A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

La Vergine Nostra Signora di Guadalupe

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2014 20:54
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
27/10/2012 15:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


“Figli miei, questo mese sono andato a fare una Romeria a Torreciudad, scalzo, a onorare Nostra Signora. Sono stato anche a Fatima, sempre scalzo, a onorare Nostra Signora con spirito di penitenza. Ora sono venuto in Messico a fare questa novena a Nostra Madre. E credo di poter dire che la amo tanto quanto la amano i messicani”.

Così spiegherà il Fondatore dell’Opus Dei, san Josemaria Escrivà, il motivo principale del suo primo viaggio in America nel 1970. Intorno alle 3 di mattina del 15 maggio, atterra l’aereo che lo porta nella capitale azteca.
“Mi ci sono voluti 21 anni per venire in queste terre”.

Il Padre si riferisce all’anno di arrivo dei suoi figli nel Continente americano. Adesso Dio gli offre l’opportunità di vedere dal vivo come Dio ha benedetto l’Opus Dei.
Il Padre, don Álvaro del Portillo e don Javier Echevarría scendono la scaletta dell’aereo. Sono ricevuti con emozione da un gruppo di persone che vive da molto tempo in questa terra.

Guadalupe non è soltanto un Santuario visitato da quasi 30 milioni di persone all’anno: è la fede di tutto il popolo unito alla Madonna Nera. Il 12 dicembre, commemorazione di una delle apparizioni, è festa nazionale. Dalla vigilia, persone di tutta la Repubblica e messicani che vivono all’estero passano tutta la notte alle porte della Basilica per entrare per primi a salutarla.

Questa devozione si rifà all’anno 1531. Sabato 9 dicembre, prima dell’alba, passava ai piedi del monte Tepeyac un indiano convertito, povero e umile. Era Juan Diego, che andava alla prima Messa nella missione. Improvvisamente sente un canto soave, come quello di uno stormo di uccellini. E guardando la cima vede una nube bianca e luminosa in mezzo all’arcobaleno. Una gioia inesplicabile mette ali ai suoi piedi e si sente chiamato verso la cima del monte. Sale e vede una bellissima Signora la cui presenza illumina le piante, le spine e le pietre. E gli parla nella sua lingua nahuatl:

“Figlio mio, Juan Diego, che amo teneramente come un bambino piccolino, dove vai?”
“A Messa, Signora”.
“Figlio mio caro. Io sono la Sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio, e mio desiderio è che mi si elevi un tempio in questo posto, dove come madre tua e dei tuoi simili, mostrerò la mia clemenza amorosa e la compassione che ho degli indigeni e di coloro che mi amano e mi cercano, e di tutti quelli che cercheranno la mia protezione e mi chiameranno nei loro lavori e afflizioni, e dove ascolterò le loro lacrime e suppliche per dare loro consolazione e speranza. Dirai al Vescovo che io ti mando perché mi edifichi un tempio”.

Juan Diego corre al Palazzo del Frate Juan de Zumarraga, primo Vescovo del Messico. Ma ha poca fortuna nella sua ambasciata e ritorna, turbato, a render conto alla Signora. Lei lo incoraggia. Deve insistere. E il Vescovo gli chiede una prova. Deve dimostrargli che ha visto effettivamente qualcosa di soprannaturale. La Madonna gli dà appuntamento per la mattina successiva. Gli darà un segno.

Ma l’alba del 12, martedì, trova Juan Diego che corre per strada scoraggiato alla ricerca di un frate. Suo zio, Juan Bernardino, sta morendo. Non passa neanche per la cima della montagna per non perdere tempo vista l’urgenza del moribondo. E la Madonna gli va incontro lungo la salita:

“Figlio mio, che niente ti affligga. Non ci sono qui io che sono tua Madre? Non sei sotto la mia protezione? Non sono io vita e salute? Non sei nel mio grembo e non stai correndo per conto mio? Hai bisogno di qualcosa? Non temere per tuo zio che è già guarito”.

La Madonna gli chiede che prima di andare a casa del Vescovo salga in cima alla montagna e raccolga le rose che troverà.

Non ci sono mai fiori lassù a dicembre. Ma quel giorno Juan Diego trova un campo fiorito e vi riempie la coperta indiana che gli serve da cappa. Arriva presto dal Vescovo che lo guarda meravigliato: aveva pensato che non sarebbe tornato. E aprendo il mantello, cadono le rose per terra e resta disegnata sulla coperta l’immagine della Madonna di Guadalupe, proprio come oggi si venera in Messico. Sul tessuto brillano i colori e le forme di una bella Signora dai capelli neri, la fronte serena e il colore bruno. Una tunica rosa con il bordo dorato la copre interamente. Il mantello è di color verde acqua. Ha una corona regale e il capo inclinato verso destra, con gli occhi bassi. Tutto il sole del Messico emerge da dietro come se la sostenesse: centoventinove raggi. Un angelo dalle ali spiegate si carica allegramente del lieve peso dell’immagine.

