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La Chiesa e internet: l'invito del Papa ad usare questo strumento

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2013 11:55
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05/09/2011 20:26
 
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giu 18, 2011 by

I CATTOLICI  FACEBOOKISTI

Sembravano cazzari, invece erano apostoli.

Che sanno ridere di se stessi

 

La chiesa ha sempre anticipato i tempi. Solo nel ’68 decise di inseguirli. I tradizionalisti: cacciati nella catacomba, se ne scapparono dalla finestra… window. E su internet ai progressisti cadde la maschera da Dorian Gray. Facebook: qui rendiamo ragione della speranza in noi. Ridendo di noi. Il primo papa e l’ultimo papa, una sola parola: spiegate a chi vi domanda. Ma con dolcezza.

 

E visto che la rete non ha padroni, ce ne siamo impadroniti: certo, gareggiando quanto a presenza coi siti porno, ma pure ‘sta cosa la guardo con ottimismo: noi dopo due millenni siamo ancora qui a parlare di Cristo, gli altri si son ridotti, dopo aver strombazzato tutte le rivoluzioni e le mode, alla cosa più scontata: tette e culi. Più originali di così! Infatti, noi ancora scandalizziamo parlando del buon vecchio Gesù; questi è già un miracolo, prima ancora che un peccato, se provocano qualche erezione. Non hanno fatto molta strada: sono passati dal ’68… al 69 (gli abituè capiranno…)

 

 

di Antonio Margheriti Mastino

 

LA CHIESA HA SEMPRE ANTICIPATO I TEMPI. SOLO NEL ’68 DECISE DI INSEGUIRLI

Che ce lo nascondiamo a fare? Siamo tutti facebookisti.

Qualcuno si meraviglia dell’assiduità, talora ostinata e chiassosa, con cui i cattolici su internet spesso tengono banco. In modo certamente più sistematico, logico e meno casuale degli utenti con altre priorità. Magari proprio quella di sputtanare i cattolici e i preti: esercizio antico, alla fine sempre sterile quello di clorizzare il clero: il quale può solo autodistruggersi ma non può essere distrutto.

Si meravigliano che i cattolici abbiano inventato la militanza (anche) online: io mi meraviglio dei crisantemi che si meravigliano: siamo banditi, almeno noi cattolici non rinnegati e ostinatamente bambini, dai giornali, dalle case editrici, dalle tv pubbliche e private, di fatto dai parlamenti, a momenti pure dai negozi e dai ristoranti, un tempo vietati solo ai cani e agli ebrei, da qualche parte dobbiamo pur dire la nostra. E visto che la rete non ha padroni, ce ne siamo impadroniti: certo, gareggiando quanto a presenza capillare coi siti pornografici, ma pure ‘sta cosa la guardo con ottimismo: noi dopo due millenni siamo ancora qui a parlare di Cristo, gli altri si son ridotti, dopo aver inaugurato con tanto di tromboni tutte le rivoluzioni e le mode, alla cosa più scontata del mondo: tette e culi. Più originali di così! Infatti, mentre noi ancora scandalizziamo parlando del buon vecchio Cristo, questi è già un miracolo, prima ancora di essere un peccato, se provocano qualche erezione. Non hanno fatto molta strada: sono passati dal ’68… al 69 (gli abituè capiranno…)

Si meravigliano di questa presenza dentro la modernità tecnologica dei cattolici. Perchè non conoscono una mazza della storia cattolica, e siccome il cattolicesimo è l’unica storia possibile d’Occidente (come germinazione o contrapposizione), viene il sospetto neppure della storia in generale. Sapessero pensarla la storia, saprebbero che la Chiesa sin dall’inizio non solo ha cavalcato tutti i migliori mezzi di circolazione delle idee, ma spesso li ha anticipati, quando non inventati essa stessa. Sono stati i “tempi” a inseguire la Chiesa, mai il contrario. Solo dopo il ’68, mettendosi la pretaglia a inseguire, nel clima di delirante ottimismo a prescindere dell’epoca, i dannati “tempi”, soltanto da allora la chiesa si è dovuta acchiappare alla coda della contemporaneità. E quando ha tentato di calvalcarla, lo ha fatto con un anacronismo che ha suscitato pena persino nei suoi peggiori nemici, un fuori tempo massimo che suscitava riso e compassione.

