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LA CHIESA NON PUO' DARE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI PERCHE' LI AMA

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2014 13:43
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10/06/2009 00:28
 
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Altro caso in cui la Chiesa NON può dare la Comunione....

Un sacerdote risponde

Io e il mio ragazzo siamo conviventi, e siamo rimasti molto male per il fatto che il prete si è rifiutato di darci la Comunione

Quesito

Caro padre Angelo,
Io e il mio ragazzo stiamo facendo il corso prematrimoniale all'istituto “...”, ci sposeremo a luglio 2009 e abbiamo chiesto al prete che ci sta facendo il corso di sposarci.
Se non che è nato un problema con lui.
Io e il mio ragazzo siamo conviventi, né io né lui siamo stati sposati prima ma stiamo affrontando un periodo di prova prematrimoniale.
Il prete si è rifiutato alla messa di sabato scorso di darci l'eucarestia rispedendoci a posto. Nessuna spiegazione né prima né dopo. Il mio ragazzo c'è rimasto molto male. Ha addirittura pianto, ha detto che avrebbe almeno potuto dirci due parole prima della funzione dato che presenziavano tutte le altre coppie del corso. Lei cosa ne pensa?





Risposta del sacerdote

Carissima,

1. probabilmente non sei al corrente della dottrina della Chiesa sull’ammissione alla Santa Comunione.
La Santa Comunione va fatta nella maniera più pura.
Ti ricordo quanto dice San Paolo in 1 Cor 11, 27-30: “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.
Quando la Chiesa non ammette alcune persone alla Santa Comunione non lo fa per esercitare un dispotismo nei loro confronti, ma per un atto di misericordia: vuole che non si danneggino da se stessi.

2. Il Codice di diritto Canonico dice che non si può dare la Comunione a chi ostinatamente persevera in peccato grave manifesto (can. 915).
La convivenza di due persone che si comportano fra loro come fossero marito e moglie rientra nel caso di chi ostinatamente persevera in peccato grave manifesto.
La convivenza infatti tra le sue componenti ha anche la relazione sessuale, e questa, compiuta fuori del matrimonio, è al di fuori del progetto di Dio e la svuota del suo vero significato.
Secondo il progetto di Dio l’atto sessuale è il segno della donazione totale dei due, che ormai si appartengono irreversibilmente l’uno all’altro.

Ma i conviventi sanno di non appartenersi l’un l’altro in questo modo. Anzi, scelgono la convivenza proprio per evitare la definitività che il matrimonio comporta.
E tuttavia compiono gli atti che sono propri ed esclusivi del matrimonio.
C’è una finzione in quell’atto.
Inoltre questa finzione aumenta per il fatto che l’atto sessuale viene svuotato del suo intrinseco ordinamento alla procreazione.
Per questo Giovanni Paolo II diceva che i rapporti prematrimoniali sono menzogneri, e cioè una bugia.

3. I conviventi sanno di non appartenersi. E per questo chiamano il proprio socio o la propria socia “compagno” o “compagna”.
Sanno benissimo che essere sposi è una cosa diversa. Sanno di non esserlo. E con la convivenza escludono, almeno per ora, di esserlo.
In poche parole, sanno che col matrimonio diventano davvero uno proprietà dell’altro.
Ed è per questo che il gesto sessuale non corrisponde alla realtà delle cose, ma è una deformazione e una profanazione di quanto è tipico degli sposi.
Proprio perché non è vissuto secondo il disegno di Dio è un peccato grave.

4. La perseveranza in questo comportamento oggettivamente e manifestamente peccaminoso preclude la possibilità di accostarvi alla Santa Comunione con le disposizioni dovute.
Con un peccato del genere, voi avreste dovuto confessarvi prima di accostarvi alla Comunione. E in tal caso il sacerdote vi avrebbe detto che non poteva darvi l’assoluzione se voi non promettevate di separarvi e di vivere castamente, come Dio vuole, fino al matrimonio.
Solo in questo caso poteva assolvervi e voi potevate fare la Santa Comunione.

