A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Prolusione del Pres. della CEI: la Chiesa è CARITA' NELLA VERITA' SULL'UOMO

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2009 18:23
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
25/05/2009 18:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

La prolusione del presidente della Conferenza episcopale italiana in occasione dell'apertura dell'assemblea generale

La Chiesa è carità e verità sull'uomo



Pubblichiamo di seguito ampi stralci della prolusione pronunciata dal cardinale Angelo Bagnasco in occasione dell'apertura dell'assemblea generale che si tiene a Roma fino al 29 maggio: 

Venerati e Cari Confratelli, 
(...)
 
Riferendosi a questi fenomeni, Benedetto XVI in visita domenica scorsa a Montecassino invitava "i responsabili della cosa pubblica, gli imprenditori e quanti ne hanno la possibilità a ricercare, con il contributo di tutti, valide soluzioni alla crisi occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle famiglie" (Omelia in Piazza Miranda a Cassino, 24 maggio 2009). Si tratta di situazioni infatti che appesantiscono molto il tessuto sociale, allargando le disuguaglianze e riducendo la serenità di non poche comunità. La crisi, in altre parole, sta ora producendo i suoi effetti più deleteri sull'anello più debole della nostra popolazione. Come pure sull'economia già precaria dei Sud del mondo, in cui è previsto un aumento di quasi cento milioni di nuovi poveri.

(...) In questo scenario potrebbe risultare importante, per le nostre Chiese, sperimentare una prossimità ancora più concreta al mondo del lavoro. Intendo riferirmi alla vicinanza che i sacerdoti possono esprimere, ad esempio, accostando anche regolarmente le persone là dove esse lavorano - cappellani del mondo del lavoro, appunto - testimoniando, anzitutto attraverso un'attitudine all'ascolto, la considerazione che il Dio di Gesù Cristo ha del lavoro umano.

(...) Quanto alla molteplicità degli interventi che le singole Chiese locali stanno mettendo in atto per corrispondere alle urgenze del territorio, c'è da dire che essi si affiancano all'attività ordinaria delle nostre Caritas, ossia ai servizi strutturati di pronto intervento e alle iniziative di accoglienza rivolte a diverse tipologie di emarginazione.

(...) È ormai noto infatti che domenica prossima, 31 maggio, si svolgerà in tutte le nostre parrocchie una Colletta nazionale volta a dare vita a un Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà.

(...) Il consenso, francamente non cercato, che una serie di iniziative caritative adottate nell'ultimo periodo avrebbe procurato alla Chiesa, ha indotto taluno a chiedersi se non sia opportuno concentrarci sul terreno della carità, dove s'incontrano facili consensi, piuttosto che in quello assai più contrastato della bioetica. Ancora una volta veniva con ciò posto l'antico dilemma tra lo smalto dell'amore tradotto in opere e l'opacità che deriverebbe dall'affermazione di certi principi dottrinali. (...) A ben guardare, la vicenda dell'umanità rivela come la persistenza di un amore effettivamente altruista sia in realtà condizionata dall'annuncio della misura intera dell'umano. Fraintendimenti e deviazioni restano incombenti, se non si è costantemente richiamati al valore incomparabile della dignità umana, che è minacciata dalla miseria e dalla povertà almeno quanto è minacciata dal disconoscimento del valore di ogni istante e di ogni condizione della vita.

Avere a cuore i temi della bioetica è un modo, non l'ultimo, per avere a cuore l'uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Non si può assolutizzare una situazione di povertà a discapito delle altre; ma non si può nemmeno distinguere tra vita degna e vita non degna. Non c'è contraddizione tra mettersi il grembiule per servire le situazioni più esposte alla povertà e rivolgere ai responsabili della democrazia un rispettoso invito affinché in materia di fine vita non si autorizzi la privazione dell'acqua e del nutrimento vitale a chi è in stato vegetativo. È una questione di coerenza.

(...) In questa chiave, e a proposito di un ambito delicatissimo come quello della fecondazione artificiale, non possiamo tacere il rischio strisciante di eugenetica che potrebbe insinuarsi nel nostro costume a causa di interpretazioni della legge 40/2004, che forzosamente vengono avanzate sul piano della prassi come su quello giurisprudenziale. È noto come da oltre un mese sia in corso un serio impegno del nostro laicato che, all'insegna del motto "Liberi per vivere", intende approfondire e fare proprie le ragioni per cui il morire non può diventare un diritto che taluno invoca per sé o per altri.

