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8-15 maggio 2009 Benedetto XVI Pellegrino in Terra Santa

Ultimo Aggiornamento: 08/08/2011 22:50
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18/04/2009 15:06
 
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Dall'8 al 15 maggio il dodicesimo viaggio internazionale di Benedetto XVI

Pellegrino in Terra Santa

in dialogo con gli ebrei


di Norbert J. Hofmann
Salesiano, segretario della Commissione
per i rapporti religiosi con l'Ebraismo



Già i Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno compiuto pellegrinaggi in Terra Santa, visitando i luoghi sacri e pregando. Dall'8 al 15 maggio Papa Benedetto XVI, ricalcando le orme dei suoi predecessori, visiterà la Terra Santa per "pregare in particolare per il dono prezioso dell'unità e della pace sia all'interno della regione sia per la famiglia umana di tutto il mondo" (Discorso alla delegazione del Gran Rabbinato di Israele, in Vaticano, il 12 marzo 2009).
Paolo VI compì il suo viaggio nel 1964, durante lo svolgimento del concilio Vaticano ii, che stilò un documento sul rapporto della Chiesa cattolica con le religioni del mondo. La visita di Giovanni Paolo II nel marzo 2000 si inserisce invece nella cornice dell'anno giubilare della storia bimillenaria del cristianesimo.

Studiando il programma del viaggio di Benedetto XVI, si nota subito che è simile a quello di Giovanni Paolo II. Fin dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ha voluto preservare e approfondire l'eredità di Papa Wojtyla, anche in riferimento al dialogo con l'ebraismo, che Benedetto XVI considera soprattutto nella prospettiva della riconciliazione e della collaborazione per la giustizia e per la pace. Benedetto XVI ricalcherà anche le orme di Giovanni Paolo II come pellegrino in Terra Santa, ma imprimerà a questo viaggio un proprio marchio in base alla sua personalità.

Più aspetti caratterizzeranno questo viaggio. La prima motivazione l'ha già espressa il Papa:  viaggerà come pellegrino e vorrà pregare nei luoghi santi. Incontrerà la Chiesa cattolica locale per sostenerla nella sua non facile situazione. Inoltre questo viaggio avrà anche una dimensione ecumenica perché le comunità cristiane in Terra Santa sono una minoranza che va scomparendo.

All'orizzonte c'è naturalmente anche la promozione del dialogo interreligioso con gli ebrei e i musulmani. Infine, in questa regione del mondo, con tutti i suoi problemi e la sua imponderabilità, non potrà mancare un appello alla pace e alla convivenza armoniosa di tutte le religioni e le culture.

Per quanto concerne il dialogo con l'ebraismo, nei suoi discorsi con i rappresentanti ebrei Benedetto XVI ha sottolineato il significato autentico della dichiarazione conciliare Nostra aetate (n. 4). Il 30 ottobre 2008, nel ricevere una delegazione dell'International Jewish Committee on Interreligious Consultations (Ijcic), un'organizzazione centrale ebraica internazionale per il dialogo interreligioso, il Papa ha parlato dell'appello, contenuto nella Dichiarazione, a una rinnovata comprensione teologica del rapporto fra la Chiesa e il popolo ebraico:  "Quella Dichiarazione, che ha condannato con fermezza tutte le forme di antisemitismo, è stata sia una pietra miliare significativa nella lunga storia dei rapporti fra cattolici ed ebrei sia un invito a una rinnovata comprensione teologica dei rapporti fra la Chiesa e il popolo ebraico".

Affinché la Nostra aetate (n. 4) potesse realizzarsi sempre più concretamente a livello ecclesiale, nel 1974 la Santa Sede istituì la Commissione per i rapporti religiosi con l'Ebraismo, che si occupa dell'organizzazione e della gestione del dialogo con gli ebrei.
Quarantaquattro anni dopo la promulgazione della Nostra aetate nel 1965, bisogna ricordare anche la storia intensa e interessante di questo documento. Infatti, in questi anni, a livello sia locale sia universale, i vincoli di amicizia e la fiducia reciproca fra ebrei e cattolici sono aumentati ed eventuali crisi nel dialogo potranno essere risolte insieme e in modo costruttivo. Il legame che unisce ebrei e cristiani è da sempre molto forte:  possono imparare molto gli uni dagli altri e hanno una solida base di valori comuni.

È soprattutto il caso del dialogo istituzionale fra la Commissione per i rapporti religiosi con l'Ebraismo e il Gran Rabbinato di Israele, cominciato ufficialmente a giugno 2002, ma in realtà avviato da Papa  Giovanni Paolo II durante la sua visita in Israele nel marzo 2000 e sviluppatosi molto bene negli anni scorsi. Complessivamente si sono svolti otto incontri a Gerusalemme e a Roma, nei quali si sono affrontati temi importanti quali, per esempio, la sacralità della vita umana, il significato della famiglia, la rilevanza delle Sacre Scritture per la società e l'educazione dei giovani, il rapporto fra autorità religiose e civili, l'importanza della libertà di religione. Dichiarazioni congiunte hanno evidenziato il fondamento comune delle posizioni ebraiche e cattoliche.

