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Messaggio del Papa AI GIOVANI e per le GMG

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2012 15:12
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04/03/2009 13:04
 
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Il Papa ai giovani della GMG 2009: "Il Cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere..."


FESTIVITA' PASQUALI 2006-2009: LO SPECIALE DEL BLOG

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA XXIV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (5 APRILE 2009)

“Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10)

Cari amici,

la prossima Domenica delle Palme celebreremo, a livello diocesano, la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù.
Mentre ci prepariamo a questa annuale ricorrenza, ripenso con viva gratitudine al Signore all’incontro che si è tenuto a
Sydney, nel luglio dello scorso anno: incontro indimenticabile, durante il quale lo Spirito Santo ha rinnovato la vita di numerosissimi giovani convenuti dal mondo intero. La gioia della festa e l’entusiasmo spirituale, sperimentati durante quei giorni, sono stati un segno eloquente della presenza dello Spirito di Cristo.
Ed ora siamo incamminati verso il raduno internazionale in programma a Madrid nel 2011, che avrà come tema le parole dell’apostolo Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7).
In vista di tale appuntamento mondiale dei giovani, vogliamo compiere insieme un percorso formativo, riflettendo nel 2009 sull’affermazione di san Paolo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10), e nel 2010 sulla domanda del giovane ricco a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17).

La giovinezza, tempo della speranza

A Sydney, la nostra attenzione si è concentrata su ciò che lo Spirito Santo dice oggi ai credenti, ed in particolare a voi, cari giovani.
Durante
la Santa Messa conclusiva, vi ho esortato a lasciarvi plasmare da Lui per essere messaggeri dell’amore divino, capaci di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità.
La questione della speranza è, in verità, al centro della nostra vita di esseri umani e della nostra missione di cristiani, soprattutto nell’epoca contemporanea.
Avvertiamo tutti il bisogno di speranza, ma non di una speranza qualsiasi, bensì di una speranza salda ed affidabile, come ho voluto sottolineare
nell’Enciclica Spe salvi.
La giovinezza in particolare è tempo di speranze, perché guarda al futuro con varie aspettative. Quando si è giovani si nutrono ideali, sogni e progetti; la giovinezza è il tempo in cui maturano scelte decisive per il resto della vita. E forse anche per questo è la stagione dell’esistenza in cui affiorano con forza le domande di fondo: perché sono sulla terra? che senso ha vivere? che sarà della mia vita? E inoltre: come raggiungere la felicità? perché la sofferenza, la malattia e la morte? che cosa c’è oltre la morte? Interrogativi che diventano pressanti quando ci si deve misurare con ostacoli che a volte sembrano insormontabili: difficoltà negli studi, mancanza di lavoro, incomprensioni in famiglia, crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di un’intesa di coppia, malattie o disabilità, carenza di adeguate risorse come conseguenza dell’attuale e diffusa crisi economica e sociale. Ci si domanda allora: dove attingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza?

Alla ricerca della “grande speranza”

L’esperienza dimostra che le qualità personali e i beni materiali non bastano ad assicurare quella speranza di cui l’animo umano è in costante ricerca. Come ho scritto nella citata Enciclica
Spe salvi, la politica, la scienza, la tecnica, l’economia e ogni altra risorsa materiale da sole non sono sufficienti per offrire la grande speranza a cui tutti aspiriamo. Questa speranza “può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere” (n. 31). Ecco perché una delle conseguenze principali dell’oblio di Dio è l’evidente smarrimento che segna le nostre società, con risvolti di solitudine e violenza, di insoddisfazione e perdita di fiducia che non raramente sfociano nella disperazione. Chiaro e forte è il richiamo che ci viene dalla Parola di Dio: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene” (Ger 17,5-6). La crisi di speranza colpisce più facilmente le nuove generazioni che, in contesti socio-culturali privi di certezze, di valori e di solidi punti di riferimento, si trovano ad affrontare difficoltà che appaiono superiori alle loro forze. Penso, cari giovani amici, a tanti vostri coetanei feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuoto familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di esperienze negative e traumatiche. Per alcuni – e purtroppo non sono pochi – lo sbocco quasi obbligato è una fuga alienante verso comportamenti a rischio e violenti, verso la dipendenza da droghe e alcool, e verso tante altre forme di disagio giovanile. Eppure, anche in chi viene a trovarsi in condizioni penose per aver seguito i consigli di “cattivi maestri”, non si spegne il desiderio di amore vero e di autentica felicità. Ma come annunciare la speranza a questi giovani? Noi sappiamo che solo in Dio l’essere umano trova la sua vera realizzazione. L’impegno primario che tutti ci coinvolge è pertanto quello di una nuova evangelizzazione, che aiuti le nuove generazioni a riscoprire il volto autentico di Dio, che è Amore.
A voi, cari giovani, che siete in cerca di una salda speranza, rivolgo le stesse parole che san Paolo indirizzava ai cristiani perseguitati nella Roma di allora: “Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15,13).
Durante
questo anno giubilare dedicato all’Apostolo delle genti, in occasione del bimillenario della sua nascita, impariamo da lui a diventare testimoni credibili della speranza cristiana.

San Paolo, testimone della speranza

Trovandosi immerso in difficoltà e prove di vario genere, Paolo scriveva al suo fedele discepolo Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Come era nata in lui questa speranza? Per rispondere a tale domanda dobbiamo partire dal suo incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco. All’epoca Saulo era un giovane come voi, di circa venti o venticinque anni, seguace della Legge di Mosè e deciso a combattere con ogni mezzo quelli che egli riteneva nemici di Dio (cfr At 9,1). Mentre stava andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, fu abbagliato da una luce misteriosa e si sentì chiamare per nome: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Caduto a terra, domandò: “Chi sei, o Signore?”. E quella voce rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (cfr At 9,3-5). Dopo quell’incontro, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo e divenne apostolo del Vangelo. Sulla via di Damasco, egli fu interiormente trasformato dall’Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo. Un giorno scriverà: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). Da persecutore diventò dunque testimone e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Grecia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo.

La grande speranza è in Cristo

Per Paolo la speranza non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Pervaso intimamente da questa certezza, potrà scrivere a Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Il “Dio vivente” è Cristo risorto e presente nel mondo. E’ Lui la vera speranza: il Cristo che vive con noi e in noi e che ci chiama a partecipare alla sua stessa vita eterna. Se non siamo soli, se Egli è con noi, anzi, se è Lui il nostro presente ed il nostro futuro, perché temere? La speranza del cristiano è dunque desiderare “il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1817).

Il cammino verso la grande speranza

Come un giorno incontrò il giovane Paolo, Gesù vuole incontrare anche ciascuno di voi, cari giovani. Sì, prima di essere un nostro desiderio, questo incontro è un vivo desiderio di Cristo. Ma qualcuno di voi mi potrebbe domandare: Come posso incontrarlo io, oggi? O piuttosto, in che modo Egli si avvicina a me? La Chiesa ci insegna che il desiderio di incontrare il Signore è già frutto della sua grazia. Quando nella preghiera esprimiamo la nostra fede, anche nell’oscurità già Lo incontriamo perché Egli si offre a noi. La preghiera perseverante apre il cuore ad accoglierlo, come spiega sant’Agostino: “Il Signore Dio nostro vuole che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, così che diventiamo capaci di ricevere ciò che Lui intende darci” (Lettere 130,8,17). La preghiera è dono dello Spirito, che ci rende uomini e donne di speranza, e pregare tiene il mondo aperto a Dio (cfr Enc. Spe salvi, 34). Fate spazio alla preghiera nella vostra vita! Pregare da soli è bene, ancor più bello e proficuo è pregare insieme, poiché il Signore ha assicurato di essere presente dove due o tre sono radunati nel suo nome (cfr Mt 18,20). Ci sono molti modi per familiarizzare con Lui; esistono esperienze, gruppi e movimenti, incontri e itinerari per imparare a pregare e crescere così nell’esperienza della fede. Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell’attiva partecipazione ai Sacramenti.
Come sapete, culmine e centro dell’esistenza e della missione di ogni credente e di ogni comunità cristiana è l’Eucaristia, sacramento di salvezza in cui Cristo si fa presente e dona come cibo spirituale il suo stesso Corpo e Sangue per la vita eterna. Mistero davvero ineffabile!
Attorno all’Eucaristia nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani, nella quale si entra con il Battesimo e ci si rinnova costantemente grazie al sacramento della Riconciliazione. I battezzati poi, mediante la Cresima, vengono confermati dallo Spirito Santo per vivere da autentici amici e testimoni di Cristo, mentre i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio li rendono atti a realizzare i loro compiti apostolici nella Chiesa e nel mondo. L’Unzione dei malati, infine, ci fa sperimentare il conforto divino nella malattia e nella sofferenza.

Agire secondo la speranza cristiana

Se vi nutrite di Cristo, cari giovani, e vivete immersi in Lui come l’apostolo Paolo, non potrete non parlare di Lui e non farlo conoscere ed amare da tanti altri vostri amici e coetanei.
Diventati suoi fedeli discepoli, sarete così in grado di contribuire a formare comunità cristiane impregnate di amore come quelle di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli. La Chiesa conta su di voi per questa impegnativa missione: non vi scoraggino le difficoltà e le prove che incontrate. Siate pazienti e perseveranti, vincendo la naturale tendenza dei giovani alla fretta, a volere tutto e subito. Cari amici, come Paolo, testimoniate il Risorto! Fatelo conoscere a quanti, vostri coetanei e adulti, sono in cerca della “grande speranza” che dia senso alla loro esistenza. Se Gesù è diventato la vostra speranza, ditelo anche agli altri con la vostra gioia e il vostro impegno spirituale, apostolico e sociale. Abitati da Cristo, dopo aver riposto in Lui la vostra fede e avergli dato tutta la vostra fiducia, diffondete questa speranza intorno a voi. Fate scelte che manifestino la vostra fede; mostrate di aver compreso le insidie dell’idolatria del denaro, dei beni materiali, della carriera e del successo, e non lasciatevi attrarre da queste false chimere. Non cedete alla logica dell’interesse egoistico, ma coltivate l’amore per il prossimo e sforzatevi di porre voi stessi e le vostre capacità umane e professionali al servizio del bene comune e della verità, sempre pronti a rispondere “a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15).

Il cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere, perché la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace.

Maria, Madre della speranza

Modello di questo itinerario di vita apostolica sia per voi san Paolo, che ha alimentato la sua vita di costante fede e speranza seguendo l’esempio di Abramo, del quale scrive nella Lettera ai Romani: “Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli” (Rm 4,18). Su queste stesse orme del popolo della speranza – formato dai profeti e dai santi di tutti i tempi – noi continuiamo ad avanzare verso la realizzazione del Regno, e nel nostro cammino spirituale ci accompagna la Vergine Maria, Madre della Speranza. Colei che ha incarnato la speranza di Israele, che ha donato al mondo il Salvatore ed è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce, è per noi modello e sostegno. Soprattutto, Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all’alba radiosa dell’incontro con il Risorto. Vorrei concludere questo messaggio, cari giovani amici, facendo mia una bella e nota esortazione di san Bernardo ispirata al titolo di Maria Stella maris, Stella del mare: “Tu che nell’instabilità continua della vita presente, ti accorgi di essere sballottato tra le tempeste più che camminare sulla terra, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella, se non vuoi essere spazzato via dagli uragani. Se insorgono i venti delle tentazioni e ti incagli tra gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria ... Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria... Seguendo i suoi esempi non ti smarrirai; invocandola non perderai la speranza; pensando a lei non cadrai nell’errore. Appoggiato a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione” (Omelie in lode della Vergine Madre, 2,17).

Maria, Stella del mare, sii tu a guidare i giovani del mondo intero all’incontro con il tuo Figlio divino Gesù, e sii ancora tu la celeste custode della loro fedeltà al Vangelo e della loro speranza.
Mentre assicuro il mio quotidiano ricordo nella preghiera per ognuno di voi, cari giovani, di cuore tutti vi benedico insieme alle persone che vi sono care.

Dal Vaticano, 22 febbraio 2009

BENEDICTUS PP. XVI

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Messaggio del Papa per i venticinque anni
della Giornata mondiale della gioventù

Un progetto per sempre


"Il futuro è nelle mani di chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza". Lo scrive il Papa ai giovani di tutto il mondo nel messaggio per la Giornata a essi dedicata, che quest'anno si celebra a livello diocesano, in vista dell'incontro internazionale in programma a Madrid nell'agosto 2011.

"Maestro buono, che cosa devo fare
per avere in eredità la vita eterna?"


(Mc 10, 17)



Cari amici,
ricorre quest'anno il venticinquesimo anniversario di istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, voluta dal Venerabile Giovanni Paolo II come appuntamento annuale dei giovani credenti del mondo intero. Fu una iniziativa profetica che ha portato frutti abbondanti, permettendo alle nuove generazioni cristiane di incontrarsi, di mettersi in ascolto della Parola di Dio, di scoprire la bellezza della Chiesa e di vivere esperienze forti di fede che hanno portato molti alla decisione di donarsi totalmente a Cristo.

La presente xxv Giornata rappresenta una tappa verso il prossimo Incontro Mondiale dei giovani, che avrà luogo nell'agosto 2011 a Madrid, dove spero sarete numerosi a vivere questo evento di grazia.

Per prepararci a tale celebrazione, vorrei proporvi alcune riflessioni sul tema di quest'anno:  "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?" (Mc 10, 17), tratto dall'episodio evangelico dell'incontro di Gesù con il giovane ricco; un tema già affrontato, nel 1985, dal Papa Giovanni Paolo II in una bellissima Lettera, diretta per la prima volta ai giovani.

1. Gesù incontra un giovane

"Mentre [Gesù] andava per la strada, - racconta il Vangelo di San Marco - un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò:  "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Gesù gli disse:  "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti:  Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre". Egli allora gli disse:  "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse:  "Una cosa sola ti manca:  va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!". Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni" (Mc 10, 17-22).

Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso i giovani, verso di voi, verso le vostre attese, le vostre speranze, e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarvi personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di voi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il "Maestro buono", per imparare da Lui a percorrere la strada della vita. Con questo brano evangelico, il mio Predecessore voleva esortare ciascuno di voi a "sviluppare il proprio colloquio con Cristo - un colloquio che è d'importanza fondamentale ed essenziale per un giovane" (Lettera ai giovani, n. 2).

2. Gesù lo guardò e lo amò

Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come "Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò" (cfr. Mc 10, 21). Nello sguardo del Signore c'è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l'esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle.

Commentando la scena, il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, rivolto a voi giovani:  "Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!" (Lettera ai giovani, n. 7). Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale, che fa scrivere a san Paolo, con stupore:  "Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Gal 2, 20). "La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre - scrive ancora il Papa Giovanni Paolo II -, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana" (Lettera ai giovani, n. 7), e ci permette di superare tutte le prove:  la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento.

In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell'evangelizzazione:  se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!

3. La scoperta del progetto di vita

Nel giovane del Vangelo, possiamo scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno di voi. Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze:  risorse che possedete in abbondanza! La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo.

Il giovane ricco chiede a Gesù:  "Che cosa devo fare?". La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta:  dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. È, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. È il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell'esistenza e di domandarvi:  "Sono soddisfatto della mia vita? C'è qualcosa che manca?".

Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare ad una vita non mediocre e a chiedervi:  in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? "Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?" (Ibid., n. 3).

Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità.
Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi. Con fiducia, chiedetegli:  "Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla". Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa" (1Gv 3, 20)!

4. Vieni e seguimi!

Gesù, invita il giovane ricco ad andare ben al di là della soddisfazione delle sue aspirazioni e dei suoi progetti personali, gli dice:  "Vieni e seguimi!". La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d'amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d'amore:  "Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo" (Benedetto XVI, Omelia in occasione delle CanonizzazioniL'Osservatore Romano, 12-13 ottobre 2009, p. 6).

Sull'esempio di tanti discepoli di Cristo, anche voi, cari amici, accogliete con gioia l'invito alla sequela, per vivere intensamente e con frutto in questo mondo. Con il Battesimo, infatti, egli chiama ciascuno a seguirlo con azioni concrete, ad amarlo sopra ogni cosa e a servirlo nei fratelli. Il giovane ricco, purtroppo, non accolse l'invito di Gesù e se ne andò rattristato. Non aveva trovato il coraggio di distaccarsi dai beni materiali per trovare il bene più grande proposto da Gesù.
La tristezza del giovane ricco del Vangelo è quella che nasce nel cuore di ciascuno quando non si ha il coraggio di seguire Cristo, di compiere la scelta giusta. Ma non è mai troppo tardi per rispondergli!

Gesù non si stanca mai di volgere il suo sguardo di amore e chiamare ad essere suoi discepoli, ma Egli propone ad alcuni una scelta più radicale. In quest'Anno Sacerdotale, vorrei esortare i giovani e i ragazzi ad essere attenti se il Signore invita ad un dono più grande, nella via del Sacerdozio ministeriale, e a rendersi disponibili ad accogliere con generosità ed entusiasmo questo segno di speciale predilezione, intraprendendo con un sacerdote, con il direttore spirituale il necessario cammino di discernimento. Non abbiate paura, poi, cari giovani e care giovani, se il Signore vi chiama alla vita religiosa, monastica, missionaria o di speciale consacrazione:  Egli sa donare gioia profonda a chi risponde con coraggio!

Invito, inoltre, quanti sentono la vocazione al matrimonio ad accoglierla con fede, impegnandosi a porre basi solide per vivere un amore grande, fedele e aperto al dono della vita, che è ricchezza e grazia per la società e per la Chiesa.

5. Orientati verso la vita eterna

"Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, "non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?" (Lettera ai giovani, n. 5).

Ma la domanda sulla "vita eterna" affiora in particolari momenti dolorosi dell'esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l'esperienza dell'insuccesso.

Ma cos'è la "vita eterna" cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma:  "Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia" (Gv 16, 22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.

Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all'esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant'Agostino:  "Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù" (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35, 9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all'età di 24 anni, diceva:  "Voglio vivere e non vivacchiare!" e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva:  "Verso l'alto", alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna.

Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita:  siamo chiamati all'eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte e a dare qualità alla vostra esistenza.

6. I comandamenti, via dell'amore autentico

Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizioni necessarie per "avere in eredità la vita eterna". Essi sono punti di riferimento essenziali per vivere nell'amore, per distinguere chiaramente il bene dal male e costruire un progetto di vita solido e duraturo. Anche a voi, Gesù chiede se conoscete i comandamenti, se vi preoccupate di formare la vostra coscienza secondo la legge divina e se li mettete in pratica.

Certo, si tratta di domande controcorrente rispetto alla mentalità attuale, che propone una libertà svincolata da valori, da regole, da norme oggettive e invita a rifiutare ogni limite ai desideri del momento. Ma questo tipo di proposta invece di condurre alla vera libertà, porta l'uomo a diventare schiavo di se stesso, dei suoi desideri immediati, degli idoli come il potere, il denaro, il piacere sfrenato e le seduzioni del mondo, rendendolo incapace di seguire la sua nativa vocazione all'amore.

Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché vuole costruire con noi un Regno di amore, di giustizia e di pace. Ascoltarli e metterli in pratica non significa alienarsi, ma trovare il cammino della libertà e dell'amore autentici, perché i comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all'inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché "Dio è buono".

7. Abbiamo bisogno di voi

Chi vive oggi la condizione giovanile si trova ad affrontare molti problemi derivanti dalla disoccupazione, dalla mancanza di riferimenti ideali certi e di prospettive concrete per il futuro. Talora si può avere l'impressione di essere impotenti di fronte alle crisi e alle derive attuali. Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invece nel cuore desideri grandi di fraternità, di giustizia e di pace.

Il futuro è nelle mani di chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza. Se vorrete, il futuro è nelle vostre mani, perché i doni e le ricchezze che il Signore ha rinchiuso nel cuore di ciascuno di voi, plasmati dall'incontro con Cristo, possono recare autentica speranza al mondo! È la fede nel suo amore che, rendendovi forti e generosi, vi darà il coraggio di affrontare con serenità il cammino della vita ed assumere responsabilità familiari e professionali. Impegnatevi a costruire il vostro futuro attraverso percorsi seri di formazione personale e di studio, per servire in maniera competente e generosa il bene comune.

Nella mia recente Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale, Caritas in veritate, ho elencato alcune grandi sfide attuali, che sono urgenti ed essenziali per la vita di questo mondo:  l'uso delle risorse della terra e il rispetto dell'ecologia, la giusta divisione dei beni e il controllo dei meccanismi finanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell'ambito della famiglia umana, la lotta contro la fame nel mondo, la promozione della dignità del lavoro umano, il servizio alla cultura della vita, la costruzione della pace tra i popoli, il dialogo interreligioso, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale.

Sono sfide alle quali siete chiamati a rispondere per costruire un mondo più giusto e fraterno. Sono sfide che chiedono un progetto di vita esigente ed appassionante, nel quale mettere tutta la vostra ricchezza secondo il disegno che Dio ha su ciascuno di voi. Non si tratta di compiere gesti eroici né straordinari, ma di agire mettendo a frutto i propri talenti e le proprie possibilità, impegnandosi a progredire costantemente nella fede e nell'amore.

In quest'Anno Sacerdotale, vi invito a conoscere la vita dei santi, in particolare quella dei santi sacerdoti. Vedrete che Dio li ha guidati e che hanno trovato la loro strada giorno dopo giorno, proprio nella fede, nella speranza e nell'amore. Cristo chiama ciascuno di voi a impegnarsi con Lui e ad assumersi le proprie responsabilità per costruire la civiltà dell'amore. Se seguirete la sua Parola, anche la vostra strada si illuminerà e vi condurrà a traguardi alti, che danno gioia e senso pieno alla vita.

Che la Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi accompagni con la sua protezione. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e con grande affetto vi benedico.

