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Benedetto XVI in visita a Montecassino da san Benedetto suo patrono

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2009 06:51
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Benedetto XVI a Montecassino seguendo le orme del suo patrono


In pellegrinaggio questa domenica, 24 maggio



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 21 maggio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI visiterà questa domenica, 24 maggio, l'Abbazia di Montecassino, seguendo i passi del patrono del suo pontificato, San Benedetto da Norcia, fondatore di quel monastero che ha cambiato la storia dell'Occidente nel VI secolo.
 

Il 27 aprile 2005, nella sua prima udienza generale, Papa Joseph Ratzinger spiegò di aver preso il nome di Benedetto per legare il suo pontificato al grande "patriarca del monachesimo occidentale", "copatrono d'Europa".

San Benedetto, osservava il Papa, rappresenta "un fondamentale punto di riferimento per l'unità dell'Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà".


Il Papa inizierà la sua visita celebrando l'Eucaristia nella piazza di Cassino (località vicina all'Abbazia), che in questa occasione verrà dedicata a Benedetto XVI (finora si chiamava Piazza Miranda).


Dopo la Messa, si recherà ad inaugurare la "Casa della Carità", una casa di accoglienza per gli immigrati senza fissa dimora che si sta allestendo nei locali del vecchio ospedale civile di Cassino, ormai dimesso da anni, e che la Regione Lazio ha messo a disposizione su richiesta dell'Abate di Montecassino.

La seconda parte della giornata sarà dedicata esclusivamente al mondo benedettino internazionale. Il Santo Padre incontrerà nella Basilica dell'Abbazia gli abati e le badesse benedettini che, da tutto il mondo, saliranno a Montecassino, insieme a un gran numero di monaci e monache della Congregazione (almeno 500).

Prima di ripartire per Roma, il Papa visiterà uno dei cimiteri della Seconda Guerra Mondiale, in particolare il cimitero polacco che è vicino all'Abbazia, visto che quest'anno ricorre il 65° anniversario del bombardamento dell'Abbazia di Montecassino e della città di Cassino.

L'Abbazia attuale è stata ricostruita dopo essere stata distrutta il 15 febbraio 1944, quando, durante le quattro battaglie di Montecassino (dal gennaio al maggio 1944), l'intero edificio venne ridotto in cenere da una serie di attacchi aerei. L'Abbazia venne ricostruita dopo la guerra, finanziata dallo Stato italiano. Papa Paolo VI la riconsacrò nel 1964.


Il Cardinale Joseph Ratzinger conosce molto bene l'Abbazia, perché vi venne ospitato nel 2001 per scrivere il libro "Dio e il mondo".

San Benedetto fu architetto e ingegnere del monastero di Montecassino, con l'idea che fosse un faro di ispirazione per gli altri monasteri del mondo, e lì definì la Regola benedettina seguita dai monaci. Secondo la tradizione, vi morì il 21 marzo dell'anno 547.


"Dovremmo domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo se non si fosse levata questa voce grande e dolce", ha affermato il francese Jacques Le Goff, ritenuto uno dei più grandi storici del periodo medievale.

Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola, centri di cultura che conservarono per l'umanità il patrimonio della letteratura classica, che altrimenti sarebbe stata in gran parte perduta.

Il 1º aprile 2005, il giorno prima della morte di Giovanni Paolo II, il Cardinale Ratzinger pronunciò una storica conferenza nel monastero di Santa Scolastica, a Subiaco, in cui spiegava l'importanza della figura di San Benedetto per il mondo di oggi.


"Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui ha oscurato l'immagine di Dio e ha aperto la porta all'incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità", disse.

"Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all'intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini".

"Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo".

Come è avvenuto nel Medioevo, il Papa ha presentato in vari dei suoi scritti la raccomandazione di San Benedetto nella Regola al mondo di oggi: "Nulla assolutamente antepongano a Cristo" (Regola 72,11; cfr 4,21).


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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22/05/2009 19:26
 
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San Benedetto e l'Oriente cristiano

Proteggi Montecassino
e tutti noi che ti cantiamo


di Manuel Nin

Nel 1897 Leone XIII affidò all'abate primate dei benedettini la cura del Pontificio Collegio Greco  di  Roma, fondato  da  Gregorio XIII nel 1577. Del resto, mentre la chiesa del Collegio è dedicata a sant'Atanasio di Alessandria, l'attuale cappella interna è dedicata proprio al santo di Norcia; lì, celebrando ogni mattina la divina liturgia, la comunità canta il tropario di san Benedetto, che lo loda come "imitatore di Elia e di Giovanni Battista, come abitatore del deserto, come intercessore presso Dio".

Benedetto è un santo conosciuto, stimato e venerato nell'Oriente cristiano, soprattutto in ambito bizantino. La sua festa viene celebrata il 14 marzo - in una data vicina a quella latina del 21 marzo - fatto che rende probabile il mese di marzo come data reale della sua morte.

San Benedetto è conosciuto soprattutto grazie alla traduzione greca dei Dialoghi fatta da Papa Zaccaria (morto nel 752) e citata da Fozio nel IX secolo, tanto che in ambito greco e slavo il Papa biografo è conosciuto come "Gregorio il Dialogo".


Probabilmente già nel X secolo circolava una traduzione greca della Regola di san Benedetto e tre brani di essa vengono citati nelle opere di sant'Atanasio l'Atonita, fondatore del monachesimo nel monte Athos. Al XIX secolo risalgono alcune traduzioni in arabo, russo, romeno, e del 1980 è una nuova traduzione greca.

Perché san Benedetto è stimato e venerato in Oriente e qual è il collegamento tra un monaco dell'Italia del V-VI secolo e l'Oriente cristiano? Per quanto riguarda le fonti, san Benedetto si collega a una tradizione monastica anteriore. È certamente originale, ma nel senso di una originalità che sa trarre frutto dall'intera tradizione dei Padri.

Quando Benedetto arriva a Subiaco trova un monaco che gli dà l'abito. Nel capitolo lxXIII della Regola egli ci presenta le sue fonti che, oltre alla Bibbia, sono Cassiano, le Vite dei Padri e la Regola di san Basilio, quindi testi di rilievo per conoscere il monachesimo di tradizione egiziana e dell'Asia Minore. In Oriente e in Occidente è importante essere un anello nella catena di una grande tradizione, in cui il monaco è discepolo della Sacra Scrittura e dei santi Padri.

L'ufficiatura per la festa di san Benedetto nella tradizione bizantina lo presenta come l'uomo pieno di virtù e vittorioso, dopo la lotta, sulle passioni. È un tema comune nella letteratura monastica e la stessa Vita Antonii ne offre un buon esempio. Questa vittoria sulle passioni, che è un dono di Dio, porta il monaco a diventare "luce" e "lampada" per il mondo. I testi di Nilo di Rossano parlano della "vita divina e luminosa di Benedetto".

Più Nilo che Giuseppe l'Innografo, nei suoi tropari, segue da vicino i Dialoghi di Gregorio Magno, forse anche per il suo legame con Montecassino. Nilo ancora sottolinea diverse volte l'importanza dell'esperienza eremitica di Benedetto sia pure sotto la guida di un padre spirituale; e questo è un tema che troviamo spesso nella tradizione monastica orientale. Nilo, ancora, ci presenta Benedetto ben radicato nella geografia del luogo:  uno dei tropari del vespro del 14 marzo lo canta come "luce dei romani, protezione della Campania, baluardo invincibile di Napoli"; egli nei suoi testi canta Benedetto e canta pure Montecassino. Sia Nilo che Giuseppe lodano in san Benedetto il mistero trinitario di Dio:  "Con fede e amore sinceri hai camminato sulle orme di Cristo crocifisso" e "la forza del Paraclito ha piantato in te la sua tenda e ti ha fatto diventare luce nelle tenebre".

I testi dell'ufficiatura sottolineano poi la paternità spirituale di san Benedetto:  "Per mezzo dei tuoi miracoli tu ti sei manifestato come pastore ispirato da Dio". E Giuseppe l'Innografo canta:  "Tu hai radunato una moltitudine di uomini, hai fondato un santo monastero, i cori dei monaci che tu hai radunati ti celebrano notte e giorno, e possiedono il tuo corpo da cui sgorgano abbondanti flutti di miracoli". San Nilo ancora è più preciso:  "Per Occidente ti sei innalzato come il sole, illuminando con la luce delle tue virtù gli estremi confini dell'universo. Roma si pregia della tua vita, Norcia canta la tua fanciullezza e tutta la Campania grida di gioia. Che l'Italia danzi nella gioia, Montecassino ti lodi e sia pieno di gloria per la tua tomba.
Proteggi Montecassino e noi che ti cantiamo".



