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Elogio del celibato sacerdotale (P. Cornelio Fabro) e appunti del cardinale Piacenza

Ultimo Aggiornamento: 08/02/2016 18:39
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30/01/2011 19:20
 
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[SM=g1740733] ATTENZIONE.....
con una lettera del 1970 si vorrebbe attribuire all'attuale Pontefice una idea avversa sul celibato del Sacerdozio Cattolico di rito latino.....
NON FATEVI INGANNARE...... è l'ennesima speculazione e strumentalizzazione contro il Sommo Pontefice.....

CLICCATE QUI PER APPROFONDIMENTI sul csao e un grazie al Blog Raffaella:

Il celibato sacerdotale. Ecco come Papa Benedetto risponde a Seewald nel libro-intervista "Luce del mondo" (2010)

Il celibato sacerdotale nelle risposte del card. Ratzinger a Peter Seewald nel libro-intervista "Il sale della terra" (1996)



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vi contribuisco rammentando ai nostri lettori il confronto A BRACCIO BELLISSIMO che il Papa ebbe nella Veglia di Chiusura per l'Anno Sacerdotale

Lo slovacco don Darol Miklosko ha sollecitato poi Benedetto XVI a parlare del celibato anche di fronte alle critiche del mondo.

Il Pontefice ha ricordato che il celibato è un'anticipazione della vita nuova, resa possibile dalla grazia e dalla risurrezione di Cristo.
A questo proposito, il Papa ha detto che un grande problema della cristianità, del mondo di oggi, è che non si pensa più al futuro di Dio. Sembra sufficiente solo il presente di questo mondo.
L'uomo aspira ad avere solo questo mondo, a vivere solo in questo mondo. E così chiude le porte alla vera grandezza della sua esistenza.
 
Il senso del celibato come anticipazione del futuro, ha aggiunto, è proprio aprire queste porte, rendere più grande il mondo, mostrare la realtà del futuro che va vissuto da noi già come presente.
Si tratta quindi di vivere una testimonianza di fede: crediamo realmente che Dio c'è, che Dio c'entra nella nostra vita, che possiamo fondare la nostra vita su Cristo, sulla vita futura.

Riguardo alle critiche del mondo, il Pontefice ha detto che per chi non crede il celibato è un grande scandalo, perché mostra che il Signore va considerato come realtà e vissuto come realtà. Si tratta, ha affermato, di un grande segno della fede, della presenza di Dio nel mondo.
Il celibato è un sì definitivo, un lasciarsi prendere per mano da Dio, un darsi nelle mani del Signore. Si tratta perciò di un atto di fedeltà e di fiducia, così come il matrimonio, che rappresenta la forma naturale dell'essere uomo e donna, il fondamento della cultura cristiana e delle grandi culture del mondo: se esso scompare - ha ammonito il Pontefice - va distrutta la radice della nostra cultura. Perciò il celibato conferma il sì del matrimonio con il suo sì al mondo futuro.
Da qui l'appello di Benedetto XVI a superare gli scandali secondari, provocati da insufficienze e peccati dei sacerdoti, per mostrare al mondo il grande scandalo della fede.







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Il Card. Kasper non ha mai voluto abolire il celibato sacerdotale


"I tempi sono cambiati" da quando chiese uno studio sul tema nel 1970


ROMA, martedì, 8 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Il Cardinale Walter Kasper, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, ha affermato che “i tempi sono cambiati” da quando ha chiesto uno studio sulla necessità del celibato obbligatorio per i sacerdoti, nel 1970, e ha ribadito di non aver mai chiesto l'abolizione di questa pratica della Chiesa.

Il porporato firmò come l'attuale Papa, Joseph Ratzinger, un memorandum ai Vescovi tedeschi di un gruppo di nove teologi, tra cui Karl Rahner, Otto Semmelroth e Karl Lehmann, chiedendo uno studio sull'obbligatorietà del celibato.