Dal Vaticano, 22 Febbraio 2010



(©L'Osservatore Romano - 15-16 marzo 2010)



                                                                         









Messaggio del Papa per i 25 Anni della GMG (Giornata Mondiale della Gioventù)

ATTENZIONE, IL PAPA ALL'ANGELUS HA INVITATO I GIOVANI PER GIOVEDI' 25 MARZO IN PIAZZA SAN PIETRO con queste parole:



Domenica prossima, Domenica delle Palme, ricorre il 25° anniversario dell’inizio delle Giornate Mondiali della Gioventù, volute dal Venerabile e amato Giovanni Paolo II. Per questo, giovedì prossimo, a partire dalle ore 19, aspetto numerosi qui in Piazza San Pietro i giovani di Roma e del Lazio, per uno speciale incontro di festa.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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26/03/2010 21:58
 
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L'incontro del Papa con i giovani della diocesi di Roma per i 25 anni della Giornata mondiale

La vita non va sprecata


L'esistenza umana non va sprecata ma vissuta secondo le "regole dell'amore" indicate dai comandamenti:  lo ha detto il Papa ai giovani di Roma e del Lazio che per i 25 anni della Giornata mondiale della gioventù hanno partecipato all'incontro di giovedì sera, 25 marzo, in piazza San Pietro. Benedetto XVI ha risposto a braccio a tre domande rivoltegli da due ragazzi e una ragazza a nome di tutti i presenti.

Padre Santo il giovane del Vangelo ha chiesto a Gesù:  maestro buono cosa devo fare per avere la vita eterna? Io non so neanche cosa è la vita eterna. Non riesco ad immaginarmela, ma una cosa la so:  non voglio buttare la mia vita, voglio viverla fino in fondo e non da sola. Ho paura che questo non avvenga, ho paura di pensare solo a me stessa, di sbagliare tutto e di ritrovarmi senza una meta da raggiungere, vivendo alla giornata. È possibile fare della mia vita qualcosa di bello e di grande?

Cari giovani, prima di rispondere alla domanda vorrei dire grazie di cuore per tutta la vostra presenza, per questa meravigliosa testimonianza della fede, del voler vivere in comunione con Gesù, per il vostro entusiasmo nel seguire Gesù e vivere bene. Grazie!
Ed ora la domanda. Lei ci ha detto che non sa cosa sia la vita eterna e non sa immaginarsela. Nessuno di noi è in grado di immaginare la vita eterna, perché è fuori della nostra esperienza. Tuttavia, possiamo cominciare a comprendere che cosa sia la vita eterna, e penso che lei, con la sua domanda, ci abbia dato una descrizione dell'essenziale della vita eterna, cioè della vera vita:  non buttare via la vita, viverla in profondità, non vivere per se stessi, non vivere alla giornata, ma vivere realmente la vita nella sua ricchezza e nella sua totalità. E come fare? Questa è la grande questione, con la quale anche il ricco del Vangelo è venuto al Signore (cfr. Mc 10, 17). A prima vista, la risposta del Signore appare molto secca.
Tutto sommato, dice:  osserva i comandamenti (cfr. Mc 10, 19). Ma dietro, se riflettiamo bene, se ascoltiamo bene il Signore, nella totalità del Vangelo, troviamo la grande saggezza della Parola di Dio, di Gesù.
I comandamenti, secondo un'altra Parola di Gesù, sono riassunti in quest'unico:  amare Dio con tutto il cuore, con tutta la ragione, con tutta l'esistenza e amare il prossimo come se stesso. Amare Dio, suppone conoscere Dio, riconoscere Dio. E questo è il primo passo che dobbiamo fare:  cercare di conoscere Dio. E così sappiamo che la nostra vita non esiste per caso, non è un caso. La mia vita è voluta da Dio dall'eternità. Io sono amato, sono necessario. Dio ha un progetto con me nella totalità della storia; ha un progetto proprio per me. La mia vita è importante e anche necessaria. L'amore eterno mi ha creato in profondità e mi aspetta. Quindi, questo è il primo punto:  conoscere, cercare di conoscere Dio e così capire che la vita è un dono, che è bene vivere. Poi l'essenziale è l'amore. Amare questo Dio che mi ha creato, che ha creato questo mondo, che governa tra tutte le difficoltà dell'uomo e della storia, e che mi accompagna. E amare il prossimo.
I dieci comandamenti ai quali Gesù nella sua risposta accenna, sono solo un'esplicitazione del comandamento dell'amore. Sono, per così dire, regole dell'amore, indicano la strada dell'amore con questi punti essenziali:  la famiglia, come fondamento della società; la vita, da rispettare come dono di Dio; l'ordine della sessualità, della relazione tra uomo e donna; l'ordine sociale e, finalmente, la verità.
Questi elementi essenziali esplicitano la strada dell'amore, esplicitano come realmente amare e come trovare la via retta. Quindi c'è una volontà fondamentale di Dio per noi tutti, che è identica per tutti noi. Ma la sua applicazione è diversa in ogni vita, perché Dio ha un progetto preciso con ogni uomo. San Francesco di Sales una volta ha detto:  la perfezione, cioè l'essere buono, il vivere la fede e l'amore, è sostanzialmente una, ma in forme molto diverse. Molto diversa è la santità di un certosino e di un uomo politico, di uno scienziato o di un contadino, e via dicendo. E così per ogni uomo Dio ha il suo progetto e io devo trovare, nelle mie circostanze, il mio modo di vivere questa unica e comune volontà di Dio le cui grandi regole sono indicate in queste esplicazioni dell'amore. E cercare quindi anche di compiere ciò che è l'essenza dell'amore, cioè non prendere la vita per me, ma dare la vita; non "avere" la vita, ma fare della vita un dono, non cercare me stesso, ma dare agli altri.
Questo è l'essenziale, e implica rinunce, cioè uscire da me stesso e non cercare me stesso. E proprio non cercando me stesso, ma dandomi per le grandi e vere cose, trovo la vera vita. Così ognuno troverà, nella sua vita, le diverse possibilità:  impegnarsi nel volontariato, in una comunità di preghiera, in un movimento, nell'azione della sua parrocchia, nella propria professione. Trovare la mia vocazione e viverla in ogni posto è importante e fondamentale, sia io un grande scienziato, o un contadino. Tutto è importante agli occhi di Dio:  è bello se è vissuto sino in fondo con quell'amore che realmente redime il mondo.

Alla fine vorrei raccontare una piccola storia di santa Giuseppina Bakhita, questa piccola santa africana che in Italia ha trovato Dio e Cristo, e che mi fa sempre una grande impressione. Era suora in un convento italiano; un giorno, il Vescovo del luogo fa visita a quel monastero, vede questa piccola suora nera, della quale sembra non avesse saputo nulla e dice:  "Suora cosa fa lei qui?" E Bakhita risponde:  "La stessa cosa che fa lei, eccellenza". Il vescovo visibilmente irritato dice:  "Ma come, suora, fa la stessa cosa come me?", "Sì, - dice la suora - ambedue vogliamo fare la volontà di Dio, non è vero?". Infine questo è il punto essenziale:  conoscere, con l'aiuto della Chiesa, della Parola di Dio e degli amici, la volontà di Dio, sia nelle sue grandi linee, comuni per tutti, sia nella concretezza della mia vita personale. Così la vita diventa forse non troppo facile, ma bella e felice. Preghiamo il Signore che ci aiuti sempre a trovare la sua volontà e a seguirla con gioia.



Il Vangelo ci ha detto che Gesù fissò quel giovane e lo amò. Padre Santo che vuol dire essere guardati con amore da Gesù? Come possiamo fare anche noi oggi questa esperienza? Ma è davvero possibile vivere questa esperienza anche in questa vita di oggi?


Naturalmente direi di sì, perché il Signore è sempre presente e guarda ognuno di noi con amore. Solo che noi dobbiamo trovare questo sguardo e incontrarci con lui. Come fare? Direi che il primo punto per incontrarci con Gesù, per fare esperienza del suo amore è conoscerlo. Conoscere Gesù implica diverse vie. Una prima condizione è conoscere la figura di Gesù come ci appare nei Vangeli, che ci danno un ritratto molto ricco della figura di Gesù, nelle grandi parabole, pensiamo al figliol prodigo, al samaritano, a Lazzaro eccetera. In tutte le parabole, in tutte le sue parole, nel sermone della montagna, troviamo realmente il volto di Gesù, il volto di Dio fino alla croce dove, per amore di noi, si dà totalmente fino alla morte e può, alla fine, dire Nelle tue mani Padre, do la mia vita, la mia anima (cfr. Lc 23, 46).
Quindi:  conoscere, meditare Gesù insieme con gli amici, con la Chiesa e conoscere Gesù non solo in modo accademico, teorico, ma con il cuore, cioè parlare con Gesù nella preghiera. Una persona non la si può conoscere nello stesso modo in cui posso studiare la matematica. Per la matematica è necessaria e sufficiente la ragione, ma per conoscere una persona, anzitutto la grande persona di Gesù, Dio e uomo, ci vuole anche la ragione, ma, nello stesso tempo, anche il cuore. Solo con l'apertura del cuore a lui, solo con la conoscenza dell'insieme di quanto ha detto e di quanto ha fatto, con il nostro amore, con il nostro andare verso di lui, possiamo man mano conoscerlo sempre di più e così anche fare l'esperienza di essere amati. Quindi:  ascoltare la Parola di Gesù, ascoltarla nella comunione della Chiesa, nella sua grande esperienza e rispondere con la nostra preghiera, con il nostro colloquio personale con Gesù, dove gli diciamo quanto non possiamo capire, i nostri bisogni, le nostre domande. In un vero colloquio, possiamo trovare sempre di più questa strada della conoscenza, che diventa amore. Naturalmente non solo pensare, non solo pregare, ma anche fare è una parte del cammino verso Gesù:  fare le cose buone, impegnarsi per il prossimo. Ci sono diverse strade; ognuno conosce le proprie possibilità, nella parrocchia e nella comunità in cui vive, per impegnarsi anche con Cristo e per gli altri, per la vitalità della Chiesa, perché la fede sia veramente forza formativa del nostro ambiente, e così del nostro tempo. Quindi, direi questi elementi:  ascoltare, rispondere, entrare nella comunità credente, comunione con Cristo nei sacramenti, dove si da a noi, sia nell'Eucaristia, sia nella Confessione eccetera, e, finalmente, fare, realizzare le parole della fede così che diventino forza della mia vita e appare veramente anche a me lo sguardo di Gesù e il suo amore mi aiuta, mi trasforma.

Gesù invitò il giovane ricco a lasciare tutto, e a seguirlo, ma lui se ne andò via triste. Anche io come lui faccio fatica a seguirlo, perché ho paura di lasciare le mie cose e talvolta la Chiesa mi chiede delle rinunce difficili. Padre Santo come posso trovare la forza per scelte coraggiose, e chi mi può aiutare?

Ecco, cominciamo con questa parola dura per noi:  rinunce. Le rinunce sono possibili e, alla fine, diventano anche belle se hanno un perché e se questo perché giustifica poi anche la difficoltà della rinuncia. San Paolo ha usato, in questo contesto, l'immagine delle olimpiadi e degli atleti impegnati per le olimpiadi (cfr. 1 Cor 9, 24-25). Dice:  Loro, per arrivare finalmente alla medaglia - in quel tempo alla corona - devono vivere una disciplina molto dura, devono rinunciare a tante cose, devono esercitarsi nello sport che praticano e fanno grandi sacrifici e rinunce perché hanno una motivazione, ne vale la pena. Anche se alla fine, forse, non sono tra i vincitori, tuttavia è una bella cosa aver disciplinato se stesso ed essere stato capace di fare queste cose con una certa perfezione. La stessa cosa che vale, con questa immagine di san Paolo, per le olimpiadi, per tutto lo sport, vale anche per tutte le altre cose della vita. Una vita professionale buona non si può raggiungere senza rinunce, senza una preparazione adeguata, che sempre esige una disciplina, esige che si debba rinunciare a qualche cosa, e così via, anche nell'arte e in tutti gli elementi della vita. Noi tutti comprendiamo che per raggiungere uno scopo, sia professionale, sia sportivo, sia artistico, sia culturale, dobbiamo rinunciare, imparare per andare avanti. Proprio anche l'arte di vivere, di essere se stesso, l'arte di essere uomo esige rinunce, e le rinunce vere, che ci aiutano a trovare la strada della vita, l'arte della vita, ci sono indicate nella Parola di Dio e ci aiutano a non cadere - diciamo - nell'abisso della droga, dell'alcool, della schiavitù della sessualità, della schiavitù del denaro, della pigrizia. Tutte queste cose, in un primo momento, appaiono come azioni di libertà. In realtà, non sono azioni di libertà, ma inizio di una schiavitù che diventa sempre più insuperabile. Riuscire a rinunciare alla tentazione del momento, andare avanti verso il bene crea la vera libertà e fa preziosa la vita. In questo senso, mi sembra, dobbiamo vedere che senza un "no" a certe cose non cresce il grande "sì" alla vera vita, come la vediamo nelle figure dei santi. Pensiamo a san Francesco, pensiamo ai santi del nostro tempo, Madre Teresa, don Gnocchi e tanti altri, che hanno rinunciato e che hanno vinto e sono divenuti non solo liberi loro stessi ma anche una ricchezza per il mondo e ci mostrano come si può vivere. Così alla domanda "chi mi aiuta", direi che ci aiutano le grandi figure della storia della Chiesa, ci aiuta la Parola di Dio, ci aiuta la comunità parrocchiale, il movimento, il volontariato, eccetera. E ci aiutano le amicizie di uomini che "vanno avanti", che hanno già fatto progressi nella strada della vita e che possono convincermi che camminare così è la strada giusta. Preghiamo il Signore che ci doni sempre degli amici, delle comunità che ci aiutano a vedere la strada del bene e a trovare così la vita bella e gioiosa.


(©L'Osservatore Romano - 27 marzo 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/03/2010 00:41
 
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Incontro con i giovani...

































































 







































Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/09/2010 18:10
 
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Benedetto XVI racconta la sua esperienza giovanile


I giovani non cercano sicurezza, ma una “vita più grande”


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 3 settembre 2010 (ZENIT.org).- La guerra e le difficoltà, i propri dubbi e l'incontro con Gesù sono alcune delle esperienze personali che Papa Benedetto XVI rivive nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011, reso pubblico questo venerdì dalla Santa Sede.

Nel testo, il Pontefice ripercorre gli anni della sua vocazione e propone la propria esperienza ai giovani, perché le aspirazioni di un giovane sono le stesse in ogni epoca e possono riassumersi nell'anelito a una “vita più grande” che non finisca nella mediocrità.

I giovani, spiega, “sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà”.

“Molti manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice”.

Ricordando la propria gioventù, il Papa constata che “stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani”.

“Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande”.

“Se penso ai miei anni di allora: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese – afferma andando con la memoria alla sua giovinezza, trascorsa tra la II Guerra Mondiale e l'immediato dopoguerra –. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza”.

“Certamente – riconosce –, ciò dipendeva anche dalla nostra situazione. Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, 'rinchiusi' dal potere dominante. Quindi, volevamo uscire all’aperto per entrare nell’ampiezza delle possibilità dell’essere uomo”.

Nonostante questo, ritiene che “questo impulso di andare oltre all’abituale ci sia in ogni generazione. È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande”.

“Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? – si chiede –. No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente”.

Citando uno dei suoi autori preferiti, osserva quindi che “Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua 'impronta'”.

Dubbi

La gioventù, riconosce il Vescovo di Roma nel suo Messaggio, è anche “una fase fondamentale, che può turbare l’animo, a volte anche a lungo. Si pensa al tipo di lavoro da intraprendere, a quali relazioni sociali stabilire, a quali affetti sviluppare…”.

“In questo contesto, ripenso alla mia giovinezza. In qualche modo ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all’università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza”.

“Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio?”, confessa.

La scelta del sacerdozio non è stata facile: “Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarLo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica”.

Incontro con Gesù

Un altro dei “tesori” della sua esperienza giovanile che il Papa vuole condividere è l'incontro personale con Gesù, una “perla preziosa” che in qualche modo ha voluto trasmettere con i suoi libri su Gesù di Nazaret. La Settimana Santa del prossimo anno verrà pubblicato il secondo volume.

“Oggi per molti, l’accesso a Gesù si è fatto difficile. Circolano così tante immagini di Gesù che si spacciano per scientifiche e Gli tolgono la sua grandezza, la singolarità della Sua persona”, afferma il Pontefice.

Per questo, “durante lunghi anni di studio e meditazione, maturò in me il pensiero di trasmettere un po’ del mio personale incontro con Gesù in un libro: quasi per aiutare a vedere, udire, toccare il Signore, nel quale Dio ci è venuto incontro per farsi conoscere”, aggiunge.

L’incontro con il Figlio di Dio “dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza”.

“Cari giovani, imparate a 'vedere', a 'incontrare' Gesù nell’Eucaristia, dove è presente e vicino fino a farsi cibo per il nostro cammino; nel Sacramento della Penitenza, in cui il Signore manifesta la sua misericordia nell’offrirci sempre il suo perdono. Riconoscete e servite Gesù anche nei poveri, nei malati, nei fratelli che sono in difficoltà e hanno bisogno di aiuto”, conclude.







Il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della gioventù di Madrid

La ricerca della vita più grande



C'è una "vita più grande" nell'orizzonte della "quotidianità regolare" che soffoca spesso la speranza dei giovani. Lo ricorda il Papa nel messaggio per la prossima Giornata mondiale della gioventù, in programma a Madrid nell'agosto 2011.

"Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2, 7)

Cari amici,
ripenso spesso alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney del 2008. Là abbiamo vissuto una grande festa della fede, durante la quale lo Spirito di Dio ha agito con forza, creando un'intensa comunione tra i partecipanti, venuti da ogni parte del mondo. Quel raduno, come i precedenti, ha portato frutti abbondanti nella vita di numerosi giovani e della Chiesa intera. Ora, il nostro sguardo si rivolge alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Madrid nell'agosto 2011. Già nel 1989, qualche mese prima della storica caduta del Muro di Berlino, il pellegrinaggio dei giovani fece tappa in Spagna, a Santiago de Compostela. Adesso, in un momento in cui l'Europa ha grande bisogno di ritrovare le sue radici cristiane, ci siamo dati appuntamento a Madrid, con il tema:  "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2, 7). Vi invito pertanto a questo evento così importante per la Chiesa in Europa e per la Chiesa universale. E vorrei che tutti i giovani, sia coloro che condividono la nostra fede in Gesù Cristo, sia quanti esitano, sono dubbiosi o non credono in Lui, potessero vivere questa esperienza, che può essere decisiva per la vita:  l'esperienza del Signore Gesù risorto e vivo e del suo amore per ciascuno di noi.

Alle sorgenti delle vostre più grandi aspirazioni

1. In ogni epoca, anche ai nostri giorni, numerosi giovani sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà. Molti manifestano l'aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice. Certamente, ricordando la mia giovinezza, so che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l'età in cui si è alla ricerca della vita più grande. Se penso ai miei anni di allora:  semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza. Certamente, ciò dipendeva anche dalla nostra situazione. Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, "rinchiusi" dal potere dominante. Quindi, volevamo uscire all'aperto per entrare nell'ampiezza delle possibilità dell'essere uomo.

Ma credo che, in un certo senso, questo impulso di andare oltre all'abituale ci sia in ogni generazione. È parte dell'essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l'anelito per ciò che è realmente grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l'uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l'infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente. Sant'Agostino aveva ragione:  il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua "impronta". Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all'amore, alla gioia e alla pace. Allora comprendiamo che è un controsenso pretendere di eliminare Dio per far vivere l'uomo! Dio è la sorgente della vita; eliminarlo equivale a separarsi da questa fonte e, inevitabilmente, privarsi della pienezza e della gioia:  "la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce" (Con. Ecum. Vat. ii, Cost. Gaudium et spes, 36).
 
La cultura attuale, in alcune aree del mondo, soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, o a considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita sociale. Mentre l'insieme dei valori che sono alla base della società proviene dal Vangelo - come il senso della dignità della persona, della solidarietà, del lavoro e della famiglia -, si constata una sorta di "eclissi di Dio", una certa amnesia, se non un vero rifiuto del Cristianesimo e una negazione del tesoro della fede ricevuta, col rischio di perdere la propria identità profonda.

Per questo motivo, cari amici, vi invito a intensificare il vostro cammino di fede in Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Voi siete il futuro della società e della Chiesa! Come scriveva l'apostolo Paolo ai cristiani della città di Colossi, è vitale avere delle radici, della basi solide! E questo è particolarmente vero oggi, quando molti non hanno punti di riferimento stabili per costruire la loro vita, diventando così profondamente insicuri. Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento. Voi giovani avete il diritto di ricevere dalle generazioni che vi precedono punti fermi per fare le vostre scelte e costruire la vostra vita, come una giovane pianta ha bisogno di un solido sostegno finché crescono le radici, per diventare, poi, un albero robusto, capace di portare frutto.

Radicati e fondati in Cristo

2. Per mettere in luce l'importanza della fede nella vita dei credenti, vorrei soffermarmi su ciascuno dei tre termini che san Paolo utilizza in questa sua espressione:  "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2, 7). Vi possiamo scorgere tre immagini:  "radicato" evoca l'albero e le radici che lo alimentano; "fondato" si riferisce alla costruzione di una casa; "saldo" rimanda alla crescita della forza fisica o morale. Si tratta di immagini molto eloquenti. Prima di commentarle, va notato semplicemente che nel testo originale i tre termini, dal punto di vista grammaticale, sono dei passivi:  ciò significa che è Cristo stesso che prende l'iniziativa di radicare, fondare e rendere saldi i credenti.

La prima immagine è quella dell'albero, fermamente piantato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo alimentano. Senza radici, sarebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Quali sono le nostre radici? Naturalmente i genitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità. La Bibbia ne svela un'altra. Il profeta Geremia scrive:  "Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell'anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti" (Ger 17, 7-8). Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente. "Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio" (1 Gv 5, 11).

Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr. Gv 14, 6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l'incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l'esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza. C'è un momento, da giovani, in cui ognuno di noi si domanda:  che senso ha la mia vita, quale scopo, quale direzione dovrei darle? È una fase fondamentale, che può turbare l'animo, a volte anche a lungo. Si pensa al tipo di lavoro da intraprendere, a quali relazioni sociali stabilire, a quali affetti sviluppare... In questo contesto, ripenso alla mia giovinezza. In qualche modo ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all'università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi:  è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta.

Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza:  è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell'ascoltarLo, nell'andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica.
Come le radici dell'albero lo tengono saldamente piantato nel terreno, così le fondamenta danno alla casa una stabilità duratura. Mediante la fede, noi siamo fondati in Cristo (cfr. Col 2, 7), come una casa è costruita sulle fondamenta. Nella storia sacra abbiamo numerosi esempi di santi che hanno edificato la loro vita sulla Parola di Dio. Il primo è Abramo. Il nostro padre nella fede obbedì a Dio che gli chiedeva di lasciare la casa paterna per incamminarsi verso un Paese sconosciuto. "Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio" (Gc 2, 23). Essere fondati in Cristo significa rispondere concretamente alla chiamata di Dio, fidandosi di Lui e mettendo in pratica la sua Parola. Gesù stesso ammonisce i suoi discepoli:  "Perché mi invocate:  "Signore, Signore!" e non fate quello che dico?" (Lc 6, 46). E, ricorrendo all'immagine della costruzione della casa, aggiunge:  "Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica... è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene" (Lc 6, 47-48).

Cari amici, costruite la vostra casa sulla roccia, come l'uomo che "ha scavato molto profondo". Cercate anche voi, tutti i giorni, di seguire la Parola di Cristo. Sentitelo come il vero Amico con cui condividere il cammino della vostra vita. Con Lui accanto sarete capaci di affrontare con coraggio e speranza le difficoltà, i problemi, anche le delusioni e le sconfitte. Vi vengono presentate continuamente proposte più facili, ma voi stessi vi accorgete che si rivelano ingannevoli, non vi danno serenità e gioia. Solo la Parola di Dio ci indica la via autentica, solo la fede che ci è stata trasmessa è la luce che illumina il cammino. Accogliete con gratitudine questo dono spirituale che avete ricevuto dalle vostre famiglie e impegnatevi a rispondere con responsabilità alla chiamata di Dio, diventando adulti nella fede. Non credete a coloro che vi dicono che non avete bisogno degli altri per costruire la vostra vita! Appoggiatevi, invece, alla fede dei vostri cari, alla fede della Chiesa, e ringraziate il Signore di averla ricevuta e di averla fatta vostra!

Saldi nella fede

3. Siate "radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2, 7). La Lettera da cui è tratto questo invito, è stata scritta da san Paolo per rispondere a un bisogno preciso dei cristiani della città di Colossi. Quella comunità, infatti, era minacciata dall'influsso di certe tendenze culturali dell'epoca, che distoglievano i fedeli dal Vangelo. Il nostro contesto culturale, cari giovani, ha numerose analogie con quello dei Colossesi di allora. Infatti, c'è una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un "paradiso" senza di Lui. Ma l'esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un "inferno":  prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l'odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza. Al contrario, là dove le persone e i popoli accolgono la presenza di Dio, lo adorano nella verità e ascoltano la sua voce, si costruisce concretamente la civiltà dell'amore, in cui ciascuno viene rispettato nella sua dignità, cresce la comunione, con i frutti che essa porta. Vi sono però dei cristiani che si lasciano sedurre dal modo di pensare laicista, oppure sono attratti da correnti religiose che allontanano dalla fede in Gesù Cristo. Altri, senza aderire a questi richiami, hanno semplicemente lasciato raffreddare la loro fede, con inevitabili conseguenze negative sul piano morale.

Ai fratelli contagiati da idee estranee al Vangelo, l'apostolo Paolo ricorda la potenza di Cristo morto e risorto. Questo mistero è il fondamento della nostra vita, il centro della fede cristiana. Tutte le filosofie che lo ignorano, considerandolo "stoltezza" (1 Cor 1, 23), mostrano i loro limiti davanti alle grandi domande che abitano il cuore dell'uomo. Per questo anch'io, come Successore dell'apostolo Pietro, desidero confermarvi nella fede (cfr. Lc 22, 32). Noi crediamo fermamente che Gesù Cristo si è offerto sulla Croce per donarci il suo amore; nella sua passione, ha portato le nostre sofferenze, ha preso su di sé i nostri peccati, ci ha ottenuto il perdono e ci ha riconciliati con Dio Padre, aprendoci la via della vita eterna. In questo modo siamo stati liberati da ciò che più intralcia la nostra vita:  la schiavitù del peccato, e possiamo amare tutti, persino i nemici, e condividere questo amore con i fratelli più poveri e in difficoltà.

Cari amici, spesso la Croce ci fa paura, perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario! Essa è il "sì" di Dio all'uomo, l'espressione massima del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Infatti, dal cuore di Gesù aperto sulla croce è sgorgata questa vita divina, sempre disponibile per chi accetta di alzare gli occhi verso il Crocifisso. Dunque, non posso che invitarvi ad accogliere la Croce di Gesù, segno dell'amore di Dio, come fonte di vita nuova. Al di fuori di Cristo morto e risorto, non vi è salvezza! Lui solo può liberare il mondo dal male e far crescere il Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo.

Credere in Gesù Cristo senza vederlo

4. Nel Vangelo ci viene descritta l'esperienza di fede dell'apostolo Tommaso nell'accogliere il mistero della Croce e Risurrezione di Cristo. Tommaso fa parte dei Dodici apostoli; ha seguito Gesù; è testimone diretto delle sue guarigioni, dei miracoli; ha ascoltato le sue parole; ha vissuto lo smarrimento davanti alla sua morte. La sera di Pasqua il Signore appare ai discepoli, ma Tommaso non è presente, e quando gli viene riferito che Gesù è vivo e si è mostrato, dichiara:  "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo" (Gv 20, 25).

Noi pure vorremmo poter vedere Gesù, poter parlare con Lui, sentire ancora più fortemente la sua presenza. Oggi per molti, l'accesso a Gesù si è fatto difficile. Circolano così tante immagini di Gesù che si spacciano per scientifiche e Gli tolgono la sua grandezza, la singolarità della Sua persona. Pertanto, durante lunghi anni di studio e meditazione, maturò in me il pensiero di trasmettere un po' del mio personale incontro con Gesù in un libro:  quasi per aiutare a vedere, udire, toccare il Signore, nel quale Dio ci è venuto incontro per farsi conoscere. Gesù stesso, infatti, apparendo nuovamente dopo otto giorni ai discepoli, dice a Tommaso:  "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!" (Gv 20, 27). Anche a noi è possibile avere un contatto sensibile con Gesù, mettere, per così dire, la mano sui segni della sua Passione, i segni del suo amore:  nei Sacramenti Egli si fa particolarmente vicino a noi, si dona a noi.

Cari giovani, imparate a "vedere", a "incontrare" Gesù nell'Eucaristia, dove è presente e vicino fino a farsi cibo per il nostro cammino; nel Sacramento della Penitenza, in cui il Signore manifesta la sua misericordia nell'offrirci sempre il suo perdono. Riconoscete e servite Gesù anche nei poveri, nei malati, nei fratelli che sono in difficoltà e hanno bisogno di aiuto.

Aprite e coltivate un dialogo personale con Gesù Cristo, nella fede. Conoscetelo mediante la lettura dei Vangeli e del Catechismo della Chiesa Cattolica; entrate in colloquio con Lui nella preghiera, dategli la vostra fiducia:  non la tradirà mai! "La fede è innanzitutto un'adesione personale dell'uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l'assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 150). Così potrete acquisire una fede matura, solida, che non sarà fondata unicamente su un sentimento religioso o su un vago ricordo del catechismo della vostra infanzia. Potrete conoscere Dio e vivere autenticamente di Lui, come l'apostolo Tommaso, quando manifesta con forza la sua fede in Gesù:  "Mio Signore e mio Dio!".

Sorretti dalla fede della Chiesa, per essere testimoni

5. In quel momento Gesù esclama:  "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Gv 20, 29). Egli pensa al cammino della Chiesa, fondata sulla fede dei testimoni oculari:  gli Apostoli. Comprendiamo allora che la nostra fede personale in Cristo, nata dal dialogo con Lui, è legata alla fede della Chiesa:  non siamo credenti isolati, ma, mediante il Battesimo, siamo membri di questa grande famiglia, ed è la fede professata dalla Chiesa che dona sicurezza alla nostra fede personale. Il Credo che proclamiamo nella Messa domenicale ci protegge proprio dal pericolo di credere in un Dio che non è quello che Gesù ci ha rivelato:  "Ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 166). Ringraziamo sempre il Signore per il dono della Chiesa; essa ci fa progredire con sicurezza nella fede, che ci dà la vera vita (cfr. Gv 20, 31).

Nella storia della Chiesa, i santi e i martiri hanno attinto dalla Croce gloriosa di Cristo la forza per essere fedeli a Dio fino al dono di se stessi; nella fede hanno trovato la forza per vincere le proprie debolezze e superare ogni avversità. Infatti, come dice l'apostolo Giovanni, "chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?" (1 Gv 5, 5). E la vittoria che nasce dalla fede è quella dell'amore. Quanti cristiani sono stati e sono una testimonianza vivente della forza della fede che si esprime nella carità:  sono stati artigiani di pace, promotori di giustizia, animatori di un mondo più umano, un mondo secondo Dio; si sono impegnati nei vari ambiti della vita sociale, con competenza e professionalità, contribuendo efficacemente al bene di tutti. La carità che scaturisce dalla fede li ha condotti ad una testimonianza molto concreta, negli atti e nelle parole:  Cristo non è un bene solo per noi stessi, è il bene più prezioso che abbiamo da condividere con gli altri.

Nell'era della globalizzazione, siate testimoni della speranza cristiana nel mondo intero:  sono molti coloro che desiderano ricevere questa speranza! Davanti al sepolcro dell'amico Lazzaro, morto da quattro giorni, Gesù, prima di richiamarlo alla vita, disse a sua sorella Marta:  "Se crederai, vedrai la gloria di Dio" (cfr. Gv 11, 40). Anche voi, se crederete, se saprete vivere e testimoniare la vostra fede ogni giorno, diventerete strumento per far ritrovare ad altri giovani come voi il senso e la gioia della vita, che nasce dall'incontro con Cristo!

Verso la Giornata Mondiale di Madrid

6. Cari amici, vi rinnovo l'invito a venire alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Con gioia profonda, attendo ciascuno di voi personalmente:  Cristo vuole rendervi saldi nella fede mediante la Chiesa. La scelta di credere in Cristo e di seguirlo non è facile; è ostacolata dalle nostre infedeltà personali e da tante voci che indicano vie più facili. Non lasciatevi scoraggiare, cercate piuttosto il sostegno della Comunità cristiana, il sostegno della Chiesa! Nel corso di quest'anno preparatevi intensamente all'appuntamento di Madrid con i vostri Vescovi, i vostri sacerdoti e i responsabili di pastorale giovanile nelle diocesi, nelle comunità parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti. La qualità del nostro incontro dipenderà soprattutto dalla preparazione spirituale, dalla preghiera, dall'ascolto comune della Parola di Dio e dal sostegno reciproco.

Cari giovani, la Chiesa conta su di voi! Ha bisogno della vostra fede viva, della vostra carità creativa e del dinamismo della vostra speranza. La vostra presenza rinnova la Chiesa, la ringiovanisce e le dona nuovo slancio. Per questo le Giornate Mondiali della Gioventù sono una grazia non solo per voi, ma per tutto il Popolo di Dio. La Chiesa in Spagna si sta preparando attivamente per accogliervi e vivere insieme l'esperienza gioiosa della fede. Ringrazio le diocesi, le parrocchie, i santuari, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti ecclesiali, che lavorano con generosità alla preparazione di questo evento. Il Signore non mancherà di benedirli. La Vergine Maria accompagni questo cammino di preparazione. Ella, all'annuncio dell'Angelo, accolse con fede la Parola di Dio; con fede acconsentì all'opera che Dio stava compiendo in lei. Pronunciando il suo "fiat", il suo "sì", ricevette il dono di una carità immensa, che la spinse a donare tutta se stessa a Dio. Interceda per ciascuno e ciascuna di voi, affinché nella prossima Giornata Mondiale possiate crescere nella fede e nell'amore.

Vi assicuro il mio paterno ricordo nella preghiera e vi benedico di cuore.


Dal Vaticano, 6 agosto 2010, Festa della Trasfigurazione del Signore.






(©L'Osservatore Romano - 4 settembre 2010)



 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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05/09/2010 20:04
 
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 05.09.2010
 tendenti a spiegare IL MESSAGGIO PER I GIOVANI (postato sopra) che nei commentari di alcuni giornali era stato travisato.....

Alle ore 12 di oggi, rientrato dalla Visita Pastorale a Carpineto Romano, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Chiedo innanzitutto scusa per il ritardo! Sono rientrato in questo momento da
Carpineto Romano, dove, 200 anni fa, nacque il Papa Leone XIII, Vincenzo Gioacchino Pecci.
Ringrazio il Signore di aver potuto, in questa importante ricorrenza, celebrare l’Eucaristia tra i suoi concittadini.

Ora desidero invece presentare brevemente il mio
Messaggio – pubblicato nei giorni scorsi – rivolto ai giovani del mondo per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Madrid tra poco meno di un anno.

Il tema che ho scelto per questo Messaggio riprende un’espressione della Lettera ai Colossesi dell’apostolo Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (2,7).

E’ decisamente una proposta contro-corrente! Chi, infatti, oggi propone ai giovani di essere “radicati” e “saldi”? Piuttosto si esalta l’incertezza, la mobilità, la volubilità… tutti aspetti che riflettono una cultura indecisa riguardo ai valori di fondo, ai principi in base ai quali orientare e regolare la propria vita.

In realtà, io stesso, per la mia esperienza e per i contatti che ho con i giovani, so bene che ogni generazione, anzi, ogni singola persona è chiamata a fare nuovamente il percorso di scoperta del senso della vita. Ed è proprio per questo che ho voluto riproporre un messaggio che, secondo lo stile biblico, evoca le immagini dell’albero e della casa. Il giovane, infatti, è come un albero in crescita: per svilupparsi bene ha bisogno di radici profonde, che, in caso di tempeste di vento, lo tengano ben piantato al suolo. Così anche l’immagine dell’edificio in costruzione richiama l’esigenza di valide fondamenta, perché la casa sia solida e sicura.

Ed ecco il cuore del Messaggio: esso sta nelle espressioni “in Cristo” e “nella fede”. La piena maturità della persona, la sua stabilità interiore, hanno il fondamento nella relazione con Dio, relazione che passa attraverso l’incontro con Gesù Cristo. Un rapporto di profonda fiducia, di autentica amicizia con Gesù è in grado di dare ad un giovane ciò di cui ha più bisogno per affrontare bene la vita: serenità e luce interiore, attitudine a pensare positivamente, larghezza d’animo verso gli altri, disponibilità a pagare di persona per il bene, la giustizia e la verità.

Un ultimo aspetto, molto importante: per diventare credente, il giovane è sorretto dalla fede della Chiesa; se nessun uomo è un’isola, tanto meno lo è il cristiano, che scopre nella Chiesa la bellezza della fede condivisa e testimoniata insieme agli altri nella fraternità e nel servizio della carità.

Questo mio Messaggio ai giovani porta la data del 6 agosto, Festa della Trasfigurazione del Signore. Possa la luce del Volto di Cristo risplendere nel cuore di ogni giovane! E la Vergine Maria accompagni con la sua protezione il cammino delle comunità e dei gruppi giovanili verso il grande Incontro di Madrid 2011.

                       Pope Benedict XVI acknowledges faithful as he arrives to lead the Angelus prayer at his summer residence of Castel Gandolfo, in the outskirts of Rome, Sunday, Sept. 5, 2010.

Fraternamente CaterinaLD

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05/10/2010 16:40
 
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PRESENTAZIONE GIORNATA MONDIALE GIOVENTù 2011

CITTA' DEL VATICANO, 5 OTT. 2010 (VIS). Questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede si è svolta la Conferenza Stampa di presentazione della Giornata Mondiale della Gioventù, in programma nell'agosto 2011 a Madrid.

Alla Conferenza Stampa sono intervenuti: il Cardinale Stanislaw Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; il Cardinale Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid e Presidente della Conferenza Episcopale spagnola; il Vescovo Josef Clemens, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici; il Vescovo César Franco Martínez, Ausiliare di Madrid e Coordinatore Generale della GMG 2011; e la Dottoressa María de Jaureguizar, Vice-Direttrice del Dipartimento delle Comunicazioni della GMG.

Il Cardinale Rylko ha sottolineato che: "Il Papa insiste molto sul fatto che la GMG non è riducibile soltanto ad un momento di festa. La preparazione di questo grande evento e il seguito che bisogna dare nella pastorale ordinaria ne costituiscono una parte integrante e decisiva. La festa, l'evento in sé agiscono come una sorta di catalizzatore che facilita un processo educativo già in corso. In tal senso, Papa Benedetto XVI vede nelle GMG una risposta profetica all'emergenza educativa del mondo post-moderno".

Il Cardinale Rouco Varela ha affermato che: "La Giornata Mondiale della Gioventù è una chiara proposta di avvicinamento a Cristo e alla sua Chiesa per tutta la società spagnola. (...) Se riusciamo a mostrare la bellezza della fede, molti giovani e meno giovani scopriranno o riscopriranno l'orgoglio e il privilegio immeritato di essere cattolici e la responsabilità che abbiamo di trasformare il nostro mondo in un luogo migliore per tutti".

La GMG, ha detto ancora il Porporato "sarà possibile grazie all'aiuto di molti". In primo luogo "decine di volontari permanenti e - quando si avvicinerà la settimana cruciale (16-21 agosto)- fino a 20.000 volontari, spagnoli e internazionali". Molte famiglie madrilene accoglieranno i pellegrini. Da un punto di vista economico "la GMG si appoggia ad una vasta piattaforma civica, costituita da numerosissime piccole offerte e da contributi di imprese e istituzioni, in denaro e in generi di prima necessità, che hanno accettato di essere patrocinatori assumendosi la responsabilità di organizzare la GMG a beneficio della gioventù del mondo".
"Non posso mancare di menzionare" - ha proseguito il Cardinale Rouco Varela - "il positivo clima di collaborazione che dal principio si è instaurato con le amministrazioni pubbliche spagnole. L'accoglienza della GMG da parte del Governo della Nazione, della Comunità Autonoma e del Comune di Madrid è stata favorevole e operativa sin dal primo momento".

Il Vescovo Clemens ha analizzato il Messaggio del Papa in occasione della GMG partendo dai riferimenti autobiografici che Benedetto XVI indica nel testo. "Papa Benedetto XVI tre volte richiama sue esperienze personali. In questo modo il Papa rivela - come già in alcuni incontri con bambini e giovani nel passato - una grande vicinanza e sensibilità per le specifiche sfide e difficoltà dell'età giovanile. Nelle sue parole e gesti si nota il desiderio di una sincera condivisione con i giovani, si manifesta un grande tatto e un linguaggio attento e realistico".

"Il primo riferimento autobiografico del Santo Padre muove dall'esperienza della propria gioventù come tempo di grande ricerca, ma anche della ricerca del grande". Ricorda l'epoca del regime nazista, ma "Questi riferimenti sono certamente determinati dalla situazione politica di allora in Germania, e allo stesso tempo vediamo che sono trasferibili alla situazione dei giovani di oggi, che, pure in diversa modalità, fanno esperienza dell'essere 'rinchiusi', in un mondo in cui spesso prevalgono il consumismo e le relazioni personali d'interesse".

Il secondo riferimento autobiografico si trova nel contesto dell'esperienza della gioventù, come tempo della grandi decisioni, quando il Papa ricorda la sua decisione di abbracciare la vocazione sacerdotale. "Nelle parole del Papa si riflette l'esperienza di tanti giovani che sanno bene che le grandi decisioni, spesso sofferte, devono essere poi riconquistate e difese. Conosciamo tutti la difficoltà diffusa nel nostro tempo di prendere e rimanere fedeli alle grandi decisioni, di legarsi per la durata di tutta una vita. E in questo contesto il Papa indica le virtù e gli atteggiamenti della fedeltà e della coerenza, della disponibilità e del servizio, come presupposti indispensabili per una vita 'autentica', degna di questo attributo".

In terzo luogo Benedetto XVI "offre alle grandi domande dell'età giovanile una grande risposta. Una risposta che proviene dal profondo del suo cuore e dall'esperienza di una lunga vita. La sua grande risposta è Dio, è la fede in Lui, è l'incontro con Gesù Cristo. (...) il Gesù reale, non il Gesù di un'ipotesi o di una teoria scientifica. Come base 'esistenziale' offre l'esperienza della sua 'ricerca personale del 'volto del Signore', che si è realizzata ed è maturata in lunghi anni di studio, di preghiera e di meditazione".

Il Vescovo César Franco Martínez che ha esposto il programma e gli aspetti organizzativi della GMG ha affermato: "Secondo i dati che ci arrivano dalle diverse conferenze episcopali, la GMG 2011 promette di essere una delle GMG più numerose fra quelle che si sono tenute in Europa" e tenendo conto della crisi economica che ha colpito la Spagna, questa Giornata "sarà caratterizzata dalla sobrietà". Sarà inoltre una GMG "molto spagnola" perché il Pontificio Consiglio per i Laici ha indicato che le GMG "si devono radicare nel Paese organizzatore. Quindi, ci ha chiesto che ci sia una speciale presenza della cultura e della storia spagnole".

Obiettivo principale della Giornata di Madrid è "il rilancio dell'attività pastorale con i giovani (...) Il contesto sociale" - ha affermato il Presule - "vede una diminuzione della pratica religiosa fra i giovani. Gli ultimi dati elaborati dall'Istituto Statistico ufficiale segnalano che tra i minori di 25 anni gli indici di pratica religiosa cattolica sono al di sotto del 10%, e che il 48,1% di giovani si riconosce cattolico non praticante. Vogliamo arrivare proprio a questi".

Riferendosi agli aspetti economici il Vescovo Martínez ha citato diversi sponsor, oltre al portale www.muchasgracias.info che "consente a chi vuole aiutare di decidere la quantità e anche le destinazione del suo contributo".

OP/... VIS 20101005 (990)
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05/10/2010 22:19
 
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Presentata la prossima Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà in agosto

Verso Madrid per un incontro personale con Cristo


Sarà "caratterizzata dalla sobrietà" la Giornata mondiale della gioventù di Madrid, dal 16 al 21 agosto 2011, per via del "contesto economico problematico che ha colpito la Spagna in maniera dura". Le previsioni parlano di due milioni e mezzo di giovani, intanto i preparativi procedono "a ritmo serrato" con un unico obiettivo:  proporre un incontro personale con Cristo e vincere così il grande malessere provocato dal "progetto irresponsabile" di escludere Dio dalla vita pubblica, per rinchiuderlo nella sfera privata.

