "nuovo astro".

(da questa notizia comprenderemo bene....amici...perchè i Padri della Chiesa si attivarono immediatamente per negare queste forme devianti e concentrarsi sul concetto della VERA MADRE  che non sostituisce il Cristo, ma dalla quale Vergine Cristo è nato prodigiosamente come si spiega la motivazione  nel messaggio precedente [SM=g1740730] )

Gli gnostici non aderirono completamente ai Vangeli canonici, dai quali divergono in modo radicale su alcuni punti salienti. La Resurrezione del Cristo non è da intendersi, a loro avviso, in modo letterale, ma in modo simbolico, ossia come l’incontro sul piano spirituale del Salvatore con i suoi discepoli. La resurrezione della carne sarebbe, a loro avviso, non solo una ingenuità ma una vera e propria eresia.

Ma non era solo questo a far sì che gli gnostici fossero apertamente combattuti dal cristianesimo.

Nel III e IV secolo la Chiesa istituzionale stava facendo opera di epurazione dei testi non riconosciuti come ortodossi, affermando uno dei dogmi su cui si regge l’intera istituzione: la strada che conduce l’uomo a Dio è molto difficile e solo la Chiesa è in grado di tracciarla interpretando in modo esatto la parola del Dio Creatore
.

Alcuni cristiani gnostici erano di tutt’altro avviso; alcuni erano arrivati a ritenere che si potesse affermare che l’umanità stessa aveva creato Dio, da cui ne derivava che le potenzialità interiori di ogni uomo, erano in grado di giungere alla verità. Lo gnostico Valentino intendeva per Anthropos (il primo Padre del Tutto) la sostanza spirituale dell’essere umano, ecco perchè secondo lui il Salvatore si definì "Figlio di Uomo" e lo stesso linguaggio religioso sarebbe la creazione umana del mondo divino.

Per lo gnostico la ricerca religiosa era tutt'uno con l'esplorazione della psiche, per questo egli non poteva che rifiutare qualsiasi istituzione religiosa che, con i suoi dogmi, ostacolava la ricerca stessa. Altro punto di controversia con il cattolicesimo era il peccato quale fonte di dolore: per lo gnostico la sofferenza è l’ignoranza in cui l’uomo vive e che lo pone in uno stato di oblio, di inconscienza che porta anche una forma di auto-distruzione. Il "lume della mente" sarà ciò che porta alla salvezza perchè ognuno riceverà "il proprio nome" intendendo con ciò la vera identità.

Il Regno di Dio per gli gnostici non è da intendere in termini letterali come se fosse un luogo specifico "...ma il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del Padre vivente", chi raggiunge la gnosi "non è più un cristiano, ma un Cristo."

(ATTENZIONE ALL'INGANNO: non "un ALTRO Cristo" come insegna Paolo, ma un Cristo VERO E PROPRIO come quel Gesù che nacque normalmente per loro e che Cristo lo diventò DOPO  nel fiume Giordano)


 Pur non essendo rintracciabile una precisa disciplina per poter giungere a sè e quindi alla Verità, ciò che sembra essere fondamentale per lo gnostico è allontanarsi dalla vita "materiale", dai desideri fisici, percorrendo pratiche ascetiche, è comunque un percorso privato in cui l’illuminato si rallegra di essersi liberato dalle costrizioni esterne inerenti alla materia.

Questa contrapposizione radicale nei confronti del mondo racchiude una interpretazione che differisce da quella ortodossa che vede nel Cristo la guida "verso la pienezza di Dio" discesa nell’esperienza umana attraverso il corpo che diventa perciò sacro. L’umanità è, secondo gli gnostici, divisa in tre categorie: i "somatici" o "ilici" che sono dominati dalla materia; gli psichici che racchiudono un’anima vagamente ricettiva per una eventuale attrazione dall’alto e infine gli "spirituali" o "pneumatici" (gli gnostici); da questa concezione ne deriva che la salvezza dell'uomo è una questione strettamente privata in cui il rapporto tra gli uomini perde rilevanza ed è solo riservata ad una élite predestinata.

Tuttavia se i limiti possono essere rintracciati in questi atteggiamenti manichei e individualisti, la gnosi presenta spunti di riflessione proprio a partire dall’accento che essa pone sulla ricerca spirituale dell'individuo e sull'impossibilità di delega ad autorità esterne di tale compito; principio che è alla base della moderna psicoanalisi evolutiva.


Bibliografia: E.Pagels "I Vangeli gnostici" ed. Mondadori; H.C.Puech "Sulle tracce della Gnosi" ed. Adelphi; "Storia delle religioni" ed. Laterza


 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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L'AGNOSTICO, IL CONTRARIO DELLO GNOSTICO

Dice il card. Ruini:
"Il progresso della scienza e l'incapacita' della fede di illuminare la cultura di oggi hanno prodotto una ''strana penombra'', e questa fa si' che ''l'atteggiamento piu' diffuso tra i non credenti oggi non sia propriamente l'ateismo, avvertito come qualcosa che supera i limiti della nostra ragione non meno della fede in Dio, ma l'agnosticismo, che sospende il giudizio riguardo a Dio in quanto razionalmente non conoscibile'', ha ancora detto Ruini. Il cardinale ricorda in proposito il ''giudizio'' di Papa Ratzinger, per il quale ''l'agnosticismo non e' concretamente vivibile,……"


Risponde un forumista:


Non sono d'accordo quando dice, facendo  sue le parole del Pontefice, che "l'agnosticismo" non è concretamente vivibile. Gli uomini possono vivere, e lo fanno da sempre, con una certezza come compagna di strada, o con il dubbio. Il credente e l'ateo vivono una loro convinzione che definiscono "verità".


LA MIA RISPOSTA.....

Caro ***** più che dire "non sono d'accordo"  attraverso il qual termine rischierei di imporre UNA MIA VISIONE del problema....suggerisco di andare all'origine del termine per capire perchè la Chiesa considera l'agnosticismo inconcretamente vivibile........ agnostico non è altro colui che .....assume una posizione concettuale in cui EGLI sospende il giudizio rispetto ad un problema poiché non se ne ha (o non se ne può avere) sufficiente conoscenza..[SM=g1740733]

 
Ora...essendo il cristianesimo la fede DELLA RAGIONEVOLEZZA E DELLA RICERCA DI DIO ATTRAVERSO IL LOGOS-PAROLA.....va da se che l'agnostico, per la stessa concezione del LOGOS .....non è concretamente vivibile.....[SM=g1740733]
Indubbiamente che poi gli uomini possono anche vivere così e pure SENZA DIO......già la Bibbia dice: TI SARA' DATO CIO' CHE AVRAI SCELTO.....ergo uno è libero di vivere come vuole ma attenzione, dice IL LOGOS.....o con Dio o contro Dio.....non esiste la via di mezzo che in realtà viene proposta dall'agnostico.... in tal senso la Chiesa avverte che l'agnosticismo è INCOERENTE con la vita stessa che pone all'uomo le antiche domande della sua ricerca:

- chi sono?
- perchè sono nato?
- dove sono diretto?
- che senso ha vivere?
ecc.....

attraverso il LOGOS ci avviamo sulla strada che conduce a delle risposte che poi potranno essere accolte o rifiutate (libero erbitrio possibilmente con l'uso della RAGIONE non nell'anarchia)........da qui anche il monito, il comando del Cristo(=LOGOS=PAROLA=VERBO= RAGIONE): andate e ammaestrate tutte le genti........
Perchè se è vero che il Cristianesimo inizia da un ATTO DI FEDE  verso la Persona Gesù Cristo, il passo successivo E' L'INCONTRO, delle volte avviene il contrario, incontro questa PERSONA, magari senza averla mai cercata (è Dio infatti che va incontro all'uomo) e scatta in me la fede che fino ad allora avevo rifiutato credendo di non averla, poichè Dio DONA A TUTTI l'opportunità della fede.....
San Pietro, nella sua prima lettera, esorta i cristiani ad essere sempre pronti a dar risposta (apo-logia) a chiunque avesse loro chiesto il logos, ossia la ragione della loro fede (cfr 3,15)....
Il Cristianesimo non è una teoria, tanto meno una filosofia da porre sullo stesso piano di altre.....e di prove ce ne sono a migliaia solo è che non si possono provare tutte scientificamente.....perchè qui si entra dentro non solo la materia, ma la materia vista con il soprannaturale......un esempio è la Passione di Cristo: o Gesù era un pazzo.....o qualcosa di soprannaturale che ci ha insegnato lo ha spinto a fare quel che ha fatto, diversamente si dovrebbe dimostrare come  un solo uomo nella storia del mondo  abbia dato la vita per l'uomo di ogni tempo......asserendo cioè che ha detto di essere......l'agnosticismo capovolge la situazione e si pone IN UN RIFIUTO DI QUESTA COMPRENSIONE.....come a dire: visto che non comprendo, visto che è impossibile, allora ci dev essere un altra visione, un altra storia per giungere alla salvezza.....ergo non è concretamente vivibile perchè questa sola è la storia della Salvezza.....non ne esistono altre. 

[SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733]

Continua il dibattito, al testo sopra mi si risponde:

Cara Caterina, ancora una volta non sono d'accordo con quanto sostieni. Una cosa è dire ciò che sostiene la Chiesa , altra cosa è porre quelle posizioni su un piano che da per scontato che siano riconosciute valide per tutti e, soprattutto, da tutte le prospettive e questo ne è un esempio.
Un agnostico sincero non può essere pro o contro perché, proprio per la sua condizione, non può riconoscersi in nessuna delle due ipotesi contrapposte riferibili alla fede e all'ateismo. Poi che sulla bibbia o altrove si affermino altre cose è del tutto irrilevante perché, ciò che è sostenuto al riguardo, fa parte di una visione rispettabile fin che vuoi, ma senz'altro di parte e che quindi, agli occhi di una posizione "terza", ha lo stesso valore di altre opinioni.
 Questa cosa, in un certo senso, potrebbe richiamare nella risposta quanto ho scritto prima e quindi ti domando: Ritieni forse che ponendosi quelle domande, soprattutto le prime due, l'uomo, nel corso della sua storia, è stato in grado di trovare una sola risposta accettabile per tutti in quanto sostenuta da prove inconfutabili e non riconoscibili nell' appartenenza più o meno sincera ad una fede? Mi potrai dire che tu le hai trovate nella fede quelle risposte, ma questo non dimostra nulla sulla loro validità. Non sono nemmeno d'accordo quando letteralmente dici: " l'agnosticismo capovolge la situazione e si pone IN UN RIFIUTO DI QUESTA COMPRENSIONE..........ergo non è concretamente vivibile."
Dovresti essere tu ad insegnarmi che la fede non è oggetto di scelte, non  sottoposta alla volontà umana, ma è solo una condizione, diversa da altre, che dovrebbe fondarsi sulla sincerità con cui si sente e si vive quella condizione stessa. Quindi nessun rifiuto, perché rifiutare vuol dire scegliere, ma impossibilità di riconoscere onestamente un qualcosa e, se si vive con quell'onestà, non ci sono alternative all'ipocrisia.


