A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

TEOLOGIA DELLA SOSTITUZIONE: chiariamo il concetto

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2009 18:46
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
17/05/2009 11:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Teologia della sostituzione


Su Fides et forma è riportata la lettera aperta del rabbino di Haifa Yashuv Cohen, pubblicata sul Jerusalem Post dell'11 maggio. Si tratta di quel rabbino che fu invitato al Sinodo dei Vescovi sulla Parola e, in quell'occasione, disse che se avesse saputo che si sarebbe lodato Pio XII, non sarebbe venuto. Ecco un estratto di quanto ha scritto:

In occasione della sua visita in Israele vorrei cogliere questa occasione per darle il benvenuto, onorevole ospite, Papa Benedetto XVI.
Prego che lei continui l'opera iniziata dal suo predecessore, Giovanni XXIII e da Giovanni Paolo II, ed esprima la sua amicizia per il popolo ebraico e lo Stato di Israele. Vedo nella sua visita in Terra Santa una dichiarazione che attesta la sua intenzione di continuare una politica ed una dottrina che si riferisce al mio popolo come ai "nostri fratelli maggiori" e al "popolo scelto da Dio", con il quale Egli è entrato in una eterna alleanza. Abbiamo molto apprezzato questa dichiarazione. Vi è una lunga, dura e dolorosa storia del rapporto tra la nostra gente, la nostra fede, e la Chiesa cattolica e la sua leadership - una storia di sangue e lacrime.

È difficile parlare di questa relazione senza ricordare i secoli della persecuzione degli ebrei da parte della Chiesa. Ma una nuova era è stata inaugurata con la cancellazione della teoria della sostituzione. Nel Concilio Vaticano II e nel documento Nostra Aetate, è stato chiarito che non sarebbero stati più compiuti dalla Chiesa cattolica sforzi per convertire gli ebrei.
Piuttosto, il popolo ebraico deve continuare la fede dei suoi antenati, come espresso nella Bibbia e nella letteratura rabbinica. Il popolo ebraico resta un popolo del patto di Dio, un popolo scelto da Dio per dare al mondo la Bibbia.

In parole povere, la Chiesa cattolica ha accettato il principio teologico che gli ebrei non hanno bisogno di cambiare la loro religione per meritare la redenzione. Spero che lei avrà la possibilità, durante la sua visita in Israele per ribadire questo fatto. Nel nostro incontro a Roma il mese scorso, lei mi ha assicurato che nessun negazionista dell'Olocausto può essere un membro della Chiesa. Lei ha anche parlato di come, in istituti educativi cattolici di tutto il mondo, l'antisemitismo sarà presentato come un crimine contro Dio e contro l'uomo e che verrà denunciata la negazione della Shoah. Mi auguro ora di ottenere il suo aiuto in qualità di leader religioso - così come l'aiuto di tutto il mondo libero - al fine di proteggere, difendere e salvare Israele, l'unico Stato sovrano del "popolo del libro" dalle mani dei suoi nemici. [..]

Questa interpretazione della fede cattolica da parte ebraica lascia perplessi, in particolare circa la pretesa rinuncia alla proposta di conversione per gli ebrei ed alla teologia della sostituzione. Su quest'ultima, ecco quanto don Alfredo Morselli spiegava a chi l'aveva interpellato in merito (su Totus Tuus):

Caro fratello, Come Lei ben dice, la "teologia della sostituzione" è una categoria (non un enunciato teologico univoco o un formula di fede) e quindi dobbiamo innanzi tutto ben precisare che cosa intendiamo con questa espressione.

Dobbiamo poi tener presente che, in teologia, ogni termine è sempre utilizzato in modo analogico; e quindi, quando usiamo il termine "sostituzione" parlando dei misteri della nostra salvezza, lo utilizziamo in parte nello stesso senso, in parte in senso differente, rispetto a quando usiamo questo concetto per indicare realtà meramente naturali. Detto questo, cercherò di articolare la risposta alle sue domande nel seguente modo:


1. Non si può parlare di fine della "teologia della sostituzione".
2. Non di meno, le promesse fatte da Dio a Israele sono irrevocabili ed eterne.
3. La peggior forma di antisemitismo è quella di non annunciare Cristo unico Salvatore anche ai nostri fratelli Ebrei.[SM=g1740721] 