Se una tale pretesa infatti dovesse approdare nella legislazione e da qui attecchire nella mentalità corrente, le conseguenze sarebbero fatali anzitutto sul piano di quegli autentici diritti umani che costituiscono il portato di una intera civiltà. Tra il cosiddetto "diritto a morire" e gli altri diritti non vi è infatti alcuna omogeneità ontologica. È semmai la teoria dell'autodeterminazione che funge in questo caso da dottrina qualificante il discutibile diritto a morire. (...) Nella tendenza a ridurre il compito ecclesiale, e considerare le funzioni sociali come più rilevanti di quelle religiose, è difficile non vedere in azione una sorta di secolarismo edulcorato, ma non per questo forse meno subdolo, che - foss'anche senza volerlo - da una parte lusinga i cattolici e dall'altra li emargina. (...) C'è la preoccupazione che, alla base di simili posizioni un po' disincarnate, s'annidi una cultura neo-illuministica per la quale Dio in realtà c'entra poco - forse nulla - con la vita pubblica:  lo si lascia al massimo sopravvivere nella dimensione privata e intima delle persone. Ma il Vangelo annuncia che Gesù è Dio fatto uomo, è pertinente alla storia e interessato al mondo.

(...) Nell'ultimo periodo si è parlato molto di immigrazione. In primo luogo a causa del disegno di legge sulla sicurezza che la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura, dopo alcune significative correzioni che peraltro non hanno superato tutti i punti di ambiguità. In secondo luogo a causa della concomitante ripresa degli attraversamenti del Mediterraneo che sono tra le modalità - non la più ricorrente ma certo una delle più pericolose - di ingresso irregolare nel nostro Paese. A essi le nostre Autorità hanno infine risposto con la controversa prassi dei respingimenti, già sperimentata in altre stagioni come pure in altri Paesi. Se la sovrapposizione con la campagna elettorale non ha sempre assicurato l'obiettività necessaria a un utile confronto, non può sfuggire il criterio fondamentale con cui valutare questi episodi, al di là delle contingenze legate allo spirito polemico o alla stagione politica. Ossia il valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili.

Accanto a questo valore dirimente, ce ne sono altri, come la legalità, l'affrancamento dai trafficanti, la salvaguardia del diritto di asilo, la sicurezza dei cittadini, la libertà per tutti di vivere dignitosamente nel proprio Paese, ma anche la libertà di emigrare per migliorare le proprie condizioni da contemperare naturalmente con le possibilità d'accoglienza dei singoli Paesi, o magari solo per arricchirsi culturalmente. Motivo per cui il singolo provvedimento finisce con l'essere fatalmente inadeguato se non lo si può collocare in una strategia più ampia e articolata che una nazione come l'Italia deve darsi a fronte di un fenomeno epocale come la migrazione di intere popolazioni. La geografia infatti ha connesso un elemento - per così dire - vocazionale, un'indole che connota il Paese in rapporto alla sua collocazione storico-ambientale.

Almeno due ci sembrano allora le domande a questo riguardo decisive:  che cosa facciamo per contribuire a che i figli dei Paesi poveri non si vedano costretti ad affrontare qualunque rischio pur di darsi una speranza di vita? La via della cooperazione internazionale deve diventare un caposaldo trasversale della politica italiana e anche europea, una scelta oculatamente perseguita e dunque anche impegnativa sul fronte delle risorse. Non c'è chi non veda, infatti, che solo migliorando le condizioni economiche e sociali dei Paesi di origine dei nostri immigrati si può togliere al fenomeno migratorio la propria carica dirompente. Ed è un motivo in più questo perché l'Italia si attivi molto nella riformulazione di quei più giusti meccanismi di governo dell'economia mondiale di cui prima parlavamo.

L'altra domanda:  cosa facciamo per assicurare un'effettiva integrazione agli immigrati che giungono nelle nostre città? Conta ovviamente il posto di lavoro e una dimora minimamente dignitosa, ma tutto ciò - anche quando è assicurato - non basta. Bisogna evitare infatti il formarsi di enclavi etniche, perché così non solo si scongiurano micro-conflitti diffusi sul territorio, ma si modifica la percezione che non di rado i connazionali hanno circa la presenza di stranieri. Il territorio in senso antropologico è salvaguardato quando c'è, insieme a un fondamentale rispetto, un coinvolgimento orizzontale che provoca l'incontro tra famiglie di provenienza diversa, un'osmosi delle loro esperienze, e uno scambio di forme culturali nel rispetto delle leggi da parte di tutti. Guai a sottovalutare i segnali di allarme che qua e là si sono registrati nel nostro Paese. L'immigrazione è una realtà magmatica:  se non la si governa, si finisce per subirla.