Ecco, a trecentododici giorni dal via, il profilo della Giornata madrilena che martedì 5 ottobre è stata presentata nella sala stampa della Santa Sede.


Non ha nascosto di aspettarsi una svolta spirituale, un "rinnovamento interiore" della società, il cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale spagnola. Ha anche messo in rilievo il "clima positivo di collaborazione" instaurato "fin dall'inizio" con tutte le amministrazioni pubbliche, dal re al governo fino alle autorità locali. "Presentare Cristo alle nuove generazioni" significa anche rispondere alla "crisi attuale che non è solo economica ma soprattutto di valori".

E ha aggiunto che "non si tratta di inventare nulla, solo di riproporre il tesoro della Chiesa - la Parola di Dio e i Sacramenti - con un entusiasmo sempre nuovo". Gli ha fatto eco monsignor César Franco Martínez, vescovo ausiliare di Madrid e coordinatore generale della Giornata, che ha presentato l'iniziativa di un fondo di solidarietà per più poveri a cui ogni partecipante contribuirà versando dieci euro. In questo contesto di austerità rientra anche il lavoro dei settemila volontari già sul campo, diventeranno ventimila in estate, che stanno dando "una testimonianza cristiana di accoglienza e di servizio", ha spiegato Maria de Jaureguizar, vice direttore del dipartimento per la comunicazione.

La Giornata di Madrid, secondo il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, rivelerà "al mondo un volto del tutto inaspettato non solo della Chiesa ma dei giovani stessi". Si tratta di una "minoranza creativa e in crescita" che da venticinque anni sta dando vita "a un'avventura spirituale" capace di cambiare la vita di milioni di persone.

Infine una chiave di lettura del messaggio per la Giornata è stata presentata dal vescovo Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, anche attraverso "alcune annotazioni autobiografiche del Papa". Alla questione fondamentale della "domanda di Dio" si risponde, ha detto, vivendo la "propria gioventù come tempo di grande ricerca ma anche della ricerca del grande", come "tempo delle grandi decisioni" centrate sulla credibilità stessa della fede. È infatti solo nell'"incontro con Gesù Cristo" che si trova concretamente risposta alle grandi domande dei giovani di oggi e di ogni tempo. "La fede cristiana - ha concluso monsignor Clemens - non è solo credere a delle verità ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo".



(©L'Osservatore Romano - 6 ottobre 2010)
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23/10/2010 11:52
 
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 Il significato del Logo della GMG per il 2011 a Madrid




Logo GMG 2011






Presentato l'inno della Giornata Mondiale della Gioventù 2011


“Saldi nella Fede”, cantato alla vigilia dell'Almudena, patrona di Madrid


MADRID, venerdì, 12 novembre 2010 (ZENIT.org).- L'inno e colonna sonora della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di Madrid 2011 è stato presentato questo lunedì, vigilia della festa di Nostra Signora dell'Almudena, patrona di Madrid (Spagna).

L'inno della prossima GMG, dal titolo “Firmes en la Fe” (“Saldi nella Fede”), è stato intepretato dalla Giovane Orchestra della Comunità di Madrid (JORCAM) e dal coro de la Escolanía de El Escorial. Entrambi i gruppi hanno registrato l'inno, che verrà distribuito dal 19 novembre.

“Saldi nella Fede” accompagnerà i giovani nella preparazione e nella celebrazione della GMG di Madrid. E' ispirato al testo di San Paolo “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, scelto da Benedetto XVI come tema della GMG Madrid 2011.

Ha sei strofe. Il ritornello recita: “Saldi nella fede, camminiamo in Cristo,/ Nostro Amico, nostro Signore./ Sempre gloria a Lui! Sempre gloria a Lui! Camminiamo in Cristo saldi nella fede”.

L'autore del testo è il Vescovo ausiliare di Madrid César Franco, coordinatore generale della GMG.

Per monsignor Franco, “le strofe sottolineano l'Umanità santissima di Cristo nello stile della tradizione mistica spagnola e vogliono avvicinarla ai giovani”.

Il sacerdote Enrique Vázquez, compositore di musica religiosa, è autore della musica. Ricordando il processo di composizione dell'inno, ha sottolineato che “la prima sfida è stata quella di ideare una melodia che aiutasse a comprendere il testo, a cantarlo e a pregarlo”.

“Le strofe iniziano con un carattere più lirico che riflette la meraviglia, l'ammirazione e il ringraziamento di fronte alla Persona e all'opera del nostro Redentore”.

L'inno è stato registrato in tre versioni: una liturgica, un'altra strumentale per grandi cori e una popolare con accompagnamento di chitarra. Le tre versioni sono disponibili gratuitamente sulla
pagina web della GMG, dalla quale si possono scaricare anche gli spartiti per la sua interpretazione.

Chi lo preferisce in formato CD può acquistarlo presso la casa editrice San Paolo, che ha patrocinato la registrazione dell'inno e la produzione dei CD.

Un video musicale dell'inno, in versione multilingue, verrà distribuito in seguito.

Per scaricare l'inno (musica, testo e spartiti): http://www.madrid11.com/es/oficina-de-prensa/descargas/346-himno-2011.


[Modificato da Caterina63 12/11/2010 12:09]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/01/2011 00:03
 
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Il Card. Ryłko sulla GMG: “Dite ai vostri amici che ne vale la pena!”


Iniziato l'incontro di delegati per Madrid 2011


MADRID, giovedì, 13 gennaio 2011 (ZENIT.org).- I responsabili di più di 84 Paesi e di 57 realtà ecclesiali sono riuniti da questo mercoledì a Madrid (Spagna) per definire i dettagli dell'organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) che si celebrerà nella capitale spagnola dal 16 al 21 agosto 2011.

L'incontro è presieduto dal Cardinale Arcivescovo di Madrid Antonio Rouco e dal Cardinale Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici Stanisław Ryłko.

Più di 234 delegati provenienti dai cinque continenti assistono a queste giornate di lavoro, che si celebrano a San Lorenzo de El Escorial, vicino alla capitale, nella Sierra di Madrid, dal 12 al 15 gennaio.

All'incontro partecipano anche membri del Pontificio Consiglio per i Laici, il “ministero” vaticano incaricato delle Giornate Mondiali della Gioventù, nonché rappresentanti di tutte le province spagnole.

Il Cardinale Ryłko ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione dell'Incontro, nella quale ha sottolineato ciò che rappresenta entrare nella “fase finale”, che “apre una tappa decisiva nell'itinerario di preparazione spirituale e organizzativo-logistica della GMG di Madrid 2011”.

La rappresentante sudafricana, Barbara Koorbanally, ha riferito varie iniziative dei giovani del suo Paese per la preparazione.

Una replica della Croce dei giovani – che percorre la Spagna dal settembre 2009 – sta attraversando tutta la geografia del Paese africano per preparare i suoi giovani alla visita madrilena di agosto.

Il delegato del Brasile, Tiago Oliveira, ha sottolineato che i giovani brasiliani “vedono nella Spagna un paese fratello, per cui hanno grandi speranze”. Si aspetta la partecipazione di 20.000 di loro.

Il presidente del Comitato Organizzatore Locale della GMG di Madrid, il Cardinale Antonio María Rouco Varela, si è detto fiducioso che “l'incontro sia vivo, agile e dinamico” e che i rappresentanti forniscano “informazioni di prima mano sulle loro necessità e aspettative”.

Il Cardinale Ryłko ha celebrato il suo primo incontro, arrivando a Madrid, con un gruppo di giovani volontari, che ha ringraziato per la loro generosa collaborazione alla Giornata Mondiale.

“Per molti giovani giunti da ogni angolo del mondo sarà molto importante vedere la vostra capacità di accoglienza, il vostro spirito di sacrificio durante la GMG. A volte in compiti nascosti, ma non per questo meno importanti”, ha sottolineato il porporato. “Ai vostri amici non dite 'Dovete venire alla GMG', ma 'Vale la pena!'”.

I partecipanti all'Incontro Internazionale di Delegati si informeranno sui vari aspetti dell'organizzazione: alloggio, trasporti, iscrizioni, visti e volontariato.

In questi giorni, i delegati avranno l'occasione di visitare i luoghi in cui si celebreranno gli atti principali della GMG: l'aerodromo di Cuatro Vientos e i dintorni di plaza de Cibeles.

Per ulteriori informazioni, http://www.jmj2011madrid.com/.








Nuovo documentario sulle Giornate Mondiali della Gioventù


La storia e le testimonianze in 21 lingue


ROMA, venerdì, 28 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Per documentare l'opera straordinaria di Dio nel cuore delle Giornate Mondiali della Gioventù, è stato diffuso il documentario “La forza del Vangelo”.

Si tratta di una produzione in 21 lingue di
Net for God, una rete internazionale di preghiera e formazione cristiana per la pace e l'unità tra le Chiese e i Paesi.

Il documentario è stato realizzato per promuovere nel mondo la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Madrid (Spagna) dal 16 al 21 agosto.

La pellicola riscopre l'origine di questa iniziativa di Papa Giovanni Paolo II e mostra i motivi per i quali ha avuto un successo impossibile da immaginare prima che il futuro beato inziasse i suoi appuntamenti con i ragazzi e le ragazze di tutto il mondo.

Il film, introdotto da monsignor Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto e incaricato per dieci anni dell'organizzazione e del coordinamento delle Giornate Mondiali della Gioventù, propone la testimonianza di molti giovani la cui vita è cambiata totalmente dopo l'incontro con Dio.

Il documentario “La forza del Vangelo” è visionabile su
http://www.netforgod.tv





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GMG MADRID 2011 : PATTUGLIA ACROBATICA PER SALUTARE IL PAPA E NONNI IN CAMPO

Lavori in corso a Madrid per la
Giornata mondiale della Gioventù che si svolgerà nella capitale spagnola dal 16 al 21 agosto prossimo. A meno di 200 giorni dal suo inizio, la città si sta preparando per accogliere i giovani pellegrini da tutto il mondo, le stime parlano di circa 2 milioni per gli appuntamenti finali.

Nelle piazze e strade principali cominciano a fare capolino i grandi manifesti di benvenuto, “Acogida!”, mentre luoghi emblematici della capitale, come il museo del Prado, la Borsa e il palazzo delle Poste stanno rinnovando l’illuminazione.
 
Cominciano anche a trapelare notizie circa l’accoglienza di Benedetto XVI dall’aeroporto di Barajas a piazza Cibeles, nelle cui immediate vicinanze si trova la Porta di Alcalà, dove il Papa incontrerà i giovani. A scortare il Pontefice nel tragitto sarà la Guardia Reale mentre la pattuglia acrobatica “Aquila” dell’Aeronautica militare disegnerà in cielo.....

Anche un gruppo di motociclisti, ‘biker’, europei ha dato disponibilità ad accompagnare Benedetto XVI sin dal suo arrivo a Barajas. Per incoraggiare la partecipazione alla Gmg scendono in campo anche i nonni: è di questi giorni il lancio della campagna pubblicitaria della Giornata che vede protagonisti gli over 60 che avranno il compito di promuovere l’evento presso i loro nipoti dando anche disponibilità in qualità di volontari.

E’ stato creato un club dei nonni, la cui tessera numero uno è andata a Rosa Garcia, madre di 13 figli, nonna di 24 nipoti e bisnonna di 7. Gli organizzatori sperano di consegnare almeno 15 mila tessere. Ad accompagnare i nonni in questa iniziativa una colonna sonora realizzata da un noto duo musicale spagnolo, “Dùo Dinàmico” e dal titolo emblematico “Siamo giovani”.



[Modificato da Caterina63 31/01/2011 12:56]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/02/2011 00:29
 
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Il Papa: un romanzo criminale è avvincente perché ci coinvolge nella sorte di altre persone, Youcat è avvincente perché ci parla del nostro stesso destino e perciò riguarda da vicino ognuno di noi

PAPA: PRESENTA CATECHISMO PER GIOVANI, PIU' AVVINCENTE DI UN POLIZIESCO

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 2 feb

''Alcune persone mi dicono che il catechismo non interessa la gioventu' odierna; ma io non credo a questa affermazione e sono sicuro di avere ragione.
Essa non e' cosi' superficiale come la si accusa di essere; i giovani vogliono sapere in cosa consiste davvero la vita.
Un romanzo criminale e' avvincente perche' ci coinvolge nella sorte di altre persone, ma che potrebbe essere anche la nostra; questo libro e' avvincente perche' ci parla del nostro stesso destino e percio' riguarda da vicino ognuno di noi''.
 
E' quanto scrive papa Benedetto XVI nella
prefazione di ''Youcat'', una lettura del Catechismo della Chiesa cattolica destinato ai giovani preparato in vista della Giornata Mondiale della Gioventu' di Madrid, pubblicata oggi dall'Osservatore Romano.

Il papa invita i giovani a studiare il catechismo anche se li mette in guardia: non e' un libro che ''adula; non offre facili soluzioni; esige una nuova vita da parte vostra; vi presenta il messaggio del Vangelo come la 'perla preziosa' per la quale bisogno dare ogni cosa. Per questo vi chiedo: studiate il catechismo con passione e perseveranza! Sacrificate il vostro tempo per esso! Studiatelo nel silenzio della vostra camera, leggetelo in due, se siete ami ci, formate gruppi e reti di studio, scambiatevi idee su Internet. Rimanete ad ogni modo in dialogo sulla vostra fede!''.
 
''Dovete conoscere - dice il papa ai giovani - quello che credete; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di informatica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come un musicista conosce il suo pezzo; si', dovete essere ben piu' profondamente radicati nella fede della generazione dei vostri genitori, per poter resistere con forza e decisione alle sfide e alle tentazioni di questo tempo.

Avete bisogno dell'aiuto divino, se la vostra fede non vuole inaridirsi come una goccia di rugiada al sole, se non volete soccombere alle tentazioni del consumismo, se non volete che il vostro amore anneghi nella pornografia, se non volete tradire i deboli e le vittime di soprusi e violenza''. Il pontefice non ignora lo scandalo recente della pedofilia: ''Sapete tutti - scrive - in che modo la comunita' dei credenti e' stata negli ultimi tempi ferita dagli attacchi del male, dalla penetrazione del peccato all'interno, anzi nel cuore della Chiesa. Non prendete questo a pretesto per fuggire il cospetto di Dio; voi stessi siete il corpo di Cristo, la Chiesa!''.


La prefazione di Benedetto XVI a "Youcat", sussidio al Catechismo in vista della Gmg di Madrid

Quel libro che parla del nostro destino



Pubblichiamo il testo integrale della prefazione scritta da Benedetto XVI a Youcat, sussidio al Catechismo della Chiesa cattolica destinato ai giovani, in vista della Gmg 2011 di Madrid. Una copia sarà infatti nello zaino del pellegrino che i ragazzi di tutto il mondo porteranno nella capitale spagnola dal 16 al 21 agosto prossimi. L'edizione in lingua italiana sarà pubblicata dall'editrice Città Nuova.

Cari giovani amici! Oggi vi consiglio la lettura di un libro straordinario.
Esso è straordinario per il suo contenuto ma anche per il modo in cui si è formato, che io desidero spiegarvi brevemente, perché si possa comprenderne la particolarità. Youcat ha tratto la sua origine, per così dire, da un'altra opera che risale agli anni '80. Era un periodo difficile per la Chiesa così come per la società mondiale, durante il quale si prospettò la necessità di nuovi orientamenti per trovare una strada verso il futuro.

Dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965) e nella mutata temperie culturale, molte persone non sapevano più correttamente che cosa i cristiani dovessero propriamente credere, che cosa insegnasse la Chiesa, se essa potesse insegnare qualcosa tout court, e come tutto questo potesse adattarsi al nuovo clima culturale. Il Cristianesimo in quanto tale non è superato? Si può ancora oggi ragionevolmente essere credenti? Queste sono le domande che ancora oggi molti cristiani si pongono. Papa Giovanni Paolo II si risolse allora per una decisione audace: decise che i vescovi di tutto il mondo scrivessero un libro con cui rispondere a queste domande.

Egli mi affidò il compito di coordinare il lavoro dei vescovi e di vegliare affinché dai contributi dei vescovi nascesse un libro - intendo un vero libro, e non una semplice giustapposizione di una molteplicità di testi. Questo libro doveva portare il titolo tradizionale di Catechismo della Chiesa Cattolica, e tuttavia essere qualcosa di assolutamente stimolante e nuovo; doveva mostrare che cosa crede oggi la Chiesa Cattolica e in che modo si può credere in maniera ragionevole. Rimasi spaventato da questo compito, e devo confessare che dubitai che qualcosa di simile potesse riuscire. Come poteva avvenire che autori che sono sparsi in tutto il mondo potessero produrre un libro leggibile?

Come potevano uomini che vivono in continenti diversi, e non solo dal punto di vista geografico, ma anche intellettuale e culturale, produrre un testo dotato di un'unità interna e comprensibile in tutti i continenti? A questo si aggiungeva il fatto che i vescovi dovevano scrivere non semplicemente a titolo di autori individuali, ma in rappresentanza dei loro confratelli e delle loro Chiese locali.
Devo confessare che anche oggi mi sembra un miracolo il fatto che questo progetto alla fine sia riuscito. Ci incontrammo tre o quattro volte all'anno per una settimana e discutemmo appassionatamente sulle singole porzioni di testo che nel frattempo si erano sviluppate.

Come prima cosa si dovette definire la struttura del libro: doveva essere semplice, perché i singoli gruppi di autori potessero ricevere un compito chiaro e non dovessero forzare in un sistema complicato le loro affermazioni. È la stessa struttura di questo libro; essa è tratta semplicemente da un'esperienza catechetica lunga di secoli: che cosa crediamo / in che modo celebriamo i misteri cristiani / in che modo abbiamo la vita in Cristo / in che modo dobbiamo pregare. Non voglio adesso spiegare come ci siamo scontrati nella grande quantità di domande, fino a che non ne risultò un vero libro. In un'opera di questo genere molti sono i punti discutibili: tutto ciò che gli uomini fanno è insufficiente e può essere migliorato, e ciononostante si tratta di un grande libro, un segno di unità nella diversità. A partire da molte voci si è potuto formare un coro poiché avevamo il comune spartito della fede, che la Chiesa ci ha tramandato dagli apostoli attraverso i secoli fino ad oggi.

Perché tutto questo?
Già allora, al tempo della stesura del CCC, dovemmo constatare non solo che i continenti e le culture dei loro popoli sono differenti, ma anche che all'interno delle singole società esistono diversi "continenti": l'operaio ha una mentalità diversa da quella del contadino, e un fisico diversa da quella di un filologo; un imprenditore diversa da quella di un giornalista, un giovane diversa da quella di un anziano. Per questo motivo, nel linguaggio e nel pensiero, dovemmo porci al di sopra di tutte queste differenze, e per così dire cercare uno spazio comune tra i differenti universi mentali; con ciò divenimmo sempre più consapevoli di come il testo richiedesse delle "traduzioni" nei differenti mondi, per poter raggiungere le persone con le loro differenti mentalità e differenti problematiche. Da allora, nelle giornate mondiali della gioventù (Roma, Toronto, Colonia, Sydney) si sono incontrati da tutto il mondo giovani che vogliono credere, che sono alla ricerca di Dio, che amano Cristo e desiderano strade comuni.

In questo contesto ci chiedemmo se non dovessimo cercare di tradurre il Catechismo della Chiesa Cattolica nella lingua dei giovani e far penetrare le sue parole nel loro mondo. Naturalmente anche fra giovani di oggi ci sono molte differenze; così, sotto la provata guida dell'arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, si è formato un Youcat per i giovani. Spero che molti giovani si lascino affascinare da questo libro.

Alcune persone mi dicono che il catechismo non interessa la gioventù odierna; ma io non credo a questa affermazione e sono sicuro di avere ragione. Essa non è così superficiale come la si accusa di essere; i giovani vogliono sapere in cosa consiste davvero la vita. Un romanzo criminale è avvincente perché ci coinvolge nella sorte di altre persone, ma che potrebbe essere anche la nostra; questo libro è avvincente perché ci parla del nostro stesso destino e perciò riguarda da vicino ognuno di noi.

Per questo vi invito: studiate il catechismo! Questo è il mio augurio di cuore.
Questo sussidio al catechismo non vi adula; non offre facili soluzioni; esige una nuova vita da parte vostra; vi presenta il messaggio del Vangelo come la "perla preziosa" (Mt 13, 45) per la quale bisogno dare ogni cosa. Per questo vi chiedo: studiate il catechismo con passione e perseveranza! Sacrificate il vostro tempo per esso! Studiatelo nel silenzio della vostra camera, leggetelo in due, se siete amici, formate gruppi e reti di studio, scambiatevi idee su Internet. Rimanete ad ogni modo in dialogo sulla vostra fede!

Dovete conoscere quello che credete; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di informatica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come un musicista conosce il suo pezzo; sì, dovete essere ben più profondamente radicati nella fede della generazione dei vostri genitori, per poter resistere con forza e decisione alle sfide e alle tentazioni di questo tempo. Avete bisogno dell'aiuto divino, se la vostra fede non vuole inaridirsi come una goccia di rugiada al sole, se non volete soccombere alle tentazioni del consumismo, se non volete che il vostro amore anneghi nella pornografia, se non volete tradire i deboli e le vittime di soprusi e violenza.

Se vi dedicate con passione allo studio del catechismo, vorrei ancora darvi un ultimo consiglio: sapete tutti in che modo la comunità dei credenti è stata negli ultimi tempi ferita dagli attacchi del male, dalla penetrazione del peccato all'interno, anzi nel cuore della Chiesa. Non prendete questo a pretesto per fuggire il cospetto di Dio; voi stessi siete il corpo di Cristo, la Chiesa! Portate il fuoco intatto del vostro amore in questa Chiesa ogni volta che gli uomini ne hanno oscurato il volto. "Non siate pigri nello zelo, lasciatevi infiammare dallo Spirito e servite il Signore" (Rm 12, 11).

Quando Israele era nel punto più buio della sua storia, Dio chiamò in soccorso non i grandi e le persone stimate, ma un giovane di nome Geremia; Geremia si sentì investito di una missione troppo grande: "Ah, mio Signore e mio Dio, non riesco neppure a parlare, sono ancora così giovane!" (Ger 1, 6). Ma Dio non si lasciò fuorviare: "Non dire: "Sono ancora così giovane". Dove ti mando, là tu devi andare, e quello che io ti comando, quello devi annunciare" (Ger 1, 7).
Vi benedico e prego ogni giorno per tutti voi.