1. Non si può parlare di fine della "teologia della sostituzione".
Vediamo, per prima cosa, il significato del termine "sostituzione", quando questo è usato discorrendo circa le realtà naturali: si ha "sostituzione" quando prima c'è una cosa o una certa situazione, e, in un secondo tempo, questa stessa cosa non c'è più e ve ne è un'altra al suo posto. Di per sé "sostituzione" non implica che la cosa vecchia venga buttata via o distrutta; ve ne è semplicemente un altra al suo posto: una cosa che non c'è più in quel posto e/o con quella funzione e un'altra cosa al posto della precedente. Fatta questa premessa, ascoltiamo il magistero: Giovanni Paolo II, nell'incontro con i rappresentanti della comunità ebraica a Magonza, il 17/11/1980, aveva parlato di "Vecchio Testamento, da Dio mai denunziato", (espressione più volte ribadita dallo stesso Papa e sancita anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica (§ 121), e le cui motivazioni sono state riprese da Benedetto XVI in visita alla sinagoga di Colonia il 19/8/2005 "Con l'apostolo Paolo, i cristiani sono convinti che "i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" (Rm 11,29; cfr 9,6.11; 11,1s)."); successivamente al suddetto discorso di Giovanni Paolo II, la «Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo» ha pubblicato i "Sussidi per una corretta presentazione degli Ebrei e dell'Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica" (24/6/1986)

Questo documento esordisce al § 1 ribadendo - e non può fare altro, citando del resto la "Nostra Aetate" n. 4 - che "La Chiesa è il nuovo popolo di Dio". [SM=g1740722]

Infine molto chiaramente, al § 7, afferma: «In virtù della sua missione divina, la chiesa», che è «mezzo generale di salvezza» e che è la sola nella quale si trova «tutta la pienezza dei mezzi di salvezza» (Unitatis redintegratio, n. 3), «per la sua stessa natura deve annunciare Gesù Cristo al mondo» (Orientamenti e Suggerimenti per l'applicazione della Dichiarazione Nostra Aetate, n. 1). Noi crediamo infatti che è per mezzo di Gesù Cristo che andiamo al Padre (Cf Gv 14,6) e che «questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,53). Gesù afferma (Gv 10,16) che vi sarà «un solo gregge ed un solo pastore».

Chiesa ed ebraismo non possono essere presentati dunque come due vie parallele di salvezza e la chiesa deve testimoniare il Cristo redentore a tutti, «nel più rigoroso rispetto della libertà religiosa, così come essa è insegnata dal concilio Vaticano secondo (dichiarazione Dignitatis humanae)» (Orientamenti e Suggerimenti... n. 1)". [SM=g1740722]

Significative anche le parole pronunciate da Giovanni Paolo II il giorno della canonizzazione di Edith Stein (11/10/98): "Alla fine del lungo cammino le fu dato di giungere ad una constatazione sorprendente: solo chi si lega all'amore di Cristo diventa veramente libero." Nei testi sopra citati, è chiaramente indicato che vi è "un solo gregge e un solo pastore" (si tratta evidentemente della Chiesa Cattolica) e che non ci sono altre vie di salvezza; prima della venuta di Cristo, c'era un popolo eletto, a cui per primo fu rivolta la parola di Dio; e c'erano gli altri popoli, a cui il Signore provvedeva sempre con amore (cf. Atti 17, 26-28), ma oggettivamente su un piano diverso rispetto alle cure prodigate a Israele, "vigna" prediletta.

Ora questa situazione non c'è più; perché la salvezza è offerta in Cristo Gesù a tutti i popoli, non più per una qualche forma di discendenza secondo la carne, ma per la fede, esclusivamente nella Chiesa. Se dunque "sostituzione" indica qualcosa di nuovo al posto di qualcosa che non c'è più, almeno in un certa funzione e in un certo ruolo, indubbiamente abbiamo una vera e propria sostituzione dell'Antico Israele da parte del nuovo, che è la Chiesa. Anche la Scrittura è fin troppo chiara in questo senso: vediamo per esempio le parole di San Paolo rivolte ai Galati: "Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. (Gal 3, 26-29) Si vede chiaramente in questi versetti tutto l'essenziale compreso nel concetto di "sostituzione": qualcosa che non c'è più ("Non c'è più giudeo né greco") e qualcosa di nuovo al posto della vecchia economia "tutti voi siete uno in Cristo Gesù".

