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Ultimo Aggiornamento: 09/04/2014 19:10
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04/06/2010 20:29
 
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Nel volo verso Cipro Benedetto XVI ricorda monsignor Padovese e ribadisce che la violenza non è la soluzione ai problemi del Medio Oriente

Il coraggio del dialogo e della pace


L'assassinio di monsignor Luigi Padovese non ha nulla a che fare con il viaggio apostolico a Cipro, né con il fondamentalismo islamico. Soprattutto non getta ombra alcuna sulla prosecuzione del dialogo con l'islam.

È stato il Papa stesso a dare questa lettura della tragica uccisione del presidente della Conferenza episcopale della Turchia, avvenuta giovedì 3 giugno, nella sua residenza a Iskenderun.

Di questo episodio drammatico, che lo ha profondamente addolorato, il Papa ha parlato con i giornalisti durante il consueto incontro in aereo, pochi momenti dopo il decollo da Fiumicino, avvenuto la mattina di venerdì 4. Ha ricordato il vescovo Padovese come uno dei protagonisti del lavoro preparatorio del prossimo Sinodo per il Medio Oriente, il cui Instrumentum laboris Benedetto XVI consegnerà proprio a conclusione del viaggio a Cipro. Il Pontefice - anche se ha evidenziato la necessità di attendere ulteriori chiarimenti sull'intera vicenda - ha espresso comunque la convinzione che non si tratti di un delitto a sfondo politico o religioso.

Dopo il ricordo del presule ucciso, l'attenzione si è concentrata sul viaggio. Il Papa ha tenuto a precisare alcuni punti:  anzitutto non si tratta di un viaggio politico ma esclusivamente religioso, prosecuzione ideale di quelli compiuti in Giordania, in Israele, nei Territori palestinesi e a Malta stessa, all'unico scopo di portare il messaggio di pace di Cristo.

La prima delle domande poste ha riguardato la situazione di Cipro divisa. Ricordando proprio la sua missione in Terra Santa, il Papa ha detto di essersi posto, da Malta a Cipro, sulle orme di san Paolo e di san Barnaba, gli evangelizzatori di queste due isole alle porte dell'oriente. E come nelle precedenti visite, anche in questa occasione suo intento è quello di testimoniare che la pace è possibile in questa regione. Una pace se si vuole anche politica - ha detto - senza per questo dimenticare che proprio la pace è il centro del messaggio paolino.

Certamente si tratta di conquista che non si raggiunge dall'oggi al domani:  bisogna prepararla, soprattutto attraverso la formazione degli animi. E ciò va fatto con pazienza - ha spiegato - anche quando si verificano episodi gravi e violenti come il blitz israeliano contro la "Freedom flotilla" avvenuto nei giorni scorsi in mare a sessanta chilometri da Gaza. Dinanzi a simili episodi - ha detto rispondendo a una precisa domanda in questo senso - occorre una grande pazienza. Bisogna continuare a operare per il raggiungimento della pace.

Il Papa non può che dare consigli religiosi - ha precisato - e forse anche politici, ma in questo caso consiglia la pazienza:  c'è solo da sperare che si prosegua nei tentativi di trovare la via della pace, senza spazientirsi di fronte a intoppi e difficoltà. E a rafforzare questo consiglio Benedetto XVI ha raccontato un episodio della vita del santo Curato d'Ars, il quale, al peccatore che continuava a ripetergli di cadere sempre nello stesso peccato, raccomandava proprio di avere pazienza e di continuare a pregare Dio. Anche noi - ha commentato il Pontefice - dobbiamo fare la stessa cosa e continuare a chiedere a Dio il dono della pace, senza perdere la pazienza e continuando a rifiutare la violenza. Quest'ultima - ha assicurato - non è una soluzione, la pazienza può esserlo.

Il dialogo ecumenico è stato l'argomento della terza domanda. Anche in questo caso il Papa ha raccomandato pazienza nel proseguire il cammino, nonostante permangano ostacoli. Si tratta soprattutto di dare valore alla testimonianza delle religioni nella ricerca della fraternità. Benedetto XVI ha chiarito che non bisogna confondere il dialogo ecumenico con una sorta di coalizione morale o politica:  è essenzialmente una testimonianza di fede comune. Ciò non vuol dire - ha precisato - che non ci siano problemi. Esistono e cerchiamo di superarli - ha esortato - poggiandoci su tre elementi comuni. Anzitutto la Bibbia, che non nasce da parole piovute dal cielo, ma dalla vita vissuta dal popolo di Dio ed è dunque al centro della Chiesa stessa, sia ortodossa, sia cattolica. Poi c'è la tradizione sacra, che è radicata nel Signore.

Infine la confessione della propria fede, che rappresenta un po' la somma di quanto espresso dalla tradizione. Naturalmente in culture e storie diverse possono sorgere difficoltà; l'importante è adoperarsi per superarle. E questo non si può fare con la sola discussione teologica:  c'è bisogno dell'esercizio della fraternità. Anche in questo caso - ha ripetuto ancora il Papa - occorre tanta pazienza. Bisogna andare avanti così - ha incoraggiato - e sarà poi il Signore a farci capire quando sarà il momento.