(©L'Osservatore Romano - 22-23 maggio 2009)


[SM=g1740680]
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er una fede consapevole

Ritorno a Montecassino


L'ultima volta di Joseph Ratzinger a Montecassino fu per cinque giorni, nel febbraio del 2000. L'occasione per il futuro Papa di maturare - come egli scrisse di suo pugno, ricordando una lunga intervista poi pubblicata in un libro dal titolo Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio - "un piccolo tentativo di introduzione nella fede per l'uomo d'oggi".
 
Il ritorno di Benedetto XVI a Montecassino, oggi non si discosta da quel disegno che rimane l'unico, vero segreto per leggere nella giusta luce il suo pontificato.

Egli torna a una delle più antiche fonti della spiritualità benedettina radicata nella sua formazione cristiana e spiega l'insistenza con la quale richiama i cristiani a una fede consapevole, se vogliono davvero concorrere a risvegliare la capacità culturale delle società europee in una fase di cambiamento dagli esiti imprevedibili.


Come al tempo di Benedetto - il padre del monachesimo occidentale - la società ereditata dall'impero romano era messa alla prova dai nuovi popoli venuti da fuori e non sempre amichevolmente, così anche oggi l'Europa si trova a dover fare i conti con decine di migliaia di immigrati sospinti dal bisogno.

La ricomposizione del tessuto umano, che le migrazioni richiedono di realizzare nel tempo, trova nell'esempio benedettino un paradigma di metodo ancora efficace. Fin dalle elementari, ai bambini delle terre di san Benedetto, restava impressa la figura di Totila, re dei goti che depone la spada ai piedi del patriarca Benedetto. Per quale ragione - ci si potrebbe chiedere - un re, in quel momento vittorioso, si inginocchia davanti a un uomo inerme in un territorio calpestato da combattenti contrapposti?
 
Era la saggia prospettiva di ricostruzione del tessuto sociale e religioso uscito frammentato dalle invasioni che dava credito a san Benedetto. Ed era la sua vita cristiana spesa per gli altri alla luce dell'esortazione di "niente anteporre all'amore di Cristo" indicata quale regola di vita dei nuovi monaci.

Benedetto XVI è strettamente collegato con lo stile benedettino e con la visione cristiana del santo fondatore di Montecassino. Ne ha scelto il nome, si è impegnato da subito per la comprensione tra i popoli e le religioni, ha chiesto alla Chiesa una conversione sincera verso una fede vissuta:  nulla anteporre a Dio. Con la semplice motivazione dell'amore. Convertirsi per amore a un Dio che ama e vuole farsi percepire quale Dio d'amore anche nel XXI secolo.

Il Pontefice che intende armonizzare fede e ragione, preghiera e lavoro, così da intercettare la ricerca dell'assoluto presente anche fuori dei recinti religiosi, pensa di riuscirvi convertendo anzitutto i cristiani al primato dell'amore di Dio. L'attivismo dei credenti senza un'anima spirituale resterà, infatti, sterile.

La forza della testimonianza cristiana, un tempo affidata al fiorente monachesimo, è minore per le ridotte dimensioni della vita consacrata. In linea con la Chiesa del concilio il Papa chiede perciò a ogni cristiano di farsi carico del vangelo nella vita ordinaria. L'incontro con i fedeli di Montecassino e di tutto il Cassinate è ispirato da questa visione.

Poiché è mosso da tale spirito di colloquio con tutti per consolidare la pace, Benedetto XVI può essere ormai annoverato tra quei profeti disarmati di un mondo più fraterno e solidale per il quale tantissime persone si adoperano e spendono la vita.

c. d. c.



(©L'Osservatore Romano - 24 maggio 2009)


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23/05/2009 19:32
 
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Le visite dei Papi a Montecassino

Quattro distruzioni in mille anni
per una basilica ostinata


di Faustino Avagliano

Benedettino Archivista dell'abbazia di Montecassino

"Ifasti del monastero cassinese costituiscono, nella sua lunga storia ultramillenaria, una parte non piccola della Chiesa romana". Così Pio X nel 1913, nell'anno della consacrazione della rinnovata cripta di Montecassino, scriveva nel suo breve pontificio (Archicoenobium Casinense, 10 febbraio 1913), inviato all'abate di Montecassino Gregorio Diamare.

Nella distrutta basilica cassinese un bel dipinto dovuto al pennello di Paolo de Matteis attirava l'attenzione dei visitatori per la particolare iconografia che lo caratterizzava. Alcuni pellegrini in cammino verso Montecassino, per venerare e pregare sulla tomba di san Benedetto, incontrano sulla loro strada un ecclesiastico. Questi si unisce ai viandanti che gli chiedono chi fosse. "Sono l'apostolo Pietro - risponde - e vado a Montecassino per celebrarvi con Benedetto la mia festa, poiché non mi è possibile farla a Roma in questi giorni di agitazione". Il racconto illustrato nell'affresco è riportato in una delle cronache cassinesi medievali, e il testo citato è preso da una traduzione del Leccisotti.

Esso esprime molto bene il contributo che i figli di san Benedetto nel corso dei secoli hanno offerto alla causa della Sede Apostolica in uomini e mezzi.

A cominciare da Montecassino, dal cui seno uscirono anche tre Pontefici.
 
Federico di Lorena, abate di Montecassino (1057-1058) e l'abate Desiderio (1058-1087) salirono sulla cattedra di Pietro nel secolo XI:  il primo con il nome di Stefano ix il 3 agosto 1057 (morirà il 29 marzo 1058) e il secondo, successore di Gregorio VII, prese il nome di Vittore III (eletto Papa il 24 maggio 1086, morì a Montecassino il 16 settembre 1087). Negli anni 1118-1119 il terzo monaco cassinese a salire sul trono di Pietro fu Gelasio ii di Gaeta, che è ricordato anche per aver introdotto, nella curia pontificia, nuovamente il cursus nella stesura dei documenti papali.
 
E in questi anni molti vescovi di diocesi non solo vicine, ma anche lontane come Alfano arcivescovo di Salerno, vengono scelti dalla comunità cassinese, che al tempo dell'abate Desiderio era particolarmente numerosa.

Attraverso scritti specifici, e soprattutto con testi agiografici richiesti dai vescovi vicini per favorire il culto dei santi patroni delle loro diocesi e chiese, Montecassino partecipò attivamente alla causa della riforma della Chiesa, quella che va sotto il nome di Riforma gregoriana. Molti codici con numerose vite di santi (la maggior parte composte nei secoli X-XII) si conservano ancora oggi nell'archivio di Montecassino.

Urbano II (1088-1099), successore di Vittore III e uscito anch'egli dalle file monastiche e precisamente dal monastero di Cluny, in un documento inviato a Montecassino, scrive:  "La magnificenza della vostra benignità è venuta in aiuto alla Santa Romana Chiesa, ci spinge a essere molto inclinati al vostro luogo. Questo luogo infatti è stato e resta il sollievo dei poveri fuggiaschi, il rifugio degli stanchi, l'inestimabile quiete dei figli della Sede Apostolica" (Praeter generale).

E ancora Pasquale II (1099-1118), anch'egli monaco cluniacense, esprime molto bene questo clima di grande collaborazione tra il monastero cassinese e la Sede Apostolica:  "Sia per riverenza al nostro padre san Benedetto, che per i meriti vostri e dei vostri predecessori, riconosciamo di dover molto al vostro luogo" (Cum pro).

Si registra inoltre una coincidenza di date, puramente casuale ma pur sempre significativa. La prossima visita di Benedetto XVI sarà fatta nel giorno dell'Ascensione che quest'anno cade il 24 maggio. Ed è il giorno della elezione a Sommo Pontefice dell'abate Desiderio, il 24 maggio 1086. Un Papa che riposa a Montecassino, nell'altare più vicino alla sagrestia, con un bel dipinto sopra l'altare che raffigura san Benedetto che consegna la Regola e il pastorale all'abate Desiderio, dovuto al pennello di Pietro Annigoni.

Per i tempi più vicini a noi ricordiamo Pio XII, che si adoperò molto, ma inutilmente, per far evitare la distruzione dell'abbazia nel 1944. Egli volle partecipare con la sua paterna benevolenza al centenario della morte di san Benedetto (1947) inviando ai fedeli della Chiesa intera la bellissima enciclica Fulgens radiatur, che diede conforto e slancio soprattutto alla comunità cassinese, guidata allora dall'abate Ildefonso Rea, nella ricostruzione del monastero "dov'era e com'era".

Esattamente venti anni dopo il bombardamento dell'abbazia, il 24 ottobre 1964 Paolo VI, durante una fase del concilio Vaticano II, accompagnato da una ventina di cardinali e da alcune centinaia di vescovi partecipanti al concilio e numerosi abati, salì sull'Arce cassinese per consacrare la ricostruita basilica e proclamare san Benedetto patrono d'Europa, con il breve Pacis nuntius. Paolo VI poneva ufficialmente il suggello all'avvenuta ricostruzione, pronunziando anche nell'omelia durante la messa un discorso di ampio respiro, che tracciava gli elogi più belli della vita monastica voluta da san Benedetto con la sua Regola e da qui diffusa in tutta l'Europa.