Consideriamo ancora l'episodio dei Magi che vanno ad adorare Gesù (Mt 2, 1-12); per trovarlo hanno bisogno dei saggi di Gerusalemme, perché solo le profezie dell'A.T. permettono di trovare il Signore. Ma, dopo che i Magi hanno visto, entrati nella Casa, il Bambino con sua Madre (v. 11), se ne tornano "per un'altra strada" [SM=g1740722] (v. 12); la funzione di Gerusalemme è ormai terminata, "sostituita" dalla nuova "casa" con la Madre e il Bambino (la casa con il Bambino e la Madre è figura della Chiesa).


2. Non di meno, le promesse fatte da Dio a Israele sono irrevocabili ed eterne.

A questo punto però dobbiamo chiarire come questa forma di indubbia "teologia della sostituzione" che ho riassunto, si concili con le affermazioni proprie del Magistero, secondo cui l'antica Alleanza non è mai stata revocata, e quindi non è finita o storicamente conclusa.

Abbiamo visto che il termine "sostituzione" non implica necessariamente la fine della realtà sostituita. Il cartellino "chiuso" (per esaurimento della funzione provvisoria di ombra di realtà future) sulla porta della bottega dell'Antica Alleanza, non implica la sparizione nel nulla, anche come soggetto collettivo, degli Ebrei che non riconoscono Gesù Cristo; e ciò non implica neppure che si debba andare avanti come se gli Ebrei - in quanto tali - non ci fossero. Il motivo della permanenza di Israele come tale è "teologico", ossia si fonda sulle promesse divine, che come dice San Paolo, non possono essere revocate in quanto la parola di Dio non viene meno (cf Rom 9,6).

Esaminiamo ancora alcuni versetti di Rom 9-11, il luogo della Scrittura dove vengono rivelati dati decisivi per le questioni che qui ci stanno a cuore: "Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen". (Rom 9, 1-5)

Queste promesse irrevocabili (cf Rom 11,29) mantengono l'Israele "secondo la carne" in essere come soggetto. I verbi contenuti nei versetti sopra citati, sono coniugati al tempo presente, "possiedono", "hanno", non "ebbero". Queste promesse permangono come offerta di grazia da parte di Dio. Ma come possono rimanere delle realtà di grazia in chi si trova in uno stato - almeno oggettivamente parlando - di incredulità (gr. apistía: "sono stati tagliati a causa dell'infedeltà" Rom 11,20), di indurimento ("sono stati induriti" gr. epôrôthêsan Rom 11,8) e di cecità spirituale("Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato" 2 Cor 3, 14)? San Paolo ci offre la chiave per poter cercare una risposta a questo interrogativo: "Che dunque? Se alcuni non hanno creduto, la loro incredulità può forse annullare la fedeltà di Dio?" (Rom 3, 3)

La bontà di Dio è infinitamente superiore a tutto il male che l'uomo può fare; anche l'indurimento e l'incredulità non annullano la particolare offerta di grazia, che, in continuità dell'elezione di Israele prima della venuta di Cristo, permane tuttora. Per capire questo, pensiamo alla perdita e alla riviviscenza dei meriti dopo che uno è passato dalla grazia al peccato e poi nuovamente dal peccato alla grazia. Col peccato mortale - ne basta uno solo - tutti meriti sono perduti e il peccatore merita l'inferno; se muore impenitente, tutte le sue opere buone non contano nulla; ma se il peccatore fa penitenza, riacquista tutti i meriti, eventualmente accresciuti da un aumento di carità successivo al pentimento.

Un altro caso analogo è la fruttuosità del carattere sacramentale: se uno riceve la Cresima in stato di peccato mortale, ha impresso il carattere, che però non gli porta alcun beneficio soprannaturale: ma se lo stesso cresimato riacquista la grazia, il carattere completa i suoi effetti salvifici. In entrambi i casi appena esaminati, il peccato dell'uomo non distrugge del tutto il dono della grazia. Gli Ebrei - l'Israele secondo la carne -, analogamente, conservano una certa attitudine alla grazia, a essere "innestati di nuovo" (Cf Rom 11, 23). Si tratta di una relazione particolare con Gesù Cristo.

