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Amantissimi Redemptoris di Pio IX sulla Messa, stupenda introduzione del sito maranatha.it

Ultimo Aggiornamento: 14/06/2009 09:36
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26/05/2009 00:24
 
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Rendere l'eucaristia la “festa dello stare insieme” ha annullato l'efficacia di questo sacramento. Rendere il matrimonio “la festa degli sposi”, ha causato divorzi e separazioni per ogni minima incombenza caratteriale, rendere il battesimo la festa “del bambino che è nato”, ha reso completamente indifferente la vita prima e dopo questo segno, per cui i battezzati non hanno fede.

Eliminare la morte ha significato immanentizzare i sacramenti, rendendoli futili, in moltissimi casi direttamente nulli.

Il sacerdote deve morire al mondo, accettare la croce accogliere la morte distendersi senza fiatare sul legno della solitudine. Perché il Sacerdote sia veramente degno del Sacrificio che compie, perché il suo Sacrificio sia veramente valido, gradito a Dio, e riversi sulla Chiesa tutte le grazie che esso può e deve meritare, è necessario anche un contributo che potrebbe arrivare fino all’effusione del suo sangue.

Il Sacerdote è chiamato ad identificarsi completamente con Cristo nel contempo Sacerdote e Vittima. Non solo tramite l'azione sacra, in cui Cristo agisce personalmente, al posto del ministro e tramite il ministro.

Il Sacerdote è chiamato a costituire una immagine viva di Cristo, una ostia vivente, rappresentazione nella santità individuale e nella massima attenzione alla gravità del suo compito Ministeriale, del Cristo. Tale santità, si esprime tanto nella realtà spirituale del prete, quanto in quella materiale e corporale.

L'imitazione di Cristo deve essere totalizzante, per poter offrire la vittima con “mani pure e cuore mondo”, espressione assai felice, che rende visivamente l'elemento della materia (mani) e dello spirito (cuore), nell'unità trascendente della persona, che nella sua integrità, lontana dal peccato, si deve immolare, allo stesso modo in cui Cristo si è immolato.


La liturgia, permette al Sacerdote di diventare una cosa sola con Cristo, anche attraverso la pratica rituale dei segni, dei simboli e tramite l'osservanza scrupolosa e amorevole delle rubriche. Non è pedanteria, né mania formalista. Con la rubrica il Sacerdote riesce ad ottenere l'annullamento della propria individualità, modellando la propria postura, la propria fisicità, la propria interiorità, ad una catena ininterrotta di movimenti, posizioni, gesti e segni, che ha origine in Cristo stesso e viene perpetrata per continuarne la “memoria”.

L'uso del lino per il camice o per la tovaglia non è una richiesta leziosa. Esprime la necessità che l'identificazione sia totale, attraverso l'uso degli indumenti che l'eterno Sacerdote che si impersonifica indegnamente, rivestì.

Così, anche gli altri oggetti e gli altri ornamenti, non sono casuali. Purtroppo manca alla modernità una coscienza rituale simbolica, poiché la modernità pecca di mancanza di trascendenza.

La modernità è totalmente immanente, e il simbolo cozza contro l'immanenza, essendo esso è la porta che permette di saltare dal mondo immanente a quello trascendente.

Il male moderno è penetrato anche nella Chiesa, che ha operato e talvolta tollerato, semplificazioni e rivoluzioni liturgiche ai limiti del folle.

Riti svuotati di sacrale trascendenza, riportati ad un livello di piatta fruizione immediata, senza alcun rimando, senza alcuna elevazione. Gesti soppressi, movimenti aboliti, vesti vietate, simboli eliminati in virtù di una loro riscoperta “inutilità”.

Il concetto di “utile” è caro alla modernità, ma sconosciuto alla tradizione. Un paramento non ha una utilità. Un gesto non è utile o vantaggioso. Un manipolo non produce un guadagno in chi lo usa. La liturgia non può essere praticata nella sfera dell'utilitarismo materialista, a meno di non volerla snaturare completamente dal suo fine: rappresentare sulla terra ciò che è il mistero eterno del cielo, rendendolo presente e vivo, in modo miracoloso.


