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Elogio del celibato sacerdotale (P. Cornelio Fabro) e appunti del cardinale Piacenza

Ultimo Aggiornamento: 08/02/2016 18:39
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20/01/2011 19:25
 
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Il Papa apre le porte ai preti sposati? Sì, ma secondo la Tradizione latina della continenza.

Immagine spiritosa di Don Gioba: www.gioba.it

Dopo aver ascoltato più di una domanda allarmata da parte di buone anime, e dopo aver letto commenti incredibili nei blog (pure cattolici!), penso sia proprio il caso di intervenire nel dibattito per spiegare come mai Sua Santità ha permesso che tre uomini sposati potessero essere ordinati preti, pur rimanendo in vigore la legge del celibato per la generalità delle ordinazioni latine. L'ordinazione dei primi tre preti dell' Anglicanorum Coetibus ha scatenato una ridda di commenti tra i soliti giornalisti saccenti che, ahimè, formano e condizionano l'opinione pubblica degli stessi cristiani e addirittura dei ministri di Dio.

Ritengo - comunque - che questi neo-sacerdoti seguiranno ora non più la prassi anglicana (e protestante) dell'uso del matrimonio per coloro che sono chierici, ma l'antica e veneranda prassi della Chiesa cattolica d'Occidente. Cioè la continenza pur vivendo nel matrimonio. Il conferimento dell'ordinazione sacerdotale ai non celibi è parte del patrimonio anglicano che viene conservato, ma secondo l'indiscussa e indiscutibile tradizione, mai revocata neppure dal Concilio Vaticano II o dal Codice di Diritto Canonico del 1983 (si veda il canone 277 §1, 2 e 3 che distingue celibato e continenza, la quale è per tutti i chierici).

In effetti ci sono dei precedenti, dichiarati nel 1990, secondo cui Giovanni Paolo II imponeva ai rarissimi casi di ordinazione di uomini sposati, nati cattolici, la promessa di continenza, mentre soprassedeva per chi da ministro in comunità ecclesiali protestanti chiedeva di essere ordinato prete cattolico, pur continuando a vivere nel matrimonio.

Il problema, comunque, è semplice: non si deve confondere continenza celibato. Sono due cose diverse. Ogni celibe, nella Chiesa, è di diritto e di dovere continente, cioè si astiene da rapporti con donne. Ma tra gli sposati è sempre esistita la possibilità, vista come un carisma, che arrivati ad una certa età, allevati i figli e spenti gli ardori giovanili, i due - di comune accordo - si consacrino al servizio di Dio, vivendo in continenza matrimoniale il resto della vita. Con tutte le fatiche e le precauzioni del caso.

Per gli orientali anche per i chierici varrebbe la clausola paolina della astensione "temporanea" per "dedicarsi alla preghiera", ovvero in vista della celebrazione liturgica: e infatti tra di essi la messa viene celebrata dai preti sposati solo alla domenica (o a volte anche il giovedì).

Per i latini, fedeli alla prassi più antica, la continenza è una forma di scelta di consacrazione totale al ministero, non una regola di purità rituale anticotestamentaria, e per questo è totale.

La "prova del nove" è che il prete sposato, in tutte le Chiese, non ha il dovere di lasciare la prima moglie, ma se rimane vedovo, non può più risposarsi (perchè ha già deciso di vivere in perfetta castità per il Regno dei Cieli). Non per niente i figli dei sacerdoti, ieri come oggi, se sono nati prima dell'ordinazione del padre, prete sposato, sono considerati legittimi, altrimenti non lo sono (anche se il codice non parla più di figli frutto di sacrilegio!!).

Su questo punto non si è innovato nulla al Concilio Vaticano II: la regola e la prassi romane sono le stesse almeno dal IV secolo. Evidentemente per la tutela della continenza il celibato è un grande aiuto. Ci vuole più eroicità a viverla nello stato matrimoniale. Per questo la Chiesa latina sceglie i suoi ministri tra chi è disposto a vivere nel celibato. Ma ciò non toglie che l'altra possibilità sia sempre esistita. Il ripristino del diaconato permanente va in questa stessa direzione.


La stessa richiesta, ma per altri motivi, ovvero di ordine penitenziale, viene fatta ai divorziati risposati che ad un certo punto del loro cammino, pentiti dei peccati passati, desiderano tornare a ricevere - remoto scandalo - i sacramenti della riconciliazione e della comunione. E infine, per mostrare che questa prassi è più diffusa di quel che appaia nella nostra attuale società in cui matrimonio è equiparato a sesso, anche gli sposati possono entrare - di comune accordo - in convento o monastero, come mostra la Regola di San Francesco che prevede esplicitamente il caso di uno sposato che desideri farsi frate (ma in quel caso è ovviamente sospesa anche la coabitazione matrimoniale).