Successivamente alla vigilia del XV centenario della nascita di Benedetto, Giovanni Paolo II salì la prima volta a Montecassino nel maggio del 1979 per pregare sulla tomba del santo e fare una visita al cimitero militare polacco. Poi ritornò l'anno seguente per festeggiare, insieme con tutti gli abati benedettini, accorsi da ogni parte del mondo, e numerose abbadesse, il centenario della nascita di san Benedetto nel 1980.

Nelle precedenti consacrazioni della basilica cassinese, ricostruita ogni volta più bella dopo le distruzioni che si susseguirono per ben quattro volte nella storia millenaria dell'abbazia, furono sempre i Sommi Pontefici a celebrare il solenne rito della Dedicazione.


Rimase scolpita nella storia di Montecassino quella fatta da Alessandro ii il 1° ottobre 1071 al tempo dell'abate Desiderio, e che il pennello di Luca Giordano aveva mirabilmente ritratto nel grande dipinto della parete interna della facciata della basilica. Il bozzetto nella sua bellezza si può ancora ammirare nel museo dell'abbazia. Così pure la dedica della chiesa abbaziale, ricostruita da Petronace nella prima metà del secolo VIII, secondo la tradizione fu anch'essa fatta da un Papa e precisamente da Zaccaria (741-752).
La Chronica sancti Benedicti casinensis scrive:  "In seguito Papa Zaccaria, uomo caro a Dio, diede al venerabile Petronace molte cose utili, cioè i libri della Scrittura e qualsiasi altra cosa che potesse servire a un monastero. Egli inoltre, con paterna pietà, concesse la Regola che il beato padre Benedetto aveva scritto con le sue sante mani" (parte III, capitolo 5).

Nel chiostro dei benefattori di Montecassino sei statue di Papi stanno lì a ricordare ai visitatori le benemerenze dei Sommi Pontefici verso la Casa di san Benedetto. Sul lato a sinistra guardando la facciata della basilica:  Gregorio Magno biografo del santo (il grande Pontefice dedica l'intero libro II dei suoi Dialogi al patriarca Cassinese), Gregorio II - il Papa che invia l'abate Petronace a Montecassino nel 720 circa per la prima ricostruzione dopo il saccheggio operato dai Longobardi nel 577 -, Zaccaria (secondo la tradizione il Papa che concede molti privilegi alla risorta abbazia di Montecassino e ne consacra la ricostruita basilica) e Vittore III, che per un trentennio circa governò il monastero di Montecassino con il nome di Desiderio.

Altre due statue di Pontefici sono sul lato di fronte alla basilica:  Benedetto XIII (che nel 1727 consacrò la basilica di Montecassino, quella poi distrutta dai bombardamenti del 15 febbraio 1944), e Benedetto XIV. Inoltre sul quadriportico, che è sulla sommità della grande scalea che dal chiostro bramantesco porta a quello dei benefattori avanti la basilica, altre due statue di Papi sono ben visibili in apposite nicchie. A destra:  Urbano V, che proveniva dalle file monastiche e si adoperò molto per la ricostruzione di Montecassino dopo il terremoto del 1349; e Clemente XI che si rese benemerito verso i cassinesi unendo, all'inizio del Settecento, l'abbazia di San Vincenzo al Volturno e la giurisdizione spirituale sui paesi circostanti all'abbazia territoriale di Montecassino.

Accanto ai Sommi Pontefici appena nominati, dovremmo ricordare ancora i Papi che nel corso dei secoli hanno visitato anche più volte il monastero di Montecassino, per pregare sul sepolcro di san Benedetto. A Benedetto VIII, Leone IX, Nicolò II, Gregorio VII, Pasquale II, Callisto II, Onorio II, Innocenzo III, Innocenzo IV, Celestino V, andrebbero aggiunti anche tanti cardinali che sarebbero diventati Pontefici e che prima di essere eletti alla cattedra di Pietro si erano recati a far visita alla casa di san Benedetto.
A questo lungo elenco il 24 maggio si aggiungerà il nome di Benedetto XVI. Un evento al quale la comunità monastica e i fedeli tutti della diocesi abbaziale si stanno preparando con trepida attesa per essere confermati nella fede dalla parola del Vicario di Cristo.




(©L'Osservatore Romano - 24 maggio 2009)


[SM=g1740733]
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23/05/2009 19:42
 
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Nel santo patrono d'Europa le radici del pontificato di Benedetto XVI

L'inscindibile legame tra obbedienza e libertà


di Mariano Dell'Omo

Benedettino Vicearchivista dell'abbazia di Montecassino

A chi non conosceva il lungo itinerario umano e spirituale del cardinale Joseph Ratzinger, la scelta del nome Benedetto al momento della sua elezione a Papa in quel pomeriggio romano del 19 aprile 2005, prima che egli stesso potesse spiegarne la genesi con la consueta limpidezza della sua parola, poteva apparire singolare se non straordinaria.

In realtà, basta scorrere il volume della sua autobiografia La mia vita. Ricordi (1927-1977) - Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, pagine 122, euro 16,53 - per cogliere come già nel fanciullo Joseph si delineasse ben presto quel paesaggio interiore che lo avrebbe condotto molti anni dopo, una volta eletto Papa, a preferire a tutti gli altri il nome di Benedetto, il santo fondatore di Montecassino e patriarca dei monaci d'Occidente.

Lo spazio della liturgia attrasse infatti in modo avvincente l'interesse del fanciullo Ratzinger:  "Questo misterioso intreccio di testi e di azioni (...) cresciuto nel corso dei secoli dalla fede della Chiesa. Portava in sé il peso di tutta la storia ed era, insieme, molto di più che un prodotto della storia umana", scrive in quei suoi Ricordi. E questo mondo gli divenne familiare proprio grazie alla mediazione di un benedettino, Anselm Schott abate di Beuron, che aveva pubblicato il messale in lingua tedesca corredandolo di commenti, sì da avvicinare alla comprensione della messa anche un pubblico semplice e intuitivo come quello dei ragazzi. E il cardinale ricordava come egli ricevette appunto "uno Schott per bambini, in cui erano già riportati i testi più importanti della liturgia; poi lo Schott della domenica, in cui la liturgia della domenica e dei giorni festivi era riportata integralmente, e, infine, il messale quotidiano completo". E continuava:  "Ogni nuovo passo che mi faceva entrare più profondamente nella liturgia era per me un grande avvenimento. I volumetti che di volta in volta io ricevevo erano qualcosa di prezioso, come non potevo sognarne di più belli. Era un'avventura avvincente entrare a poco a poco nel misterioso mondo della liturgia". [SM=g1740734] [SM=g1740722] [SM=g1740721]

È questa l'Opus Dei, l'Opera di Dio, la Sua lode
, che occupa un posto privilegiato e primario nella vita del monaco benedettino, sempre memore di quel che san Benedetto afferma nella Regola (capitolo 43, 3):  Nihil Operi Dei praeponatur (all'Opera di Dio non si anteponga nulla). Altamente significativo è il fatto che solo in un altro caso Benedetto adotta lo stesso sintagma nihil praeponere, quando afferma in modo apodittico il primato di Cristo nella vita del monaco (capitolo 4, 21):  Nihil amori Christi praeponere (nulla anteporre all'amore di Cristo).

La preghiera liturgica, l'Opus Dei è lo spazio stesso nel quale Cristo si fa presente in un triplice modo, secondo il pensiero ben noto di sant'Agostino che tanto pervade quello di san Benedetto:  "L'unico salvatore del corpo mistico, il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è colui che prega per noi, che prega in noi e che è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi come nostro Dio" (Expositio in psalmos, 85, 1). Allora ben si comprende quel che scriveva il cardinale Ratzinger, sull'onda dei suoi giovanili ricordi, circa quella lontana eco benedettina con la quale egli avrebbe via via sempre più sintonizzato la sua esperienza di sacerdote, di vescovo e infine di Papa:  "L'inesauribile realtà della liturgia cattolica mi ha accompagnato attraverso tutte le fasi della mia vita; per questo, non posso non parlarne continuamente".
 
Del resto l'infanzia e l'adolescenza del futuro Pontefice trascorsero in un ambiente particolarmente segnato dall'impronta benedettina, e quindi dalla cultura liturgica che la caratterizza, se solo si richiami alla memoria che Traunstein, il piccolo centro abitato dov'egli viveva, nei pressi della frontiera con l'Austria, è situato a soli trenta chilometri da Salisburgo, la città mozartiana per eccellenza, tanto influenzata dalla storica abbazia benedettina di San Pietro, fondata nel secolo vii da san Ruperto apostolo dei bavaresi.