LA MIA RISPOSTA

....caro ****.......c'è un punto che non puoi scardinare: la Verità NON è una opinione, e non esistono duemila verità........esistono le opinioni, ma UNA SOLA VERITA' che puoi rifiutare o accettare, sta a te, ma non per questo la verità diventa NON verità se tu la rifiuti...
L'agnostico chi è?
non è altro colui che .....assume una posizione concettuale in cui EGLI sospende il giudizio rispetto ad un problema poiché non se ne ha (o non se ne può avere) sufficiente conoscenza....
ergo non puoi pretendere che Dio NON esista o che il Cristo=LOGOS non ti ha detto la verità solo perchè l'agnostico SOSPENDE IL SUO GIUDIZIO....[SM=g1740727]
tu dici:
ancora una volta non sono d'accordo con quanto sostieni.
che non siamo d'accordo è comprensibile: tu mi porti infatti la TUA opinione io NO![SM=g1740733] ...io NON ti ho dato una mia opinione personale, tanto meno ho sostenuto una mia idea come stai facendo tu.....infatti ho aggiunto:
più che dire "non sono d'accordo"  attraverso il qual termine rischierei di imporre UNA MIA VISIONE del problema.......suggerisco di andare all'origine del termine per capire perchè la Chiesa considera l'agnosticismo inconcretamente vivibile........ agnostico non è altro colui che .....assume una posizione concettuale in cui EGLI sospende il giudizio rispetto ad un problema poiché non se ne ha (o non se ne può avere) sufficiente conoscenza....su questo non possiamo non essere d'accordo senza dare origine ad una verità sconosciuta che si verrebbe a sovrapporre nel discorso...[SM=g1740727]
Andare all'origine dei termini non diventa più UNA OPINIONE o il sostenere una idea piuttosto che un altra, ma è SCOPRIRE CHE A MONTE C'è BEN ALTRO CHE DELLE NOSTRE IDEE..C'E' DIO!
Ora nel momento in cui uno rifiuta questo Dio....non muta la situazione di Dio MA E' COLUI CHE RIFIUTA DIO A RINUNCIARE A QUALCOSA....[SM=g1740733] ....libero di farlo dunque, di RINUNCIARE.....ma non per questo la Verità si modifica o L'IDEA DELL'AGNOSTICO DIVENTA VERITA'.....
Poi dici:
Dovresti essere tu ad insegnarmi che la fede non è oggetto di scelte, non  sottoposta alla volontà umana, ma è solo una condizione, diversa da altre, che dovrebbe fondarsi sulla sincerità con cui si sente e si vive quella condizione stessa. Quindi nessun rifiuto, perché rifiutare vuol dire scegliere, ma impossibilità di riconoscere onestamente un qualcosa e, se si vive con quell'onestà, non ci sono alternative all'ipocrisia.
**********
"Io" (io per modo di dire ) posso insegnarti tutto quel che posso, ma se tu RIFIUTI CHE ALLA BASE ESISTE LA ( e non "una") VERITA'(=Gesù Cristo con la Rivelazione di Dio) AL DI LA' DI TUTTO CIO' CHE IO POTREI INSEGNARTI, tu continuerai a NON trovare la Verità poichè alla fine degli insegnamenti c'è poi un ATTO DI VOLONTA' PERSONALE (libero arbitrio....) che si applica nell'accettare o nel rifiutare o peggio, nel restarne indifferente......non esistono altre opzioni....

"io" infatti TI TRAMANDO CIO' CHE HO RIEVUTO, il valore di questo non sta nelle mie opinioni nel mentre ti parlo, MA IN CIO' CHE TI TRASMETTO poichè NON è una filosofia MA E' UNA PERSONA...comprendi?[SM=g1740720]
Quello che stai facendo tu nella risposta invece è un GIUSTIFICARE la non comprensione (non voglio parlare di rifiuto) alle risposte che ti ho dato NON provenienti dalle mie opinioni personali, ma dall'etimologia delle parole e dall'atto pratico di che cosa vuole o NON VUOLE un agnostico che poi non è altro che il contrario di gnosi....DERIVE NATE PROPRIE NEL CONTESTO DEL CRISTIANESIMO...ergo è nel Cristianesimo che puoi trovare queste risposte....
L'agnostico RIFIUTA A PRIORI ALTRE STRADE[SM=g1740733]
è in questo senso che si sta parlando di rifiuto.....poichè come ti dissi:
se è vero che il Cristianesimo inizia da un ATTO DI FEDE  verso la Persona Gesù Cristo, il passo successivo E' L'INCONTRO con questa Persona, o potrebbe accaderti il contrario se con tutta UMILTA' cerchi davvero Dio.....
San Pietro, nella sua prima lettera, esorta i cristiani ad essere sempre pronti a dar risposta (apo-logia) a chiunque avesse loro chiesto il logos, ossia la ragione della loro fede (cfr 3,15)....
Il Cristianesimo non è una teoria.....E' LA RAGIONE DI UN INCONTRO VERO CON UN DIO-INCARNATO=PERSONA, VERO
L'agnostico RIFIUTA LA RAGIONE DELLA FEDE dalla quale parte l'approccio della ricerca della Verità.....
Diverso è quando parliamo di chi in BUONA FEDE non crede, ma se fosse in buona fede allora non si definirebbe neppure agnostico che vorrebbe significare già UNA SCELTA: SONO AGNOSTICO PERCHE'....ecc....oppure SONO CRISTIANO PERCHE'...ecc....
[SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739]

Il confronto continuò.....
la risposta fu:

Cara Caterina, siamo da capo. Tu affermi una tua convinzione che , in quanto non provata, resta tale con tutto il rispetto che merita.
Cara Caterina, siamo da capo. Tu affermi una tua convinzione che , in quanto non provata, resta tale con tutto il rispetto che merita. Ogni testo sacro, di qualsiasi religione, monoteista o no, afferma l'unicità, l'autenticità e la sacralità del proprio Dio o altro, e ciò si riconosce in tutti i periodi storici e a tutte le latitudini e in quei testi stessi, o nelle forme anche solo verbali che si usavano per tramandare, in tempi diversi, si sono riconosciuti, con la tua stessa certezza, miliardi di uomini prima di te. Pensa ai 2500 anni di storia egizia, alla cultura Kmer o alle forme pre-colombiane nell' america centrale, del sud o delle praterie del nord. Tutte persone che hanno creduto quanto te, che, sempre come te, hanno trovato conforto o motivazioni diverse nella loro fede così diversa dalla tua e che, al tempo stesso, hanno anche saputo, se richiesto, sacrificare la loro vita stessa per quel credo. Forse la mia è una visione "relativista" della cosa ma la storia insegna questo. L'gnostico, anche partendo da queste considerazioni, ribadisco che non rifiuta ma, in quanto non vive la condizione della fede, è consapevole che la "verità", quella indiscutibile e provata, gli è preclusa da sempre e per sempre.
A differenza di altre convinzioni sa di non sapere, tutto qui




Alchè risposi:


Caro ****.....ti sto invitado dall'inizio a scoprire l'etimologia dei termini.....se tu lo facessi ti accorgeresti che ciò che ti sto dando non è una mia opinione....
opinare vuol dire: esporre il proprio modo di vedere, intorno a cose dubbie, spinti da alcuna apparente ragione.....
ebbe!!![SM=g1740733]
La mia opinione per esempio potrebbe dissociarsi su alcune questioni che io posso anche non dirti, anzi che non ti dico..... per restare, più onestamente AL DI SOPRA DELLE PARTI, per esporti I FATTI......ergo non ti sto dando affatto una mia opinione.....come faccio per fartelo capire?
Io ti sto esponendo dei fatti, tu invece mi rispondi con le tue opinioni.......
L'agnostico è colui che non si prende la briga di pensare se Dio esista o meno, perchè tanto NOI come esseri umani siamo LIMITATI ergo non avremo mezzi sufficienti per stabilire se Dio esiste o meno..........
Questa  non è una mia opinione, ma è UN DATO DI FATTO....
ergo.......se io ti dico che noi abbiamo invece i mezzi per stabilire se Dio esiste o meno, perchè la definisci una mia opinione  E NON UN DATO DI FATTO COME REALMENTE E'?
Sei tu che stai scegliendo DI NON CREDERE....portandomi come prova che cosa? l'esistenzadi altri libri "sacri" sui quali però non ti soffermi a dirmi che neppure di questi hai le prove[SM=g1740727]
O peggio, cosa fai? Finisci per non credere dicendo a me che non ti porto le prove, però usi come prova del tuo non credere l'esistenza di altre religioni, non è contorto come sistema?[SM=g1740733] ...libero di usare questo sistema, ma non puoi banalizzare le mie risposte semplicemente definendoli OPINIONI...o dicendo che non sono prove...questi fatti ti portano invece all'uso della RAGIONE...a cercare, a capire e dove non si comprende, ATTENDERE non arrendersi, MATURANDO la ragione stessa...[SM=g1740722]
Il Testo Sacro, concordo con te, può ( e per noi lo è) essere RELATIVO, INSIGNIFICANTE SE AL DI FUORI DI ESSO NON VI FOSSE UNA PROVA DI QUEL CHE E' SCRITTO...noi infatti non siamo la religione del Libro....e tanto meno siamo per il Sola Scriptura....non siamo coranici..... la Bibbia è un testo Sacro, d'accordo, ma senza LA PERSONA CRISTO, NON CI SERVIREBBE A NULLA....resterebbe un affascinante Testo STORICO al cui interno l'incessante ricerca di Dio attenderebbe ancora conferme come avviene per le altre religioni da te citate...

Ergo non stavamo parlando di Bibbia MA DI PERSONA....senza la quale la Bibbia resterebbe lettera morta....e tu, perdonami, non hai dato una sola risposta alle mie osservazioni, anzi, non le hai affatto ribattute, ma le hai ribaltate spacciandole per OPINIONI SENZA DIMOSTRARMI NULLA .........
Ora ripartiamo da qui:
L'agnostico è colui che non si prende la briga di pensare se Dio esista o meno, perchè tanto NOI come esseri umani siamo LIMITATI ergo non avremo mezzi sufficienti per stabilire se Dio esiste o meno..........
alcune domande per semplificare:
1) se un agnostico si definisce tale, non ha forse FATTO UNA SCELTA? si, o no!
2) se all'agnostico non interessa cercare Dio, sei sicuro che dunque Dio non esista perchè a lui non interessa? si o no?
3) se l'agnostico rinuncia alla ricerca di Dio perchè per lui siamo limitati, chi stabilisce che non vi sia un altra via per trovare Dio?
ecco mi fermo a queste tre domande per le quali non vorrei leggermi la solita impostazione che si tratta di MIE OPINIONI.....ma proviamo ad usare la ragione...

[SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733]

Il dibattito prosegue con questa ultima:

Bene! Mettiamola così visto che secondo te non ho dato risposte, ma forse non le hai colte. Alla base di tutto c'è la parte sottolineata della tua frase. Ora, visto che tu e nessuno può provare che ciò che hai affermato è vero, se mi permetti definisco il senso di quella frase stessa come un'opinione, rispettabile fin che vuoi, ma solo un'opinione o, se preferisci, una convinzione. L'ateo è sullo stesso piano, ma su un fronte opposto, e anche lui si dichiara senza la possibilità di portare uno straccio di prova. Di una cosa sono convinto, a differenza tua, sia il credente che l'ateo non hanno scelto, ma sentono fermamente il loro pensiero come vero per ragioni che sfuggono alla volontà. Lo stesso vale per l'agnostico che non vive una scelta ma una condizione. Per essere più chiaro ti faccio un esempio. Se la natura mi ha fatto biondo e affermo di conseguenza di essere biondo, questo non vuol significare che ho scelto di essere biondo, ma dico semplicemente che lo sono.
Poi, chiaramente, si può barare con apposite "tinture" che non significherebbero nulla di male, se limitate all'aspetto esteriore, ma riferite a temi come la fede sarebbero solo un'espressione di ipocrisia.
Con questo penso di aver risposto alla prima delle domande che mi poni.
"1) se un agnostico si definisce tale, non ha forse FATTO UNA SCELTA? si, o no!"
2) se all'agnostico non interessa cercare Dio, sei sicuro che dunque Dio non esista perchè a lui non interessa? si o no?
Alla seconda rispondo chiedendo se invece tu sei sicura che Dio esista perchè a te interessa, ma questo dato è irrilevante perchè non prova nulla in tutti i casi.
3) se l'agnostico rinuncia alla ricerca di Dio perchè per lui siamo limitati, chi stabilisce che non vi sia un altra via per trovare Dio?
Nessuno stabilisce nulla ma se quella via esiste, e per limiti nostri non possiamo trovarla per provare qualcosa in modo indiscutibile, che senso ha cercarla? Cara Caterina, per concludere, la mia ragione mi fa ribadire che sono tue opinioni, che continuerò a rispettare, ma che valgono quanto le mie.
Un'ultima cosa su questo passo: " non hai dato una sola risposta alle mie osservazioni, anzi, non le hai affatto ribattute, ma le hai ribaltate spacciandole per OPINIONI SENZA DIMOSTRARMI NULLA"
Io non devo dimostrare nulla a nessuno in quanto non pretendo di possedere alcuna verità assoluta ma, nel caso, aspetto che qualcuno mi dimostri concretamente di possederla e poi, come ho scritto sul primo post : "L'agnostico, per motivi diversi, tra cui spicca spesso la consapevolezza dei limiti umani, segue, per modo di dire, una sua "divinità" che è discreta e, come ebbe a dire il professor Barbieri, bussa con gentilezza alla sua porta pronta a cambiare idea, non per convenienza, ma se qualcuno saprà dimostrare un qualcosa.

[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717]

La mia risposta:

Se non avessi colto le tue risposte non avrei dato alcuna risposta al dialogo in corso...[SM=g1740733]
Tu vuoi le prove, ma non fai alcuno sforzo per accogliere quelle del LOGOS che ti porterebbero ad intraprendere la via della comprensione...
Che provi vuoi? Che prove ti aspetti?
Che prove ci sono che un matrimonio riesca? eppure ci si sposa CONFIDANDO che ciò potrà riuscire...
Che prove hai che un bambino nasca e nasca sano?
Che pove hai che mettendo al mondo un figlio esso ti succederà alla tua morte e non avvenga il dramma di una morte prematura?
La stessa scienza che prove ti porta?
La forza di gravità come la provi? dal fatto che stai con i piedi per terra e che se vai oltre una certa altezza dove essa manca, cominci a fluttuare...e la provi dai conti matematici e dalle IPOTESI degli scienziati...
Tutte le prove degli scienziati cominciano con le IPOTESI.... il fatto che dopo essi trovano le risoste non riguarda TUTTO ciò che cercano, tuttavia NON SMETTONO DI CERCARE.... se smettessero di cercare non potrebbero più provare nulla...
[SM=g1740733] [SM=g1740727]
e potremo continuare....

Io non posso darti quale prova che il:
-chi sono;
-perchè sono nato;
-perchè vivo;
-dove sono diretto...

Se vivrò con questa PERSONA(=GESU' CRISTO), lo vedrai...
Se rinasco in questa Persona, lo vedrai....
Se vivo DI quesa Persona,lo vedrai...comprendi?[SM=g1740717] [SM=g1740720]
queste sono le prove che abbiamo... tu puoi anche definirle "mie opinioni"  ma che tuttavia non riesci a controbattere se non aggiungendo ulteriori TUE opnioni, ma senza portarmi prove che ciò che ti porto io non sarebbero prove...[SM=g1740727]

Certamente che, segundo il tuo ragionamento, Dio esiste, esiste perchè "a me interessa" come egli non esiste perchè a te NON interessa...ma sempre di scelta si tratta NON di una prova che Egli NON esiste...[SM=g1740733]

e mi chiedi:

Nessuno stabilisce nulla ma se quella via esiste, e per limiti nostri non possiamo trovarla per provare qualcosa in modo indiscutibile, che senso ha cercarla?

perdonami ma il "nulla" di per sè non esiste... ergo ragionando sul fatto che dici: " Nessuno stabilisce nulla" mi sta anche bene perchè come vedi tu stesso questo ti ha fatto porre un "ma" e a seguire una domanda: che senso ha cercarla?[SM=g1740722]
Come faccio a risponderti se poi tu stesso mi dici: "IO NON DEVO DIMOSTRARTI NULLA?"
Se non mi devi dimostrare nulla, perchè poni la domanda? o peggio, su quale basi neghi Dio?
Allora potrei chiederti: che senso ha rifiutarla? che senso ha NON cercarla?
Io il senso del cercarla te l'ho portato, sei tu che rifiuti...

Alla luce della stessa ragione non sono io, invece, a doverti dimostrare qualcosa dal momento che sei tu a rifiutare LA RADICE DELLA RAGIONE STESSA CHE E' DIO il quale appunto ci fa porre tante domande....ergo dovresti essere tu, come ha tentato di fare Nice, a dimostrarmi che Dio non esiste.....Nice fece di più, tentò di provare che Dio era morto...[SM=g1740732] tu elimini anche questo ragionare e ti arrendi semplicemente al fatto che Dio semplicemente non esiste e basta....e perchè non esisterebbe? perchè la tua opinione è da rispettare, mentre la Parola di o su Dio sarebbe da rigettare...[SM=g1740727]
Il che non vuol dire mancare di rispetto da parte tua, ma semplicemente definirla una opinione UMANA e di conseguenza RIFIUTABILE...prova a non vederla come opinione ma quale LOGOS...

La differenza tra me e te è che tu continui a portarmi opinioni, io ti offro UNA PERSONA....[SM=g1740720]



[SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733] [SM=g1740733]

Il dibattito è finito qui....


[Modificato da Caterina63 02/02/2009 16:31]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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"Se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per Lui - allora guarda a me, al Dio che per te si è reso sofferente, che personalmente patisce con te: guarda al Crocefisso".

(Benedetto XVI Domenica delle Palme 2007)

   

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Un commento alla frase di don Luigi Giussani

Introduzione


 


di Paolo Mattei

La frase di don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta: «No, Santità. Non l’agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana» ha destato interesse, anche al di là dell’ambito dei nostri lettori.

Il quotidiano Avvenire ne ha dato notizia in un piccolo articolo che riassume con precisione le parole e le intenzioni di don Giussani. Lo riportiamo integralmente: «Sull’ultimo numero di 30Giorni c’è una frase di don Luigi Giussani: “Non l’agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana”; così diceva a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta.

Scrive Lorenzo Cappelletti, introducendo la ripubblicazione di un articolo di Massimo Borghesi del 2003 (Il patto con il Serpente): “A distanza di ormai un ventennio ci si può rendere conto di quanto sia stata anticipatrice quella svolta di don Giussani. Svolta che può essere documentata anche nell’intervista, rilasciata nell’aprile del 1992, in cui don Giussani parla della persecuzione nei confronti di quelli “che si muovono nella semplicità della Tradizione”. Alla domanda dell’intervistatore: “Una persecuzione vera?”, don Giussani risponde: “È così. L’ira del mondo oggi non si alza dinanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi a uno che si definisca cattolico, o dinanzi alla figura del Papa dipinto come autorità morale. Anzi, c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena – a mala pena contenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione”»1.

Don Giussani, in quegli anni, non solo ha evidenziato il rapporto tra lo gnosticismo e la persecuzione nei confronti di coloro «che si muovono nella semplicità della Tradizione», ma ha chiarito anche la modalità attraverso cui lo gnosticismo diventa pericolo per la fede cristiana.

In uno stupendo intervento durante gli esercizi spirituali di universitari di Comunione e liberazione, il 12 dicembre 1998, così diceva: «La storia è fatta di alternanze drammatiche: i punti obiettanti sembrano dilatarsi più di quelli del passato. Il loro prevalere è statisticamente l’osservazione più amara e drammatica che un cristiano autentico possa fare proprio sulla situazione della Chiesa. Oggi il fatto che Cristo esista – chi sia, dove sia, quale strada per andare a Lui – non è vissuto che da pochissimi, quasi un resto d’Israele, e anche questi spesso infiltrati o bloccati dall’influsso della mentalità comune»2.

Lo gnosticismo è il pericolo per la fede non, di per sé, in quanto cultura mondana.

Questo non implica che il cristiano non possa giudicare la cultura del mondo, evidenziandone criticamente, potremmo dire laicamente, istanze positive, limiti ed errori (cfr. 1Ts 5, 21). Da questo punto di vista proprio la frase di Giussani: «Non l’agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana» potrebbe suggerire un’ipotesi di lettura della cultura mondana moderna, l’ipotesi cioè che la cultura del mondo moderno non sia caratterizzata, contrariamente alla definizione consueta che se ne dà, dalla laicizzazione radicale del cristianesimo, ma da una ricomprensione della novità cristiana dentro le categorie già note dello gnosticismo. Questa ipotesi ha avuto in Augusto Del Noce il suo sistematico estensore3.

Ma a parte questa intelligente e interessante ipotesi di lettura del moderno, lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana in quanto «spesso s’infiltra e blocca», per usare le parole così chiare di Giussani, il piccolo gregge, «quasi un resto d’Israele», che è la Chiesa.  

Non Hegel, Goethe e Jung, per citare tre grandi maestri dello gnosticismo moderno, le cui immagini illustrano la copertina dell’ultimo numero di 30Giorni, sono di per sé un pericolo, ma chi nella Chiesa, in maniera più o meno occulta («occulto e orrendo veleno» è l’espressione che sant’Agostino usava per l’eresia pelagiana4), «spesso s’infiltra e blocca», e quindi snatura, la semplicità della Tradizione.

Anche la tragedia della strage di Oslo del 22 luglio può indicare come lo snaturamento della fede dell’Antica e della Nuova Alleanza possa tracimare nell’odio più disumano e più diabolico. Infatti, se invece di affidare unicamente a Dio nella preghiera il rivelarsi del Suo mistero (e Apocalisse vuol dire rivelazione), l’uomo lo vuole costruire e anticipare da sé, rinnova la presunzione diabolica di essere come Dio (cfr. Ge n 3, 4-5).
Alcuni lettori hanno chiesto che fosse loro chiarito in maniera più semplice possibile cosa sia lo gnosticismo.

A noi sembra che le brevi parole del discepolo prediletto, nella sua seconda Lettera, dicano con insuperata semplicità cosa si intende per gnosticismo ovvero per gnosi (anzi, meglio dire per falsa gnosi, perché anche la fede in Gesù Cristo è conoscenza, destata dall’attrattiva della Sua grazia). Scrive san Giovanni: «Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non possiede Dio. Chi si attiene alla dottrina, possiede il Padre e il Figlio» (2Gv 9). Il pericolo dello gnosticismo per la fede cristiana si esprime nel tentativo di andare oltre la dottrina di Cristo, oltre la fede degli apostoli. Potremmo anche dire che lo gnostico non rimane nell’umanità di Gesù, quell’umanità che secondo l’apostolo Paolo racchiude in sovrabbondante pienezza «tutti i tesori della sapienza e della conoscenza» (Col 2, 3). Qui Paolo per indicare la “conoscenza” usa proprio il termine greco “gnosi”.