BENEDETTO XVI



***I cardinali Schönborn e Scola parlano del testo del Papa pieno di simpatia per i giovani

La fede nello zaino

Presto traduzioni anche in cinese e in arabo

"Che cosa crediamo", "la celebrazione del mistero cristiano", "la vita in Cristo", "la preghiera nella vita cristiana". Cerca di dare una risposta a queste quattro questioni di fondo Youcat, una sorta di sussidio al Catechismo della Chiesa cattolica dedicato ai giovani in vista della Gmg di Madrid 2011.
Alla prefazione scritta da Benedetto XVI (che viene anticipata dal "Messaggero di Sant'Antonio" e che pubblichiamo integralmente in questa pagina) seguono circa trecento pagine, articolate in quattro sezioni. Il testo, che verrà pubblicato almeno in sette lingue diverse - tedesco, inglese, francese, italiano, spagnolo, portoghese, polacco - entrerà nello zaino del pellegrino che i giovani di tutto il mondo porteranno nella capitale spagnola ad agosto. Saranno quindi almeno un milione le copie distribuite. Nato per iniziativa della Conferenza episcopale austriaca, presenta una struttura tradizionale a domande e risposte, illustrate da immagini e rappresentazioni artistiche, e corredate da elementi complementari, come le citazioni tratte dalla Scrittura e dalle vite dei santi. Frutto del lavoro di un'equipe di teologi austriaci e di un gruppo di giovani, Youcat ha avuto la supervisione dell'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn. Nella sua edizione tedesca è pubblicato dalla casa editrice Pattloch, ma - anticipa al nostro giornale il porporato - "attualmente siamo già a 13 lingue; tutte le edizioni saranno a disposizione il 4 aprile. Sono in preparazione anche versioni in lingua araba e in cinese".

Per il cardinale viennese si tratta di un'iniziativa partita dal basso. "Sono stati i giovani - spiega - a proporre un catechismo destinato alla loro età e al loro mondo. La prima stesura si deve a un gruppo di teologi e pedagoghi dell'area germanofona. Poi il testo è stato sottoposto a un duro esame da parte dei destinatari, durante due campi estivi giovanili. Grazie a questo "rodaggio" il testo è diventato veramente adatto alla mentalità odierna, tanto che anche le immagini si devono a dei giovani. Così il libro nel suo insieme è un'espressione della cultura giovanile profondamente impregnata dal seme fecondo del Vangelo". Youcat punta dunque sulle immagini che non sono soltanto illustrazioni, ma hanno il compito di suscitare la riflessione.
 
Lo stesso è stato fatto con il linguaggio. "Il Papa si è interessato al progetto sin dall'inizio, l'ha seguito con attenzione e simpatia - prosegue il cardinale Schönborn - ed è stata una sua iniziativa quella di onorarci con una prefazione autografa. Benedetto XVI ha scritto in tedesco un testo pieno di simpatia per il mondo dei giovani e per il loro modo di concepire l'esistenza. Sono sempre stupefatto dell'alto grado di comprensione da parte del Papa del modo di pensare delle nuove generazioni - aggiunge - e della sua capacità di approfondire e di condurre i giovani lettori a un senso profondo della fede e dell'amicizia con Gesù".

Per questo il promotore principale dell'iniziativa si dice sicuro che Youcat sarà un "compendio per i giovani" in tutto il mondo. "Servirà - ci assicura - ad aprire la porta al Catechismo della Chiesa cattolica per i giovani. Ricordo benissimo il momento quando nell'ormai lontano 1985 durante il Sinodo dei vescovi si discusse sulla necessità di un "Catechismo universale", proprio perché le nuove generazioni in tutto il mondo vestivano gli stessi jeans, udivano la stessa musica, avevano le stesse idee. Negli ultimi venticinque anni il processo di globalizzazione si è affermato: il mondo è veramente diventato un Paese, come dice l'antico proverbio italiano. Così è necessario offrire alle nuove generazioni una prospettiva nuova del Vangelo. E Youcat potrà svolgere quella missione".

Per l'edizione italiana, che sarà edita da Città Nuova (pagine 304, euro 13,99), la supervisione è del patriarca di Venezia Angelo Scola. "Il cardinale Schönborn mi ha chiesto di rivedere la traduzione italiana dell'opera", ci spiega il porporato, che aggiunge: "Mi sembra proprio una bella iniziativa per avvicinare i giovani. L'intervento del Papa e la suddivisione in quattro parti secondo l'antico metodo del catechismo a domande e risposte, coniugata con il linguaggio odierno, permettono di presentare la fede in forma succinta, grazie a un libricino leggero, che sono sicuro avrà un grande successo".
In uscita a marzo, l'edizione italiana è originale fin dalla copertina gialla con il titolo bianco, a richiamare i colori pontifici, mentre sullo sfondo si staglia una grande Y fatta da tante piccole croci.

(gianluca biccini)



(©L'Osservatore Romano - 3 febbraio 2011)


YouCat, la fede spiegata ai giovani
02 Febbraio 2011  di Mariagrazia Baroni, Maddalena Maltese
Fonte:    Città Nuova editrice

A breve la pubblicazione in 13 lingue di un catechismo “giovane”, con premessa del papa, testo per la GMG 2011. Città nuova editrice curerà l'edizione italiana. Intervista a Manfred Lütz, uno degli ideatori


 
A guardarlo sembra un libro di quelli che porteresti tranquillamente per una lettura sul treno, eppure, come dice papa Benedetto XVI nella premessa: «un romanzo criminale è avvincente perché ci coinvolge nella sorte di altre persone, ma che potrebbe essere anche la nostra; questo libro è avvincente perché ci parla del nostro stesso destino e perciò riguarda ciascuno di noi».
Si tratta di YouCat, acronimo di Youth Catechism. Uno strumento di 300 pagine creato e pensato “da e per” i giovani che vogliono approfondire la fede della Chiesa. Nato nell’ambito della Conferenza episcopale austriaca, il lavoro ha avuto la supervisione del cardinale di Vienna Christoph Schönborn, coinvolgendo teologi, esperti di catechesi e un gruppo di cinquanta giovani. Tredici le lingue in cui verrà pubblicato, il testo verrà accompagnato dalla premessa di papa Benedetto XVI - di cui abbiamo offerto uno stralcio in anteprima-, riunendo idealmente nella condivisione della propria fede i giovani di diverse culture e di diverse parti del mondo.
L’editrice Città nuova è coinvolta in prima fila in questo grande progetto per la traduzione e la pubblicazione italiana, disponibile da marzo e che avrà, la supervisione del card. Angelo Scola. Uno strumento agile che andrà, per le principali lingue, nella “sacca del pellegrino”, dei giovani che prenderanno parte alla GMG di Madrid dal 16 al 21 agosto 2011. Il volume, dalla copertina di colore giallo ed una “Y” composta da croci di diverse fogge, è suddiviso al suo interno in quattro sezioni: «Che cosa crediamo»; «La celebrazione del mistero cristiano»; «La vita in Cristo» e «La preghiera nella vita cristiana».
Una sfida alla diffusa opinione che troppo spesso considera i giovani ovattati dalla superficialità e intorpiditi dalla modernità. Sono in molti, invece, i ragazzi che si interrogano sulla ricerca autentica di un senso delle vita, sulla fede, e conoscere può aiutare a restare saldi e ad avere forza di fronte alle sfide del tempo: «dovete conoscere quello che credete – continua Benedetto XVI nella premessa -; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista conosce il sistema operativo di un computer». 
A questo proposito abbiamo intervistato Manfred Lütz, medico psichiatra, membro della Pontificia accademia per la vita, del Pontificio consiglio per i laici, consultore della Congregazione per il clero e tra gli ideatori di YouCat.
Perché un giovane che va alla GMG dovrebbe aprire YouCat…
«La Giornata mondiale della Gioventù non è solo un evento fatto di sentimenti e di emozioni, ma è anche un’occasione per i giovani per apprendere la fede della Chiesa. Il Santo Padre spesso ripete che “è importante conoscere la fede della Chiesa”, ma occorre una «porta» al catechismo della Chiesa cattolica e questo è YouCat. Il compendio era stato già dato ai giovani alle GMG di Colonia o di Sidney, ma i giovani avevano difficoltà nel comprenderlo perché poco adatto a loro. Un giovane non si chiede, ad esempio, se “ la Madonna è l’icona escatologica della Chiesa”... Incentivati da questa costatazione, abbiamo iniziato a lavorare con 50 giovani per capire quali erano le domande che loro si pongono e con l’aiuto di qualche teologo si sono date delle risposte e delle spiegazioni in un modo, in un linguaggio più vicino a quello dei ragazzi. YouCat dà rilevanza anche all’aspetto visivo, attraverso disegni, foto ecc. ma allo stesso tempo, i giovani vi troveranno tutta la fede della Chiesa cattolica»
Mi faccia un esempio di domanda che è stata fatta dai giovani a proposito della fede…
«Una domanda che i giovani si pongono è: ”perché la sessualità prima del matrimonio per un cattolico non è possibile?” ed è importante dare una spiegazione, non solo in modo  formale ma anche con delle argomentazioni»
Giovani di che età sono stati coinvolti fattivamente nell’ideazione?
«Dai 14 anni ai 20 anni circa e YouCat ha anche un po’ questo linguaggio, anche se non è  esclusivo dei giovani, perché penso che sia uno strumento adatto anche agli adulti che spesso possono avere qualche problema nella lettura del compendio che è più teorico»
Città nuova ha accolto una sfida coraggiosa…
«Penso che YouCat diventi un bestseller. In Germania avrà una distribuzione ampia, si prevedono 300.000 copie, e altrettanta importanza avrà in Italia. Uno strumento utile anche per la preparazione alla prima comunione, della confermazione, per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e per gli eventi legati ai giovani. Oggi viviamo in una società che non è più cristiana, ma che si configura come una società “secolare” e YouCat ha le risposte a questi quesiti. Un testo importante perché è l’età dai 14 ai 20 anni quello in cui si sviluppano le  decisoni nell’ambito della fede»
Penso che lei per professione abbia maturato una grande esperienza nel conoscere l’animo umano. Ho visto che oltre alla parte dottrinale del catechismo avete scelto di accompagnare il testo dando la parola ai testimoni. Perché?
«È importante che un testo della fede della Chiesa sia un testo teorico, ma abbiamo raccolto anche citazioni di santi, di filosofi, anche non cristiani che rivestono di “carne queste ossa” perché i giovani possano vedere quanto la fede sia penetrata nell’umanità e nella storia»
A proposito della testimonianza. Il papa insiste molto nella prefazione sul fatto che i giovani comincino a studiarlo, a leggerlo con gli amici anche attraverso i networks.Le sembra utopico?
«No, penso che la prefazione del Santo padre dica una cosa molto importante. Il papa ha accompagnato questo progetto fin dagli inizi con parole molto incoraggianti. Spero che molti giovani accolgano questa sfida leggendo questo testo e trovare occasione poi per spiegare la fede ai loro coetanei e ai propri genitori»


 
 
http://www.cittanuova.it/contenuto.php?TipoContenuto=web&idContenuto=31192

                                          Pope Benedict XVI (R) receives a gift by Archibishop of Madrid Antonio Maria Rouco Varela during a private meeting at the Vatican February 14, 2011.


[Modificato da Caterina63 15/02/2011 10:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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20/04/2011 12:29
 
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L'IMBARAZZANTE CASO DI YOUCAT il piccolo Catechismo preparato per i giovani della GMG e fatto partire con una Prefazione del Pontefice, nasconde in verità delle pecche...ci appare evidente dunque che al Papa NON era stato fatto leggere lo Youcat nelle sua traduzione!!!
un caso davvero IMBARAZZANTE....


GLI ERRORI DI YOUCAT.....


parodie modernistiche: il caso youcat

Il catechismo per i giovani nasce già morto; infarcito di errori non solo grammaticali necessita di pizzini di rettifica. Qui di seguito gli articoli dell'ottimo Colafemmina e del vaticanista Rodari con cui si dà conto delle disavventure di tale testo che varrebbe davvero la pena togliere di mezzo.
Ai modernisti non ne va una giusta: Assisi ha mobilitato le coscienze di molti cattolici che stavolta non sono stati zitti, la beatificazione imprudentemente affrettata di Giovanni Paolo II ha obbligato il cardinale Prefetto della Congregazione delle cause ha diramare il "caveat" seguente: "La causa di beatificazione non è giunta al suo termine per l’impatto che il pontificato ha avuto sulla storia della chiesa quanto per le virtù di fede, speranza e carità che sono state proprie della vita di Wojtyla”, quindi per la prima volta nella storia della Chiesa, incredibile auditu, si beatifica qualcuno a prescindere dalla sua vicenda storica e dal ruolo che ha ricoperto. Ed ora questa figuraccia dopo tanti stronbazzamenti sulla magnifiche sorti e progressive di questo Youcat che già dal nome non lasciava presagire nulla di buono.

PREGHIERA DI YOUCAT (TU GATTO): LIBERACI, SIGNORE, DAL GIOVANILISMO ECCLESIASTICO!
di Francesco Colafemmina

Quando ho sentito nominare per la prima volta "Youcat" mi sono chiesto se non si trattasse di una specie di canale televisivo sul web dedicato ai gatti! Poi ho letto che c'entrava qualcosa con la Chiesa Cattolica e ho pensato che si trattasse di una sorta di libro a fumetti su Chico, il gatto del Papa. Mai, dico mai, avrei immaginato che "Youcat" stesse per "Youth Cathechism" (catechismo dei giovani o della gioventù). E già il titolo è rivelatore di quel giovanilismo ridicolo e un po' infantile che troppo spesso s'impossessa dei sacerdoti... Giovanilismo che è come un travestimento per mostrare ai giovani (categoria vasta e indefinibile come non mai!) che la Chiesa non è lontana, ma è vicina... vicina alle istanze, ai dubbi, alla confusione, ai turbamenti dei giovani.

Questa della divisione del mondo in categorie anagrafiche e della magnificazione della "gioventù" è tuttavia una lagna pazzesca! Cristo non ha detto: "evangelizzate separatemente i giovani, gli adulti, i vecchi..." come non ha detto: "evangelizzate separatamente i maschi, le femmine, e i neutri...". Cristo ha parlato all'umanità nel suo complesso, ha parlato alle anime degli uomini e se la Chiesa di Cristo vive questo complesso di minorità rispetto ai giovani costituito dal timore di non riuscire a suscitare un adeguato appeal sulle nuove generazioni, la colpa è di una mentalità erronea e di una visione distorta del senso del Vangelo.

Quando ero piccolo, diciamo sotto i dieci anni, ero solito chiedermi, ad esempio, perché il buon parroco della Cattedrale del mio paese, don Lorenzo (e sono certo che se dovesse leggere queste righe mi sorriderebbe dal Paradiso), dovesse essere costretto da insulse norme pastorali a far sedere i bimbi in prima fila e fargli continuamente domande e domandine... tanto che la Messa mi pareva una specie di riedizione delle interrogazioni a scuola! Il senso del mistero lo conservavano forse solo le pareti di quell'antico luogo sacro, ma di certo non la liturgia.

Crescendo, invece, tutte quelle aggregazioni parrocchiali cattoliche, fatte di buonismo, peace & love, tastiere elettriche, chitarre, amplificatori e canti da far accapponare la pelle anche a un monaco tibetano, mi sembravano forme di arretratezza culturale della Chiesa Cattolica. Pensavo: ma sti preti non hanno capito che così facendo mostrano solo di essere rimasti indietro, molto indietro? E sì, perché si capisce che si trattava soltanto di metodi per tenere agganciati alla vita parrocchiale l'entità denominata "I Giovani" e questi metodi non nascevano da una reale volontà di curare le loro anime, bensì da una specie di mimetismo a tradimento: si scrutano "i Giovani", si osservano i loro interessi e si cerca di trasferire quegli stessi interessi nell'oratorio, nelle sale del centro parrocchiale, magari edulcorandoli... Purtroppo però i sacerdoti restano vittime di se stessi, di questa utopia giovanilistica. Per due ragioni:

1. Perché le tecniche di mimetismo giovanile normalmente un sacerdote le stabilisce nella sua età matura e non le muta più: così, dopo dieci anni o dopo venti, continuerà a credere che si possa "evangelizzare" i giovani con i campi da calcio e le serate danzanti (come forse accadeva negli anni '80 e '90).

2. Perché ormai "i giovani" contemporanei gli sfuggono di mano! E, poveri sacerdoti, spesso si avvedono con grande delusione che tutti i loro sforzi giovanilistici non sono serviti a rendere quei giovani dei "cattolici adulti" o consapevoli. Così un giorno scoprono che durante una serata danzante una ragazza è stata palpeggiata (se va bene) da un gruppo di ragazzetti infiltrati o durante una partita a pallone vedono il ragazzino più debole perdere sangue dal naso perché picchiato dalla baby gang parrocchiale... E solo allora si chiedono: ma sarà questo il metodo migliore per evangelizzare "i giovani"? Forse non li abbiamo capiti abbastanza... e magari cadono in depressione!

La Chiesa purtroppo è piena di questi casi di sacerdoti alle prese con la delusione e il fallimento delle proprie teorie giovanilistiche... Ma la Chiesa è anche vittima dell'illusione wojtyliana del coinvolgimento di masse oceaniche di "giovani" in esperienze di fede collettiva o massificata. Radunare folle di migliaia di giovani che magari non sono mai andati all'estero e che vorrebbero conoscere altri giovani, e fare esperienze amicali o sentimentali, non toglie e non aggiunge un bel nulla alla fede del singolo giovane! Solo per qualche bacata testa prelatizia i raduni oceanici di giovani possono rappresentare una "novità" nell'evangelizzazione dei "giovani"!

Confessiamocelo: il futuro del giovanilismo ecclesiastico non sarà concentrato né nelle Giornate mondiali della Gioventù (ma perché non organizzare la Giornata mondiale dell'Anziano?), né nelle operazioni feline alla Youcat, ma probabilmente solo nelle mani dei gruppi settari come i Neocatecumenali. E' infatti tipico delle sette creare conflitti generazionali e puntare specialmente sui giovani per garantirsi un futuro dopo averli adeguatamente indottrinati.

Per il Cattolicesimo, al contrario, non è mai esistita una categoria dei "giovani" separata dalla cellula essenziale da cui essa proviene ossia "la famiglia"! Creare questa indipendenza dei "giovani" dalle "famiglie" è qualcosa di profondamente erroneo e non a caso è un'eredità del sessantotto. Lo scontro generazionale volto all'affermazione dell'indipendenza giovanile appartiene all'ideologia sessantottarda e fa specie che la Chiesa Cattolica cerchi ancora di inseguire il miraggio della conquista dei giovani separandoli dal loro contesto essenziale e vitale che è familiare!

D'altra parte chi vive nel mondo dell'educazione non può non testimoniare che "i giovani" sono un esito dell'attività plasmante delle famiglie da cui provengono. Non possono essere presi per sè. E se la nostra società vede una progressiva riduzione della pratica religiosa a livello familiare, è opportuno concentrare la propria attenzione pastorale sulle complesse interazioni fra genitori e figli. Se una famiglia è autenticamente cattolica, genererà (si presume) figli altrettanto cattolici. Di conseguenza la Chiesa invece di consegnare inutili libretti con traduzioni erronee e con in copertina una Y al posto della Croce... (perché la Y come il segno di vittoria che si fa con l'indice e il medio è molto cool, fa figo... ma è anche molto antiquato!) al posto di queste corbellerie, la Chiesa dovrebbe invitare i genitori ad educare cristianamente i propri figli.

UN POOL PER YOU CAT E I SUOI ERRORI
di Paolo Rodari

La conferenza stampa di presentazione di Youcat, il catechismo preparato in vista della Gmg di Madrid dalla conferenza episcopale austriaca e tradotto in 13 lingue con tanto di prefazione di Benedetto XVI, si è chiusa con due notizie succose.

La prima è che i testi tradotti dal tedesco nelle altre lingue sono pieni di errori. Il testo francese, ad esempio, presenta errori circa il tema del valore delle diverse religioni secondo il Concilio Vaticano II. Il testo italiano presenta due errori macroscopici. Il primo (come scritto nel post precedente) riguarda la regolarizzazione delle nascite e la liceità dell’uso dei preservativi. In sala stampa hanno dato insieme al testo un foglietto bianco che va a correggere l’errore. Il secondo (al momento ancora senza foglietto correttivo) riguarda l’eutanasia. Al punto 382 si dice che “chi aiuta una persona durante la morte nel senso di un’eutanasia passiva obbedisce al comandamento dell’amore per il prossimo”. Il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente della conferenza episcopale tedesca, ha detto che il testo tedesco non usa il termine eutanasia passiva ma semplicemente parla di “inevitabilità” della morte. Monsignor Rino Fisichella, invece, ha detto che comunque “i termini eutanasia attiva e passiva sono superarti” e ha lasciato intendere che, quindi, la traduzione oltre che sbagliata è anche pessima.

Per ovviare a tutti questi problemi Schönborn ha detto che la Congregazione per la dottrina della fede organizzerà un pool di esperti incaricato di raccogliere tutti gli errori e dunque di pubblicare un piccolo fascicolo con le correzioni. Un lavoro quanto mai necessario, certo, ma che obiettivamente poteva essere fatto prima.

La seconda notizia è che a precisa domanda su come sia possibile che si sia arrivati a delle traduzioni così sballate Schönborn ha risposto: “Per ogni edizione abbiamo chiesto a un vescovo che ha notorietà teologica di mettersi come garante. Per il testo italiano il garante è il cardinale Angelo Scola. Dunque, la responsabilità della traduzione è di chi è garante”.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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19/07/2011 15:36
 
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Giovani militari, con il Papa alla GMG di Madrid


 

di monsignor Juan del Río Martín*

MADRID, martedì, 19 luglio 2011 (ZENIT.org).- La XXIV Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) avrà luogo a Madrid dal 15 al 21 agosto 2011, sul tema “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr. Col 2,7). Con questo evento, Papa Benedetto XVI convoca i giovani di tutto il mondo per mostrare Gesù Cristo come roccia su cui fondare il senso della propria vita.