L'Austria e la Baviera sono profondamente marcate dalla presenza di tanti monasteri di regola benedettina, a tal punto che ancor oggi le congregazioni monastiche austriaca e bavarese, che fanno parte della Confederazione dell'Ordine di San Benedetto, comprendono rispettivamente dodici e undici monasteri, alcuni dei quali, come ad esempio Weltenburg in diocesi di Ratisbona, e Scheyern nell'arcidiocesi di Monaco e Frisinga, erano ben conosciuti dal sacerdote e professore di teologia, poi cardinale Ratzinger.

Il contesto nel quale con più ampiezza il cardinale, ormai da diversi anni prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, delineò come in un vasto affresco tutta la sua idea del mondo benedettino, del suo contributo alla civiltà umana e spirituale dell'Europa in particolare, è sicuramente il libro-intervista che dalle sue parole si venne formando proprio a Montecassino nei giorni dal 7 all'11 febbraio dell'anno 2000, uscendo poi l'anno successivo col titolo quasi programmatico:  Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio (Joseph Ratzinger, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, pagine 432, euro 23,69).

Quel segmento di tempo tanto breve quanto intenso fu vissuto, come scrisse nella prefazione lo stesso cardinale Joseph Ratzinger, in un'atmosfera di pace:  "La quiete del monastero, il calore dimostrato dai monaci e dall'abate, l'atmosfera favorevole alla preghiera e la riverente solennità della liturgia ci furono di grande aiuto". Egli rispose in quell'occasione alle tante domande postegli dal giornalista e scrittore Peter Seewald, lasciando così affiorare in quelle pagine la sua visione monastica, le speranze che egli nutriva circa l'attualità dell'ideale di Benedetto.

In primo luogo ciò che colpiva il futuro Papa era la casuale coincidenza temporale - per lui "estremamente significativa" - nell'anno 529, "tra la chiusura dell'Accademia ateniese, simbolo dell'educazione nell'antichità classica, e l'inaugurazione del monastero di Montecassino, che fu, per così dire, l'accademia della cristianità. La chiusura dell'Accademia platonica è il simbolo del declino di un mondo. L'impero romano è in decomposizione, a Occidente è già stato smembrato e non esiste più in quanto tale. Con esso un'intera cultura minaccia di affondare nell'oblio, ma Benedetto la custodisce gelosamente e insieme la fa rinascere, compiendo così un'opera che soddisfa in pieno il motto benedettino:  succisa virescit - ciò che viene reciso germoglia di nuovo. Alla frattura corrisponde in qualche misura un nuovo inizio".

Quando il cardinale Ratzinger alcuni anni dopo assunse, quale successore di Giovanni Paolo II, il nome di Benedetto, è credibile che pensasse anch'egli a "un nuovo inizio". Come san Benedetto egli stesso deve aver intuito la possibilità che la Provvidenza gli offriva di dare al suo pontificato un esordio augurale e profetico, da cui potesse, come sta già avvenendo, scaturire una nuova cultura e una nuova opera di rigenerazione cristiana per il mondo intero.

Non a caso egli era da tempo ben consapevole dell'attualità della Regola di san Benedetto, un viatico esistenziale offerto non solo ai monaci ma a tutti gli uomini ben disposti ad accettarsi, a "dimorare presso di sé", a tacere, ad ascoltare, e perciò a trovare la pace. In quei giorni di serena contemplazione e di proficuo lavoro a Montecassino, nel costruire quel libro-intervista egli riconosceva che "la Regola benedettina è l'esempio lampante del fatto che ciò che davvero rispecchia la natura umana non invecchia", e da vero maestro il cardinale Ratzinger si faceva esegeta finissimo di un testo, la Regola, che ha avuto tanti illustri e santi commentatori.

Egli si aggiungeva al novero di quella schiera, illuminando le prime parole del prologo alla Regola:  Obsculta, o fili, praecepta magistri (Ascolta, o figlio, gl'insegnamenti del maestro), ed esortando con accento magistrale e tono paterno "a recuperare l'idea che l'ascolto faccia parte della vita - visto che il servizio divino è in gran parte permettere a Dio di entrare nella nostra vita e ascoltarlo.

Come disciplina, misura e ordine, così anche ubbidienza e libertà sono inscindibili, e anche la capacità di sopportazione reciproca nel nome della fede non è solo una Regola fondamentale di una comunità monastica ma, assieme a tutti gli altri elementi che abbiamo nominato, è anche ingrediente essenziale di qualsiasi forma di convivenza umana. È una regola radicata nella natura umana e capace di sintetizzare l'essenza umana perché ha guardato e ascoltato al di là dell'umano e ha percepito il divino. L'uomo si umanizza appunto laddove è toccato da Dio". [SM=g1740722] [SM=g1740721]

Come è tutto più chiaro ora, come appare naturale, coerente, espressiva di una diuturna fedeltà al carisma benedettino, la scelta di chiamarsi Benedetto! Quella sera del 19 aprile di cinque anni orsono, restammo felicemente sorpresi per quel nome, che poi è divenuto sempre più e sempre più sarà l'emblema di un Papa che ama contemplare la bellezza di Dio, che vuole farla percepire a noi tutti, e che ha individuato nel messaggio suadente, fermo e dolce al tempo stesso, del patriarca Benedetto, il mezzo per orientare nuovamente l'umanità sulla via dell'ascolto con l'orecchio del cuore, perché tu uomo di questo splendido e tormentato tempo, egli sembra dirci paternamente, ad eum per oboedientiae laborem redeas, a quo per inoboedientiae desidiam recesseras - perché tu possa per la fatica dell'obbedienza ritornare a Colui dal quale ti eri allontanato per l'inerzia della disobbedienza - (Regola, prologo, 2).

È emblematico che tra le ultime parole ufficiali del cardinale Joseph Ratzinger Decano del Sacro Collegio, mentre le condizioni fisiche del Papa Giovanni Paolo II si aggravavano di ora in ora, vi siano quelle dedicate a Benedetto da Norcia, pronunziate il 1° aprile del 2005, a Subiaco, dov'egli ricevette il "Premio San Benedetto" promosso dalla Fondazione "Vita e famiglia".

Egli si rivolgeva all'Europa nella crisi delle culture, a quel continente europeo che l'apostolo della Germania, il monaco san Bonifacio, aveva contribuito a edificare cristianamente nel lontano secolo vIII. Rileggendo quel testo non possiamo non vedervi l'annunzio di una svolta, un presagio di quel varco che il Signore della storia misteriosamente stava aprendo all'orizzonte dell'umanità:  "Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli". [SM=g1740738]

Nell'imminenza della sua venuta a Cassino e Montecassino il 24 maggio, risplendono di viva luce queste parole di speranza del futuro Papa, il primo a essere eletto nel terzo millennio, all'alba di un nuovo mondo, di quella rinnovata civiltà, che egli auspica sia finalmente la civiltà dell'amore.




(©L'Osservatore Romano - 24 maggio 2009)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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23/05/2009 19:55
 
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A colloquio con dom Pietro Vittorelli, abate di Montecassino

Il Papa nel cuore dell'Europa cristiana


di Nicola Gori

L'attesa, la speranza, la gioia per l'arrivo di Benedetto XVI in visita all'abbazia e alla diocesi di Montecassino, domani domenica 24 maggio, trovano eco nell'intervista dell'abate Pietro Vittorelli rilasciata al nostro giornale.

Benedetto XVI si reca a Montecassino portatore dei suoi forti legami con san Benedetto. Come sono finora emersi questi legami nel suo servizio petrino?

Benedetto XVI ha più volte sottolineato, sin dall'inizio del suo pontificato, un radicamento nella spiritualità benedettina riproponendola nei suoi discorsi e nelle sue catechesi che trovano una mirabile sintesi nel nihil amori Christi praeponere, che san Benedetto inserisce nel quarto capitolo della Regola "Sugli strumenti delle buone opere" (4,21) e che il Santo Padre ha più volte citato quasi come un leitmotiv della sua narrazione teologica. Quando la sera del 19 aprile 2005 dalla Loggia delle benedizioni il cardinale Jorge Arturo Medina Estévez annunciava al mondo che era stato eletto Papa il cardinale Ratzinger e che aveva scelto di chiamarsi Benedetto, oltre alla gioia incontenibile di tutto il mondo monastico che a Montecassino si confondeva con il suono delle campane e l'intasamento delle linee telefoniche e della posta elettronica, ad alcuni monaci non sfuggì l'immediato riferimento alla Regola nelle prime parole che dichiaravano il Papa "un umile operaio nella vigna del Signore". Benché chiaro il riferimento evangelico, non sfuggiva la citazione dell'umiltà cara a Benedetto e l'espressione del Prologo alla sua Regola Et quaerens Dominus, in moltitudine populi cui haec clamat, operarium suum (14). Non è mai mancato nell'infaticabile servizio petrino di Benedetto XVI il riferimento alla importanza delle radici cristiane dell'Europa e il servizio reso alla Chiesa in questo dai monaci e dalle monache di san Benedetto. Il Papa non ha però uno sguardo "archeologico" verso il monachesimo benedettino ma ne coglie tutta la vitalità e le prospettive future. Ricevendo in udienza il Congresso mondiale degli abati lo scorso 20 settembre 2008 ebbe a dire:  "Per costruire un'Europa nuova occorre incominciare dalle nuove generazioni", affermò il Papa, per poi allargare lo sguardo all'intera famiglia umana e sottolineare che "in tante parti del mondo, specialmente dell'Asia e dell'Africa, vi è grande bisogno di spazi vitali d'incontro con il Signore, nei quali attraverso la preghiera e la contemplazione si ricuperino la serenità e la pace con se stessi e con gli altri". Ma il testo che a mio avviso rimarrà il "manifesto benedettino" del pontificato di Papa Ratzinger è il magnifico discorso tenuto al College des bernardins nell'incontro con il mondo della cultura. Introdusse:  "Vorrei parlarvi stasera delle origini della teologia occidentale e delle radici della cultura europea" e con la maestria teologica che gli è propria e con il cuore di monaco ha intessuto il canto più bello sul quaerere Deum.