In alcune dichiarazioni all'agenzia portoghese Ecclesia, il Cardinale ha chiarito che l'intenzione era quella di “discutere” la questione, ma senza alcuna proposta di “abolire” questa disciplina ecclesiale.

“Nel frattempo si è discusso molto, ci sono stati tre Sinodi mondiali che hanno parlato del celibato e si è deciso di mantenere questa disciplina, e io stesso credo che il celibato sia un bene per la Chiesa”, ha segnalato il Cardinale.

Nell'ultima settimana, più di 140 teologi cattolici di università tedesche, svizzere e austriache hanno sottoscritto una petizione - “Chiesa 2011: un rinnovamento indispensabile” - chiedendo una riforma di fondo della Chiesa e affrontando, tra le altre questioni, la fine del celibato obbligatorio per i sacerdoti.

Il documento è stato diffuso il 4 febbraio dal quotidiano tedesco “Süddeutsche Zeitung”.

Il Cardinale Kasper ha ammesso che la discussione “non è mai chiusa”, ma ha sottolineato che la decisione della Chiesa in materia “è presa” e che l'attuale Papa non pensa di “cambiare questa disciplina” del celibato obbligatorio.

Il porporato si è recato in questi giorni a Lisbona per ricevere la laurea “honoris causa” conferitagli dall'Università Cattolica Portoghese (UCP), dicendosi “onorato” che gli sia stata attribuita.

Monsignor José Policarpo, Cardinal-Patriarca di Lisbona e gran cancelliere dell'UCP, ha riferito a Ecclesia che il Cardinale tedesco ha rimarcato “lo studio della religione, della teologia come cultura, come uno sforzo continuo di pensare l'uomo e la realtà in chiave cristiana”.

Il Cardinale Kasper è stato nominato nel 2001 da Papa Giovanni Paolo II Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, incarico che ha ricoperto fino al luglio 2010.







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Il celibato sacerdotale nell'insegnamento dei Pontefici

Pio XII e la "Sacra virginitas"


MAURO PIACENZA

Da una relazione tenuta ad Ars dal cardinale prefetto della Congregazione per il Clero, pubblichiamo la parte relativa a Papa Pacelli.

Un contributo determinante dal punto di vista magisteriale è stato dato dall'enciclica Sacra virginitas, del 25 marzo 1954, del servo di Dio Pio XII. Essa, come tutte le encicliche di quel Pontefice, rifulge per la chiara e profonda impostazione dottrinale, per la ricchezza di riferimenti biblici, storici, teologici, spirituali, e costituisce ancora oggi un punto di riferimento di notevole rilievo.
Se, in senso stretto, l'enciclica ha come oggetto formale, non il celibato ecclesiastico, ma la verginità per il Regno dei cieli, nondimeno moltissimi sono, in essa, gli spunti di riflessione e gli espliciti riferimenti alla condizione celibataria anche del sacerdozio.

Il documento si compone di quattro parti: la prima delinea la "vera idea della condizione verginale", la seconda identifica e risponde ad alcuni errori dell'epoca, che non perdono la loro problematicità anche nell'oggi, la terza parte delinea il rapporto tra verginità e sacrificio, mentre l'ultima, a mo' di conclusione, delinea alcune speranze e alcuni timori legati alla verginità.

La verginità, nella prima parte, è presentata come un modo eccellente di vivere la sequela di Cristo. "Che cos'è, infatti, seguire se non imitare?", si domanda il Pontefice. E risponde: "Tutti questi discepoli hanno abbracciato lo stato di verginità per la conformità allo Sposo Cristo. (...) La loro ardente carità verso Cristo non poteva contentarsi di vincoli di affetto con Lui: essa aveva assoluto bisogno di manifestarsi con l'imitazione delle Sue virtù e, in modo speciale, con la conformità alla Sua vita tutta consacrata al bene e alla salvezza del genere umano. Se i sacerdoti (...) osservano la castità perfetta, questo è in definitiva perché il loro Divino Maestro è rimasto Egli stesso vergine fino alla morte".

