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16 Aprile, genetliaco del Santo Padre Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 13:59
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17/01/2010 10:39
 
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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questo bellissimo commento allo splendido discorso del Santo Padre di cui speriamo di avere presto la traduzione in italiano:



                            Pope Benedict XVI signs a book as he receives the honorary citizenship of the German town of Freising during a private meeting at the Vatican January 16, 2010.

PAPA: SONO SFUGGITO A PERICOLI GUERRA E DOMINIO NAZISTA


Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 gen.

Alla vigilia della sua visita alla Sinagoga di Roma, Benedetto XVI ha rievocato gli anni della formazione in seminario dopo il nazismo, confidando l'emozione con la quale nel 1945 ha sperimentato che Cristo e' ''piu' forte di ogni tirannide'', capace di rendere i sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale che lo riscoprivano ''uomini nuovi'' in un mondo che rinasceva dalle sue macerie storiche e spirituali.

Con parole dense di commozione il Papa ha ripercorso infatti oggi gli anni della sua giovinezza, culminata con l'ordinazione sacerdotale, al cospetto della delegazione della citta' tedesca di Frisinga, giunta in Vaticano per conferire al Papa la cittadinanza onoraria. Insieme con Monaco, Frisinga compone il territorio dell'arcidiocesi bavarese che l'allora cardinale Joseph Ratzinger guido' dal 1977 al 1982, prima di essere chiamato a Roma da Giovanni Paolo II a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede. Accantonato il discorso che gli era stato preparato, il Papa tedesco si e' lasciato trasportare oggi dai ricordi di quei luoghi che compongono la sua ''geografia del cuore''.

In questo panorama interiore, ha confidato alla delegazione che lo ha ''commosso'' concedendogli la cittadinanza onoraria, ''la citta' di Frisinga svolge un ruolo molto particolare. Qui ho ricevuto la formazione che ha determinato la mia vita e per questo la citta' e' sempre presente in me ed io in lei''. Un legame testimoniato dalla presenza dei simboli del Moro di Frisinga e dell'orso di San Corbiniano dapprima nello stemma episcopale e poi in quello pontificio di Benedetto XVI.

Tra le tante immagini risvegliate dai ricordi, il Pontefice ha rievocato un momento a meta' degli anni Quaranta del '900, nel primo - drammatico - dopoguerra tedesco. Il 3 febbraio 1946, dopo una lunga attesa, ''il seminario di Frisinga pote' riaprire le porte ai reduci; era pur sempre un lazzaretto per i prigionieri di guerra, ma noi - ha raccontato - potemmo riprendere gli studi e fu un momento significativo nella nostra vita: avere finalmente iniziato il percorso per il quale ci sentivamo chiamati.

Visto dal punto di vista di oggi, abbiamo vissuto in modo molto 'spartano' e senza 'comfort': riposavamo nei dormitori, studiavamo nelle sale da studio, ma eravamo felici, non solo perche' eravamo sfuggiti alle miserie e ai pericoli della guerra e del dominio nazista, ma perche' ormai eravamo liberi. E soprattutto, perche' stavamo preparandoci alla nostra vocazione''.

Sapevamo, ha proseguito a braccio il Papa sul filo della memoria, ''che Cristo e' piu' forte della tirannide, della forza della sua ideologia e dei suoi meccanismi di oppressione''. ''Sapevamo che il tempo e il futuro - ha continuato il Pontefice appartengono a Cristo; sapevamo che lui ci aveva chiamati e sapevamo che lui aveva bisogno di noi, che c'era bisogno di noi. E sapevamo che gli uomini di questo tempo nuovo aspettavano noi, aspettavano sacerdoti che venivano con un nuovo slancio della fede per costruire la casa viva di Dio''.

Ricordando gli insegnanti del suo vecchio Liceo - che lo vide prima studente e poi docente - Benedetto XVI ha detto: ''Non erano solo 'professori', ma soprattutto 'maestri''', che non ''si limitavano ad offrire le primizie della loro specializzazione'', ma il cui ''scopo principale'' era quello di radicare la fede negli studenti rendendoli capaci di ''tramandarla in un'epoca nuova con nuove sfide''.
Certezze intime che si riannodano all'intimita' spirituale piu' personale per un sacerdote, quella del giorno della sua ordinazione.

Di quel 29 giugno 1951, Benedetto XVI ha rievocato l'immagine di se stesso, sdraiato sul pavimento davanti all'altare, mentre vengono intonate le litanie dei Santi: ''Quando sei li', supino, sei consapevole una volta di piu' della tua miseria e ti chiedi: ma sarai poi veramente capace di tutto cio'?

Poi, l'imposizione delle mani e' stata profonda e significativa, per noi tutti''. ''Avevamo - ha confidato il Pontefice - la consapevolezza che fosse il Signore stesso ad imporre le sue mani su di me a dire: tu appartieni a me, non appartieni piu' semplicemente a te stesso: io voglio te! Tu sei al mio servizio''. Una nuova dissolvenza e i ricordi del Papa hanno toccato i ''tre anni indimenticabili'' assieme ai genitori trascorsi nel Lerchenfeldhof, il ''casale delle allodole'', che, ha ammesso, ''hanno fatto si' che sentissi Frisinga veramente come 'casa mia''', immerso nella rigogliosa natura circostante. Poi, ancora, le torri della citta' che svettano dal Domberg, la collina sulla quale sorge il Duomo. Quelle torri non lontane dall'aeroporto di Monaco, ''indicano - ha suggerito Benedetto XVI - un'altitudine diversa da quella alla quale possiamo assurgere con l'aereo: indicano l'altitudine vera, quella di Dio, dalla quale proviene l'amore che ci fa diventare uomini, che ci dona il vero 'essere umani'''.

Il Duomo indica pure ''la via'' e ''l'ampiezza'' della vita divina, perche' oltre a custodire ''secoli di fede e di preghiera'', in esso e' presente ''tutta la comunione dei Santi, di tutti coloro che prima di noi hanno creduto, pregato, sofferto e gioito''.
Un'ampiezza, ha concluso il Papa, ''che va al di la' della globalizzazione, perche' nella differenza e nella contrapposizione delle culture e delle origini dona la forza dell'unita' interiore, ci dona quello che ci puo' unire: la forza unificante dell'essere amati da Dio stesso''.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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