Il papa naviga. Gli donano un notebook

Emblematico il caso di Leonardo Boff, il fondatore della Teologia della Liberazione, che si fece un viaggio (rigorosamente “guidato” dai funzionari del PCUS) in Urss nel 1988, l’anno prima del crollo del Muro di Berlino. Se ne tornò entusiasta come un bambino, cinguettando della “modernità, giustizia, invidiabilità” di quel sistema, dove persino la Chiesa era “libera come in nessun altro posto”. Gli stessi accompagnatori a sentirlo ne provarono un misto di ilarità, pietà e disprezzo: provenienti dai servizi segreti comunisti, vero centro nervoso dei regimi rossi del tramonto, erano stati loro stessi a trasmettere ai governi centrali, dopo l’autopsia generale del sistema, il referto in cui si ordinava di preparare l’immediata transizione, lo sganciamento dal comunismo e l’avvio verso una sorta di democrazia occidentale, perchè, spiegavano, “la burocrazia, l’apparato comunista può ancora reggere per massimo due anni e forse meno”. Il povero patetico Boff si illuse lo avrebbero creduto moderno abbracciando le “magnifiche sorti e progressive” moriture (per tutti, tranne che per lui e i radical-chic) e non si rendeva conto che aveva preso per mano un cadavere putrefatto: mai un uomo di chiesa risultò più disgustoso nella sua ottusità, mai uno aveva toccato sino a tal punto il fondo del ridicolo: il peggio è che molto vescovame lo prese pure sul serio. Vecchio babbione!

Ma tornando a noi. Dicevamo che quanto a impiego missionario delle “tecnologie” la Chiesa ha sempre preceduto e anticipato i tempi. Che cos’era all’epoca, per dirne una a caso, l’accortezza architettonica di un pulpito attaccato in alto sul muro della navata, per migliorare l’acustica delle omelie quando mancavano ancora 1.500 anni all’invenzione del microfono? Siamo tutti d’accordo che potremmo fare centinaia di migliaia di esempi: ma non è il caso: la stessa nostra storia, la nostra vita testimonia che siamo il prodotto di quella temporale ininterrotta saggezza cattolica, antica e sempre nuova.

 

I TRADIZIONALISTI: CACCIATI NELLA CATACOMBA. SE NE SCAPPARONO DALLA FINESTRA… WINDOW

Suscita ancora più stupore il fatto che spesso una larga parte di questi cattolici online, siano quelli più conservatori, ortodossi, o per usare la parola da 50 anni tabù dei tabù anche in mezzo a un postribolo di preti e suore spogliati, “tradionalisti”. E che questi in genere siano i più assidui, roboanti, accaniti, dalla tastiera cruenta ma pure dalle idee belle chiare… cattoliche, facendosi sentire e persino ascoltare, questo suscita ancora più stupore amaro. Mysterium iniquitatis!, bofonchiano parecchi prodini stappati a tutti i carnevali.