La liturgia utile rende la proclamazione della parola di Dio un corso di Bibbia. La liturgia utile rende lo scambio della pace un atto di crudele ipocrisia tra sconosciuti. La liturgia utile rende la gente più consapevole del loro ruolo sociale, come disse Paolo VI che vedeva nella nuova Messa più che mai “una tranquilla ma impegnativa palestra di sociologia cristiana” Cfr. Udienza Generale di Paolo VI, Mercoledì, 26 novembre 1969.

Istruire, fare comunità, fare carità. Tante parole vuote ed inutili quando si toglie di mezzo il mistero che è soprattutto rappresentato nel Sacrificio che è spargimento di Sangue che toglie i peccati, e solo questo. Il mistero non è materiale, sfugge alle leggi dell'utilitarismo. Il mondo moderno si riprenderà dalla sua crisi, quando si accorgerà che l'umanità ha solo un interesse che sia utile. La salvezza che viene dal Sacrificio di Cristo.

La Santa Messa celebrata da un Sacerdote cattolico che, nelle sue remote intenzioni nega che negli atti che compirà, si attualizzerà realmente il Sacrificio di Cristo, - con una nuova effusione di Sangue per il perdono dei peccati -  si può considerare valida?

È una domanda gravissima che va affrontata con umiltà e fermezza dottrinale!

Vogliamo ri-proporre i due esempi, uno del Arcivescovo di Friburgo, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca e l’altro del fondatore del Cammino Neocatecumenale che ispira con la sua dottrina decine e decine di propri Seminari “Redemptoris Mater” avendo plasmato da più di trenta anni, migliaia di Sacerdoti del Cammino e sacerdoti-affiliati che hanno aderito questa spiritualità, sparsi per il mondo.

Robert Zollitsch, “Cristo non è morto per i peccati della gente come se Dio avesse preparato un'offerta sacrificale, un capro espiatorio. Piuttosto, Gesù ha offerto soltanto “solidarietà” con i poveri ed i sofferenti, questa è la grande prospettiva: questa tremenda solidarietà.” Cfr. Dichiarazione pubblica, 21 aprile 2009.

Kiko Arguello: “Carmen vi ha spiegato come le idee sacrificali che Israele aveva avuto ed aveva sublimato, si introdussero di nuovo nella eucaristia cristiana. Forse che Dio ha bisogno del Sangue del Suo Figlio, del suo Sacrificio per placarsi? Ma che razza di Dio abbiamo fatto? Siamo arrivati a pensare che Dio placava la sua ira nel Sacrificio di suo Figlio alla maniera degli dèi pagani. Per questo gli atei dicevano: che tipo di Dio sarà quello che riversa la sua ira contro Suo Figlio sulla croce?... e chi poteva rispondere?” Cfr. Orientamenti alle equipes dei catechisti per la fase di conversione p. 333.

E anche: “Ci permettiamo ricordare che sul Sacrificio della messa si insegna che il concetto di Sacrificio è stato introdotto per compiacere i pagani al tempo di Costantino. In realtà la messa è solo una presenza-passaggio del Cristo che, ovviamente, dopo il passaggio, non rimane più dentro il pane, ecc. Tuttavia, questo non ditelo agli altri cristiani, perché non sarebbero ancora in grado di capirlo”. Cfr. Annuncio di Quaresima 2008.

Si è parlato nei secoli se la condotta peccaminosa di un Sacerdote potesse rendere invalida la Messa.

La risposta fu chiara e decisa: la condotta del prete non può rendere invalida la Messa, solo l’intenzione segreta di agire contro la volontà della Chiesa, solo questa intenzione del Sacerdote può rendere invalido il Sacrificio.

Il Concilio di Trento definì il 3 marzo 1547 contro Lutero che i sacramenti conferiscono la grazia ex opere operato (can. 8), per ciò che dipende da Dio (can. 7): “Se alcuno dirà che i sacramenti della nuova legge non conferiscono la grazia per propria ed intima efficacia (ex opere operato) ma che per conseguire la grazia basta la fiducia nelle divine promesse, sia scomunicato.”

(Sess. VII, ca. 8; Denz 851)

Ex opere operato significa letteralmente “operato dall'opera stessa”, o meglio, “realizzato per il semplice fatto di aver compiuto l'opera”. Si parla di questo nel concilio di Trento, a proposito dei sacramenti, che a differenza di altre azioni liturgiche della Chiesa, non necessitano la santità di condotta del ministro o di chi le riceve per essere efficaci, ma al contrario hanno effetto automatico.