Per aiutare una maggiore comprensione delle parole di don Giussani riproponiamo, accompagnato da un breve profilo biografico, l’articolo di padre Jules Lebreton su Origene (185-254), teologo della Chiesa d’Alessandria. Scrive Lebreton che la teologia di Origene è «un idealismo che crede di avvicinarsi a Dio perdendo di vista l’umanità di Cristo».

Alcune tesi di Origene sono state condannate dal magistero della Chiesa. Questo non implica che la sua teologia non possa e non debba essere valorizzata in tutto quello che propone di positivo e di utile per la comprensione della dottrina cristiana. Ci sono care le parole di sant’Agostino: «La regola assolutamente autentica e inviolabile della verità mostra che va disapprovato e corretto in ciascuno quel che c’è di falso e vizioso, mentre va riconosciuto e accettato quel che c’è di vero e di retto»5.
Buona lettura.

 


Note

1 Don Luigi Giussani: «Il pericolo oggi è lo gnosticismo», in Avvenire, 14 luglio 2011, p. 27.
2 L. Giussani, Cristo è parte presente del reale, in 30Giorni, n. 12, dicembre 1998, p. 49.
3 A. Del Noce, Il problema dell’ateismo, Bologna 1964, in particolare pp. 27 e 192.
4 Agostino, Contra Iulianum opus imperfectum II, 146: «Occultum et horrendum virus haeresis vestrae».
5 Agostino, De unico baptismo contra Petilianum, 9, 16.




[SM=g1740758]

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Archivio di 30Giorni

[SM=g1740733] Un idealismo imprudente


Padre Jules Lebreton scrisse negli anni Venti due articoli su Origene.
La teologia del maestro di Alessandria è «un idealismo che crede di avvicinarsi a Dio perdendo di vista l’umanità di Cristo»


di Lorenzo Cappelletti

 

La rappresentazione dell’arte Gramatica, monastero di clausura delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati a Roma

La rappresentazione dell’arte Gramatica, monastero di clausura delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati a Roma

 

Sul numero 12 del 1922 di Recherches de science religieuse (rivista che aveva fondato nel 1910 insieme a padre De Grandmaison), il padre Jules Lebreton pubblicava un articolo dal titolo Les degrés de la connaissance religieuse d’après Origène. Sul medesimo tema, negli anni 1923 e 1924, la Revue d’histoire ecclésiastique ospitava un lungo articolo (diviso in due parti), sempre del padre Lebreton, dal titolo Le désaccord de la foi populaire e de la théologie savante dans l’Eglise chrétienne du III siècle.

Con questo titolo, Il disaccordo tra fede popolare e teologia dotta nella Chiesa del terzo secolo, nel 1972, la Jaca Book pubblicava in traduzione italiana entrambi gli articoli di Lebreton, facendone un agile libretto che usciva nella collana Strumenti per un lavoro teologico (riportando – sia detto solo in vista di un’eventuale ristampa – in modo sbagliato le date del secondo articolo).

Nonostante siano passati più di vent’anni, dunque, da questa edizione e più di settant’anni dalla pubblicazione degli originali, la lucidità con cui Lebreton legge l’origenismo, mettendone in rilievo la distanza dal depositum fidei, risulta insuperabile; lezione attualissima, inoltre, perché l’origenismo nel frattempo non è certo svanito.

Ci discostiamo talvolta dalla traduzione (peraltro fedele) che la Jaca Book aveva affidato a Riccardo Mazzarol. I numeri delle pagine che indichiamo fra parentesi si riferiscono al testo italiano edito da Jaca Book.


1. Dalla filosofia all’eresia

«Per i semplici fedeli, come una volta per san Clemente di Roma, il mistero della Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, è la fede e la speranza degli eletti; essi vedono tutto nella prospettiva della salvezza e, al centro, la croce di Cristo, la sua morte redentrice, la sua risurrezione, pegno della loro. Essi possono dire, come rimprovera loro Origene, che non conoscono che Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso. I dotti vedono nello stesso mistero la soluzione di tutti gli enigmi del mondo: come un Dio infinitamente perfetto ha potuto creare? È con il suo Verbo. Come questo Dio invisibile si è fatto conoscere? Ancora una volta con il suo Verbo. Creazione con il Verbo, rivelazione con il Verbo: sono senza dubbio delle dottrine autenticamente cristiane; ma negli scrittori anteriori esse sono considerate soprattutto nelle loro relazioni con il dogma della salvezza: se Dio ha creato il mondo è per la sua Chiesa, è per i suoi santi; queste considerazioni sono qui [presso gli alessandrini] meno evidenti, ciò che è in primo piano è il problema filosofico che preoccupava tutti i pensatori. [...] Attirati sul terreno dei filosofi, i teologi cristiani subiscono la loro influenza: la generazione del Verbo di Dio è descritta da loro in funzione del problema cosmologico: per creare il mondo, Dio, che dall’eternità ha in sé il suo Verbo, lo proferisce all’esterno» (pp. 42-43).

San Pietro sulle spalle della personificazione della virtù della carità, sotto i piedi della quale sta il vizio dell’odio rappresentato da Nerone, monastero di clausura delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati a Roma

San Pietro sulle spalle della personificazione della virtù della carità, sotto i piedi della quale sta il vizio dell’odio rappresentato da Nerone, monastero di clausura delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati a Roma

2. L’umanità di Gesù Cristo

Dunque quella carne che il Figlio ha preso da Maria e che è stata da lei partorita non è messa in rilievo come il luogo della salvezza, ma è funzionale alla risoluzione di un problema filosofico. «“Poiché siamo spinti”, dice Origene, “da una virtù celeste e più che celeste ad adorare unicamente il nostro Creatore, trascuriamo l’insegnamento degli inizi di Cristo, cioè l’insegnamento elementare, ed eleviamoci alla perfezione, perché la sapienza che è manifestata ai perfetti sia manifestata anche a noi” (cfr. Periarchon 4,1,7). Questa virtù “celeste” è quella che ci permette di oltrepassare l’insegnamento elementare, per raggiungere le realtà intellegibili, il mondo “celeste”» (pp. 97-98).

Lebreton si affretta a notare: «Senza dubbio si tratta d’una concezione assai falsa e pericolosa dell’incarnazione del Figlio di Dio e del suo abbassamento; ma questo errore è intrinseco all’origenismo, un idealismo imprudente che crede d’avvicinarsi a Dio perdendo di vista l’umanità di Cristo» (89). Attenzione! In Origene il cristianesimo spirituale non esclude quello corporale, il cristianesimo segreto non esclude quello manifesto, il Vangelo eterno non esclude il Vangelo così come è inteso dai semplici cristiani. Addirittura scrive Lebreton che per Origene «la fede semplice, che ha per oggetto centrale Gesù Cristo crocifisso, è senza dubbio una conoscenza salutare, ma è una conoscenza elementare, come il latte dei bambini; la misericordia di Dio la propone, in mancanza di meglio, a coloro che sono troppo deboli per potersi elevare più in alto a “conoscere Dio nella sapienza di Dio”. Così non ci sorprenda di vedere Origene (cfr. Contra Celsum 3, 79) difendere questa fede dei semplici sostenendo che essa non è la migliore in assoluto, ma la migliore possibile vista l’infermità di coloro ai quali essa deve essere proposta» (p. 73).

Ma proprio questa motivazione, portata a difesa della fede dei semplici, la vanifica. Lebreton riporta quel che scrive Origene nel Commento a Giovanni: «Scrive Origene: “Il vangelo che i semplici credono di capire contiene l’ombra dei misteri del Cristo. Ma il vangelo eterno, di cui parla Giovanni, e che chiameremo propriamente vangelo spirituale, presenta chiaramente, a coloro che capiscono tutto ciò che riguarda il Figlio di Dio, sia i misteri che i suoi discorsi fanno intravvedere, sia le realtà di cui le sue azioni erano i simboli. [...] Pietro e Paolo, che dapprima erano manifestamente ebrei e circoncisi, hanno ricevuto poi da Gesù la grazia di esserlo in segreto. Erano visibilmente ebrei per la salvezza della massa; non solo lo confessavano con le loro parole ma lo manifestavano con gli atti. Lo stesso si deve dire del loro cristianesimo. E, come Paolo non può soccorrere gli Ebrei secondo la carne, se, quando la ragione lo richiede, non circoncide Timoteo, e se, quando è il momento, non si taglia i capelli e non fa l’offerta, in una parola se non si fa ebreo con gli Ebrei per guadagnare gli Ebrei, così colui che si dedica alla salvezza di molti [Origene parla di sé medesimo] non può soccorrere efficacemente con il cristianesimo segreto coloro che sono ancora legati agli elementi del cristianesimo manifesto, renderli migliori e farli pervenire a ciò che è più perfetto e più elevato. Perciò bisogna che il cristianesimo sia spirituale e corporale; e quando bisogna annunciare il Vangelo corporale, e dire in mezzo a quelli che sono carnali che non si conosce altro che Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso, lo si deve fare.

Ma quando li si trova perfezionati dallo Spirito, portanti frutto in Lui e innamorati della sapienza celeste, bisogna comunicare loro il discorso che si eleva dall’incarnazione fino a ciò che era presso Dio”» (pp. 77-78).

3. La tradizione segreta

La tradizione unica della Chiesa, di cui parla Ireneo e che è affidata innanzitutto alla custodia del vescovo di Roma, si scinde inevitabilmente, a seguire Origene, in una duplice tradizione. «Da un lato la Chiesa visibile, che mostra, come in Ireneo o Tertulliano, la successione episcopale che la lega attraverso gli apostoli a Cristo; dall’altro un’élite, conosciuta solo da Dio, nascosta agli occhi degli uomini, che si richiama anch’essa a una tradizione apostolica, confidenziale però, segreta e trasmessa clandestinamente» (p. 94). Se si va a fondo non solo si scopre che le tradizioni diventano due, una exoterica (pubblica, cioè cattolica), l’altra, quella che conta, esoterica (segreta, cioè gnostica), ma anche che non trasmettono lo stesso depositum.

Né quanto all’oggetto: «L’insegnamento riservato ai semplici è quello morale; la rivelazione dei misteri, particolarmente della Trinità, è il segreto dei perfetti. [...] I due insegnamenti, l’uno proposto alla massa l’altro riservato ai perfetti, si distinguono per il loro oggetto: per gli uni l’ingiunzione dei precetti morali, per gli altri la rivelazione dei segreti divini. [...] Origene spesso oppone la conoscenza dell’umanità di Cristo a quella della sua divinità: ai carnali non si può predicare che Gesù Cristo crocifisso, ma a coloro che sono innamorati della sapienza celeste sarà rivelato il Verbo che è presso Dio. [...] In primo piano mette coloro “che partecipano al Logos che era in principio, che era presso Dio, il Logos Dio”; poi coloro “che conoscono solo Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso, pensando che il Logos fatto carne è tutto il Logos; essi conoscono solo il Cristo secondo la carne: ed è la massa di quelli che sono detti credenti”» (pp. 79-80).