L'accidente "relazione", secondo la buona filosofia scolastica, è composto due parti; una parte che inerisce al soggetto, come tutti gli accidenti, e una parte che, pur radicata nel soggetto, tende ad un altro da sé. Per esempio un figlio rispetto al padre: l'essere figlio è una caratteristica del soggetto: ma radicata nello stesso soggetto c'è un certa tensione, un certo rapportarsi al padre Analogamente, l'Israele ancora infedele ha irrevocabilmente radicata in sé una particolarissima relazione con Gesù Cristo, pur non ancora perfettamente in atto.

Di una certa realtà di grazia presente ora nel popolo ebraico, nonostante il rifiuto, parla San Tommaso d'Aquino, commentando Rom 11,26: "...perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!" Insegna l'Aquinate "«Dono» viene preso qui come promessa, che si attua secondo la prescienza e la predestinazione di Dio. E «vocazione» viene qui presa come elezione, in quanto a motivo della certezza di entrambe, ciò che Dio promette in qualche modo già dà, e coloro che sceglie in qualche modo già chiama" (quod Deus promittit, iam quodammodo dat: et quos elegit, iam quodammodo vocat; Super Rom., cap. 11 l. 4, 926). Notiamo bene le parole di San Tommaso: "già" (iam) e "in un certo modo" (quodammodo): applicate al mistero di Israele, "già" indica la reale presenza di un realtà graziosa negli Ebrei, "in un certo modo" indica lo stato ancora incoativo e imperfetto di questa stessa realtà graziosa.

Quindi in ogni ebreo è "già" presente la tensione verso l'essere reinnestato; e Israele, un tempo chiamato ad essere il popolo eletto, è ora "già" chiamato a ricongiungersi con Gesù Cristo. [SM=g1740722]

San Paolo anticipa che alla fine del mondo ciò si realizzerà in ampie dimensioni: "Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà le empietà da Giacobbe" (Rom 11, 24) Il "liberatore" è Gesù Cristo (Cf. J-N. ALETTI, Comment Dieu est-il juste? Paris 1991, p. 187-189).

Quanto detto comporta forse che tutti gli Ebrei si salvano già ora? Qui solo Dio può giudicare la singola persona e San Tommaso ci fornisce ancora la risposta: "lo stesso dono temporale di Dio e la vocazione temporale di Dio non vengono ad essere indisponibili per un mutamento di Dio che si pente, ma per il mutamento dell'uomo che trascura la grazia di Dio, secondo Eb 12, 15: «Guardando che nessuno venga meno alla grazia di Dio»" (ibidem) Come ogni cristiano può rendere vana per lui la grazia di Dio, anche un ebreo può perderla: d'altra parte, - sempre secondo san Tommaso, che ben riformula un adagio teologico medioevale -, "Dio non nega la grazia a chi, mosso da Dio stesso, fa tutto quello che può" (facienti quod in se est - secundum quod est motus a Deo - Deus non denegat gratiam; cf Iª-IIae q. 109 a. 6 ag 2 e ad 2). E solo Dio ha le bilance per scrutare i cuori di ciascuno, Ebrei, Cristiani e chi altro; quindi solo Dio sa se un singolo ebreo rifiuta Cristo con o senza colpa. Solo se una verità viene infatti conosciuta come credibile, può e deve essere creduta.
E, benché la Verità Cattolica sia oggettivamente credibile, possono esistere condizioni soggettive (la storia personale di ognuno) per cui essa è incolpevolmente rifiutata.

Scriveva Giovanni Paolo II: "è evidente che, oggi come in passato, molti uomini non hanno la possibilità di conoscere o di accettare la rivelazione del vangelo, di entrare nella chiesa. Essi vivono in condizioni socio-culturali che non lo permettono, e spesso sono stati educati in altre tradizioni religiose. Per essi la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo: essa permette a ciascuno di giungere alla salvezza con la sua libera collaborazione" (Redemptoris Missio, 10).[SM=g1740721] 


3. La peggior forma di antisemitismo è quella di non annunciare Cristo unico Salvatore anche ai nostri fratelli Ebrei.

Se, per noi Cristiani, Gesù Cristo è tutto il bene in se stesso e da offrire al mondo, la peggior forma di antisemitismo è non annunciare Cristo agli Ebrei di oggi: fare del male è anche non fare il bene dovuto.