Neppure qui c’è da meravigliarsi, in realtà. Essendo stati i cattolici intransigenti e -Dio non voglia!- “tradizionalisti”, considerati dalla base e dal vertice alla stregua di cani rognosi, se gli andava bene; nella peggiore ipotesi, che sembra persino preferibile alla prima ma non è, politicamente scorrettissimi. Soprattutto sordi alle mode del “tempo”. E perciò banditi dal progressismo trionfante, con una protervia che lascia basiti, da ogni contesto ecclesiale. Questi poveracci si sono ritrovati dalla sera alla mattina, infilati a calci in culo nelle catacombe, e chiusi dall’esterno a doppia mandata. Qualcuno avrebbe voluto persino riempirla d’acqua quella catacomba, per precauzione… si sa mai!, e forse solo lo Spirito Santo impedì a suo tempo al pontefice di benedire. Avevano la colpa odiosa quei “ribelli” di essere quei bambini molesti che alzando l’innocente ditino indicano il re portato nel suo falso trionfo, dove l’applauso mondano maschera lo scherno, e gridano con gli occhioni sgranati della verità: “il re è nudo!”. Erano uno specchio quei tradizionalisti, che negli anni della baldoria e dell’apostasia generalizzata e modaiola, ricordavano a questi stessi apostati modaioli, ciò che avevano smesso d’essere: cattolici. Gli ricordavano la loro giovinezza pulita e devota, che non era più.
Rinchiuderli e umiliarli così fu l’errore fatale dei progressisti, togliergli ogni cattedra, pulpito, voce li ha spinti a rinchiedersi in casa. E siccome chi è avanti ai tempi sono sempre i cattolici veri e non quelli posticci che i tempi rincorrono, questi qui nella solitudine desolata di questa loro cattolicità intemerata e in esilio, in questa cattività che talora si trasformò in cattiveria, ebbero un singulto di gioia improvviso un giorno. Dentro casa scoprirono una cosa sconosciuta agli altri: il computer. E poco dopo internet. Capirono tutto: era l’unica via d’uscita dalla catacomba che la Provvidenza gli stava adesso concedendo affinchè qualcuno nella Chiesa tornasse a dire sì-sì no-no. Non se la fecero scappare. Anzi, ci si buttarono a capofitto in questa cattedra della solitudine e senza allievi. Senza allievi… così credevano, tradizionalisti e progressisti, i primi per eccesso di pessimismo (come potevano credere diversamente, cioè di non essere rimasti gli unici esemplari in via d’estinzione al mondo, quando tutto gli era contro, tutti glielo ripetevano?) i secondi per eccesso di ottimismo che nasceva a mezzo fra la loro arroganza e la loro minchioneria.

In realtà, quando cominciarono a fare bene i conti, notarono che non solo non erano soli, non solo c’erano tanti compagni di sventura, ma che v’erano anche tanti maestri e tanti allievi. All’improvviso ci siamo resi conto di aver invaso tutto il web: forse nulla di “cattolico” ha tante migliaia di blog e siti a livello planetario quanto i tradizionalisti. E tutti abbiamo assistito alla pesca miracolosa, al moltiplicarsi di pani e pesci: avevamo precorso i tempi… in tempi non sospetti. Dall’età media bassissima dei tradizionalisti online (e poi non solo) fu chiaro che non c’era tempo per il passatismo, che questa nicchia cattolica non era poi così nicchia: era un arcipelago, un mondo, un cosmo, non composto solo da testimoni dei tempi andati, da reduci, ma al contrario e soprattutto da epigoni, quelli che erano venuti “dopo”, in tempi ancor meno sospetti. Giovanissimi tradizionalisti: praticamente la Chiesa di domani. I tradizionalisti, che tutti si immaginavano e forse in buonafede dipingevano come vecchi bacucchi vestiti alla gagà, oltretutto di pessimo carattere (e forse era pure vero, ma perchè dopo tanti soprusi come minimo erano incazzati neri), un po’ fenomeni da baraccone un po’ da clinica per disturbi della personalità, invece si dimostravano adesso modernissimi e aggiornati, non solo nell’aspetto, non solo per la loro tecnologizzazione, ma proprio nella mentalità: frizzante, gaiarda, carica di ormoni e idee che a lungo erano state compresse ma non atrofizzate nella catacomba coatta.