Da quando ha saputo dell'evento, l'Arcivescovado castrense di Spagna ha elaborato un piano pastorale volto a far sì che il lavoro dei Cappellani militari suscitasse la partecipazione dei nostri soldati e cadetti spagnoli agli atti della GMG 2011 e allo stesso tempo fosse Diocesi di accoglienza per i giovani militari cattolici che giungono da altri Paesi appartenenti ai vari Ordinariati militari.

Due anni fa, la Delegazione per la Gioventù dell'Arcivescovado Castrense ha formato con un gruppo di giovani cappellani militari la Commissione Centrale della GMG-Castrense, a cui si sono uniti in seguito giovani militari appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi di Sicurezza dello Stato Spagnolo. I lavori del primo anno sono stati indirizzati principalmente all'accoglienza della “Croce pellegrina” e dell'Icona della Vergine, che sono state nella nostra giurisdizione castrense dal 26 al 31 marzo 2010, venendo ricevute da molti giovani militari nella Cattedrale castrense per passare poi per varie parrocchie, istituzioni militari, per l'Ospedale Centrale della Difesa “Gómez Ulla” e la Struttura Penitenziaria Militare, venendo consegnate alla Diocesi ospite di Madrid in un atto solenne nella plaza de Oriente della città.

Il corso 2010-2011 della Diocesi castrense spagnola è stato centrato sulla preparazione pastorale e spirituale a tutti i livelli. E' stato tema di studio nei corsi di formazione del clero castrense, si è preparato materiale catechetico, si sono tenuti ritiri e veglie di preghiera, sono state fornite tutte le informazioni nelle caserme, nelle accademie e nei centri dei vari tipi di esercito, arrivando anche ai militari che si trovano nelle missioni internazionali a cui partecipa il nostro Paese.

Gli stessi seminaristi del Seminario Castrense Giovanni Paolo II sono diventati i primi agenti nella diffusione dell'evento nel mondo militare e sono parte attiva, insieme a più di 50 volontari, nella GMG-Castrense e nel Centro di Accoglienza che si insedierà, dal 14 agosto, nelle strutture annesse alla Cattedrale castrense. Il tempio, trovandosi nel centro storico di Madrid, sarà un punto nevralgico per i giovani della GMG. Allo stesso modo, nella chiesa delle Forze Armate Spagnole si troverà il Santissimo Cristo de Mena, custodito da membri della Legione e che parteciperà all'undicesima stazione della Via Crucis del 19 agosto, rappresentando l'Arcivescovado castrense e la Diocesi sorella di Málaga, dove ha la sua sede. Ci saranno anche le reliquie di San Giovanni d'Avila, uno dei patroni di questa GMG, che si spera sia presto dichiarato Dottore della Chiesa.

I dati confermati fino al 15 luglio prevedono una partecipazione di 600 giovani militari spagnoli, ai quali bisogna aggiungerne più del doppio che vanno come membri delle parrocchie territoriali e dei movimenti. Provenienti da 17 Paesi verranno più di 700 giovani militari. Tutti, oltre a partecipare agli atti centrali della GMG di Madrid, avranno incontri specifici organizzati dalla nostra Diocesi e che inizieranno mercoledì 17 agosto, con l'accoglienza del Contingente Militare nella piazza d'Armi della Base Aerea di Cuatro Vientos, dando il benvenuto ai Vescovi castrensi e agli accompagnatori. La mattina del giorno dopo, presso la Puerta del Príncipe del Palazzo Reale di Madrid, presieduto dal Cristo degli Alabardieri, avrà luogo l'omaggio alle bandiere degli eserciti partecipanti alla GMG e ci sarà una preghiera per i soldati di ogni tempo che hanno dato la vita in difesa del proprio Paese. Venerdì 19, alle 12.00, ci sarà la celebrazione dei sacramenti dell'iniziazione cristiana nella chiesa di San Francisco el Grande, e vi parteciperanno giovani militari della Spagna e degli altri Paesi.

Questi e molti altri dati relativi alla partecipazione dei giovani militari alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid rivelano come l'operato della Chiesa sia presente in questo settore pastorale così specifico, che per la sua forma di vita richiede una presenza vicina, di testimonianza, missionaria e creativa del Vangelo di Cristo. Con la fiducia riposta in Dio, per intercessione del nostro amato Beato Giovanni Paolo II, iniziatore di questo grande incontro evangelizzatore della gioventù, auspico che le nuove generazioni militari di tutto il mondo possano ripetere quello che pronunciò un uomo delle milizie romane ai piedi di Gesù Crocifisso e Abbandonato: “Davvero Costui era Figlio di Dio” (Mt 27,54).

* Monsignor Juan del Río Martín è l'Arcivescovo castrense di Spagna.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

 

 

Benedetto XVI consacrerà tutti i giovani al Sacro Cuore di Gesù durante la veglia di sabato 20 agosto all'aerodromo dei Quattro Venti di Madrid in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG).


qui la diretta del forum


 

[Modificato da Caterina63 21/07/2011 14:40]
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Il Papa agli universitari romani: Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio, perché solo edificando su di Lui e con Lui la costruzione è ben fondata, non strumentalizzata per fini ideologici, ma veramente degna dell’uomo



VESPRI: VIDEO INTEGRALE

Vedi anche:

Non siamo soli a costruire la storia, Dio non è lontano dall'uomo. Così il Papa durante i Vespri in San Pietro con gli universitari (R.V.)

Il Papa: non è fuori tempo l'invito ad accogliere Dio nella vita (Izzo)

Il Papa: Dio vince la solitudine dell'uomo nella grotta di Betlemme (Bandini)

Il Papa: Negando Dio le ideologie hanno portato l'umanità sul baratro (Vatican Insider)

Il Papa: Le "ideologie" contrarie alla dignità dell'uomo sono sorte, nella storia dell'umanità, quando "gli uomini hanno tentato di costruire il mondo da soli, senza o contro Dio"

Non soli e non da soli. Costruire la storia: una riflessione del Papa con gli universitari (Sir)

Il Papa agli universitari: Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio

CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON GLI UNIVERSITARI, 15 DICEMBRE 2012

OMELIA DEL SANTO PADRE

«Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore» (Gc 5,7).

Con queste parole l’Apostolo Giacomo ci indica l’atteggiamento interiore per prepararci ad ascoltare e accogliere di nuovo l’annuncio della nascita del Redentore nella grotta di Betlemme, mistero ineffabile di luce, di amore e di grazia.
A voi, cari universitari di Roma, che ho la gioia di incontrare in questo tradizionale appuntamento, rivolgo con affetto il mio saluto: vi accolgo in prossimità del Santo Natale, con i vostri desideri, le vostre attese, le vostre preoccupazioni; e saluto anche le comunità accademiche che voi rappresentate. Ringrazio il Magnifico Rettore, Prof. Massimo Egidi, per le cortesi parole che mi ha indirizzato a nome di tutti voi, e con le quali ha evidenziato la delicata missione del professore universitario. Saluto con viva cordialità il Ministro per l’Università, Prof. Francesco Profumo, e le autorità accademiche dei vari Atenei.

Cari amici, san Giacomo esorta ad imitare l’agricoltore, che «aspetta con costanza il prezioso frutto della terra» (Gc 5,7).

A voi che vivete nel cuore dell’ambiente culturale e sociale del nostro tempo, che sperimentate le nuove e sempre più raffinate tecnologie, che siete protagonisti di un dinamismo storico che talvolta sembra travolgente, l’invito dell’Apostolo può sembrare anacronistico, quasi un invito ad uscire dalla storia, a non desiderare di vedere i frutti del vostro lavoro, della vostra ricerca. Ma è proprio così? L’invito all’attesa di Dio è proprio fuori tempo? E ancora più radicalmente potremmo chiederci: cosa significa per me il Natale; è davvero importante per la mia esistenza, per la costruzione della società? Sono molte, nella nostra epoca, le persone, specialmente quelle che voi incontrate nelle aule universitarie, che danno voce alla domanda se dobbiamo attendere qualcosa o qualcuno; se dobbiamo attendere un altro messia, un altro dio; se vale la pena di fidarci di quel Bambino che nella notte di Natale troveremo nella mangiatoia tra Maria e Giuseppe.

L’esortazione dell’Apostolo alla paziente costanza, che nel nostro tempo potrebbe lasciare un po’ perplessi, è in realtà la via per accogliere in profondità la questione di Dio, il senso che ha nella vita e nella storia, perché proprio nella pazienza, nella fedeltà e nella costanza della ricerca di Dio, dell’apertura a Lui, Egli rivela il suo Volto. Non abbiamo bisogno di un dio generico, indefinito, ma del Dio vivo e vero, che apra l’orizzonte del futuro dell’uomo ad una prospettiva di ferma e sicura speranza, una speranza ricca di eternità e che permetta di affrontare con coraggio il presente in tutti i suoi aspetti.


Ma dovremmo chiederci allora: dove trova la mia ricerca il vero Volto di questo Dio? O meglio ancora: dove Dio stesso mi viene incontro mostrandomi il suo Volto, rivelandomi il suo mistero, entrando nella mia storia?

Cari amici, l’invito di san Giacomo «Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore» ci ricorda che la certezza della grande speranza del mondo ci è donata e che non siamo soli e non siamo noi da soli a costruire la storia. Dio non è lontano dall’uomo, ma si è chinato su di lui e si è fatto carne (Gv 1,14), perché l’uomo comprenda dove risiede il solido fondamento di tutto, il compimento delle sue aspirazioni più profonde: in Cristo (cfr Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 10).

La pazienza è la virtù di coloro che si affidano a questa presenza nella storia, che non si lasciano vincere dalla tentazione di riporre tutta la speranza nell’immediato, in prospettive puramente orizzontali, in progetti tecnicamente perfetti, ma lontani dalla realtà più profonda, quella che dona la dignità più alta alla persona umana: la dimensione trascendente, l’essere creatura ad immagine e somiglianza di Dio, il portare nel cuore il desiderio di elevarsi a Lui.

C’è, però, un altro aspetto che vorrei sottolineare questa sera. San Giacomo ci ha detto: «Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza» (5,7). Dio, nell’incarnazione del Verbo, nell’incarnazione del suo Figlio, ha sperimentato il tempo dell’uomo, della sua crescita, del suo farsi nella storia. Quel Bambino è il segno della pazienza di Dio, che per primo è paziente, costante, fedele al suo amore verso di noi; Lui è il vero “agricoltore” della storia, che sa attendere.

Quante volte gli uomini hanno tentato di costruire il mondo da soli, senza o contro Dio! Il risultato è segnato dal dramma di ideologie che, alla fine, si sono dimostrate contro l’uomo e la sua dignità profonda. La costanza paziente nella costruzione della storia, sia a livello personale che comunitario, non si identifica con la tradizionale virtù della prudenza, di cui certamente si ha bisogno, ma è qualcosa di più grande e più complesso.

Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio, perché solo edificando su di Lui e con Lui la costruzione è ben fondata, non strumentalizzata per fini ideologici, ma veramente degna dell’uomo.

Questa sera riaccendiamo, allora, in modo ancora più luminoso la speranza nei nostri cuori, perché la Parola di Dio ci ricorda che la venuta del Signore è vicina, anzi il Signore è con noi ed è possibile costruire con Lui. Nella grotta di Betlemme la solitudine dell’uomo è vinta, la nostra esistenza non è più abbandonata alle forze impersonali dei processi naturali e storici, la nostra casa può essere costruita sulla roccia: noi possiamo progettare la nostra storia, la storia dell’umanità non nell’utopia ma nella certezza che il Dio di Gesù Cristo è presente e ci accompagna.

Cari amici universitari, corriamo con gioia verso Betlemme, accogliamo tra le nostre braccia il Bambino che Maria e Giuseppe ci presenteranno. Ripartiamo da Lui e con Lui, affrontando tutte le difficoltà. A ciascuno di voi il Signore chiede di collaborare alla costruzione della città dell’uomo, coniugando in modo serio e appassionato fede e cultura. Per questo vi invito a cercare sempre, con paziente costanza, il vero Volto di Dio, aiutati dal cammino pastorale che vi viene proposto in questo anno accademico. Cercare il Volto di Dio è l’aspirazione profonda del nostro cuore ed è anche la risposta alla questione fondamentale che va emergendo sempre di nuovo anche nella società contemporanea. Voi, cari amici universitari, sapete che la Chiesa di Roma, con la guida saggia e premurosa del Cardinale Vicario e dei vostri Cappellani, vi è vicina. Ringraziamo il Signore perché, come è stato ricordato, vent’anni or sono, il beato Giovanni Paolo II istituì l’Ufficio di pastorale universitaria a servizio della comunità accademica romana. Il lavoro svolto ha promosso la nascita e lo sviluppo delle Cappellanie per giungere ad una rete ben organizzata, dove le proposte formative dei diversi Atenei, statali, privati, cattolici e pontifici possono contribuire all’elaborazione di una cultura al servizio della crescita integrale dell’uomo.

Al termine di questa Liturgia, l’Icona della Sedes Sapientiae sarà consegnata dalla delegazione universitaria spagnola a quella de «La Sapienza Università di Roma». Inizierà la peregrinatio mariana nelle Cappellanie, che accompagnerò con la preghiera. Sappiate che il Papa confida in voi e nella vostra testimonianza di fedeltà e di impegno apostolico.

Cari amici, questa sera affrettiamo insieme con fiducia il nostro cammino verso Betlemme, portando con noi le attese e le speranze dei nostri fratelli, perché tutti possano incontrare il Verbo della vita e affidarsi a Lui. E’ l’augurio che rivolgo alla comunità accademica romana: portate a tutti l’annuncio che il vero volto di Dio è nel Bambino di Betlemme, così vicino a ciascuno di noi che nessuno può sentirsi escluso, nessuno deve dubitare della possibilità dell’incontro, perché Lui è il Dio paziente e fedele, che sa attendere e rispettare la nostra libertà. A Lui questa sera vogliamo confessare con fiducia il desiderio più profondo del nostro cuore: «Io cerco il tuo volto, Signore; vieni, non tardare!».
Amen.





















































Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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  • Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia ai giovani e alle giovani del mondo, in occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata il 1° aprile 2012, Domenica delle Palme, a livello diocesano:

  • MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

    «Siate sempre lieti nel Signore!» (Fil 4,4)

    Cari giovani,

    sono lieto di rivolgermi nuovamente a voi, in occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù. Il ricordo dell’incontro di Madrid, lo scorso agosto, resta ben presente nel mio cuore. E’ stato uno straordinario momento di grazia, nel corso del quale il Signore ha benedetto i giovani presenti, venuti dal mondo intero. Rendo grazie a Dio per i tanti frutti che ha fatto nascere in quelle giornate e che in futuro non mancheranno di moltiplicarsi per i giovani e per le comunità a cui appartengono. Adesso siamo già orientati verso il prossimo appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013, che avrà come tema «Andate e fate discepoli tutti i popoli!» (cfr Mt 28,19).

    Quest’anno, il tema della Giornata Mondiale della Gioventù ci è dato da un’esortazione della Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi: «Siate sempre lieti nel Signore!» (4,4). La gioia, in effetti, è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. Anche durante ogni Giornata Mondiale della Gioventù facciamo esperienza di una gioia intensa, la gioia della comunione, la gioia di essere cristiani, la gioia della fede. È una delle caratteristiche di questi incontri. E vediamo la grande forza attrattiva che essa ha: in un mondo spesso segnato da tristezza e inquietudini, è una testimonianza importante della bellezza e dell’affidabilità della fede cristiana.

    La Chiesa ha la vocazione di portare al mondo la gioia, una gioia autentica e duratura, quella che gli angeli hanno annunciato ai pastori di Betlemme nella notte della nascita di Gesù (cfr Lc 2,10): Dio non ha solo parlato, non ha solo compiuto segni prodigiosi nella storia dell’umanità, Dio si è fatto così vicino da farsi uno di noi e percorrere le tappe dell’intera vita dell’uomo. Nel difficile contesto attuale, tanti giovani intorno a voi hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza! Vorrei riflettere con voi allora su questa gioia, sulle strade per trovarla, affinché possiate viverla sempre più in profondità ed esserne messaggeri tra coloro che vi circondano.

    1. Il nostro cuore è fatto per la gioia

    L’aspirazione alla gioia è impressa nell’intimo dell’essere umano. Al di là delle soddisfazioni immediate e passeggere, il nostro cuore cerca la gioia profonda, piena e duratura, che possa dare «sapore» all’esistenza. E ciò vale soprattutto per voi, perché la giovinezza è un periodo di continua scoperta della vita, del mondo, degli altri e di se stessi. È un tempo di apertura verso il futuro, in cui si manifestano i grandi desideri di felicità, di amicizia, di condivisione e di verità, in cui si è mossi da ideali e si concepiscono progetti.

    E ogni giorno sono tante le gioie semplici che il Signore ci offre: la gioia di vivere, la gioia di fronte alla bellezza della natura, la gioia di un lavoro ben fatto, la gioia del servizio, la gioia dell’amore sincero e puro. E se guardiamo con attenzione, esistono tanti altri motivi di gioia: i bei momenti della vita familiare, l’amicizia condivisa, la scoperta delle proprie capacità personali e il raggiungimento di buoni risultati, l’apprezzamento da parte degli altri, la possibilità di esprimersi e di sentirsi capiti, la sensazione di essere utili al prossimo. E poi l’acquisizione di nuove conoscenze mediante gli studi, la scoperta di nuove dimensioni attraverso viaggi e incontri, la possibilità di fare progetti per il futuro. Ma anche l’esperienza di leggere un’opera letteraria, di ammirare un capolavoro dell’arte, di ascoltare e suonare musica o di vedere un film possono produrre in noi delle vere e proprie gioie.

    Ogni giorno, però, ci scontriamo anche con tante difficoltà e nel cuore vi sono preoccupazioni per il futuro, al punto che ci possiamo chiedere se la gioia piena e duratura alla quale aspiriamo non sia forse un’illusione e una fuga dalla realtà. Sono molti i giovani che si interrogano: è veramente possibile la gioia piena al giorno d’oggi? E questa ricerca percorre varie strade, alcune delle quali si rivelano sbagliate, o perlomeno pericolose. Ma come distinguere le gioie veramente durature dai piaceri immediati e ingannevoli? Come trovare la vera gioia nella vita, quella che dura e non ci abbandona anche nei momenti difficili?

    2. Dio è la fonte della vera gioia

    In realtà le gioie autentiche, quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio, anche se non appare a prima vista, perché Dio è comunione di amore eterno, è gioia infinita che non rimane chiusa in se stessa, ma si espande in quelli che Egli ama e che lo amano. Dio ci ha creati a sua immagine per amore e per riversare su noi questo suo amore, per colmarci della sua presenza e della sua grazia. Dio vuole renderci partecipi della sua gioia, divina ed eterna, facendoci scoprire che il valore e il senso profondo della nostra vita sta nell’essere accettato, accolto e amato da Lui, e non con un’accoglienza fragile come può essere quella umana, ma con un’accoglienza incondizionata come è quella divina: io sono voluto, ho un posto nel mondo e nella storia, sono amato personalmente da Dio. E se Dio mi accetta, mi ama e io ne divento sicuro, so in modo chiaro e certo che è bene che io ci sia, che esista.

    Questo amore infinito di Dio per ciascuno di noi si manifesta in modo pieno in Gesù Cristo. In Lui si trova la gioia che cerchiamo. Nel Vangelo vediamo come gli eventi che segnano gli inizi della vita di Gesù siano caratterizzati dalla gioia. Quando l’arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria che sarà madre del Salvatore, inizia con questa parola: «Rallegrati!» (Lc 1,28). Alla nascita di Gesù, l’Angelo del Signore dice ai pastori: «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). E i Magi che cercavano il bambino, «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Il motivo di questa gioia è dunque la vicinanza di Dio, che si è fatto uno di noi. Ed è questo che intendeva san Paolo quando scriveva ai cristiani di Filippi: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). La prima causa della nostra gioia è la vicinanza del Signore, che mi accoglie e mi ama.

    E infatti dall’incontro con Gesù nasce sempre una grande gioia interiore. Nei Vangeli lo possiamo vedere in molti episodi. Ricordiamo la visita di Gesù a Zaccheo, un esattore delle tasse disonesto, un peccatore pubblico, al quale Gesù dice: «Oggi devo fermarmi a casa tua». E Zaccheo, riferisce san Luca, «lo accolse pieno di gioia» (Lc 19,5-6). E’ la gioia dell’incontro con il Signore; è il sentire l’amore di Dio che può trasformare l’intera esistenza e portare salvezza. E Zaccheo decide di cambiare vita e di dare la metà dei suoi beni ai poveri.

    Nell’ora della passione di Gesù, questo amore si manifesta in tutta la sua forza. Negli ultimi momenti della sua vita terrena, a cena con i suoi amici, Egli dice: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore... Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11). Gesù vuole introdurre i suoi discepoli e ciascuno di noi nella gioia piena, quella che Egli condivide con il Padre, perché l’amore con cui il Padre lo ama sia in noi (cfr. Gv 17,26). La gioia cristiana è aprirsi a questo amore di Dio e appartenere a Lui.

    Narrano i Vangeli che Maria di Magdala e altre donne andarono a visitare la tomba dove Gesù era stato posto dopo la sua morte e ricevettero da un Angelo un annuncio sconvolgente, quello della sua risurrezione. Allora abbandonarono in fretta il sepolcro, annota l’Evangelista, «con timore e gioia grande» e corsero a dare la lieta notizia ai discepoli. E Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!» (Mt 28,8-9). E’ la gioia della salvezza che viene loro offerta: Cristo è il vivente, è Colui che ha vinto il male, il peccato e la morte. Egli è presente in mezzo a noi come il Risorto, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). Il male non ha l’ultima parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio vince.

    Questa gioia profonda è frutto dello Spirito Santo che ci rende figli di Dio, capaci di vivere e di gustare la sua bontà, di rivolgerci a Lui con il termine «Abbà», Padre (cfr Rm 8,15). La gioia è segno della sua presenza e della sua azione in noi.

    3. Conservare nel cuore la gioia cristiana

    A questo punto ci domandiamo: come ricevere e conservare questo dono della gioia profonda, della gioia spirituale?

    Un Salmo ci dice: «Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore» (Sal 37,4). E Gesù spiega che «il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44). Trovare e conservare la gioia spirituale nasce dall’incontro con il Signore, che chiede di seguirlo, di fare la scelta decisa di puntare tutto su di Lui. Cari giovani, non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita facendo spazio a Gesù Cristo e al suo Vangelo; è la strada per avere la pace e la vera felicità nell’intimo di noi stessi, è la strada per la vera realizzazione della nostra esistenza di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza.

