INTERVENTO DELLA REV.DA SR. BERNADETTE SANGMALa tratta di persone è un fenomeno molto complesso. Le sue cause spaziano dagli aspetti socio-culturali a quelli economici e politici, incidendo in modo differenziato nei paesi di origine, in quelli di transito e di destinazione. Attraverso il nostro coinvolgimento, noi religiose siamo diventate maggiormente coscienti delle dimensioni mondiali del fenomeno della tratta. Infatti si può dire che non c’è nazione nel mondo che possa vantarsi di essere immune da questa piaga sociale.
Gli attori vanno dai propri familiari ai fidanzati, dai vicini di casa agli amici, alle amiche e agli estranei; ma i principali responsabili sono le organizzazioni criminali, spesso anche in connivenza con autorità locali e politiche, che devastano le zone più povere ed indifese della società in tutte le parti del globo. Pertanto, la tratta non è una realtà lontana da noi: succede dietro le nostre strade, nei nostri quartieri e colpisce i nostri conoscenti, le nostre amiche o amici, le bambine e i bambini delle nostre scuole e parrocchie.
Come religiose, siamo più consapevoli anche di molti elementi correlati e complessi che costituiscono fattori di domanda e offerta di questo fenomeno. Di conseguenza, le azioni che mirano a contrastare questa realtà richiedono l’adozione di un approccio multi-dimensionale capace di abbracciare molti aspetti per rimuovere le cause dalle diverse angolature, per risanare e accompagnare il cammino della ricostruzione della vita di coloro che sono coinvolte e ferite nelle profondità del loro essere e per cercare di creare un humus umano nelle politiche decisionali a tutti i livelli.
Questa necessità chiama in causa molte Congregazioni che con i loro svariati e multiformi carismi possono offrire risposte differenziate ma complementari per contrastare il fenomeno. Si esige perciò una riflessione, oserei dire un approccio ermeneutico, nella rilettura del proprio carisma in relazione al fenomeno che calpesta ogni fondamentale diritto e dignità della persona umana. Non ci si può soffermare sugli aspetti più appariscenti del fenomeno, giungendo velocemente a conclusioni che spingono all’inattività. In ultima analisi, si può proprio dire che nessun carisma può sentirsi estraneo ad un fatto che reca sofferenze devastanti a tante donne o, peggio, a bambine e bambini indifesi e, in numero sempre crescente, anche agli uomini.
La presa di coscienza sembra aumentare in quanto alcune Congregazioni, in questi ultimi anni, hanno adottato il contrasto alla tratta come propria deliberazione capitolare rendendolo come mandato obbligatorio per i membri della loro Congregazione: tra essi anche qualche ordine maschile.
Sono abbastanza numerose le Congregazioni che si impegnano nell’ambito della prevenzione attraverso una vasta gamma di attività cha vanno dall’educazione, alla lotta contro la povertà, contro la discriminazione di ogni tipo, soprattutto nei confronti delle donne e delle bambine. È stato detto che il livello di degrado umano nella tratta, specialmente in fatto di sfruttamento sessuale, è tale che il processo di ricupero della propria dignità da parte della vittima è molto arduo. Questa è la ragione per cui tante Congregazioni femminili si sono schierate nell’ambito della prevenzione affinché nessuna donna, nessuna bambina o bambino debba vivere tale disfacimento umano. Nel campo del ricupero e della ricostruzione della vita ferita, la forza trasformante dell’amore e l’ambiente ricco del calore umano sono capaci di aiutare a riprendere la fiducia e riprogettare il cammino della propria vita. La presenza delle religiose accanto a loro, giorno dopo giorno, nella faticosa e ardua riconquista della propria personalità diventa il riflesso del volto compassionevole di Dio che gradualmente risana le ferite e disegna la speranza.
Data la complessità dei fattori che intervengono nella tratta di persone, il lavoro in rete in questo campo non è un’opzione libera, bensì una necessità, se ci si vuole impegnare in modo strategico. Le bande criminali che depredano donne e bambini sono altamente organizzate e collegate tra loro, da una parte all’altra del mondo. Solo attraverso la strategia della rete che colleghi i paesi di origine delle vittime, quelli di transito e quelli di destinazione, sarà possibile mettere in atto le misure per impedire che le persone più deboli e vulnerabili diventino merce umana.
Uno degli obiettivi nei corsi realizzati dall’UISG e l’OIM è quello di creare queste reti di collaborazione, nella convinzione che le Congregazioni religiose, per il fatto di essere presenti in tutte le parti del mondo, godono di un grande vantaggio a questo riguardo. Pare che i vari corsi abbiano contribuito alla creazione, pur incipiente, di tale rete. Occorre cercare di dare continuità al lavoro iniziato, per migliorare la qualità delle attività intraprese. Sarebbe una grave omissione non utilizzare la nostra risorsa di poter tessere reti di solidarietà per la dignità e la vita di tante donne, bambine, bambini e uomini.