Il richiamo a san Benedetto attualizza anche la riflessione sull'Europa. Pensa che la visita di Benedetto XVI abbia un significato per l'intero continente alla ricerca delle sue radici cristiane?

La visita di un Papa di nome Benedetto nella culla del monachesimo occidentale, nel luogo che hanno rispecchiato gli occhi di san Benedetto, da dove è partito l'impulso di una nuova evangelizzazione per il continente europeo non potrà non avere un'eco nell'Europa contemporanea. Il Papa riaffermerà l'importanza per l'uomo contemporaneo di riappropriarsi di una ferialità, di una normalità che nella quotidianità benedettina dell'ora et labora et lege può continuare a costruire l'uomo. "Nei vostri monasteri, voi per primi rinnovate e approfondite quotidianamente l'incontro con la persona del Cristo, che avete sempre con voi come ospite, amico e compagno. Per questo i vostri conventi sono luoghi dove uomini e donne, anche nella nostra epoca, accorrono per cercare Dio e imparare a riconoscere i segni della presenza di Cristo, della sua carità, della sua misericordia":  così ebbe a dire nell'ultima udienza concessa agli abati benedettini riuniti in congresso mondiale.

La diocesi di Montecassino è storicamente dipendente dagli abati dell'abbazia. Nello sviluppo della pastorale diocesana ciò comporta delle difficoltà?

La diocesi di Montecassino è Montecassino e Montecassino è la sua diocesi. Il legame indissolubile che ha unito le nostre parrocchie e le nostre popolazioni al monastero e ai suoi abati ha quindici secoli di storia, nasce con l'arrivo di san Benedetto stesso nel vi secolo e nei secoli successivi ha subito modifiche con gli adattamenti che i mutati tempi richiedevano e che la saggezza di tanti abati miei predecessori ha saputo armonizzare. Oggi la nostra diocesi dopo un lungo cammino di Sinodo ha attuato tutte le istanze del Vaticano ii. Le difficoltà ci sono state quando per un lungo periodo si è vissuta con sofferenza l'indecisione sul futuro della stessa abbazia territoriale. Quel periodo creò tanto disagio nel clero per il loro futuro e soprattutto nei fedeli così legati alla loro matrice benedettina. Oggi che la Santa Sede ha confermato una ritrovata stabilità con la nomina di un nuovo abate e ordinario diocesano la vita di questa piccola ma significativa Chiesa diocesana ha ripreso il suo secolare cammino conservando nel suo cuore la forza orante di una comunità monastica e nelle sue membra la testimonianza appassionata di tanti presbiteri cresciuti alla scuola di Benedetto. Il piano pastorale che abbiamo inaugurato lo scorso anno come Chiesa diocesana prevede un percorso quinquennale di riflessione sulla Parola di Dio.

L'abbazia di Montecassino è indiscutibilmente un punto di riferimento per il monachesimo occidentale. Cosa rappresenta oggi per l'Ordine e per la vita contemplativa?

Montecassino rimane la casa madre di tutti i benedettini. Da tutto il mondo è costante il passaggio di monaci e monache sulla tomba dei santi Benedetto e Scolastica e certamente Montecassino rappresenta per tutti il cuore dell'esperienza di san Benedetto. Fu lo stesso Santo Padre che nell'udienza generale del 9 aprile 2008 presentando la figura di san Benedetto ebbe a dire:  "La vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d'essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita". Così giustificava autorevolmente il passaggio di san Benedetto da Subiaco, che rimane l'altro grande cuore benedettino, a Montecassino, che dell'esperienza di Benedetto è appunto la visibilità della fede come forza di vita.

La spiritualità benedettina influisce sulla vita religiosa dei fedeli della diocesi?

I fedeli della diocesi sono totalmente imbevuti di spiritualità benedettina. Molti dei nostri bravi sacerdoti sono stati formati da monaci quando ancora il seminario era in monastero. L'attenzione alla liturgia, il gusto per il canto corale, il suono della campana all'Angelus tre volte al giorno in ogni nostra parrocchia, il gusto per la Parola di Dio, il pellegrinaggio notturno a Montecassino per la veglia di Pentecoste. Pensi che una piccola diocesi come la nostra conta 25 corali parrocchiali che ogni anno ascoltiamo in una rassegna sempre molto attesa, con una continua riscoperta del canto gregoriano e della tradizione polifonica che agli inizi del '900 ebbe in alcuni nostri monaci dei mirabili promotori:  dom Mariano Iaccarino e dom Luigi De Sario furono maestri per molti. Ogni anno per la festa di san Benedetto del 21 marzo si celebra una vera e propria giornata per l'Europa e proprio per riscoprire le radici benedettine quindici anni fa è stato fondato il corteo storico Terra Sancti Benedicti che ogni anno coinvolge cinquecento persone, per lo più giovani, che rievocano i tempi dell'abate Bernardo Ayglerio tra xIII e xiv secolo, con ricerche storiche e di costume. Abbiamo poi la scuola cattolica san Benedetto che in città i monaci gestiscono insieme alle suore di Carità di santa Giovanna Antida Thouret e che ospita cinquecento alunni, dalla scuola dell'infanzia fino al liceo classico.

Le figure di Benedetto e Scolastica richiamano pellegrini anche di altre fedi?

Spesso abbiamo ospitato monaci buddisti che hanno voluto conoscere la nostra forma di vita. Non sono mancate visite di musulmani anche illustri:  penso alla visita di re Abdullah ii Bin Hussein di Giordania. Suo nonno aveva combattuto qui a Montecassino durante la seconda guerra mondiale e al presidente dell'Iran Khatami. Tanti gli amici ebrei, soprattutto della comunità romana.

Montecassino è anche un luogo che ricorda gli orrori della guerra. I suoi monaci e la diocesi sono impegnati per la pace?

Pochi decenni fa, la morte e la distruzione che sono piombati sull'abbazia e sul territorio hanno devastato migliaia di vite umane qui, attorno a noi. Queste terre hanno risuonato delle grida di dolore e delle lacrime di famiglie e individui disperati. Tutto questo ha determinato monastero e diocesi a un lavoro continuo di costruzione della pace. Un impegno rinnovato ogni anno negli anniversari del bombardamento dell'abbazia e della città con gli inviti ai reduci che ancora quest'anno sono tornati per riaffermare il desiderio di pace.


(©L'Osservatore Romano - 24 maggio 2009)
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24/05/2009 12:38
 
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Sorriso  da Montecassino 24.5.2009
...gli abiti indossati dal Pontefice sono un dono della Diocesi e riprendono i ricami e disegni di abiti liturgici antichi in uso nella stessa diocesi....
il Trono con il baldacchino sono del 1700, conservati nell'Abbazia e ricamato interamente a mano dalle monache di Avezzano
...[SM=g1740734]

Monteccassino Benedict XVI 



Montecassino Abbazia Benedetto XVI






il Papa ha donato alla Vergine una corona del Rosario[SM=g1740717]





 Sorriso




[SM=g1740738] [SM=g1740738] [SM=g1740738] [SM=g1740738] [SM=g1740738] [SM=g1740738]

 OMELIA DEL SANTO PADRE[SM=g1740733]


Cari fratelli e sorelle!


"Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra" (At 1,8). Con queste parole, Gesù si congeda dagli Apostoli, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura. Subito dopo l’autore sacro aggiunge che "mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi" (At 1,9). E’ il mistero dell’Ascensione, che quest’oggi solennemente celebriamo. Ma cosa intendono comunicarci la Bibbia e la liturgia dicendo che Gesù "fu elevato in alto"? Si comprende il senso di questa espressione non a partire da un unico testo, neppure da un unico libro del Nuovo Testamento, ma nell'attento ascolto di tutta la Sacra Scrittura.

