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I MIRACOLI EUCARISTICI

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2019 00:26
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02/02/2009 23:05
 
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Miracoli Eucaristici





Il miracolo di Faverney

Verso la fine del XVI e all'inizio del XVII secolo il calvinismo si era infiltrato in Francia, anche come conseguenza della decadenza nella preparazione e nei costumi del clero e dei religiosi.

Questa è la situazione anche dell'abbazia benedettina di Faverney, oggi in Alta-Saone, a 20 di km da Vesoul, fondata nel secolo VIII. Nel 1608, all'epoca dei fatti, essa conta sei religiosi e due novizi, che vivono però nell'apatia e nella più assoluta tiepidezza spirituale; mantengono, però, il culto a Maria SS., e la tradizione di esporre per tre giorni il Santissimo Sacramento il giorno della Pentecoste e il lunedì e il martedì successivi.


Il giorno di Pentecoste del 1608, il 25 maggio, su un semplice tavolo coperto dalla tovaglia e sormontato da un Tabernacolo che poggia su una pietra sacra, rivestita di corporali, con a fianco la Bolla del Papa Clemente VIII che accorda le indulgenze e la lettera di autorizzazione del Vescovo, il priore Don Sarron espone il Santissimo utilizzando l'Ostensorio d'argento che contiene due Ostie consacrate nella Messa del mattino.

L'Adorazione si prolunga sino alle 8 di sera, quando il sagrestano Don Garnier spegne i ceri lasciando solamente accese le lampade, poi chiude la chiesa.
Ma quando il lunedì mattina verso le tre ritorna all'abbazia, la trova piena di fumo, e al posto dell'altare non c'è che un mucchio di cenere. Sconvolto, Don Garnier va a svegliare gli altri monaci e, al tempo stesso, la gente del villaggio. Poi ritorna con Brennier, un novizio, sui luoghi dell'incendio. Ma nell'oscurità e nel fumo essi non scorgono nulla.

Improvvisamente, tuttavia, il ragazzo lancia un grido, "Miracolo!", e con il dito indica l'Ostensorio sospeso in aria, nel medesimo posto dove era stato sistemato, ma senza alcun sostegno. È leggermente inclinato, e il braccio sinistro della piccola croce che lo sormonta sembra toccare una sbarra dell'inferriata. Per l'incendio del tavolo non restano che i quattro piedi danneggiati, uno dei candelieri fuso per metà, un altro rotto in tre pezzi. La pietra dell'altare su cui poggiava l'Ostensorio si spacca in tre parti quando viene toccata, mentre la Bolla pontificia è intatta, così come la lettera vescovile (soltanto il sigillo di cera rossa si è sciolto).


Il reliquiario-ostensorio, il tubo di cristallo contenente la reliquia di Sant'Agata e l'involucro di sughero che lo chiudeva ad una estremità sono integri. Soprattutto le Ostie consacrate sono nell'Ostensorio, "come sospese" tra cielo e terra. Le persone, che presto si affollano per vedere e che scuotono l'inferriata, notano che niente trattiene il vaso sacro, immobile nell'aria.


In attesa dell'arrivo dei cappuccini di Vesoul, famosi per la loro cultura e devozione, allo scopo di "avere consiglio su quello che dovranno fare", la folla accorre sempre più numerosa per i molti curiosi che cercano di vedere il miracolo. Tra i tanti vi sono scettici, dissoluti, eretici. Giunta la sera, la folla è sempre numerosa: quella notte al Santissimo non mancano adoratori. Quanto all'Ostensorio non si è mosso.


Martedì 27 maggio, i benedettini e i cappuccini redigono un rapporto sugli avvenimenti, secondo l'intenzione dell'Arcivescovo di Besançon. Dopo la Messa conventuale, nell'abbazia, altre Messe si susseguono all'altar maggiore, celebrate dai curati di parrocchie vicine a Faverney. Durante la Messa celebrata dal parroco di Menoux, al Sanctus, uno dei ceri che bruciava alla destra del reliquiario-ostensorio si spegne. Don Garnier lo riaccende, ma la candela si spegne una seconda volta e poi una terza.