Dopo i corsi, in alcuni Paesi, si è creata all’interno delle Conferenze Religiose, una "Commissione Tratta" per coordinare le risposte al fenomeno. Altri hanno elaborato insieme un piano di lavoro a breve e a lungo termine. La sfida, anche qui, è come attuare tali piani dato il ritmo di lavoro incalzante, le distanze che in alcuni casi separano le comunità, nonché la mancanza di fondi. Sono aspetti che richiedono ulteriori ricerche, proposte innovative, ma soprattutto la ferma convinzione sulla validità di lavorare insieme e coraggiosa audacia.
Un’altra prospettiva è quella di realizzare adeguati momenti formativi insieme con le congregazioni maschili e il clero diocesano per affrontare situazioni come la tratta dei bambini e delle bambine destinati ai lavori forzati, l’espianto degli organi e, nel caso dello sfruttamento sessuale, la questione della domanda.
Nella misura in cui ci si impegna in questo campo, in particolare nella tratta per lo sfruttamento sessuale, cresce la consapevolezza che una delle cause prime è proprio la domanda. L’entrata in campo da parte delle Congregazioni religiose maschili è più che mai urgente per impostare un processo di educazione dei ragazzi e degli uomini a una diversa visione della donna e della bambina, che non le riduca ad un oggetto di piacere, di sfruttamento e di sopraffazione. Puntando l’attenzione specificamente sulla tratta delle donne e dei bambini per lo sfruttamento sessuale, abbiamo maturato una consapevolezza saldamente fondata: l’azione di contrasto richiede la presa in esame della questione sui ‘clienti’.
La logica del mercato ci dice che non esiste offerta senza la domanda. Purtroppo, e con pena, notiamo che una gran parte della domanda proviene anche da mariti e padri di famiglia chi si dicono cristiani praticanti.
Nel suo messaggio per la 92ma Giornata Mondiale per la Migrazione, il Papa Benedetto XVI afferma, «faccio mia la condanna già espressa da Giovanni Paolo II contro "la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità" (Lettera alle Donne, 29 giugno 1995, n. 5). V'è qui tutto un programma di redenzione e di liberazione, a cui i cristiani non possono sottrarsi». Facendo nostra questa conclusione del Papa, desideriamo rievocare anche una delle proposte generali emerse nel "Primo Incontro Internazionale di Pastorale per la Liberazione delle Donne di Strada" organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, dal 20 al 21 giugno 2005, che auspica il coinvolgimento e il sostegno del clero, sia per la formazione dei giovani e degli uomini, che per la riabilitazione dei ‘clienti’ che fanno uso delle donne vittime della tratta per lo sfruttamento sessuale.
Ci rendiamo conto che senza la collaborazione delle Congregazioni maschili e del clero diocesano non possiamo arrivare ad una categoria molto significativa di persone coinvolte, cioè gli uomini. Loro hanno spazi e opportunità preziosi per l’accompagnamento degli uomini e dei ragazzi attraverso la loro ministerialità di parroci, confessori, predicatori, direttori spirituali ed educatori.
Un altro campo importante è il coinvolgimento attivo nell’ambito di lobbying e advocacy a livello locale, nazionale e internazionale. Tale approccio permette di intervenire non solo attraverso azioni dirette e immediate a favore delle donne e dei bambini, ma offre anche la possibilità di essere presenti nei luoghi dove vengono prese le decisioni che incidono sulla loro vita e di contribuire a porre adeguate condizioni per rimuovere le cause che rendono queste persone facile preda dei trafficanti.
[00918-01.01] [Testo originale: Italiano]
INTERVENTO DEL DOTT. STEFANO VOLPICELLILa tratta di persone
La tratta di persone, reato che prevede lo spostamento di una persona in un luogo diverso da quello di origine attraverso l’inganno o la coercizione allo scopo di sfruttarne il corpo o parti di esso, è diventata oggi una delle problematiche sociali globali più preoccupanti.
Nonostante non vi siano cifre precise, si stima che alcuni milioni di persone ogni anno rimangono vittime di questo fenomeno (sarebbero 2,5 milioni secondo i dati diffusi dalla Direzione Giustizia della Commissione UE in occasione della prima giornata europea contro la tratta di esseri umani del 18.10.07, di cui almeno 500.000 in Europa e da 29.000 a 38.000 in Italia).
La tratta di persone è un fenomeno globalizzato, complesso e articolato che, per le sue caratteristiche, può essere considerato come un meta-fenomeno. Si tratta di un potente rivelatore di dinamiche sociali ed economiche patologiche che, limitando in diversi modi la libertà della persona, costituiscono una grave violazione dei diritti umani.
A quindici anni dalla sua comparsa, la tratta di persone rimane ancora un oggetto misterioso e non ben identificato. Del resto, ci sono voluti ben 10 anni prima che una definizione del fenomeno fosse condivisa dalla comunità internazionale; solo nel dicembre 2000 a Palermo, grazie all’approvazione del Protocollo per la prevenzione, soppressione e punizione del traffico di persone, soprattutto le donne e i bambini, allegato alla Convenzione Internazionale contro il Crimine Organizzato Transnazionale, la tratta è stata definita come:
"il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, il dare alloggio o accoglienza a persone, tramite l’uso o la minaccia dell’uso della forza o di altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite l’offerta o l’accettazione di somme di danaro o altri vantaggi finalizzati ad ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento.
Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi".
Quello che risulta con chiarezza è che la tratta di persone è un fenomeno complesso al quale vanno contrapposte azioni di contrasto articolate, che diano risposte a quella che è una denuncia della componente patologica della globalizzazione a livello "glocale", regolando l’estremizzazione della competitività economica e la distruzione di meccanismi di welfare, gestendo l’aumento incontrollato dei processi migratori soprattutto interni, dalle campagne alle città, riducendo l’aumento delle diseguaglianze sociali, delle povertà e delle discriminazioni di genere, "prosciugando" le zone d’ombra - il sommerso - nel quale si annida lo sfruttamento lavorativo; infine favorendo i canali legali della migrazione, del lavoro e regolamentando la prostituzione, nella quale si nasconde lo sfruttamento sessuale.
E’ necessario cioè sviluppare azioni che allo stesso tempo informino le persone prima che vengano coinvolte dai trafficanti e dagli sfruttatori, proteggano ed assistano le persone che ne sono già vittime e potenzino le risposte istituzionali chiamate a reprimere il fenomeno.
Negli anni, soprattutto dopo la ratifica del Protocollo ONU da parte della maggior parte dei Paesi che vi aderiscono, per l’implementazione dei tre filoni di intervento sopra elencati si sono impegnate numerose Istituzioni ed agenzie Istituzionali – Governative e Internazionali – ed espressioni della società civile, principalmente del mondo dell’associazionismo laico e religioso.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazione, Organizzazione Intergovernativa che conta 125 Stati membri con oltre 400 uffici nel mondo, è intervenuta sul fenomeno fin dalla metà degli anni ’90, ancora prima, dunque, dei Protocolli di Palermo, della Convenzione di Varsavia e degli interventi e appelli a livello della comunità internazionale in questo settore e lo fa privilegiando un approccio compartecipativo attraverso la costruzione e il sostegno di reti multidisciplinari.
La collaborazione fra religiose e OIM.
Grazie a un progetto finanziato nel 2004 dal Dipartimento di Stato – Ufficio per la popolazione i rifugiati e i migranti del Governo degli Stati Uniti, l’OIM collabora con l’Unione Internazionale Superiori Generali in un programma congiunto di formazione di religiose impegnate in attività di contrasto alla tratta. Ma aldilà del programma di formazione, la visione che UISG e OIM sono riusciti a concretizzare è quella di una rete mondiale di religiose che possano beneficiare dell’immenso patrimonio esperienziale sviluppato nel corso degli anni, ma spesso in solitudine.
Nei 5 anni di progetto sono state formate più di 500 religiose attive in Paesi fortemente colpiti dal fenomeno tratta e sono state costituite reti locali e regionali finalizzate proprio alla rottura dell’isolamento delle religiose, isolamento che è individuale (molto spesso le religiose lavoravano individualmente) e sistemico (le organizzazioni religiose spesso lavoravano autonomamente senza nessun raccordo con le altre espressioni della società civile laica).
Oggi, grazie all’impegno congiunto UISG e OIM, ci troviamo a coordinare 15 reti internazionali che comprendono 252 congregazioni in 36 Paesi di cinque continenti (Europa, Africa, Asia, Americhe ed Oceania).
Le ragioni di questa collaborazione risiedono nella possibilità di amplificare gli interventi di contrasto alla tratta. La collaborazione delle religiose rappresenta infatti un valore aggiunto in grado di moltiplicare l’efficacia delle azioni di prevenzione del fenomeno e di assistenza alle vittime.
Alla competenza tecnica, alla rete organizzativa e di relazioni dell’OIM si aggiunge la radicazione delle religiose nel territorio, la condivisione del quotidiano e, quindi, la conoscenza profonda dei valori delle comunità nelle quali lavorano, che danno il privilegio di essere ascoltate, il privilegio dell’attenzione. Per questo motivo le azioni di prevenzione implementate dalle o con le religiose hanno un alto grado di efficacia.
Per le stesse ragioni le religiose sono operatrici fondamentali in quel processo difficile, lungo e faticoso di restituzione della dignità personale a coloro che, oltre ad avere subito una lesione profonda dei propri diritti, ad avere sofferto la privazione della libertà, ad aver dovuto vendere il corpo per essere impiegato in condizioni lavorative estreme o per essere sfruttato nel mercato del sesso a pagamento, si trovano spesso ad essere derise per la loro leggerezza, umiliate per il fallimento del progetto migratorio e per queste ragioni messe ai margini della propria comunità. Capacità di ascolto e di empatia che si sommano alla tecnica organizzativa dell’OIM.
Religiose e OIM rappresentano quindi un felice incastro di capacità e motivazione che unendo spiritualità a professionalità ottimizzano l’efficacia delle azioni di contrasto alla tratta.
[00923-01.01] [Testo originale: Italiano]
fonte www.vatican.va
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)