L’uso del verbo "elevare" è in effetti di origine veterotestamentaria, ed è riferito all'insediamento nella regalità. L’Ascensione di Cristo significa dunque, in primo luogo, l'insediamento del Figlio dell'uomo crocifisso e risorto nella regalità di Dio sul mondo.

C’è però un senso più profondo non percepibile immediatamente. Nella pagina degli Atti degli Apostoli si dice dapprima che Gesù fu "elevato in alto" (v. 9), e dopo si aggiunge che "è stato assunto" (v. 11). L'evento è descritto non come un viaggio verso l'alto, bensì come un’azione della potenza di Dio, che introduce Gesù nello spazio della prossimità divina. La presenza della nuvola che "lo sottrasse ai loro occhi" (v. 9), richiama un'antichissima immagine della teologia veterotestamentaria, ed inserisce il racconto dell'Ascensione nella storia di Dio con Israele, dalla nube del Sinai e sopra la tenda dell'alleanza del deserto, fino alla nube luminosa sul monte della Trasfigurazione. Presentare il Signore avvolto nella nube evoca in definitiva il medesimo mistero espresso dal simbolismo del "sedere alla destra di Dio".

Nel Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell'intimità di Dio; l'uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il "cielo" non indica un luogo sopra le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indica Cristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e uomo sono per sempre inseparabilmente uniti. E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui. Pertanto, 1'odierna solennità dell’Ascensione ci invita a una comunione profonda con Gesù morto e risorto, invisibilmente presente nella vita di ognuno di noi.


In questa prospettiva comprendiamo perché l’evangelista Luca affermi che, dopo l'Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme "pieni di gioia" (24,52). La causa della loro gioia sta nel fatto che quanto era accaduto non era stato in verità un distacco: anzi essi avevano ormai la certezza che il Crocifisso- Risorto era vivo, ed in Lui erano state per sempre aperte all’umanità le porte della vita eterna. In altri termini, la sua Ascensione non ne comportava la temporanea assenza dal mondo, ma piuttosto inaugurava la nuova, definitiva ed insopprimibile forma della sua presenza, in virtù della sua partecipazione alla potenza regale di Dio. Toccherà proprio a loro, ai discepoli, resi arditi dalla potenza dello Spirito Santo, renderne percepibile la presenza con la testimonianza, la predicazione e l’impegno missionario.
 
La solennità dell'Ascensione del Signore dovrebbe colmare anche noi di serenità e di entusiasmo, proprio come avvenne per gli Apostoli che dal Monte degli Ulivi ripartirono "pieni di gioia". Come loro, anche noi, accogliendo l’invito dei "due uomini in bianche vesti", non dobbiamo rimanere a fissare il cielo, ma, sotto la guida dello Spirito Santo, dobbiamo andare dappertutto e proclamare l’annuncio salvifico della morte e risurrezione del Cristo. Ci accompagnano e ci sono di conforto le sue stesse parole, con le quali si chiude il Vangelo secondo san Matteo: "Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19).


Cari fratelli e sorelle, il carattere storico del mistero della risurrezione e dell’ascensione del Cristo ci aiuta a riconoscere e a comprendere la condizione trascendente ed escatologica della Chiesa, la quale non è nata e non vive per supplire all’assenza del suo Signore "scomparso", ma piuttosto trova la ragione del suo essere e della sua missione nell’invisibile presenza di Gesù operante con la potenza del suo Spirito. In altri termini, potremmo dire che la Chiesa non svolge la funzione di preparare il ritorno di un Gesù "assente", ma, al contrario, vive ed opera per proclamarne la "presenza gloriosa" in maniera storica ed esistenziale. Dal giorno dell’Ascensione, ogni comunità cristiana avanza nel suo itinerario terreno verso il compimento delle promesse messianiche, alimentata dalla Parola di Dio e nutrita dal Corpo e Sangue del suo Signore. Questa è la condizione della Chiesa – ricorda il Concilio Vaticano II - mentre "prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e morte del Signore fino a che Egli venga" (Lumen gentium, 8).


Fratelli e sorelle di questa cara Comunità diocesana, l’odierna solennità ci esorta a rinsaldare la nostra fede nella reale presenza di Gesù; senza di Lui nulla possiamo compiere di efficace nella nostra vita e nel nostro apostolato. E’ Lui, come ricorda l’apostolo Paolo nella seconda lettura, che "ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri per compiere il ministero allo scopo di edificare il corpo di Cristo" cioè la Chiesa. E ciò per giungere "all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio", essendo la comune vocazione di tutti formare "un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza a cui siamo chiamati" (Ef 4,11-13.14).

In quest’ottica si colloca l’odierna mia visita che, come ha ricordato il vostro Pastore, ha l’obbiettivo di incoraggiarvi a "costruire, fondare e riedificare" costantemente la vostra Comunità diocesana su Cristo. Come? Ce lo indica lo stesso san Benedetto, che raccomanda nella sua Regola di niente anteporre a Cristo: "Christo nihil omnino praeponere" (LXII,11).


Rendo pertanto grazie a Dio per il bene che sta realizzando la vostra Comunità sotto la guida del suo Pastore, il Padre Abate Dom Pietro Vittorelli, che saluto con affetto e ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Con lui saluto la Comunità monastica, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose presenti. Saluto le Autorità civili e militari, in primo luogo il Sindaco a cui sono grato per l’indirizzo di benvenuto, con cui mi ha accolto all’arrivo in questa Piazza Miranda, che da oggi porterà il mio nome. Saluto i catechisti, gli operatori pastorali, i giovani e quanti in vario modo si prendono cura della diffusione del Vangelo in questa terra carica di storia, che ha conosciuto durante la seconda guerra mondiale momenti di grande sofferenza. Ne sono silenziosi testimoni i tanti cimiteri che circondano la vostra risorta città, tra i quali ricordo in particolare quello polacco, quello tedesco e quello del Commonwealth. Il mio saluto si estende infine a tutti gli abitanti di Cassino e dei centri vicini: a ciascuno, specialmente agli ammalati e ai sofferenti, giunga l’assicurazione del mio affetto e della mia preghiera.


Cari fratelli e sorelle, sentiamo echeggiare in questa nostra celebrazione l’appello di san Benedetto a mantenere il cuore fisso sul Cristo, a nulla anteporre a Lui. Questo non ci distrae, al contrario ci spinge ancor più ad impegnarci nel costruire una società dove la solidarietà sia espressa da segni concreti.

Ma come? La spiritualità benedettina, a voi ben nota, propone un programma evangelico sintetizzato nel motto: ora et labora et lege, la preghiera, il lavoro, la cultura. Innanzitutto la preghiera, che è la più bella eredità lasciata da san Benedetto ai monaci, ma anche alla vostra Chiesa particolare: al vostro Clero, in gran parte formato nel Seminario diocesano, per secoli ospitato nella stessa Abbazia di Montecassino, ai seminaristi, ai tanti educati nelle scuole e nei "ricreatori" benedettini e nelle vostre parrocchie, a tutti voi che vivete in questa terra. Elevando lo sguardo da ogni paese e contrada della diocesi, potete ammirare quel richiamo costante al cielo che è il monastero di Montecassino, al quale salite ogni anno in processione alla vigilia di Pentecoste.

La preghiera, a cui ogni mattina la campana di san Benedetto con i suoi gravi rintocchi invita i monaci, è il sentiero silenzioso che ci conduce direttamente nel cuore di Dio; è il respiro dell’anima che ci ridona pace nelle tempeste della vita. Inoltre, alla scuola di san Benedetto, i monaci hanno sempre coltivato un amore speciale per la Parola di Dio nella lectio divina, diventata oggi patrimonio comune di molti. So che la vostra Chiesa diocesana, facendo proprie le indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana, dedica grande cura all’approfondimento biblico, ed anzi ha inaugurato un itinerario di studio delle Sacre Scritture, consacrato quest’anno all’evangelista Marco e che proseguirà nel prossimo quadriennio per concludersi, a Dio piacendo, con un pellegrinaggio diocesano in Terra Santa. Possa l’attento ascolto della Parola divina nutrire la vostra preghiera e rendervi profeti di verità e di amore in un corale impegno di evangelizzazione e di promozione umana.


Altro cardine della spiritualità benedettina è il lavoro. Umanizzare il mondo lavorativo è tipico dell’anima del monachesimo, e questo è anche lo sforzo della vostra Comunità che cerca di stare a fianco dei numerosi lavoratori della grande industria presente a Cassino e delle imprese ad essa collegate. So quanto sia critica la situazione di tanti operai. Esprimo la mia solidarietà a quanti vivono in una precarietà preoccupante, ai lavoratori in cassa-integrazione o addirittura licenziati.