In realtà, e non certo a caso, il Pontefice assimila la condizione verginale sacerdotale a quella dei religiosi e delle religiose, mostrando, in tal modo, come il celibato, che differisce dal punto di vista normativo, abbia in realtà il medesimo fondamento teologico e spirituale.

Un'altra ragione del celibato è individuata dal Pontefice nell'esigenza, connessa al Mistero, di una profonda libertà spirituale. Afferma l'enciclica: "Proprio perché i sacri Ministri possano godere di questa spirituale libertà di corpo e di anima, e per evitare che si immischino in affari terreni, la Chiesa latina esige da essi che assumano volontariamente l'obbligo della castità perfetta", e aggiunge: "I Ministri sacri, però, non rinunciano al matrimonio unicamente perché si dedicano all'apostolato, ma anche perché servono all'Altare".

Emerge, in tal modo, come alla ragione apostolica e missionaria si unisca propriamente, nel magistero di Pio XII, quella cultuale, in una sintesi che, oltre ogni polarizzazione, rappresenta la reale e completa unità di ragioni a favore del celibato sacerdotale.
Del resto già nell'esortazione apostolica Menti nostrae, lo stesso Pio XII affermava: "Per la legge del celibato, il Sacerdote, ben lontano dal perdere la paternità, la accresce all'infinito, perché egli genera figliuoli, non per questa vita terrena e caduca, ma per la celeste ed eterna".

Missionarietà, sacralità del ministero, realistica imitazione di Cristo, fecondità e paternità spirituale costituiscono, dunque, l'orizzonte imprescindibile di riferimento del celibato sacerdotale, non indipendentemente dalla correzione di alcuni errori sempre latenti, come il misconoscimento dell'eccellenza oggettiva, e non certo per santità soggettiva, dello stato verginale rispetto a quello matrimoniale, l'affermazione dell'impossibilità umana a vivere la condizione verginale o l'estraneità dei consacrati alla vita del mondo e della società.

A tal riguardo afferma il Pontefice: "Le anime consacrate alla castità perfetta non impoveriscono per questo la propria personalità umana, poiché ricevono da Dio stesso un soccorso spirituale immensamente più efficace che il "mutuo aiuto" degli sposi. Consacrandosi direttamente a Colui che è il loro Principio e comunica la Sua Vita divina, non si impoveriscono ma si arricchiscono".

Tali affermazioni potrebbero essere sufficienti a rispondere, con la necessaria chiarezza, a tante obiezioni di carattere psico-antropologico, che ancora oggi vengono mosse al celibato sacerdotale.
Ultimo grande e fondamentale tema affrontato dall'enciclica Sacra virginitas è quello, più propriamente sacerdotale, del rapporto tra verginità e sacrificio. Osserva il Pontefice, citando sant'Ambrogio: "La castità perfetta non è che un consiglio, un mezzo capace di condurre più sicuramente e più facilmente alla perfezione evangelica (...) quelle anime "a cui è stato concesso" (Matteo, 19, 11). Essa non è imposta, ma proposta".
 
In tal senso, è duplice l'invito di Pio XII sulla scia dei grandi Padri: da un lato, egli afferma il dovere di "ben misurare le forze" per comprendere se si è in grado di accogliere il dono di grazia del celibato, consegnando a tutta la Chiesa, in tal senso, specialmente ai giorni nostri, un sicuro criterio di onesto discernimento; dall'altro, pone in evidenza l'intrinseco legame tra castità e martirio, insegnando, con san Gregorio Magno, che la castità sostituisce il martirio e rappresenta, in ogni tempo, la più alta ed efficace forma di testimonianza.