Avevano scoperto, questi ragazzi ortodossi, la loro arma di riconversione di massa: internet. Attraverso la tastiera, i social-network, in men che non si dica sono riusciti a penetrare ovunque: fra gli adolescenti, le associazioni cattoliche, sulle scrivanie di brillanti scrittori cattolici e opinion-maker che abbandonando le precedenti posizioni liberal, si sono offerti supporter a molte della cause della Tradizione. Quindi si sono infiltrati, inizialmente online, nelle parrocchie, negli episcopi, su su fino alle Sacre Stanze: l’elezione di Ratzinger fu il colpo scuro, ma tutt’altro che finale. Era invece il segnale di inizio della battaglia campale con i vecchi, superstiti, sclerotici, sempre più ossessionati dalle loro, poche e malate, idee fisse, degli ultimi progressisti, che dal canto loro comunque gestivano e gestiscono tutte le conferenze episcopali. Ma il domani è nostro. E questo grazie alla nostra tastiera, alla nostra pennetta internet: oggetti così disprezzati in genere dal solito intellettuale della magna-magna-grecia, il solone schizzinoso, modernista e modaiolo pure quando è antiquato.

 

E SU INTERNET AI PROGRESSISTI CADDE LA MASCHERA DA DORIAN GRAY

Poi certo, oltre alla ruspante presenza del cattolico tradizionalista e conservatore, su internet c’è pur sempre l’altra tipologia di cattolico: quello mieloso, bucolico, francescano nel senso ecologista del termine, dai buoni sentimenti tanto buoni da essere buonisti, di prassi chitarrizzato e con sorriso mellifluo incorporato, e più ipocrita di quello dei dittatori che accarezzano bambini. Cattolici amorosi, sentimentalistici, politicamente correttissimi (cioè sdraiati sulla linea di ogni porcata alla moda di stampo radicale, ossia a ogni parola d’ordine delle lobby laiciste con sede a Bruxelles), buonisti insomma (finchè applaudi) e, Dio ne scampi!, cattolici adulti. Che va da sé significa: demo-catto-liberal-comunistizzati. Modaioli pure questi in pratica. E sgualdrine. Ma onestamente, sul web non rendono: sono ripetitivi, stucchevoli, mancano di personalità, di personale e di allievi giovani, sfiniscono se stessi prima degli altri, con mezzo secolo di senile noia che si portano addosso da stitichezza mentale e morale. E poi: hanno già demolito e perseguitato quanto c’era da demolire e perseguitare, si sono arenati nel loro deserto morale. E inoltre internet lo guardano con disprezzo: perchè sono antichi, antiquati, retrò, preistorici, chè se stanno male devi chiamare un archeologo più che un gerontologo. Quando riempiono di fiori le loro affermazioni come minimo eretiche, pensi più a una corona da morto che a un pensiero gentile. Insomma: gli è caduta la maschera di Dorin Gray (sì, ok, so che era un ritratto: non me ne frega niente!)

 

FACEBOOK. QUI RENDIAMO RAGIONE DELLA SPERANZA IN NOI. RIDENDO DI NOI

C’è dell’altro da dire. Proprio in riferimento ai cattolici sui social-network e in modo particolare su facebook. Non è esatto dire, come fanno alcuni per pressapochismo, che si usa fb solo per passare il tempo o peggio per scrivere “cazzate”. Lo fanno in molti, moltissimi, certo: ma quasi mai sono militanti cattolici. Poi, naturalmente, i giuggioloni ci stanno pure fra i cattolici militanti, ma non è una racchia che fa l’epifania. Molti cattolici al contrario (e ho la presunzione di parlare anche di me), fra i tradizionalisti quasi tutti, lo usano per fare precisamente apostolato. E io so che in questo senso son servito a diversi amici e loro a me: a perfezionarci nella dottrina, confermarci nella fede reciprocamente, riconvertirci gli uni gli altri. Persino per riportare alla fede chi la fede l’aveva perduta. E ancora: scambiarci informazioni sul cattolicesimo, farci insieme una cultura cattolica, ripensare la storia e la politica in termini eminentemente cattolici; quindi, subentrata la confidenza, formatasi la comunità virtuale, molti si sono schiariti le idee sui loro reciproci compiti, vocazioni dentro la Madre Chiesa; si son create inseme iniziative, avvenimenti, occasioni di incontro, preghiera, militanza. La messa antica, la stiamo diffondendo così, ragazzi: giusto per farvi un esempio. Si è passati insomma dalla teoria alla pratica: l’apostolato è questo.