Nel momento in cui il sacerdote alza l'Ostia che sta per consacrare, si sente come il suono di una lama che vibra: si vede l'Ostensorio, che fino a quel momento era rimasto inclinato, raddrizzarsi, poi, mentre il sacerdote all'altare abbassa l'Ostia, esso "s'abbassa dolcemente" sul corporale "così bene come se fosse stato deposto con tanto rispetto da un uomo di Chiesa".


Il miracolo è finito: è durato 33 ore! La folla reagisce subito con applausi. Soltanto il curato di Menoux resta tranquillo e termina tranquillamente la sua Messa. Il guardiano dei cappuccini esamina allora e constata che l'Ostensorio, in nessuna parte, reca tracce "di ammaccature e di alterazione".


Il 10 luglio successivo, l'arcivescovo dichiara autentico il miracolo. Anche le conseguenze furono miracolose. in primo luogo il consolidamento della fede cattolica nella popolazione: il fuoco aveva rispettato nello stesso tempo l'Eucaristia, le reliquie e la bolla delle indulgenze, tutte cose messe in discussione dai protestanti. L'evento si era ugualmente verificato in una chiesa monastica dedicata a Maria, quando gli stessi eretici se la prendevano con gli ordini religiosi e con il culto della Vergine.


Numerosi ugonotti si convertirono dopo aver constatato i fatti: così Nicola de Camprendon, signore di Passavant e l'orefice di Montbéliard, Francesco Vuillard, i quali abiurarono con tutta la loro famiglia. Quest'ultimo era tornato più di trenta volte in chiesa per vedere e rivedere il miracolo; finalmente cadde in ginocchio, disse, per "adorare Dio che io vedevo nell'aria vincere le fiamme".


L'abbazia di Faverney venne riformata nel 1613 e nuovi postulanti vi affluirono. Nacquero un po' dovunque o si rinnovarono le confraternite del SS. Sacramento, trascinando i loro membri ad una vita spirituale intensa e rafforzando le anime contro gli errori del giansenismo.

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"Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)


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Il miracolo di Moncada
Un miracolo che attesta l'amore di Dio per la Chiesa e i suoi ministri

L'Anno Eucaristico, che ormai volge al termine, ha avuto il suo momento culminante nel Congresso Eucaristico di Bari. Ebbene, proprio a Bari, parecchi secoli fa, incominciò una delle pagine più tristi della Chiesa, le quali però, meglio di altre, testimoniano l'amore di Dio per la sua Chiesa e per gli uomini nonostante tutto.

Nell'aprile del 1378, come in questo 2005, i cardinali si riunirono in conclave. Era morto papa Gregorio XI (1370-1378) e la Chiesa doveva eleggere il successore di Pietro. L'arcivescovo di Bari, Bartolomeo Prigna di origine napoletana, si era acquistato una tal fama che i cardinali elessero proprio lui al soglio pontificio. Era il 7 aprile 1378 e Bartolomeo prese il nome di Urbano VI.

Il predecessore, Gregorio XI, aveva stabilito che, una volta indetto il conclave, si potesse procedere alle elezioni del nuovo pontefice senza attendere l'arrivo dei Cardinali più lontani. Questo fatto, unito a quello che proprio un vescovo escluso dal Conclave fosse diventato papa, suscitò una forte reazione da parte di alcuni cardinali, specie tra quelli francesi che erano in maggioranza. Il contrasto aumentò in tal misura (anche - si dice - a causa del temperamento forte e imperioso di Bartolomeo) che i prelati francesi abbandonarono la curia romana e si trasferirono ad Anagni.