La ferita della disoccupazione che affligge questo territorio induca i responsabili della cosa pubblica, gli imprenditori e quanti ne hanno la possibilità a ricercare, con il contributo di tutti, valide soluzioni alla crisi occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle famiglie. A questo proposito, come non ricordare che la famiglia ha oggi urgente bisogno di essere meglio tutelata, poiché è fortemente insidiata nelle radici stesse della sua istituzione? Penso poi ai giovani che fanno fatica a trovare una degna attività lavorativa che permetta loro di costruirsi una famiglia. Ad essi vorrei dire: non scoraggiatevi, cari amici, la Chiesa non vi abbandona! So che ben 25 giovani della vostra Diocesi hanno partecipato alla scorsa Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney: facendo tesoro di quella straordinaria esperienza spirituale, siate lievito evangelico tra i vostri amici e coetanei; con la forza dello Spirito Santo, siate i nuovi missionari in questa terra di san Benedetto!


Appartiene infine alla vostra tradizione anche l’attenzione al mondo della cultura e dell’educazione. Il celebre Archivio e la Biblioteca di Montecassino raccolgono innumerevoli testimonianze dell’impegno di uomini e donne che hanno meditato e ricercato come migliorare la vita spirituale e materiale dell’uomo. Nella vostra Abbazia si tocca con mano il "quaerere Deum", il fatto cioè che la cultura europea è stata la ricerca di Dio e la disponibilità al suo ascolto. E questo vale anche nel nostro tempo. So che voi state operando con questo stesso spirito nell’Università e nelle scuole, perché diventino laboratori di conoscenza, di ricerca, di passione per il futuro delle nuove generazioni.

So pure che, in preparazione a questa mia visita, avete tenuto un recente convegno sul tema dell’educazione per sollecitare in tutti la viva determinazione a trasmettere ai giovani i valori irrinunciabili del nostro patrimonio umano e cristiano. Nell’odierno sforzo culturale teso a creare un nuovo umanesimo, fedeli alla tradizione benedettina voi intendete giustamente sottolineare anche l’attenzione all’uomo fragile, debole, alle persone disabili e agli immigrati. E vi sono grato che mi diate la possibilità di inaugurare quest’oggi la "Casa della Carità", dove si costruisce con i fatti una cultura attenta alla vita.


Cari fratelli e sorelle! Non è difficile percepire che la vostra Comunità, questa porzione di Chiesa che vive attorno a Montecassino, è erede e depositaria della missione, impregnata dello spirito di san Benedetto, di proclamare che nella nostra vita nessuno e nulla devono togliere a Gesù il primo posto; la missione di costruire, nel nome di Cristo, una nuova umanità all’insegna dell’accoglienza e dell’aiuto ai più deboli. Vi aiuti e vi accompagni il vostro santo Patriarca, con santa Scolastica sua sorella; vi proteggano i santi Patroni e soprattutto Maria, Madre della Chiesa e Stella della nostra speranza.

Amen!



[SM=g1740738]

perdonate le foto, ma il collegamento oggi è così...



Anche il Crocefisso proviene dall'Abbazia, mentre la statua della Vergine proviene dalla Diocesi....



 Sorriso


[SM=g1740680]

[Modificato da Caterina63 24/05/2009 19:22]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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24/05/2009 18:55
 
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 Vespri....tutto stupendo!!! e avete NOTATO L'ALTARE? NON HA DAVANTI L'ALTARE MODERNO.... Occhiolino
queste le foto che sono riuscita a catturare....





come potete notare dalle immagini...E' STATO LETTO e firmato da Benedetto XVI il "Rogito" dell'avvenuta visita...e dei Vespri solenni cantati.... Sorriso






 Sorriso
Fraternamente CaterinaLD

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Sorriso
Ecco il testo integrale dell’omelia del Papa per i Vespri:

 

Cari fratelli e sorelle della grande Famiglia benedettina!

 

Quasi a conclusione dell’odierna mia visita, mi è particolarmente gradito sostare in questo luogo sacro, in questa Abbazia, quattro volte distrutta e ricostruita, l’ultima volta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale di 65 anni fa. “Succisa virescit”: le parole del suo nuovo stemma ne indicano bene la storia. Montecassino, come secolare quercia piantata da san Benedetto, è stata “sfrondata” dalla violenza della guerra, ma è risorta più vigorosa. Più di una volta ho avuto modo anch’io di godere dell’ospitalità dei monaci, e in questa Abbazia ho trascorso momenti indimenticabili di quiete e di preghiera. Questa sera vi siamo entrati cantando le Laudes regiae per celebrare insieme i Vespri della solennità dell’Ascensione di Gesù. A ciascuno di voi esprimo la gioia di condividere questo momento di preghiera, salutandovi tutti con affetto, grato per l’accoglienza che avete riservato a me e a quanti mi accompagnano in questo pellegrinaggio apostolico. In particolare, saluto l’Abate Dom Pietro Vittorelli, che si è fatto interprete dei vostri comuni sentimenti. Estendo il mio saluto agli Abati, alle Abbadesse e alle comunità benedettine qui presenti.

 

Oggi la liturgia ci invita a contemplare il mistero dell’Ascensione del Signore. Nella breve lettura, tratta dalla Prima Lettera di Pietro, siamo stati esortati a fissare lo sguardo sul nostro Redentore, che è morto “una volta per sempre per i peccati” per ricondurci a Dio, alla cui destra si trova “dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze” (cfr 1 Pt 3, 18.22). “Elevato in alto” e reso invisibile agli occhi dei suoi discepoli, Gesù non li ha tuttavia abbandonati: infatti, “messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito” (1 Pt 3,18), Egli è ora presente in modo nuovo, interiore nei credenti, ed in Lui la salvezza è offerta ad ogni essere umano senza differenza di popolo, lingua e cultura. La Prima Lettera di Pietro contiene precisi riferimenti agli eventi cristologici fondamentali della fede cristiana. La preoccupazione dell’Apostolo è quella di porre in luce la portata universale della salvezza in Cristo. Analogo assillo troviamo in san Paolo, del quale stiamo celebrando il bimillenario della nascita, che alla comunità di Corinto scrive: “Egli (il Cristo) è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2 Cor 5, 15).

 

Non vivere più per se stessi, ma per Cristo: ecco ciò che dà senso pieno alla vita di chi si lascia conquistare da Lui. Lo manifesta chiaramente la vicenda umana e spirituale di san Benedetto, che, abbandonato tutto, si pose alla fedele sequela di Gesù. Incarnando nella propria esistenza il Vangelo, è diventato iniziatore d’un vasto movimento di rinascita spirituale e culturale in Occidente. Vorrei qui fare cenno a un evento straordinario della sua vita, di cui riferisce il biografo san Gregorio Magno e a voi certamente ben noto. Si potrebbe quasi dire che anche il santo Patriarca fu “elevato in alto” in una indescrivibile esperienza mistica. La notte del 29 ottobre del 540, – si legge nella biografia – mentre, affacciato alla finestra, “con gli occhi fissi su delle stelle s’internava nella divina contemplazione, il santo sentiva che il cuore gli si infiammava… Per lui il firmamento stellato era come la cortina ricamata che svelava il Santo dei Santi. Ad un certo punto l’anima sua si sentì trasportata dall’altra parte del velo, per contemplare svelatamente il volto di Colui che abita entro una luce inaccessibile” (cfr A.I. Schuster, Storia di san Benedetto e dei suoi tempi, Ed. Abbazia di Viboldone, Milano, 1965, p. 11 e ss.). Di certo, analogamente a quanto avvenne per Paolo dopo il suo rapimento in cielo, anche per san Benedetto, a seguito proprio di tale straordinaria esperienza spirituale, dovette iniziare una vita nuova. Se infatti la visione fu passeggera, gli effetti rimasero, la stessa sua fisionomia – riferiscono i biografi – ne risultò modificata, il suo aspetto restò sempre sereno e il portamento angelico e, pur vivendo sulla terra, si capiva che con il cuore era già in Paradiso.

 

San Benedetto ricevette questo dono divino non certo per soddisfare la sua curiosità intellettuale, ma piuttosto perché il carisma di cui Iddio lo aveva dotato avesse la capacità di riprodurre nel monastero la vita stessa del cielo e ristabilirvi l’armonia del creato mediante la contemplazione e il lavoro. Giustamente, pertanto, la Chiesa lo venera come “eminente maestro di vita monastica” e “dottore di sapienza spirituale nell’amore alla preghiera e al lavoro”; “fulgida guida di popoli alla luce del Vangelo” che “innalzato al cielo per una strada luminosa” insegna agli uomini di tutti i tempi a cercare Dio e le ricchezze eterne da Lui preparate (cfr Prefazio del Santo nel supplemento monastico al MR, 1980, 153).