Le cito, ad esempio, le conversioni di Ratisbonne (ad opera della Madonna) e dell'ex-rabbino Zolli (ad opera di Gesù Cristo; vedi nota in fondo alla pagina). La Madonna, quando apparve al beato Alfonso Ratisbonne, non gli ha detto: "prosegui pure nell'ebraismo, in modo parallelo alla Chiesa..., in una delle due forme possibili di adesione alla Rivelazione..." Questo piccolo numero di ebrei che sempre si è convertito alla religione cattolica fino ad oggi, costituisce il memoriale del "resto" di Israele (cf Rom 9, 27) entrato nella Nuova Alleanza, assieme alla massa dei pagani, per grazia.

A meno che non vogliamo accusare Gesù Cristo e la Madonna di "proselitismo", questa è e sarà la via da percorrere sino alla fine dei tempi, quando sembra che la conversione in massa di Israele farà si che "tutto Israele sarà Salvato". [SM=g1740722] [SM=g1740721]

E' anche vero che con il termine "proselitismo" talvolta si indica un modo sbagliato, irruento e irrispettoso di fare apostolato. Solo la carità è senza il giusto mezzo; è vero sì che dobbiamo annunciare Cristo "opportune et importune" (2 Tim 4, 2), ma anche annunciandolo "importune", bisogna farlo "prudentemente"; con la prudenza soprannaturale e non con la "prudenza della carne" (cf Rom 8, 6).

E anche se siamo in un'epoca dove il rischio è quello opposto, ovvero quello di mancanza di zelo apostolico ("Difficoltà interne ed esterne hanno indebolito lo slancio missionario della chiesa verso i non cristiani, ed è un fatto, questo, che deve preoccupare tutti i credenti in Cristo", J.P. II, Redemptoris Missio, 2), dobbiamo sempre evitarne anche l'eccesso. E se, per quanto riguarda una scelta prudente, non si possono dare ricette, - in quanto una scelta prudente dipende quanto mai dalle circostanze -, si può trovare il presupposto di una "prudente inopportunità" nell'insegnamento di San Tommaso d'Aquino: commentando le parole della lettera ai Romani "quanto alla elezione, sono amati" (Rom 11,28), in analogia con il fatto che nel battesimo, dove tutti i doni di Dio - compresa la vocazione con la quale il battezzato è chiamato alla grazia - vengono dati senza pentimento del battezzato, l'Aquinate afferma che le suddette parole vengono scritte perché "non si disperi della salvezza futura dei Giudei a causa del fatto che non sembrano pentirsi del loro peccato" (Super Rom., cap. 11 l. 4, 927).


Diamoci dunque da fare perché ci siano nuovi Zolli, nuovi Ratisbonne, nuove Edith Stein etc. Un atteggiamento simile potrebbe sembrare una mancanza di rispetto nei confronti degli Ebrei, i quali ci potrebbero dire: "secondo voi, serviamo solo per essere convertiti". Al che rispondo con le recentissime parole di Benedetto XVI, pronunciate nella Sinagoga di Colonia il 19/8/2005: "Questo dialogo, se vuole essere sincero, non deve passare sotto silenzio le differenze esistenti o minimizzarle: anche nelle cose che, a causa della nostra intima convinzione di fede, ci distinguono gli uni dagli altri, anzi proprio in esse, dobbiamo rispettarci a vicenda. Infine, il nostro sguardo non dovrebbe volgersi solo indietro, verso il passato, ma dovrebbe spingersi anche in avanti, verso i compiti di oggi e di domani. Il nostro ricco patrimonio comune e il nostro rapporto fraterno ispirato a crescente fiducia ci obbligano a dare insieme una testimonianza ancora più concorde, collaborando sul piano pratico per la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo e della sacralità della vita umana, per i valori della famiglia, per la giustizia sociale e per la pace nel mondo". Inoltre, se riteniamo vere le parole di San Paolo circa gli Ebrei, riteniamo vere anche le parole a proposito di noi gentili convertiti, pieni di vizi ("un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate"; Col 1, 21) e non certo chiamati per qualche merito. E san Paolo, mediante l'allegoria dell'innesto dell'oleastro selvatico sul ceppo buono, indica il grosso miracolo, quasi "contro natura", che il buon Dio ha dovuto fare per inserirci nell'Alleanza: infatti si innesta il ramo buono sul ceppo cattivo, e non viceversa. Inoltre sappiamo che prima della fine del mondo anche i Cristiani si corromperanno in una apostasia generale, sotto certi aspetti più grave dell'uccisione di Gesù, e avremo bisogno che Israele riconosca Gesù Cristo perché sussista la Chiesa. "Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia" (Rom 9,16). Cristiani ed Ebrei, siamo tutti sotto il peccato per avere entrambi misericordia!