Per motivi di sicurezza passarono poi a Fondi, nei pressi di Latina, dove - riuniti in conclave - proclamarono la nullità dell'elezione di Urbano VI e, il 20 settembre dello stesso anno, elessero un nuovo papa: il card. Robert di Ginevra che prese il nome di Clemente VII. Lo scisma era fatto. Quasi tutti gli stati europei riconobbero legittimo papa Urbano VI, ma la Francia, la Castiglia, Aragona, il Portogallo e Napoli si schierarono a favore di Clemente VII. Ed è proprio a partire da questa dolorosa situazione che si verificò un miracolo eucaristico che più di ogni altro, forse, esprime la paterna sollecitudine di Dio, il suo amore e, nel contempo, l'invito ad amarci gli uni gli altri come egli ci ama.

Il parroco di Moncada, che era stato ordinato sacerdote da un vescovo nominato dall'antipapa Clemente VII, viveva nel tormento che la sua ordinazione sacerdotale non fosse valida e, di conseguenza non lo fossero neppure i sacramenti che egli amministrava. Il tormento si faceva più acuto ogni qualvolta consacrava il pane e il vino durante la celebrazione eucaristica, lì veniva assalito dal timore di ingannare il popolo somministrando particole che non erano altro che semplice pane.

La sua preghiera, allora, saliva incessantemente a Dio chiedendo luce per sé e per gli altri. Venne il giorno di Natale del 1392 e tra i fedeli venuti a partecipare al divino sacrificio vi era anche la signora Fhez con la figlioletta di 5 anni di nome Rosalia. Al termine della funzione Rosalia si rifiutò di uscire perché - disse - "Voglio rimanere con il figlio della signora Favre". La madre riuscì a convincere la bimba dicendole che si doveva essere sbagliata perché quel giorno la signora Favre, loro vicina di casa, non era venuta a Messa. Passarono infatti dalla casa della suddetta vicina e trovarono il figlioletto - coetaneo di Rosalia - placidamente addormentato.


Il giorno seguente la signora Fhez portò di nuovo Rosalia a Messa e al Momento dell'elevazione la piccola richiamò l'attenzione della Madre dicendole: "Ecco il figlioletto della signora Favre!". Alla richiesta della Madre di indicarle dove mai fosse il bimbo, la piccola Rosalia rispose: "È tra le mani del sacerdote". La Madre profondamente turbata, ma anche stupita, narrò il fatto al sacerdote il quale, al colmo della commozione, invitò la signora a partecipare con la bimba ad un'altra Messa dove egli avrebbe messo alla prova Rosalia e la verità delle sue affermazioni.

Il giorno seguente, infatti, dopo la consacrazione il parroco sollevò due ostie, delle quali una sola era quella da poco consacrata, e chiese a Rosalia cosa vedesse. Prontamente la bimba rispose: "Gesù Bambino". E alla richiesta del sacerdote di indicare dove lo vedesse, la bimba indicò la mano destra, che sorreggeva in effetti l'ostia consacrata.

Il prete, non convinto, tentò una nuova prova, nascose le mani e, scambiando le ostie, interrogò nuovamente Rosalia, la quale senza alcuna titubanza rispose: "Ora Gesù è dall'altra parte". Non ancora pago il sacerdote spezzò l'ostia consacrata tenendo una parte in ogni mano. La bimba ebbe un attimo di smarrimento e poi esclamò: «Adesso vedo due Gesù Bambini!» A questo punto il sacerdote scoppiò in lacrime perché il Signore aveva finalmente esaudito la sua preghiera togliendogli completamente il dubbio circa la validità del suo sacerdozio.

L'insegnamento del miracolo è duplice: da un lato dimostra l'amore incondizionato di Dio per la sua Chiesa anche in un momento di grande difficoltà e confusione. Per quanto alla radice della consacrazione episcopale del vescovo che ordinò il parroco di Moncada ci fosse un antipapa, Dio rimase fedele alla successione apostolica determinata, appunto, dall'imposizione delle mani. Dall'altro si vede una bimba che nulla poteva sapere di antipapa e di validità di ordinazione sacerdotale, conferma nella fede e nella vocazione il suo parroco.