Poi è chiaro che, siccome il cattolicesimo prevede “tutto” e vuole il “tutto”, siccome la quaresima è preceduta dal carnevale e il venerdì santo sempre seguito dalla gioia pasquale, l’apostolato deve essere inframmezzato anche dallo scherzo, dal cazzeggio, dalle battutacce fulminanti talvolta, dagli aspetti ridicoli della vita, per non prenderci troppo sul serio per i nostri talenti, per esorcizzare l’orgoglio sempre in agguato: alla ricapitolazione della Creazione deve seguire la… ricreazione. Anche in questo la Chiesa non ha mai avuto bisogno di maestri e di adeguarsi ai tempi: li ha anticipati. Molto meno erano propensi alle “ricreazioni” e al riso, gli arcigni soloni e sommi sacerdoti dell’illuminismo (come pure del protestantesimo) che per esser tale era uggioso assai.

Internet è lo strumento di evangelizzazione che la Provvidenza ci ha affidato in questo nostro tempo; così come in altri, ad altri cattolici d’altri tempi, aveva affidato via via, i predicatori, le barche, i cavalli, la stampa, la radio, la televisione ecc. Utilizzatelo, e non seppellite il vostro talento: mettetelo a disposizione di Cristo e degli amici: di tutto ce ne sarà chiesto conto.

 

 

[Appendice]

IL PRIMO PAPA. L’ULTIMO PAPA. UNA SOLA PAROLA: SPIEGATE A CHI VI DOMANDA.

CON DOLCEZZA

 

Utilizziamolo, sì. Ma usando un’accortezza. Senza andare come i ridicoli liberal-progressisti a scartabellare trovandone edificazione fra le porcherie di protestanti e comunisti, fermiamoci a due cattolici per eccellenza, anzi, eccellenti: san Pietro primo papa e …san (massì!!)… Benedetto XVI ultimo papa (fino a questo momento). Che circa l’apostolato orale il primo e online il secondo hanno detto cose bellissime. Taglio e cucio e ve li ripropongo: mandateli a memoria.

Dice san Pietro ai primi evangelizzatori:

Ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo”. 

Il suo ultimo successore, papa Benedetto, fra tante altre cose,

con il pensiero rivolto alle nostre tastiere, completa il pensiero del predecessore:

Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui (cfr 1Pt 3,15).

L’impegno per una testimonianza al Vangelo nell’era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti di questo messaggio che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua “popolarità” o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari “annacquandola”. Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento. La verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli con cui condividiamo la vita quotidiana.

Vorrei invitare, comunque, i cristiani ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile. Non semplicemente per soddisfare il desiderio di essere presenti, ma perché questa rete è parte integrante della vita umana. II web sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa. Anche in questo campo siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo è Dio, il Salvatore dell’uomo e della storia, Colui nel quale tutte le cose raggiungono il loro compimento (cfr Ef 1,10). La proclamazione del Vangelo richiede una forma rispettosa e discreta di comunicazione, che stimola il cuore e muove la coscienza; una forma che richiama lo stile di Gesù risorto quando si fece compagno nel cammino dei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), i quali furono condotti gradualmente alla comprensione del mistero mediante il suo farsi vicino, il suo dialogare con loro, il far emergere con delicatezza ciò che c’era nel loro cuore.

La verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network. I credenti, testimoniando le loro più profonde convinzioni, offrono un prezioso contributo affinché il web non diventi uno strumento che riduce le persone a categorie, che cerca di manipolarle emotivamente o che permette a chi è potente di monopolizzare le opinioni altrui. Al contrario, i credenti incoraggiano tutti a mantenere vive le eterne domande dell’uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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