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La Biblioteca Vaticana (Archivio del Vaticano) è consultabile in rete

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2014 17:54
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19/10/2011 17:02
 
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A proposito della scoperta del manoscritto vaticano dell'"Ethica" di Baruch Spinoza

La ricerca
ai tempi di internet

 

Nel pomeriggio di martedì 18 ottobre nella sede romana del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) si svolge un incontro sulla scoperta del manoscritto vaticano dell'"Ethica" di Spinoza (Biblioteca Vaticana, Vat. lat. 12838), annunciata con grande scalpore nello scorso maggio. All'incontro prendono parte, con il presidente del Cnr Francesco Profumo, Tullio Gregory, Marta Fattori, Paolo Cristofolini, Andreina Rita. Pubblichiamo l'inizio e la conclusione dell'intervento del direttore del Dipartimento Manoscritti della Biblioteca Vaticana.

di PAOLO VIAN

Come è possibile che in una biblioteca frequentata e perlustrata come la Vaticana, con una ultrasecolare tradizione di intensi studi, di qualificate ricerche e di esperte pratiche bibliotecarie, si possano verificare scoperte come quella del manoscritto dell'Ethica di Spinoza, al centro di questo incontro? Dobbiamo dunque credere che la Vaticana non sappia quel che custodisce oppure, nella direzione opposta, sospettare che essa sia depositaria di ancora altri segreti, magari eversivi per la fede, occultati alla consapevolezza dei più, sull'onda di un clima alla Dan Brown?

Ho incontrato persone, non completamente sprovvedute, fermamente convinte per esempio che la Vaticana possegga un fornitissimo enfer di opere pornografiche; e fra le lettere ricorrenti che un tempo arrivavano alla Biblioteca una delle più frequenti era quella di quanti cercavano nei fondi manoscritti vaticani l'originale di una lettera di Ponzio Pilato a Tiberio a proposito di Gesù. Al di là dello scherzo e del sorriso, vicende come quella della scoperta del manoscritto dell'Ethica possono essere l'occasione per riflettere su cosa significhi oggi cercare e trovare nelle grandi biblioteche di conservazione (e negli archivi), per considerare la loro natura e per sfatare alcuni luoghi comuni; ma anche per interrogarsi sulla possibilità nelle ricerche umanistiche della "scoperta", eventualità spesso contemplata solo nell'ambito delle scienze naturali.

Sarà utile per questo ripercorrere le vicende di quattro ritrovamenti, di quattro scoperte o "inventiones" avvenute in Biblioteca Vaticana negli ultimi anni e che hanno fatto un certo scalpore. Ripercorrerne le tappe e le modalità, quasi senza commenti, ci metterà probabilmente in grado di rispondere alle domande iniziali (...).
I quattro casi di scoperte brevemente illustrati (scilicet di una sconosciuta commedia di Menandro nel palinsesto Vat. sir. 623 da parte di Francesco D'Aiuto, del testo autografo italiano de L'ateismo trionfato di Tommaso Campanella nel Barb. lat. 4458 da parte di Germana Ernst, di un codice di musica polifonica cinquecentesca nel Vat. mus. 440 da parte di Arnaldo Morelli e, infine, del manoscritto dell'Ethica spinoziana, da parte di Leen Spruit e Pina Totaro) presentano caratteristiche comuni. Nel processo di ognuna di esse gli elementi per la scoperta erano sostanzialmente noti, visibili, sotto gli occhi di tutti, da tempo. Ma per renderli veramente significativi, per far scattare la scintilla della novità e appunto della scoperta bisognava combinarli insieme, bisognava interpretarli, bisognava in altri termini renderli eloquenti attraverso una lettura intelligente. Per usare l'antica formula agostiniana, accedit verbum ad elementum et fit sacramentum. La materia preesiste, è lì, alla portata di chi la voglia trattare; ma deve sopraggiungere un intervento esterno, il verbum, accorto e consapevole, perché l'elementum si trasformi in sacramentum. Così, nella ricerca solo l'intelligenza - in misura assai limitata assecondata dal caso - può pervenire alla scoperta, di qualcosa che talvolta, come nel caso dell'individuazione nel 1992 da parte di Michael McCormick di centinaia di note tironiane e di glosse in latino e in alto-tedesco fra le righe di un celeberrimo manoscritto virgiliano tardo-antico della Vaticana, il Virgilio Palatino (Pal. lat. 1631), era sotto gli occhi di tutti, quasi come la lettera rubata di Edgar Allan Poe.