Ciò dimostra come i sacerdoti debbano stare all'ascolto tanto del più piccolo come del più grande, offrendo la stessa attenzione e lo stesso amore tanto agli adulti che ai bambini. Inoltre, il singolare prodigio avvenne proprio nei giorni del Natale, quando cioè si celebra la venuta di un Dio che si è manifestato negli umili panni di un Neonato. Questa scelta estrosa, come ha ricordato il papa anche nel corso delle giornate mondiali della gioventù a Colonia, non ha scandalizzato i Magi che hanno saputo convertire le loro aspettative circa il Messia accogliendo quelle di Dio.

Una conversione che Dio chiede alla sua Chiesa in ogni tempo: ciò che tolse dal dubbio il giovane prete fu proprio la voce dell'ultimo trai suoi fedeli, ultimo non solo perché piccolo ma anche perché femminuccia. L'atteggiamento di chi nella Chiesa svolge un ministero - in questo caso sacerdotale - è quello di una grande umiltà nel vagliare le vie di Dio che non sono mai le nostre vie e quello di porre attenzione ai cuori, più che alle apparenze.


Di fronte poi al grande scandalo di una chiesa divisa tra due papi che cosa mai poteva essere un semplice prelato assalito dai suoi dubbi? Eppure Dio si prese cura anche di lui, che sarebbe rimasto ignoto ai posteri se il suo dubbio non avesse scosso il cuore di Dio, suscitando un miracolo tra i più teneri della storia della Chiesa.



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Il Mistero pasquale nel Miracolo di Bois-Seigneur-Isaac



Il mistero pasquale, lo sappiamo, costituì il primitivo fondamentale annuncio del Vangelo da parte degli Apostoli, il cosiddetto Kerigma: Gesù di Nazareth, chiamato il Cristo, che fu crocifisso per i nostri peccati, è risorto per la nostra salvezza.


Della memoria di questo evento si nutre la Chiesa di generazione in generazione perpetuandola nel sacramento dell’Eucaristia che attualizza, appunto, nell’oggi di ogni tempo, il mistero pasquale.

C’è un miracolo eucaristico, del quale quest’anno ricorre il sesto centenario, che ripropone con straordinaria freschezza questo primitivo annuncio della Chiesa.
Siamo in Belgio a 15 chilometri da Waterloo, a Bois-Seigneur-Isaac. Corre l’anno 1405, il martedì 2 giugno - nel pieno della novena di Pentecoste - un cavaliere di quella zona, Jean du Bois, fece uno strano sogno. Gli apparve un uomo piagato e sofferente che con accorata insistenza chiedeva un medico e un avvocato che potessero prendersi cura della sua causa. Il du Bois non si diede troppa pena per quel sogno ignorandolo completamente.

La notte seguente però l’uomo piagato si ripresentò con la stessa misteriosa richiesta. Turbato l’uomo cercò, ancora una volta, di dimenticare la visione notturna. La terza notte l’uomo piagato rinnovò, allo spaventato du Bois, la richiesta dell’aiuto di un medico e di un sacerdote che prendessero in mano la sua causa, a quel punto il cavaliere, fattosi animo, gli domandò chi mai fosse. Costui, sempre sanguinante, rispose: Vai nel Santaurio di Isaac, ivi mi troverai e capirai che sono.
Il venerdì mattina, 5 giugno, il cavaliere si recò alla Cappella indicata.