E la risposta non può essere solamente di ordine pubblico, anche se è necessario mettere in chiaro diritti e doveri, senza prevedere sconti in nome di un malinteso multiculturalismo che in realtà è solo una giustapposizione tra etnie che non dialogano. Bisogna che scattino invece i meccanismi di una convivenza che, a partire dall'identità secolare del nostro popolo, si costruisce non in base a moduli autoreferenziali e oppositivi, ma, con passo aperto e dinamico, diventa capace di incontrare altre identità, di contagiarsi positivamente secondo modelli interculturali, pur senza cedere a una logica relativistica e priva di riferimenti marcati. È tempo cioè - come ci capitò già di dire - che si approntino e si perseguano dei veri e propri "patti di cittadinanza" per i quali un'evenienza epocale come l'immigrazione cessa di essere una casualità e diventa occasione per un'"identità arricchita", in grado di accreditare anche dei riferimenti condivisi. Va da sé che le parrocchie assumono, in questo disegno, un ruolo propulsivo che, senza rincorrere proselitismi ma anche senza rinunciare a proporre il Vangelo a tutti, sa farsi collante di vivacità e concreta integrazione nei diversi territori. Su questo fronte, per la verità, le parrocchie e i vari gruppi già si muovono, al di là del clamore e con generoso, quotidiano impegno.
 
L'ambito nel quale più preoccupante appare l'impatto dello spirito del tempo è quello educativo. Infatti si parla, non a caso, di "emergenza", e non per analogia né per retorica:  su questo fronte percepiamo effettivamente un allarme serissimo, che va via via dilatandosi. E poiché consideriamo l'emergenza educativa il fattore in grado di mettere a repentaglio l'equilibrio di una società e le possibilità concrete di un suo progresso, il Consiglio Permanente ha deciso di farne il tema centrale di questa Assise. (...) Anche tra le figure tradizionalmente dedite a questo impegno, come i genitori e gli insegnanti, sembra farsi strada un atteggiamento di resa, magari non dichiarata ma effettiva, come di un compito evidentemente in contrasto con ciò che interessa alle persone. A molti adulti, oggi, sembra un risultato già soddisfacente riuscire a trasmettere appena le regole del galateo, come a scuola le nozioni principali delle singole materie. Ma ben sappiamo che l'educazione è molto più che istruzione.

È il risvegliarsi del soggetto che decide di sé, al di là di ogni determinismo sociale o biologico. (...) Possiamo dire che, in certa misura, il problema dei giovani sono gli adulti! Il mondo adulto non può gridare allo scandalo, esibire sorpresa di fronte alle trasgressioni più atroci che vedono protagonisti giovani e giovanissimi, e subito dopo spegnere i riflettori senza nulla correggere dei modelli che presenta e impone ogni giorno. Sono modelli che uccidono l'anima, perché la rendono triste e annoiata, senza desideri alti perché senza speranza. Ma il cuore dei giovani, anche quando  sembra  inerte  o  prigioniero del nulla, in realtà è segnato da una insopprimibile nostalgia di ideali nobili, e va in cerca di modelli credibili dove "leggere" ciò che veramente riempie la vita.

(...) Sappiamo bene che la risposta nostra all'emergenza educativa passa anche attraverso i sacerdoti. Certo, esistono le associazioni, i movimenti, i gruppi che hanno la loro ragion d'essere nella dinamica propria dell'educazione. Ma anche l'efficacia di queste aggregazioni in certa misura transita per la presenza al loro interno di autentiche figure presbiterali. Se da una parte il numero dei presbiteri ci impone una seria riflessione e soprattutto una più intensa preghiera per chiedere al Padrone della messe nuovi operai del Vangelo, dall'altra siamo provocati a camminare più decisamente sulla via della santità sacerdotale. Non è il numero, infatti, l'elemento decisivo nella missione educativa, e neppure l'età anagrafica - ce lo testimoniano i Santi - ma il fuoco interiore dell'amore di Cristo che ci sospinge e sostiene:  "L'educazione è cosa del cuore" scriveva san Giovanni Bosco (Epistolario, Torino, 1959).

(...) L'"Anno sacerdotale", indetto da Benedetto XVI in occasione del 150° della morte di San Giovanni Maria Vianney,  avrà  inizio il 19 giugno prossimo  in tutta la Chiesa cattolica. Si rivela una circostanza opportuna nella quale i nostri sacerdoti, e noi con loro, potranno rinvigorire il loro rapporto vitale con il Signore Gesù, misurando se stessi e la loro vocazione su quell'apostolica vivendi forma che è traguardo persuasivo di ogni dinamismo apostolico.



(©L'Osservatore Romano - 25-26 maggio 2009)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:30. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com