Pittori di grande prestigio verranno chiamati dal Virrey, Marchese di Mancera, e dal Vescovo Zumarraga, a informare sul dipinto. Tra di loro Juan Salguero, Tomás Conrado, López de Avalos, Alonso de Zárate. Tutti affermano l’inspiegabile tessuto e qualità del quadro. Il rovescio del tessuto è molto duro e grossa la trama. Il lato del dipinto si tocca come fosse di seta. I colori e la tecnica rimangono intatti con il trascorrere del tempo. In questo secolo si è cominciato a realizzare uno studio scientifico; tuttavia, il mistero permane alla luce delle conoscenze tecniche e scientifiche di alta precisione. Il saggio Richard Kuhn, premio Nobel della Chimica, ha testimoniato che la policromia della Vergine di Guadalupe non proviene da colori minerali, animali né vegetali.

È stata portata a termine un’analisi più dettagliata con alta tecnologia dai dottori Callaban e Brant, scienziati della NASA, che mediante raggi infrarossi hanno comprovato che il dipinto manca di bozzetto e pennellate. L’immagine è stata dipinta direttamente. E infine il dottor Aste Tonsmann ha riferito con una tecnica di digitalizzazione di immagini fotografiche, la scoperta di figure umane di grandezza infinitesimale nell’iris della Vergine. Figure che compongono una scena paragonabile all’episodio narrato in nahuatl da Antonio Valenciano nel Nican Mopohua del XVI secolo.

Il Padre, all’arrivo in Messico, aveva commentato:
“Quando andrò alla Villa, dovrete portarmi via di lì con una gru”.

E lo stesso ripete all’Arcivescovo, il Cardinal Miranda, quando va a trovarlo. E il Cardinale, che l’aveva invitato molte volte ad attraversare l’Atlantico per venire a trovare la Madonna Guadalupana, risponde sorridendo:
“Non sarò io a chiamare la gru”.

È felice di avere nel suo Paese il fondatore dell’Opera, e mentre lo saluta con un abbraccio, dice:
“Finalmente ce l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta!”

Sabato 16 maggio, il Padre inizia le sue visite alla Madonna Nera, che si prolungheranno per nove giorni. L’accompagnano don Álvaro del Portillo, don Javier Echevarría e altre tre persone: un piccolo gruppo che si avvicina discretamente alla Basilica. Sono appena suonate le sei del pomeriggio. Il Padre entra in fretta, con la gioventù e l’animo di chi ha, da sempre, un appuntamento desideratissimo e importante. Arriva fino al presbiterio e si inginocchia. Rimarrà lì lungo tempo a pregare, con lo sguardo posto nella Madonna.

Suona un orologio distante con scampanate di metallo. Don Álvaro del Portillo si avvicina al fondatore: “Padre, siamo qui da due ore e siamo circondati da persone dell’Opus Dei”.

Mentre faceva la sua orazione, sono arrivati figlie e figli suoi messicani. La Basilica si è riempita di facce conosciute che pregano per quello che il Padre sta ponendo ai piedi della Madonna.

I giorni successivi occuperà una tribuna in alto, sopra il presbiterio, a destra dell’immagine. Lì passa varie ore con la Signora. Durante i quaranta giorni della sua permanenza in Messico, il Padre vedrà più di ventimila persone di tutta l’America. In una tertulia, qualcuno gli chiede che cosa si può dire a quelli che non si ricordano della Madonna:

“Hai sentito quelle parole del Signore quando, per manifestare il suo affetto, dice: è possibile che una madre si dimentichi dei suoi figli? Anche se questo succedesse, io invece non mi dimenticherò dell’amore che ho per voi. Neanche noi figli ci possiamo scordare della Madre”.

Gli indigeni, per temperamento, sono riservati, silenziosi. Possono seguire con grande interesse una conversazione ma mantenere il silenzio. Con il Padre il comportamento è diverso: i messicani contadini della Valle di Amilpas parlano con lui, ridono, lasciano trapelare la semplicità e l’affetto del loro cuore.

E perché li guarda e comprende l’idioma del loro cuore, si fa carico dei loro problemi umani e sociali, dello stato di povertà della gente della campagna. Traccia dei progetti di vita degni per i contadini della zona di Montefalco; si interessa della formazione che ricevono i nativi in questa grande scuola professionale che ha rappresentato uno sforzo gigantesco; si fa in quattro con le famiglie dei nativi che vengono alle scuole dell’Opus Dei in tutto il Messico.

“Ci preoccupiamo perché miglioriate, che veniate fuori da questa situazione, di modo che non abbiate preoccupazioni economiche… cerchiamo anche di fare in modo che i vostri figli acquisiscano cultura: vedrete come tra tutti ce la faremo, e che quelli che hanno talento e desiderio di studiare, arriveranno molto in alto. E come lo faremo? Come chi fa un favore? No, questo no! Non vi ho detto che tutti siamo uguali?”.