Né quanto al metodo. Le verità, diverse quanto all’oggetto, lo sono anche riguardo al metodo di conoscenza: «Gli uni credono, gli altri conoscono; i primi si rifanno a un’autorità superiore garantita dai miracoli e la loro fede è fragile; i secondi contemplano le verità religiose alle quali aderiscono e la loro adesione è stabile» (p. 81).
Anzi, si può persino giungere a dire che nella tradizione pubblica non viene trasmessa nessuna verità, ma solo pie menzogne: «Ma le verità elementari che s’insegnano al popolo dei semplici sono almeno sempre delle verità in senso stretto? Origene assai spesso lo afferma e per questo verso si oppone agli gnostici, ma troviamo anche qualche pagina inquietante in cui l’insegnamento elementare appare come una menzogna salutare: Dio inganna l’anima per formarla» (p. 95).
Insomma, nel rapporto subordinato di verità elementari a verità più alte, le prime finiscono per risultare delle fole. Nelle omelie sul profeta Geremia, Origene paragona l’agire di Dio all’educazione che i grandi danno ai bambini. Secondo Origene: «Li inganniamo con degli spauracchi che dapprima sono necessari, ma di cui in seguito essi riconoscono la vanità» (p. 99).

San Paolo sulle spalle della personificazione della virtù della concordia, sotto i piedi della quale sta il vizio della discordia rappresentato probabilmente da Ario, monastero di clausura delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati a Roma

San Paolo sulle spalle della personificazione della virtù della concordia, sotto i piedi della quale sta il vizio della discordia rappresentato probabilmente da Ario, monastero di clausura delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati a Roma

4. Roma custode della fede

Lebreton mette bene in luce come Roma abbia fin dall’inizio resistito a questo inquinamento della fede. Delinea la contrapposizione di Ippolito a Zefirino e poi a Callisto (dalla quale sorse all’inizio del terzo secolo il primo scisma nella Sede romana) come contrapposizione di una fede dotta a una fede semplice. Lebreton ricorda come nei Philosophoumena Ippolito metta in bocca ai suoi nemici espressioni che nelle sue intenzioni dovrebbero risultare squalificanti: «Zefirino ripete: “Io non conosco che un Dio Gesù Cristo, e, al di fuori di lui, nessun Dio generato che ha sofferto”; e altre volte: «Non è il Padre che è morto, ma il Figlio”.

Questi passi sono confermati dall’insieme del trattato: Ippolito è un teologo, fiero della sua scienza, grande lettore di filosofi greci, che denuncia come padri di tutte le eresie [anche questa inflessibile condanna dell’eresia a partire non dalla semplicità della tradizione ecclesiale, ma dalla cultura – ci sia permesso notarlo – è assai istruttiva: sarà la medesima in Origene e in tanti altri che devieranno dalla fede]. Ci presenta i suoi avversari: Zefirino, uno spirito limitato, Callisto, un intrigante, i loro seguaci, delle intelligenze volgari e degli animi sordidi» (p. 9).

Ora, a questa contrapposizione scismatica contro i legittimi vescovi di Roma non fu estraneo Origene. Origene arrivò a Roma, infatti, proprio all’epoca in cui era vescovo Zefirino (199-217) e aderì, sembra, allo scisma di Ippolito.

Fu probabilmente per questo che qualche anno dopo, nel 230, quando Origene sarà deposto dal suo vescovo di Alessandria d’Egitto, a Roma papa Ponziano riunirà prontamente un sinodo per approvare quella decisione, condannando anch’egli Origene. Cosa che non fecero tanti altri vescovi di Arabia, Palestina, Cappadocia.

Passa qualche anno e nei confronti di un discepolo di Origene, Dionigi, divenuto vescovo nel 247 sulla sede alessandrina, l’allora vescovo di Roma (anch’egli di nome Dionigi) interviene denunciandone le tesi pericolose.

Scrive Lebreton: «Di fronte a queste tesi la posizione presa da Dionigi di Roma e il suo concilio è la posizione tradizionale della Chiesa di Roma. [...] Qui, come negli altri documenti romani, quel che si trova è l’espressione autentica della fede: nessuna speculazione teologica, nessuna sottigliezza dialettica, poca erudizione scritturistica, ma la dichiarazione categorica della fede professata dalla Chiesa. Dionigi di Roma anche personalmente era uomo di grande valore: Dionigi d’Alessandria ne rende testimonianza e anche san Basilio ne fa un grande elogio, ma qui non è né l’erudito né il teologo che parla, è il Papa.

Egli non si compiace della sua parte nelle speculazioni teologiche e si preoccupa poco di quelle degli altri. Si è notato che la sua argomentazione non tien conto delle sottili distinzioni alessandrine sulle tre persone o sul doppio stato del Logos. Egli non si preoccupa che delle conclusioni più evidenti, sia che siano state formulate dagli stessi autori di queste dottrine, sia che gli sembrino nascere spontaneamente; e poiché queste conclusioni sono un pericolo per la fede le respinge, e respinge anche la teologia che le ha portate.

La lettera di Dionigi d’Alessandria, malgrado le sue imprudenze e la sua goffaggine, era sicuramente ben lontana dall’insegnamento di Ario; ma la lettera di Dionigi di Roma ha già l’accento di Nicea: stessa preoccupazione dell’unità divina, stessa fermezza sovrana e categorica nella definizione della fede. Questa barriera insuperabile, contro la quale si frantumerà sessant’anni più tardi l’eresia, è quella che ferma da allora una teologia avventurosa.
I frammenti di Dionigi d’Alessandria, l’abbiamo già notato, hanno un carattere ben differente dalla lettera di Dionigi di Roma: non si trova in lui un giudice della fede, ma un esegeta, e soprattutto un metafisico innamorato delle sue belle speculazioni. Egli se ne compiace ancora in questa Apologia destinata interamente a mettere in luce la sua ortodossia, e di cui conosciamo la maggior parte dei frammenti per la scelta rispettosa e accurata fatta da sant’Atanasio. Se, malgrado la sollecitudine dello stesso scrittore e del suo difensore, il suo pensiero ci appare molto meno fermo ed esatto di quello del vescovo di Roma, concluderemo che la sua speculazione era per lui una guida meno sicura di quello che era la fede comune per Dionigi di Roma» (pp. 35-36).



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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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È il Serpente a dare la conoscenza del bene e del male


Il patto col Serpente. Attualità dell’antica gnosi e delle sue perversioni


di Lorenzo Bianchi  articolo 2003


Il serpente di bronzo, Antonie van Dyck  (1599-1641), 
Museo del Prado, Madrid

Il serpente di bronzo, Antonie van Dyck (1599-1641), Museo del Prado, Madrid

"È dunque meglio e più salutare essere semplici ed ignoranti ed appressarsi a Dio mediante la carità piuttosto che credere di sapere molte cose e dopo molte avventure di pensiero essere blasfemi contro Dio"1: con queste parole sant’Ireneo, vescovo di Lione, vissuto nella seconda metà del II secolo, esprime il suo sintetico giudizio sulle teorie delle varie sette eretiche gnostiche.
Un articolo di Massimo Borghesi apparso su queste stesse pagine2, nel trattare della gnosi che sottostà alla cultura moderna, ne ha ricordato i richiami alla gnosi degli antichi, ed in particolare alle suggestioni della dottrina della specifica setta degli Ofiti.


Questa setta, "gli adoratori del Serpente", ci è nota da accenni, più o meno diffusi, nelle opere di apologeti cristiani: dalle descrizioni di Ireneo3 e Ippolito4, alle più sintetiche notizie di Tertulliano5, Origene6, Epifanio7, Filastrio8, fino ad un accenno anche in Agostino9; e ci è nota anche, per alcune forti somiglianze con quanto tramandatoci da Ireneo, da uno scritto originale gnostico, l’Ipostasi degli Arconti, trattato in lingua copta (l’egiziano di epoca ellenistica e romana) rinvenuto nel codice II di Nag Hammadi10.

È soprattutto Ireneo, contemporaneo alla massima diffusione del pensiero degli gnostici Ofiti, a parlare di loro, illustrando "le loro cose fantastiche"11. È sufficiente la semplice lettura del resoconto di Ireneo, nella difficoltà a seguire la complicata e fantasiosa storia della fatale e rovinosa caduta dello spirito del divino creatore nella materia, che si dipana utilizzando a piene mani dei testi dell’Antico e del Nuovo Testamento, ad evidenziare il carattere di perversione della ragione e della realtà proprio delle loro teorie (cfr. nel primo box in questa stessa pagina la più sintetica, ma ugualmente significativa, esposizione attribuita a Tertulliano). Gli Ofiti (o Naasseni, denominazione con cui li conosce Ippolito) prendono il loro nome dal Serpente (fiw in greco), poiché per essi proprio il Serpente è il centro, l’elemento preponderante nella vicenda che caratterizza la loro dottrina; è il Serpente, in antagonismo con il malvagio demiurgo creatore della materia, il rivelatore del dualismo che sottostà alla concezione gnostica; è il Serpente colui che dà la gnosis, la conoscenza illuminata del bene e del male; è il Serpente l’elemento positivo al quale rendere culto e rivolgersi come via per la salvezza di quanto nell’uomo si nasconde (nella materia della carne come in una prigione) di "pneumatico", spirituale, originato cioè dal creatore del bene, e per il conseguente abbandono eterno di quanto è "ilico", materiale, cioè male, il male che è nel mondo e che è il mondo12. Una redenzione che può venire raggiunta, proprio per il disprezzo della carne, della materia, anche attraverso il libertinismo più perverso (cfr. a questo riguardo il brano nel secondo box nella pagina precedente, messo da Ireneo a conclusione finale della descrizione delle varie sette eretiche gnostiche13).

Poco più di due secoli dopo Ireneo, all’epoca di Agostino, la dottrina gnostica riecheggia in quella manichea, che ne mantiene il carattere fondamentale, cioè il dualismo che scinde anche la persona dell’uomo, effetto di una doppia creazione, diviso in sé tra bene e male, tra luce e tenebre, creazione rispettivamente di un dio buono e di un malvagio demiurgo.
Le stesse caratteristiche, nel corso della storia, si ritroveranno fino ai medievali Bogomili, i quali predicavano che Dio aveva creato o emanato l’anima, mentre il diavolo aveva plasmato il corpo; e ancora, nel movimento dei Catari.

Se, oltre questi limiti cronologici, è difficile intravvedere in termini puramente storici una diretta derivazione della moderna gnosi da quella degli antichi, essa è ripresa, soprattutto in chiave di speculazione esoterica14, in certa cultura moderna: i richiami alla setta degli Ofiti, evidenziati da Borghesi nell’articolo citato all’inizio, ne sono testimonianza.


Note
1 Ireneo di Lione, Adversus haereses II, 26, 1.