Ad esempio l'uso di oggetti sacri, non hanno effetto “ex opere operato”, come se fossero talismani, ma al contrario “ex opere operantis”, ossia, attraverso mediante la condotta di colui che lo fa.

Il rosario benedetto, per intenderci, ti aiuta se lo usi pregandolo con devozione e fede, non per il solo fatto di possedere tale oggetto.

Invece l'eucaristia, non dipende da quelle che sono le private intenzioni del ministro o di colui che la riceve, per realizzarsi. E' la celebrazione del sacramento stesso, che in virtù del mistero liturgico, in cui il Sacerdote non agisce per sé, ma in persona Christi, che ha efficacia. Vuol dire che è Cristo che celebra ogni sacramento, con la sua intenzione e con la sua santità. E' vero che conta l'intenzione e la santità del ministro perchè il sacramento sia efficace, ma nel caso, il ministro è Cristo, per cui la sua intenzione e la sua santità sono perfette.

Molti eretici hanno negato la validità dei sacramenti celebrati da ministri non santi, come se un prete buono consacrasse, al contrario di un prete sporcaccione. In realtà, né l'uno né l'altro possono essere abbastanza buoni da compiere un Sacrificio divino, che richiederebbe perlomeno che il Sacerdote fosse Dio a sua volta. Per questo il Sacrificio è di Cristo e viene celebrato da Cristo, sempre.

Il ministro non conta, non conta la sua fede, non conta la sua devozione, non conta la sua moralità, poiché nella celebrazione il ministro viene meno, e Cristo prende possesso della persona umana, agendo al posto suo.

Pertanto il concilio di Trento ha voluto ribadire contro i protestanti che affermavano la necessità (come i donatisti) che il ministro fosse puro per la validità dei sacramenti, che i sacramenti agiscono “ex opere operato”, poiché non dipendono dall'uomo, ma da Dio solo, che agisce come Sacerdote.


Questo vale per tutti i sacramenti, anche per il matrimonio. Tuttavia, è necessario distinguere e comprendere. E' vero che l'eucaristia è valida anche se il Sacerdote non crede. Ne è dimostrazione ad esempio il miracolo eucaristico di Bolsena, dove un prete che non credeva alla transustanziazione, vide l'ostia tramutarsi in pezzo di carne, miracolosamente, dopo le parole della consacrazione, dette senza fede, ma valide.

La Chiesa per la validità di un sacramento, chiede che sussistano due requisiti, di forma e di materia. La materia appartiene al segno sacramentale, ed è l'acqua pura per il battesimo, l'olio solo di oliva per la cresima e l'estrema unzione, l'accusa dei peccati vocale per la confessione, l'imposizione delle mani per l'ordine, il pane di frumento e il vino d'uva naturali per l'eucaristia, lo scambio contrattuale della proprietà e della disponibilità del corpo di uno sull'altro (jus in corpore) per il matrimonio.


Quanto alla forma, sono le formule legittimamente approvate dalla Chiesa, contenute nei libri liturgici per ciascun sacramento. Per il matrimonio, è sufficiente che lo scambio della mutua disponibilità del diritto sul corpo del coniuge sia resa evidente con qualsiasi parola o gesto, e la Chiesa ha mutato molte volte la formula.


Oltre a tutto questo, è richiesta da parte del ministro per la validità, che vi sia una intenzione remota di fare quello che fa la Chiesa quando celebra il sacramento.

L'intenzione si distingue tra remota e prossima, nel senso che se il ministro intende effettivamente consacrare (per esempio) il pane e il vino che ha di fronte, in quella circostanza liturgica, nel corpo e nel sangue di Cristo, la sua intenzione è prossima, cioè direttamente collegata al fine che si vuole conseguire.

E' invece remota se non è direttamente collegata, ma solo indirettamente collegata al fine che si vuole conseguire. Ossia ad esempio un Sacerdote, che vuole semplicemente fare ciò che la Chiesa fa, mentre si dicono le parole sui segni sacramentali, adeguandosi alla intenzione generale della Chiesa, ma senza averne una sua propria particolare.


continua...........


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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