In un'epoca in cui siamo tutti meno abituati a cercare perché ormai viziati dalla possibilità del reperimento comodo e immediato, senza neanche alzarsi dalla sedia e dal nostro tavolo, nell'epoca della pur meritevole e a volte utilissima Wikipedia e dei sempre più potenti motori di ricerca - che in realtà sono la morte non solo dell'erudizione ma della ricerca tout court e la consacrazione del reperimento senza sforzo - i quattro casi delle recenti scoperte in Vaticana ci insegnano la bellezza, la necessità, ma anche le straordinarie potenzialità di una ricerca umile e faticosa, spesso non realizzata attraverso "connessioni remote" ma con l'assidua presenza fisica nelle biblioteche (ahimé, invece sempre più disertate), fra gli scaffali, prendendo ancora in mano inventari cartacei manoscritti o dattiloscritti.

Nelle grandi biblioteche di conservazione, spesso in ragione di una lunga storia di catalogazioni e inventariazioni, rimane infatti ancora necessario e indispensabile il ricorso a cataloghi, inventari, indici manoscritti, dattiloscritti o stampati che talvolta risalgono alla fine del Cinquecento o agli inizi del Seicento. Le nuove tecnologie ci permettono oggi - come è avvenuto recentemente in Biblioteca Vaticana - di ritirare dalla consultazione i preziosi e unici originali e di sostituirli con copie digitali e cartacee. Ma prima che tutti questi dati vengano riversati in catalogazioni elettroniche, con liste di autorità verificate e, soprattutto, passati al vaglio di nuove catalogazioni modernamente consapevoli e avvertite dei manoscritti in essi descritti, passeranno anni, molti anni.

I cataloghi elettronici dei fondi manoscritti si vanno felicemente incrementando (quello della Vaticana è stato inaugurato nel 2007) ma guai a credere - come talvolta capita di sentire - che essi rappresentino la totalità dei fondi manoscritti; per molti anni ancora essi rispecchieranno una piccola, modesta porzione di essi e allora si dovrà ancora ricorrere ai vecchi strumenti, conosciuti nelle loro caratteristiche e nelle loro logiche, interrogati con pazienza, con fatica, con intelligenza. Per fare un esempio relativo alla Vaticana, al di là delle molte, spesso accurate ed esaustive catalogazioni tematiche, quando potremo fare totalmente a meno degli inventari e degli indici otto e novecenteschi di Sante (1802-1887) e Alessandro (†1902) Pieralisi per i manoscritti Barberiniani - quasi 12.000 - (...) e di Giuseppe Baronci (1857-1949) per i manoscritti Chigiani - quasi 4.000? O di quelli dell'immenso fondo dei Vaticani latini - che supera i 15.000 elementi - solo in piccola parte descritto in cataloghi a stampa?

Le nuove tecnologie costituiscono e sempre più in futuro costituiranno un sussidio formidabile, del quale le generazioni precedenti non potevano godere. E, per citare Marie-Dominique Chenu nel suo capolavoro sulla teologia nel XII secolo, come allora i migliori teologi furono quelli che seppero fare più ricorso alla modernità delle categorie grammaticali, così oggi i ricercatori più agguerriti saranno quelli più capaci di padroneggiare gli strumenti digitali per sfruttarli ai loro fini. Ma non illudiamoci: senza il verbum non potremo mai accedere al sacramentum.

Dunque, torniamo a frequentare le biblioteche e gli archivi, ripensiamo (se possibile) ritmi, esigenze e modalità della vita accademica e della formazione universitaria, riserviamo sempre più tempo alla presenza fisica, si vorrebbe dire alla militanza sul campo, nei luoghi della memoria. E allora biblioteche e archivi riveleranno veramente i loro segreti, che non sono quelli immaginati da Dan Brown, gelosamente sottratti alla conoscenza di molti da una ristretta casta di loro illuminati depositari; ma sono, più semplicemente, quelli che si rivelano all'umile e tenace ricercatore che sappia ancora leggere, consultare, accostare, riflettere.



(©L'Osservatore Romano 19 ottobre 2011)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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