2 M. Borghesi, Il patto con il Serpente, in 30Giorni, n. 2, febbraio 2003, pp. 78-84.
3 Ireneo di Lione, op. cit. I, 30, 1-15.
4Ippolito, Refutatio; parla degli adoratori del serpente in tre diversi luoghi: V, 7, 2-9, 9 (da uno scritto dei Naasseni); V, 10, 2 (il salmo dei Naasseni sull’anima); V, 24, 2-27, 5 (dal Libro di Baruch dello gnostico Giustino).
5 Al testo mutilo di Tertulliano, De praescriptione haereticorum, alcuni codici aggiungono, attribuendola a Tertulliano, una continuazione, pubblicata dagli editori sotto il titolo di Libellus adversus omnes haereses. Degli Ofiti si tratta a II, 1-4.
6 Origene, Contra Celsum VI, 24-39.
7 Epifanio, Panarion I, 37.
8 Filastrio, Liber de haeresibus I, 2, 9.
9 Agostino, De Genesi contra Manichaeos II, 36-40.
10 Per questo testo si veda W. Förster (a cura di), Gnosis, vol. II, Zürich-Stuttgart 1971, pp. 46-52. Alle pp. 53-62 la traduzione tedesca. Si veda anche la traduzione inglese in J. Robinson (a cura di),The Nag Hammadi Library in English, 2nd edition, Leiden 1984, pp. 152-160.
11 Ireneo di Lione, op. cit. I, 30, 1.
12 Cfr. U. Bianchi, Prometeo, Orfeo, Adamo. Tematiche religiose sul destino, il male, la salvezza, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1991, p. 29.
13 Ireneo di Lione, op. cit. I, 31, 2.
14 Si veda al proposito il volume di G. Filoramo, Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio, Roma-Bari 1990.

*********************

"Preferiscono il Serpente a Cristo stesso".


Antichi testi che parlano della gnosi - gli Ofiti


Traduzione di Lorenzo Bianchi


A destra, pagine di uno dei codici copti (II secolo d.C.) rinvenuti a Nag Hammadi, contenenti testi a carattere gnostico

A destra, pagine di uno dei codici copti (II secolo d.C.) rinvenuti a Nag Hammadi, contenenti testi a carattere gnostico

«Si aggiunsero a questi eretici anche quelli che sono chiamati Ofiti. Infatti essi glorificano il serpente a tal punto che lo preferiscono anche a Cristo stesso. Fu quello infatti, dicono, a dare a noi l’origine della conoscenza del bene e del male. Affermano che Mosè, conscio della potenza e della maestà di quello, fece costruire un serpente di bronzo, e chiunque lo guardò ottenne salute. Cristo stesso, dicono ancora, rappresenta nel suo vangelo la potenza sacra di quello quando dice: “Così come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che venga innalzato il figlio dell’Uomo”. Portano quello [il serpente] per benedire la loro eucaristia.

Ma tutto l’inganno e la teoria di tale errore scaturisce da quanto segue. Dicono infatti che dal sommo primo Eone ne sono nati molti altri inferiori; e che tuttavia a tutti questi è superiore un Eone il cui nome è Jaldabaoth. Dicono che questo è stato concepito da un altro Eone in mezzo a quelli inferiori: in seguito, avendo voluto cercare di salire tra le cose superiori, per la pesantezza della materia frammista a lui non ha potuto riuscirvi, e abbandonato nel mezzo [tra le cose inferiori e quelle superiori] si è esteso tutto e così ha fatto il cielo.

Jaldabaoth tuttavia è disceso nel mondo inferiore e ha generato sette figli, ai quali ha precluso, con la [sua] dilatazione, le cose superiori, in modo che gli angeli, non potendo sapere le cose superiori, pensino che lui sia il solo dio. Dicono quindi che quelle virtù e gli angeli inferiori hanno generato l’uomo; e questo, perché è formato dalle virtù più deboli e mediocri, giace quasi come un verme strisciante; ma quell’Eone dal quale viene Jaldabaoth, mosso dall’invidia, ha immesso nell’uomo come una scintilla, spinto dalla quale conosca per esperienza e possa capire le cose superiori.

Così di converso questo Jaldabaoth, indignatosi, ha emanato da se stesso la virtù e l’immagine del serpente: e questa virtù è stata nel paradiso, cioè è stato quel serpente al quale Eva ha creduto come se fosse il figlio di Dio. Ha colto, dicono, il frutto dall’albero e perciò ha dato in più al genere umano la conoscenza del bene e del male. Dicono ancora che Cristo non è stato nella sostanza di carne, e non bisogna sperare assolutamente nella salvezza della carne».

(Ps. Tertulliano, Libellus adversus omnes haereses II, 1-4. Traduzione di Lorenzo Bianchi)



«Ho già raccolto molti loro scritti, nei quali esortano a distruggere le opere di Istera. Chiamano Istera il creatore del cielo e della terra, e affermano che non si possono salvare altrimenti se non passando attraverso tutte le cose, come disse anche Carpocrate. E in ciascuno dei peccati o delle turpi azioni è presente un angelo e mentre le compie osa attribuire a lui le azioni audaci e impure e ciò che è in quell’azione lo esprimono con il nome dell’angelo, dicendo: “O angelo, io abuso dell’opera tua; o Potenza, io compio la tua operazione!”. E la scienza perfetta consiste appunto nell’intraprendere senza timore azioni tali che non è lecito neanche nominarle».

(Ireneo di Lione, Adversus haereses I, 31, 1.
Traduzione di Enzo Bellini, in Ireneo di Lione,
Contro le eresie e gli altri scritti, Jaca Book, Milano 1981)


[Modificato da Caterina63 26/08/2012 14:27]
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Il patto con il Serpente


Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l’uomo al di là del bene e del male, al di là della “legge”, al di là del Dio antico, nemico della libertà. Gli ultimi duecento anni riscoprono il principio liberatore del mondo affermato dalla setta degli Ofiti, principio intravisto dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai serpenti


di Massimo Borghesi

Gli Ofiti: il serpente come liberatore
Sono più di due secoli che la cultura occidentale accarezza il male, lo blandisce, lo giustifica. Il negativo comunica vertigine, delirio di onnipotenza, emozioni inconfessabili; illumina di bagliori rossastri i sentieri proibiti, gli abissi della notte, le vette ghiacciate. Colora di sé il peculiare titanismo moderno, la provocatoria sfida che esso lancia all’Eterno. Se il Faust antico, quello di Marlowe, si pente in punto di morte, quello posteriore vive dell’oltraggio, brama la dissoluzione. Il patto col serpente, come titola Mario Praz uno dei suoi ultimi volumi1, diviene ora stabile. Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l’uomo al di là del bene e del male, al di là della "legge", al di là del Dio antico, nemico della libertà. Gli ultimi duecento anni riscoprono "il principio liberatore del mondo [affermato] dalla setta degli Ofiti"2, principio intravisto, secondo Gershom Scholem, dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai "serpenti"3. Principio riaffermato da Ernst Bloch nel suo Ateismo nel cristianesimo dove il Cristo-Serpente libera il mondo dalla tirannia di Jahvè4. Anche Goethe, secondo Vittorio Mathieu, "aveva sentito parlare della setta degli Ofiti"5. Nel suo Goethe e il suo diavolo custode, Mathieu osserva come nel Faust Mefistofele è la "forza che fa emergere dalla tenebra il positivo dell’uomo"6. Come afferma Dio, rivolto a Mefistofele nel Prologo in Cielo, "non hai che da mostrarti, liberamente, quello che sei; non ho mai odiato i tuoi pari; di tutti gli spiriti che negano, il beffardo è quello che mi dà noia minore. L’attività dell’uomo si affloscia troppo facilmente ed egli si adagerebbe con piacere in un assoluto riposo. Perciò gli metto volentieri accanto un compagno che lo sproni, ed agisca, e deve, come Diavolo, creare"7.

Il Diavolo è posto volentieri ("gern") da Dio come collaboratore dell’uomo. Come notava Mircea Eliade, "si potrebbe parlare di una simpatia organica tra il Creatore e Mefistofele"8. Goethe fa di Mefistofele, del male, la molla che muove verso l’azione ("Tat"), verso ciò che è positivo. Si tratta dell’idea, destinata a percorrere molta strada, per cui la via verso il Cielo passa attraverso l’inferno. L’uomo diventa uomo, vivo, intelligente, libero, solo assaporando fino in fondo l’amaro della vita. L’innocenza dell’"anima bella" è, al contrario, inerzia, stasi, morte. Hegel, con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest’idea. L’uomo deve peccare, deve uscire dall’innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Questa conoscenza "è l’origine della malattia, ma anche la sorgente della salute, è la coppa avvelenata nella quale l’uomo beve la morte e la putrefazione, e nello stesso tempo il punto sorgivo della riconciliazione, poiché porsi come cattivo è in sé il superamento del male"9. Attraverso questa prospettiva la figura dell’Angelo ribelle, di colui che, provocando l’uomo, lo innalzerebbe alla sua libertà, rifulge di uno splendore nuovo. Mefistofele diviene, passo dopo passo, l’eroe, il Prometeo moderno, il liberatore. "Senza cercarne per il momento le cause profonde", scriveva Roger Caillois nel 1937, "bisogna constatare come uno dei fenomeni psicologici più carico di conseguenze dell’inizio del XIX secolo sia la nascita e la diffusione del satanismo poetico, il fatto che lo scrittore assuma volentieri la parte dell’Angelo del male e con lui senta precise affinità. Sotto questa luce il romanticismo appare in parte come una trasmutazione di valore"10. Da Byron a Vigny la "mitologia satanica" elabora la figura di un "Angelo del male", ribelle e vendicatore, le cui premesse risalgono indietro nel tempo.


Hegel, con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest’idea. L’uomo deve peccare, deve uscire dall’innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Questa conoscenza «è l’origine della malattia, ma anche la sorgente della salute, è la coppa avvelenata nella quale l’uomo beve la morte e la putrefazione, e nello stesso tempo il punto sorgivo della riconciliazione, poiché porsi come cattivo è in sé il superamento del male»

Satana contro Dio
Giustamente Mario Praz, nel suo La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, l’opera a tutt’oggi più interessante sul fascino del demoniaco nella letteratura dell’Ottocento, indica l’inizio di questo processo nella peculiare caratterizzazione di Satana offerta da Milton nel suo Paradiso perduto. "Fu Milton a conferire alla figura di Satana tutto il fascino del ribelle indomito che già apparteneva alle figure del Prometeo eschileo e del Capaneo dantesco"11. L’Avversario "diventa stranamente bello"12. Come scriveva Baudelaire: "Le plus parfait type de Beauté virile est Satan — à la manière de Milton"13. Al suo confronto, osserva Harold Bloom, "il Dio di Milton è una catastrofe", così come il Cristo, il quale "è un disastro poetico nel Paradiso perduto"14. Per Blake: "Milton era impacciato scrivendo di Dio e degli Angeli, e a suo agio scrivendo dei Demòni e dell’inferno, poiché egli era un vero Poeta, e dalla parte del Demonio senza saperlo"15. Giudizio, questo, perfettamente condiviso da Shelley per il quale: "Nulla può superare l’energia e lo splendore del carattere di Satana quale si trova espresso nel Paradiso perduto […]. Il demonio di Milton come essere morale è di tanto superiore al suo Dio"16.

Impavido, indomito, il principe delle tenebre appare come lo strenuo lottatore contro la tirannia divina. Satana è Prometeo, prende il posto del mitico titano incatenato da Zeus alla rupe, immortalato dalla fantasia di Eschilo. Il Prometeo moderno si oppone al dio ostile, malvagio. Il luciferino Satana appare migliore del Creatore: "Milton conferisce apertamente un atteggiamento gnostico a Satana, secondo il quale Dio e Cristo sono soltanto versione del Demiurgo"17. Il vero affermativo è il demonio. È lui, e non l’angelo obbediente, che appare, eticamente ed esteticamente, dotato di un fascino più grande. Come asserisce Hegel: "Quando si presenta il Diavolo bisogna dimostrare che vi è in lui un affermativo; la sua forza di carattere, la sua energia, il suo spirito consequenziale appare di gran lunga migliore, più affermativo di quello di qualche angelo […]. Come in Milton" aggiunge Hegel "dove egli, nella sua energia piena di carattere, è migliore di alcuni angeli"18.