E ancora San Tommaso ci fornisce un'altra regola di prudenza pastorale: "quando uno vede di conseguire la grazia mentre un altro cade, non deve innalzarsi contro quest'ultimo, ma piuttosto temere per se stesso, in quando la stessa superbia è causa del precipitare e il timore è la causa della vigilanza e della precauzione".
(Super Rom., cap. 11 l. 3, 902).

Non possiamo concludere poi un qualsiasi discorso sul dialogo ebraico cristiano, senza alzare lo sguardo verso Maria SS.ma, perfetta Figlia Di Sion. Secondo San Tommaso, "ciò che è perfetto in un certo genere, è causa di tutto ciò che è nello stesso genere" ("Primum in quolibet genere est causa eorum quae sunt post"; Contra Gentes, l. III, c. 82).

La Vergine Figlia di Sion è la perfetta Israelita , che ha accolto perfettamente, in Suo Figlio, la nuova Alleanza. E poiché Gesù non ha avuto la fede (in quanto aveva la visione beatifica), la Madonna è la Figlia di Israele con la massima fede storicamente realizzata; quindi - prima nel genere - è la causa della fede di tutti gli Israeliti.

E il suo ruolo, già fondamentale nell'accettazione del Vangelo da parte del "resto" d'Israele fedele e del piccolo ma ininterrotto numero di conversioni che ci sono state fino ad ora (Ratisbonne docet), sarà ancora più straordinario quando "tutto Israele sarà salvato". Pensando a Maria, vengono poi in mente anche le aspirazione del Montfort, riguardo ai santi che la Madonna formerà negli ultimi tempi; sulla scia dei grandi desideri dei San Paolo per la conversione dei suoi fratelli (cf Rom 9, 1 ssqq.), possiamo applicare i sospiri del santo francese anche alla conversione di Israele: "Ma quando e come avverrà tutto questo?... Dio solo lo sa. Compito nostro è di tacere, pregare, sospirare e attendere: «Ho sperato: ho sperato nel Signore» (Sal. 40, 2)" - (San Luigi M. Grignion de Montfort, Trattato della Vera devozione a Maria, § 69).

-----

Ecco come Eugenio Zolli racconta l'esperienza mistica che ha suggellato il suo cammino di perfetta adesione a Gesù Cristo:

«Era il Giorno dell'Espiazione nell'autunno del 1944, e stavo presiedendo alle liturgie religiose nel Tempio. La sera c'era l'ultima funzione liturgica, ed ero là con due assistenti, uno alla mia destra e l'altro alla mia sinistra. Ma mi sentii così di gran lunga allontanato dal rituale che lasciai recitare agli altri le preghiere e il canto. Non sentivo nessuna gioia o dolore; era svuotato sia di pensieri che di sensazioni. Il mio cuore giaceva come morto nel mio petto. E subito dopo vidi con l'occhio della mente un prato stendersi in alto, con erba luminosa ma senza fiori. In questo prato vidi Gesù Cristo vestito con un mantello bianco, e oltre il Suo capo il cielo blu. Provai la più grande pace interiore. Se dovessi dare un'immagine dello stato della mia anima in quel momento direi: un limpido lago cristallino tra le alte montagne. Dentro il mio cuore trovai le parole: "Tu sei qui per l'ultima volta". Le presi in considerazione con la più grande serenità di spirito e senza alcuna particolare emozione. La replica del mio cuore fu: "Cosi sia, così sarà, cosi deve essere"»
(EUGENIO ZOLLI, Prima dell'alba, a c. di Alberta Latorre, San Paolo, 2004, pp. 273-274).




[SM=g1740722]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:03. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com