    Cercare la gioia nel Signore: la gioia è frutto della fede, è riconoscere ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia: «Il Signore è vicino!» (Fil 4,5); è riporre la nostra fiducia in Lui, è crescere nella conoscenza e nell’amore di Lui. L’«Anno della fede», che tra pochi mesi inizieremo, ci sarà di aiuto e di stimolo. Cari amici, imparate a vedere come Dio agisce nelle vostre vite, scopritelo nascosto nel cuore degli avvenimenti del vostro quotidiano. Credete che Egli è sempre fedele all’alleanza che ha stretto con voi nel giorno del vostro Battesimo. Sappiate che non vi abbandonerà mai. Rivolgete spesso il vostro sguardo verso di Lui. Sulla croce, ha donato la sua vita perché vi ama. La contemplazione di un amore così grande porta nei nostri cuori una speranza e una gioia che nulla può abbattere. Un cristiano non può essere mai triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la vita per lui.

    Cercare il Signore, incontrarlo nella vita significa anche accogliere la sua Parola, che è gioia per il cuore. Il profeta Geremia scrive: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore» (Ger 15,16). Imparate a leggere e meditare la Sacra Scrittura, vi troverete una risposta alle domande più profonde di verità che albergano nel vostro cuore e nella vostra mente. La Parola di Dio fa scoprire le meraviglie che Dio ha operato nella storia dell’uomo e, pieni di gioia, apre alla lode e all’adorazione: «Venite, cantiamo al Signore... adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti» (Sal 95,1.6).

    In modo particolare, poi, la Liturgia è il luogo per eccellenza in cui si esprime la gioia che la Chiesa attinge dal Signore e trasmette al mondo. Ogni domenica, nell’Eucaristia, le comunità cristiane celebrano il Mistero centrale della salvezza: la morte e risurrezione di Cristo. E’ questo un momento fondamentale per il cammino di ogni discepolo del Signore, in cui si rende presente il suo Sacrificio di amore; è il giorno in cui incontriamo il Cristo Risorto, ascoltiamo la sua Parola, ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue. Un Salmo afferma: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!» (Sal 118,24). E nella notte di Pasqua, la Chiesa canta l’Exultet, espressione di gioia per la vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte: «Esulti il coro degli angeli... Gioisca la terra inondata da così grande splendore... e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa!». La gioia cristiana nasce dal sapere di essere amati da un Dio che si è fatto uomo, ha dato la sua vita per noi e ha sconfitto il male e la morte; ed è vivere di amore per lui. Santa Teresa di Gesù Bambino, giovane carmelitana, scriveva: «Gesù, è amarti la mia gioia!» (P 45, 21 gennaio 1897, Op. Compl., pag. 708).

    4. La gioia dell’amore

    Cari amici, la gioia è intimamente legata all’amore: sono due frutti inseparabili dello Spirito Santo (cfr Gal 5,23). L’amore produce gioia, e la gioia è una forma d’amore. La beata Madre Teresa di Calcutta, facendo eco alle parole di Gesù: «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35), diceva: «La gioia è una rete d’amore per catturare le anime. Dio ama chi dona con gioia. E chi dona con gioia dona di più». E il Servo di Dio Paolo VI scriveva: «In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono» (Esort. ap. Gaudete in Domino, 9 maggio 1975)

    Pensando ai vari ambiti della vostra vita, vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni. E questo, in primo luogo, nelle amicizie: i nostri amici si aspettano che siamo sinceri, leali, fedeli, perché il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà. E lo stesso vale per il lavoro, gli studi e i servizi che svolgete. La fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia, anche se non sempre questa è immediata.

    Per entrare nella gioia dell’amore, siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune. Impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo. Cercate il modo di contribuire a rendere la società più giusta e umana, là dove vi trovate. Che tutta la vostra vita sia guidata dallo spirito di servizio, e non dalla ricerca del potere, del successo materiale e del denaro.

    A proposito di generosità, non posso non menzionare una gioia speciale: quella che si prova rispondendo alla vocazione di donare tutta la propria vita al Signore. Cari giovani, non abbiate paura della chiamata di Cristo alla vita religiosa, monastica, missionaria o al sacerdozio. Siate certi che Egli colma di gioia coloro che, dedicandogli la vita in questa prospettiva, rispondono al suo invito a lasciare tutto per rimanere con Lui e dedicarsi con cuore indiviso al servizio degli altri. Allo stesso modo, grande è la gioia che Egli riserva all’uomo e alla donna che si donano totalmente l’uno all’altro nel matrimonio per costituire una famiglia e diventare segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.

    Vorrei richiamare un terzo elemento per entrare nella gioia dell’amore: far crescere nella vostra vita e nella vita delle vostre comunità la comunione fraterna. C’è uno stretto legame tra la comunione e la gioia. Non è un caso che san Paolo scriva la sua esortazione al plurale: non si rivolge a ciascuno singolarmente, ma afferma: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4). Soltanto insieme, vivendo la comunione fraterna, possiamo sperimentare questa gioia. Il libro degli Atti degli Apostoli descrive così la prima comunità cristiana: «spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2,46). Impegnatevi anche voi affinché le comunità cristiane possano essere luoghi privilegiati di condivisione, di attenzione e di cura l’uno dell’altro.

    5. La gioia della conversione

    Cari amici, per vivere la vera gioia occorre anche identificare le tentazioni che la allontanano. La cultura attuale induce spesso a cercare traguardi, realizzazioni e piaceri immediati, favorendo più l’incostanza che la perseveranza nella fatica e la fedeltà agli impegni. I messaggi che ricevete spingono ad entrare nella logica del consumo, prospettando felicità artificiali. L’esperienza insegna che l’avere non coincide con la gioia: vi sono tante persone che, pur avendo beni materiali in abbondanza, sono spesso afflitte dalla disperazione, dalla tristezza e sentono un vuoto nella vita. Per rimanere nella gioia, siamo chiamati a vivere nell’amore e nella verità, a vivere in Dio.

    E la volontà di Dio è che noi siamo felici. Per questo ci ha dato delle indicazioni concrete per il nostro cammino: i Comandamenti. Osservandoli, noi troviamo la strada della vita e della felicità. Anche se a prima vista possono sembrare un insieme di divieti, quasi un ostacolo alla libertà, se li meditiamo più attentamente, alla luce del Messaggio di Cristo, essi sono un insieme di essenziali e preziose regole di vita che conducono a un’esistenza felice, realizzata secondo il progetto di Dio. Quante volte, invece, costatiamo che costruire ignorando Dio e la sua volontà porta delusione, tristezza, senso di sconfitta. L’esperienza del peccato come rifiuto di seguirlo, come offesa alla sua amicizia, porta ombra nel nostro cuore.

    Ma se a volte il cammino cristiano non è facile e l’impegno di fedeltà all’amore del Signore incontra ostacoli o registra cadute, Dio, nella sua misericordia, non ci abbandona, ma ci offre sempre la possibilità di ritornare a Lui, di riconciliarci con Lui, di sperimentare la gioia del suo amore che perdona e riaccoglie.

    Cari giovani, ricorrete spesso al Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione! Esso è il Sacramento della gioia ritrovata. Domandate allo Spirito Santo la luce per saper riconoscere il vostro peccato e la capacità di chiedere perdono a Dio accostandovi a questo Sacramento con costanza, serenità e fiducia. Il Signore vi aprirà sempre le sue braccia, vi purificherà e vi farà entrare nella sua gioia: vi sarà gioia nel cielo anche per un solo peccatore che si converte (cfr Lc 15,7).

    6. La gioia nelle prove

    Alla fine, però, potrebbe rimanere nel nostro cuore la domanda se veramente è possibile vivere nella gioia anche in mezzo alle tante prove della vita, specialmente le più dolorose e misteriose, se veramente seguire il Signore, fidarci di Lui dona sempre felicità.

    La risposta ci può venire da alcune esperienze di giovani come voi che hanno trovato proprio in Cristo la luce capace di dare forza e speranza, anche in mezzo alle situazioni più difficili. Il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) ha sperimentato tante prove nella sua pur breve esistenza, tra cui una, riguardante la sua vita sentimentale, che lo aveva ferito in modo profondo. Proprio in questa situazione, scriveva alla sorella: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la Fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro... Lo scopo per cui noi siamo stati creati ci addita la via seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori» (Lettera alla sorella Luciana, Torino, 14 febbraio 1925). E il beato Giovanni Paolo II, presentandolo come modello, diceva di lui: «era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava tante difficoltà della sua vita» (Discorso ai giovani, Torino, 13 aprile 1980).

    Più vicina a noi, la giovane Chiara Badano (1971-1990), recentemente beatificata, ha sperimentato come il dolore possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia. All’età di 18 anni, in un momento in cui il cancro la faceva particolarmente soffrire, Chiara aveva pregato lo Spirito Santo, intercedendo per i giovani del suo Movimento. Oltre alla propria guarigione, aveva chiesto a Dio di illuminare con il suo Spirito tutti quei giovani, di dar loro la sapienza e la luce: «È stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l’anima cantava» (Lettera a Chiara Lubich, Sassello, 20 dicembre 1989). La chiave della sua pace e della sua gioia era la completa fiducia nel Signore e l’accettazione anche della malattia come misteriosa espressione della sua volontà per il bene suo e di tutti. Ripeteva spesso: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io».

    Sono due semplici testimonianze tra molte altre che mostrano come il cristiano autentico non è mai disperato e triste, anche davanti alle prove più dure, e mostrano che la gioia cristiana non è una fuga dalla realtà, ma una forza soprannaturale per affrontare e vivere le difficoltà quotidiane. Sappiamo che Cristo crocifisso e risorto è con noi, è l’amico sempre fedele. Quando partecipiamo alle sue sofferenze, partecipiamo anche alla sua gloria. Con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore. E là si trova la gioia (cfr Col 1,24).

    7. Testimoni della gioia

    Cari amici, per concludere vorrei esortarvi ad essere missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa. Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla. San Giovanni afferma: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi... Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,3-4).

    A volte viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi, giovani discepoli di Cristo, mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. E se il modo di vivere dei cristiani sembra a volte stanco ed annoiato, testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così!

    Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! Portate a coloro che soffrono, a coloro che sono in ricerca, la gioia che Gesù vuole donare. Portatela nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole e università, nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici, là dove vivete. Vedrete che essa è contagiosa. E riceverete il centuplo: la gioia della salvezza per voi stessi, la gioia di vedere la Misericordia di Dio all’opera nei cuori. Il giorno del vostro incontro definitivo con il Signore, Egli potrà dirvi: «Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone!» (Mt 25,21).

    La Vergine Maria vi accompagni in questo cammino. Ella ha accolto il Signore dentro di sé e l’ha annunciato con un canto di lode e di gioia, il Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46-47). Maria ha risposto pienamente all’amore di Dio dedicando la sua vita a Lui in un servizio umile e totale. E’ chiamata «causa della nostra letizia» perché ci ha dato Gesù. Che Ella vi introduca in quella gioia che nessuno potrà togliervi!

    Dal Vaticano, 15 marzo 2012

    BENEDICTUS PP. XVI

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  • Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    [SM=g1740758] MESSAGGIO DEL PAPA PER XXVIII GIORNATA MONDIALE GIOVENTU'

    Città del Vaticano, 16 novembre 2012 (VIS). "Andate e fate discepoli tutti i popoli!" è il titolo del Messaggio del Santo Padre in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù 2013, che si terrà a Rio de Janeiro (Brasile) il prossimo luglio 2013. Di seguito riportiamo alcuni estratti del Messaggio.

    "Desidero anzitutto rinnovarvi l’invito a partecipare a questo importante appuntamento. La celebre statua del Cristo Redentore, che domina quella bella città brasiliana, ne sarà il simbolo eloquente: le sue braccia aperte sono il segno dell’accoglienza che il Signore riserverà a tutti coloro che verranno a Lui e il suo cuore raffigura l’immenso amore che Egli ha per ciascuno e per ciascuna di voi. Lasciatevi attrarre da Lui! Vivete questa esperienza di incontro con Cristo, insieme ai tanti altri giovani che convergeranno a Rio per il prossimo incontro mondiale! Lasciatevi amare da Lui e sarete i testimoni di cui il mondo ha bisogno".

    1. Una chiamata pressante

    "La storia ci ha mostrato quanti giovani, attraverso il dono generoso di se stessi, hanno contribuito grandemente al Regno di Dio e allo sviluppo di questo mondo, annunciando il Vangelo. Con grande entusiasmo, essi hanno portato la Buona Notizia dell’Amore di Dio manifestato in Cristo, con mezzi e possibilità ben inferiori a quelli di cui disponiamo al giorno d’oggi (...) Oggi non pochi giovani dubitano profondamente che la vita sia un bene e non vedono chiarezza nel loro cammino. Più in generale, di fronte alle difficoltà del mondo contemporaneo, molti si chiedono: io che cosa posso fare? La luce della fede illumina questa oscurità, ci fa comprendere che ogni esistenza ha un valore inestimabile, perché frutto dell’amore di Dio. Egli ama anche chi si è allontanato da Lui o lo ha dimenticato: ha pazienza e attende; anzi, ha donato il suo Figlio, morto e risorto, per liberarci radicalmente dal male. E Cristo ha inviato i suoi discepoli per portare a tutti i popoli questo annuncio gioioso di salvezza e di vita nuova".

    La Chiesa, nel continuare questa missione di evangelizzazione, conta anche su di voi. Cari giovani, voi siete i primi missionari tra i vostri coetanei! Alla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, di cui quest’anno celebriamo il 50° anniversario, il Servo di Dio Paolo VI consegnò ai giovani e alle giovani del mondo un Messaggio che (...) concludeva con un appello: “Costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale” (...) Questo invito è di grande attualità. Stiamo attraversando un periodo storico molto particolare: il progresso tecnico ci ha offerto possibilità inedite di interazione tra uomini e tra popolazioni, ma la globalizzazione di queste relazioni sarà positiva e farà crescere il mondo in umanità solo se sarà fondata non sul materialismo ma sull’amore, l’unica realtà capace di colmare il cuore di ciascuno e di unire le persone. Dio è amore. L’uomo che dimentica Dio è senza speranza e diventa incapace di amare il suo simile. Per questo è urgente testimoniare la presenza di Dio affinché ognuno possa sperimentarla: è in gioco la salvezza dell’umanità e la salvezza di ciascuno di noi".

    2. Diventate discepoli di Cristo

    Questa chiamata missionaria vi viene rivolta anche per un’altra ragione: è necessaria per il nostro cammino di fede personale(...) Annunciando il Vangelo voi stessi crescete nel radicarvi sempre più profondamente in Cristo, diventate cristiani maturi. L’impegno missionario è una dimensione essenziale della fede: non si è veri credenti senza evangelizzare (...)Ma che cosa vuol dire essere missionari? Significa anzitutto essere discepoli di Cristo, ascoltare sempre di nuovo l’invito a seguirlo, l’invito a guardare a Lui (...)Vi consiglio di fare memoria dei doni ricevuti da Dio per trasmetterli a vostra volta. Imparate a rileggere la vostra storia personale, prendete coscienza anche della meravigliosa eredità delle generazioni che vi hanno preceduto (...) Non dimentichiamolo mai: facciamo parte di una catena immensa di uomini e donne che ci hanno trasmesso la verità della fede e contano su di noi affinché altri la ricevano. Non dimentichiamolo mai: facciamo parte di una catena immensa di uomini e donne che ci hanno trasmesso la verità della fede e contano su di noi affinché altri la ricevano. L’essere missionari presuppone la conoscenza di questo patrimonio ricevuto, che è la fede della Chiesa: è necessario conoscere ciò in cui si crede, per poterlo annunciare”

    3. Andate!

    Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione con questo mandato: 'Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato'. Evangelizzare significa portare ad altri la Buona Notizia della salvezza e questa Buona Notizia è una persona: Gesù Cristo (...)Più conosciamo Cristo, più desideriamo annunciarlo. Più parliamo con Lui, più desideriamo parlare di Lui. Più ne siamo conquistati, più desideriamo condurre gli altri a Lui (...)È dunque lo Spirito d’amore l’anima della missione: ci spinge ad uscire da noi stessi, per “andare” ed evangelizzare. Cari giovani, lasciatevi condurre dalla forza dell’amore di Dio, lasciate che questo amore vinca la tendenza a chiudersi nel proprio mondo, nei propri problemi, nelle proprie abitudini”.

    4.Raggiungete tutti i popoli.

    “Cristo risorto ha mandato i suoi discepoli a testimoniare la sua presenza salvifica a tutti i popoli, perché Dio nel suo amore sovrabbondante, vuole che tutti siano salvi e nessuno sia perduto. Cari amici, volgete gli occhi e guardate intorno a voi (...). I 'popoli' ai quali siamo inviati non sono soltanto gli altri Paesi del mondo, ma anche i diversi ambiti di vita: le famiglie, i quartieri, gli ambienti di studio o di lavoro, i gruppi di amici e i luoghi del tempo libero. L’annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della nostra vita, senza alcun limite (..)Vorrei sottolineare due campi in cui il vostro impegno missionario deve farsi ancora più attento. Il primo è quello delle comunicazioni sociali, in particolare il mondo di internet. (...) A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo “continente digitale (...)Il secondo ambito è quello della mobilità. Oggi sono sempre più numerosi i giovani che viaggiano, sia per motivi di studio o di lavoro, sia per divertimento. Ma penso anche a tutti i movimenti migratori, con cui milioni di persone, spesso giovani, si trasferiscono e cambiano Regione o Paese per motivi economici o sociali. Anche questi fenomeni possono diventare occasioni provvidenziali per la diffusione del Vangelo".

    5. Fate discepoli!

    L’annuncio di Cristo non passa solamente attraverso le parole, ma deve coinvolgere tutta la vita e tradursi in gesti di amore. L’essere evangelizzatori nasce dall’amore che Cristo ha infuso in noi; il nostro amore, quindi, deve conformarsi sempre di più al suo. Come il buon Samaritano, dobbiamo essere sempre attenti a chi incontriamo, saper ascoltare, comprendere, aiutare, per condurre chi è alla ricerca della verità e del senso della vita alla casa di Dio che è la Chiesa, dove c’è speranza e salvezza (...)I mezzi che abbiamo per “fare discepoli” sono principalmente il Battesimo e la catechesi. Ciò significa che dobbiamo condurre le persone che stiamo evangelizzando a incontrare Cristo vivente, in particolare nella sua Parola e nei Sacramenti: così potranno credere in Lui, conosceranno Dio e vivranno della sua grazia (...)Invocate lo Spirito Santo: Egli vi guiderà ad entrare sempre più nella conoscenza e nell’amore di Cristo e vi renderà creativi nel trasmettere il Vangelo"

    6.Saldi nella fede

    “Quando vi sentite inadeguati, incapaci, deboli nell’annunciare e testimoniare la fede, non abbiate timore. L’evangelizzazione non è una nostra iniziativa e non dipende anzitutto dai nostri talenti, ma è una risposta fiduciosa e obbediente alla chiamata di Dio, e perciò si basa non sulla nostra forza, ma sulla sua. (...) Per questo vi invito a radicarvi nella preghiera e nei Sacramenti. L’evangelizzazione autentica nasce sempre dalla preghiera ed è sostenuta da essa: dobbiamo prima parlare con Dio per poter parlare di Dio (...)Sappiate trovare nell’Eucaristia la sorgente della vostra vita di fede e della vostra testimonianza cristiana (...). Ricorrete frequentemente al Sacramento della Riconciliazione. (...) E non esitate a ricevere il Sacramento della Confermazione o Cresima (...) Con l’Eucaristia, esso è il Sacramento della missione, perché ci dona la forza e l’amore dello Spirito Santo per professare senza paura la fede. Vi incoraggio inoltre a praticare l’adorazione eucaristica (...)Se seguirete questo cammino, Cristo stesso vi donerà la capacità di essere pienamente fedeli alla sua Parola e di testimoniarlo con lealtà e coraggio. A volte sarete chiamati a dare prova di perseveranza, in particolare quando la Parola di Dio susciterà chiusure od opposizioni. In certe regioni del mondo, alcuni di voi vivono la sofferenza di non poter testimoniare pubblicamente la fede in Cristo, per mancanza di libertà religiosa. E c’è chi ha già pagato anche con la vita il prezzo della propria appartenenza alla Chiesa. Vi incoraggio a restare saldi nella fede, sicuri che Cristo è accanto a voi in ogni prova".

    7. Con tutta la Chiesa.

    “Per restare saldi nella confessione della fede cristiana là dove siete inviati, avete bisogno della Chiesa. Nessuno può essere testimone del Vangelo da solo. Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione insieme (...) È dunque sempre come membri della comunità cristiana che noi offriamo la nostra testimonianza, e la nostra missione è resa feconda dalla comunione che viviamo nella Chiesa: dall’unità e dall’amore che abbiamo gli uni per gli altri ci riconosceranno come discepoli di Cristo”.

    8.”Eccomi, Signore”!

    In conclusione, cari giovani, vorrei invitarvi ad ascoltare nel profondo di voi stessi la chiamata di Gesù ad annunciare il suo Vangelo. Come mostra la grande statua di Cristo Redentore a Rio de Janeiro, il suo cuore è aperto all’amore verso tutti, senza distinzioni, e le sue braccia sono tese per raggiungere ciascuno. Siate voi il cuore e le braccia di Gesù! Andate a testimoniare il suo amore, siate i nuovi missionari animati dall’amore e dall’accoglienza! (...)La Chiesa ha fiducia in voi e vi è profondamente grata per la gioia e il dinamismo che portate: usate i vostri talenti con generosità al servizio dell’annuncio del Vangelo! Sappiamo che lo Spirito Santo si dona a coloro che, in umiltà di cuore, si rendono disponibili a tale annuncio (...) Questo appello, che rivolgo ai giovani di tutta la terra, assume un rilievo particolare per voi, cari giovani dell’America Latina! Infatti, alla V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano che si è svolta ad Aparecida nel 2007, i Vescovi hanno lanciato una 'missione continentale'. E i giovani, che in quel continente costituiscono la maggioranza della popolazione, rappresentano una forza importante e preziosa per la Chiesa e per la società (...)Trasmettete ai vostri coetanei del mondo intero l’entusiasmo della vostra fede!".