Per un bel saggio sull'ermeneutica della continuità a proposito dell'ordinazione di continenti non celibi, si legga il saggio di mons. Cesare Bonivento, PIME, già docente all'Urbaniana di Roma, poi vescovo missionario:

Il Celibato sacerdotale e il Vaticano II.

Vengono riassunte ed esposte le tesi e gli studi più autorevoli, fino al 2009, riguardo il celibato dei ministri nella Chiesa e la distinzione necessaria fra continenza volontariamente assunta nel matrimonio e stato celibatario. Vi riporto una piccola porzione dell'introduzione:

Distinzioni necessarie. Prima di inoltrarci in questo studio e’ necessario fare due distinzioni che ci sembrano di grande importanza, per evitare inutili equivoci.
La prima riguarda la distinzione tra celibato sacerdotale e continenza sacerdotale. Con il primo si intende la richiesta/promessa di non sposarsi in futuro da parte di un celibe che ha ricevuto un ordine maggiore (Diaconato, Presbiterato, Episcopato).

Siccome la richiesta di questo celibato come unica via di accesso agli Ordini Sacri, e’ apparsa solo nel secondo millennio avanzato, molti sono caduti nell’equivoco che il celibato sacerdotale sia di istituzione ecclesiastica e non apostolica. Con la “continenza sacerdotale” invece si intende la richiesta/promessa di non usare piu’ il matrimonio da parte di uno sposato che riceve un Ordine Maggiore (Diaconato, Presbiterato ed Episcopato). Queste due forme hanno convissuto a lungo nella Chiesa fin dai tempi apostolici, accettandosi a vicenda, perche’ tutte e due concordavano nella continenza corporale richiesta a tutti coloro che dovevano servire all’altare dopo aver assunto gli Ordini Maggiori.
Non tenere conto di questa distinzione significa condannarsi ad una grande confusione storica, e a non capire la disciplina della Chiesa in questa materia.

Infatti se uno cerca nei tempi apostolici o nei primi secoli della Chiesa la legislazione del celibato com’e’ venuta formandosi a poco a poco dal II Concilio Lateranense in poi non la trovera’ mai; mentre trovera’ tutti gli elementi necessari per concludere che a chiunque (celibe o sposato) accettava di essere ordinato, veniva richiesta dalla Chiesa la continenza sacerdotale. Quindi la nostra ricerca ci portera’ a dimostrare che la Chiesa e’ venuta a privilegiare in modo esclusivo una forma di continenza sacerdotale, ossia il celibato, che era gia’ presente e raccomandata dagli Apostoli, all’interno della disciplina generale da loro stabilita, come dimostra chiaramente il caso di Tito e Timoteo. Quindi nel corso di questo sommario storico ci riferiremo alla disciplina instaurata dagli Apostoli col nome di celibato/continenza sacerdotali, perche’ nella storia questi due modi sono proceduti insieme, quasi fino al Concilio di Trento.

La seconda distinzione e’ tra Legge e consuetudine disciplinare. La storia dice che una legge non sorge mai dal nulla: ha bisogno di un comportamento precedente e comunemente accettato, e forse trasgredito da alcuni. Per rinforzare questo comportamento che comunemente viene chiamato consuetudine o disciplina comune, lo si trasforma in legge, per dargli quell’obbligatorieta’, che le offese contrarie possono mettere in dubbio. Cio’ vale anche nel campo ecclesiastico, soprattutto tenendo conto che l’insegnamento apostolico e’ stato dato alla Chiesa sia per iscritto che a voce.

Infatti S. Paolo nella 2Ts. 2,15 dice: “Ora, dunque, o fratelli, state saldi e seguite fedelmente le dottrine che vi abbiamo trasmesse sia a viva voce che per lettera”. Questo tipo di insegnamento e’ stato ricordato nel secondo secolo da Ireneo, quando nelle sua opera “Contro le eresie” ricorda a tutti che la tradizione apostolica e’ stata conservata nella Chiesa di Roma. Certamente si riferiva a qualcosa di piu’ di quanto poteva riferirisi unicamente alle Sacre Scritture. Niente esclude che questa “tradizione” si riferisca anche al problema del celibato/continenza. L’affermare quindi che prima della legge sulla continenza sacerdotale, apparsa nel quarto secolo col Concilio di Elvira del 306, non esisteva nessuna direttiva della Chiesa in proposito, e’ una arbitrarieta’ o imprudenza storica.
Al contrario, una legge scritta nel quarto secolo, fa supporre che esistesse una tradizione e una disciplina in merito.

Potete scaricare il saggio completo, accurato e scientificamente annotato, da questo link ospitato dal portale della Chiesa Cattolica Italiana (CEI): CLICCA QUI 


Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz1BbJcmbil
http://www.cantualeantonianum.com
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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