 

Sì, Benedetto fu esempio luminoso di santità e indicò ai monaci come unico grande ideale Cristo; fu maestro di civiltà che, proponendo un’equilibrata ed adeguata visione delle esigenze divine e delle finalità ultime dell’uomo, tenne sempre ben presenti anche le necessità e le ragioni del cuore, per insegnare e suscitare una fraternità autentica e costante, perché nel complesso dei rapporti sociali non si perdesse di mira un’unità di spirito capace di costruire ed alimentare sempre la pace. Non a caso è la parola Pax ad accogliere i pellegrini e i visitatori alle porte di questa Abbazia, ricostruita dopo l’immane disastro del secondo conflitto mondiale; essa si eleva come silenzioso monito a rigettare ogni forma di violenza per costruire la pace: nelle famiglie, nelle comunità, tra i popoli e nell’intera umanità. San Benedetto invita ogni persona che sale su questo Monte a cercare la pace e a seguirla: “inquire pacem et sequere eam (Ps. 33,14-15)” (Regola, Prologo, 17).

 

Alla sua scuola i monasteri sono diventati, nel corso dei secoli, fervidi centri di dialogo, di incontro e di benefica fusione tra genti diverse, unificate dalla cultura evangelica della pace. I monaci hanno saputo insegnare con la parola e con l’esempio l’arte della pace attuando in modo concreto i tre “vincoli” che Benedetto indica come necessari per conservare l’unità dello Spirito tra gli uomini: la Croce, che è la legge stessa di Cristo; il libro e cioè la cultura; e l’aratro, che indica il lavoro, la signoria sulla materia e sul tempo. Grazie all’attività dei monasteri, articolata nel triplice impegno quotidiano della preghiera, dello studio e del lavoro, interi popoli del continente europeo hanno conosciuto un autentico riscatto e un benefico sviluppo morale, spirituale e culturale, educandosi al senso della continuità con il passato, all’azione concreta per il bene comune, all’apertura verso Dio e la dimensione trascendente. Preghiamo perché l’Europa sappia sempre valorizzare questo patrimonio di principi e di ideali cristiani che costituisce un’immensa ricchezza culturale e spirituale.

 

Ciò è possibile però soltanto se si accoglie il costante insegnamento di san Benedetto, ossia il “quaerere Deum”, cercare Dio, come fondamentale impegno dell’uomo. L’essere umano non realizza appieno sé stesso, non può essere veramente felice senza Dio. Tocca in particolare a voi, cari monaci, essere esempi viventi di questa interiore e profonda relazione con Lui, attuando senza compromessi il programma che il vostro Fondatore ha sintetizzato nel “nihil amori Christi praeponere”, “nulla anteporre all’amore di Cristo” (Regola 4,21). In questo consiste la santità, proposta valida per ogni cristiano, più che mai nella nostra epoca, in cui si avverte la necessità di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali. Per questo, cari fratelli e sorelle, è quanto mai attuale la vostra vocazione ed è indispensabile la vostra missione di monaci.

 

Da questo luogo, dove riposano le sue spoglie mortali, il santo Patrono d’Europa continua ad invitare tutti a proseguire la sua opera di evangelizzazione e di promozione umana. Incoraggia in primo luogo voi, cari monaci, a restare fedeli allo spirito delle origini e ad essere interpreti autentici del suo programma di rinascita spirituale e sociale. Vi conceda questo dono il Signore, per intercessione del vostro Santo Fondatore, della sorella santa Scolastica e dei Santi e Sante dell’Ordine. E la celeste Madre del Signore, che oggi invochiamo quale “Aiuto dei cristiani”, vegli su di voi e protegga questa Abbazia e tutti i vostri monasteri, come pure la comunità diocesana che vive attorno a Montecassino.

Amen!

[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717] 

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/05/2009 18:08
 
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Al Regina caeli la preghiera di Benedetto XVI per i cattolici in Cina

La pace è dono di Dio
affidato all'impegno umano


Conclusa la celebrazione eucaristica Benedetto XVI, prima della recita della preghiera mariana del Regina caeli, ha rivolto particolari espressioni di saluto ai numerosi gruppi di fedeli presenti, giunti, oltreché dall'Italia, da diversi Paesi. Un pensiero particolare il Papa ha avuto per i cattolici cinesi, invitandoli a rinnovare la loro "comunione di fede in Cristo e di fedeltà al Successore di Pietro".

Cari fratelli e sorelle!
Ogni volta che celebriamo la Santa Messa, sentiamo echeggiare nel cuore le parole che Gesù affidò ai discepoli nell'Ultima Cena come un dono prezioso:  "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Gv 14, 27). Quanto bisogno ha la comunità cristiana e l'intera umanità di assaporare appieno la ricchezza e la potenza della pace di Cristo!

San Benedetto ne è stato grande testimone, perché l'ha accolta nella sua esistenza e l'ha fatta fruttificare in opere di autentico rinnovamento culturale e spirituale. Proprio per questo, all'ingresso dell'Abbazia di Montecassino e di ogni altro monastero benedettino, è posta come motto la parola "PAX":  la comunità monastica, infatti, è chiamata a vivere secondo questa pace, che è dono pasquale per eccellenza.

Come sapete, nel mio recente viaggio in Terra Santa mi sono fatto pellegrino di pace, e oggi - in questa terra segnata dal carisma benedettino - mi è data l'occasione per sottolineare, ancora una volta, che la pace è in primo luogo dono di Dio, e dunque la sua forza sta nella preghiera.

È dono affidato, però, all'impegno umano. Anche l'energia necessaria per attuarlo si può attingere dalla preghiera. È pertanto fondamentale coltivare un'autentica vita di preghiera per assicurare il progresso sociale nella pace. Ancora una volta la storia del monachesimo ci insegna che una grande crescita di civiltà si prepara nel quotidiano ascolto della Parola di Dio, che spinge i credenti ad un sforzo personale e comunitario di lotta contro ogni forma di egoismo e di ingiustizia.

Solo imparando, con la grazia di Cristo, a combattere e vincere il male dentro di sé e nelle relazioni con gli altri, si diventa autentici costruttori di pace e di progresso civile. La Vergine Maria, Regina della Pace, aiuti tutti i cristiani, nelle diverse vocazioni e situazioni di vita, ad essere testimoni della pace, che Cristo ci ha donato e ci ha lasciato come missione impegnativa da realizzare dappertutto.

Oggi, 24 maggio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani - che è venerata con grande devozione nel santuario di Sheshan a Shanghai -, si celebra la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina. Il mio pensiero va a tutto il Popolo cinese. In particolare saluto con grande affetto i cattolici in Cina e li esorto a rinnovare in questo giorno la loro comunione di fede in Cristo e di fedeltà al Successore di Pietro. La nostra comune preghiera ottenga un'effusione dei doni dello Spirito Santo, affinché l'unità fra tutti i cristiani, la cattolicità e l'universalità della Chiesa siano sempre più profonde e visibili. 



 
E infine saluto con grande affetto voi tutti, abitanti di Cassino e del suo territorio! Vi ringrazio per la vostra accoglienza, in particolare quanti avete in diversi modi collaborato alla preparazione della mia visita. La Madonna vegli sempre su di voi e vi dia la forza di perseverare nel bene. Un pensiero speciale rivolgo anche ai ragazzi della Diocesi di Genova, radunati in questo momento a Roma, in Piazza San Pietro, per festeggiare la loro Cresima. In questa domenica, in cui si celebra la Giornata delle comunicazioni sociali, con fiducia filiale invochiamo Maria Ausiliatrice con la preghiera del Regina caeli. Grazie di cuore!



(©L'Osservatore Romano - 25-26 maggio 2009)


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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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26/05/2009 06:51
 
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Preghiera del Papa al Cimitero militare polacco di Montecassino

Per i Caduti di tutte le Guerre e di tutte le Nazioni



CASSINO, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della preghiera recitata questa domenica da Benedetto XVI durante una visita privata al Cimitero militare polacco di Montecassino.

   * * * 

O Dio, nostro Padre,

fonte inesauribile di vita e di pace,

accogli nel tuo abbraccio misericordioso

i caduti della guerra che qui ha infuriato,

i caduti di ogni guerra che ha insanguinato la terra.

Concedi loro di godere la luce senza tramonto,

che nella fede hanno intravisto e desiderato

durante il loro pellegrinaggio terreno.

Tu, che in Gesù Cristo, tuo Figlio,

hai offerto all’umanità sofferente

la più alta testimonianza del tuo amore,

e mediante la sua Croce hai redento il mondo

dal dominio del peccato e della morte,

dona a quanti ancora soffrono

a causa di guerre fratricide

la forza della speranza invincibile,

il coraggio di quotidiane azioni di pace,

l’operosa fiducia nella civiltà dell’amore.

Effondi il tuo Spirito Santo Paraclito

sugli uomini del nostro tempo,

affinché comprendano che la pace

è più preziosa di ogni tesoro corruttibile,

e lavorino tutti insieme instancabilmente

per preparare alle nuove generazioni

un mondo dove regnino la giustizia e la pace.

Padre buono e misericordioso

fa’ di noi, tuoi figli in Cristo,

perseveranti costruttori della pace

e servitori infaticabili della vita,

dono inestimabile del tuo amore.

Amen.


[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]
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