La conversazione con i giornalisti si è chiusa col riferimento al prossimo Sinodo per il Medio Oriente. Il suo primo frutto concreto - ha sottolineato Benedetto XVI - è il fatto che per i pastori delle Chiese mediorientali sarà un'occasione per incontrarsi, per stare insieme e scambiarsi informazioni sulle rispettive realtà. Essi vivono in condizioni tanto diverse e non sempre si conoscono bene. Sarà anche un'occasione di visibilità per la comunità cristiana, la cui esistenza è spesso ignorata dal resto del mondo. Infine i presuli avranno la possibilità di parlare e confrontarsi. L'auspicio del Papa è che proprio dialogando tra loro imparino anche a farlo con i seguaci delle altre religioni, con l'islam in particolare. Un dialogo, ha concluso, che bisogna continuare a cercare con coraggio perché in esso c'è la speranza del futuro.


l cordoglio per l'uccisione del vicario apostolico di Anatolia, Luigi Padovese

Uomo di pace
e testimone del Vangelo



Dolore, incredulità e sconcerto. Questi i sentimenti che in tutta la Chiesa hanno accompagnato il diffondersi della notizia dell'uccisione del vicario apostolico di Anatolia e presidente dell'episcopato turco, Luigi Padovese. "Si tratta - ha detto il direttore padre Federico Lombardi, in una dichiarazione alla Radio Vaticana - di una notizia orribile che ci lascia profondamente sconcertati e, naturalmente, addoloratissimi. Monsignor Padovese è stata una persona che ha avuto grandi meriti per la testimonianza della vita della Chiesa nella Turchia, quindi in situazioni anche difficili; è stata una persona dedita al Vangelo, coraggiosa, e questa sua morte", ci fa vedere come la testimonianza della Chiesa "in certe situazioni possa essere pagata anche con il sangue".

Ovviamente - ha aggiunto - "vi sarà necessità di capire meglio anche le circostanze o i moventi di questa morte; rimane che è una vita donata per il Vangelo". E "alla vigilia di un viaggio del Papa verso il Medio Oriente anche proprio per incoraggiare le comunità cristiane che vivono in questa regione, questo fatto fa capire molto profondamente quale problema di solidarietà della Chiesa universale, di sostegno per queste comunità cristiane sia assolutamente urgente, necessario".

Vivo cordoglio e dolore per la tragica morte del presule sono stati espressi nella mattina di venerdì 4, poco prima di partire al seguito del Papa per la visita a Cipro, dal cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Leonardo Sandri, che ha anche manifestato vicinanza spirituale a tutta la comunità cattolica presente in Turchia.

Milanese, 63 anni, frate cappuccino, vescovo e vicario apostolico di Anatolia dal 2004, Padovese è stato ucciso giovedì 3, all'ora di pranzo, nella sua abitazione a Iskenderun. Ancora da stabilire con precisione la dinamica del delitto, anche se le autorità locali tendono a escludere motivi politici o religiosi. Sinora unico indiziato è il suo autista, Murat Altun, di 26 anni, che è stato arrestato dalle autorità turche. L'uomo - che, secondo alcune testimonianze, da qualche tempo aveva mostrato segni di precario equilibrio psicologico e per questo era in cura - stando alla ricostruzione dell'accaduto avrebbe colpito mortalmente con un coltello il presule.

Intensa partecipazione al dolore che ha colpito la famiglia religiosa dei cappuccini è stata espressa dall'Unione superiori generali. In un comunicato monsignor Padovese viene ricordato come un "uomo di grande statura come religioso, come vescovo a servizio della pace, del dialogo interreligioso e della convivenza pacifica. Missionario indefesso della fede e della comunione. Lo affidiamo al Signore perché lo accolga in quella gloria riservata ai suoi servi fedeli".

Cordoglio e vicinanza alla Chiesa cattolica in Turchia è stato espresso dall'episcopato italiano in un messaggio inviato al nunzio apostolico Antonio Lucibello. "Mentre deploriamo il barbaro assassinio - scrivono il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco e il vescovo Mariano Crociata, presidente e segretario generale della Conferenza episcopale italiana - ci uniamo al dolore dei fedeli di codesta Chiesa, che ancora una volta viene provata così duramente, ed esprimiamo la più sentita vicinanza e solidarietà nostra e dell'intero episcopato italiano".

Sentimenti di profondo cordoglio sono stati espressi anche dal cardinale arcivescovo di Ezstergom-Budapest, Péter Erdo, a nome del Consiglio delle conferenze episcopali d'Europa (Ccee) di cui è presidente, il quale ricorda Padovese come "un uomo di pace e di bene, che sempre ha testimoniato un vero zelo apostolico e una forte dedizione al suo popolo". Il Ccee intende così "testimoniare la nostra comunione di preghiera e esprimere la nostra vicinanza ai vescovi, sacerdoti, consacrati e tutto il popolo cristiano in Turchia. La loro sofferenza è anche la nostra".

Cordoglio a nome della Chiesa ambrosiana è stato espresso dal cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, il quale "con animo commosso e sgomento" ricorda il presule scomparso come "un figlio della nostra terra che ha servito con dedizione, in Turchia, il Vangelo della pace e della misericordia". E nel capoluogo lombardo monsignor Padovese farà comunque ritorno. "È possibile che i funerali si svolgano lunedì o martedì a Iskenderun - ha detto padre Domenico Bertogli, vicario generale del Vicariato apostolico di Anatolia - mentre il corpo sarà tumulato a Milano, nella tomba di famiglia. Monsignor Padovese, infatti, desiderava essere sepolto vicino a sua madre".

Il sacrificio di don Santoro, ucciso nel 2006 a Trabzon - disse monsignor Padovese nell'ultima intervista concessa al nostro giornale (cfr. "L'Osservatore Romano" dell'8-2-2009) - "in noi che viviamo e operiamo in Turchia ha generato la consapevolezza che essere cristiani non è esente da rischi e quindi la fede è una scelta che impegna nella vita e può impegnare anche fino alla morte".






(©L'Osservatore Romano - 4-5 giugno 2010)

[Modificato da Caterina63 04/06/2010 20:31]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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