Ricordate la surreale vicenda di Potenza Picena? Un gruppo stabile, un parroco favorevole, la Messa tradizionale comincia... finché l'arcivescovo di Fermo interviene, convoca i preti e, insieme al suo vicario generale, impone di votare per alzata di mano (così non si rischiano franchi tiratori) se debba applicarsi o meno il motu proprio sulla Messa tradizionale. Fa capire come la pensa: "Noi seguiamo il Papa, ma non in tutto!". I preti, tanto i modernisti quanto gl'intimoriti donabbondi, votano all'unisono: checcefrega del papa che sta lontano a Roma, noi baciamo le mani all'Arcieccellenza vostra, che sta qua vicino e ci può rendere ad arbitrio la vita facile o difficile...
Così, 'democraticamente', si decide che una legge del Sommo Pontefice non si applica nell'arcidiocesi di Fermo. Messa sospesa e proibita, business as usual.
Ma i fedeli non si sottomettono e scrivono all'Ecclesia Dei: avevamo pubblicato una prima lettera, del maggio scorso, in questo post. E proprio in questi giorni è pervenuta la risposta; eccovela qua:
Dal Vaticano 10 settembre 2010
Gentile Signore,
in risposta alla sua lettera del 3 settembre ultimo scorso, questa Pontificia Commissione desidera comunicare a Lei e al gruppo stabile che rappresenta, che dopo aver sentito l’Arcivescovo di Fermo, questi ha manifestato la sua disponibilità a tale richiesta. Si suggerisce pertanto di rivolgersi all’Ordinario per gli adempimenti del caso.
Nell’augurare ogni bene e progresso spirituale al gruppo stabile di Potenza Picena, si raccomanda di favorire e accrescere, con la bellla testimonianza di vita cristiana, la comunione ecclesiale nell’umile obbedienza al Papa e al Vescovo diocesano.
Profitto della circostanza per porgerLe sensi di distinto ossequio.
Mons. Guido Pozzo
Segretario
GRAZIE!!!!!!
Bene: l'intervento dell'Ecclesia Dei ha sturato il lavandino. Da questa pur breve missiva di mons. Pozzo possiamo trarre alcuni elementi di commento. Il primo: l'Ecclesia Dei ha battuto un colpo. Esiste, e provvede, e pure in tempi ragionevoli. Di fronte all'ormai incontestata fronda episcopale all over the world avverso il motu proprio, l'Ecclesia Dei cerca di fare qualcosa. E non raramente ci riesce: ciò è confortante, anche se il compito è erculeo e le stalle d'Augia sterminate.
Secondo elemento di rilievo: è possibile inferire da questa lettera il modus operandi della Pontificia Commissione. Ricevuto il reclamo, unico intelocutore della Commisione diviene il vescovo contro cui il reclamo è stato svolto: attraverso un'opera molto curiale di mediazione e facendogli sentire sul collo il fiato vaticano (seppur debolmente; ma di solito basta: i presuli aborrono le grane), il vescovo normalmente finisce per cedere. Come in questo caso: l'arcivescovo di Fermo ha "manifestato disponibilità".
Terzo elemento, infine, è la comprensibile preoccupazione dell'Ecclesia Dei di pacificare gli animi e riportare i fedeli tridentini nell'alveo dell'ordine costituito, "nell'umile obbedienza al Papa" - e questa non ha mai costituito problema, per loro - "e al Vescovo diocesano". E sia: questa è, o dovrebbe essere, la normalità cattolica, ed i tradizionalisti non nascono riottosi per natura; se lo diventano è perché si calpestano loro chiari ed inviolabili diritti. Ma se al vescovo diocesano è dovuta 'umile obbedienza', non dimentichiamo che essa vale se ed in quanto egli dimostri di averne altrettanta, se non più, verso la Santità del Signore Nostro il Sommo Pontefice Pater Patrum. Sì, perché va bene l'umile obbedienza, ma stiamo bene attenti a non confondere le vittime (i fedeli) coi carnefici.
Anche i vescovi, dopo aver agito male, devono in fondo sapersi far perdonare. Un perdono che va accordato con prontezza e generosità filiale; ma sempre perdono è, che per definizione presuppone un altrui riconoscimento di colpe. E' proprio in questi termini che cogliamo quell'invito di mons. Pozzo a rivolgersi all'Ordinario "per gli adempimenti del caso". Dato che, a termini del motu proprio, l'Ordinario, ossia il Vescovo, non ha proprio un bel niente da adempiere o stabilire, essendo tutta la questione nelle mani esclusivamente del Parroco e dei suoi fedeli, non vediamo altro possibile significato, in quell'invito a rivolgersi al vescovo, se non quello di dare a quest'ultimo la possibilità e l'occasione di adoperarsi per riconciliarsi con le sue pecorelle, ingiustamente oltraggiate e ferite. Ed allora, finalmente, si potrà rientrare in quell'alveo di obbedienza (umile sì, ma vigile) che non sarebbe mai venuta meno se la pace liturgica di Potenza Picena, dove la Messa straordinaria non dava fastidio ad alcuno degli altri parrocchiani, non avesse incontrato un improvvido quanto ingiustificato ostacolo episcopale.
Enrico