Appare evidente a tutti come, soprattutto nella nostra società secolarizzata, la perfetta continenza per il Regno dei cieli, rappresenti una delle testimonianze più efficaci e maggiormente capaci di "provocare" salutarmente l'intelligenza e il cuore dei nostri contemporanei. In un clima sempre più grandemente, e quasi violentemente eroticizzato, la castità, soprattutto di coloro che nella Chiesa sono insigniti del sacerdozio ministeriale, rappresenta una sfida, ancora più potentemente eloquente, alla cultura dominante e, in definitiva, alla stessa domanda sull'esistenza di Dio e sulla possibilità di conoscerlo e di entrare in rapporto con lui.

Mi pare ora doveroso mettere in luce un'ultima riflessione sull'enciclica di Pio XII, poiché essa, più delle altre, appare decisamente controcorrente rispetto a molti dei costumi oggi diffusi anche tra non pochi membri del clero e in vari luoghi di "formazione". Citando san Girolamo, il Pontefice mette in luce come "a custodia della castità serve più la fuga che la lotta aperta (...) e tale fuga consiste non solo nell'allontanare premurosamente le occasioni del peccato, ma soprattutto nell'innalzare la mente, durante queste lotte, a Colui al Quale abbiamo consacrato la nostra verginità. "Rimirate la bellezza di Colui che vi ama" raccomanda Sant'Agostino".

Apparirebbe oggi quasi impossibile all'educatore trasmettere il valore del celibato e della purezza ai giovani seminaristi, in un contesto nel quale risulti, di fatto, impossibile vigilare sulle visioni, sulle letture, sull'utilizzo di internet, e sulle conoscenze. Se è sempre più evidente e necessario il coinvolgimento maturo della libertà dei candidati in una volontaria e consapevole collaborazione all'opera di formazione, non di meno l'enciclica giudica un errore, e concordiamo pienamente, permettere a chi si prepara al sacerdozio ogni esperienza, senza il necessario discernimento e il dovuto distacco dal mondo. Permettere ciò equivale a comprendere nulla dell'uomo, della sua psicologia, della società e della cultura che ci circonda. Significa essere chiusi in una sorta di ideologia preconcetta che va contro la realtà. Basta guardarsi attorno. Quanto realismo nei versetti del salmo: "Hanno occhi e non vedono"!

Devo confidare, alla fine di questo breve excursus sull'enciclica di Pio XII - ma lo stesso potrei dire per l'Ad catholici sacerdotii di Pio XI - che rimango sempre sorpreso della sua modernità e attualità. Pur permanendo la preminente focalizzazione sull'aspetto sacrale del celibato e sul legame tra esercizio del culto e verginità per il Regno dei cieli, il magistero di questi due Pontefici presenta un celibato cristologicamente fondato, sia nella direttrice della configurazione ontologica a Cristo sacerdote-vergine, sia in quella della imitatio Christi.

Se appare in parte giustificata la lettura che vede nel magistero papale sul celibato, anteriore al concilio ecumenico Vaticano II, un'insistenza sulle argomentazioni sacrali-rituali, e, in quello successivo al Concilio, un'apertura a ragioni più cristologico-pastorali, nondimeno è doveroso riconoscere - e questo è fondamentale per la corretta ermeneutica della continuità, ovvero per l'ermeneutica "cattolica" - che sia Pio XI, sia Pio XII sottolineano ampiamente le ragioni di carattere teologico.

Il celibato risulta, dai menzionati pronunciamenti, non solo particolarmente opportuno e appropriato alla condizione sacerdotale, ma intimamente connesso con l'essenza stessa del sacerdozio, compresa come partecipazione alla vita di Cristo, alla Sua identità e, perciò, alla Sua missione. Non è certo un caso che quelle Chiese di rito orientale che ordinano anche viri probati, non ammettono assolutamente all'ordinazione episcopale presbiteri uxorati!



(©L'Osservatore Romano - 30 gennaio 2011)


[Modificato da Caterina63 08/02/2011 19:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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