    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
    BENEDETTO XVI
    PER LA XXVIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

    2013

    Pope Benedict XVI leaves the Erfurt protestant monastery of St.  Augustin, on September 23, 2011, on the second day of the Pontiff's  first state visit to his native Germany. The 84-year old pope, German  born Joseph Ratzinger, has a packed program, with 18 sermons and  speeches planned for his four-day trip to Berlin, Erfurt in the  ex-German Democratic Republic and Freiburg.

    «Andate e fate discepoli tutti i popoli!» (cfr Mt 28,19)

     

    Cari giovani,

    vorrei far giungere a tutti voi il mio saluto pieno di gioia e di affetto. Sono certo che molti di voi sono tornati dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid maggiormente «radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (cfr Col 2,7). Quest’anno, nelle varie Diocesi, abbiamo celebrato la gioia di essere cristiani, ispirati dal tema: «Siate sempre lieti nel Signore!» (Fil 4,4). E ora ci stiamo preparando alla prossima Giornata Mondiale, che si celebrerà a Rio de Janeiro, in Brasile, nel luglio 2013.

    Desidero anzitutto rinnovarvi l’invito a partecipare a questo importante appuntamento. La celebre statua del Cristo Redentore, che domina quella bella città brasiliana, ne sarà il simbolo eloquente: le sue braccia aperte sono il segno dell’accoglienza che il Signore riserverà a tutti coloro che verranno a Lui e il suo cuore raffigura l’immenso amore che Egli ha per ciascuno e per ciascuna di voi. Lasciatevi attrarre da Lui! Vivete questa esperienza di incontro con Cristo, insieme ai tanti altri giovani che convergeranno a Rio per il prossimo incontro mondiale! Lasciatevi amare da Lui e sarete i testimoni di cui il mondo ha bisogno.

    Vi invito a prepararvi alla Giornata Mondiale di Rio de Janeiro meditando fin d’ora sul tema dell’incontro: «Andate e fate discepoli tutti i popoli!» (cfr Mt 28,19). Si tratta della grande esortazione missionaria che Cristo ha lasciato alla Chiesa intera e che rimane attuale ancora oggi, dopo duemila anni. Ora questo mandato deve risuonare con forza nel vostro cuore. L’anno di preparazione all’incontro di Rio coincide con l’Anno della fede, all’inizio del quale il Sinodo dei Vescovi ha dedicato i suoi lavori a «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Perciò sono contento che anche voi, cari giovani, siate coinvolti in questo slancio missionario di tutta la Chiesa: far conoscere Cristo è il dono più prezioso che potete fare agli altri.

    1. Una chiamata pressante

    La storia ci ha mostrato quanti giovani, attraverso il dono generoso di se stessi, hanno contribuito grandemente al Regno di Dio e allo sviluppo di questo mondo, annunciando il Vangelo. Con grande entusiasmo, essi hanno portato la Buona Notizia dell’Amore di Dio manifestato in Cristo, con mezzi e possibilità ben inferiori a quelli di cui disponiamo al giorno d’oggi. Penso, per esempio, al Beato José de Anchieta, giovane gesuita spagnolo del XVI secolo, partito in missione per il Brasile quando aveva meno di vent’anni e divenuto un grande apostolo del Nuovo Mondo. Ma penso anche a quanti di voi si dedicano generosamente alla missione della Chiesa: ne ho avuto una sorprendente testimonianza alla Giornata Mondiale di Madrid, in particolare nell’incontro con i volontari.

    Oggi non pochi giovani dubitano profondamente che la vita sia un bene e non vedono chiarezza nel loro cammino. Più in generale, di fronte alle difficoltà del mondo contemporaneo, molti si chiedono: io che cosa posso fare? La luce della fede illumina questa oscurità, ci fa comprendere che ogni esistenza ha un valore inestimabile, perché frutto dell’amore di Dio. Egli ama anche chi si è allontanato da Lui o lo ha dimenticato: ha pazienza e attende; anzi, ha donato il suo Figlio, morto e risorto, per liberarci radicalmente dal male. E Cristo ha inviato i suoi discepoli per portare a tutti i popoli questo annuncio gioioso di salvezza e di vita nuova.

    La Chiesa, nel continuare questa missione di evangelizzazione, conta anche su di voi. Cari giovani, voi siete i primi missionari tra i vostri coetanei! Alla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, di cui quest’anno celebriamo il 50° anniversario, il Servo di Dio Paolo VI consegnò ai giovani e alle giovani del mondo un Messaggio che si apriva con queste parole: «È a voi, giovani uomini e donne del mondo intero, che il Concilio vuole rivolgere il suo ultimo messaggio. Perché siete voi che raccoglierete la fiaccola dalle mani dei vostri padri e vivrete nel mondo nel momento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia. Siete voi che, raccogliendo il meglio dell’esempio e dell’insegnamento dei vostri genitori e dei vostri maestri, formerete la società di domani: voi vi salverete o perirete con essa». E concludeva con un appello: «Costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale!» (Messaggio ai giovani, 8 dicembre 1965).

    Cari amici, questo invito è di grande attualità. Stiamo attraversando un periodo storico molto particolare: il progresso tecnico ci ha offerto possibilità inedite di interazione tra uomini e tra popolazioni, ma la globalizzazione di queste relazioni sarà positiva e farà crescere il mondo in umanità solo se sarà fondata non sul materialismo ma sull’amore, l’unica realtà capace di colmare il cuore di ciascuno e di unire le persone. Dio è amore. L’uomo che dimentica Dio è senza speranza e diventa incapace di amare il suo simile. Per questo è urgente testimoniare la presenza di Dio affinché ognuno possa sperimentarla: è in gioco la salvezza dell’umanità e la salvezza di ciascuno di noi. Chiunque comprenda questa necessità, non potrà che esclamare con san Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16).

    2. Diventate discepoli di Cristo

    Questa chiamata missionaria vi viene rivolta anche per un’altra ragione: è necessaria per il nostro cammino di fede personale. Il Beato Giovanni Paolo II scriveva: «La fede si rafforza donandola» (Enc. Redemptoris missio, 2). Annunciando il Vangelo voi stessi crescete nel radicarvi sempre più profondamente in Cristo, diventate cristiani maturi. L’impegno missionario è una dimensione essenziale della fede: non si è veri credenti senza evangelizzare. E l’annuncio del Vangelo non può che essere la conseguenza della gioia di avere incontrato Cristo e di aver trovato in Lui la roccia su cui costruire la propria esistenza. Impegnandovi a servire gli altri e ad annunciare loro il Vangelo, la vostra vita, spesso frammentata tra diverse attività, troverà la sua unità nel Signore, costruirete anche voi stessi, crescerete e maturerete in umanità.

    Ma che cosa vuol dire essere missionari? Significa anzitutto essere discepoli di Cristo, ascoltare sempre di nuovo l’invito a seguirlo, l’invito a guardare a Lui: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Un discepolo, in effetti, è una persona che si pone all’ascolto della Parola di Gesù (cfr Lc 10,39), riconosciuto come il Maestro che ci ha amati fino al dono della vita. Si tratta dunque, per ciascuno di voi, di lasciarsi plasmare ogni giorno dalla Parola di Dio: essa vi renderà amici del Signore Gesù e capaci di far entrare altri giovani in questa amicizia con Lui.

    Vi consiglio di fare memoria dei doni ricevuti da Dio per trasmetterli a vostra volta. Imparate a rileggere la vostra storia personale, prendete coscienza anche della meravigliosa eredità delle generazioni che vi hanno preceduto: tanti credenti ci hanno trasmesso la fede con coraggio, affrontando prove e incomprensioni. Non dimentichiamolo mai: facciamo parte di una catena immensa di uomini e donne che ci hanno trasmesso la verità della fede e contano su di noi affinché altri la ricevano. L’essere missionari presuppone la conoscenza di questo patrimonio ricevuto, che è la fede della Chiesa: è necessario conoscere ciò in cui si crede, per poterlo annunciare. Come ho scritto nell’introduzione di YouCat, il Catechismo per giovani che vi ho donato all’Incontro Mondiale di Madrid, «dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di informatica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come un musicista conosce il suo pezzo; sì, dovete essere ben più profondamente radicati nella fede della generazione dei vostri genitori, per poter resistere con forza e decisione alle sfide e alle tentazioni di questo tempo.» (Premessa).

    3. Andate!

    Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione con questo mandato: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato» (Mc 16,15-16). Evangelizzare significa portare ad altri la Buona Notizia della salvezza e questa Buona Notizia è una persona: Gesù Cristo. Quando lo incontro, quando scopro fino a che punto sono amato da Dio e salvato da Lui, nasce in me non solo il desiderio, ma la necessità di farlo conoscere ad altri. All’inizio del Vangelo di Giovanni vediamo Andrea il quale, dopo aver incontrato Gesù, si affretta a condurre da Lui suo fratello Simone (cfr 1,40-42). L’evangelizzazione parte sempre dall’incontro con il Signore Gesù: chi si è avvicinato a Lui e ha fatto esperienza del suo amore vuole subito condividere la bellezza di questo incontro e la gioia che nasce da questa amicizia. Più conosciamo Cristo, più desideriamo annunciarlo. Più parliamo con Lui, più desideriamo parlare di Lui. Più ne siamo conquistati, più desideriamo condurre gli altri a Lui.

    Mediante il Battesimo, che ci genera a vita nuova, lo Spirito Santo prende dimora in noi e infiamma la nostra mente e il nostro cuore: è Lui che ci guida a conoscere Dio e ad entrare in amicizia sempre più profonda con Cristo; è lo Spirito che ci spinge a fare il bene, a servire gli altri, a donare noi stessi. Attraverso la Confermazione, poi, siamo fortificati dai suoi doni per testimoniare in modo sempre più maturo il Vangelo. È dunque lo Spirito d’amore l’anima della missione: ci spinge ad uscire da noi stessi, per «andare» ed evangelizzare. Cari giovani, lasciatevi condurre dalla forza dell’amore di Dio, lasciate che questo amore vinca la tendenza a chiudersi nel proprio mondo, nei propri problemi, nelle proprie abitudini; abbiate il coraggio di «partire» da voi stessi per «andare» verso gli altri e guidarli all’incontro con Dio.

    4. Raggiungete tutti i popoli

    Cristo risorto ha mandato i suoi discepoli a testimoniare la sua presenza salvifica a tutti i popoli, perché Dio nel suo amore sovrabbondante, vuole che tutti siano salvi e nessuno sia perduto. Con il sacrificio di amore della Croce, Gesù ha aperto la strada affinché ogni uomo e ogni donna possa conoscere Dio ed entrare in comunione di amore con Lui. E ha costituito una comunità di discepoli per portare l’annuncio di salvezza del Vangelo fino ai confini della terra, per raggiungere gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni tempo. Facciamo nostro questo desiderio di Dio!

    Cari amici, volgete gli occhi e guardate intorno a voi: tanti giovani hanno perduto il senso della loro esistenza. Andate! Cristo ha bisogno anche di voi. Lasciatevi coinvolgere dal suo amore, siate strumenti di questo amore immenso, perché giunga a tutti, specialmente ai «lontani». Alcuni sono lontani geograficamente, altri invece sono lontani perché la loro cultura non lascia spazio a Dio; alcuni non hanno ancora accolto il Vangelo personalmente, altri invece, pur avendolo ricevuto, vivono come se Dio non esistesse. A tutti apriamo la porta del nostro cuore; cerchiamo di entrare in dialogo, nella semplicità e nel rispetto: questo dialogo, se vissuto in una vera amicizia, porterà frutto. I «popoli» ai quali siamo inviati non sono soltanto gli altri Paesi del mondo, ma anche i diversi ambiti di vita: le famiglie, i quartieri, gli ambienti di studio o di lavoro, i gruppi di amici e i luoghi del tempo libero. L’annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della nostra vita, senza alcun limite.

    Vorrei sottolineare due campi in cui il vostro impegno missionario deve farsi ancora più attento. Il primo è quello delle comunicazioni sociali, in particolare il mondo di internet. Come ho già avuto modo di dirvi, cari giovani, «sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! [...] A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo “continente digitale”» (Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 maggio 2009). Sappiate dunque usare con saggezza questo mezzo, considerando anche le insidie che esso contiene, in particolare il rischio della dipendenza, di confondere il mondo reale con quello virtuale, di sostituire l’incontro e il dialogo diretto con le persone con i contatti in rete.

    Il secondo ambito è quello della mobilità. Oggi sono sempre più numerosi i giovani che viaggiano, sia per motivi di studio o di lavoro, sia per divertimento. Ma penso anche a tutti i movimenti migratori, con cui milioni di persone, spesso giovani, si trasferiscono e cambiano Regione o Paese per motivi economici o sociali. Anche questi fenomeni possono diventare occasioni provvidenziali per la diffusione del Vangelo. Cari giovani, non abbiate paura di testimoniare la vostra fede anche in questi contesti: è un dono prezioso per chi incontrate comunicare la gioia dell’incontro con Cristo.

    5. Fate discepoli!

    Penso che abbiate sperimentato più volte la difficoltà di coinvolgere i vostri coetanei nell’esperienza di fede. Spesso avrete constatato come in molti giovani, specialmente in certe fasi del cammino della vita, ci sia il desiderio di conoscere Cristo e di vivere i valori del Vangelo, ma questo sia accompagnato dal sentirsi inadeguati e incapaci. Che cosa fare? Anzitutto la vostra vicinanza e la vostra semplice testimonianza saranno un canale attraverso il quale Dio potrà toccare il loro cuore. L’annuncio di Cristo non passa solamente attraverso le parole, ma deve coinvolgere tutta la vita e tradursi in gesti di amore. L’essere evangelizzatori nasce dall’amore che Cristo ha infuso in noi; il nostro amore, quindi, deve conformarsi sempre di più al suo. Come il buon Samaritano, dobbiamo essere sempre attenti a chi incontriamo, saper ascoltare, comprendere, aiutare, per condurre chi è alla ricerca della verità e del senso della vita alla casa di Dio che è la Chiesa, dove c’è speranza e salvezza (cfr Lc 10,29-37). Cari amici, non dimenticate mai che il primo atto di amore che potete fare verso il prossimo è quello di condividere la sorgente della nostra speranza: chi non dà Dio, dà troppo poco! Ai suoi apostoli Gesù comanda: «Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). I mezzi che abbiamo per «fare discepoli» sono principalmente il Battesimo e la catechesi. Ciò significa che dobbiamo condurre le persone che stiamo evangelizzando a incontrare Cristo vivente, in particolare nella sua Parola e nei Sacramenti: così potranno credere in Lui, conosceranno Dio e vivranno della sua grazia. Vorrei che ciascuno si chiedesse: ho mai avuto il coraggio di proporre il Battesimo a giovani che non l’hanno ancora ricevuto? Ho invitato qualcuno a seguire un cammino di scoperta della fede cristiana? Cari amici, non temete di proporre ai vostri coetanei l’incontro con Cristo. Invocate lo Spirito Santo: Egli vi guiderà ad entrare sempre più nella conoscenza e nell’amore di Cristo e vi renderà creativi nel trasmettere il Vangelo.

    6. Saldi nella fede

    Di fronte alle difficoltà della missione di evangelizzare, talvolta sarete tentati di dire come il profeta Geremia: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma anche a voi Dio risponde: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,6-7). Quando vi sentite inadeguati, incapaci, deboli nell’annunciare e testimoniare la fede, non abbiate timore. L’evangelizzazione non è una nostra iniziativa e non dipende anzitutto dai nostri talenti, ma è una risposta fiduciosa e obbediente alla chiamata di Dio, e perciò si basa non sulla nostra forza, ma sulla sua. Lo ha sperimentato l’apostolo Paolo: «Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi» (2 Cor 4,7).

    Per questo vi invito a radicarvi nella preghiera e nei Sacramenti. L’evangelizzazione autentica nasce sempre dalla preghiera ed è sostenuta da essa: dobbiamo prima parlare con Dio per poter parlare di Dio. E nella preghiera, affidiamo al Signore le persone a cui siamo inviati, supplicandolo di toccare loro il cuore; domandiamo allo Spirito Santo di renderci suoi strumenti per la loro salvezza; chiediamo a Cristo di mettere le parole sulle nostre labbra e di farci segni del suo amore. E, più in generale, preghiamo per la missione di tutta la Chiesa, secondo la richiesta esplicita di Gesù: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,38). Sappiate trovare nell’Eucaristia la sorgente della vostra vita di fede e della vostra testimonianza cristiana, partecipando con fedeltà alla Messa domenicale e ogni volta che potete nella settimana. Ricorrete frequentemente al Sacramento della Riconciliazione: è un incontro prezioso con la misericordia di Dio che ci accoglie, ci perdona e rinnova i nostri cuori nella carità. E non esitate a ricevere il Sacramento della Confermazione o Cresima se non l’avete ricevuto, preparandovi con cura e impegno. Con l’Eucaristia, esso è il Sacramento della missione, perché ci dona la forza e l’amore dello Spirito Santo per professare senza paura la fede. Vi incoraggio inoltre a praticare l’adorazione eucaristica: sostare in ascolto e dialogo con Gesù presente nel Sacramento diventa punto di partenza di nuovo slancio missionario.

    Se seguirete questo cammino, Cristo stesso vi donerà la capacità di essere pienamente fedeli alla sua Parola e di testimoniarlo con lealtà e coraggio. A volte sarete chiamati a dare prova di perseveranza, in particolare quando la Parola di Dio susciterà chiusure od opposizioni. In certe regioni del mondo, alcuni di voi vivono la sofferenza di non poter testimoniare pubblicamente la fede in Cristo, per mancanza di libertà religiosa. E c’è chi ha già pagato anche con la vita il prezzo della propria appartenenza alla Chiesa. Vi incoraggio a restare saldi nella fede, sicuri che Cristo è accanto a voi in ogni prova. Egli vi ripete: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,11-12).

    7. Con tutta la Chiesa

    Cari giovani, per restare saldi nella confessione della fede cristiana là dove siete inviati, avete bisogno della Chiesa. Nessuno può essere testimone del Vangelo da solo. Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione insieme: «fate discepoli» è rivolto al plurale. È dunque sempre come membri della comunità cristiana che noi offriamo la nostra testimonianza, e la nostra missione è resa feconda dalla comunione che viviamo nella Chiesa: dall’unità e dall’amore che abbiamo gli uni per gli altri ci riconosceranno come discepoli di Cristo (cfr Gv 13,35). Sono grato al Signore per la preziosa opera di evangelizzazione che svolgono le nostre comunità cristiane, le nostre parrocchie, i nostri movimenti ecclesiali. I frutti di questa evangelizzazione appartengono a tutta la Chiesa: «uno semina e l’altro miete», diceva Gesù (Gv 4,37).

    A tale proposito, non posso che rendere grazie per il grande dono dei missionari, che dedicano tutta la loro vita ad annunciare il Vangelo sino ai confini della terra. Allo stesso modo benedico il Signore per i sacerdoti e i consacrati, che offrono interamente se stessi affinché Gesù Cristo sia annunciato e amato. Desidero qui incoraggiare i giovani che sono chiamati da Dio, a impegnarsi con entusiasmo in queste vocazioni: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35). A coloro che lasciano tutto per seguirlo, Gesù ha promesso il centuplo e la vita eterna! (cfr Mt 19,29).

    Rendo grazie anche per tutti i fedeli laici che si adoperano per vivere il loro quotidiano come missione là dove sono, in famiglia o sul lavoro, affinché Cristo sia amato e servito e cresca il Regno di Dio. Penso in particolare a quanti operano nel campo dell’educazione, della sanità, dell’impresa, della politica e dell’economia e in tanti altri ambiti dell’apostolato dei laici. Cristo ha bisogno del vostro impegno e della vostra testimonianza. Nulla - né le difficoltà, né le incomprensioni - vi faccia rinunciare a portare il Vangelo di Cristo nei luoghi in cui vi trovate: ognuno di voi è prezioso nel grande mosaico dell’evangelizzazione!

    8. «Eccomi, Signore!»

    In conclusione, cari giovani, vorrei invitarvi ad ascoltare nel profondo di voi stessi la chiamata di Gesù ad annunciare il suo Vangelo. Come mostra la grande statua di Cristo Redentore a Rio de Janeiro, il suo cuore è aperto all’amore verso tutti, senza distinzioni, e le sue braccia sono tese per raggiungere ciascuno. Siate voi il cuore e le braccia di Gesù! Andate a testimoniare il suo amore, siate i nuovi missionari animati dall’amore e dall’accoglienza! Seguite l’esempio dei grandi missionari della Chiesa, come san Francesco Saverio e tanti altri.

    Al termine della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, ho benedetto alcuni giovani di diversi continenti che partivano in missione. Essi rappresentavano i tantissimi giovani che, riecheggiando il profeta Isaia, dicono al Signore: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). La Chiesa ha fiducia in voi e vi è profondamente grata per la gioia e il dinamismo che portate: usate i vostri talenti con generosità al servizio dell’annuncio del Vangelo! Sappiamo che lo Spirito Santo si dona a coloro che, in umiltà di cuore, si rendono disponibili a tale annuncio. E non abbiate paura: Gesù, Salvatore del mondo, è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20)!

    Questo appello, che rivolgo ai giovani di tutta la terra, assume un rilievo particolare per voi, cari giovani dell’America Latina! Infatti, alla V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano che si è svolta ad Aparecida nel 2007, i Vescovi hanno lanciato una «missione continentale». E i giovani, che in quel continente costituiscono la maggioranza della popolazione, rappresentano una forza importante e preziosa per la Chiesa e per la società. Siate dunque voi i primi missionari! Ora che la Giornata Mondiale della Gioventù fa il suo ritorno in America Latina, esorto tutti i giovani del continente: trasmettete ai vostri coetanei del mondo intero l’entusiasmo della vostra fede!

    La Vergine Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione, invocata anche con i titoli di Nostra Signora di Aparecida e Nostra Signora di Guadalupe, accompagni ciascuno di voi nella sua missione di testimone dell’amore di Dio. A tutti, con particolare affetto, imparto la mia Benedizione Apostolica.

    Dal Vaticano, 18 ottobre 2012

     

                                     BENEDICTUS PP XVI



    [SM=g1740738]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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