Grazie a Milton, alla sua rielaborazione mitica, Satana fa così il suo ingresso nell’immaginario moderno. Si ha con ciò quella che Praz chiama, in un capitolo del suo volume, la "metamorfosi di Satana", il suo trapassare da figura negativa a eroe positivo: il ribelle triste, privato, come l’uomo, della sua felicità paradisiaca da un dio tiranno. Nel suo studio Praz documenta, con grande perizia, autori e correnti che fanno propria la mitologia satanica. Se nel Settecento "il Satana miltonico trasfuse il suo fascino sinistro nel tipo tradizionale del bandito generoso, del sublime delinquente"19, è nell’Ottocento, nella temperie romantica, che egli diviene il ribelle, l’espressione della rivolta metafisica, del "no" alla creazione. Fu Byron "a portare a perfezione il tipo del ribelle, lontano discendente del Satana di Milton"20. Con lui il ribelle diviene lo "straniero", l’uomo impenetrabile che trascende l’ordinario modo di sentire, che trascende i suoi stessi delitti. È l’oltre-uomo che sta più in alto e al contempo più in basso degli altri uomini. È l’infelice che si nutre di risentimento verso un dio crudele del quale imita la crudeltà. La teologia di Byron è, secondo Praz, la stessa di de Sade la cui opera, secondo l’autore, ha una influenza fondamentale nella letteratura romantica. Al centro v’è l’odio verso la creazione e il suo autore, l’esaltazione del piacere e del crimine come dileggio, profanazione, oltraggio. Siamo qui di fronte, per Praz, ad un "satanismo cosmico"21.

La sua influenza è enorme. Se la natura crea solo per distruggere, assecondare la natura è ripeterne il ritmo, il piacere della distruzione, il gusto (sadico) che fa sorgere il piacere dal dolore, il delirio dall’annientamento, il divino dal diabolico. È la pittura di Delacroix. "Quel pittore "cannibale", "molochista", "dolorista" che fu Delacroix, instancabilmente curioso di stragi, d’incendi, di rapine, di putrideros, illustratore delle scene più cupe del Faust e dei poemi più satanici del suo idolatrato Byron; quell’innamorato di felinità […] e dei Paesi violenti e calorosi"22. È la poesia di Baudelaire, nutrita di Poe e di de Sade, il cui pessimismo cosmico è più simile all’eresia manichea che alla religione cristiana: "Absolu! Résultante des contraires! Ormuz et Arimane, vous êtes le même!"23. È la narrativa di Flaubert, per il quale "Néron vivra aussi longtemps que Vespasien, Satan que Jésus-Christ"24. Dei Canti di Maldoror di Lautréamont, il quale confessa di aver "cantato il male come hanno fatto Mickiewicz, Byron, Milton, Southey, A. de Musset, Baudelaire"25. Di Swinburne che, avvinto dalla teologia gnostica di de Sade, declama il suo uomo in rivolta: "…potessimo ostacolare la natura, allora sì il delitto diventerebbe perfetto e il peccato una realtà. Se l’uomo potesse far questo, se egli potesse intralciare il corso delle stelle e alterare il tempo delle maree; se potesse cambiare i moti del mondo e trovar la sede della vita e distruggerla; se potesse entrare in cielo e contaminarlo, nell’inferno e liberarlo dalla soggezione; potesse trar giù il sole e consumare la terra, e ordinare alla luna di spargere veleno o fuoco nell’aria; potesse uccidere il frutto nel seme e corrodere la bocca del pargolo col latte di sua madre; allora si potrebbe dire d’aver peccato e d’aver fatto del male contro natura"26.

Distruzione e profanazione: questo è il piacere più grande! Un filone consistente della letteratura, a partire dal romanzo libertino del Settecento, gode della profanazione. La violazione appassiona in quanto trasgressione, oltraggio. Il corpo, quello della donna, è tanto più oggetto del desiderio quanto più esso è inerme (bambina, vergine, suora). Profanarlo è togliere la trascendenza, ricondurre alla terra, svelare il volto oscuro di Eva, l’eterno femminino da sempre legato al potere di Satana. Il demoniaco mescola il puro e l’impuro, ha bisogno dell’innocenza per eccitare le passioni, per destare la forza dirompente del negativo. Con de Sade l’eros diviene parte di una teologia gnostica. Dopo di lui il connubio tra Eros e Thanatos, amore e morte, diviene l’elemento dominante di un nichilismo luciferino che trova nel Decadentismo prima e nel Surrealismo poi il suo compimento.

 


Satana in Dio

Satana non è solo in Prometeo, controfigura dell’Angelo caduto di Milton. Satana è anche in Dio. La teologia gnostica che sta al centro dell’ateismo ribelle degli ultimi due secoli distingue tra Lucifero (il liberatore) e Satana (l’oppressore). Essa trova la sua forma esemplare nel pensiero di Ernst Bloch. Per Bloch v’è "da un lato il Dio del mondo che si identifica sempre più chiaramente con Satana, il Nemico, il ristagno; dall’altro il Dio della futura ascesa in cielo, il Dio che ci spinge in avanti con Gesù e con Lucifero"27. Il dio del mondo, creatore, è il cattivo demiurgo contro cui, nell’Eden, si è levato il Serpente vero amico dell’uomo. È Lucifero, con il suo desiderio di essere come Dio, che svela all’uomo la sua destinazione.

"Solo in Lucifero, tenuto segreto in Gesù per essere manifestato più tardi, alla fine, nei tempi in cui questo volto potrà svelarsi; solo in Lucifero, divenuto inquieto da quando fu abbandonato per la seconda volta, da quando dalla croce si alzò il grido che rimase senza risposta, da quando per la seconda volta fu schiacciato il capo del Serpente del paradiso appeso alla croce: solo in Lui dunque, nel Nascosto in Cristo, in quanto anti-demiurgico assoluto, è compreso anche l’autentico elemento teurgico di chi si ribella perché figlio dell’uomo"28.

Il Serpente, come per la setta degli Ofiti ricordata da Bloch in Ateismo nel cristianesimo_ è quindi il liberatore. Due volte soggiogato, nell’Eden e nel Cristo innalzato in croce come il Serpente di bronzo di Mosè, esso attende la sua rivincita, la sua vittoria sul Demiurgo che apre l’"età dello Spirito". Unendo assieme Marcione e Gioacchino da Fiore, Bloch è il crocevia di tutta la gnosi moderna. Gesù, anticipazione del dio a venire, del dio "umano", è il redentore dal dio "satanico", dal dio del cosmo, dell’ordine e della legge. La rivoluzione, come dissoluzione del vecchio ordine, diviene qui l’opera luciferina per eccellenza.

Come illustre precedente delle sue riflsessioni, Bloch richiama, in Ateismo nel cristianesimo, la figura di William Blake. Il poeta inglese, affascinato dalla rivoluzione americana e da quella francese, ebbe, oltre alla Bibbia, quattro maestri: Milton, Shakespeare, Paracelso, Böhme. Al primo dedicò un breve poema epico, Milton, composto probabilmente tra il 1800 e il 1803. In esso Urizen, il Principe della Luce, appare identico a Satana. Ciò che è peculiare in Blake è il suo The Marriage of Heaven and Hell (Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno) scritto nel 1790. Qui la santificazione degli impulsi e dei desideri, in primis quello sessuale, "for everything that lives is Holy" (poiché ogni cosa vivente è Sacra!), ottiene la sua consacrazione teorica. Per essa non v’è più il male che nega il bene: male e bene sono entrambi necessari. "Senza Contrari non c’è progresso. Attrazione e Ripulsa, Ragione e Energia, Amore e Odio sono necessari all’Umana esistenza. Da questi contrari scaturisce ciò che l’uomo religioso chiama Bene e Male. Bene è la passività che ubbidisce a Ragione. Male è l’attività che scaturisce da Energia. Bene è il Cielo, Male è l’Inferno"29.

Il male, come nel Faust di Goethe, è ciò che dà energia, che desta il bene assopito. Il Diavolo è la forza di Dio. In questa sua concezione Blake era debitore a colui che, per primo, nell’arco del pensiero moderno, aveva osato affermare il male in Dio: Jacob Böhme. Il philosophus teutonicus, il quale, secondo Hegel, "fu il primo a far sorgere in Germania una filosofia con caratteristiche proprie"30, stimato da Leibniz, Hegel, Schelling,von Baader e tutto il filone teosofico del pensiero moderno, è colui per il quale "secondo il primo principio Dio non si chiama Dio, ma Collera, Furore, sorgente amara, e vengono di qui il male, il dolore, il tremore e il fuoco divorante"31. L’ira di Dio è superata nell’amore; cionondimeno essa rimane l’Urgrund, il principio originario da cui origina il tutto. Böhme, secondo Hegel, "ha lottato per intendere in Dio e da Dio il negativo, il male, il Diavolo"32. Dio è l’unità dei contrari, dell’ira e dell’amore, del male e del bene, del Diavolo e del suo contrario, il Figlio. In questa posizione Cristo e Satana divengono in qualche modo fratelli, figli di un unico Padre, parti di Lui, momenti della sua natura polare. È quanto affermerà Carl Gustav Jung nel suo esoterico Septem Sermones ad Mortuos scritto nel 1916, fatto circolare come opuscolo per gli amici e mai distribuito in libreria. Il testo, che si richiama idealmente allo gnostico Basilide, afferma la natura di "pleroma" di Dio composta da coppie di opposti di cui "Dio e demonio sono le prime manifestazioni"33.

Essi si distinguono come generazione e corruzione, vita e morte. E tuttavia "l’effettività è comune a entrambi. L’effettività li unisce. Quindi l’effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza"34. Questo Dio che unisce Dio e il Diavolo è chiamato, da Jung, Abraxas. Esso è la forza originaria, che sta prima di ogni distinzione. "Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile"35. Esso è "l’amore e il suo assassino", "il santo e il suo traditore", è "il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione"36. Il messaggio esoterico dei Sette Sermoni portava, come in Blake, alla santificazione della natura, all’innocenza del divenire. Esso implicava, per ciò stesso, la giustificazione del male, del Diavolo, il suo inserimento, come in Böhme, in un sistema polare. Non a caso Martin Buber, venuto a conoscenza dell’opuscolo, parlerà qui di gnosi. "Essa — e non l’ateismo, che annulla Dio perché deve rifiutare le immagini che finora di lui sono state fatte — è il vero antagonista della realtà della fede"37. Per Buber la psicologia di Jung non costituiva altro che "la ripresa del motivo carpocraziano, insegnato ora come psicoterapia, il quale divinizza misticamente gli istinti invece di santificarli nella fede"38.