5. Sono d’accordo con te nel riconoscere che il sacerdote doveva dirvi qualcosa o prima o dopo.
Da parte mia sono convinto che voi non avevate alcuna intenzione di profanare il sacramento. Semplicemente vi portava lì la vostra buona fede o per meglio dire (permettimi di dirlo) la vostra... ignoranza religiosa.
Se io fossi stato al posto del sacerdote, anziché rispedirvi al posto in maniera secca, vi avrei detto: “non posso darvela; finita la Messa, venite il sacrestia e vi dirò il motivo”.
Può darsi che il sacerdote in questione abbia atteso in sacrestia la vostra richiesta di spiegazione e che sia rimasto deluso di non avervi più visto.
Come vedi, i motivi di incomprensione vicendevole sono davvero tanti.

6. Ormai mancano pochi mesi al vostro matrimonio.
Se mi permetti un consiglio, vi direi di tornare nelle vostre rispettive case, di vivere castamente e nel frattempo di imparare i metodi naturali di regolazione della natalità (la contraccezione, come ti ho detto, è un peccato grave anche nel matrimonio).
Sarebbe un bel gesto anche nei confronti di tanti che saranno rimasti male e dispiaciuti della vostra convivenza prematrimoniale.

7. Se non fosse più possibile tornare nelle vostre case, vi direi di vivere insieme solo come amici, senza rapporti sessuali.
L’edificio del matrimonio, per rimanere in piedi e per resistere a tutte le difficoltà, ha bisogno di solide basi.
E la convivenza, proprio perché si esprime con le finzioni sessuali (perché di finzioni si tratta), non è una solida base; anzi è non solo sdrucciolevole, ma sdrucciolevolissima.

Ti ringrazio per la fiducia, assicuro per te e per il tuo fidanzato la mia preghiera, soprattutto nella santa Comunione che stasera farò per voi, e vi benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 14.05.2009

e ancora:

Se i divorziati non risposati che vivono da soli e nella continenza più assoluta possano ricevere i Sacramenti

Quesito

Caro Padre Angelo,
visto che i divorziati risposati non potrebbero accedere alla Santa comunione se non vivono come fratelli e sorelle, allora Vi chiedo: i divorziati non risposati che vivono da soli e nella continenza più assoluta possono ricevere tale Sacramento?
In caso di risposta negativa se uno dei due è il colpevole della rottura coniugale l'altro può accedere a tale Vitale Sacramento? E nella fattispecie come si può dimostrare tale estraneità alla rottura del vincolo coniugale in ispecie nei confronti del sacerdote che deve procedere alla preventiva confessione.
Vi ringrazio per la risposta ed un abbraccio fraterno.
Calorosissimi saluti.



Risposta del sacerdote


Carissimo,
sono diverse le questioni che mi poni.

1. La prima è questa: se i divorziati non risposati che vivono da soli e nella continenza più assoluta possano ricevere l’Eucaristia.
La risposta è affermativa, soprattutto se uno è stato vittima del divorzio.

2. Mi chiedi anche se il coniuge colpevole della rottura possa fare la santa Comunione.
Per fare la Comunione deve essere pentito di ciò che ha fatto.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che “il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte” (CCC 2384).
Ma se chi è responsabile del divorzio si pente e poi vede che è impossibile riprendere la coabitazione, può fare la Santa Comunione.

3. Mi chiedi infine come si possa dimostrare di aver subìto il divorzio davanti al sacerdote confessore.
Di per sé è sufficiente la buona coscienza di chi si confessa. E il confessore ne deve prendere atto.
Tuttavia spesso succede che anche chi ha subìto il divorzio non si sia sempre comportato in maniera retta e abbia dato motivo all’altra parte di rompere la coabitazione e di giungere al divorzio.
Ma anche in questo caso, se è sinceramente pentito, nulla vieta che possa fare la santa Comunione.

4. Devo anche aggiungere che non sempre chi cerca il divorzio è colpevole della situazione. Può darsi che cerchi il divorzio per mettere fine a una situazione che diversamente non è riparabile.
Dice il Catechismo della Chiesa cattolica: “Se il divorzio civile rimane l’unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale” (CCC 2383).

5. Come vedi dalle risposte, il problema grosso è quello del divorziato risposato. Dal momento che si risposa va a stare con una persona che non è suo marito o sua moglie. E in questo modo vive in una situazione permanente di adulterio.
Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente” (CCC 2384)

Ti ringrazio del quesito, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 01.02.2008

AMICI DOMENICANI


[Modificato da Caterina63 11/08/2009 15:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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