Il 16 gennaio 2004 Giovanni Paolo II ricevette in Vaticano i due rabbini capo d'Israele. Benedetto XVI lo ha fatto il 15 settembre 2005. Infine, il 12 marzo 2009 il Papa ha ricevuto una delegazione del Gran Rabbinato di Gerusalemme insieme a interlocutori cattolici.

Entrambi i Pontefici hanno definito questo dialogo "un segno di grande speranza". Il Gran Rabbinato è in Israele la massima autorità religiosa per l'ebraismo ortodosso, che in tale Paese costituisce una maggioranza schiacciante. Il dialogo con il Gran Rabbinato di Gerusalemme ha portato sicuramente a un miglioramento dei rapporti, a livello mondiale, con gli ebrei ortodossi i quali all'inizio erano un po' esitanti nell'entrare in dialogo.

Durante la sua visita in Israele, Benedetto XVI, incontrando entrambi i rabbini capo, farà sicuramente riferimento a questo positivo e importante dialogo e così intensificherà ulteriormente i buoni rapporti.
Il fatto che Israele e il dialogo ebraico-cattolico che vi si svolge abbiano un significato particolare per gli ebrei di tutto il mondo è naturale in quanto essi considerano questo Paese "terra dei loro antenati", in cui è cominciata la storia salvifica di Dio con il suo popolo eletto.

Tuttavia questa terra non è sacra solo per gli ebrei, ma anche per i cristiani perché l'ebreo Gesù di Nazaret vi è cresciuto in un contesto ebraico, vi ha annunciato il suo messaggio del regno eterno di Dio e vi ha affrontato la morte in croce, alla quale Dio, suo padre, l'ha strappato con la risurrezione.
Dunque, nell'Antico Testamento "la terra" e "il popolo" sono beni che erano già stati promessi ai patriarchi. Popolo e terra hanno anche connotazioni religiose ed entrambi si identificano concretamente con il popolo e con il Paese d'Israele. Di tale popolo fanno parte gli ebrei, siano essi nello Stato israeliano o nella diaspora. La terra viene spesso identificata con lo Stato di Israele. Per tutti gli ebrei è stato dunque importante il riconoscimento ufficiale dello Stato di Israele da parte della Santa Sede.

In quest'ultimo, sin dalla sua fondazione, è presente un delegato apostolico della Santa Sede, anche se il riconoscimento diplomatico formale è avvenuto solo nel dicembre 1993. Nel corso dell'anno successivo vi è stato uno scambio ufficiale di ambasciatori. Ma poiché con l'atto di riconoscimento non si erano risolte tutte le questioni pendenti, fu istituita una commissione che si sarebbe occupata dello status legale della Chiesa cattolica, della questione fiscale e di altri aspetti giuridici.

L'interesse della Santa Sede è stato sempre quello di ottenere un libero accesso ai luoghi santi e la possibilità di svolgere attività pastorali in Terra Santa senza limitazioni o impedimenti. Però le trattative della commissione preposta dalla Santa Sede e dallo Stato d'Israele non sono ancora terminate. Per questo motivo si auspica che la visita di Papa Benedetto XVI in Israele conduca a una loro conclusione positiva.

Il viaggio di Benedetto XVI in Israele promuoverà e approfondirà il dialogo con l'ebraismo. Là, numerose istituzioni si occupano della promozione del dialogo fra cristiani ed ebrei o di quello interreligioso fra le tre religioni monoteistiche, ma la loro opera dipende sempre da grandi gesti e immagini suggestive.
Il secondo Papa in raccoglimento davanti al Muro del pianto o a colloquio con le autorità religiose dell'ebraismo a Gerusalemme dimostrerà all'opinione pubblica israeliana che i rapporti fra la Chiesa cattolica e l'ebraismo sono divenuti migliori e più profondi. Forse, in questo modo si potrà suscitare un po' più di interesse per il cristianesimo nella società israeliana, in cui i cristiani sono una minoranza che va sempre più scomparendo e in cui la maggior parte della popolazione ha spesso scarse conoscenze della realtà cristiana.

Un altro compito dei cattolici in tutto il mondo consiste nel promuovere la conoscenza dell'ebraismo nell'educazione e nell'istruzione. Parimenti, l'ebraismo è invitato, soprattutto in Israele, a trasmettere nozioni sul cristianesimo in ambito pedagogico.
Il dialogo fra cristiani ed ebrei avrà dunque un futuro fecondo, se le prossime generazioni cresceranno nella conoscenza reciproca delle due tradizioni religiose e si organizzeranno incontri comuni, che contribuiranno ad abbattere i pregiudizi e a creare amicizia. In quanto esseri umani deriviamo tutti da quel Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza (cfr. Genesi 1, 26-27). Egli desidera che, nonostante le nostre differenze e imperfezioni, viviamo insieme in pace e in armonia, indipendentemente dalla tradizione religiosa alla quale apparteniamo.
Ebrei e cristiani possono approfondire la loro amicizia sulla base della comune origine religiosa e, rispettandosi reciprocamente, considerare le loro differenze una fonte di arricchimento.



(©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)
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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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