Quello stesso giorno il decano del luogo, Pere Ost, uscendo di casa avvertì l’impellente chiamata ad andare al Santuario di Isaac per celebrare una Messa. Nessuna celebrazione era prevista per quel giorno, in quel luogo cosicché, andandovi, il buon prete si domandava perché mai non potesse sottrarsi a quell’impulso. Giunto colà molto si rallegrò di aver obbedito alla mozione dello Spirito perché parecchie persone erano radunate in Cappella, quasi in attesa della celebrazione e tra queste vi era anche du Bois.


Iniziò la Santa Messa, ma giunto all’offertorio, proprio mentre dispiegava il corporale Ost vide, non senza dolorosa sorpresa, che una mezza ostia era stata dimenticata fin dalla celebrazione precedente. Prontamente egli cercò di consumarla senza farsi accorgere, ma ecco che l’ostia, tenacemente incollata al corporale, gettava sangue vivo. A quella vista il decano svenne e lo soccorse proprio il cavaliere du Bois, il quale, resosi conto del prodigio, comprese la visione notturna ed esortò il sacerdote a proseguire la Messa senza timore poiché quel Miracolo era opera divina. Gli narrò allora dell’uomo dei sogni e come ora ne avesse finalmente compreso l’identità.


Tutti i presenti videro l’ostia, la quale pur mantenendosi bianca continuava a sanguinare. Il miracolo si perpetuò per quattro giorni. Fu interpellato anche il vescovo di Cambrai, Pierre d’Ailly (confessore di Carlo VI, cardinale e legato pontificio) che trattenne in osservazione il corporale tentando - invano - di lavare le macchie di sangue. Egli, infine convinto, emanò il 18 ottobre 1413 una bolla con la quale certificava l’autenticità del fenomeno.

Abbiamo in questo miracolo riassunto l’intero mistero pasquale. Cristo si manifesta al cavaliere come il vivente, piagato, ma vivente. La stessa immagine di morte e risurrezione la offre l’ostia miracolosa che pur rimanendo bianchissima, sanguina. Cristo, chiama du Bois in suo aiuto e difesa, lo vuole perciò suo testimone. Anche per lui, come fu per gli apostoli, si ripete il mistero della fede cristiana che nasce non da un’idea, ma da un evento storico di cui si diventa testimoni, un evento che ha sconfitto la morte e introdotto nel mondo la novità di una vita “altra”. Il cavaliere poi riconosce Gesù solo allo “spezzare del pane”, cioè nel momento celebrativo, laddove si fa memoria dell’offerta salvifica del Signore, comunicando con essa.

La celebrazione eucaristica ci rende presenti al Mistero, ed è, pertanto, significativo che alla domanda di identità rivolta dal Cavaliere a Cristo questi risponda: vai nella Cappella di Isaac, ivi mi troverai e capirai chi sono.
Du Bois trova Cristo nell’Eucaristia, cioè nel sacramento che fa memoria del Mistero Pasquale: passione morte e risurrezione e che mette la nostra piccola storia quotidiana a contatto con quell’unico grande evento di salvezza che ha rinnovato il mondo e sempre lo rinnova.
L’ostia abbandonata nel corporale dice la dimenticanza di questa Presenza viva da parte persino del clero, mentre il sangue che ha imporporato il corporale dice la perenne offerta di Cristo per questa umanità dimentica di lui.


Ecco chi “conosce” du Bois: Colui che ama sempre, anche senza essere amato, Colui che dona la sua vita a coloro che sempre e ancora sono peccatori.
Du Bois, entrato come cavaliere nella Cappella di Isaac, ne esce come testimone. Il medico e l’avvocato da interpellare sono sì le persone che contribuiranno a certificare la dimensione soprannaturale dell’evento, ma non solo.

Il medico può essere identificato anche con il decano chiamato, proprio dall’ostia abbandonata, a “curare” la tiepidezza del popolo riguardo al Mistero della Presenza reale. Avvocato è lo stesso du Bois la cui testimonianza sarà la miglior difesa nei confronti della verità del Mistero pasquale vivo e operante nel Sacramento.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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