Il 16 giugno si riunisce a Jaltepec, a cinquanta chilometri da Guadalajara, nello Stato di Jalisco, con sacerdoti dell’Opus Dei che lavorano in Messico, e con molti altri che partecipano ai mezzi di formazione dell’Opera. Arriveranno dai punti più diversi, con il desiderio di aver un incontro amabile, prolungato e filiale con il fondatore dell’Opera.

“Sono molto contento in Messico, tra le altre cose perché qui ho trovato un anticlericalismo sano, come quello che sono solito predicare. È anche vero che ce l’avete come frutto di una grande persecuzione alla Chiesa, ma grazie a Dio è ormai passata: voglio dire che saprete sempre mantenere l’equilibrio che avete ora.

Non sono voluto venire senza che lo sapessero le autorità e dai vostri governanti non ho ricevuto altro che attenzioni”.

Converserà con questi sacerdoti dei temi che devono occupare il cuore dei ministri di Cristo: del lavoro tra le anime, della loro dedicazione totale, della loro donazione incondizionata di servizio costante.

“Tutto il nostro cuore è per Cristo e – attraverso Cristo – per tutte le creature, senza particolarismi”.

Parla loro di umiltà: questa virtù rende l’uomo grande nonostante i suoi errori; della vocazione immensa a cui sono stati chiamati da Dio dall’eternità. Dell’aiuto degli uni per gli altri. Di questa fraternità che distingue, inconfondibilmente, i figli di Dio.

“Non siete soli. Nessuno di noi può trovarsi solo. Ancor meno se andiamo da Gesù per Maria, perché è una Madre che non ci abbandonerà mai”.

Passa il tempo, tra domande e risposte rapide, il buonumore del Padre e l’allegria spontanea che produce la sua presenza. Il sole di metà mattina batte forte e scende una lieve nebbia sulle acque della vicina laguna di Chapala.


Il 22 giugno, vigilia del suo ritorno a Roma, il Padre è riunito con un gruppo di figli suoi. Qualcuno prende una chitarra:

“Padre, è un’antica canzone popolare. Dicono che sia troppo sdolcinata, ma a me piace. L’inizio è un po’ lento:
«Quiero cantarte, mujer, mi más bonita canción, porque eres tú mi querer, reina de mi corazón...».

(Voglio cantarti, o donna, la mia più bella canzone, perchè sei tu il mio amore, regina del mio cuore...)

E improvvisamente il Padre si alza in piedi:

“Perché non andiamo tutti alla Villa a cantare questa canzone alla Madonna, per farle la nostra serenata?”

Il consenso è unanime. Alle 8.30 di sera, tutti nella Basilica di Guadalupe.

Mezz’ora prima la chiesa comincia a svuotarsi dei pellegrini. Ma, invece di restare il luogo in una penombra solitaria, oggi si riempie al massimo. Gli incaricati del mariachi arrivano con le loro chitarre e si mettono in un luogo appropriato. La Villa è già stracolma. Arriva il Padre e i custodi chiudono le porte. Ancora una volta, come il primo giorno del suo arrivo, il fondatore si inginocchia ai piedi della Madonna d’America. Poi intona la Salve, che cantano, in coro, le sue figlie e i suoi figli riuniti in questo imprevisto incontro d’addio. Si ferma sul presbiterio, circondato da sacerdoti. Ce ne sono di già anziani e di molto giovani; tutti uniti in un solo affettto. Rompono il silenzio le chitarre:
«Tuyo es mi corazón, oh sol de mi querer».
(Tuo è il mio cuore, o sole del mio amore)

Poi intonano "La Morenita" e proseguono. L’emozione è al culmine, perché c’è lì un pezzettino dell’anima del Messico: si sono riuniti con il Padre tutti quelli che percorrono questo cammino di fedeltà a Cristo che è l’Opus Dei.

All’inizio della terza canzone, il Padre si alza ed esce dalla Basilica, mentre si continua a suonare un’altra canzone alla Madonna: Gracias por haberte conocido!… Poi si fa silenzio. La gente abbandona la navata e si spengono le luci. Le auto ritornano in città mentre cade una fitta pioggia, quasi impercettibile. Si direbbe che anche il cielo messicano non ha retto all’emozione. Il giorno dopo, un aereo porterà Monsignor Escrivá de Balaguer a Roma. Là a Montefalco, insieme alle vecchie mura della chiesa, restano degli alberi che ha piantato prima di partire. Passati gli anni, quando il tempo li avrà fatti crescere, la loro ombra darà pace ai viandanti.
(testo delle canzoni in formato pdf)

Vicino a Jaltepec, il quadro che rappresenta la Guadalupana che offre un fiore all’indiano Juan Diego custodisce una petizione del fondatore:

“Vorrei morire così: guardando La Vergine Santissima e che lei mi donasse un fiore…”

E dopo un po’ di silenzio, aggiunge:

“Sì, mi piacerebbe morire davanti a questo quadro, con la Madonna che mi dà una rosa”.

Tiempo de caminar, Inés SASTRE. Rialp, Madrid 1991


[SM=g1740738]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:32. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com