Il rilievo di Buber non era puramente congetturale. Era stato lo stesso Jung che, in Psicologia e religione, aveva richiamato l’attualità dello gnostico Carpocrate il quale sosteneva che "bene e male sono soltanto opinioni umane e che al contrario le anime, prima della loro dipartita, avrebbero dovuto vivere fino all’ultimo ogni umana esperienza, se volevano evitare di ritornare nella prigione del corpo. Soltanto il completo adempimento di ogni esigenza della vita può riscattare l’anima prigioniera nel mondo somatico del Demiurgo"39. La vita, affermava nel Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, "come processo energetico ha bisogno dei contrasti, senza i quali l’energia è notoriamente impossibile. Bene e male non sono altro che gli aspetti etici di queste antitesi naturali"40. Per questo a Dio è necessario Lucifero. "Senza quest’ultimo non ci sarebbe creazione, e tanto meno ci sarebbe stata alcuna storia di redenzione.
L’ombra e il contrasto sono le necessarie condizioni di ogni realizzazione"41. Quest’ombra è innanzitutto in Dio, nel Dio primigenio, nell’Inconscio che, per Jung, è la vera potenza che dirige la vita la quale deve essere "umanizzata" dall’io cosciente. È solo nel Dio umano, Cristo, che il giudizio separa quanto nel pleroma (l’inconscio) è unito: la luce e la sua ombra. Ora i "due figli di Dio, Satana il maggiore e Cristo il minore"42, la mano sinistra e la mano destra di Dio, si separano. "Quest’antitesi rappresenta un conflitto portato all’estremo, e con ciò anche un compito secolare per l’umanità fino a quel punto o a quella svolta del tempo in cui bene e male cominciano a relativizzarsi, a porsi in dubbio, e si alza il grido verso un al di là del bene e del male. Ma nell’età cristiana, cioè nel regno del pensiero trinitario, una simile riflessione è semplicemente esclusa; poiché il conflitto è troppo violento, perché si potesse concedere al male qualche altra relazione logica con la Trinità, che non fosse il contrasto assoluto"43. Occorre che la Trinità divina, spirituale, si concili con un "quarto" principio: la materia, il corpo, il femminile, l’eros, il male, perché l’idealismo cristiano, conciliato con il mondo, pervenga ad una superiore unità.

"Perciò anche nel tempo dell’assoluta fede nella Trinità ci fu sempre una ricerca del quarto perduto, dai neopitagorici greci fino al Faust di Goethe. Benché questi cercatori si ritenessero cristiani, essi erano tuttavia una specie di cristiani a latere, poiché consacravano la loro vita a un opus, che aveva come meta la redenzione del serpens quadricornutus, dell’anima mundi irretita nella materia, del Lucifero caduto… La nostra formula della quaternità dà ragione alla loro pretesa, poiché lo Spirito Santo, come sintesi di colui che fu originariamente Uno e poi scisso, fluisce da una sorgente luminosa e da una oscura"44. L’"età dello Spirito", nella peculiare interpretazione che Jung dà di Gioacchino da Fiore, è l’era che segue all’eone cristiano, il tempo di Abraxas in cui passioni e ragione, inconscio e conscio, male e bene, Lucifero e Cristo, diverrano uno.

La vita, affermava Jung nel Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, «come processo energetico ha bisogno dei contrasti, senza i quali l’energia è notoriamente impossibile. Bene e male non sono altro che gli aspetti etici di queste antitesi naturali». Per questo a Dio è necessario Lucifero. «Senza quest’ultimo non ci sarebbe creazione, e tanto meno ci sarebbe stata alcuna storia di redenzione. L’ombra e il contrasto sono le necessarie condizioni di ogni realizzazione»

Nel 1919 Hermann Hesse, che nel 1920 si sottopose ad analisi con Jung, pubblicò un romanzo, Demian, sotto lo pseudonimo di Emil Sinclair. In esso il protagonista, un giovane inesperto, viene istruito sul senso della vita da uno spirito "libero" che porta in sé il segno di Caino: Demian. Per Demian "il Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento è una figura eccellente, ma non è quella che dovrebbe essere. È il bene, la nobiltà, il padre, l’alto, il bello, il sentimentale: tutte belle cose, ma il mondo è fatto anche di altro. E ciò viene attribuito semplicemente al Diavolo, e tutta questa parte del mondo, questa metà viene soppressa e uccisa col silenzio"45. Ad essa appartiene, secondo Demian, la sfera sessuale. Per questo non si può solo venerare Dio, "dobbiamo venerare tutto e considerare sacro il mondo intero, non soltanto questa metà ufficiale, separata ad arte. Accanto al servizio per Dio dovremmo avere anche un servizio per il Diavolo. A me parrebbe giusto. Oppure ci si dovrebbe procurare un Dio che racchiuda anche il demonio"46. Come in Jung, questo "Dio si chiama Abraxas ed è Dio e Satana e abbraccia in sé il mondo luminoso e il mondo scuro"47. È l’amor sacro e l’amor profano, "l’immagine angelica e Satana, uomo e donna insieme, uomo e bestia, supremo bene e male estremo"48.

La visione del divino come coincidentia oppositorum, versione che sigla in forma indissolubile il "patto con il Serpente", attraversa, in tal modo, una parte cospicua del mondo culturale del Novecento. Ricordiamo, tra gli altri, la riflessione di Mircea Eliade che in due scritti, Il mito della reintegrazione(1942) e Mefistofele e l’Androgine (1962), espone, sotto le suggestioni di Jung, la sua visione della "polarità divina". Per essa ogni divinità appare polare, benefica e malefica ad un tempo. Il Serpente è fratello del Sole, così come, secondo un mito gnostico, lo sarebbero Cristo e Satana. Questa bi-unità divina prepara, nell’uomo, la reintegrazione di sacro e profano, di bene e di male in una unità superiore che trova, per Eliade, la sua meta simbolica nella figura dell’androgino.

Conclusione
La moderna teosofia degli opposti, fondata sulla dottrina ermetica della coincidentia oppositorum, porta ad un connubio, inquietante, tra divino e diabolico, porta all’idea del Diavolo in Dio. "È ovunque operante" scriveva Romano Guardini nel 1964 "l’idea fondamentale gnostica che le contraddizioni sono polarità: Goethe, Gide, C. G. Jung, Th. Mann, H. Hesse… Tutti vedono il male, il negativo […] come elementi dialettici nella totalità della vita, della natura"49. Questo atteggiamento, per Guardini, "si manifesta già in tutto quello che si chiama gnosi, nell’alchimia, nella teosofia. Si presenta in forma programmatica con Goethe, per il quale il satanico entra persino in Dio, il male è forza originaria dell’universo necessaria quanto il bene, la morte solo un altro elemento di quel tutto, il cui polo opposto si chiama vita. Questa opinione è stata proclamata in tutte le forme e concretata in campo terapeutico da C. G. Jung"50.

L’idea di fondo è che la redenzione passa attraverso la degradazione, la grazia tramite il peccato, la vita attraverso la morte, il piacere mediante il dolore, l’estasi per opera della perversione, il divino mediante il diabolico. Il fascino che il negativo — metafora del demoniaco — esercita sulla cultura contemporanea dipende da questa singolare idea: che le vie del paradiso passino attraverso l’inferno, che "Discesa all’Ade e resurrezione" siano uno 51.

Consegnarsi al demonio, in una singolare trasposizione gnostica dell’idea per cui perdersi è ritrovarsi, è aprirsi a Dio. In questo "sacro" connubio Satana e Dio si uniscono nell’uomo. È l’"identità di de Sade e dei mistici"52 auspicata da Georges Bataille. Per essa la via all’ingiù coincide con la via all’insù. Faust, ora, non può più pentirsi, nemmeno in punto di morte. L’Avversario è diventato complice, "parte" di Dio. È la via per divenire dio. Il brivido del nulla, della discesa agli Inferi, accompagna la scoperta dell’Essere, di Abraxas, il pleroma senza volto che permane, immobile, nel divenire del mondo.



Note

1 M. Praz, Il patto col serpente, Milano 1972 (ediz. 1995).
2 Op. cit., p. 12.
3 G. Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, tr. it., Torino 1993, p. 307.
4 E. Bloch, Ateismo nel cristianesimo, tr. it., Milano 1971, pp. 220-226.
5 V. Mathieu, Goethe e il suo diavolo custode, Milano 2002, p. 192.
6 Op. cit. , p. 65.
7 W. Goethe, Faust e Urfaust, tr. it., 2 voll., Milano 1976, vol. I, vv. 340-343, p. 19.
8 M. Eliade, Il mito della reintegrazione, tr. it. , Milano 2002, p. 4.
9 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, tr. it., 2 voll., Milano 1974, vol. II , p. 317.
10 R. Caillois, Nascita di Lucifero, tr. it. , Milano 2002, p. 31.
11 M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Firenze (ediz. 1999), p. 58.
12 Ivi.
13 C. Baudelaire, Journaux intimes, cit., in: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., p. 55.
14 H. Bloom, Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla Bibbia a oggi, tr. it. , Milano 1992, p. 106.
15 W. Blake, Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno, tr. it., in: Selected Poems of William Blake, Torino 1999, pp. 24-25.
16 P. B. Shelley, Difesa della Poesia, cit.in: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., p. 59.
17 H. Bloom, Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla Bibbia a oggi, op. cit., p. 105.
18 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, op. cit., vol. II, pp. 315-316 e 324, nota.
19 M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., pp. 59-60.
20 Op. cit., p. 64.
21 Op. cit., p. 96.
22 Op. cit., p. 135.
23 Citato in op. cit., p. 147.
24 Citato in op. cit., p. 161.
25 Lautréamont, Lettere, tr. it. in: Lautréamont,I canti di Maldoror, Torino 1989, p. 531.
26 Citato in: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit. , p. 199.
27 E. Bloch, Spirito dell’utopia, tr. it., Firenze 1980, p. 314.
28 Op. cit., p. 252.
29 W. Blake, Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno, op. cit., pp. 19-20.
30 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, tr. it., 4 voll., Firenze 1973, vol. III(2), p. 35.
31 Citato in: F. Cuniberto, Jacob Böhme, Brescia 2000, p. 119.
32 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, op. cit., vol. III(2), p. 42.
33 C. G. Jung, Septem Sermones ad Mortuos, tr. it., in: Ricordi, sogni, riflessioni di C. G. Jung, Milano 1990, p. 454.
34 Op. cit., pp. 454-455.
35 Op. cit., p. 456.
36 Ivi.
37 M. Buber, L’eclissi di Dio, tr. it., Milano 1983, p. 139.
38 Ivi.
39 C.G. Jung, Psicologia e religione, tr. it. in: C. G. Jung, Opere, vol. XI, Milano 1984, p. 83.
40 C. G. Jung, Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, tr. it., in: C. G. Jung, Opere, vol. XI, op. cit., p. 191.
41 Op. cit., p. 190.
42 C. G. Jung, Prefazione a Z. Weblowsky, "Lucifero e Prometeo", tr. it. in: C. G. Jung, Opere, vol. 11, op. cit., p. 299.
43 C. G. Jung, Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, op. cit. , p. 171.
44 Op. cit., p. 174.
45 H. Hesse, Demian. Storia della giovinezza di Emil Sinclair, tr. it., in: H. Hesse, Peter Camenzind — Demian. Due romanzi della giovinezza, Roma 1993, p. 185.
46 Op. cit., p. 185. Corsivi nostri.
47 Op. cit., p. 216.
48 Op. cit., p. 207.
49 R. Guardini, Diario. Appunti e testi dal 1942 al 1964, tr. it., Brescia 1983, p. 245.
50 R. Guardini, Lettere teologiche ad un amico, tr. it., Milano 1979, p. 63.
51 E. Zolla, Discesa all’Ade e resurrezione, Milano 2002.
52 G. Bataille, Frammenti su William Blake, tr. it., in: Selected Poems of William Blake, op. cit., p. 163.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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